Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 2025, n. 1327
A norma dell’art. 42, comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 267 del 2000 il Consiglio comunale ha competenza, tra gli altri atti fondamentali, per quello attinente la “organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell’ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione”. (…). La competenza consiliare si spiega nella considerazione che l’affidamento in concessione della gestione del macello comunale riguarda le modalità di organizzazione del servizio, e non già la fase di indizione della gara, che, in quanto atto di gestione, esula dalle competenze consiliari. L’organizzazione del servizio non può invero che essere valutata dall’organo di indirizzo politico (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2011, n. 2), (…).
Guida alla lettura
La sentenza in illustrazione del giudice amministrativo di seconde cure intercetta mediatamente le tematiche dei vizi di legittimità dell'atto amministrativo per motivi d’incompetenza e della sua invalidità ad effetto caducante e viziante. Conseguentemente, accerta la difformità dell’atto di aggiudicazione rispetto alla peculiare norma giuridica di riferimento e la correlata dichiarazione di annullabilità giurisdizionale, in omaggio a quanto è previsto dall’art. 42, comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 267/2000 (art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale [R.D. n. 262/1942] e artt. 64 e ss c.p.a., in ordine all’art. 101, comma 2, Cost.).
A tale riguardo, in primo luogo, si rileva che la dottrina descrive l’incompetenza nel provvedimento emesso da un organo amministrativo diverso da quello che la norma prevede come competente ad adottarlo. Ne deriva che un eventuale accertamento giurisdizionale della sussistenza del vizio d’incompetenza può determinare sia una decisione di annullabilità sia di nullità dell’atto o del provvedimento amministrativo contestato, in ragione della diversa soglia di gravità del vizio di legittimità accertato.
In secondo luogo, pertanto, si osserva che l’incompetenza può essere assoluta o relativa. Va da sé che nel caso di vizio per incompetenza relativa, ossia quella che ricorre tra organi appartenenti allo stesso ramo dell’amministrazione, la costante giurisprudenza amministrativa ritiene che l’atto o il provvedimento attinto dall’illegittimità in questione è solo annullabile (art. 29 c.p.a.). Per contro, nella diversa fattispecie del vizio di incompetenza assoluta, la stessa esegesi della giustizia amministrativa condivide l’impostazione che si dovrebbe realizzare un vizio di legittima causa di nullità (inesistenza) dell’atto o del provvedimento (art. 21-septies della legge n. 241/1990, in relazione all’art. 31, comma 4, c.p.a.). Del resto, questa ultima forma d’illegittimità (id est incompetenza assoluta) si configura se: l’organo amministrativo emana un atto in una materia del tutto sottratta alla propria competenza e cioè quando la stessa è riservata ad un altro potere dello Stato o alla competenza di un settore amministrativo completamente diverso oppure è relativo ad un oggetto che si trova nella circoscrizione territoriale di un altro organo amministrativo (cosiddetta incompetenza per territorio). In estrema sintesi, l'incompetenza assoluta dovrebbe implicare che l'organo non è affatto competente ad emanare l'atto ovvero il provvedimento, mentre l'incompetenza relativa dovrebbe riguardare la mancata competenza del grado gerarchico o della materia specificamente prevista per quel determinato atto ovvero provvedimento.
