Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2025, n. 488

Il Consiglio di Stato si è pronunciato in tema di costo della manodopera e ha ribadito il principio di immodificabilità dell’offerta in fase di giustificativi e verifica dell’anomalia.

L’art. 97, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede, infatti, che la stazione appaltante può escludere l’offerta laddove le giustificazioni offerte dal concorrente in sede di verifica di anomalia non siano sufficienti a dare riscontro del basso livello del prezzo o dei costi proposti, una volta accertato che l’anomalia dell’offerta derivi, tra l’altro, dal fatto che: “d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16”.

Eventuali scostamenti “significativi” rispetto al valore indicato nelle dette tabelle, ritiene il Collegio, devono essere puntualmente giustificati e documentati non valendo, a tal fine, affermazioni meramente generiche e ferma restando la possibilità di considerare anormalmente basse le offerte che si discostino dai costi medi indicati nelle citate tabelle, qualora la discordanza sia considerevole ed ingiustificata.

La modifica del costo del lavoro, quale elemento essenziale dell’offerta, operata in sede di verifica dell’anomalia, quindi, non può considerarsi ammissibile né sul piano economico (rispetto all’offerta complessivamente considerata), né sul piano strutturale (ove muova da uno scostamento dai valori tabellari non adeguatamente giustificato) onde, per tal profilo, la conseguente, complessiva ed inevitabile non congruità dell’offerta. 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8921 del 2023, proposto da
Consorzio Nazionale Servizi - CNS soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9152154467, rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Righi, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

contro

Intercent-ER - Agenzia regionale per lo sviluppo dei mercati telematici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Lolli, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

nei confronti

Coopservice s.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Gioachino Belli, 60;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) n. 619/2023, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Coopservice s.c.p.a. e di Intercent-ER;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2024 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Pierpaolo Salvatore Pugliano e Alessandro Lolli; dato atto che l'avvocato Luca Righi ha depositato domanda di passaggio in decisione della causa senza discussione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna, la società Coopservice s.c.p.a., seconda graduata, impugnava il provvedimento di aggiudicazione in favore del Consorzio Nazionale Servizi (CNS) soc. coop. relativo al lotto n. 2 della procedura aperta, indetta da Intercent-ER (centrale di committenza della Regione Emilia Romagna), per l’aggiudicazione, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, della Convenzione-quadro (una per ciascun lotto) per i servizi di facchinaggio e trasloco per le amministrazioni di cui all’articolo 19 l.r. Emilia Romagna n. 11 del 2004.

La ricorrente eccepiva, in particolare, che in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta l’aggiudicataria avesse modificato in maniera significativa il costo della manodopera, ribassandolo

di euro 187.031,68, pari a circa il 4,20% del relativo costo. La stazione appaltante, pur riconoscendo che si trattava di una modifica sostanziale dell’offerta economica, anziché escludere per ciò solo la concorrente dalla gara aveva accettato tale modifica, sul presupposto che l’utile fosse comunque capiente.

Rilevava per contro la ricorrente che, rappresentando la manodopera il 90% del valore dell’offerta, si sarebbe stati in presenza di una inammissibile rettifica, in corso di gara, di un elemento essenziale

dell’offerta, ciò essendo altresì sintomatico di scarsa affidabilità dell’operatore economico.

Con un ulteriore motivo di gravame la ricorrente denunziava infine che l’offerta di CNS doveva ritenersi in realtà in perdita, dovendo pertanto essere esclusa dalla gara siccome incongrua.

Secondo la ricorrente, infatti, nei giustificativi della propria offerta C.N.S. aveva considerato il costo del lavoro di luglio 2022, senza però tener conto che, alla data di presentazione dell’offerta e, a maggior ragione, alla data di verifica della congruità della stessa, era entrato in vigore il nuovo CCNL Multiservizi, che prevedeva aumenti retributivi scaglionati in più anni sino al 2025.

Inoltre l’aggiudicataria non avrebbe neppur applicato l’accordo integrativo per la Provincia di Ferrara, luogo di esecuzione del contratto, che avrebbe determinato un ulteriore aumento del costo del lavoro.

Costituitosi in giudizio, il Consorzio Nazionale Servizi concludeva per l’infondatezza del ricorso, chiedendo che fosse respinto.

