Il presente contributo rappresenta una rielaborazione della tesina presentata nell’ambito della IV Edizione (a.a. 2023/2024) del Master Universitario di II° livello Teoria e Management degli Appalti Pubblici (TEMAP) presso la Libera Università Maria Ss. A
Abstract
L’istituto del subappalto nel diritto dei contratti pubblici è stato oggetto di diversi interventi riformatori negli ultimi anni, da ultimo con il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) post Correttivo (d.lgs. n. 209 del 2024), mossi dalla necessità di dover contemperare le esigenze difensive nazionali e i principi euro-unitari. L’art. 119 di cui al d.lgs. n. 36/2023, con il venir meno dei limiti stringenti al subappalto sembra aver raggiunto un equo bilanciamento di tali esigenze. Tuttavia, l’apertura al subappalto c.d. a cascata risente di alcune criticità interpretative e organizzative che, in assenza di specifiche disposizioni operative, possono determinare importanti rischi in fase esecutiva, tali da determinare una minore sicurezza dei lavoratori, la perdita del controllo dell’intera filiera e la diluizione delle responsabilità.
Tali rischi risultano ancor più evidenti nel settore ferroviario, caratterizzato da un contesto operativo complesso, nel quale la necessità di garantire maggiori controlli in cantiere, ad un livello non solo documentale ma più sostanziale, rappresenta oggi un’esigenza di rilievo comune.
Sommario: Introduzione. - 1. Il subappalto tra esigenze nazionali e principi comunitari. – 1.1. Autorizzazione al subappalto e tutela dalle infiltrazioni mafiose. – 1.2. Il subappalto quale strumento pro-concorrenziale. – 1.3. La maggiore apertura dell’Unione europea e il contrasto con la normativa italiana. – 1.4. La soppressione dei limiti al subappalto. - 2. L’attuale disciplina in materia di subappalto. – 2.1. Premessa. – 2.2. Il ruolo della stazione appaltante. – 2.3. Le tutele apprestate ai lavoratori in subappalto. – 2.4. Il controllo delle attività in subappalto. – 3. Il subappalto a cascata e i possibili rischi nel settore ferroviario. – 3.1. L’apertura al subappalto del subappalto. – 3.2. Il subappalto a cascata nel settore ferroviario. Rischi operativi e possibili alternative. – Conclusioni. – Bibliografia. – Giurisprudenza. – Documenti – Sitografia.
IL Introduzione
Il presente elaborato si propone l’obiettivo di analizzare l’istituto giuridico del subappalto nell’ambito della materia dei contratti pubblici. L’intento è quello di premettere una specifica analisi del percorso normativo in materia, attraverso l’approccio che il legislatore ha riservato a tale istituto, al fine di poterne delineare i tratti distintivi e rilevare eventuali criticità. D’altronde, il processo normativo che ha coinvolto il subappalto, ormai risalente nel tempo, ha messo in luce una profonda divergenza tra il legislatore nazionale e comunitario, i quali, mossi da esigenze distinte, hanno manifestato un approccio opposto alla materia.
In Italia, la disciplina del subappalto si è sempre caratterizza per un maggior rigore, mossa dall’esigenza di voler garantire in via principale il carattere personale della prestazione e, parallelamente, scongiurare il rischio che il subappalto possa rappresentare un mezzo distorsivo delle regole di evidenza pubblica. D’altro canto, il legislatore comunitario ha rappresentato un maggior favore verso il subappalto, quale strumento in grado di consentire lo sviluppo di piccole e medie imprese e garantire la piena concorrenza.
Oggi la disciplina del subappalto in Italia è la risultante di una commistione tra tali esigenze, laddove, con il venir meno dei limiti stringenti che storicamente hanno caratterizzato l’istituto, la disciplina si attesta ad un livello di maggiore apertura al subappalto.
A tal proposito, rileva segnalare che il subappalto ha assunto un ruolo cruciale nell’ambito delle commesse pubbliche, quale strumento pro-concorrenziale in grado di determinare, attraverso il ricorso ad imprese specializzate, maggiore qualità ed efficienza delle lavorazioni. Tuttavia, manifesta alcune criticità potendo rappresentare uno strumento in grado di consentire fenomeni distorsivi delle regole di evidenza pubblica.
L’attenzione va oggi al d.lgs. n. 36/2023 che merita di essere considerato poiché ispirato dalla necessità di armonizzare le esigenze difensive nazionali con i principi euro-unitari e inoltre, per aver fatto venir meno il divieto del subappalto c.d. a cascata, una novità con importanti risvolti applicativi anche nel settore ferroviario, in cui il contesto complesso che lo caratterizza, dà conto della necessità di dover garantire un maggior controllo della filiera del subappalto.
1. Il subappalto tra esigenze nazionali e principi comunitari
1.1. Autorizzazione al subappalto e tutela dalle infiltrazioni mafiose
Il subappalto viene definito come il contratto mediante cui l’appaltatore, assumendo il ruolo di (sub)committente, affida tutte le prestazioni o parte di esse a un altro soggetto, denominato appunto subappaltatore, senza tuttavia comportare alcun subentro di quest’ultimo nel rapporto contrattuale con la stazione appaltante[1].
L’istituto è stato oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore, sia nazionale sia comunitario, dando luogo a numerose e ondivaghe modifiche normative e contrasti giurisprudenziali.
Nel nostro ordinamento venne introdotto con l’art. 339 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato F che ne vietava l’impiego senza preventiva autorizzazione da parte della stazione appaltante. Il divieto era categorico e in caso di violazione imponeva delle sanzioni, tra cui la reclusione fino ai cinque anni. L’obiettivo era quello di garantire primariamente il carattere personale della prestazione (c.d. intuitu personae) e, dunque, di evitare la sostituzione dell’esecutore dell’opera commessa, atteso il carattere personale delle prestazioni oggetto d’appalto, con un soggetto sostanzialmente estraneo al rapporto sinallagmatico, tra committente e appaltatore, fondato sul rapporto fiduciario che considerava primariamente le qualità personali, le competenze e le caratteristiche specifiche dell’affidatario originario.
A questo primo approccio[2], si affianca poi la necessità di regolamentare diversamente tale istituto, nell’intento di garantire un più efficiente controllo del mercato delle opere pubbliche. Il subappalto inizia a porsi come strumento in grado di eludere le regole di evidenza pubblica e consentire l’ingresso delle associazioni mafiose nel mercato delle commesse pubbliche.
Con gli eventi di mafia che hanno riguardato gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, la normativa in materia si intensifica con la c.d. legislazione antimafia.
Per quanto concerne il subappalto, la legge 13 settembre 1982 n. 646, tesa a stabilire misure di prevenzione di carattere patrimoniale[3], ha previsto all’art. 21 una sanzione penale per chi, essendo risultato aggiudicatario di una commessa pubblica, concede in subappalto parte o l’intera commessa, in assenza di autorizzazione[4]. Viene, pertanto, confermato il ruolo cruciale dell’atto autorizzativo, stavolta, nell’intento di perseguire anche la salvaguardia dell’ordine pubblico economico, nella consapevolezza che il subappalto possa essere impiegato fraudolentemente per eludere le regole di gara, consentendo l’ingresso di organizzazioni mafiose[5].
Pertanto, con la sanzione di cui all’art. 21 sopracitato, la ratio della disciplina muta, laddove, l’atto autorizzativo si allontana dalle esigenze di cui all’art. 339, cit., concernenti la tutela dell’ intuitu personae ricollegato alla persona dell’appaltatore, estendendosi a finalità più propriamente pubblicistiche, quali, appunto, la tutela dal rischio di infiltrazioni mafiose e, più in generale, la tutela dal rischio che il subappalto possa rappresentare uno strumento in grado di eludere le regole di gara.
Ed infatti, oltre alla sanzione penale, con la legge 19 marzo 1990, n. 55 viene poi stabilito per la prima volta all’art. 18 il limite di applicabilità del 40% dell’importo da subappaltare[6], un’ulteriore conferma della necessità di voler stabilire maggiori barriere contro il rischio di infiltrazioni da parte delle associazioni mafiose.
