Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844

Le regole sull’equo compenso di cui alla legge n. 49 del 2023 non trovano diretta applicazione nell’ambito di procedure di affidamenti pubblici di servizi, e ciò anche a fronte dei diversi parametri a tal fine presi in considerazione dai due corpi normativi. Se il Codice dei contratti pubblici si preoccupa di determinare la “base d’asta”, naturalmente soggetta a ribassi, esposta a criteri valutativi incentrati sul meccanismo del miglior rapporto “qualità/prezzo” - dunque con fisiologica riducibilità di quest’ultimo - al di fuori di logiche intese alla limitazione verso il basso (come invece accolte per le voci di costo inerenti alla manodopera), la legge sull’equo compenso mira a stabilire un importo minimo non derogabile, la cui contraria pattuizione negoziale è colpita addirittura con sanzione di nullità, pur se relativa (cfr. l’art. 3, comma 4, l. n. 49 del 2023).

Ne discende, di conseguenza, che il regime normativo dell’«equo compenso» costituisce un principio generale da tener presente nelle «prestazioni d’opera intellettuale» (del quale i nuovi commi 15-bis e quater dell’art. 41 rappresentano regola applicativa di dettaglio, in tali sensi richiamati dalla disposizione che pone il principio).

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4562 del 2024, proposto da
Società di Ingegneria Litos Progetti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A00A3111E3, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Rametta, Francesco Zaccone e Simona Russello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Benedetti & Partners Studio Associato di Ingegneria, Y.U.Ppies’ Services s.r.l., Archeomodena Ass. Prof. Benassi Guandalini Scaruffi, Franchi Valeriano, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 08580/2024, resa tra le parti


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 Cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2024 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Stefano Rametta, Francesco Zaccone, Simona Russello e l’avvocato dello Stato Laura Paolucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. Con determina a contrarre del 31 agosto 2023, l’Agenzia del Demanio indiceva procedura di gara per l’affidamento del servizio di verifica della vulnerabilità sismica, diagnosi energetica e rilievi da restituire in modalità “Bim” per taluni beni immobili di proprietà dello Stato siti in Roma, di cui risultava aggiudicataria, in relazione al lotto n. 2 qui controverso, la Società di Ingeneria Litos Progetti s.r.l.

L’aggiudicataria veniva tuttavia esclusa dalla procedura a seguito di verifica d’anomalia dell’offerta, per ritenuta (inammissibile) applicazione del ribasso percentuale anche sulla voce dei compensi professionali non passibili di ribasso, di cui al d.m. 17 giugno 2016.

Avverso il provvedimento d’esclusione e la successiva aggiudicazione al controinteressato Rti capeggiato da Benedetti & Partners Studio associato di ingegneria la Litos Progetti proponeva ricorso deducendo, in sintesi: violazione del contraddittorio in sede di verifica di anomalia; omesso esame delle giustificazioni, da cui emergeva un utile pari a circa € 105.000 in favore dell’aggiudicataria, tale da ben compensare tutti i fattori di costo; errore dell’amministrazione nel ritenere che la Litos avesse operato un ribasso sull’equo compenso professionale; la disciplina di cui al nuovo Codice dei contratti pubblici ben consente l’applicazione di un corrispettivo ribassato rispetto alle tariffe professionali, mentre il regime del cd. “equo compenso” professionale sarebbe applicabile solo in presenza di un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale; in subordine, illegittimità e nullità della lex specialis per previsione di una causa di esclusione atipica, in relazione all’ipotesi di ribasso rispetto alle tariffe professionali applicato dal concorrente.

La ricorrente avanzava anche domanda risarcitoria ai fini del subentro nella prestazione della commessa.

2. Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza dell’Agenza del Demanio e del controinteressato Benedetti & Partners, respingeva il ricorso.

Riteneva il giudice di primo grado, in sintesi: che v’era stato un adeguato contraddittorio procedimentale in fase di verifica di anomalia nell’ambito del quale l’interessata aveva ben potuto presentare le osservazioni; che la stazione appaltante aveva ritenuto che il ribasso applicato andasse a integrale detrimento dei compensi professionali e, al riguardo, neanche un’istruttoria più estesa sulle altre componenti dell’offerta economica avrebbe potuto condurre a un risultato diverso, considerato del resto che pure in giudizio la ricorrente aveva confermato sostanzialmente di aver previsto compensi d’importo inferiore a quelli di cui alle tariffe previste dal d.m. 17 giugno 2016, applicando il Ccnl cd. “Confprofessioni”.

Al contempo, il Tar riteneva che la previsione della non ribassabilità dei compensi (in linea con la l. n. 49 del 2023) fosse in sé non illegittima, a fronte di una normativa che favorisce appunto la competizione al di fuori di tale elemento, in termini non contrastanti col diritto eurounitario.

Né ravvisava un’antinomia tra l. 49 del del 2023 e il Codice dei contratti pubblici, o riteneva applicabile la prima al solo professionista “singolo”, e non anche in forma societaria o associata.

3. Avverso la sentenza ha proposto appello la Litos Progetti deducendo:

I) difettoso ed erroneo apprezzamento del primo motivo di ricorso: violazione di legge; violazione degli artt. 1, 8, 41, 44, 91, 95, 108 e 110 d.lgs. n. 36 del 2023 e dell’art. 69 dir. n. 2014/24/UE; violazione delle regole sul giusto procedimento; eccesso di potere per difetto di esame e di istruttoria e sviamento; grave travisamento; violazione del principio del contraddittorio, delle regole che presiedono alla verifica di congruità e delle finalità della verifica; contraddittorietà manifesta, illogicità, difetto di motivazione;

II) (segue): difettoso ed erroneo apprezzamento del primo motivo di ricorso in ordine all’interpretazione e applicazione della l. n. 49 del 2023; violazione di legge in relazione agli artt. 1, 8, 41, 44, 91, 95, 108 e 110 d.lgs. n. 36 del 2023 e dell’art. 69 dir. n. 2014/24/UE;

III) questione pregiudiziale di compatibilità dell’art. 2, comma 3, l. n. 49 del 2023 in relazione all’art. 49 e 101 TFUE e all’art. 15 dir. n. 2006/123/CE;

IV) erronea valutazione del secondo motivo di impugnazione: illegittimità della legge di gara per contrarietà con gli artt. 1, 8, 41, 44, 91, 95, 108 e 110 d.lgs. n. 36 del 2023; violazione delle regole sull’equo compenso; nullità della legge di gara.

L’appellante ripropone anche domanda risarcitoria ai fini del subentro nell’esecuzione della commessa.

4. Resiste al gravame l’Agenzia del Demanio, chiedendone la reiezione, mentre non s’è costituito in giudizio l’intimato Benedetti & Partners Studio associato di ingegneria.

5. All’udienza pubblica del 17 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Col primo motivo di gravame, l’appellante si duole del rigetto della censura con cui aveva dedotto in primo grado la violazione del contraddittorio procedimentale nell’ambito del procedimento di verifica di anomalia dell’offerta.

Al riguardo, la stazione appaltante non avrebbe consentito alla Litos Progetti di interloquire sull’applicabilità dei parametri dettati per il lavoro autonomo a una società di ingegneria e sulla compensazione dell’eventuale sovrastima con l’elevato utile, così nella sostanza obliterando qualsiasi effettivo contraddittorio e trascurando tutti gli elementi in rilievo, nonché la possibilità di compensazioni tra sovrastime, sottostime e utili esposti.

Del resto, la sostenibilità dell’offerta non può che essere valutata sulla base dei costi effettivamente sopportati dall’operatore, tenendo conto delle peculiarità organizzative che lo connotano, inclusa la struttura in forma societaria, con impiego anche di lavoratori dipendenti e soci professionisti.

In tale prospettiva, il provvedimento d’esclusione difetterebbe anche di un’adeguata motivazione, necessaria nel caso di valutazione di anomalia sfavorevole all’impresa.

1.1. Il motivo non è condivisibile.

1.1.1. Occorre premettere che, con comunicazione del 13 novembre 2023, la stazione appaltante richiedeva espressamente alla Litos i giustificativi sulla serietà, congruità e realizzabilità dell’offerta, “con particolare riferimento alla sostenibilità del ribasso percentuale presentato in relazione sia al prezzo che al tempo di esecuzione del servizio”, e ciò specialmente sotto i seguenti aspetti: “Metodologia utilizzata per effettuare il servizio di verifica di vulnerabilità sismica e delle relative attività di caratterizzazione delle proprietà meccaniche dei materiali e relative indagini diagnostiche, geologiche, geotecniche; Criteri metodologici e strumentazioni utilizzate per effettuare il rilievo geometrico, architettonico e strutturale da restituirsi in BIM grazie anche alle informazioni strutturali, tecnologiche e dei materiali acquisite in sede d’indagine strutturale; Criteri metodologici e strumentazioni utilizzati per svolgere l’attività di Diagnosi Energetica; evidenziando, tra l’altro, gli elementi che comprovino gli obblighi di cui al D.lgs. 36/2023 e il rispetto dei minimi salariali retributivi e ai sensi dell’art. 110 comma 5 lett. d)”.

In tal modo la stazione appaltante ben attivava il contraddittorio procedimentale di cui all’art. 110, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, a tenore del quale «In presenza di un’offerta che appaia anormalmente bassa le stazioni appaltanti richiedono per iscritto all’operatore economico le spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti, assegnando a tal fine un termine non superiore a quindici giorni».

Conseguentemente, la Litos ha avuto modo di produrre i propri giustificativi giusta comunicazione del 20 novembre 2023, con cui ha fornito spiegazioni e dati in ordine alla sostenibilità della propria offerta.

Ne è seguita l’esclusione dell’offerta per sua ritenuta anomalia in quanto la Litos “ha operato, di fatto, un ribasso anche sui compensi determinati sulla base degli artt. 2 e ss. del D.M., 17 giugno 2016, in violazione della lex specialis di gara che li ha qualificati come ‘inderogabili e non ribassabili’, ai sensi delle disposizioni in tema di equo compenso di cui al citato art. 41, comma 15 e dell’all. I.13, del D.Lgs. 36/2023, e della l. 49/2023, in linea con la Delibera dell’ANAC n. 343 del 20/07/2023”.

Il che l’amministrazione ha ritenuto dopo aver osservato che la stessa Litos, in sede giustificativi, aveva stimato spese - tra cui € 55.171,20 a titolo di “costo indagini e prove strutturali e geognostiche” - che risultavano “di importo di gran lunga superiore rispetto alla quota risultante per le medesime voci ed attività dall’applicazione del ribasso percentuale unico offerto in sede di gara (pari al 99,9%) all’importo ribassabile (€ 58.064,52)”.

In tale contesto, la doglianza incentrata sull’inadeguatezza del contraddittorio procedimentale non può trovare accoglimento.

1.1.2. Come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in relazione alla previgente disciplina, assimilabile in parte qua a quella sopra richiamata di cui all’art. 110, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, per la verifica di anomalia dell’offerta la legge prevede una “struttura monofasica del procedimento (e non più trifasica, cioè articolata in giustificativi, chiarimenti, contraddittorio, com’era, invece, nel regime disegnato dal previgente art. 87 d.lgs. n. 163/2006)”, e “pur consentendo alla stazione appaltante di far luogo a ulteriori approfondimenti istruttori successivi alla presentazione delle ‘spiegazioni’, non introduce alcun obbligo in tal senso” (inter multis, cfr. Cons. Stato, V, 26 luglio 2022, n. 6577; III, 11 maggio 2021, n. 3709 e 3710).