Anche Intercent-ER si costituiva, parimenti opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con sentenza 26 ottobre 2023, n. 619, il giudice adito accoglieva il ricorso, conseguentemente annullando gli atti impugnati.

Avverso tale decisione CNS interponeva appello, affidato ad un unico motivo di impugnazione, così rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione dei principi generali in materia di offerte nelle gare dei pubblici appalti – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 30, 95 e 97 del d.lgs. n. 50/2016, nonché della lex specialis della gara – Motivazione illogica, errore e travisamento dei fatti”.

Costituitasi in giudizio, Coopservice s.c.p.a. chiedeva il rigetto dell’appello, in quanto infondato. Anche Intercent-ER si costituiva, concludendo invece per l’accoglimento del gravame, in ragione del fatto che pure a fronte delle variazioni del costo della manodopera emerse nel corso del sub-procedimento di anomalia, l’offerta sarebbe comunque risultata in utile.

Con ordinanza 4 marzo 2024, n. 2066, la Sezione disponeva procedersi a verificazione, incaricandone il Dipartimento per le politiche del lavoro, previdenziali, assicurative e per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sui seguenti quesiti:

“b1) verifichi se – in relazione al lotto 2 – sia desumibile dagli atti di causa una strutturale differenza tra i costi della manodopera indicati nelle buste contenenti l’offerta economica e quelli riportati nei giustificativi prodotti dal Consorzio Nazionale Servizi successivamente alla richiesta di chiarimenti da parte dell’agenzia Intercent-Er, e quale ne sia l’ammontare;

b2) altresì verifichi – alla luce di quanto prodotto in atti – se l’offerta del Consorzio Nazionale Servizi potesse ritenersi in perdita”.

All’esito dell’incombente istruttorio le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 14 novembre 2024 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con un unico motivo di appello, il Consorzio Nazionale Servizi contesta l’assunto – su cui si fonderebbe la sentenza impugnata – della assoluta e radicale immodificabilità, in sede di giustificativi, della congruità dell’offerta, dei “costi complessivi della manodopera che il concorrente ha indicato al momento della formulazione in gara dell’offerta economica, come previsto dall’art. 95, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016”, presupposto che il primo giudice avrebbe ritenuto indefettibile, nonostante – come del resto rilevato dalla stessa stazione appaltante – la variazione dell’entità del costo del lavoro apportata da CNS nei giustificativi rispetto a quanto indicato al momento della presentazione dell’offerta fosse di entità tale da risultare irrilevante ai fini della complessiva sostenibilità economica dell’offerta.

Ciò in quanto sarebbe stato “violato il divieto tassativo di modificare il costo della manodopera […] nonché i principi secondo cui un operatore economico non possa formulare un’offerta ambigua, approssimativa e quindi astratta e indeterminata”, posto che “in materia di appalti pubblici vige il divieto tassativo di modifica in corso di gara del costo del lavoro che, come è noto costituisce elemento intangibile per l’esigenza di tutelare la par condicio e l’interesse pubblico sotteso alla procedura negoziale”.

Precisa l’appellante che il disciplinare di gara imponeva (ovviamente) ai concorrenti di indicare, nel modulo di offerta economica, ex art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, oltre al prezzo complessivo offerto, anche i “costi della manodopera” e i “costi della sicurezza”, ma non anche –come erroneamente ritenuto al par. 3.3.2 della sentenza appellata – di “giustificare” da subito le relative voci di prezzo e di costo, potendo i partecipanti alla gara riservarsi di farlo in un secondo momento, appunto in sede di eventuale “verifica” richiesta dalla stazione appaltante.

Opzione, quest’ultima, prescelta da CNS.

Dunque, conclude l’appellante, “al di fuori […] dell’indicazione dell’entità complessiva del “costo del lavoro” e del “costo della sicurezza”, obbligatoria per quanto sopra detto, del tutto legittimamente (tanto che nessuno lo ha mai contestato, né in gara, né in giudizio) nessuna ulteriore “scomposizione” dell’offerta (né analisi giustificativa del costo del lavoro complessivo indicato) era contenuta nella documentazione di gara di CNS”.