Successivamente, dopo la bufera di “tangentopoli”, provocata dall’inchiesta di mani pulite, ove lo scambio tangente-appalto rappresentava uno degli aspetti più salienti del fenomeno, vi fu un nuovo intervento con la legge 11 febbraio 1994 n. 109, novellata dal correttivo di cui al D.P.R. 21dicembre 1999, n. 554, che all’art. 34, confermando il limite quantitativo sopracitato, prevedeva diverse novità di capitale rilevanza, quali: la necessità che venissero dichiarate, in fase di accesso al bando, le parti di lavori che si intendeva subappaltare; la necessità che l’importo venisse indicato nel bando di gara; l’indicazione dei soggetti (da uno a sei) candidati subappaltatori e, nel caso che il candidato fosse unico, anche l’allegazione della documentazione attestante il possesso dei requisiti di natura tecnica. Inoltre, era previsto che il contratto di subappalto dovesse essere depositato dall’appaltatore presso il soggetto appaltante, entro il termine di novanta giorni dall’aggiudicazione.
Tali prescrizioni mettono in luce la volontà del legislatore di rendere del tutto trasparente e certo il ricorso al subappalto, consentendo all’amministrazione committente ogni più ampia verifica.
In questo contesto disarticolato e frammentario, nei primi anni duemila, vi sono stati alcuni primi interventi organici a livello comunitario volti a semplificare e riorganizzare il quadro normativo in materia di appalti pubblici[7],i quali, daranno l’impulso per una nuova codificazione a livello nazionale[8].
1.2. Il subappalto quale strumento pro-concorrenziale
L’istituto del subappalto si completa poi dell’importante contributo ricevuto dal diritto euro-unitario e dalle istituzioni europee che, nell’intento di liberalizzare la materia attraverso una disciplina organica comune, manifestano un approccio più favorevole all’uso del subappalto, quale strumento in grado di consentire la piena concorrenza.
Sul punto, vanno segnalate le direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE che avevano l’obiettivo di coordinare le discipline interne di aggiudicazione, con l’apertura del mercato alla concorrenza. Un’esigenza che vede nel subappalto un istituto cruciale, in grado di «favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici»[9].
La direttiva 2004/18/CE disciplinava il subappalto all’art. 25 prevedendo la possibilità che l’amministrazione aggiudicatrice potesse chiedere all’affidatario di indicare, nell’offerta, le parti dell’appalto che intendeva subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.
Nel recepire il testo comunitario, l’Italia ha adottato una linea decisamente più rigorosa, introducendo misure più stringenti finalizzate a prevenire eventuali distorsioni dell’istituto. Ne è la prova l’art. 118 , d.lgs. 163 del 2006 che al comma 2 prevedeva la possibilità di subappaltare «tutte le prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano» salvo poi stabilire che: a) per i lavori, per quanto riguarda la categoria prevalente, venisse definita la quota subappaltabile, in misura comunque non superiore al 30%, mentre le altre categorie di lavori erano subappaltabili senza limiti, fatte salve le c.d. opere superspecialistiche; b) per i servizi e le forniture, operava il limite del 30% dell'importo contrattuale. Inoltre, al medesimo comma, per l’affidamento in subappalto erano stabilite specifiche condizioni: che all’atto dell’offerta venissero indicate le parti di lavori, servizi o forniture che si intendevano subappaltare; che l’affidatario provvedesse al deposito del contratto di subappalto almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio; che al momento del deposito del contratto, venisse trasmessa altresì la certificazione attestante il possesso dei requisiti generali; che non sussistesse nei confronti del subappaltatore alcuno dei divieti previsti dalla legislazione antimafia[10].
Pertanto, resta salva la necessità del legislatore italiano di garantire che, con l’individuazione di un contraente affidabile, il subappalto non divenisse uno strumento attraverso il quale le associazioni mafiose potessero trovare terreno fertile nel settore degli appalti pubblici.
Tuttavia, la presenza di limiti stringenti ha attirato l’attenzione dell’Unione europea che, negli anni a seguire, dichiarerà l’incompatibilità della disciplina italiana[11], soprattutto, con riferimento al tema del limite quantitativo della quota subappaltabile e al ribasso dei prezzi, praticato ai subappaltatori ai sensi del comma 4 dell’art. 118, in quanto in contrasto con i principi della libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) e della libertà di prestazione di servizi ( art 56 TFUE), nonché con i principi che ne derivano, quali la parità di trattamento e la non discriminazione.[12]
1.3 La maggiore apertura dell’unione europea e il contrasto con la normativa italiana
Con il pacchetto delle direttive europee del 2014 - le direttive n. 2014/23/UE(in materia di concessioni), 2014/24/UE (sui settori ordinari) e 2014/25/UE (sui settori speciali) - si assiste ad un riordino della materia in sede comunitaria, mediante una prospettiva che tende a dare concreta attuazione ai principi di parità di trattamento e favor partecipationis per le piccole e medie imprese (PMI)[13], contribuendo all’«interesse dell’Unione che l’apertura di un bando di gara alla concorrenza sia la più ampia possibile»[14].
Più in generale, le direttive del 2014, rispetto alle previgenti, hanno mostrato una maggiore apertura nei confronti dell’istituto del subappalto, inteso come modalità ordinaria di organizzazione delle attività d’impresa e un maggiore interesse verso la tutela ambientale, sociale e del lavoro. Ed infatti, l’art. 71 della Direttiva 2014/24/UE ha ribadito la funzione pro-concorrenziale dell’istituto e ha previsto, tra l’altro, la responsabilità del concorrente principale, anche con il meccanismo della responsabilità solidale e soprattutto la possibilità di ricorrere al subappalto c.d. a cascata, senza individuare alcun limite quantitativo della quota da subappaltare né ulteriori particolari limiti, rimettendo a ciascun Stato membro il dovere di conformarsi alla disciplina europea.
All’apertura europea nei confronti del subappalto, il legislatore italiano ha risposto prospettando disposizioni più stringenti[15]. Così, nonostante il divieto di gold plating, l’art. 105, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, ha confermato una soglia massima di subappaltabilità pari al 30%, calcolata sull’importo complessivo del contratto, a cui si affiancava anche l’obbligo di indicare, sin dalla presentazione dell’offerta, la c.d. terna di possibili subappaltatori, pena l’esclusione.
Così, anche la disciplina del subappalto contenuta nel codice del 2016 è stata oggetto di un vaglio critico da parte delle istituzioni europee.
Prima è intervenuta la Commissione Europea[16], sulla scorta delle segnalazioni fatte dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili[17], segnalando che la disciplina di cui all’art.105 sostanzialmente vietava il subappalto, consentito unicamente previa espressa autorizzazione e, in ogni caso, nel limite del 30% dell’importo dell’opera. Dunque, la disposizione risultava, in contrasto con i principi in materia, quali la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento, la libera prestazione di servizi e la partecipazione delle PMI nel mercato degli appalti pubblici.
Successivamente, tra il 2018[18] ed il 2019 vi sono stati diversi interventi che hanno manifestato in modo sempre più evidente il contrasto tra la disciplina difensiva italiana e l’approccio europeo. Un esempio di rilievo è rappresentato dalla procedura di infrazione n. 2018/2273, con cui la Commissione europea il 24 gennaio 2019, contestava all’Italia le difformità di alcune disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 50 del 2016.
Nello specifico, al punto 1.3. rubricato “Violazioni di norme riguardanti il subappalto e l’affidamento sulle capacità di altri soggetti” sono stati ritenuti non conformi al diritto europeo: il limite quantitativo di ricorso al subappalto, l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti, il divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore (c.d. subappalto a cascata), il divieto per il soggetto sulle cui capacità l’operatore intende fare affidamento, di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto (avvalimento a cascata).