In terzo luogo, si soggiunge che la constante ermeneutica del giudice amministrativo riposa sulla posizione che in presenza di vizi accertati dell’atto presupposto deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante. Difatti, nel primo caso (invalidità ad effetto caducante), l’annullamento dell’atto presupposto si estende automaticamente all’atto consequenziale, anche quando questo non è stato impugnato. Nella seconda fattispecie (invalidità ad effetto viziante), viceversa, l’atto conseguenziale è affetto solo da illegittimità derivata e, pertanto, resta efficace se non è impugnato nel termine di rito di sessanta (citato art. 29 c.p.a.) o di centoventi giorni se rientra tra le controversie contestabile con il ricorso al Presidente della Repubblica o al Presidente dalla Regione a statuto speciale della Sicilia (art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971 e art. 23, comma 4, dello Statuto della Regione Sicilia approvato con R.D.L. n. 455/1946 convertito in legge costituzionale n. 2/1948, come modificato dalle leggi costituzionali n. 1/1972, n. 3/1989 e n. 2/2001, in relazione all’art. 7, comma 8, c.p.a.) a cui occorre, con immediatezza, chiarire che è sottratta la materia degli appalti pubblici, come disposto dagli artt. 120 e 128 c.p.a.. In tale contesto, si precisa che sempre l’esegesi del giudice amministrativo ha, inoltre, chiarito che l’ipotesi dell’effetto caducante ricorre nella sola evenienza in cui l’atto successivo venga a porsi nell’ambito della medesima sequenza procedimentale e quale inevitabile conseguenza dell’atto anteriore, senza necessità di ulteriori valutazioni. Cosicché, è necessario verificare l’intensità del rapporto di conseguenzialità tra l’atto presupposto e l’atto successivo, con il contestuale riconoscimento dell’effetto eccezionale caducante solo qualora tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l’atto successivo si ponga, nell’ambito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all’atto precedente, senza necessità di nuove valutazioni di interessi (ex plurimis Cons. Stato, Sezione IV, sentenza n. 5717/2022; Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 2168/2018).
Alla luce delle premesse sintetiche riflessioni offerte in ossequio (pure) ai deferenti obblighi di brevità imposti alla trattazione in esame, che è concessa con la dovuta invocazione d’indulgenza all’acuto lettore, si costata la raffinatezza del percorso logico ragionato e motivato del giudice amministrativo di ultima istanza dello Stato italiano, lì dove il Collegio giudicante, pur senza fare alcun esplicito riferimento nel dato testuale della sentenza alle considerazioni che precedono e rassegnate in materia di incompetenza e di invalidità ad effetto caducante e viziante (forse in omaggio al principio dispositivo a cui è orientato il processo amministrativo), ha intercettato, comunque, la violazione dell’art. 42, comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 267/2000 nel caso concreto; e, per l’effetto, ha accolto la prima doglianza della parte ricorrente (probabilmente intrinsecamente afferente ad una possibile eccezione/deduzione d’incompetenza relativa e d’invalidità ad effetto caducante), perché la determinazione dirigenziale a valle d’indizione della gara, per l’affidamento in concessione della gestione del macello comunale di Parma, compreso il servizio di macellazione e per la durata di quindici anni, non aveva a monte (dell’unitario e legittimo procedimento amministrativo) il presupposto atto di formazione dell’attività amministrativa della pubblica amministrazione consistente nella delibera del Consiglio comunale, in funzione di organo d’indirizzo e di controllo politico-amministrativo competente in tema di modalità organizzative del servizio pubblico contestato, perché lo dispone la legge.
Conclusivamente, la decisione del Consiglio di Stato che segue pare essere coerentemente orientata a una giustizia sostanziale del caso concreto, poiché ha accolto il ricorso principale in appello, respinto quello incidentale, annullato l’impugnato provvedimento di aggiudicazione e compensato tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Tale tesi, d’altra parte, sembra potere essere avvalorata altresì dall’effetto conformativo con cui il giudicante stesso, nell’accogliere il primo motivo, ha assorbito quelli che non ha esaminato del ricorso principale in appello, ma ha evidenziato, nel contempo, l’illegittimità della procedura di gara conclusasi con l’aggiudicazione in favore della parte resistente e onerato l’autorità amministrativa di rivalutare i restanti articolati motivi non scrutinati in sede giurisdizionale nella fase di riedizione del potere amministrativo, secondo un approccio di legittima ponderazione dei contrapposti interessi pubblici e privati da oggettivare nell’atto di competenza del Consiglio comunale di scelta organizzativa di procedere (o meno) con la concessione del servizio pubblico del macello comunale.
