Tar Toscana, Firenze, Sez. II, 20 gennaio 2025, n. 85

Nel settore dei beni culturali tutelati ai sensi del Codice dei contratti pubblici, qualora in procedure a evidenza pubblica volte all’affidamento di lavori su tali beni concorrano consorzi di cooperative, assumono rilievo per la esecuzione dei lavori, ai fini della qualificazione, il possesso dei requisiti e la qualificazione tecnica, professionale nonché economica della impresa esecutrice.

 

Pubblicato il 20/01/2025

N. 00085/2025 REG.PROV.COLL.

N. 01423/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1423 del 2024, proposto da Consorzio Italiano Costruzioni Manutenzioni e Servizi – Consital Soc. Coop. e Pro.Ge.Co. Soc. Coop. A R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in relazione alla procedura CIG B14CEEFE59, rappresentati e difesi dall'avvocato Roberto Colagrande, con domicilio come da Registri PEC di Giustizia;

contro

Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

nei confronti

per l'annullamento

- della nota del Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno prot. n. 14452 del 27.8.2024 con la quale si comunica l’esclusione del Consorzio Italiano Costruzioni Manutenzioni e Servizi – Consital Soc. Coop. dalla procedura di gara indetta per l’affidamento dei lavori sul “Convento di Sant’Agostino di Nicosia a Calci. Interventi di restauro volti alla riduzione del rischio sismico” (CUP: F97E19000370001 – CIG: B14CEEFE59);

nonché́ di ogni ulteriore atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, con particolare riguardo:

- alla nota del RUP prot. n. 14436 del 27.8.2024 con la quale è stata disposta l’esclusione di Consital Soc. Coop.;

- ai verbali e/o atti comunque denominati della Commissione di gara, richiamati nelle suindicate note, ove sarebbero stati ravvisati i presupposti per disporre l’esclusione della predetta società;

- al punto III.2.2) del bando e alle prescrizioni del disciplinare di gara laddove ritenuti ostativi all’ammissione in gara della predetta società.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2025 il dott. Marcello Faviere e udita la difesa di parte ricorrente, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno, ha indetto una procedura aperta, a lotto unico, per l’affidamento del contratto di appalto di lavori riguardanti “Convento di Sant’Agostino di Nicosia a Calci – Interventi di restauro volti alla riduzione del rischio sismico”, con bando pubblicato il 24.04.2024 ed importo complessivo pari a euro 2.921.032,70.

La lex specialis richiedeva ai concorrenti di essere qualificati nella categoria prevalente e a qualificazione obbligatoria OG2, class. IV-bis, trattandosi di lavori di restauro di beni sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali.

Il Consorzio Italiano Costruzioni Manutenzioni e Servizi – CONSITAL Soc. Coop. ha presentato domanda di partecipazione qualificandosi come consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro, ai sensi dell’art. 65, comma 2, lett b) del D.Lgs. n. 36/2023.

La stazione appaltante, con nota del 27.08.2024 (prot. n. 14442), ha comunicato al consorzio la non ammissione alla gara e la conseguente esclusione, in ragione della non adeguata qualificazione SOA (III bis in luogo di IV bis prescritta) della consorziata esecutrice (Pro.ge.co. Soc.Coop.).

2. Avverso il provvedimento di esclusione sono insorti gli interessati con ricorso notificato il 26.09.2024, ritualmente depositato avanti questo Tribunale, con il quale lamentano, in un unico articolato motivo, violazione di legge ed eccesso di potere, instando altresì per il rilascio di misure cautelari.

Per resistere al gravame si è costituito il Ministero della Cultura (il 2.10.2024) che ha depositato memoria il 4.10.2024. Ha fatto seguito il deposito di memoria dei ricorrenti (il 20.12.2024).

Con ordinanza n. 583/2024 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare.

Alla udienza pubblica del 8 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il ricorso è infondato.

4. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta violazione degli artt. 65, 67, 68, 132 e 133, e dell’artt. 24, comma 8, dell’allegato II.12 dell’art. 9, comma 4, dell’allegato II.18 del D.Lgs. n. 36/2023; dell’art. 3 e ss. della L. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti ed errore di fatto; difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza; ingiustizia manifesta.

In particolare, i ricorrenti sostengono che, avendo partecipato alla gara in forma di consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro (costituito a norma del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577), ai sensi dell’art. 65, co. 2, lett. b), d.lgs. n. 36/2023 ed essendo in possesso di SOA per la categoria OG2 – classifica VIII (che lo abilita ad eseguire lavorazioni oltre euro 15.494.000,00) avrebbe titolo a qualificarsi in quanto il regime applicabile a tali forme consortili sarebbe quello previsto all’art. 67, comma 5, del D.Lgs. n. 36/2023 che ne prevede la qualificazione in proprio.

In ogni caso, sostengono i ricorrenti, la consorziata Progeco Soc. coop., possedendo attestazione SOA per la categoria OG2 – classifica III-bis, sarebbe abilitata ad eseguire lavorazioni fino a euro 1.800.000,00 (per https://portali.giustiziaamministrativa.it/portale/pages/istituz..._fi&nrg=202401423&nomeFile=202500085_01.html&subDir=Provvedimenti Pagina 4 di 20 30/01/25, 12:44 effetto della consentita maggiorazione pari al 20%) e, in ogni caso, sarebbe in grado di eseguire le lavorazioni che direttamente si è impegnata ad eseguire, avendo optato per il subappalto del 35% della quota lavori.