In tale contesto, così come già l’art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, l’attuale art. 110, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023 impone l’esclusione dell’offerta anomala «se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3», oppure se «l’offerta è anormalmente bassa» in relazione ai parametri sub lett. a)-d) del medesimo comma 5 (cfr. Cons. Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 690).

Diversa è l’ipotesi in cui “la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia, per non poter, in particolare, o ritenere insufficienti le giustificazioni presentate dal concorrente in relazione agli elementi di cui al comma 4 o accertare l’inadeguatezza complessiva dell’offerta sulla scorta degli indicatori di cui al comma 5 dell’art. 97” (Cons. Stato, n. 690 del 2019, cit.; cfr. anche Id., III, 11 ottobre 2021, n. 6818).

In tale contesto, è stata affermata la “necessità di esperire ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale […] laddove la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia ‘per non poter, in particolare, o ritenere insufficienti le giustificazioni presentate dal concorrente in relazione agli elementi di cui al comma 4 o accertare l’inadeguatezza complessiva dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 690 del 28 gennaio 2019)” (Cons. Stato, IV, 7 agosto 2020, n. 4973; Id., n. 6577 del 2022, cit.).

Il che si pone del resto in linea con la previsione dell’art. 69, par. 3, dir. n. 2014/24/UE, a tenore del quale, nell’ambito della valutazione dell’anomalia, «L’amministrazione aggiudicatrice valuta le informazioni fornite consultando l’offerente. Essa può respingere l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello dei prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al paragrafo 2», inerenti ai profili sostanziali da tenere in considerazione ai fini del vaglio di anomalia.

Al riguardo, è stato d’altra parte affermato di recente che, se è vero che la legge ha previsto per la verifica di anomalia dell’offerta una struttura “monofasica” del procedimento e non più trifasica, “non si può tuttavia approdare all’estremo opposto in cui l’esternazione delle ragioni dell’anomalia dell’offerta avvenga in definitiva solo col provvedimento di esclusione, amputando ogni forma di confronto sui profili ritenuti critici, in spregio dei canoni di collaborazione e buona fede che devono informare i rapporti tra stazione appaltante e imprese partecipanti alla gara” (Cons. Stato, III, 19 febbraio 2024, n. 1591; V, 19 novembre 2024, n. 9214).

Il che assume rilievo, in particolare, laddove siano in discussione gli apprezzamenti e le valutazioni proprie della verifica di anomalia, volte a stimare la sostenibilità economica e serietà dell’offerta, ovvero altri elementi rispetto a cui pure l’interessata potrebbe fornire un utile apporto conoscitivo.

1.1.3. Nel caso di specie va osservato che, da un lato, l’amministrazione non nutriva alcuna incertezza in ordine alla sostenibilità dell’offerta a fronte del contenuto dei giustificativi forniti dalla Litos nel contesto della prescritta non ribassabilità dei compensi professionali (v. amplius infra); dall’altro, alcun elemento conoscitivo utile al confronto e al dibattito (e che quindi avrebbe potuto condurre a diversa conclusione) l’interessata ha rappresentato, tale da richiedere una valutazione propria della stazione appaltante in ordine all’anomalia dell’offerta.

Come emerge infatti dalle stesse deduzioni dell’appellante, quest’ultima pone questioni di natura sostanzialmente interpretativa sul portato della disciplina dell’equo compenso e la sua applicabilità al caso in esame, dunque di carattere essenzialmente giuridico (e, peraltro, in parte non direttamente rilevanti nella specie a fini applicativi, stante la chiara regola posta in argomento dalla lex specialis), ma non adduce elementi conoscitivi ulteriori, idonei a incidere sulla valutazione tecnico-discrezionale e sull’apprezzamento proprio di anomalia dell’offerta rimesso all’amministrazione.

Dall’esame delle deduzioni dell’appellante emerge infatti come le stesse si risolvano nell’affermazione dell’inapplicabilità al caso di specie della legge n. 49 del 2023, della sua eventuale incompatibilità con l’ordinamento eurounitario, ovvero dell’illegittimità o nullità della stessa lex specialis in parte qua: si tratta, all’evidenza, di profili squisitamente giuridici (qui conformati in termini di critiche alla legittimità dell’azione amministrativa) che non coincidono con elementi conoscitivi ulteriori e preclusi all’interessata, che l’amministrazione avrebbe potuto apprezzare fra il materiale istruttorio ai fini della formulazione della valutazione di anomalia.

In tale prospettiva, anzi, a ben vedere la tesi dell’inapplicabilità della legge n. 49 del 2023 al caso di specie era in sé già insita nei giustificativi forniti da Litos (che prevedano, appunto, preventivi di costo tali da erodere ex se la quota del compenso professionale indicato come non ribassabile, esponendo al contempo un utile d’impresa), né peraltro la stessa - così come gli altri argomenti espressi dall’appellante - configura un elemento istruttorio frustrato dal concreto svolgimento procedimentale, bensì rappresenta semplicemente un argomento giuridico-interpretativo sulle fonti, in sé privo di apporto conoscitivo materiale per l’amministrazione.

Per questo, in difetto d’indicazione di elementi conoscitivi concreti che l’interessata avrebbe potuto addurre - al di fuori di osservazioni eminentemente giuridiche, peraltro già insite nei giustificativi offerti - ai fini della verifica di anomalia in caso di più articolato contraddittorio, la doglianza non è suscettibile di favorevole apprezzamento.

Per le stesse ragioni, non è dato ravvisare nella specie una carenza istruttoria censurabile come tale, essendo gli elementi acquisiti dall’amministrazione in sé sufficienti a condurre alle conclusioni divisate, coerenti con le previsioni della lex specialis di gara (v. amplius infrasub § 2.3.1 ss.).

Né, per le stesse ragioni, è dato riscontrare il denunciato vizio di carenza motivazionale, in un contesto in cui le ragioni esposte dall’amministrazione sono adeguate a sorreggere il dispositivo provvedimentale di esclusione per anomalia dell’offerta e non occorre del resto un’analitica confutazione di tutte le deduzioni svolte dall’impresa al riguardo (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 28 giugno 2021, n. 4868; 3 maggio 2021, n. 3472 e richiami ivi).

I residui profili di censura, attenendo al merito della valutazione di ribassabilità, e in che misura, dei compensi professionali, vanno esaminati nell’ambito dei corrispondenti motivi di gravame (v. amplius infrasub § 2 ss.).

2. Col secondo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’errore commesso dal giudice di primo grado nel respingere la censura con cui la Litos aveva dedotto che la valutazione sulla sostenibilità dell’offerta andasse eseguita tenendo conto degli effettivi costi sopportati dall’impresa, non potendo includere costi non pertinenti all’esecuzione della prestazione.

Nella specie, tenuto conto della struttura in forma societaria della Litos, l’apprezzamento della “giusta remunerazione” dell’attività sarebbe insito nella voce dell’utile previsto, non potendo per converso invocarsi una (non pertinente) nozione di “equo compenso” correlata a parametri tariffari professionali, così imponendo in via generalizzata un vincolo privo di senso per le società di ingegneria.

Di qui anche la non diretta pertinenza del regime di cui alla legge n. 49 del 2023, dal cui art. 2 si ricava la non applicabilità della disciplina sull’equo compenso a prestazioni svolte da società in favore dell’amministrazione.

Allo stesso modo, il Codice dei contratti pubblici farebbe riferimento alle tariffe professionali esclusivamente quale parametro ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara, come tale ribassabile, oltreché derogabile dall’amministrazione; né avrebbe senso richiamare il regime sull’equo compenso in relazione a servizi prestati istituzionalmente, tramite libero confronto fra gli operatori, e in presenza di meccanismi atti proprio ad evitare le offerte eccessivamente basse.

Anzi, la rigida applicazione della disciplina sull’equo compenso a strutture con organizzazione societaria finirebbe a ben vedere con l’avere effetti restrittivi della concorrenza, comportando una compressione della discrezionalità dell’affidamento delle prestazioni in assenza delle condizioni di non discriminazione, necessità e proporzionalità.

2.1. Col terzo motivo di gravame, l’appellante deduce che, laddove la normativa sull’equo compenso dovesse essere interpretata come rivolta anche alle società concorrenti per l’affidamento di appalti pubblici, la stessa risulterebbe contraria al diritto europeo.

Risulterebbero in tal caso violati l’art. 49 TFUE, stante l’indebita limitazione della libertà di stabilimento in danno degli operatori in forma societaria, cui sarebbe precluso far valere le efficienze di organizzazione aziendale, e l’art. 101, par. 1, TFUE, insieme con l’art. 15 dir. n. 2006/123/CE, a fronte della limitazione della prestazione di servizi in regime di concorrenzialità, con imposizione di voci di costo basate su parametri fissi e non modificabili.

Per questo, in via subordinata, l’appellante domanda al riguardo il rinvio pregiudiziale davanti alla Cgue.

2.2. Col quarto motivo di gravame, l’appellante si duole, in via di subordine, del rigetto della censura con cui aveva dedotto in primo grado l’illegittimità e nullità delle clausole delle lex specialis che non consentono ribassi dell’importo dell’appalto come determinato in applicazione del d.m. 17 giugno 2016.

2.3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per connessione e parziale sovrapponibilità delle questioni sollevate, non sono suscettibili di favorevole apprezzamento.

2.3.1. Occorre premettere che l’art. 3 del disciplinare di gara prevedeva espressamente che “L’importo a base di gara è stato calcolato ai sensi del decreto del Ministro della giustizia 17 giugno 2016 ‘Approvazione delle Tabelle dei corrispettivi commisurati a livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8 del Codice’ (in seguito: D.M. 17.6.2016 D.M. 17 giugno 2016 del Ministero della Giustizia), ai sensi dell’art. 41, comma 15 del D.Lgs. 36/2023 e dell’allegato I.13.

Sulla base delle disposizioni di cui al citato art. 41, comma 15, del D.Lgs. 36/2023 e dell’all. I.13, e della l. 49/2023, in linea con la Delibera dell’ANAC n. 343 del 20/07/2023, i compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, determinati in base agli artt. 2 e ss. del suddetto D.M., sono stati considerati inderogabili e non ribassabili, riportati nella voce ‘compensi non soggetti a ribasso’ di cui alla precedente Tabella”.

Conseguentemente, la medesima disposizione prevedeva per il lotto n. 2 un importo complessivo a base di gara pari a € 325.806,48, di cui € 258.064,54 quali compensi professionali non soggetti a ribasso, oltre a € 6.451,61 di costi per la manodopera (anch’essi non soggetti a ribasso) ed € 3.225,81 di oneri per la sicurezza aziendale, pure non ribassabili (ciò al di là del servizio cd. “opzionale”).