Non avendo la stazione appaltante rilevato, all’esito delle verifiche condotte nel corso del sub-procedimento di anomalia (e pur nella consapevolezza della modifica del costo della forza lavoro), profili critici idonei a contestare la congruità e sostenibilità dell’offerta, non sarebbero stati integrati i presupposti di legge per disporsi la sanzione espulsiva comminata dal TAR; né potrebbe obiettarsi – a contrario – che la modifica dei costi del personale avrebbe determinato una “modifica sostanziale dell’offerta” non consentita nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, indipendentemente dalla sua congruità per ogni profilo.

Per contro, deduce l’appellante, l’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, se effettivamente prevede che “nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera”, non fa però cenno alcuno – così come nessuna altra disposizione del medesimo decreto – al fatto che non solo l’offerta economica propriamente detta (ossia il corrispettivo richiesto per l’esecuzione dell’appalto), ma anche la sua componente “costo del lavoro” debba rimanere immutata “a pena di esclusione” e non possa dunque – ferma necessariamente restando l’entità complessiva del corrispettivo – essere oggetto di precisazione e modifica al momento in cui i costi del lavoro debbano essere riscontrati per dimostrare la “sostenibilità economica” dell’offerta o, in ogni caso, per dimostrare il rispetto delle norme di legge e di contrattazione collettiva in materia retributiva e previdenziale.

Né verrebbero lesi i principi generali della materia nel momento in cui – ferma restando l’entità complessiva dell’offerta economica ed il contenuto dell’offerta tecnica – il concorrente venisse a “diversamente quantificare rispetto a quanto indicato insieme all’offerta economica il costo del lavoro necessario per l’esecuzione dell’appalto”: non sarebbe violato il principio di “parità di trattamento” dei concorrenti, garantito dall’immutabilità dell’offerta nel suo complesso, sia dal punto di vista economico che tecnico, laddove il mutamento della sola quantificazione del costo del lavoro non determinerebbe un vulnus al principio della concorrenza, dipendendo l’aggiudicazione dalla valutazione dell’offerta tecnica ed economica nel suo complesso e non già dal “confronto sul costo del lavoro considerato da ciascun concorrente, rispetto al quale ciò che conta è invece che ne venga dimostrata la “congruità” rispetto all’offerta (il corrispettivo) così come formulata ed intangibile, che a sua volta deve risultare nel suo complesso sostenibile”.

Neppure il richiamo alle “esigenze di tutela delle condizioni di lavoro” giustificherebbe la pretesa di “vietare tassativamente” - quand’anche l’offerta nel suo complesso rimanga immutata – ogni diversa quantificazione, al momento della sua giustificazione, del costo della manodopera originariamente indicato nell’offerta: la garanzia di legge viene infatti soddisfatta dalla circostanza che il costo del lavoro applicato (quand’anche diversamente quantificato nelle giustificazioni) risulti rispettoso dei “minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle”, ai sensi di quanto previsto all’art. 97, comma 5, lett. d) d.lgs. n. 50 del 2016.

In breve, richiamando alcuni precedenti della Sezione, l’appellante conclude che a rilevare è solo la circostanza che l’offerta complessivamente risulti congrua e non modificata radicalmente, il principio della immodificabilità dell’offerta economica dovendo riferirsi alle dichiarazioni negoziali di volontà (nella specie, il ribasso offerto sull’importo a base di gara) e non anche alle mere dichiarazioni di scienza, quale sarebbe l’indicazione (nell’ambito dell’offerta economica) delle singole voci di costo.

Né varrebbe infine, a giustificare l’esclusione dell’appellante, il rilievo secondo cui lo stesso non avrebbe “fornito indicazioni tali da giustificare lo scostamento operato” tra il costo complessivo della manodopera indicato in offerta e quello indicato nei giustificativi: al riguardo l’appellante ricorda, in primis, che nella procedura di gara de qua i concorrenti non dovevano fornire, insieme con l’offerta, la sua “scomposizione”, né dei “giustificativi anticipati” della stessa e del costo del lavoro, ma ben potevano (come aveva fatto CNS) riservarsi di farlo al momento in cui ciò fosse stato loro richiesto nell’apposito procedimento di verifica.