I ricorrenti ritengono inoltre illegittima la specifica previsione del bando di gara (punto III.2.2., nella parte in cui dispone che “i requisiti di capacità economica e finanziaria non che tecnica professionale devono essere posseduti in proprio, pena l’esclusione, in caso di partecipazione di consorzi stabili, di consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e di consorzi tra imprese artigiane anche dalle imprese consorziate designate per l’esecuzione dei lavori”) in quanto si porrebbe in violazione delle citate disposizioni di cui agli artt. 65 e 67 del D.Lgs. n. 36/2023. Sostengono inoltre che non potrebbe trovare applicazione la peculiare disciplina di cui agli artt. 133 e 134 (nonché dell’Allegato II.18) del medesimo decreto che in nessun modo impatterebbero sulla disciplina della qualificazione dei consorzi di cooperative né si riferirebbero al regime delle SOA, quanto piuttosto al rilascio delle certificazioni spendibili ai fini delle qualificazioni in gara.

Lamentano, infine, i ricorrenti che la stessa lex specialis risulterebbe contraddittoria giacché una previsione analoga a quella recata nel bando non si ravviserebbe nel disciplinare di gara (che conterrebbe precisioni specifiche solo in caso di RTI, aggregazione di imprese di rete, e/o consorzi ordinari) al quale, in sede di chiarimenti in corso di gara, l’amministrazione ha rinviato, a fronte di un quesito posto proprio in ordine alla qualificazione dei consorzi di cooperative.

Le doglianze non colgono nel segno. Occorre premettere in punto di fatto che:

- dagli atti di gara emerge che il bando (al punto II.2.2.) prevede ai fini della qualificazione per l’esecuzione dei lavori il possesso della “Categoria prevalente OG02 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali): importo complessivo pari a € 2.921.032,70 di cui € 960.988,90 di costi della manodopera e € 283.290,02 di costi della sicurezza - Classifica di attestazione IV bis – Categoria prevalente a qualificazione obbligatoria. La categoria e classifica sopra indicata è quella relativa all’intero progetto, che dovrà essere posseduta dai concorrenti per partecipare alla selezione ed eseguire l’appalto”;

- è pacifico tra le parti, come emerge dalla documentazione di gara, che il consorzio ricorrente abbia partecipato alla gara individuando la Progeco s.coop. quale esecutrice delle opere oggetto dell’appalto e che quest’ultima sia in possesso della qualifica inferiore, sopra indicata;

- il bando prevede, al punto III.1.2. che “III.1.2) Forma giuridica dell’operatore economico aggiudicatario dell’appalto: In conformità dell’art. 65 del D. Lgs. 36/2023 e s.m.i. e dell’Allegato I.1 della stessa legge, sono ammessi a partecipare alla gara tutti i soggetti ivi previsti, nel rispetto delle prescrizioni ivi disposte e delle ulteriori condizioni previste nel presente bando e nel disciplinare di gara [...]”; al punto III.2.2. (Requisiti di capacità tecnica e finanziaria richiesti per l’ammissione alla procedura di affidamento) che “I requisiti di partecipazione, le capacità tecnica ed economica sono stabiliti in conformità agli artt. 67, 68 e 100 del D. Lgs. 36/2023 e s.m.i. e secondo quanto disciplinato dall’Allegato II.2 della stessa legge. Per essi si rinvia al disciplinare per i dettagli. Ai sensi del combinato disposto per gli articoli 67 e 68 del codice, i requisiti di capacità economica e finanziaria nonché tecnica professionale devono essere posseduti in proprio, pena l’esclusione, in caso di partecipazione di consorzi stabili, di consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e di consorzi tra imprese artigiane anche dalle imprese consorziate designate per l’esecuzione dei lavori. Tanto in considerazione della particolare specificità del settore dei Beni Culturali, caratterizzati da una specifica delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi in quanto beni testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse altior nella gerarchia dei valori in gioco (art.9 della Costituzione) per i quali l’art. 36 del TFUE consente esplicitamente una compressione del principio di concorrenzialità allorquando la stessa sia sorretta da giustificati motivi e, in aderenza a quanto operativamente previsto dall’art 9 comma 4 dell’Allegato II.18 del Codice dei Contratti, si applica per l’appalto in questione il regime speciale dei BB.CC. di qualificazione in proprio del cosiddetto divieto di cumulo alla rinfusa. Pertanto l’Operatore Economico che esegue i lavori deve essere dotato in proprio di una qualificazione specialistica al fine di assicurare effettiva ed adeguata tutela del bene culturale oggetto dell’intervento. La finalità di tale principio è quella di evitare che l’intervento sui BB.CC. sia eseguito da soggetti privi di qualificazione a prescindere dall’esistenza di un soggetto che ne assume la responsabilità nei confronti dell’Amministrazione. Si tratta di un profilo che attiene alla funzione della tutela dei BB.CC. che giustifica sul piano della comparazione dei valori anche una limitazione delle regole della concorrenzialità̀, con il suo portato del favor partecipationis”.

Nello scrutinio delle censure occorre partire, in quanto aventi priorità logica e giuridica, da quelle afferenti alla lamentata illegittimità delle riportate previsioni della lex specialis di gara.

In primo luogo non persuade la tesi dei ricorrenti secondo cui la peculiare previsione della lex specialis, sopra riportata, potrebbe trovare applicazione per altre forme consortili, quali i consorzi stabili (per i quali vige la regola del “cumulo alla rinfusa” dei requisiti e che nel settore dei beni culturali sarebbe vietato), ma non per i consorzi di società cooperative di produzione e lavoro, che godrebbero, in quanto tali, di uno speciale sistema di qualificazione giuridica, prevalente anche nell’ambito dei lavori di cui alla categoria OG02.

La previsione della disciplina del bando, maggiormente stringente in punto di libertà partecipativa rispetto al regime di qualificazione di cui all’art. 67 invocato dai ricorrenti, è stata giustificata dalla stazione appaltante con la finalità di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettivamente e materialmente eseguito da soggetti privi di qualificazione a prescindere dall’esistenza di un soggetto collettivo che se ne assuma la formale responsabilità nei confronti dell’Amministrazione.