Specularmente, l’art. 17 del disciplinare richiedeva di indicare nell’offerta economica il “ribasso percentuale unico, riferito all’importo a base di gara, al netto dell’IVA, della parte di corrispettivo relativa ai compensi da ritenere non ribassabili ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 41, comma 15, del D.Lgs. 36/2023 e dell’all. I.13, e della l. 49/2023, e degli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso”, e cioè sull’importo di € 58.064,52 per il lotto n. 2.

In tale contesto, la Litos offriva un ribasso del 99,90% sulla base d’asta, con un conseguente corrispettivo pari a € 58,06 in parte qua.

Al contempo, dai giustificativi emergeva un costo per spese di indagini e prove geognostiche pari a € 55.171,20, come da preventivo ricevuto.

Alla luce di ciò, l’amministrazione rilevava come tale ultimo importo fosse di gran lunga superiore rispetto alla quota risultante dall’applicazione del ribasso percentuale alla base d’asta (i.e., € 58,06, a fronte del ribasso del 99,90% applicato all’importo ribassabile, pari a € 58.064,52), così finendo per intaccare di fatto la quota di compensi professionali non ribassabili, pari a € 258.064,54.

2.3.2. A fronte delle chiare e univoche previsioni del disciplinare di gara (i.e., artt. 3 e 17, cit.), la valutazione dell’amministrazione va ritenuta in sé conforme alla lex specialis: una volta stabilita infatti dal disciplinare la non ribassabilità dei compensi professionali determinati a norma del d.m. 17 giugno 2016, ma emergente al contempo un costo tale da erodere in misura consistente la corrispondente voce, di fatto lo scrutinio sostanziale di sostenibilità dell’offerta non poteva che restituire un esito negativo, come coerentemente ritenuto dalla stazione appaltante.

Per tali ragioni, l’indagine da compiere, sulla base delle doglianze formulate dall’appellante, deve concentrarsi nel caso di specie sulla legittimità delle previsioni della lex specialis inerenti alla non ribassabilità dei compensi professionali.

Con tale specifica declinazione si pone dunque e va qui esaminata la questione del rapporto tra la disciplina sull’equo compenso delle prestazioni professionali, di cui alla legge n. 49 del 2023, e il regime degli affidamenti dei contratti pubblici, oggi governato dal Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, applicabile ratione temporis alla fattispecie.

Il tema è stato variamente dibattuto nella giurisprudenza di primo grado, nonché affrontato dall’Anac e dalla dottrina; questo Consiglio di Stato ha svolto alcune osservazioni al riguardo nel parere n. 1463 del 2 dicembre 2024, riferite allo Schema di decreto legislativo recante Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (infine confluito nel d.lgs. n. 209 del 2024, pubblicato successivamente all’udienza di discussione, coerente in parte qua con il relativo Schema).

2.3.3. Muovendo dall’esame delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, si osserva quanto segue.

L’art. 41, comma 15, del Codice prevede che «Nell’allegato I.13 sono stabilite le modalità di determinazione dei corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura […]», commisurati al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività relative alle varie fasi interessate. La disposizione, nella formulazione ratione temporis applicabile alla fattispecie, precisa che «I predetti corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento» (cfr., oggi, l’art. 41, comma 15-bis, primo periodo, d.lgs. n. 36 del 2023).

In tale prospettiva, dunque, l’art. 1, comma 1 di tale all. I.13 «disciplina le modalità di determinazione dei corrispettivi dovuti per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, determinati, mediante attualizzazione del quadro tariffario di cui alla tabella Z-2 del decreto del Ministro della giustizia 17 giugno 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 174 del 27 luglio 2016 […] alle diposizioni di cui all’articolo 41 del codice».

Tale decreto reca a sua volta la «Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’articolo 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016», ed è stato effettivamente utilizzato nel caso di specie dall’amministrazione ai fini del calcolo dell’importo a base di gara (cfr. art. 3 disciplinare, cit.).

In tale quadro, le tabelle ministeriali per la determinazione dei corrispettivi fungono dunque da strumento per la «individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento», a carattere vincolante per le stazioni appaltanti, a differenza peraltro da quanto accadeva nella vigenza del precedente art. 24, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, che considerava le tabelle ministeriali quale mero «criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento» (cfr. al riguardo Cons. Stato, V, 29 marzo 2019, n. 2094; in ordine al passaggio dal vecchio al nuovo regime, cfr. anche Anac, delibera n. 343 del 20 luglio 2023).

Peraltro, vale osservare in prospettiva d’insieme come il Codice non preveda al riguardo regole corrispondenti a quelle relative ai costi della manodopera, per i quali è espressamente stabilito che gli stessi «sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso», «ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale» (art. 41, comma 14, d.lgs. n. 36 del 2023); o a quelle inerenti ai trattamenti salariali minimi, su cui «Non sono ammesse giustificazioni» in sede di verifica di anomalia (giustificazioni escluse, in particolare, «in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge»: art. 110, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36 del 2023), ed è espressamente comminata l’esclusione per l’offerta anormalmente bassa in cui «il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13» (art. 110, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 36 del 2023).

Le ragioni di questa diversità di prospettiva sono da ricondurre peraltro al differente ruolo e natura che l’una e l’altra voce esprimono nell’economia dell’affidamento delle commesse pubbliche: mentre ai sensi dell’art. 41, comma 13 e 14, d.lgs. n. 36 del 2023, la manodopera e il suo trattamento retributivo configurano un costo per l’impresa, il successivo comma 15, nel rinviare all’allegato I.13 per la determinazione della base d’asta, si riferisce direttamente alla voce del corrispettivo del contratto, e cioè sostanzialmente al suo prezzo.

In tal guisa, gli elementi sono chiaramente tenuti distinti dalla legge anche ai fini delle dichiarazioni che l’operatore è chiamato rendere nell’offerta, a norma dell’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023, distinguendo nella specie «il prezzo», «i costi del personale» e «quelli aziendali per la sicurezza e le caratteristiche della prestazione».

Nella disciplina delineata dal Codice non è invece assegnata autonoma rilevanza alla voce del compenso professionale: lo stesso, a fronte del rimando dell’art. 41, comma 15, all’all. I.13, e da quest’ultimo al d.m. 17 giugno 2016, configura a ben vedere una componente del corrispettivo per le prestazioni di progettazione; a norma dell’art. 1, comma 2, d.m. 17 giugno 2016, infatti, «Il corrispettivo è costituito dal compenso e dalle spese ed oneri accessori di cui ai successivi articoli».

2.3.4. Dall’impianto normativo sopra sinteticamente descritto emerge come il Codice dei contratti pubblici presenti una disciplina in sé compiuta e autosufficiente in materia di corrispettivi, ivi inclusa la componente del compenso professionale.

Come già osservato, infatti, l’art. 41, comma 15, d.lgs. n. 36 del 2023 considera le tabelle ministeriali (ai sensi dell’all. I.13, che rimanda al d.m. 17 giugno 2016) quale strumento per determinare la base d’asta (come tale ribassabile), non già per fissare minimi inderogabili di compenso.

Al contempo, il Codice prevede dei minimi inderogabili (art. 110, comma 4, lett. a) e comma 5, lett. d)) o delle voci non ribassabili (art. 41, comma 14 e 13) solo per gli elementi del salario o costo della manodopera.

Ancora, la competizione sui servizi di ingegneria e architettura avviene di regola, ai sensi dell’art. 108, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016, con criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, dunque con ammesso ribasso sulla componente del corrispettivo.

Si inferisce da ciò che, in termini generali, le regole sull’equo compenso di cui alla legge n. 49 del 2023 non trovano diretta applicazione nell’ambito di procedure di affidamenti pubblici di servizi, e ciò anche a fronte dei diversi parametri a tal fine presi in considerazione dai due corpi normativi (v. amplius infra).

Tale legge n. 49 del 2023, successiva al Codice dei contratti pubblici, indica dal canto suo quale «equo compenso» la «corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente […] per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27».

Il successivo art. 3, comma 1, prevede che «Sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera; sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, per la professione forense, o ai parametri fissati con il decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), della presente legge».

Dalla lettura dei due distinti e compiuti corpi normativi emerge la loro chiara diversità di prospettive e la tendenziale assenza d’interferenze dell’uno con l’altro: se il Codice dei contratti pubblici si preoccupa di determinare la “base d’asta”, naturalmente soggetta a ribassi, esposta a criteri valutativi incentrati sul meccanismo del miglior rapporto “qualità/prezzo” - dunque con fisiologica riducibilità di quest’ultimo - al di fuori di logiche intese alla limitazione verso il basso (come invece accolte per le voci di costo inerenti alla manodopera), la legge sull’equo compenso mira a stabilire un importo minimo non derogabile, la cui contraria pattuizione negoziale è colpita addirittura con sanzione di nullità, pur se relativa (cfr. l’art. 3, comma 4, l. n. 49 del 2023).

A tal fine, come anticipato, anche i parametri di riferimento ai fini della determinazione dei valori presi in considerazione sono diversi nei due sistemi normativi: mentre da una parte l’all. I.13, richiamato dall’art. 41, comma 15, d.lgs. n. 36 del 2023, rimanda al d.m. 17 giugno 2016 (decreto adottato dal Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, recante appunto Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’articolo 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016), prevedendo l’attualizzazione del relativo quadro tariffario (cfr. all. I.13, cit., artt. 1 e 2), dall’altra parte, l’art. 1, comma 1, l. n. 49 del 2023 definisce in generale «equo compenso» quello (oltreché proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale) «conforme ai compensi previsti rispettivamente: […] b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27», e successivamente commina all’art. 3, comma 1, la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, come tali definendo le pattuizioni di un compenso «inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale […]», e cioè dal d.m. Giustizia n. 140 del 2012 in parte qua (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), adottato appunto proprio ai sensi dell’art. 9 d.l. n. 1 del 2012.

A tale riguardo, va osservato peraltro che, pur condividendo lo stesso meccanismo algoritmico di calcolo secondo la comune formula moltiplicatoria CP=V×G×Q×P (cfr. l’art. 39 d.m. n. 140 del 2012 e l’art. 4 d.m. 17 giugno 2016), il d.m. n. 140 del 2012 stabilisce espressamente per le professioni dell’area tecnica, ai fini della liquidazione dei compensi, un range di flessibilità in ragione della complessità della prestazione (espressa dal parametro sub G)) che tenga conto della natura dell’opera, pregio della prestazione, dei risultati e dei vantaggi, anche non economici, conseguiti dal cliente, dell’eventuale urgenza della prestazione, di talché l’organo giurisdizionale può aumentare o diminuire il compenso di regola fino al 60 per cento rispetto a quello altrimenti liquidabile (art. 36). Tale meccanismo rientra a pieno titolo nei «parametri per la liquidazione dei compensi» richiamati dall’art. 3 l. 49 del 2023 e definisce una soglia minima (e massima) del compenso del professionista, al di sotto della quale si ha la qualificazione normativa di “compenso non equo” passibile di nullità. Di contro, il d.m. 17 giugno 2016 non contempla alcun meccanismo di flessibilità, limitandosi a recepire la formula moltiplicatoria generale del d.m. n. 140 del 2012.