Gli unici elementi di costo che dovevano essere indicati insieme all’offerta economica erano invero (ex art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016) il costo del lavoro ed i costi della sicurezza.

Al momento dei giustificativi – conclude l’appellante – “avendo CNS valutato che avrebbe avuto spazio, pur nel pieno rispetto delle norme di legge e contrattuali, per considerare una minore spesa per la manodopera, ha legittimamente ritenuto, nell’ambito della propria libertà di organizzazione imprenditoriale e della “strategia di gestione” del servizio, di utilizzare i margini che si erano evidenziati sulla voce “costo del lavoro” per allocare – pur mantenendo dichiaratamente margini prudenziali sullo stesso, garantiti in particolare dal fatto di non aver considerato ai fini del relativo calcolo delle riduzioni dell’aliquota INAIL e dell’incidenza del minor tasso di assenteismo di cui fruivano le cooperative esecutrici – maggiori oneri su voci di costo esterne all’azienda”.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Va preliminarmente ricordato, in ragione della natura prettamente tecnica delle questioni dedotte, che “il giudice che abbia disposto consulenza tecnica (ovvero verificazione), qualora ne condivida i risultati, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento e, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico (o del verificatore) che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte (cfr. Cons. Stato, sez. II, 26 marzo 2021, n. 2551)” (così, ex pluribus, Cons. Stato, IV, 1° marzo 2022, n. 1446).

Nel caso di specie, il Collegio ritiene di poter fare proprie le conclusioni del verificatore – il quale ha svolto un’accurata analisi nella quale si tiene conto anche delle controdeduzioni delle parti – non ravvisando una manifesta implausibilità delle argomentazioni poste a loro fondamento, né una (altrettanto palese) contraddittorietà delle stesse rispetto alle risultanze processuali, per l’effetto ritenendo – pur in presenza di un residuo utile per l’offerente – non congrua la previsione dei costi del personale preposto all’attività oggetto di gara, come determinati da CNS.

Al riguardo, va evidenziata la contraria posizione della stazione appaltante, secondo cui nel caso di specie non sarebbe stato possibile escludere l’offerta, i quanto “tenendo fermi i valori indicati in offerta, i costi ivi indicati di manodopera, senza alcuna variazione, sono comunque coperti dai ricavi e in particolare quando l’utile (incontestato nel suo valore) è maggiore della variazione indicata”: in breve l’offerta, prevedendo comunque un utile anche in seguito alla variazione del costo del lavoro, sarebbe da considerarsi congrua e, come tale, essendo la migliore tra quelle dei partecipanti alla gara, meritevole di aggiudicazione.

Del resto, sottolinea Intercent-ER, da un lato lo scostamento del costo della manodopera indicato da CNS nel corso del giudizio di anomalia dell’offerta si sarebbe mantenuto nel rispetto dei valori tabellari ministeriali, dunque in misura non troppo bassa da determinarne l’esclusione automatica; dall’altro, la differenza di euro 187.038,00 (pari al 4% del costo della manodopera indicata nella busta economica in euro 4.266.804) ben avrebbe potuto essere “coperta in modo incontestato dall’utile”.

Ancora, nel richiamare le considerazioni espresse nella relazione del RUP all’esito della verifica della congruità, Intercent-ER rileva valori di costi medi “superiori ai minimi da nuovo CCNL”, nel rispetto dei costi medi mensili tabellari ministeriali – pur “essendovi una discrasia pari a circa il 3,5%” rispetto ai costi dell’offerta di CNS per il 2022, discordanza ritenuta quindi “irrilevante” e “non considerevole”, in ragione del fatto che “la stessa CNS ha giustificato recuperi di efficienza che coprono anche guadagni ulteriori”.

In realtà, rileva il Collegio, a fronte di un’offerta complessiva di euro 4.963.770,00, lo scostamento dei costi della manodopera, pari a circa il 4,20%, non può de plano rappresentare una modifica “marginale”.