Tale argomentazione, secondo l’Amministrazione, giustifica la decisione escludente nella misura in cui il Consorzio, pur considerandosi unico concorrente formale in possesso dei requisiti di qualificazione, non dichiari di eseguire in proprio le lavorazioni e decida autonomamente di affidarle ad una consorziata che non possieda la qualificazione completa e che si avvale, peraltro, anche della facoltà di subappalto (per una quota del 35% dei lavori).

Il Collegio evidenzia e concorda con la ricostruzione giuridica e giurisprudenziale recata nel ricorso con riferimento alla peculiarità della qualificazione del consorzio di cooperative nelle gare pubbliche.

Il codice dei contratti pubblici, infatti, prevede in via generale, per i consorzi di cooperative e produzione lavoro, un regime molto particolare di qualificazione che si potrebbe definire “in proprio”, ai sensi dell’art. 67, comma 5, D. Lgs. n. 36/2023 (il quale, nella versione vigente all’epoca dei fatti, dispone che “I consorzi di cooperative e i consorzi tra imprese artigiane possono partecipare alla procedura di gara, fermo restando il disposto degli articoli 94 e 95, utilizzando requisiti propri e, nel novero di questi, facendo valere i mezzi nella disponibilità delle consorziate che li costituiscono”).

Ciò in ragione del peculiare rapporto che lega, in siffatta figura consortile, le singole cooperative all’organizzazione comune, dotata di personalità giuridica, della quale risulterebbero essere mere articolazioni organizzative (o corporis).

Già nei lavori preparatori del codice si legge che tale disposizione si giustifica con il fatto che il consorzio di cooperative ha personalità giuridica che rende improponibile l’enucleazione di una posizione distinta delle cooperative rispetto al consorzio, che deve essere in possesso dei requisiti generali e dei requisiti di qualificazione, potendo mutuare i mezzi anche dalle consorziate, così come affermato dalla giurisprudenza (richiamando a tale scopo Cons. Stato, Ad. plen., n. 14/2013 e Cons. Stato, sez. V, 2/09/2019 n. 6024).

Come riconosciuto dalla giurisprudenza citata nel ricorso, in un consorzio di cooperative, costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, l’attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi.

Tale regime si spiega in ragione del peculiare regime dei consorzi di cooperative già illustrato, il quale parte proprio dal presupposto che tale soggetto collettivo partecipi ed esegua le prestazioni oggetto di gara in proprio, potendosi avvalere operativamente dei mezzi delle proprie consorziate, potendo affidare loro singole lavorazioni (il che non costituisce subappalto, ai sensi dell’art. 67, comma 4, D.lgs. n. 36/2023) e spendendo una qualificazione maturata in proprio.

Proprio tale autonoma soggettività ha giustificato storicamente anche la possibilità di designare una nuova cooperativa come esecutrice ove, per motivi sopravvenuti, la prima designata non fosse in condizione di svolgere la prestazione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 20/05/2013 n. 14). Tale ricostruzione risponde al quadro normativo oggi riportato agli artt. 65 e 67, D.lgs. 36/2023 e costituisce il regime ordinario di qualificazione dei consorzi di cooperative nelle gare pubbliche.

Lo scenario di riferimento però muta nell’ambito delle gare relative ai lavori sui beni culturali.
Non persuade la tesi di parte ricorrente secondo cui le stesse previsioni della lex specialis in commento non sarebbero legittimate dal vigente quadro normativo (in particolare dagli artt. 133 e 134, D.lgs. n. 36/2023), operando per i consorzi di cooperative unicamente il regime della qualificazione in proprio di cui all’art. 67, comma 5, D.lgs. n. 36/2023.

Il Titolo III del D.Lgs. n. 36/2023-Codice dei contratti pubblici prevede un regime speciale per i contratti concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

In tema di qualificazione degli operatori economici sono previste alcune peculiarità.

Viene innanzitutto fissato il generale divieto di avvalimento di cui all’art. 104 del Codice dall’art. 132, comma 2.
Il successivo art. 133 (recante Requisiti di qualificazione) dispone che “per i lavori di cui al presente Titolo, i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori e dei direttori tecnici, nonché i livelli e i contenuti della progettazione e le modalità del collaudo sono individuati nell'allegato II.18”.

L’allegato II.18, al Titolo II, reca una speciale disciplina in ordine ai requisiti di qualificazione degli esecutori di lavori riguardanti i beni culturali. Agli artt. 7 e 8 sono individuati speciali elementi di qualificazione in ordine alla idoneità professionale e alla capacità tecnica (prevedendo una specifica disciplina per i requisiti della direzione tecnica, per l’elemento esperienziale e per gli organici in cui devono essere presenti restauratori, collaboratori restauratori ed archeologi in quote e percentuali diversificate a seconda delle categorie di lavorazione).

L’art. 9 reca una speciale disciplina della certificazione e della imputazione dei lavori eseguiti. È previsto, al comma 4, che “i lavori possono essere utilizzati ai fini di cui all'articolo 7 solo se effettivamente eseguiti dall’impresa, anche se eseguiti in qualità di impresa subappaltatrice. L'impresa appaltatrice non può utilizzare ai fini della qualificazione i lavori affidati in subappalto”.

Tale previsione è omologa a quella recata all’art. 146 del precedente codice di cui al D.Lgs. n. 50/2016 (che ai commi 2 e 3 così recitava: “2. I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti. Il loro utilizzo, quale requisito tecnico, non è condizionato da criteri di validità temporale. 3. Per i contratti di cui al presente capo, considerata la specificità del settore ai sensi dell'articolo 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, non trova applicazione l'istituto dell'avvalimento, di cui all'articolo 89 del presente codice”). Tradizionalmente, infatti, nel settore dei beni culturali la disciplina dei contratti pubblici pone un ineliminabile rapporto tra concreta esecuzione dei lavori e relativa qualificazione, che si traduce nel fatto che soltanto l’operatore effettivamente qualificato per i lavori di una determinata categoria è abilitato all’esecuzione materiale degli stessi. Nell’ambito delle partecipazioni in forma aggregata o consortile tale regola è storicamente servita ad escludere l’applicabilità̀ del cd. cumulo alla rinfusa dei requisiti (cfr. ex multis Cons. giust. amm. Sicilia, 22/01/2021, n. 49).