In merito al divieto di subappaltare oltre il 30% del contratto d’appalto, è stato precisato che nelle direttive non vi sono disposizioni che consentano un siffatto limite obbligatorio e che la possibilità di prevedere un limite, potesse essere prevista solo ed esclusivamente nei casi in cui una tale restrizione fosse giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere.
Oltre alla Commissione europea, è intervenuta più volte anche la Corte di Giustizia[19] che in relazione al limite del 30% e al legittimo obiettivo del contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata ha precisato che «(…) anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo» sottolineando, così, l’eccessività del Codice dei contratti.
Pur ritenendo un obiettivo legittimo il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, la Corte di Giustizia rimprovera al legislatore italiano l'assenza di proporzionalità, avendo previsto un limite generalizzato, che non tiene conto dei profili oggettivi e soggettivi delle singole vicende.
Secondo i Giudici europei, quindi, il legislatore italiano, al fine di garantire la tutela dell’ordine pubblico, avrebbe dovuto adottare misure meno restrittive del principio di tutela della concorrenza.
1.4 La soppressione dei limiti al subappalto
Sulla scorta della generale apertura al subappalto, testimoniata dai vari interventi sorti in seno alle istituzioni europee, si è aperta la strada ad una maggiore liberalizzazione dell’istituto, nonché alla tendenziale soppressione dei limiti generali e astratti storicamente previsti dall’ordinamento italiano[20].
Dapprima, è intervenuto l’articolo 1, comma 18, d.l. 32 del 18 aprile 2019 (c.d. decreto «Sblocca-cantieri»), convertito nella legge n. 55/2019, che ha introdotto un regime transitorio secondo il quale, da un lato, la soglia di subappaltabilità è stata innalzata al 40%, in via straordinaria e temporanea fino al 30 giugno 2020, dall’altro, è stato sospeso l’obbligo di indicare la c.d. “terna” dei subappaltatori (fino al 31 dicembre 2020)[21].
Successivamente, è stato adottato il decreto legge del 31 maggio 2021 n. 77 (c.d. “Decreto Semplificazioni bis”), convertito con modificazioni nella legge n. 108/2021 che ha cercato di colmare la distanza esistente tra la disciplina interna e quella europea, introducendo delle modifiche sostanziali. Tali modifiche, racchiuse all’art 49 del citato d.l. n. 77 /2021, hanno mutato l’assetto normativo previsto all’art. 105 del d.lgs 50/2016, novellando il testo del Codice.
Il legislatore, a far data dal 1° novembre 2021, ha rimosso ogni limite generale per il ricorso al subappalto prevedendo, in capo alle Stazioni appaltanti, l’obbligo di indicare nei documenti di gara le prestazioni oggetto del contratto di appalto non subappaltabili, da eseguire a cura dell’aggiudicatario, in ragione: a) delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese quelle dell’art 89 comma 1 del Codice; b) dell’esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e in generale dei luoghi di lavoro, garantendo una maggiore tutela delle condizioni lavorative e della salute e sicurezza dei lavoratori; c) dell’esigenza, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture, di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali .
Questa stagione di riforma vede poi l’intervento della l. n. 238/2021 che all’art. 10 ha fatto venir meno definitivamente l’indicazione della terna di possibili subappaltatori.
Dunque, viene a delinearsi un ridimensionamento dell’istituto, non più basato su limitazioni automatiche aprioristicamente individuate dal legislatore, bensì su un sistema di valutazioni ad hoc, che prevede un rafforzamento dei meccanismi di controllo in capo alle Stazioni appaltanti. Tali disposizioni entreranno a far parte del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs n. 36/2023.
2. L’attuale disciplina in materia di subappalto
2.1 Premessa
Il d.lgs. 31 marzo 2023 n. 36 ha novellato la disciplina in materia di subappalto all’art. 119, ispirato dall’esigenza di cristallizzare le disposizioni transitorie nazionali degli ultimi anni e dai vari interventi sorti in sede europea. In generale, l’art. 119, non si discosta particolarmente dall’art 105, come modificato dall’art. 49 del d.l. n. 77/2021, conv. dalla l. n. 108/2021 e dall’art. 10 della l. 231/2021.Viene, dunque, confermato il previgente assetto, con alcune novità delle quali si darà evidenza nel prosieguo della trattazione.
Pertanto, in questa sede verranno affrontati alcuni aspetti di rilievo della disciplina in materia di subappalto quali, il ruolo della stazione appaltante, le tutele apprestate ai lavoratori e i controlli in fase di esecuzione, nell’intento di dar conto delle caratteristiche dell’attuale disciplina e delle eventuali criticità dell’istituto.
2.2 Il ruolo della stazione appaltante
Attraverso l’analisi svolta fin d’ora può dirsi che il particolare approccio riservato all’istituto del subappalto, intento a contemperare esigenze che attengono alla limitazione dell’istituto e a garantire il principio della piena concorrenza, ha determinato nel tempo, un ruolo centrale in capo alle stazioni appaltanti, quali soggetti potenzialmente in grado di bilanciare i principi di trasparenza, concorrenza e tutela dalle infiltrazioni mafiose.
D’altronde, il legislatore immagina una pubblica amministrazione forte, dotata di competenze specifiche, necessarie per gestire interventi pubblici secondo schemi consolidati delle scienze gestionali[22]. Un’evidenza confermata anche dai principi generali che permeano l’intero codice (il principio del risultato, della fiducia e del libero accesso al mercato) che tendono a favorire scelte discrezionali proporzionali all’obiettivo da raggiungere, più elastiche ed in grado di adattarsi alle situazioni concrete[23].
Dunque, l’art 119 va letto in questa prospettiva, ove viene attribuito in capo alla stazione appaltante un’attività di controllo su ogni aspetto concernente il subappalto.
Ed infatti, con il venir meno del limite quantitativo, il ruolo della stazione appaltante si accentua, laddove, sin dall’avvio della procedura ad evidenza pubblica e, dunque, all’interno del bando/avviso che l’ha indetta, devono essere indicate le prestazioni che possono essere oggetto di subappalto e quelle che, previa motivazione, devono rimanere oggetto dell’affidamento originario. Tale valutazione deve tener conto delle specifiche caratteristiche dell’appalto e considerare nello specifico tre esigenze: i) rafforzare il controllo delle attività di cantiere e, più in generale, dei luoghi di lavoro; ii) garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori; iii) prevenire il rischio di infiltrazioni criminali[24].
Si tratta di disposizioni che confermano l’interesse generale che vi sia un puntuale controllo del subappalto da parte della stazione appaltante, al quale si affianca anche l’interesse, già manifestato a livello comunitario, di favorire lo sviluppo di piccole e medie imprese. Sul punto, il legislatore sembra aver fatto un passo in avanti, da ultimo, con il correttivo di cui al d.lgs. n. 31 dicembre 2024 n. 209, intervenuto nell’intento di razionalizzare e semplificare la materia[25].
In tal senso, al comma 2 dell’art. 119 è stato previsto l’obbligo di stipulare il contratto di subappalto in misura non inferiore al 20% delle prestazioni subappaltabili, con piccole e medie imprese, ferma la possibilità per gli operatori economici di indicare nella propria offerta una diversa soglia di affidamento per ragioni legate all’oggetto e alle caratteristiche delle prestazioni o al mercato di riferimento.
È confermato, dunque, l’intento del legislatore di voler consentire un maggiore ingresso di piccole e medie imprese nell’ambito delle commesse pubbliche anche se, dal tenore letterale della norma, non è chiaro se la previsione di una diversa soglia possa essere stabilita solo in aumento o, a contrario, anche in una percentuale inferiore al venti per cento.
Ad ogni modo, l’esigenza di garantire un controllo puntuale del subappalto viene manifestata anche attraverso lo strumento autorizzativo. Permane, infatti, (al comma 4) la necessità che il subappalto sia oggetto di autorizzazione da parte della stazione appaltante che, previa verifica circa il possesso di particolari requisiti, rappresenta l’elemento indefettibile senza il quale l’affidatario non può dare in alcun modo concreta attuazione al contratto di subappalto[26].