Più nello specifico, all’esito di articolato esame che appare scevro da manifesti vizi di coerenza logica, il verificatore ha documentato la non congruità della previsione dei costi del personale da impiegarsi nello svolgimento del servizio, “pur tenendo conto del costo del personale in modo autonomo e tralasciando gli altri oneri di rilevanza indubbiamente marginale”, che risulta comunque sottostimata di euro 209.428,86, rispetto a quello calcolato nella relazione dell’ausiliario del giudice: in base a quest’ultima, invero, i costi totali del Consorzio andrebbero ad erodere quasi completamente l’utile, che risulta pari ad euro 11.559,62.

Tali proiezioni, inoltre, risultano superiori anche all’importo posto a base d’asta dalla stazione appaltante per le spese riservate al personale (pari ad euro 4.278.088,02).

Al punto 5.2.1 del Capitolato di gara era espressamente prevista l’applicazione del “trattamento economico e normativo stabilito dai CCNL nazionali e territoriali in vigore per settore e zona in cui si eseguono le prestazioni”, in conformità a quanto disposto dall’art. 30, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 50/2016; tale contratto – chiarendo l’allegato n. 10 al bando di gara (relativamente al lotto 5) che il personale uscente era in parte impiegato con il CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizione, in parte con il CCNL Multiservizi – era pertanto da individuarsi nell’Accordo di rinnovo del 18 maggio 2021, il quale definiva, all’art. 6 (“Classificazione del personale”), i vari inquadramenti relativamente al personale non viaggiante.

Peraltro, a fronte del predetto CCNL Logistica e Trasporti di riferimento per il settore oggetto d’appalto, nell’ottica di assicurare l’applicazione di valori ufficiali desumibili da tabelle ministeriali il verificatore ai fini della determinazione del costo del lavoro ha proceduto ad applicare le tabelle ministeriali relative al CCNL Multiservizi (sottoscritto nel 2021), quale settore più affine a quello di Logistica e Trasporti, essendo quest’ultimo è privo delle corrispondenti tabelle ministeriali.

Al fine di determinare il trattamento retributivo del personale, occorreva inoltre tener conto degli aumenti previsti dallo stesso CCNL rispettivamente con decorrenza luglio 2022, luglio 2023 e luglio 2024.

Venendo adesso agli specifici quesiti posti al verificatore, in primis se – in relazione al lotto 2 – fosse desumibile dagli atti di causa una strutturale differenza tra i costi della manodopera indicati nelle buste contenenti l’offerta economica e quelli riportati nei giustificativi prodotti dal Consorzio Nazionale Servizi successivamente alla richiesta di chiarimenti, il verificatore rileva come l’importo a base d’asta per il costo della manodopera fosse stato determinato dall’amministrazione procedente in misura pari ad euro 1.426.029,34 annui (euro 4.278.088,02 triennali), soggetta a ribasso.

A fronte di tale quantificazione, corrispondente al valore di circa 16,31 euro/ora, CNS al momento della presentazione di un’offerta complessiva di euro 4.963.770,00, ha indicato un costo del personale di importo pari ad euro 4.453.842,57, cui corrisponde un costo orario di 16,97 euro/ora, per poi ridurre tale costo in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta ad euro 4.266.804,49, il cui costo orario è pari a 16,27 euro/ora.

L’art. 97, comma 5 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che la stazione appaltante può escludere l’offerta (solo) laddove le giustificazioni offerte dal concorrente in sede di verifica di anomalia non siano sufficienti a dare riscontro del basso livello del prezzo o dei costi proposti, una volta accertato che l’anomalia dell’offerta derivi, tra l’altro, dal fatto che: “d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16”; il successivo comma 6 precisa inoltre che le giustificazioni non sono in alcun modo ammesse né in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge, né agli oneri di sicurezza di cui al piano di sicurezza e coordinamento previsto dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Tali tabelle sono richiamate dall’art. 23, comma 16 del medesimo decreto, per cui “[…] il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”.

Va comunque chiarito che le tabelle ministeriali individuano il costo medio orario del lavoro, mentre la previsione di inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 si riferisce solo al trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Ne consegue che eventuali scostamenti “significativi” rispetto al valore indicato nelle tabelle devono essere puntualmente giustificati e documentati (ex pluribus, Cons. Stato, V, 16 settembre 2024, n. 7603), non valendo a tal fine affermazioni meramente generiche (ex multis Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009, n. 1451), ferma restando la possibilità di considerare anormalmente basse le offerte che si discostino dai costi medi indicati nelle citate tabelle “qualora la discordanza sia considerevole ed ingiustificata” (Cons. Stato, V, 22 novembre 2022, n. 10272), mentre eventuali riduzioni del costo del lavoro non potrebbero mai portare al di sotto dei valori minimi di trattamento salariale, come tali inderogabili e non soggetti a variazioni in peius.