Pubblicato il 18/02/2025
N. 01327/2025REG.PROV.COLL.
N. 03947/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3947 del 2024, proposto da
Macello di Parma s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 98724267A8, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Lolli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di Parma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Masi, con domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Mistrali, 4;
nei confronti
Bervini Primo s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Massimo Rutigliano, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Parma, borgo S. Brigida, 1;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l''Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, n. 104 del 2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Parma e della Bervini Primo s.r.l.;
Visto altresì l’appello incidentale della Bervini Primo s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2024 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Lolli, Carlo Masi e Massimo Rutigliano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - La Macello di Parma s.r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 7 maggio 2024, n. 104 del Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, che ha respinto il suo ricorso avverso la determinazione dirigenziale in data 12 gennaio 2024 con cui il Comune di Parma ha aggiudicato alla Bervini Primo s.r.l. “la procedura comunitaria per l’affidamento della concessione di gestione del macello comunale di Parma compreso il servizio di macellazione per la durata di quindici anni”, nonché avverso gli atti di gara e la lex specialis, dichiarando conseguentemente improcedibile il ricorso incidentale della aggiudicataria esperito nei confronti dell’ammissione alla gara della ricorrente principale.
La società appellante, facente parte del gruppo Cremonini, espone che prima della gara in esame, gestiva il macello sulla base di una concessione di bene pubblico (il fabbricato è di proprietà comunale); con gli atti impugnati il Comune ha istituito il servizio pubblico locale di macellazione.
La gara si è svolta con due partecipanti ed all’esito è risultata prima graduata la Bervini Primo s.r.l.
Con il ricorso in primo grado la Macello di Parma s.r.l. ha dedotto molteplici vizi, sia di ordine formale (incompetenza dell’organo che ha adottato il provvedimento; incompetenza dei componenti la commissione), che di ordine sostanziale (conflitto di interessi in capo all’aggiudicatario, punteggi attribuiti).
La controinteressata Bervini Primo s.r.l. ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale avverso l’ammissione alla gara della società Macello di Parma, deducendo che doveva essere esclusa per difetto dei requisiti di partecipazione in ragione della nullità del contratto di avvalimento stipulato con la Inalca s.p.a., non sottoscritto dalla ricorrente principale e privo dell’indicazione del corrispettivo.
2. - La sentenza appellata ha respinto il ricorso principale e dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse quello incidentale; in particolare ha respinto dapprima i motivi di incompetenza proposti in via subordinata e poi quelli di ordine sostanziale svolti in via principale.
3. - Con il ricorso in appello la Macello di Parma s.r.l. ha sostanzialmente reiterato, alla stregua di motivi di critica della sentenza, le censure di primo grado, articolate in quindici punti, incentrati sulla violazione dell’art. 42 del t.u.e.l. nell’assunto della mancanza di una delibera di Consiglio comunale espressiva degli indirizzi sull’organizzazione del servizio pubblico, sulla situazione di conflitto di interessi tra il macello pubblico e quello della aggiudicataria Bervini (che gestisce un macello privato a Mantova, e cioè a circa sessanta chilometri di distanza), sulla violazione della disciplina della concorrenza svolgendo anche servizi di trasporto e commercializzazione della carne, sull’incompetenza dei tre commissari nominati in tema di benessere animale, nonché sulla mancata applicazione del t.u.s.p.l. (artt. 10, 12 e 1 del d.lgs. n. 201 del 2020).
4. - Si sono costituiti in resistenza il Comune di Parma e la Bervini Primo s.r.l., puntualmente controdeducendo e chiedendo la reiezione del ricorso in appello; la società Bervini ha altresì proposto appello incidentale riproponendo i motivi (del ricorso incidentale) di primo grado.
5. - All’udienza pubblica del 14 novembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - Il primo motivo dell’appello principale deduce la violazione dell’art. 42, comma 2, del t.u.e.l., nell’assunto che sia mancata una delibera consiliare istitutiva e recante indirizzo politico dell’organizzazione del servizio pubblico, essendo intervenuta solamente la determina dirigenziale del 21 giugno 2023. Critica la statuizione di primo grado che ha ritenuto non necessaria tale delibera, essendo la nuova concessione a condizioni invariate rispetto al precedente rapporto, allegando che il servizio precedente non era un servizio pubblico, poteva funzionare in conto proprio, senza alcun obbligo di aprire a terzi, e senza alcun obbligo di continuità o tariffario. Allega ancora come, in ogni caso, cioè anche accedendo alla tesi dell’appellata, che desume dalla presenza di un PEF la pre-esistenza di una concessione di servizio pubblico, trattandosi di un nuovo affidamento, si imponeva una rivalutazione ex novo.