Tale regola, secondo la giurisprudenza, è da “intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica” (T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. I, 22/07/2022, n. 1373).

Il testo della disposizione di cui al citato art. 9 dell’allegato II.18 è chiaro nel riferirsi alla “impresa”, vale a dire all’istituto organizzativo “di base” di cui all’art. 65 del Codice.

La ratio della disposizione, pertanto, è chiaramente quella di fornire indicazioni valide per tutti gli operatori economici a prescindere dalla loro appartenenza o meno ad organizzazioni consortili, di rete o altre forme aggregate.

Il richiamo alla “impresa” non può essere ricondotto a quello più generico di “operatore” (in questo senso la previsione dell’attuale codice è più netta di quella contenuta nella citata omologa previsione del D.Lgs. n. 50/2016, sopra riportata).

Nel settore dei beni culturali, in altri termini, rileva il possesso dei requisiti e la qualificazione tecnica, professionale nonché economica della impresa esecutrice e non dell’entità giuridica che formalmente assume le vesti di operatore concorrente o di soggettività rilevante ai fini della partecipazione in gara.

Nel settore dei beni culturali, pertanto, ai sensi dell’art. 134 e dell’allegato II.8, la disciplina della qualificazione, in caso di consorzi, fa riferimento alle imprese consorziate che li compongono e non alla struttura consortile (che formalmente assume la veste di operatore concorrente), a prescindere dalla relativa tipologia o dalla loro configurazione.

Ciò, quindi, vale anche nel caso dei consorzi di cooperative e tale previsione è del tutto compatibile con la circostanza, prevista dall’ordinamento e confermata dalla giurisprudenza, che in caso di partecipazione a gara di tale tipologia di consorzio, l’operatore economico che assume le vesti di controparte nel rapporto con l’amministrazione è il consorzio e non la singola impresa consorziata. Tale ricostruzione, infatti, è in linea e non in contrasto con la giurisprudenza citata nel ricorso, secondo cui “le società cooperative consorziate si caratterizzano, dunque, per il fatto che, allo scopo mutualistico della cooperativa, si somma la funzione, anch'essa mutualistica, del consorzio e, per tale motivo, esse sono comunemente qualificate come società cooperative “di secondo grado”. Tale peculiare natura conferisce ai consorzi di cooperative totale autonomia dalle imprese consorziate, derivando dal riconoscimento della personalità giuridica fondamentali corollari sul piano organizzativo e funzionale. Le consorziate, infatti, finché perdura il vincolo consortile, operano quali

meri interna corporis di un soggetto autonomo e distinto, appunto il consorzio di cooperative, unico soggetto al quale l'ordinamento riconosce rilevanza ed efficacia giuridica in via autonoma dalle figure soggettive che lo compongono. Di qui la particolare disciplina pubblicistica alla quale sono assoggettati i consorzi di cooperative, attraverso penetranti controlli e vigilanza pubblica dal momento della nascita, a quello della loro operatività e fino alla estinzione” (Cons. Stato, Sez. VII, 11.4.2024, n. 3332).

Ciò dipende, evidentemente, dalla peculiarità del settore di intervento (lavori sui beni culturali) e dei requisiti tecnico professionali spesi per la qualificazione, meglio descritti all’art. 7 dell’allegato in commento (e sopra indicati) che, a differenza di quanto accade in altri settori di lavorazione, non possono che qualificare la professionalità, l’esperienza e la capacità dell’organizzazione con riferimento alla singola impresa che sostanzialmente svolge le prestazioni e non alla organizzazione consortile.

Questo spiega la differenza con la previsione recata all’allegato II.12 che, per la generalità delle lavorazioni (diverse quindi da quelle sui beni culturali), ritiene le lavorazioni svolte imputabili al consorzio o al consorziato esecutore sulla base di una volontaria scelta deliberata in seno all’organizzazione del consorzio stesso (dispone l’art. 24, comma 8, che “ai fini della qualificazione, l'importo dei lavori appaltati al consorzio di imprese artigiane, al consorzio di cooperative e al consorzio stabile è attribuito, sulla base di una deliberazione del consorzio stesso, al consorzio ed eventualmente al consorziato esecutore secondo le modalità previste dall'articolo 23, comma 1, lettera b)”). Così come l’imputazione dei lavori, in via ordinaria, può essere attribuita

al consorzio o al consorziato (anche per i consorzi di cooperative), nell’ambito dei lavori sui beni culturali l’ordinamento non distingue tra le diverse forme di consorzio, accomunandoli nella speciale disciplina della qualificazione di cui al citato art. 9 dell’allegato II.18, così come richiamato dall’art. 134 del Codice.

Non è condivisibile la ricostruzione di parte ricorrente che individua nella peculiare disciplina riservata ai consorzi di cooperative di cui all’art. 67, comma 5, del Codice una norma speciale in grado di derogare alla disciplina generale di cui all’art. 9 dell’Allegato II.18. Il rapporto è casomai inverso: è la disciplina di cui all’Allegato II.18 a costituire norma speciale in grado di derogare alle previsioni generali di cui all’art. 67 e all’Allegato II.12.

A ciò si aggiunga che il D.Lgs. n. 36/2023, nella versione applicabile ai fatti di causa, non reca più l’obbligo per i consorzi di cooperative di indicare la consorziata preaffidataria per la quale lo stesso concorre (come già previsto al richiamato art. 47, comma 7 del D.Lgs. n. 50/2016). L’art. 67, comma 4, del D.Lgs. n. 36/2023 oggi dispone che l’obbligo di indicazione delle consorziate esecutrici ricada solo in capo ai consorzi stabili.