A riguardo, è stabilito che, affinché possa essere rilasciata l’autorizzazione, siano presenti le seguenti condizioni: a) che il subappaltatore sia qualificato per le lavorazioni o le prestazioni da eseguire; b) che non sussistano a carico del subappaltatore le cause di esclusione di cui ai requisiti generali; c) all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere, ovvero, i servizi e le forniture che si intende appaltare.
L’iter autorizzativo richiede, dunque, che le amministrazioni verifichino, oltre alla richiesta di subappalto, anche la dichiarazione del subappaltatore circa il possesso dei requisiti sopracitati e la documentazione tecnica, amministrativa e grafica direttamente derivata dagli atti del contratto affidato, in assenza della quale potrebbe non essere rilasciata l’autorizzazione.
Quanto detto, conferma perciò il ruolo della stazione appaltante, quale organo in grado di poter svolgere un equo bilanciamento degli interessi che caratterizzano l’istituto (necessità di trasparenza, legalità e piena concorrenza).
Una stazione appaltante che, come detto, deve svolgere diverse verifiche: valutare, sin dall’avvio della procedura, quali prestazioni possono essere subappaltabili e quali, invece, devono essere escluse; valutare le condizioni necessarie per poter autorizzare o meno il subappalto e la sussistenza dei requisiti richiesti in capo al subappaltatore; e, infine, verificare la correttezza della documentazione allegata al contratto di subappalto.
Tali verifiche presuppongo lo svolgimento di un’attività da parte dell’ente, che deve tener conto della effettiva capacità delle stazioni appaltanti, che spesso potrebbero non avere il know-how e le risorse adeguate, soprattutto, nel caso di committenti di piccole dimensioni.
Un’evidenza rilevata dall’ANAC, in vigenza del previgente codice, che auspicava «l’introduzione di misure che promuovano un’adeguata capacità amministrativa nelle attività di verifica e autorizzazione dei subappalti»[27].
Tale assunto, resta oggi ancora valido, laddove risulta necessario valorizzare ancor di più il ruolo delle stazioni appaltanti, mediante un approccio che sia in grado di migliorare la qualità dell’attività amministrativa, attraverso l’incremento di personale specialistico, con elevata competenza e dotazioni digitali adeguate[28].
Un’esigenza che riguarda l’intero arco dell’affidamento, dalle fasi preliminari all’aggiudicazione, fino alla fase esecutiva, in cui, soprattutto in quest’ultima, vengono in evidenza interessi ulteriori, quali la tutela e la sicurezza dei lavoratori e la necessità che vi sia un controllo dell’intera filiera (appaltatore, subappaltatore ed eventuali sub-subappaltatori).
2.3 Le tutele apprestate ai lavoratori in subappalto
Ulteriore elemento di rilievo, che si ricava dalla lettura della disposizione di cui all’art.119, concerne la tutela apprestata dall’ordinamento nei confronti di coloro i quali sono chiamati a svolgere una parte significativa dell’appalto: i lavoratori del subappaltatore.
Si tratta di un tema oggetto di ampio dibattito poiché il subappalto, già nella disciplina previgente[29], aveva dimostrato di essere un possibile strumento in grado di consentire lavoro sottopagato e irregolare.
Per questo motivo il legislatore ha confermato le tutele apprestate statuendo, al comma 7 dell’art 119, che l’affidatario è tenuto ad osservare il trattamento economico e normativo stabilito nei contratti collettivi nazionali e territoriali in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni, prevedendo altresì, una responsabilità solidale con il subappaltatore per l’osservanza delle disposizioni anzidette nei confronti dei dipendenti di quest’ultimo[30]. La ratio di tale disposizione risiede nella necessità di voler garantire che il personale impiegato sia adeguatamente tutelato dalle clausole inderogabili previste nei relativi contratti collettivi e che percepisca una retribuzione proporzionata rispetto alla attività svolta in concreto[31].
Orbene, la previsione normativa va letta in combinato disposto con l’art. 11 che, sancendo il principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore, ha previsto una sostanziale parificazione delle tutele normative ed economiche apprestate ai lavoratori in subappalto equiparati, sul piano giuslavoristico, a quelli dell’appaltatore[32].
Da tale disposizione, sorge in capo alle stazioni appaltanti l’obbligo di indicare nei bandi di gara il contratto collettivo applicabile (comma 2) e in capo agli operatori economici, la possibilità di indicare nella propria offerta un diverso contratto collettivo, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante (comma 3).
Dal tenore delle due formulazioni si rinviene una sostanziale differenza, laddove, la componente pubblica, in ossequio al principio di trasparenza e certezza, deve obbligatoriamente indicare nella lex specialis il contratto collettivo applicabile; mentre gli operatori economici, alla stregua del principio di iniziativa economica, possono indicare un diverso contratto purché assicuri le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante.
Emerge, dunque, l’importanza che tale dichiarazione venga resa anche dal subappaltatore, soprattutto, considerando che l’art. 11 al comma 4 prevede che le stazioni appaltanti attuino una verifica sostanziale sul costo del personale, ovvero, il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili, con le modalità di cui all’art.110.
Una verifica che risponde, tra l’altro, all’esigenza, manifestata al comma 12 dell’art. 119, che il subappaltatore applichi i medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro del contraente principale, qualora le attività del subappalto coincidano con quelle dell’appalto principale. Tale questione era sorta in passato poiché vi era la tendenza ad applicare contratti collettivi diversi, così da violare la normativa in materia di concorrenza, determinando disuguaglianza sociale, dumping e tramutando il contratto collettivo in strumento di concorrenza sleale.
Ciò accadeva, ad esempio, nell’ambito della filiera dei rifiuti, dove il trasporto e lo smaltimento venivano subappaltati ad un soggetto diverso che applicava ai propri dipendenti il contratto collettivo multiservizi, anziché quello igiene ambientale[33], con importanti differenze nel trattamento retributivo [34].
In proposito, si segnala la vicenda Herambiente- Gea Service[35] nella quale, secondo il sindacato S.I. Cobas, aggirando le previsioni contenute nelle convenzioni stipulate con la stazione appaltante, Herambiente S.p.A. applicava al subappaltatore (Gea Service s.r.l.) per l’esecuzione di attività strumentali all’erogazione del servizio rifiuti (ad esempio il trasporto e lo smaltimento), un CCNL diverso da quello applicato ai dipendenti in subappalto, così determinando notevoli differenze retributive[36].
Tali eventi confermano la necessità che venga garantita estrema attenzione alle ragioni di tutela dei subappaltatori e dei loro dipendenti. Un’attenzione suffragata anche al comma 7, secondo periodo, dell’art. 119, laddove, si prescrive che anche l’affidatario è responsabile, in solido con il subappaltatore, verso gli obblighi concernenti il trattamento contributivo e l’applicazione dei contratti collettivi sostanzialmente collegati all’attività svolta.
Constatato con favore l’approccio del legislatore, attento alle tutele giuslavoristiche, resta solo da rimarcare l’importanza che vengano garantite forme effettive di tutela in capo ai lavoratori, al fine di contrastare il deterioramento delle condizioni di lavoro nelle catene degli appalti[37]. Con tale assunto si vuole ribadire l’importanza che vengano garantite in concreto condizioni economiche adeguate, laddove, a contrario, condizioni di lavoro precarie potrebbero rappresentare un rischio anche su altri aspetti di rilievo, quali la qualità dell’intera opera e la sicurezza dei lavoratori in cantiere.
2.4 Il controllo delle attività in subappalto
Per ciò che attiene poi alle attività di verifica delle prestazioni in subappalto, un ruolo centrale è svolto da alcune figure cardine della fase esecutiva, quali, il responsabile unico del progetto e il direttore dei lavori (o dell’esecuzione del contratto).