Il motivo è fondato.
A norma dell’art. 42, comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 267 del 2000 il Consiglio comunale ha competenza, tra gli altri atti fondamentali, per quello attinente la “organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell’ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione”. E’ dunque agevolmente inferibile che, vertendosi, nella fattispecie controversa, al cospetto di una procedura di gara per l’affidamento in concessione della gestione del macello comunale di Parma, compreso il servizio di macellazione, per la durata di quindici anni, occorreva una deliberazione consiliare, a monte della determinazione dirigenziale che ha indetto la gara.
La competenza consiliare si spiega nella considerazione che l’affidamento in concessione della gestione del macello comunale riguarda le modalità di organizzazione del servizio, e non già la fase di indizione della gara, che, in quanto atto di gestione, esula dalle competenze consiliari.
L’organizzazione del servizio non può invero che essere valutata dall’organo di indirizzo politico (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2011, n. 2), mentre nella vicenda controversa vi è stato solamente l’intervento dei dirigenti del Comune di Parma per la predisposizione e poi per l’indizione della gara.
Non rileva l’esistenza di una pregressa concessione, risalente al 2001 e prorogata sino alla contestata aggiudicazione, intercorrente tra il Comune di Parma e la Macello di Parma s.r.l., che, per quanto evincibile dalla documentazione in atti, era concessione della gestione del macello (inteso quale compendio immobiliare) di proprietà comunale, e dunque una concessione di bene pubblico a fronte del pagamento di un canone annuo. Ed infatti, cambiando il paradigma organizzativo, si imponeva comunque la valutazione dell’organo consiliare sulla modalità di svolgimento del servizio. Peraltro la prospettiva non sarebbe destinata a mutare neppure accedendo alla tesi (dell’amministrazione appellata) secondo cui quella preesistente fosse una concessione di servizi, atteso che, a fronte di una nuova concessione, occorreva comunque tale atto di indirizzo.
Giova precisare ancora che il Collegio non ritiene meritevole di positiva valutazione l’eccezione inammissibilità svolta dal Comune di Parma nell’assunto che doveva essere immediatamente impugnato il bando di gara per violazione dell’art. 42, comma 2, del t.u.e.l. Per costante giurisprudenza, infatti, l’immediata impugnazione è configurabile al cospetto di clausole della lex specialis che precludano la possibilità di partecipare alla gara (clausola autoescludente) oppure di formulare un’offerta seria e consapevole (clausole impeditive); al di fuori di tali evenienze si tratterebbe di impugnare clausole di cui è lecito sospettare la illegittimità, ma che non risultano altrettanto immediatamente lesive in quanto non impediscono né la partecipazione né la formulazione dell’offerta, con il logico corollario che per l’impugnazione occorrerà attendere gli esiti della gara, momento, questo, nel quale è dato ravvisare una lesione immediata e diretta della situazione giuridica del soggetto interessato (Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4; Cons. Stato, V, 29 novembre 2024, n. 9592).
Occorre altresì precisare ancora che a monte del procedimento contestato non vi è una deliberazione consiliare (quella in data 27 luglio 2005 riguarda la proroga della concessione del 2001), ma solo deliberazioni dirigenziali. La circostanza, rappresentata dalle parti resistenti a sostegno della non necessarietà di una delibera consiliare, delle condizioni sostanzialmente invariate non è condivisibile né sul piano formale, né su quello sostanziale, evidenziandosi inequivocabilmente una soluzione di continuità rispetto alla prima concessione.
2. - L’accoglimento dello scrutinato motivo appare assorbente ai fini del decidere, evidenziando l’illegittimità della procedura di gara conclusasi con l’aggiudicazione in favore della società Bervini Primo; comporta dunque l’accoglimento dell’appello principale, con assorbimento logico degli altri motivi articolati che dovranno, tutti, nella riedizione del potere, essere oggetto di ponderazione nell’atto di competenza del Consiglio comunale attinente la scelta organizzativa di procedere (o meno) con la concessione del servizio pubblico del macello comunale.
3. - L’accoglimento dell’appello principale impone di procedere alla disamina dell’appello incidentale della Bervini Primo s.r.l., esperito avverso l’ammissione alla gara della società Macello di Parma.