Orbene, nel caso in esame, sebbene (come già anticipato) i costi della manodopera non fossero stati indicati in modo analitico nell’offerta economica iniziale, ma solo in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, utilizzando il “facsimile giustificativi offerta economica”, il verificatore ha pur sempre potuto esaminare tale costo nel suo complesso e documentare come lo stesso sia stato modificato in sede di giustificativi; in particolare, ha analizzato il costo della manodopera del Consorzio Nazionale Servizi sia in relazione alla documentazione di gara, sia soprattutto con riferimento alla differenza “matematica” (pari ad euro 187.031,68) tra i due importi indicati in sede di offerta e nel corso del sub-procedimento di anomalia, al fine di valutare l’incidenza sostanziale o meno di tale entità sull’offerta complessiva del Consorzio.

Al riguardo, il verificatore ha evidenziato come nel corso del sub-procedimento di verifica l’odierno appellante non abbia in alcun modo “argomentato la diversa allocazione di tale importo nell’ambito delle specifiche voci, limitandosi, come già esposto nelle rispettive posizioni delle parti, a giustificare tale rimodulazione con un atteggiamento prudenziale finalizzato a salvaguardare «la remuneratività della gestione»”.

La modifica del costo della manodopera, peraltro, non risultava supportata da una sopravvenuta alterazione dello stato giuridico e fattuale preesistente, non potendo per l’effetto che “ritenersi di natura sostanziale e, come tale, incidente sull’offerta complessiva, atteso che l’importo indicato in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, pari a euro 4.266.804,49 non risulta adeguatamente giustificato nel suo scostamento pari all’4,20% ed appare privo di fondamento economico per mancata indicazione dell’effettiva allocazione del differenziale decurtato”.

L’evidenziata riduzione dei costi complessivi del personale, infatti, pur mantenendo immutato il costo complessivo dell’offerta, ha inciso sulla stessa in modo significativo. Il che, evidenzia il verificatore con un ragionamento che il Collegio ritiene scevro da aporie logiche (né risulta all’evidenza contraddetto dalle risultanze di causa), “evidente non solo in ragione della rilevata ed evidente diminuzione dell’importo del costo del lavoro, pari all’4,20% rispetto a quello inizialmente offerto, ma soprattutto in ragione della mancanza di giustificazioni esplicite, che possano sostenere in modo esaustivo ed adeguato tale scostamento rispetto a quello inizialmente indicato.

Correlativamente, la modifica del costo del lavoro operata da CNS, quale elemento essenziale dell’offerta, non può considerarsi ammissibile né sul piano economico rispetto all’offerta complessivamente considerata, né sul piano strutturale dei costi della manodopera a causa di uno scostamento dai valori tabellari non adeguatamente giustificato, come emerso dalla riparametrazione dei predetti costi” operati dal verificatore medesimo (e della quale viene dato motivatamente atto nella relativa relazione finale).

In ragione di quanto precede, ancorché in presenza di un (ulteriormente ridotto) utile residuo, il Collegio condivide le conclusioni del verificatore nel ritenere complessivamente non congrua l’offerta di CNS, in quanto modificata in modo sostanziale in ragione degli scostamenti significativi ed ingiustificati rispetto al costo della manodopera.

Le ragioni di cui sopra, attenendo la stessa affidabilità dell’offerta sono assorbenti degli ulteriori profili di censura, già dedotti nel precedente grado di giudizio ed ivi non esaminati, riproposti da parte appellante.

L’appello va dunque respinto. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Con separato decreto si provvederà alla liquidazione delle competenze del verificatore, sin d’ora poste a carico dell’appellante Consorzio Nazionale Servizi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore di Coopservice s.c.p.a., delle spese di lite del grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre Iva e Cpa se previste. Integralmente le compensa nei confronti di Intercent-ER.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con sentenza n. 488/2025, la V Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata sul tema del bilanciamento tra principio di immodificabilità dell’offerta e fase di verifica dell’anomalia.