Ciò ovviamente non vieta che il consorzio di cooperative possa indicare una delle proprie cooperative come esecutrice materiale dei lavori, come avvenuto nel caso di specie. Tale facoltà, però, laddove esercitata, assume chiaramente un valore negoziale significativo diverso rispetto al passato, nel senso che, non avendo valore per i profili formali di ammissione alla gara, non può che indicare l’intenzione di affidarsi ad un soggetto consorziato comunque in possesso della capacità tecnica di svolgere le lavorazioni appaltate.

Da quanto precede, quindi, consegue che la previsione del bando sopra illustrata (secondo cui “i requisiti di capacità economica e finanziaria nonché tecnica professionale devono essere posseduti in proprio, pena l’esclusione, in caso di partecipazione di consorzi stabili, di consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e di consorzi tra imprese artigiane anche dalle imprese consorziate designate per l’esecuzione dei lavori”) risulta in linea con le peculiari disposizioni dettate dal D.Lgs. n. 36/2023 in materia di lavori nel settore dei beni culturali (artt. 133 e 134).

Passando alle ulteriori censure, a nulla rileva il fatto che la consorziata Progeco Soc. coop. possieda attestazione SOA per la categoria OG2 – classifica III-bis e sarebbe abilitata ad eseguire lavorazioni fino a euro 1.800.000,00 (per effetto della consentita maggiorazione pari al 20%), giacché l’importo dei lavori, come risultante dal bando e sopra indicato, risulta nettamente superiore. Ugualmente non rileva il fatto che tale classifica sarebbe sufficiente a coprire la quota delle lavorazioni al netto della parte subappaltabile (pari al 35%). Come evidenziato in giurisprudenza, infatti l’obbligo di qualificazione riferito alla singola impresa è da intendersi riferito “non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica”, di modo che, quando un’impresa consorziata sia qualificata per eseguire lavori sino ad un importo massimo (incrementato di un quinto ex art. 61 del D.P.R. n. 207 del 2010), non può, nel settore dei beni culturali, eseguire lavori eccedenti tale importo” (T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. I, 22/07/2022, n. 1373).

Anche le censure di contraddittorietà interna alla lex specialis di gara non persuadono.

La ricorrente sostiene che una previsione analoga a quella recata nel bando non si ravviserebbe nel disciplinare di gara (che conterrebbe precisioni specifiche solo in caso di RTI, aggregazione di imprese di rete, e/o consorzi ordinari) alla quale, in sede di chiarimenti in corso di gara, l’amministrazione ha rinviato a fronte di un quesito posto proprio in ordine alla qualificazione dei consorzi di cooperative.

Il bando di gara prescrive che “i requisiti di capacità economica e finanziaria non che tecnica professionale devono essere posseduti in proprio, pena l’esclusione, in caso di partecipazione di consorzi stabili, di consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e di consorzi tra imprese artigiane anche dalle imprese consorziate designate per l’esecuzione dei lavori. Tanto in considerazione della particolare specificità del settore dei Beni Culturali [...]”.

È onere del concorrente interpretare le disposizioni del bando e del disciplinare in modo coerente e unitario e, in caso di lacune o addirittura di contrasto tra la lettera del bando e quella del suo allegato, quale è il disciplinare, devono prevalere le disposizioni del primo. Tale assunto è oggi stato versato nella disposizione di cui all’art. 82 del D.Lgs. n. 36/2023 (il quale così recita: “costituiscono documenti di gara, in particolare: a) il bando, l’avviso di gara o la lettera d’invito; b) il disciplinare di gara; c) il capitolato speciale; d) le condizioni contrattuali proposte. 2. In caso di contrasto o contraddittorietà tra le disposizioni contenute nei documenti di cui al comma 1 prevalgono quelle inserite nel bando o nell'avviso di gara”).

La previsione del bando inoltre deve essere letta tutta nella sua interezza, per cui anche se nello stesso paragrafo è recato il riferimento alla “conformità agli artt. 67, 68 e 100 del D. Lgs. 36/2023 e s.m.i. e secondo quanto disciplinato dall’Allegato II.2 della stessa legge” nonché il richiamo al “divieto di cumulo alla rinfusa” (che per prassi e giurisprudenza costante richiamano la disciplina dei consorzi stabili), è pacifica e lineare la volontà finale dell’amministrazione di richiedere, a pena di esclusione, che in caso di partecipazione di consorzi stabili, di consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e di consorzi tra imprese artigiane i requisiti speciali (ricavabili ovviamente dalle SOA) siano posseduti anche dalle imprese consorziate designate per l’esecuzione dei lavori.

Ciò è chiarito dal tenore letterale della previsione del bando che evidenzia che tale specifica disciplina della qualificazione è dettata in “considerazione della particolare specificità del settore dei Beni Culturali, caratterizzati da una specifica delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi in quanto beni testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse altior nella gerarchia dei valori in gioco (art.9 della Costituzione) per i quali l’art. 36 del TFUE consente esplicitamente una compressione del principio di concorrenzialità allorquando la stessa sia sorretta da giustificati motivi e, in aderenza a quanto operativamente previsto dall’art 9 comma 4 dell’Allegato II.18 del Codice dei Contratti, si applica per l’appalto in questione il regime speciale dei BB.CC. di qualificazione in proprio del cosiddetto divieto di cumulo alla rinfusa” ... “in caso di partecipazione di consorzi stabili, di consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e di consorzi tra imprese artigiane anche dalle imprese consorziate designate per l’esecuzione dei lavori”.

Risulta pertinente, peraltro, anche il richiamo all’art. 36 del TFUE, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, giacché anche il

legislatore ha avuto modo di utilizzare tale riferimento per giustificare le restrizioni alla tutela della libera concorrenza (cfr. art. 146, comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016, sopra riportato, nonché il vigente art. 132, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023).