Ed infatti, dal momento in cui la stazione appaltante rilascia l’autorizzazione al subappalto, il subappaltatore subentra nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto principale. Da ciò, derivano precisi obblighi comportamentali in capo al subappaltatore e, specularmente, precisi doveri di verifica in capo alle figure tecniche preposte ai controlli amministrativi e contabili. In questa fase, il responsabile unico del progetto, il direttore lavori insieme al coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione sono chiamati a vigilare sulla corretta esecuzione delle prestazioni e sul rispetto degli oneri della sicurezza relativi alle prestazioni affidate in subappalto[38].
L’art.119 conferma l’interesse a che vi sia un controllo puntuale delle attività svolte in subappalto. Ciò si desume soprattutto dall’obbligo, previsto al comma 13, di esporre all’esterno del cantiere i nominativi di tutte le imprese subappaltatrici, al fine di poter consentire le verifiche dei soggetti e delle imprese che operano all’interno del cantiere.
A tale verifica, si aggiungono poi i controlli svolti dal direttore lavori, il quale, verifica il possesso e la regolarità, in capo al subappaltatore, della documentazione concernente gli obblighi che quest’ultimo ha nei confronti dei propri dipendenti, nonché, la presenza in cantiere delle imprese subappaltatrici aventi idonea autorizzazione accertando, altresì, l’effettivo svolgimento delle prestazioni ad esso affidate e rilevando eventuali inosservanze. Tra i documenti fondamentali che devono essere verificati e, nel caso di più imprese esecutrici, coordinati, vi sono i piani di sicurezza (di cui al comma 15), dai quali si rilevano le modalità organizzative e le indicazioni in grado di ridurre i rischi delle specifiche lavorazioni e garantire la tutela e sicurezza dei lavoratori.
Tutto ciò rileva l’interesse del legislatore ad una più ampia verifica della conformità delle attività in concreto svolte in cantiere rispetto alle previsioni statuite nel contratto originario, nonché del rispetto delle disposizioni normative in materia di sicurezza sul lavoro, tutela ambientale e tutela dei lavoratori.
Chiaramente, tali verifiche richiedono che venga stanziato un adeguato numero di risorse che, in base alle professionalità acquisite, riescano a svolgere tali controlli in modo efficiente, soprattutto, laddove vi siano più cantieri e/o più subappaltatori. A contrario, potrebbe rappresentarsi il rischio che le verifiche si attestino ad un livello meramente documentale e non sostanziale.
D’altronde, le attività di verifica in cantiere rappresentano un importante strumento di controllo dei requisiti e degli obblighi posti in capo ai subappaltatori e le pubbliche amministrazioni, le quali, mediante le figure tecniche ad esse connesse, devono scongiurare che il subappalto possa divenire uno strumento per raggirare le limitazioni ivi previste all’art.119, ovvero che l’esecuzione delle prestazioni sia affidata a imprese non in possesso dei requisiti (o poco inclini alla legalità).
3. Il subappalto a cascata e i possibili rischi nel settore ferroviario
3.1 L’apertura al subappalto del subappalto
La novità più interessante della novella legislativa è l’introduzione del subappalto c.d. “a cascata” e il conseguente superamento del precedente divieto previsto all’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016.
Ai sensi del comma 17 dell’art. 119: “Le stazioni appaltanti indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto e dell’esigenza, tenuto conto della natura e della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose. Si prescinde da tale ultima valutazione quando i subappaltatori ulteriori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’art. 1 della legge 6 novembre 2012 n. 190, ovvero nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’art.30 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229”.
Dal tenore della norma si conferma la volontà di adeguare la normativa nazionale all’ordinamento europeo, nell’intento di dar seguito ai rilievi sorti nell’ambito della procedura d’infrazione n. 2273/2018 e nel rispetto delle direttive europee[39]. Il legislatore ha fatto propria l’indicazione della Commissione secondo cui la normativa europea in materia di appalti non consente di prevedere un divieto di ricorso al c.d. subappalto di subappalto[40].
Permane, tuttavia, la possibilità di limitarne il ricorso, in capo alle Stazioni appaltanti, motivando nella lex specialis le ragioni di tale scelta.
Fa riflettere la particolare tecnica legislativa di subordinare l’ammissibilità “in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto” e “in ragione dell’esigenza, tenuto conto della natura e della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose” poiché, se nessun dubbio appare in merito a questo secondo punto, per il quale comunque dovrà tenersi conto della complessità delle prestazioni e delle lavorazioni da effettuare, è considerata quantomeno problematica l’individuazione di specifiche caratteristiche dell’appalto, quale formulazione troppo generica e di difficile interpretazione[41].
Ed infatti, nella ricostruzione dell’iter logico-motivazionale, la Stazione appaltante dovrà dare conto delle ragioni che hanno portato a vietare nella lex specialis il subappalto a cascata attraverso esplicite motivazioni che dovranno tener conto delle ragioni sopra citate.
Sul punto, va detto che le ragioni che attengono al controllo delle attività di cantiere, alla salute e sicurezza dei lavoratori e al rischio di infiltrazioni mafiose, risultano già tipizzate dal legislatore e perciò di più facile valutazione da parte della Stazione appaltante, alla quale, soccorrono le disposizioni del codice nonché le altre disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro e tutela antimafia.
A contrario, l’individuazione delle specifiche caratteristiche dell’appalto appare una condizione eccessivamente aleatoria poiché non meglio esplicitata dal legislatore e perciò rientrante nella sola valutazione discrezionale della Stazione appaltante.
Così, tale individuazione assume una portata eccessivamente generalizzata alla quale, in concreto, potrebbe far seguito una motivazione di divieto del subappalto a cascata troppo aperta, in assenza di specifiche indicazioni da parte del legislatore.
Di certo, è chiaro l’intento del legislatore di voler uscire dalla generalità del divieto, appoggiandosi alle valutazioni delle stazioni appaltanti[42], tuttavia, un’apertura siffatta sembra eccessiva e priva di ragione, laddove, l'indicazione di ciò che attiene alle “specifiche caratteristiche dell’appalto” potrebbe meglio coadiuvare proprio le Stazioni appaltanti, nell’individuazione delle ragioni a fondamento di un eventuale divieto dell’istituto.
Per altro verso, non si può trascurare che la possibilità discrezionale di scelta della Stazione appaltante di limitare l’istituto, potrebbe avere delle ripercussioni sia su aspetti di carattere operativo, si pensi all’iter autorizzativo, per il quale sembrerebbe mancare una disciplina specifica[43], sia su aspetti organizzativi, poiché l’apertura al subappalto a cascata potrebbe comportare maggiori oneri in capo ai soggetti preposti alle verifiche dei lavori[44].
In merito agli aspetti operativi, è intervenuto, da ultimo, il correttivo, di cui al d.lgs.31 dicembre 2024 n. 209, prevedendo all’art. 41 che: «Nel caso in cui l’esecuzione di prestazioni affidate in subappalto, sia oggetto di un ulteriore subappalto, si applicano a quest’ultimo le disposizioni previste dal presente articolo e da altri articoli del codice in tema di subappalto». Così viene fatto un esplicito rinvio alle norme in materia di subappalto, confermando, dunque, la necessità dell’atto autorizzativo anche per il subappalto a cascata, senza però stabilire alcuna disciplina di dettaglio.
In proposito, resta da capire chi sia il soggetto deputato al rilascio di tale autorizzazione, laddove, si consideri che l’art. 119, comma 6 prevede una responsabilità solidale tra appaltatore originario e subappaltatore nei confronti della stazione appaltante, per i lavori svolti. Una responsabilità dalla quale potrebbe desumersi che entrambi siano interessati alla scelta di autorizzare uno o più sub-subappaltatori.
Ad ogni modo, tralasciando tali considerazioni, non è chiaro quali siano i risvolti applicativi dell’art. 41, cit. e come verranno calati in sede di esecuzione, residuando, dunque, dubbi in tema di rapporti tra committente, appaltatore, subappaltatore e sub-subappaltatore.