In tale prospettiva, i due meccanismi divisati dal d.m. n. 140 del 2012 e dal d.m. 17 giugno 2016, pur recando un nucleo comune (i.e., la formula moltiplicatoria per il compenso) differiscono quanto a natura della fonte normativa (si tratta di due regolamenti ministeriali ben distinti, l’uno ministeriale, l’altro adottato di concerto da due Ministri), scopi (l’uno mira a disciplinare la liquidazione dei compensi equi, l’altro è volto alla determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara) e struttura (l’uno si contraddistingue per un range di flessibilità, mentre l’altro definisce un importo fisso) legittimando una ricostruzione dicotomica nel senso che la prima fonte individua il minimum corrispettivo inderogabile (il compenso equo ribassabile sino al 60%), mentre la seconda individua il corrispettivo equo da porre a base di gara.

2.3.5. In tale contesto, è dunque condivisibile quanto affermato da questo Consiglio di Stato in relazione allo Schema del correttivo al Codice dei contratti al riguardo: “nella materia dei contratti pubblici non si applica la disciplina in materia di ‘equo compenso delle prestazioni professionali’ di cui alla legge 21 aprile 2023, n. 49, vigendo la suesposta disciplina speciale” (Cons. Stato, Comm. Spec., 2 dicembre 2024, n. 1463, par. 9.9).

E seppure tale conclusione la Commissione speciale ha “inferi[to]” dagli schemi dei nuovi commi 15-bis e 15-quater dell’art. 41 d.lgs. n. 36 del 2023 (che limitano per gli affidamenti dei servizi di ingegneria, architettura e altri servizi di natura tecnica e intellettuale, rispettivamente, al 35% - con previsione al contempo di un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento; cfr. peraltro, sulle modalità di calcolo dei punteggi economici, il nuovo art. 2-bis all. I.13 introdotto dal d.lgs. n. 209 del 2024 - e al 20%, la quota di corrispettivo ribassabile a seconda che l’importo del contratto sia superiore o inferiore a € 140.000,00: cfr. al riguardo anche la Relazione illustrativa, spec. sub par. 3.1; oggi le disposizioni sono state effettivamente introdotte dall’art. 14, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 209 del 2024), nondimeno la stessa trovava già fondamento nell’impianto del Codice, nei sensi sopra chiariti, che ha avuto successiva emersione anche in una regola ad hoc.

D’altra parte, la previsione di nuove disposizioni specifiche in materia di equo compenso è ben coerente col fatto che l’art. 8, comma 2, secondo periodo, d.lgs. n. 36 del 2023, nello stabilire che «Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso», afferma di suo un principio di massima, non già una regola di dettaglio (ciò che spiega peraltro il richiamo, ai fini della declinazione del principio in termini di regola, all’art. 41, comma 15-bis e 15-quater, richiamo introdotto nel suddetto art. 8, comma 2, dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2024; specularmente, il nuovo art. 41, comma 15-bis, fa riferimento proprio all’art. 8, comma 2, secondo periodo), né perciò vale a richiamare sic et simpliciter altre regole puntuali, quali quelle di cui alla legge n. 49 del 2023.

Ne deriva che il “valore” sotteso alla legge sull’equo compenso è recepito dall’autonoma normativa sui contratti pubblici attraverso un apparato regolatorio autonomo, non necessitante di eterointegrazione, funzionale all’equo contemperamento tra istanze competitive, logiche di efficienza, ed esigenze equitative.

Di qui le conclusioni da trarre in ordine al rapporto fra i due regimi normativi: il sistema degli affidamenti dei contratti pubblici soggiace a regole sue proprie in ordine ai corrispettivi e loro ribassabilità; il relativo controllo è rimesso peraltro alla (distinta) disciplina sull’anomalia delle offerte (art. 110 d.lgs. n. 36 del 2023; già art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016), soggetta alle diverse logiche della sostenibilità economica della complessiva proposta contrattuale; quello dell’«equo compenso» costituisce un principio generale da tener presente nelle «prestazioni d’opera intellettuale» (del quale i nuovi commi 15-bis quater dell’art. 41 rappresentano regola applicativa di dettaglio, in tali sensi richiamati dalla disposizione che pone il principio); la legge n. 49 del 2023 non trova dunque diretta e generale applicazione al settore degli appalti pubblici; le sue previsioni inerenti al rapporto con la pubblica amministrazione (cfr., in particolare, l’art. 2, comma 3: «Le disposizioni della presente legge si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica», ma v. anche l’art. 3, comma 5, che sancisce l’impugnabilità, fra l’altro, dell’«esito della gara») vanno lette - in termini fedeli peraltro al dato testuale - quali specificamente concernenti le fattispecie dei «rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile» (art. 2, comma 1), e cioè i contratti d’opera professionale ex art. 2230 Cod. civ. veri e propri.

2.3.6. Occorre a questo punto domandarsi se, nel contesto che si è sopra delineato in ordine ai rapporti fra il Codice dei contratti pubblici e la legge n. 49 del 2023 in materia di “equo compenso”, sia possibile ammettere clausole di gara che incidano sulla ribassabilità del corrispettivo, e in specie sulla quota dello stesso rappresentata appunto dal “compenso professionale” riconosciuto in relazione a prestazioni d’opera intellettuale.

Ferma infatti, in termini generali, la non diretta applicabilità della legge n. 49 del 2023 alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici, può accadere che sia l’amministrazione, per il tramite della lex specialis, a fissare delle regole al riguardo, limitando in tutto o in parte la ribassabilità del corrispettivo in relazione alla componente del compenso professionale.

Il che è avvenuto proprio nel caso di specie: è stato infatti il disciplinare di gara a statuire positivamente - al di là del richiamo esplicativo alla legge n. 49 del 2023 - che “i compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, determinati in base agli artt. 2 e ss. del suddetto D.M. [i.e., d.m. 17 giugno 2016, cit.], sono stati considerati inderogabili e non ribassabili, riportati nella voce ‘compensi non soggetti a ribasso’ di cui alla [corrispondente] Tabella”.

Ed è proprio la regola così sancita dal disciplinare che, declinata nel giudizio di verifica di anomalia a fronte dei giustificativi forniti e del ribasso offerto dalla Litos, ha condotto l’amministrazione alle valutazioni poste a base della determinazione d’esclusione.

Di qui il necessario interrogativo sulla legittimità o meno di una siffatta previsione.

2.3.7. La risposta all’interrogativo è affermativa.

Seppure infatti la legge n. 49 del 2023 non trova diretta applicazione nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, nulla vieta che la stazione appaltante possa, nell’esercizio della propria discrezionalità ed entro termini ragionevoli, prevedere clausole di non ribassabilità del corrispettivo a fini di tutela dell’equo compenso professionale.

Del che si rinviene anzitutto un riferimento testuale fra le regole codicistiche relative ai criteri di aggiudicazione: segnatamente all’art. 108, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023 (oggi peraltro richiamato in parte qua anche dal citato art. 41, comma 15-bis, lett. a), d.lgs. n. 36 del 2023, e già dall’art. 9 del relativo Schema di correttivo), a tenore del quale «L’elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 1, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi» (cfr. già l’art. 95, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016).

Si tratta di un’opzione, riconosciuta espressamente alla stazione appaltante, che limita il confronto concorrenziale ai soli profili qualitativi delle offerte, azzerando il peso della componente prezzo, con un criterio che non rappresenta un tertium genus alternativo a quelli del prezzo più basso e del miglior rapporto qualità/prezzo, bensì una semplice specificazione di quest’ultimo.

D’altra parte, lo stesso articolo 108, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 36 del 2023, nel prevedere che «Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo: […] b) i contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro» non preclude in radice una modulazione del suddetto «rapporto qualità/prezzo» in termini di maggior valorizzazione della prima, e cioè con previsione di (parziali) limiti alla ribassabilità del corrispettivo, né il che può esser ritenuto di per sé lesivo dei principi concorrenziali o di tutela delle risorse pubbliche.

Quanto sopra tanto più vale del resto se tale modulazione avviene per finalità in sé meritevoli a mente dei principi di cui al titolo I, parte I del Codice, fra i quali quello dell’equo compenso, sancito dall’art. 8, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, ben perseguibile - rispetto alle «prestazioni d’opera intellettuale» in generale - per il tramite di siffatte previsioni della lex specialis.

A ciò si aggiunga peraltro che, come suesposto, gli stessi parametri di riferimento utilizzati per la determinazione dei valori rilevanti sono parzialmente diversi fra loro, sicché il limite alla ribassabilità è stabilito nella specie dal disciplinare di gara su un corrispettivo calcolato a norma del d.m. 17 giugno 2016, di suo distinto da quello, calcolato a norma del d.m. n. 140 del 2012, cui l’art. 3, comma 1, l. n. 49 del 2023 associa la nozione di “equo compenso”.

Nel caso di specie, come suesposto, il disciplinare di gara ha scomposto l’importo a base di gara (pari a complessivi € 325.806,48, per il lotto in esame) in quattro distinte frazioni, di cui tre non ribassabili (i.e., il compenso professionale, appunto, nonché i costi di manodopera e gli oneri di sicurezza), e l’ultima (pari a € 58.064,52, corrispondente alla quota del corrispettivo prevista dal d.m. 17 giugno 2016 diversa dal “compenso professionale” vero e proprio: cfr. l’art. 1, comma 2, del d.m. e, per il relativo importo, il successivo art. 5) suscettibile di ribasso.

Il meccanismo così concepito costituisce nient’altro che una modulazione del rapporto qualità/prezzo declinata in favore della prima, con prevista parziale non ribassabilità del secondo - sulla scia di quanto ammesso, in misura totale, dall’art. 108, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023 - per il perseguimento di finalità di equo compenso (art. 8, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023).

Oltre non risultare in sé illegittimo, siffatto meccanismo trova copertura anche fra i principi generali del risultato ex art. 1 d.lgs. n. 36 del 2023 (oggi peraltro esplicitamente richiamato, nel suo comma 2, primo periodo, dall’art. 41, comma 15-bis, d.lgs. n. 36 del 2023), giacché l’amministrazione è posta in condizione in tal modo di valorizzare la competizione di ordine qualitativo fra le offerte, e della correlata fiducia ex art. 2, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, quale «autonomia decisionale» dell’amministrazione in ordine «alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato».

Si osserva peraltro che il modello così strutturato, già previsto quale cd. “opzione 2” dal Bando tipo n. 2/2023 posto in consultazione dall’Anac (ove si indicava, peraltro, che “In attesa dell’esito della consultazione, nel presente schema di bando tipo è stata riportata [proprio] l’opzione n. 2”; cfr., successivamente, fra l’altro, la segnalazione di cui alla nota del Presidente Anac del 19 aprile 2024 in ordine ai problemi di coordinamento fra le normative in relazione al tema dell’equo compenso, nonché la Delibera n. 101 del 28 febbraio 2024 che ribadisce le tre opzioni; cfr. al riguardo anche la Relazione annuale dell’Anac per il 2024, spec. par. 8.2.2, 12.2.2 e 14.2.5.5), corrisponde sostanzialmente a quello accolto dallo Schema di correttivo al comma 15-bis (oltreché 15-quater) dell’art. 41 d.lgs. n. 36 del 2023, confluito nell’art. 14, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 209 del 2024: se è vero infatti che diverse sono le percentuali di ripartizione fra quote ribassabili e non ribassabili previste (ciò che implica peraltro, a fronte della composizione del corrispettivo professionale ai sensi degli artt. 4 e 5 d.m. 17 giugno 2016, che solo nel prospettato comma 15-bis, e non anche secondo la clausola di gara, una frazione del compenso professionale vero e proprio sia necessariamente esposta a ribasso) resta il fatto che il congegno conformato è sostanzialmente assimilabile nelle due ipotesi, e che l’entità della quota esposta a ribasso rientra, nei casi quale quello in esame, nel perimetro dell’apprezzamento tecnico-discrezionale dell’amministrazione, nella specie non irragionevolmente esercitato nella misura (e per la tipologia di voce) suindicata, in funzione dei principi anch’essi meritevoli relativi alla tutela dell’equo compenso e alla competizione qualitativa delle offerte.