In particolare, con il primo motivo viene dedotto che Macello di Parma s.r.l. non aveva i requisiti di partecipazione previsti dal disciplinare di gara e ha dunque dichiarato di avvalersi dei requisiti dell’ausiliaria INALCA, producendo un contratto che risulta però nullo in quanto non risulta sottoscritto dalla stessa società Macello di Parma, non indica alcun corrispettivo (senza fare emergere un interesse patrimoniale, anche solo indiretto, dell’ausiliaria) ed è assolutamente generico (non indicando le risorse umane messe a disposizione, ovvero le attrezzature, e facendo solamente riferimento ad attività di consulenza ed assistenza).
Il motivo è infondato.
Per quanto riguarda la sottoscrizione del contratto di avvalimento, risulta (dalla relazione di verifica delle firme digitali) anche, in data 16 settembre 2023, la sottoscrizione digitale del sig. Dolfen Mirko per la società Macello di Parma.
Neppure può postularsi la genericità del contratto di avvalimento che, all’art. 2, sub lett. b), contiene una dettagliata indicazione delle risorse materiali e tecniche messe a disposizione per l’esecuzione dell’appalto, consistenti «nelle competenze della propria struttura organizzativa sia sotto il profilo consulenziale che sotto quello della materiale assistenza, per quanto afferente alle singole unità organizzative di seguito riportate […]»; a ciò fa seguito una declaratoria estremamente articolata dei vari uffici od unità organizzative che saranno presidiate dalle risorse dell’impresa ausiliaria.
Con riguardo, poi, alla mancata previsione di un corrispettivo nel contratto di avvalimento, osserva il Collegio come, per consolidata giurisprudenza, la nullità del contratto di avvalimento non può farsi discendere dalla carenza di un corrispettivo predeterminato o dalla mancanza di criteri per la sua predeterminazione, non potendo estendersi alle pattuizioni relative al compenso l’onere di specificazione di cui all’art. 89, comma 1, ultima parte, del d.lgs. n. 50 del 2016, concernente solamente i requisiti e le risorse messe a disposizione (in termini Cons. Stato, V, 5 novembre 2024, n. 8829; V, 12 luglio 2023, n. 6826).
Tale soluzione ha trovato peraltro conferma nell’art. 104 del nuovo codice (d.lgs. n. 36 del 2023), ove il contratto di avvalimento è definito solo “normalmente oneroso”.
4. - Il secondo motivo di appello incidentale deduce che la società Macello di Parma s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa in ragione della contraddizione emergente tra il DGUE (in cui ha escluso il ricorso al subappalto) e l’offerta tecnica in cui avrebbe indicato alcune attività (indicate al punto 1.7, pagina 18 della relazione tecnica-organizzativa) svolte dai subappaltatori; quanto meno, avrebbe dovuto esserle attribuito un punteggio pari a 0 in relazione al criterio 1.7, e non già punti 3.
Anche tale motivo è infondato.
Si evince dalla relazione tecnica della società Macello di Parma che la stessa, oltre al proprio personale dipendente, ha esternalizzato alcune funzioni (tripperia, servizio di pulizia); inoltre «per la logistica l’attività del trasporto è affidata a vettori in outsourcing, ci si avvale infatti dei trasportatori interni al gruppo ed altri convenzionati mentre per il trasporto di bestiame vivo a specifici fornitori contrattualizzati, per le attività di sezionamento ci si avvale di squadre di disossatori contrattualizzate di n. 6 unità […]».
Siffatte attività non costituiscono peraltro subappalto a mente dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016, vertendosi al cospetto di “prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.
Non sussiste dunque la denunziata causa di esclusione dalla gara e neppure una ragione per l’azzeramento del punteggio relativo.
5. - In conclusione, alla stregua di quanto precede, l’appello principale va accolto, mentre quello incidentale va respinto; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, nei limiti di cui alla motivazione che precede.
Sussistono peraltro, in ragione della complessità, anche fattuale, della controversia, le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, l’appello principale, mentre respinge l’appello incidentale; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento di aggiudicazione.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Marina Perrelli, Consigliere