Per ciò che concerne gli aspetti organizzativi, come già delineato nel capitolo precedente, si è cercato di dare evidenza delle attività di verifica che coinvolgono diverse figure della fase esecutiva tra cui responsabile unico del progetto e direttore lavori che, ovviamente, vedendosi moltiplicare il numero di subappalti, potrebbero andare incontro a difficoltà pratiche di rilievo, relative all’adeguato controllo del possesso dei requisiti in capo ai subappaltatori nella fase esecutiva, nonché, del controllo del corretto svolgimento delle attività di cantiere.
Pertanto, vi è il rischio che il subappalto a cascata possa moltiplicare le criticità connaturate al subappalto, determinando: una possibile perdita del controllo della filiera da parte del committente, del direttore dei lavori e della stessa impresa principale; difficoltà per l’impresa principale di coordinare le attività tra tutte le imprese subappaltatrici e sub-sub-subappaltatrici; diluizione delle responsabilità sia nei confronti del committente sia della stessa impresa principale.
3.2 Il subappalto a cascata nel settore ferroviario. Rischi operativi e possibili alternative
Sulla scorta di quanto analizzato sin ora, si vuole dar conto delle maggiori criticità che riguardano il subappalto c.d. a cascata nell’ambito del settore ferroviario, in considerazione dell’incremento delle lavorazioni svolte sull’infrastruttura nonché delle caratteristiche insite in questo particolare settore.
Ed infatti, è attualmente in corso, da parte del Gruppo Ferrovie dello Stato, la realizzazione di circa 25 miliardi di euro di investimenti provenienti da fondi PNRR per la realizzazione di nuovi collegamenti, per potenziare l’infrastruttura esistente, rinnovare stazioni e ammodernare il sistema ferroviario con l’adozione delle più evolute tecnologie.[45]
Investimenti che hanno determinato un incremento del numero dei cantieri e delle risorse ad essi necessarie. Ad oggi, infatti, vi sono circa 1.200 cantieri, tra opere strategiche e interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, il cui maggior attuatore è Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. che si occupa della gestione dell’infrastruttura ferroviaria e del suo mantenimento in efficienza[46].
All’incremento delle lavorazioni si affiancano poi le particolari caratteristiche del settore ferroviario, connaturate da una maggiore complessità del contesto in cui vengono svolte le lavorazioni (es. presenza di binari, massicciata, transito treni) e dalle regole applicate per operare in sicurezza (es. interruzione della circolazione, conferma tolta tensione e disalimentazione del binario attiguo) che richiedono una specifica e diversificata formazione in vari ambiti specialistici, per poter consentire agli operatori di accedere ed operare in cantiere.
Perciò, nel settore ferroviario, oltre al rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale che coinvolge l’intera filiera (committente, appaltatore, subappaltatore ed eventuali sub-subappaltatori) e che determina importanti profili di responsabilità e obblighi di vigilanza[47], si affiancano anche le criticità insite alle particolari caratteristiche del settore stesso.
Un’evidenza confermata dai gravi eventi mortali che hanno coinvolto personale di imprese esterne (appaltatrici e subappaltatrici) adibito alle lavorazioni sull’infrastruttura ferroviaria[48].
Si tratta, dunque, di un settore in cui l’apertura al subappalto a cascata lascia non poche perplessità e rappresenta un’ulteriore criticità per gli operatori, quale possibile causa di maggior rischio per la sicurezza dei lavoratori, per il rispetto della parità di trattamento e di condizioni economiche eque.
A riguardo, occorre ribadire che la disciplina sul subappalto a cascata di cui all’art. 119, comma 17, applicabile anche al settore ferroviario ai sensi dell’art. 141, comma 3 lett. i), stabilisce una previsione di ammissibilità (facoltativa) del subappalto a cascata che risulta foriera di incertezze, non essendo state stabilite le modalità e le condizioni per il suo utilizzo. In assenza di tali elementi, la gestione operativa ricade, dunque, sulle stazioni appaltanti che devono affrontare i maggiori oneri connessi agli strumenti destinati a controllare la filiera di esecuzione del contratto.
Perciò, i soggetti preposti ai controlli, come il RUP e il direttore lavori, si trovano maggiormente oberati dall’aumento dei subappalti e dal controllo di una filiera che coinvolge più soggetti. Un’evidenza rischiosa che può incidere sulla qualità delle verifiche e determinare un impoverimento degli standard qualitativi.
Oltre ciò, anche nel settore ferroviario è confermato quanto già detto in tema di autorizzazione, laddove, non risulta chiaro se la stessa debba essere rilasciata dal committente originale (in qualità di soggetto responsabile alla vigilanza ed al controllo dell’esecuzione del cantiere) o se in qualche modo sia interessato anche l’affidatario originario (poiché responsabile in solido con il subappaltatore). Ciò si rileva maggiormente in questo settore, nel quale vengono ad inserirsi le disposizioni in tema di sicurezza ferroviaria che richiedono una maggiore ingerenza della stazione appaltante nel cantiere oggetto di lavorazione.
Giunge da più parti la necessità di una più corretta regolamentazione dell’istituto[49]. Sul punto, si richiama l’intervento dei sindacati che hanno manifestato a Strasburgo a settembre 2024, insieme a 700 lavoratrici e lavoratori dei settori dell’industria, dell’edilizia e dei trasporti, ove si legge: «In Italia abbiamo un gigantesco problema, rappresentato dalle stragi di Brandizzo e dell’Esselunga. Irregolarità e sfruttamento si amplificano nella lunga catena dei subappalti, aggravati dalla mancanza di controllo dell’intera filiera. (…) diventa urgente un maggior coinvolgimento di parti sociali e lavoratori nella definizione di procedure più efficaci e sicure, la qualificazione delle imprese in appalto alla formazione, fino all’obbligo del ‘badge elettronico’, un monitoraggio delle presenze in cantiere e una verifica sul campo di orari e inquadramento contrattuale»[50].
L’assenza di disposizioni specifiche e di dettaglio rappresenta, pertanto, un’importante vuoto normativo con risvolti operativi non indifferenti e con il rischio, ulteriore, che non venga garantito il controllo dell’intero processo produttivo.
In definitiva, il subappalto a cascata ha creato le condizioni per affermare la libera concorrenza, ma manca di chiarezza in merito agli argomenti citati. Se una rimodulazione in senso limitativo a livello normativo non è plausibile nell’immediato, una soluzione operativa auspicabile è rappresentata dall’incremento delle verifiche dei controlli in cantiere, al fine di renderli più sicuri e limitare perciò i rischi insiti nel subappalto.
Sebbene tali controlli siano sempre esistiti, risulta necessario spostare gran parte delle verifiche, dai controlli meramente documentali a controlli più sostanziali, da effettuarsi su tutti gli operatori (imprese, subappaltatori, sub-subappaltatori, ecc.).
Attraverso tale approccio operativo si potrà garantire il rispetto delle disposizioni in materia di sicurezza ferroviaria, ambientale e delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, riducendo il rischio di incidenti e lesioni. Attualmente, è in corso da parte di RFI, proprio un’opera di intensificazione delle verifiche ai cantieri, su aspetti tecnici e operativi, mediante l’ausilio di imprese qualificate[51].
Si prevede, infatti, un incremento delle verifiche interne da parte degli operatori del settore, coadiuvate dall’attività di imprese esterne che possano garantire alti livelli prestazionali e un approccio terzo ed imparziale. Si auspica che tale intervento venga esteso, in futuro, anche agli aspetti che connaturano il subappalto a cascata, quale soluzione in grado di rispondere alle esigenze del legislatore di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro.