Da quanto precede consegue la legittimità del provvedimento della stazione appaltante che ha escluso la ricorrente in quanto l’impresa indicata come consorziata esecutrice non sia risultata in possesso della qualifica, dimostrata attraverso la attestazione SOA, adeguata per categoria e classifica agli importi e alle lavorazioni oggetto del bando.

È appena il caso di evidenziare che a nulla rileva il fatto che la Progeco soc. cop. abbia conseguito, in data 23.10.2024, una nuova attestazione SOA riferita alla categoria OG2 nella classifica V (superiore a quella prescritta in sede di gara e che la abilita ad eseguire lavori fino a euro 5.165.000,00, cfr. doc. n. 14 di parte ricorrente) poiché ciò è avvenuto successivamente alla scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione.

Il motivo di ricorso è pertanto infondato.

5. Il ricorso nel suo complesso è infondato e deve pertanto essere respinto.

6. Le spese di lite possono essere compensate, in considerazione della complessità e novità delle questioni.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe

proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Cacciari, Presidente

Katiuscia Papi, Primo Referendario

Marcello Faviere, Primo Referendario, Estensore

 

Guida alla lettura

Nella sentenza in commento il Tar Toscana è chiamato a confrontarsi con la quaestio iuris se, ai fini della qualificazione, per l’esecuzione di lavori su beni culturali abbiano rilievo il possesso dei requisiti e la qualificazione tecnica, professionale nonché economica della entità giuridica che formalmente assume le vesti di operatore concorrente o di soggettività rilevante per la partecipazione alla gara pubblica ovvero della impresa esecutrice.

Nel pronunciarsi sulla questione poc’anzi delineata il Tribunale Amministrativo Regionale condivide la ricostruzione giuridica e giurisprudenziale, prospettata nel ricorso introduttivo del giudizio cui la sentenza ha riguardo, in ordine alle peculiarità della qualificazione del consorzio di cooperative nelle procedure a evidenza pubblica.

Il punto di partenza della ricostruzione è l’analisi del regime ordinario di qualificazione dei consorzi di cooperative nelle gare pubbliche. Più precisamente, la considerazione che il Codice dei contratti pubblici per i consorzi di cooperative e produzione lavoro contempla in via generale un regime alquanto peculiare di qualificazione, che si potrebbe definire “in proprio” ex art. 67, comma 5, D.lgs. n. 36/2023. Tale disposizione, nella versione vigente all’epoca dei fatti per cui è causa, dispone infatti che: “I consorzi di cooperative e i consorzi tra imprese artigiane possono partecipare alla procedura di gara, fermo restando il disposto degli articoli 94 e 95, utilizzando requisiti propri e, nel novero di questi, facendo valere i mezzi nella disponibilità̀ delle consorziate che li costituiscono”. E tanto in ragione del particolare rapporto organico che nella figura consortile de qua lega le singole cooperative consorziate all’organizzazione comune, dotata di personalità giuridica, della quale risulterebbero essere mere articolazioni organizzative o interna corporis.

Seguono talune considerazioni svolte dal Tar.

  1. Già nei lavori preparatori del Codice tale disposizione rinveniva la propria ratio nella personalità giuridica di cui è munito il consorzio di cooperative, la quale rende improponibile enucleare una posizione delle cooperative distinta rispetto a quella del consorzio, che deve essere in possesso dei requisiti generali e dei requisiti di qualificazione, potendo mutuare i mezzi anche dalle consorziate, come sostenuto dalla giurisprudenza[1].
  2. Il peculiare regime che connota i consorzi di cooperative muove proprio dal presupposto che il suddetto soggetto collettivo partecipa ed esegue le prestazioni oggetto di gara in proprio, potendosi avvalere dei mezzi delle proprie consorziate, affidare loro singole lavorazioni – senza che ciò costituisca subappalto ex art. 67, comma, 4 D.lgs. n. 36/2023 - e spendendo una qualificazione maturata in proprio.
  3. Storicamente detta autonoma soggettività ha legittimato altresì la possibilità di designare una nuova cooperativa quale esecutrice ove, per motivi sopravvenuti, la prima designata non fosse in condizione di eseguire la prestazione[2].
  4. Il riconoscimento della personalità giuridica reca con sé la imputazione organica dell’attività compiuta dalle consorziate in capo al consorzio di cooperative, costituito a norma della disciplina introdotta dalla Legge 25 giugno 1909, n. 422, dal Regio decreto 12 febbraio 1911, n. 278 e dal Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 14 dicembre 1947, n. 1577 (c.d. legge Basevi)[3], quale unico e autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi[4]. A tale riguardo giova rammentare che l’art. 1 della Legge n. 422/1909 istituisce una figura peculiare connotata da una precisa finalità, prevedendo che “le società cooperative di produzione e lavoro legalmente costituite possono riunirsi in consorzio per assumere in tutte le parti del Regno appalti di opere pubbliche dello Stato e degli enti morali”, e il successivo art. 4 prevede che “Il consorzio di cooperative costituisce persona giuridica e soggiace alle norme del codice di commercio per le sue operazioni commerciali e per tutti gli effetti che ne derivano”.

La prefata ricostruzione, fatta propria dal Tar Toscana, risponde al quadro normativo oggi contemplato negli artt. 65 e 67 del D.lgs. 36/2023 e delinea il regime ordinario di qualificazione dei consorzi di cooperative che concorrano in gare pubbliche.

Ben differente è il panorama normativo di riferimento nel contesto delle gare aventi ad oggetto lavori inerenti a beni culturali.

Il Titolo III del D.lgs. n. 36/2023 detta un regime speciale per i “Contratti nel settore dei beni culturali”, laddove i “beni culturali” oggetto di contratti pubblici sono definiti nell’art. 133 del vigente Codice mediante un rinvio recettizio ai beni individuati e tutelati dal Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Nel presente Titolo sono previste talune peculiarità in tema di qualificazione degli operatori economici partecipanti a procedure ad evidenza pubblica.