Né è condivisibile la doglianza sollevata dall’appellante in ordine alla nullità della clausola per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione: come già emerge dalle considerazioni svolte, non si è in presenza qui di «cause ulteriori di esclusione» atipiche e inammissibili ex art. 10 d.lgs. n. 36 del 2023, bensì di una particolare modulazione del criterio di aggiudicazione nei termini suesposti, peraltro chiaramente apprezzabili sin dall’origine dai concorrenti.

2.3.8. Da quanto sin qui osservato emerge l’infondatezza dei motivi di doglianza proposti dall’appellante.

2.3.8.1. Sotto un primo aspetto, non direttamente pertinenti al caso risultano i profili di censura incentrati sull’inapplicabilità alla fattispecie della legge n. 49 del 2023: per quanto sin qui osservato, infatti, non è la legge a costituire qui la fonte della regola applicata dall’amministrazione, bensì il disciplinare di gara, che, pur richiamandosi quale premessa alla suddetta legge, ha autonomamente posto (legittimamente) i limiti al ribasso nei sensi suindicati, peraltro determinandoli sulla base del d.m. 17 giugno 2016 anziché del d.m. n. 140 del 2012, cui è riconducibile il regime (e la sanzione) di cui all’art. 3, comma 1, l. n. 49 del 2023.

Per le medesime ragioni, non sono favorevolmente scrutinabili le censure correlate alla dedotta non applicabilità alle società delle regole sancite dalla legge n. 49 del 2023: di nuovo, s’è in presenza qui di una clausola di gara che stabilisce la regola della non ribassabilità in parte qua del compenso, trovando copertura fra i principi all’art. 8, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, riferibili in termini generali alle «prestazioni d’opera intellettuale», quali quella qui controversa.

2.3.8.2. Allo stesso modo, alla luce di quanto suesposto, priva di rilevanza ai fini del decidere si manifesta la questione pregiudiziale prospettata dall’appellante, relativa alla conformità con gli artt. 49 e 101 TFUE, oltreché con l’art. 15 dir. n. 2006/123/CE, dell’art. 2, comma 3, l. n. 49 del 2023, questione che successivamente la stessa appellante ha precisato e declinato nel senso della non conformità alla disciplina eurounitaria “della cogenza (anche nel settore de quo) della normativa sull’equo compenso” (cfr. memoria, pag. 12).

Sotto un primo profilo, infatti, come già si è posto in risalto la legge n. 49 del 2023 non trova diretta applicazione nel caso di specie, né - in generale - sic et simpliciter alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, onde non è predicabile né censurabile una sua “cogenza […] anche nel settore de quo”.

D’altra parte, il vincolo di parziale non ribassabilità del corrispettivo origina dalla lex specialis, proprio perché, come osservato, i due sistemi normativi sono fra loro autonomi, e solo in forza di una - ragionevole e proporzionata - previsione della legge di gara può trovare applicazione una (parziale) non ribassabilità del corrispettivo in funzione dell’equo compenso professionale; per tali ragioni, la legge n. 49 del 2023 non assume in sé rilievo ai fini della regolazione della fattispecie, e la sua applicazione è dunque irrilevante rispetto al caso.

Del resto, la lex specialis è a sua volta censurata dall’appellante per (non fondate) doglianze di incompatibilità con la disciplina del d.lgs. n. 36 del 2023 (oltreché coi “principi di concorrenzialità delle procedure evidenziali e di tutela delle risorse pubbliche”) o per sua nullità in parte qua, nei termini suesposti, in un contesto in cui è peraltro la stessa appellante ad ammettere che l’amministrazione avrebbe potuto ben adottare il criterio del cd. “prezzo fisso”, di cui all’art. 108, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023.

Per questo, rispetto al disciplinare quale provvedimento-fonte che pone la regola ritenuta lesiva, le stesse censure sollevate non hanno un contenuto tale da rendere rilevante la questione pregiudiziale in relazione alla legge n. 49 del 2023; né d’altra parte tale legge, come già evidenziato, costituisce fondamento attributivo del potere nella specie esercitato dall’amministrazione, il quale ha altra propria fonte, rappresentata dell’autonomia riconosciuta alla stazione appaltante nel prevedere siffatte regole a norma degli artt. 108, comma 5, e art. 8, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023, nel quadro dei principi di cui agli artt. 2, comma 2, e art. 1 d.lgs. n. 36 del 2023.

Alla luce di ciò, la questione pregiudiziale risulta dunque non rilevante, in quanto relativa a una norma in sé non incidente sulla regolazione del caso, decentrata rispetto alle censure inerenti al provvedimento che pone la regola lesiva per l’appellante, e che neppure vale ad attribuire il corrispondente potere in concreto esercitato dall’amministrazione (cfr. al riguardo, in generale, sui presupposti di rilevanza di questioni di legittimità costituzionale nell’ambito del giudizio amministrativo, in funzione rispettivamente delle censure sollevate dal ricorrente in caso di dedotto cattivo esercizio del potere, ovvero della natura della norma, laddove attributiva del potere sottoposto al sindacato del giudice, Cons. Stato, VI, 25 agosto 2009, n. 5058; IV, 30 novembre 2010, n. 8363; più di recente, Id. I, 12 aprile 2024, n. 470; analoghe considerazioni valgono per i profili di compatibilità eurounitaria, su cui cfr., di recente, Cons. Stato, V, 10 gennaio 2024, n. 321, che si sofferma fra l’altro sul provvedimento contrario a normativa europea in via mediata da norma interna illegittima, rispetto al quale il vizio va sollevato in termini di violazione di legge, ciò che determina a quel punto la rilevanza della questione di compatibilità europea della pertinente norma intermedia).

2.3.8.3. Nel merito, infine, non è censurabile la valutazione dall’amministrazione espressa nei termini sopra esposti, la quale sottende anche un pertinente (e in sé non irragionevole) giudizio complessivo di anomalia, coerente col quadro contestuale definito dalla legge di gara.

Come già osservato, infatti, la determinazione di esclusione è stata assunta, in sede di verifica di anomalia, a fronte del giustificativo prodotto dall’interessata quale spesa “di importo di gran lunga superiore” alla quota risultante dall’applicazione del ribasso percentuale offerto in sede di gara sull’importo ribassabile (i.e., quota finale pari a € 58,06), spesa conseguentemente rifluente - inevitabilmente, per altrettanto considerevole “importo” - sul compenso professionale non ribassabile.

In tale prospettiva, il giudizio reso dall’amministrazione vale a esprimere, pur se in termini sintetici, anche un apprezzamento di ordine quantitativo, circa l’entità dell’importo, che “di […] gran lunga superiore” a quello risultante dall’applicazione del ribasso (i.e., quota di compenso ribassabile), finiva per erodere in pressoché pari misura (dunque, altrettanto cospicuamente) la componente di compenso non ribassabile.

Il che risulta di suo non irragionevole né erroneo, e sfugge alle critiche complessivamente mosse da parte appellante.

3. In conclusione, per le suesposte ragioni, l’appello va respinto.

3.1. Il rigetto del gravame in relazione alle domande caducatorie implica, in via assorbente, la reiezione della richiesta di risarcimento del danno ai fini del subentro nell’affidamento, stante il difetto della dedotta condotta illecita dell’amministrazione in relazione ai provvedimenti impugnati.

3.2. La novità delle questioni trattate e la frammentazione del quadro interpretativo ad esse sotteso giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Compensa integralmente le spese di lite fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere, Estensore

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

 

Guida alla lettura

Prima di commentare la sentenza in esame, occorre necessariamente proporre un inquadramento normativo e interpretativo, connesso al rapporto tra la normativa sull’equo compenso per prestazioni professionali, di cui alla Legge n. 49/2023 e la disciplina recata dal D.Lgs. n. 36/2023 per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura.

In particolare, all’indomani dell’entrata in vigore del Codice dei Contratti pubblici, sono sorti diversi dubbi interpretativi in merito al valore da attribuire alle tabelle dei corrispettivi, contenute nel D.M. 17 giugno 2016, richiamato nell’allegato I.13 di cui al previgente art. 41, comma 15 del D.Lgs. n. 36/2023, rispetto a quanto previsto dalla citata Legge n. 49/2023. Infatti, se da una parte, la legge sull’equo compenso parrebbe attribuire valore inderogabile agli importi calcolati dal D.M. 17 giugno 2016; dall’altra parte, il previgente art. 41, comma 15 del Codice, prevedeva che: “Nell’allegato I.13 sono stabilite le modalità di determinazione dei corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura (…)” e che: “I predetti corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara dell'affidamento”. A tali disposizioni, occorre attrarre il previgente art. 8, comma 2 del citato D.Lgs. n. 36/2023, secondo il quale: «Le prestazioni d’opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione. Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso”.

Dal punto di vista applicativo, nel tempo, le Stazioni appaltanti hanno assunto un comportamento disomogeneo in merito al metodo imposto ai fini della definizione da parte degli OO.ee. delle offerte economiche, per come si evince dalla lettura di diversi disciplinari di gara approvati e pubblicati nelle proprie P.A.D., a seguito dell’adozione dei relativi provvedimenti di indizione per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura. Tale disomogeneità applicativa è stata altresì riscontrata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, laddove, già in data 7 luglio 2023, aveva segnalato i primi dubbi interpretativi alla Cabina di Regia, al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, evidenziando – in particolare – con Delibera n. 101/2024, la necessità di chiarire “se attraverso la legge n. 49/2023, il legislatore abbia reintrodotto dei parametri professionali minimi e, in caso positivo, quale (potesse) essere il ribasso massimo che conduce a ritenere il compenso equo nell’ambito delle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura.