Conclusioni
Il subappalto assume un ruolo centrale nell’ambito della contrattualistica pubblica quale strumento in grado intercettare interessi di rilievo comune nel panorama economico generale. Per tale ragione, l’istituto ha visto un processo normativo ondivago e travagliato, spinto da esigenze difensive, di tutela del mercato delle commesse pubbliche dal rischio di infiltrazioni criminali. Questo processo ha visto spesso l’ingerenza delle istituzioni europee che, nell’intento di tutelare la concorrenza e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, ha segnalato la necessità di una regolamentazione maggiormente coerente con le esigenze del mercato europeo. L’approccio euro unitario vede con favore l’istituto del subappalto determinando importanti modifiche dell’impianto normativo nazionale, da ultimo con il d.lgs. 31 marzo 2023 n.36 e con il correttivo di cui al d.lgs. n. 209 del 2024. Tali disposizioni si caratterizzano, in continuità con le disposizioni derogatorie e temporanee sorte prima della vigenza del codice, per aver fatto venir meno i limiti stringenti all’utilizzo del subappalto. In questo contesto, è centrale il ruolo della stazione appaltante, quale soggetto in grado di contemperare le esigenze nazionali e comunitarie, a cui sono demandate specifiche verifiche nell’arco dell’intero affidamento. Un’attività composita che deve tenere conto delle effettive capacità dell’ente, laddove, in assenza di risorse, di know-how e di professionalità specialistiche si potrebbe rappresentare il rischio di un utilizzo distorto del subappalto, un rischio che può riverberarsi anche sulla sicurezza dei lavoratori.
La vera novità della novella consiste nell’aver fatto venir meno il divieto del subappalto c.d. a cascata, consentendo, appunto, “il subappalto del subappalto”, demandando alle stazioni appaltanti, l’indicazione delle eventuali ragioni che precludono tale istituto. Tale discrezionalità risente dell’assenza di specifiche disposizioni operative che possano indirizzare l’attività degli addetti ai lavori, soprattutto, con riferimento ai rapporti sussistenti tra committente, appaltatore, subappaltatore ed eventuali sub-subappaltatori, residuando notevoli margini di criticità. D’altronde, se il subappalto nella fase esecutiva si caratterizza per alcuni rischi che incidono sulla qualità dell’opera, sulla formazione degli operatori e sul rischio che la commessa pubblica sia oggetto di infiltrazioni mafiose, il subappalto a cascata moltiplica tali rischi, consentendo una maggiore perdita del controllo della filiera; difficoltà per l’impresa principale di coordinare le attività tra tutte le imprese subappaltatrici e sub-sub-subappaltatrici, nonché, la diluizione delle responsabilità sia nei confronti del committente che della stessa impresa principale.
Permangono, inoltre, dubbi ulteriori sulle modalità di autorizzazione del subappalto a cascata e dei soggetti preposti a tali attività.
A contrario, si rileva con favore l’impegno del legislatore nazionale, almeno sul piano formale, nel voler riconoscere maggior tutela ai lavoratori, attraverso i controlli in cantiere e più in generale sui luoghi di lavoro e nell’aver stabilito l’obbligo, in capo al subappaltatore, dell’applicazione dei CCNL afferenti alle lavorazioni dell’appalto.
Le modalità apprestate per tali controlli devono, tuttavia, attestarsi ad un livello più operativo, spostandosi da un controllo documentale ad uno più sostanziale.
La necessità che vi sia una rivisitazione in chiave pratica-operativa perviene da diversi interlocutori (istituzioni, sindacati e collettività) e si riscontra su vari settori anche a causa dei noti casi di incidenti mortali che hanno coinvolto personale in subappalto. Tra questi rileva il settore ferroviario, quale settore specialistico che si caratterizza per la particolarità del contesto operativo e per l’importanza dell’interesse pubblico che riveste per la collettività.
Una soluzione praticabile è rappresentata dal controllo costante della qualità del lavoro svolto dai subappaltatori, mediante l’incremento delle verifiche e ispezioni che si attestino ad un livello più sostanziale e meno formale, al fine di garantire standard qualitativi adeguati, nonché, maggiori controlli in materia di sicurezza sul lavoro. Soluzione che nel settore ferroviario sembra essere in corso di attuazione.
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https://documenti.camera.it/leg18/resoconti/assemblea/html/sed0380/leg.18.sed0380.allegato_b.pdf
* Il presente contributo rappresenta una rielaborazione della tesina presentata nell’ambito della IV Edizione (a.a. 2023/2024) del Master Universitario di II° livello Teoria e Management degli Appalti Pubblici (TEMAP) presso la Libera Università Maria Ss. Assunta (LUMSA): Responsabile Scientifico Prof. Avv. Angelo Rinella; Direttore Avv. Domenico Galli; Coordinatore Scientifico Avv. Adriano Cavina.
[1] F. CARINGELLA, M. GIUSTINIANI, P. MANTINI, I contratti pubblici. Trattato sistematico sulla contrattualistica pubblica, 2021, Dike, p. 1491.
[2]C. COSTANZI, Fornitura e subappalto nella contrattualistica Pubblica: un caso limite, in Il Diritto Amministrativo, Riv. Giuridica, Anno XVI, n. 11, 2024.
[3] A. LENTO, Il subappalto nel diritto pubblico in Giustizia Amministrativa.it, 2023.
[4] l. 646/1982, art. 21, comma 1: «Chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse, senza l'autorizzazione dell’autorità competente, è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno. Nei confronti del subappaltatore e dell'affidatario del cottimo si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno e dell'ammenda pari ad un terzo del valore dell'opera ricevuta in subappalto o in cottimo. È data all'amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto».
[5] Corte costituzionale, sent. 5 maggio 1993, n. 218,
[6] l. 55/1990 art. 18, comma 3, prf. 1): «Che le opere da subappaltare o da affidare in cottimo, ivi compresi gli impianti e lavori speciali, di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 10 febbraio 1962, n. 57, come sostituito dall'articolo 1 della legge 15 novembre 1986, n. 768, non superino complessivamente il quaranta per cento dell'importo netto di aggiudicazione dell'appalto con limite massimo del quindici per cento per le opere della categoria prevalente».
[7] Le direttive approvate sono due: la Direttiva 2004/17/CE del 31 marzo 2004 che coordinava le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali e la Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (entrambe pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 134 del 30 aprile 2004).
[8] CGUE, Sez. V, 5 aprile 2017, in causa C-298/15; CGUE, Sez. III, 14 luglio 2016, in causa C-406/14; CGUE, Sez. V, 10 ottobre 2013, in causa C-94/12.
[9] Considerando 32, direttiva 2004/18/CE.
[10] Art. 118 comma 2, d.lgs. n. 163/2006, secondo cui: «La stazione appaltante è tenuta ad indicare nel progetto e nel bando di gara le singole prestazioni e, per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch'esse con il relativo importo. Tutte le prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo. Per i lavori, per quanto riguarda la categoria prevalente, con il regolamento, è definita la quota parte subappaltabile, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie medesime, ma in ogni caso non superiore al trenta per cento. Per i servizi e le forniture, tale quota è riferita all'importo complessivo del contratto. L'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni: 1) che i concorrenti all'atto dell'offerta o l'affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione, all'atto dell'affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo; 2) che l'affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni; 3) che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante l'affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all'articolo 38; 4) che non sussista, nei confronti dell'affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».
[11] CGUE, sentenze 5 aprile 2017, C-298/15; 14 luglio 2016, C- 406/14; 10 ottobre 2013, C-94/12.
[12] CGUE, sentenza 27 novembre 2019, C-402/18; Cons. St., ordinanza 11 giugno 2018 n. 3553.
[13] Considerando 78, Dir. 2014/24/UE.
[14] Sent. 5 aprile 2017, causa C-298/15, punto 48.
[15] ANCE, Nuovo codice dei contratti pubblici. Analisi delle principali novità. Aprile 2016.
[16] Lettera 23 marzo 2017, n. 1572232.
[17] CGUE, Sez. IV, 23 dicembre 2009, in causa C- 305/08. Negli stessi termini pronunce più recenti: CGUE, Sez. V, 10 ottobre 2013, cit.; CGUE Sez. I, 14 gennaio 2016, in causa C-234/14; CGUE, Sez. III, 14 luglio 2016, cit.
[18] TAR Lombardia (Milano), ord., 19 gennaio 2018, n. 148.