  • L’art. 132, comma 2 del Codice conferma il principio della esclusione dell’applicazione dell’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 104, previsto dal previgente art. 146, comma 3, D.lgs. n. 50/2016. Peraltro, la pronuncia della Corte costituzionale 11 aprile 2022, n. 91 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all’art. 146 confermando la legittimità della previsione del predetto divieto, precisando così la ratio del divieto: “L’intenzione della norma è assicurare che i lavori vengano direttamente eseguiti da chi abbia la specifica qualificazione richiesta, nonché mezzi e risorse necessari a preservare una tale categoria di beni. La finalità del divieto è, dunque, quella di rafforzare la tutela dei beni culturali oggetto dei contratti regolati dal Capo III, Titolo VI, Parte II del Codice dei Contratti Pubblici” (“Considerando in diritto”, punto 8.1.).
  • L’art. 133, dedicato ai “Requisiti di qualificazione”, per lavori relativi ai contratti concernenti beni culturali opera un rinvio alla disciplina di fonte regolamentare ai fini della determinazione dei requisiti dei soggetti esecutori e dei direttori tecnici, dei livelli e contenuti della progettazione e delle modalità del collaudo. La normativa regolamentare è contenuta nel Titolo II, Capi I e II, articoli da 4 a 11 dell’Allegato II.18 del Codice, che rubricato “Qualificazione dei soggetti, progettazione e collaudo nel settore dei beni culturali”, reca nel Titolo II una speciale disciplina dei requisiti di qualificazione degli esecutori di lavori afferenti a beni culturali.
  • Negli artt. 7 e 8 l’Allegato individua requisiti specifici di qualificazione in ordine alla idoneità professionale e alla capacità tecnica, prevedendo una normativa ad hoc per i requisiti della direzione tecnica, per l’elemento esperienziale e per gli organici in cui devono essere presenti restauratori, collaboratori restauratori e archeologi in quote e percentuali diversificate in ragione delle categorie di lavorazione.
  • L’art. 9 reca una disciplina speciale della certificazione e della imputazione dei lavori eseguiti. Prevede nel comma 4 che: “I lavori possono essere utilizzati ai fini di cui all’articolo 7 solo se effettivamente eseguiti dall’impresa, anche se eseguiti in qualità̀ di impresa subappaltatrice. L’impresa appaltatrice non può utilizzare ai fini della qualificazione i lavori affidati in subappalto”. Tale previsione è omologa a quella recata all’art. 146 del precedente Codice, che nei commi 2 e 3 stabiliva testualmente: “2. I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti. Il loro utilizzo, quale requisito tecnico, non è condizionato da criteri di validità̀ temporale. 3. Per i contratti di cui al presente capo, considerata la specificità̀ del settore ai sensi dell’articolo 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, non trova applicazione l’istituto dell’avvalimento, di cui all’articolo 89 del presente codice”.

Tradizionalmente, nel settore dei beni culturali, la normativa dei contratti pubblici pone un ineliminabile rapporto tra concreta esecuzione dei lavori e relativa possibilità di utilizzazione ai fini della qualificazione, che si traduce nel riconoscimento dell’abilitazione all’esecuzione materiale dei lavori di una determinata categoria solo in capo all’operatore effettivamente qualificato per gli stessi.

Nell’ambito delle partecipazioni in forma aggregata o consortile tale regola è storicamente valsa a escludere l’applicabilità del meccanismo del cd. “cumulo alla rinfusa” dei requisiti[5]. Peraltro, tale regola, secondo la giurisprudenza è da “intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè̀ alla classifica[6].

La previsione di cui all’art. 9 dell’Allegato II.18 ha riguardo chiaramente alla “impresa”, ossia all’istituto organizzativo “di base” di cui all’art. 65 del Codice. La ratio della disposizione è dunque ravvisabile nell’intento del legislatore di fornire indicazioni valide per tutti gli operatori economici, in disparte la loro appartenenza o meno a organizzazioni consortili, di rete o altre forme aggregate.

Ad avviso del Tar, il richiamo alla “impresa” non può dunque essere ricondotto a quello più generico di “operatore. In questo senso, la previsione dell’attuale Codice è più chiara e netta rispetto a quella contenuta nella citata omologa previsione del previgente Codice. Nel settore dei beni culturali, detto altrimenti, a rilevare ai fini della qualificazione sono il possesso dei requisiti e la qualificazione tecnica, professionale nonché economica della impresa esecutrice e non dell’entità giuridica che formalmente assume le vesti di operatore concorrente o di soggettività rilevante ai fini della partecipazione in gara.

Il Tar perviene dunque alla conclusione che nel settore de quo, ai sensi dell’art. 133 e dell’Allegato II.8, la disciplina della qualificazione in caso di consorzi ha riguardo alle imprese consorziate che li compongono e non alla struttura consortile - che formalmente assume la veste di operatore concorrente - a prescindere dalla relativa tipologia o dalla configurazione. Il che vale altresì in ipotesi di consorzi di cooperative e tale previsione è compatibile con la circostanza, prevista dall’ordinamento e avallata dalla giurisprudenza, che in ipotesi di partecipazione a gara di siffatta tipologia di consorzio l’operatore economico che assume le vesti di controparte nel rapporto con l’Amministrazione è il consorzio, non la singola impresa consorziata.