Nel frattempo, l’Autorità aveva anche avviato la consultazione pubblica sul Bando tipo n. 2/2023 – “Procedura aperta per l’affidamento di contratti pubblici di servizi di architettura e ingegneria di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”, conclusa in data 1° marzo 2024. In particolare, con riferimento alla formulazione dell’offerta economica, ANAC, nel Bando tipo n. 2/2023, nelle more di un chiarimento, ha riportato alcune possibili soluzioni ai fini della relativa consultazione, per la scelta dell’opzione regolatoria da adottare:

Opzione 1: Necessità di svolgere gare a prezzo fisso

Sulla base del dato normativo, potrebbe sostenersi che il compenso professionale individuato sulla base delle tabelle ministeriali da porre a base di gara sia in ogni caso inderogabile e, pertanto, non possa essere assoggetto al ribasso in sede di offerta. Conseguentemente le gare che hanno ad oggetto esclusivamente prestazioni professionali devono essere aggiudicate a prezzo fisso, in applicazione delle indicazioni fornite dall’articolo 108, comma 5, del codice dei contratti pubblici. La competizione tra i concorrenti quindi potrà essere soltanto di tipo qualitativo e avere a oggetto specifiche caratteristiche del servizio, ferma restando la possibilità di premiare l’offerta di un tempo di esecuzione inferiore rispetto a quello previsto nel bando di gara.

Opzione 2: Possibile ribasso limitato alle spese generali

Fermo restando il divieto di sottoporre a ribasso il compenso professionale individuato sulla base delle tabelle ministeriali, si potrebbe mantenere ferma la possibilità di effettuare una gara con valutazione dell’offerta economica limitatamente alla parte di costo che esula dal compenso professionale e, pertanto, sostanzialmente, limitata alle spese generali. Con riferimento a tale possibilità, si evidenzia che consentendo il ribasso su una quota di tali spese, potrebbe verificarsi che i concorrenti più strutturati offrano il massimo ribasso sostenibile, attestandosi tutti su una quota fissa. In sostanza, ci sarebbe il rischio di attivare, anche in questo caso, ad una gara a prezzo fisso. Inoltre, si verificherebbe l’aspetto negativo che i professionisti singoli o le società di piccole dimensioni potrebbero essere costretti ad offrire un ribasso inferiore, non riuscendo ad abbattere nella stessa misura i costi. Quindi, sostanzialmente, la competizione verrà svolta sulle dimensioni dell’operatore economico o sulla capacità organizzativa e non sulla qualità del servizio.

Opzione 3: Non applicabilità della disciplina dell’equo compenso alle procedure di evidenza pubblica

I sostenitori di tale tesi affermano che la previsione di tariffe minime si pone in netto contrasto con il principio di concorrenzialità, con evidenti dubbi di compatibilità anche a livello di normativa comunitaria. Inoltre, occorre considerare che l'articolo 2, comma 1 della legge n. 49/2023 definisce il proprio ambito di applicazione in relazione ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d'opera intellettuale di cui all'articolo 2230 del codice civile. Ciò significa che la relativa disciplina è circoscritta alle ipotesi in cui la prestazione professionale trova fondamento in un contratto d'opera caratterizzato dall'elemento personale, in cui il singolo professionista assicura lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo. Resterebbero, quindi, escluse dall’applicazione della disciplina sull’equo compenso le ipotesi in cui la prestazione professionale viene resa nell’ambito di un appalto di servizi, attraverso una articolata organizzazione di mezzi e risorse e con assunzione del relativo rischio imprenditoriale. Altro argomento portato a favore di tale ricostruzione è l’espressa applicazione della normativa sull’equo compenso alle “convenzioni” che sarebbero identificabili in particolari rapporti contrattuali caratterizzati da una posizione dominante del committente, con conseguente necessità di ristabilire gli equilibri contrattuali proprio attraverso l’introduzione di tariffe minime. Tale situazione non ricorrerebbe nell’ambito delle procedure di gara caratterizzate dalla presentazione di offerte libere e adeguatamente ponderate da parte degli offerenti e dalla previsione di adeguati meccanismi atti proprio ad evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse e quindi non sostenibili (anomalia dell’offerta). Ulteriori considerazioni muovono dall’esigenza di interpretare le disposizioni appartenenti a diversi ordinamenti in modo sistematico, tenendo conto del contesto ordinamentale complessivo in cui si inseriscono, pena l’annullamento dei principi di concorrenzialità e di evidenza pubblica che governano l'affidamento dei contratti pubblici.

Ancora! Con atto del Presidente Busia del 19 aprile 2024, ANAC ha evidenziato la necessità di coordinare la disciplina sull’equo compenso dettata dalla Legge n. 49/2023 e la disciplina sugli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura di cui al Codice dei Contratti Pubblici, al fine di evitare l’insorgere di contrasti. Più precisamente, l’Autorità ha sottolineato che “Nel definire il rapporto esistente tra i due sistemi, occorre infatti considerare che la Legge n. 49/2023, sebbene successiva al Codice, non ha derogato espressamente allo stesso, ai sensi del relativo art. 227, e pertanto la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina. D’altra parte, lo stesso art. 3, co. 3 della Legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei. Occorre inoltre evidenziare che anche il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023, pur dovendo naturalmente orientarsi nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati, oltre che con modalità adeguate al meccanismo della gara pubblica. In tale ottica devono essere lette le disposizioni di seguito richiamate. In attuazione dell’articolo 8, comma 2, il quale prevede che la pubblica amministrazione garantisca l’applicazione del principio dell’equo compenso; l’articolo 41, comma 15, fissa la modalità per l’individuazione dei corrispettivi da porre a base di gara facendo riferimento alle tabelle contenute nell’allegato I.13. L’articolo 108, comma 2, individua, quale criterio di aggiudicazione per i servizi tecnici di importo pari o superiore a 140.000,00 euro quello del miglior rapporto qualità-prezzo, garantendo un’adeguata valutazione dell’elemento qualitativo. È prevista l’applicazione di specifici meccanismi volti a scongiurare la presentazione di offerte eccessivamente basse e, quindi, non sostenibili (la disciplina sull’anomalia dell’offerta, la possibilità di prevedere un’appropriata ponderazione tra punteggio qualitativo ed economico, la possibilità di utilizzare formule per il punteggio economico che disincentivino eccessivi ribassi). Così interpretato, il quadro normativo di riferimento appare coerente sia a livello nazionale che a livello europeo. Sotto quest’ultimo profilo occorre considerare che l’articolo 3, comma 3, della Legge n. 49/2023 fa salve dalla sanzione della nullità le clausole che prevedono l’applicazione di compensi inferiori ai minimi tabellari in quanto riproduttive di disposizioni di legge (tra cui rientrano le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici) o attuative di principi europei (tra cui il principio di concorrenza)”.

 

Il parere di precontenzioso ANAC e i primi giudizi innanzi al Giudice amministrativo di primo grado.

In attesa di un orientamento chiaro, il tema – originariamente dibattuto solo dal punto di vista interpretativo – ha iniziato ad approdare sia in ambito di precontenzioso, interessando l’Autorità, sia in ambito giurisdizionale, con le prime statuizioni del Giudice amministrativo di primo grado.

Con riferimento al precontenzioso, si richiama la Delibera ANAC n. 101 del 28 febbraio 2024, che ha affrontato l’istanza di parere per la soluzione delle controversie, riferita ad una procedura aperta, avviata ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016, per l'affidamento dei servizi di direzione lavori, coordinamento sicurezza in esecuzione e direttore operativo-ispettore di cantiere, suddiviso in 3 lotti - Importo a base di gara euro: 2.878.058,48– CIG: A00DB204B4 (lotto 1). L’Autorità è stata chiamata a stabilire se, in una procedura di gara finalizzata all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura, l’operatore economico che abbia formulato una percentuale di ribasso che intacca anche il compenso professionale (oltre alle spese) sia da considerarsi anomala, e dunque da escludere, per violazione della normativa in tema di equo compenso. In tale occasione, l’Autorità – ancorché nel Bando tipo n. 2/2023 avesse delineato tre possibili opzioni da sottoporre al iudicium publicum – con il parere espresso, è stata tranchant, tenuto conto che il bando di gara oggetto di scrutinio risultava aderente all’ultima delle sopra delineate opzioni (inapplicabilità della disciplina dell’equo compenso alle procedure di evidenza pubblica, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara), prevedendo – sostanzialmente – che l’assenza di chiare indicazioni normative e di orientamenti giurisprudenziali consolidati circa i rapporti tra la normativa sull’equo compenso di cui alla L. 49/2023 e le procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura impedisce che possa operare il meccanismo dell’eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, possa essere disposta l’esclusione di operatori economici che abbiano formulato un ribasso tale da ridurre la quota parte del compenso professionale.

Dalla lettura del parere di precontenzioso, si comprende altresì il fatto che la Stazione appaltante avesse esercitato legittimamente la sua discrezionalità in coerenza con i principi di cui agli articoli 1 (principio del risultato), 2 (principio della fiducia) e 3 (principio dell’accesso al mercato) del D.Lgs. n. 36/2023, selezionando l’ultima delle possibili opzioni di applicazione dell’equo compenso ai contratti pubblici, come individuate dalla stessa ANAC nel bando tipo 2/2023. Tale precisazione risulta importante, per quanto si dirà infra, in tema di discrezionalità, operato delle Stazioni appaltanti e libera concorrenza.

Continuando con il percorso normativo e applicativo proposto, con riferimento alla giurisprudenza amministrativa, il primo indirizzo ermeneutico ha affermato l’applicazione della Legge n. 49/2023 anche agli appalti, limitando quindi la possibilità del ribasso solo a spese e accessori (ex plurimis, Tar Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 e Tar Lazio, Roma, Sez. V ter, 30 aprile 2024, n. 8580). In particolare, si vuole richiamare la sentenza Tar Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 che, nella narrativa del provvedimento adottato, ripercorre il dettame normativo in tema di equo compenso, precisando che il legislatore, con l’approvazione della legge 21 aprile 2023, n. 49, ha riscritto le regole in materia di compenso equo per le prestazioni professionali con l’intento di incrementare le tutele per quest’ultime, garantendo la percezione, da parte dei professionisti, di un corrispettivo equo per la prestazione intellettuale eseguita anche nell’ambito di quei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli”. Più nel dettaglio, la novella normativa, che trova applicazione in favore di tutti i professionisti, a prescindere dalla loro iscrizione ad un ordine o collegio, ha previsto (art. 1) che per compenso equo deve intendersi la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente:

a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;

b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

c) per i professionisti di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy.

Il Giudice amministrativo ha anche specificato che l’art. 2 della citata Legge n. 49/2023 prevede altresì che l’equo compenso trova applicazione ai rapporti professionali fondati sulla prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c. e il legislatore ha voluto stabilire la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, introducendo – quindi – una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la Convenzione. A seguito della ricostruzione proposta, il Collegio di primo grado ha affermato che non vi sia alcuna antinomia in concreto tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in oggetto). E, ancora, «Si deve ricordare, in via generale, che un’antinomia può configurarsi “in concreto” allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. Ciò accade ogniqualvolta quest’ultima sia contemporaneamente sussumibile in due ipotesi normative diverse, l’applicazione delle quali, comporti, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico, conseguenze giuridiche incompatibili tra loro. In tale ipotesi, l’interprete è chiamato ad effettuare una interpretazione letterale, teleologica e adeguatrice delle norme in apparente contrasto, al fine di determinarne il significato che è loro proprio, coordinandole anche in un più ampio sistema di norme, rappresentato dall’ordinamento giuridico. Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici.»