La statuizione del Giudice a quo, confermata in sede di appello, muoveva dal ritenere violato, nella fattispecie dedotta, “il divieto tassativo di modificare il costo della manodopera […] nonché i principi secondo cui un operatore economico non possa formulare un’offerta ambigua, approssimativa e quindi astratta e indeterminata”, posto che “in materia di appalti pubblici vige il divieto tassativo di modifica in corso di gara del costo del lavoro che, come è noto, costituisce elemento intangibile per l’esigenza di tutelare la par condicio e l’interesse pubblico sotteso alla procedura negoziale”.

In estrema essenzialità, l’iter argomentativo dell’appellante, muove, invece, dal ritenere che “a rilevare [per i fini anzidetti sia] solo la circostanza che l’offerta complessivamente risulti congrua e non modificata radicalmente”, ciò viepiù in ragione dell’assunto secondo cui il principio della immodificabilità dell’offerta economica deve riferirsi alle dichiarazioni negoziali di volontà (nella specie, il ribasso offerto sull’importo a base di gara) e non anche alle mere dichiarazioni di scienza, quale sarebbe, ad avviso dell’appellante, l’indicazione delle singole voci di costo, ivi compresa quella relativa alla manodopera.

Ritiene, di contro, il Collegio che siffatto argomentare non possa trovare accoglimento.

Nel caso di specie, ostano le conclusioni del verificatore (nominato in appello) il quale – pur in presenza di un residuo utile per l’offerente – motiva ampiamente la non congruità della previsione dei costi del personale, come determinata dall’offerente.

Il verificatore, nel caso: a) ha documentato che il costo della manodopera è stato modificato in sede di giustificativi, e tanto sia in relazione alla documentazione di gara sia (soprattutto) con riferimento alla differenza “matematica” tra gli importi indicati in sede di offerta e nel corso del sub-procedimento di anomalia; b) ha evidenziato, in particolare, come, nel corso del detto sub-procedimento di verifica, l’appellante non abbia in alcun modo “argomentato la diversa allocazione di tale importo nell’ambito delle specifiche voci”; c) ha concluso, per l’effetto, che l’evidenziata riduzione dei costi complessivi del personale, pur mantenendo immutato il costo complessivo dell’offerta, ha inciso sulla stessa in modo significativo.

Ciò, ritiene il Collegio, assume rilevanza preponderante in un contesto in cui, l’art. 97, comma 5 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che la stazione appaltante può escludere l’offerta laddove le giustificazioni del concorrente, in sede di verifica di anomalia, non siano sufficienti a dare riscontro del basso livello del prezzo o dei costi proposti; tanto una volta accertato che l’anomalia dell’offerta derivi, tra l’altro, dal fatto che: “d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16”.

La detta rilevanza risulta, ad avviso del Collegio, tonificata dal successivo comma 6 recante precisazione che le giustificazioni non sono in alcun modo ammesse né in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge né agli oneri di sicurezza di cui al piano di sicurezza e coordinamento previsto dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Ne consegue che eventuali scostamenti “significativi” rispetto al valore indicato nelle dette tabelle, devono essere puntualmente giustificati e documentati non valendo, a tal fine, affermazioni meramente generiche. Tanto, in disparte la possibilità di considerare anormalmente basse le offerte che si discostino dai costi medi indicati nelle citate tabelle, qualora la discordanza sia considerevole e ingiustificata.

In ogni caso, eventuali riduzioni del costo del lavoro non potrebbero mai portare al di sotto dei valori minimi di trattamento salariale, come tali inderogabili e non soggetti a variazioni in peius.

La modifica del costo del lavoro, quale elemento essenziale dell’offerta, operata, nel caso, in sede di verifica dell’anomalia, quindi, non può considerarsi ammissibile né sul piano economico (rispetto all’offerta complessivamente considerata) né sul piano strutturale (ove muova da uno scostamento dai valori tabellari non adeguatamente giustificato), onde, per tal profilo, la conseguente complessiva non congruità dell’offerta.

La Sezione, per l’effetto, ha concluso per il rigetto dell’appello.