[19] CGUE, Sez. V 26 settembre 2019, in causa C-63/18; CGUE, Id., 27 settembre 2019, in causa C-402/18; Id., 30 gennaio 2020, in causa C-395/18;
[20] A. MASSARI, Il subappalto nella nuova dimensione eurounitaria e le prime questioni applicative, in Appalti e Contratti, 11/2021.
[21] L’iter avviato dal decreto Sblocca cantieri è proseguito con il d.l. 16 luglio 2020 n. 76 che ha stabilito una proroga della soglia del 40% fino al 30 giugno 2021.
[22] A. LENTO, IL subappalto nel diritto pubblico.
[23] Il principio del risultato implica che: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza” (art. 1); il principio di fiducia si sostanzia nel “l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici” (art, 2); il principio dell’accesso al mercato è inteso nel senso che: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità” (art. 3).
[24] Art 119, comma 2, secondo periodo: «Nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3, previa adeguata motivazione nella decisione di contrarre, le stazioni appaltanti, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell'aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 104, comma 11, in ragione dell'esigenza di rafforzare, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali».
[25] A. MASSARI, Il Decreto correttivo appalti è già in vigore,2024, in Appalti e contratti.
[26] F. FEDERICI, L’autorizzazione al subappalto, Studi, 2012, in www. Il dirittoamministrativo.it.
[27] Sul punto, si richiama l’atto di segnalazione n. 8 del 13 novembre 2019 (ANAC) dove viene osservato che: «Le possibilità di verifica e controllo dei subappaltatori e la bontà dei controlli stessi dipendono dalle effettive capacità, risorse e mezzi della stazione appaltante, non sempre adeguati soprattutto per i committenti di minori dimensioni. Sarebbe pertanto opportuna l’introduzione di misure che promuovano un’adeguata capacità amministrativa nelle attività di verifica e autorizzazione dei subappalti da parte delle stazioni appaltanti».
[28] Audizione del Presidente Avv. Giuseppe Busia Commissioni congiunte 8^ e 14^ Politiche dell’Unione europea Camera dei deputati - 10 novembre 2020 “Ipotesi di modifiche alla normativa nazionale in materia di subappalto conseguenti a recenti sentenze e procedure di infrazione promosse dalla Commissione Europea”.
[29] L’obiettivo di garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali era già previsto all’art. all’art. 105 comma 14 e successivamente all’art. 1 comma 2 l. 78/2022, recate delega al governo in materi di contratti pubblici.
[30] Art. 119 comma 7: «L'affidatario è tenuto ad osservare il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni secondo quanto previsto all'articolo 11. È, altresì. responsabile in solido dell'osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell'ambito del subappalto nel rispetto di quanto previsto dal comma 12».
[31] Cons. St., Sez. V. n. 199/2022.
[32] R. BERLOCCO, P. FALCICCHIO, Il subappalto negli appalti pubblici, Grafil, 2024, pag.29 e ss.
[33] Il CCNL multiservizi è meno costoso del CCNL igiene ambientale: il primo prevede una retribuzione oraria minima pari ad Euro 6,52 (lordi), contro gli 11 Euro circa del secondo.
[34] O. RAZZOLINI, Salario minimo, dumping contrattuale e parità di trattamento: brevi riflessioni a margine della proposta di direttiva europea, in lavorodiritteuropa.it.
[35] La vicenda ha sollevato anche un’interrogazione parlamentare da parte della Deputata Stefania Ascari, il 27 luglio 2020, alla quale si rimanda per una ricostruzione della vicenda, consultabile in https://documenti.camera.it/leg18/resoconti/assemblea/html/sed0380/leg.18.sed0380.allegato_b.pdf
[36] Il sindacato S.I. Cobas ha denunciato in questo caso, tra le varie problematiche, che l’affidamento del servizio trasporto e smaltimento rifiuti da parte di Herambiente ad un subappaltatore (Gea Service) aveva comportato l’applicazione del CCNL multiservizi con una perdita di retribuzione annua stimata intorno ai 15.000 euro per lavoratore.
[37] Sul punto, A BELLAVISTA, Appalti e tutela dei lavoratori, Biblioteca, 20 maggio 1/2022, p. 175 e ss.
[38] L’art. 119 comma 12 stabilisce che: «l’affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di quest’ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente».
[39] L. CARBONE, La scommessa del “codice dei contratti pubblici” e il suo futuro, in Giustizia Amministrativa, 2023.
[40]A. LENTO, Il subappalto nel diritto pubblico, in Giustizia Amministrativa, 2023.
[41] R. BERLOCO, P. FALCICCHIO Subappalto negli appalti pubblici, Grafil, 2024, p.66.
[42] S. VALGUZZA, Nuovo Codice dei Contratti pubblici commento art. 113-126, in ingenio-web.it.
[43] Come confermato, tra gli altri, da ASSONIME nella Guida al nuovo codice dei contratti pubblici, del 12 dicembre 2023, p. 121, ove si legge: «Sebbene il nuovo Codice abbia ammesso la possibilità di ricorrere al subappalto a cascata, non sono state tuttavia previste condizioni e modalità per il suo utilizzo. Ciò può comportare, in sede applicativa, alcune incertezze soprattutto in relazione agli strumenti volti a controllare la filiera di esecuzione del contratto pubblico. Ad esempio, non viene precisato se sia necessaria una specifica autorizzazione per gli ulteriori subappaltatori e se questa deve essere rilasciata dall’affidatario (soggetto preposto alla vigilanza e al controllo sull’esecuzione del contratto) e/o dal subappaltatore (secondo le regole del Codice Civile); anche in tema di sicurezza dei lavoratori sarebbe opportuno chiarire che gli stessi standard qualitativi, in termini di tutele normative ed economiche, garantiti ai lavoratori del subappalto dovrebbero applicarsi ‘a cascata’ anche ai lavoratori impiegati negli ulteriori subappalti.», consultabile in: https://i2.res.24o.it/pdf2010/S24/Documenti/2023/12/15/AllegatiPDF/Guida_codice_appalti_ASSONIME.pdf
[44] M. DE PAOLIS, La responsabilità per danno erariale del direttore dei lavori nell’appalto delle opere pubbliche, Aziendaitalia, 8-9, 2020.
[45]https://www.fsitaliane.it/content/dam/fsitaliane/Documents/media/comunicatistampa/2024/dicembre/03_nota_stampa_PNRR.pdf.
[46]https://www.fsnews.it/it/focus-on/corporate/2025/1/13/fs-impegno-rete-ferroviaria.html#:~:text=Attualmente%2C%20sono%20operativi%20circa%201.200,di%20manutenzione%20ordinaria%20e%20straordinaria.
[47] Sul punto, recentissima Cass. pen., sez. IV, 4 dicembre 2024, n. 45405 ha ribadito che la mera stipula di subappalto con imprese qualificate non esenta il datore di lavoro affidatario dall’obbligo di vigilanza e controllo sull’esecuzione dei lavori e sul rispetto delle misure di sicurezza previste.
[49] Come si rinviene nella Relazione dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) 2023 sull’attività svolta nell’anno 2022, ove si legge: «Il nuovo Codice appalti ha eliminato il divieto del “subappalto a cascata”. Non possiamo dimenticare che tale istituto, per poter conservare una ragione economica, quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa necessariamente si scarica o sulla minore qualità delle opere, o sulle deteriori condizioni di lavoro del personale impiegato. Quando il ricorso al subappalto non è giustificato dalla specificità delle prestazioni da realizzare, mentre può risultare vantaggioso per il primo aggiudicatario, si rivela il più delle volte poco conveniente per la stazione appaltante, per i lavoratori e per le stesse imprese subappaltatrici, che vedono via via compressi i propri margini di profitto, rispetto a quanto avrebbero ottenuto come aggiudicatarie dirette». Consultabile in https://www.anticorruzione.it/-/relazione-del-presidente-busia-al-parlamento-appalti-attenti-alle-deroghe-scorciatoie-rischiose