Al contrario, invece, altra giurisprudenza ha sostenuto che, in sede di verifica della congruità dell’offerta, il professionista può in ogni caso chiarire la congruità della propria offerta, anche se al di sotto dei limiti tabellari; quest’ultimi, dunque, non possono essere intesi quali soglie a cui ricollegare un effetto espulsivo automatico, ma quale meri criteri direttivi della valutazione dell’Amministrazione (Tar Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494; Tar Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 24 ottobre 2024, n. 632; Id., 25 luglio 2024 n. 483; e, da ultimo, anche Tar Lazio, Roma, Sez. III quater, 14 novembre 2024, n. 20274). In particolare, si vuole ricordare la sentenza Tar Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494 che, nella propria narrativa, pur richiamando – senza ignorarla – la sentenza del Tar Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632, sul presupposto della ravvisata compatibilità ed eterointegrazione della disciplina dettata dalla l. n. 49/2023 a salvaguardia dell’equilibrio sinallagmatico del rapporto di prestazione d’opera professionale con quella dettata dal citato d.lgs. n. 36/2023 in materia di contratti pubblici, focalizza l’attenzione sull’importante valore del sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta. Secondo il Giudice di primo grado, “la predicata eterointegrazione della disciplina di gara con quella sull’equo compenso professionale sconta, peraltro, i limiti intrinseci ed estrinseci di compatibilità o sovrapponibilità dei due impianti normativi (d.lgs. n. 36/2023 e l. n. 49/2023), che incidono su campi di materie e rispondono a finalità tra loro non perfettamente coincidenti ed omogenee”: nella plausibile prospettiva che il regime dell’equo compenso non deroghi, bensì integri il sistema dei contratti pubblici, senza frustrarne la sostanza proconcorrenziale di derivazione euro-unitaria (artt. 49, 56, 101 TFUE, 15 della dir. 2006/123/CE), e, quindi, senza elidere in radice la praticabilità del ribasso sui corrispettivi professionali, la cui determinazione non è da intendersi rigidamente vincolata a immodificabili parametri tabellari, ma la cui congruità (in termini di equilibrio sinallagmatico) rimane, in ogni caso, adeguata. In altri termini, secondo il G.A., il Codice dei contratti pubblici, tramite il subprocedimento di verifica di anomalia delle offerte, risulta apprestare meccanismi idonei ad evitare che le prestazioni professionali siano rese a prezzi incongrui, consentendo, nel contempo, alle amministrazioni di affidare gli appalti a prezzi più competitivi mente assicurata dal modulo procedimentale di verifica all’uopo codificato.

 

Il Correttivo al Codice

Stante la perdurante assenza di un orientamento chiaro, come noto, con il D.Lgs. n. 209/2024, entrato in vigore il 31 dicembre 2024, il legislatore ha introdotto, tra l’altro, disposizioni integrative e correttive all’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023. In particolare, per quanto di interesse nel presente commento, è stato soppresso il secondo periodo al comma 15 dell’art.41, che rinviava ai corrispettivi di cui al c.d. “decreto parametri”, utilizzati dalla S.A. ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base della gara di affidamento, perché poteva entrare in conflitto con i successivi commi 15-bis, 15-ter e 15-quater di nuova introduzione. Esaminando il comma 15-bis, risulta interessante già notare che l’incipit del citato comma, attribuisce risalto al principio della concorrenza, di cui all’art. 1, comma 2, primo periodo del Codice:La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”; al principio dell’equo compenso, di cui all’art. 8, comma 2, secondo periodo del Codice, così come modificato dal Correttivo:Le prestazioni d'opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione. Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l'applicazione del principio dell'equo compenso, secondo le modalità previste dall'articolo 41, commi 15-bis, 15-ter e 15-quater”. Nel prosieguo della lettura del comma 15-bis, si evince che le Stazioni appaltanti utilizzano i corrispettivi determinati secondo le modalità dell’allegato I.13, ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara per gli affidamenti pari o superiori a 140.000,00 euro, comprensivo dei compensi, nonché delle spese e degli oneri accessori, fissi e variabili. Ancorché la previsione normativa sia riferita agli affidamenti di cui all’art. 108, comma 2, lett. b) del Codice – quindi, agli affidamenti pari o superiori a 140.000,00 euro, per i quali proprio il citato art. 108, comma 2, prevede che si debba procedere ad aggiudicare sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo – il legislatore, con la novella normativa, ha voluto precisare che le Stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione – appunto – sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo i seguenti criteri:

  1. Il 65 % dell’importo a base di gara, il prezzo assume la forma di prezzo fisso, ai sensi dell’art. 108, comma 5 del Codice;
  2. Il restante 35 % dell’importo da porre a base di gara può essere assoggettato a ribasso in sede di presentazione dell’offerta. In tal caso, la S.A. definisce il punteggio relativo all’offerta economica, stabilendo un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30 %.

Il comma 15-ter, invece, richiama l’attenzione sulle disposizioni in materia di esclusione delle offerte anomale, con un rinvio espresso all’art. 54, comma 1, terzo periodo del Codice. In proposito, corre l’obbligo precisare che il rinvio riguarda proprio il procedimento di verifica di anomalia dell’offerta, con la sua struttura monofasica, secondo le regole prescritte all’art. 110, comma 2 del D.Lgs. n. 36/2023, ma non è riferito alle aggiudicazioni con il criterio del prezzo più basso di cui ai contratti di appalto di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, anche tenuto conto di quanto espresso nel successivo comma 15-quater.

Infatti, il citato comma 15-quater prevede che, per gli affidamenti diretti riferiti, quindi, ai contratti dei servizi di ingegneria e di architettura di importo inferiore a 140.000 euro, i corrispettivi, sempre determinati secondo le modalità dell’allegato I.13, possono essere ridotti in percentuale non superiore al 20 per cento.

 

L’approdo giurisprudenziale del Consiglio di Stato

La più volte richiamata sentenza Tar Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 (cfr. paragrafo “Il parere di precontenzioso ANAC e i primi giudizi innanzi al Giudice amministrativo di primo grado”) è stata poi impugnata innanzi al Consiglio di Stato. Il ricorrente ha eccepito la ricostruzione operata dal primo giudice che ha ritenuto possibile il confronto competitivo su altre componenti di prezzo, come le spese e oneri accessori, ma il compenso determinato dall’Amministrazione, ai sensi del D.M. 17 giugno 2016, deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso” il cui ribasso si risolverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa. Tra l’altro, l’appellante ha altresì eccepito il fatto che – in tal guisa – si svilirebbe il confronto concorrenziale, preteso dalla normativa euro-unitaria. La III Sezione del Consiglio di Stato (sentenza Cons. Stato, III Sez., del 27 gennaio 2025, n. 594), preliminarmente, ha chiarito il percorso normativo delineato dalla Legge n. 49/2023, ricondotto alla ratio legis di tutela del professionista intellettuale quale contraente debole nell’ambito dei rapporti negoziali. Inoltre, il Giudice amministrativo ha altresì chiarito che i due plessi normativi (Legge n. 49/2023 e D.Lgs. n. 36/2023) devono essere interpretati e applicati in modo integrato e coordinato valorizzando le rispettive rationes legis, l’una proconcorrenziale per la disciplina sui contratti pubblici, l’altra di favor del professionista intellettuale per la disciplina sull’equo compenso. Ad avviso della III Sezione del Consiglio di Stato, non vi è antinomia tra le due discipline (Codice dei contratti pubblici e legge sull’equo compenso), tanto che “la nozione di equo compenso applicabile alla contrattualistica pubblica deve essere riformulato più perspicuamente in termini di equo ribasso, nozione frutto dell’esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato posto a base di gara e minimum inderogabile evincibile dal range di flessibilità del compenso liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell’affidamento”. Venendo alla fattispecie, la III Sezione sottolinea che l’innesto rigido di un valore univoco e predeterminabile di equo compenso, prevedendo la ribassabilità solo per le spese e gli oneri, mortificherebbe la ratio proconcorrenziale e svilirebbe le opzioni di discrezionalità della Stazione appaltante per definire compiutamente la propria lex specialis. Attraverso, tale ricostruzione esegetica, il G.A. promuove e richiama la novella, sopra riprodotta, di modifica al Codice.

Venendo adesso al commento della Sentenza del Cons. Stato, Sez. V, 03 febbraio 2025, n. 844, risulta necessario comprendere la fattispecie posta all’esame del Giudice amministrativo. Si tratta di una procedura aperta indetta dall’Agenzia del Demanio per “l’affidamento del servizio di vulnerabilità sismica, diagnosi energetica e rilievi da restituire in modalità BIM per taluni beni immobili di proprietà dello Stato siti in Roma”, nell’ambito della quale, a seguito dello svolgimento del subprocedimento di verifica dell’anomalia, è stata disposta l’esclusione della ricorrente. La procedura aperta è stata indetta ai sensi dell’art. 71 del D.Lgs. n. 36/2023. Il disciplinare indicava altresì che l’importo a base di gara era stato calcolato ai sensi del decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 17 giugno 2016 - recante “Approvazione delle Tabelle dei corrispettivi commisurati a livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2026” e che, sulla base delle disposizioni dell’art. 41, comma 15, e dell’All. I.13 del d.lgs. n. 36/2023 e della l. n. 49/2023, in linea con la delibera dell’ANAC n. 343 del 20 luglio 2023, i compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, determinati in base agli artt. 2 e ss. del suddetto D.M., avrebbero dovuto considerarsi inderogabili e non ribassabili. All’esito dell’esame delle offerte economiche, la ricorrente risultava aver raggiunto il primo posto, con 95,89 punti e un ribasso del 99,90%; pertanto il RUP ha chiesto alla ricorrente di produrre i giustificativi ai sensi dell’art. 110 del d.lgs. n. 36/2023. All’esito del quale, la S.A. ha disposto l’esclusione dell’Operatore economico che, successivamente, ha promosso ricorso per l’annullamento degli atti e delle operazioni riferite alla procedura di gara. Con Sentenza del Tar Lazio, Sez. V ter, 30 aprile 2024, n. 8580, il Giudice di primo grado, respingendo il ricorso, ha ritenuto che v’era stato un adeguato contraddittorio procedimentale in fase di verifica di anomalia e che la stazione appaltante aveva ritenuto che il ribasso applicato andasse a integrale detrimento dei compensi professionali. Inoltre, il Tar ha ritenuto che la previsione della non ribassabilità dei compensi (in linea con la l. n. 49 del 2023) fosse in sé non illegittima, a fronte di una normativa che favorisce appunto la competizione al di fuori di tale elemento, in termini non contrastanti col diritto eurounitario. Né ha ravvisato un’antinomia tra l. 49 del 2023 e il Codice dei contratti pubblici.

La Sentenza del Tar Lazio, Sez. V ter, 30 aprile 2024, cit. è stata poi impugnata dall’O.e. e sottoposta all’attenzione della V Sezione del Consiglio di Stato, di cui alla sentenza in commento (Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844).