Tale ricostruzione, a suo avviso, si pone in linea con la giurisprudenza menzionata nel ricorso introduttivo del presente giudizio, secondo cui “le società cooperative consorziate si caratterizzano, dunque, per il fatto che, allo scopo mutualistico della cooperativa, si somma la funzione, anch’essa mutualistica, del consorzio e, per tale motivo, esse sono comunemente qualificate come società cooperative “di secondo grado”. Tale peculiare natura conferisce ai consorzi di cooperative totale autonomia dalle imprese consorziate, derivando dal riconoscimento della personalità̀ giuridica fondamentali corollari sul piano organizzativo e funzionale. Le consorziate, infatti, finché perdura il vincolo consortile, operano quali meri interna corporis di un soggetto autonomo e distinto, appunto il consorzio di cooperative, unico soggetto al quale l’ordinamento riconosce rilevanza ed efficacia giuridica in via autonoma dalle figure soggettive che lo compongono. Di qui la particolare disciplina pubblicistica alla quale sono assoggettati i consorzi di cooperative, attraverso penetranti controlli e vigilanza pubblica dal momento della nascita, a quello della loro operatività̀ e fino alla estinzione”[7]. Il che pare dipendere dalla peculiarità del settore di intervento - lavori sui beni culturali - e dei requisiti tecnico professionali spesi per la qualificazione, descritti nell’art. 7 dell’Allegato II.8, che, a differenza di quanto accade in altri settori di lavorazione, non possono che qualificare la professionalità, l’esperienza e la capacità dell’organizzazione con riferimento alla singola impresa che sostanzialmente svolge le prestazioni e non alla organizzazione consortile.

Si spiega così la differenza con la previsione recata all’Allegato II.12 che, per la generalità delle lavorazioni, imputa le lavorazioni svolte al consorzio o al consorziato esecutore sulla base di una volontaria scelta deliberata in seno all’organizzazione del consorzio stesso: l’art. 24, comma 8 dispone infatti che: “Ai fini della qualificazione, l’importo dei lavori appaltati al consorzio di imprese artigiane, al consorzio di cooperative e al consorzio stabile è attribuito, sulla base di una deliberazione del consorzio stesso, al consorzio ed eventualmente al consorziato esecutore secondo le modalità̀ previste dall’articolo 23, comma 1, lettera b)”.

Se è vero che l’imputazione dei lavori in via ordinaria può essere attribuita al consorzio o al consorziato – anche per i consorzi di cooperative –, è parimenti vero che nell’ambito dei lavori su beni culturali l’ordinamento non discrimina le varie figure di consorzio ma le sottopone tutte alla speciale normativa della qualificazione di cui all’art. 9 dell’Allegato II.18, richiamato dall’art. 133 del vigente Codice dei contratti pubblici.

 

[1] Richiamando a tale fine Cons. Stato, Ad. plen., 20 maggio 2013, n. 14 e Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2019, n. 6024. Si rammenta, nel dettaglio, che la Plenaria ha illustrato come il rapporto tra il consorzio di cooperative e le consorziate esecutrici si dispieghi giuridicamente precisando che “il consorzio fra società di cooperative di produzione e di lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, può partecipare alla procedura di gara utilizzando i requisiti suoi propri e, nel novero di questi, facendo valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative che costituiscono, ai fini che qui rilevano, articolazioni organiche del soggetto collettivo, ossia suoi interna corporis. Il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella incaricata dell’esecuzione dei lavori, infatti, è tale che l’attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi”. Che la ratio che sorregge la costituzione di detti consorzi è infatti l’incentivazione della mutualità, favorendo, “grazie alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole imprese, la partecipazione a procedure di gara di cooperative che, isolatamente considerate, non sono in possesso dei requisiti richiesti o, comunque, non appaiono munite di effettive chances competitive”, e inoltre che si consente “al Consorzio concorrente ed aggiudicatario di avvalersi delle prestazioni di un’impresa cooperativa in esso associata e specificamente designata in sede di gara; e, in tal caso, l’impresa indicata può eseguire i lavori pur essendo priva, per le ragioni dianzi indicate, dei requisiti di qualificazione tecnica; ma non anche, a quest’ultima, di avvalersi di un’ulteriore impresa – a sua volta, in essa associata – altrimenti potendosi innescare un meccanismo di designazioni a catena destinato a beneficiare non (secondo la ratio legis) il Consorzio concorrente e le imprese cooperative in esso associate, ma, in ipotesi (come nel caso di specie) anche soggetti terzi, non concorrenti direttamente alla gara, né in questa puntualmente designati, secundum legem, dal concorrente risultato aggiudicatario, quali materiali esecutori dei lavori”. Analogo principio è stato poi declinato dalla giurisprudenza amministrativa in relazione alla fattispecie della sostituzione della consorziata esecutrice, ritenuta sempre possibile proprio in considerazione del rapporto organico tra consorziata e consorzio: per Cons. Stato, Sez. V, 2 settembre 2019, n. 6024, infatti, “Il consorzio tra società di cooperative di produzione e lavoro partecipa alla procedura di gara utilizzando i requisiti suoi propri e, nell’ambito di questi, ben può far valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative consorziate, che costituiscono articolazioni organiche del soggetto collettivo (ossia i suoi interna corporis). Ciò significa che il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella indicata dell’esecuzione dei lavori, è tale che l’attività compiuta dalle stesse è imputata unicamente al consorzio”).

[2] Cfr. Cons. tato, Ad. Plen., 20 maggio 2013, cit.

[3] Cfr. già Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2004, n. 3465.

[4] Così Cons. Stato, Ad. Plen., 20 maggio 2013, cit.  

[5]Che per i consorzi stabili consente, ferma restando la possibilità di partecipare alla gara avvalendosi, ai fini della qualificazione, tanto dei requisiti maturati in proprio e direttamente, tanto della sommatoria di quelli delle singole imprese consorziate. Cfr. ex multis Cons. giust. amm. Sicilia, 22 gennaio 2021, n. 49. In senso contrario, Tar Emilia-Romagna, Parma, 24 giugno 2023, n. 203.

[6]Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 22 luglio 2022, n. 1373.

[7]Cons. Stato, Sez. VII, 11 aprile 2024, n. 3332.