Il Giudice di secondo grado, preliminarmente, propone una ricostruzione, partendo da quanto previsto dalla lex specialis e in particolare dal fatto che il disciplinare indicava che i compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale, attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, fossero determinati in base agli artt. 2 e ss. del suddetto D.M., e avrebbero dovuto considerarsi inderogabili e non ribassabili. Sulla base dell’offerta proposta dall’Operatore economico e del procedimento a struttura “monofasica” di verifica dell’anomalia dell’offerta, avviato dalla S.A., l’O.e. è stato escluso perché l’Amministrazione aveva rilevato che il ribasso percentuale alla base d’asta finiva per intaccare la quota dei compensi professionali non ribassabili. Pertanto, la V Sezione ha ricordato che: “una volta stabilita dal disciplinare la non ribassabilità dei compensi professionali determinati a norma del d.m. 17 giugno 2016, ma emergente al contempo un costo tale da erodere in misura consistente la corrispondente voce, di fatto lo scrutinio sostanziale di sostenibilità dell’offerta non poteva che restituire un esito negativo, come coerentemente ritenuto dalla stazione appaltante”.

Nel prosieguo della narrativa della sentenza, si evince che la V Sezione – come gli altri giudici – ha affrontato il problema del rapporto tra la disciplina sull’equo compenso delle prestazioni professionali e il regime degli affidamenti dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. n. 36/2023. Preliminarmente, il G.A., partendo dall’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023, pone l’accento sul fatto che le tabelle ministeriali per la determinazione dei corrispettivi fungono da strumento per l’individuazione dell’importo da porre a base di gara e assumono carattere vincolante per le S.A. Con il D.Lgs. n. 50/2016, invece, le tabelle ministeriali venivano considerate solo come mero criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara. Nel proseguo del provvedimento, il G.A. propone inoltre un interessante confronto con le regole previste per i contratti per i quali, ai fini della determinazione dell’importo da porre a base di gara, occorre individuare i costi della manodopera (art. 41, comma 14 del Codice), scorporati dall’importo assoggettato al ribasso e della possibilità da parte dell’O.e. di dimostrare che il ribasso complessivo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale (fermo restando l’obbligo di rispettare i trattamenti salariali minimi inderogabili). Al contrario, con riferimento alle fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, si fa riferimento alla voce del corrispettivo del contratto, e quindi al suo prezzo che, ai sensi dell’art. 1, comma 2 del D.M. 17 giugno 2016, è costituito:

  1. dal compenso;
  2. dalle spese ed oneri accessori.

Alla luce di quanto sopra, il G.A. precisa che il Codice dei contratti pubblici presenta una disciplina in sé compiuta e autosufficiente in materia di corrispettivi, ivi inclusa la componente del compenso professionale, perché l’art. 41, comma 15 (ormai, previgente) del D.Lgs. n. 36 del 2023 considera le tabelle ministeriali (ai sensi dell’all. I.13, che rimanda al d.m. 17 giugno 2016) quale strumento per determinare la base d’asta (come tale ribassabile), non già per fissare minimi inderogabili di compenso. “Si inferisce da ciò che, in termini generali, le regole sull’equo compenso di cui alla legge n. 49 del 2023 non trovano diretta applicazione nell’ambito di procedure di affidamenti pubblici di servizi, e ciò anche a fronte dei diversi parametri a tal fine presi in considerazione dai due corpi normativi”. Se il Codice dei contratti pubblici si preoccupa di determinare la “base d’asta”, naturalmente soggetta a ribassi, esposta a criteri valutativi incentrati sul meccanismo del miglior rapporto “qualità/prezzo” - dunque con fisiologica riducibilità di quest’ultimo - al di fuori di logiche intese alla limitazione verso il basso (come invece accolte per le voci di costo inerenti alla manodopera), la legge sull’equo compenso mira a stabilire un importo minimo non derogabile, la cui contraria pattuizione negoziale è colpita addirittura con sanzione di nullità, pur se relativa (cfr. l’art. 3, comma 4, l. n. 49 del 2023).

La V Sezione, inoltre, sottolinea che il diverso regime normativo si riscontra anche dal tenore dell’art. 8 del Codice, laddove al comma 2, secondo periodo, del D.Lgs. n. 36 del 2023, nello stabilire che «Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso», afferma di suo un principio di massima, non già una regola di dettaglio. «Ne deriva che il “valore” sotteso alla legge sull’equo compenso è recepito dall’autonoma normativa sui contratti pubblici attraverso un apparato regolatorio autonomo, non necessitante di eterointegrazione, funzionale all’equo contemperamento tra istanze competitive, logiche di efficienza, ed esigenze equitative. Il sistema degli affidamenti dei contratti pubblici soggiace – quindi – a regole sue proprie in ordine ai corrispettivi e loro ribassabilità; il relativo controllo è rimesso peraltro alla (distinta) disciplina sull’anomalia delle offerte (art. 110 d.lgs. n. 36 del 2023; già art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016), soggetta alle diverse logiche della sostenibilità economica della complessiva proposta contrattuale; quello dell’«equo compenso» costituisce un principio generale da tener presente nelle «prestazioni d’opera intellettuale» (del quale i nuovi commi 15-bis e quater dell’art. 41 rappresentano regola applicativa di dettaglio, in tali sensi richiamati dalla disposizione che pone il principio); la legge n. 49 del 2023 non trova dunque diretta e generale applicazione al settore degli appalti pubblici; le sue previsioni inerenti al rapporto con la pubblica amministrazione (cfr., in particolare, l’art. 2, comma 3: «Le disposizioni della presente legge si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica», ma v. anche l’art. 3, comma 5, che sancisce l’impugnabilità, fra l’altro, dell’«esito della gara») vanno lette - in termini fedeli peraltro al dato testuale - quali specificamente concernenti le fattispecie dei «rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile» (art. 2, comma 1), e cioè i contratti d’opera professionale ex art. 2230 Cod. civ. veri e propri».

Cristallizzato il differente contesto normativo, il Giudice pone attenzione sul fatto che non vi è una diretta applicabilità della Legge n. 49/2023. Pertanto, la Stazione appaltante, nell’ambito della propria discrezionalità (come tra l’altro è accaduto nella fattispecie posta all’attenzione della V Sezione del Consiglio di Stato), ben può fissare regole utili per limitare la ribassabilità del corrispettivo in relazione al principio dell’equo compenso richiamato all’art. 8 del D.Lgs. n. 36/2023. Il rispetto di tale regola poi viene verificato dalla S.A. con le disposizioni codicistiche, di cui all’art. 110 del Codice. E, tale discrezionalità può essere ricondotta nell’ambito delle previsioni di cui all’art. 108, comma 2, lett. b) del Codice che non preclude alcuna modulazione in merito al rapporto qualità/prezzo (oggi però svilito dall’attuale previsione di cui all’art. 41, comma 15-bis del D.Lgs. n. 36/2023).

Conclusioni

Sulla base della sopra proposta ricostruzione normativa e interpretativa, si comprende pacificamente che il correttivo ha individuato un compromesso tra le diverse esigenze espresse sia dagli Operatori economici che dalle Amministrazioni. La questione, tuttavia, a parere dello scrivente, potrebbe interessare ulteriormente la giurisprudenza amministrativa. Infatti, secondo l’attuale tenore normativo, con riferimento agli affidamenti di cui all’articolo 108, comma 2, lett. b) del Codice, le Stazioni appaltanti hanno l’obbligo di individuare solo il 35 per cento dell’importo da porre a base di gara assoggettabile a ribasso, definendo, tra l’altro, il punteggio relativo all’offerta economica, con un tetto massimo entro il limite del 30 per cento. A parere dello scrivente, l’esclusione della formulazione del ribasso sul restante 65 per cento potrebbe corroborare l’idea di tariffe prive di flessibilità (al 65%), idonee a ridurre sensibilmente la libertà di stabilimento, di prestazione di servizi e la libera concorrenza nel mercato, anche tenuto conto alla tipologia di servizio di ingegneria e architettura da affidare. In proposito, si ritiene di ricordare che l’Adunanza della Commissione speciale del 27 novembre 2024, rilasciando il parere sullo schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”, ha precisato che gli introdotti commi 15-bis e 15-quater all’art. 41 del Codice, sembrano invero utili ad inferire che nella materia dei contratti pubblici non si applica la disciplina in materia di “equo compenso delle prestazioni professionali” di cui alla legge 21 aprile 2023, n. 49, vigendo la suesposta disciplina speciale. Inoltre, per come sopra esplicitato, con il correttivo al Codice, l’incipit dell’art. 41, comma 15-bis pone risalto al principio della concorrenza e al principio dell’equo compenso, con l’obiettivo di assicurare il necessario equilibrio tra gli stessi principi. Non viene però effettuato alcun richiamo agli altri principi previsti nella Parte I – Titolo I del Codice. Al riguardo, si vuole richiamare la Relazione illustrativa al Codice dei contratti pubblici, elaborata dal Consiglio di Stato sullo schema definitivo di Codice dei Contratti pubblici, in attuazione della Legge delega. In particolare, il Consiglio di Stato, richiamando le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 50/2016, ha focalizzato l’attenzione sul fatto che tale Codice non contiene una parte iniziale dedicata ai principi generali: «Il ruolo dei principi nel codice dei contratti subisce, così, una compressione rilevante da parte delle norme puntuali, che finiscono per erodere ambiti di discrezionalità alle amministrazioni pubbliche, indotte a considerare tali principi come valori astratti a cui deve rispondere, in via solo tendenziale, la loro azione. Il progetto di nuovo codice ha inteso, invece, dedicare una parte generale (la Parte I del Libro I) alla codificazione dei principi che riguardano l’intera materia dei contratti pubblici. Come è noto, infatti, rispetto alle altre fonti primarie la caratteristica di un codice è la sua tendenza a costituire un “sistema” normativo (ciò vale anche per la nuova codificazione cd. “di settore”; espressione approfondita dal parere dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato n. 2 del 2004). Nell’ambito di tale sistema, i principi rendono intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso al codice rispetto alla frammentarietà delle sue parti, e consentono al tempo stesso una migliore comprensione di queste, connettendole al tutto (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 7 maggio 2013, n. 13)». E, proprio nell’ambito della intellegibilità del Codice, a parere di chi scrive, forse, attraverso l’intero costrutto interpretativo svolto, in particolare, della V Sezione del Consiglio di Stato, le Stazioni appaltanti potevano semplicemente adoperarsi, senza erodere i propri ambiti di discrezionalità (a differenza dell’attuale previsione normativa, che ha introdotto limiti percentuali ai fini del ribasso in sede di presentazione delle offerte), ricorrendo a tutti i principi espressi nel Codice, volgendo poi una particolare attenzione al principio del risultatoche è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto, sia insieme con quello della fiducia nell’azione amministrativa, come criterio interpretativo delle singole disposizioni”, proprio come ricordato nella citata Relazione elaborata dal Consiglio di Stato.

Del resto, per come si evince nella fattispecie posta all’esame della V Sezione, di cui alla sentenza in commento, c’è un precedente, dove non è stata la legge a costituire la fonte della regola applicata dall’amministrazione, “bensì il disciplinare di gara, che, pur richiamandosi quale premessa alla suddetta legge (L. n. 49/2023), ha autonomamente posto (legittimamente) i limiti al ribasso nei sensi suindicati, peraltro determinandoli sulla base del d.m. 17 giugno 2016 anziché del d.m. n. 140 del 2012, cui è riconducibile il regime (e la sanzione) di cui all’art. 3, comma 1, l. n. 49 del 2023”.