Cons. Stato, Sez. V, 3 dicembre 2024 n. 9664

L’interesse a ricorrere è individuato in particolare nel vantaggio che il ricorrente può conseguire per effetto dell’accoglimento del ricorso, e consiste nella “concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell’interesse protetto” (Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020, n. 83; II, 24 giugno 2019, n. 4305; IV, 1 marzo 2017, n. 934; 23 agosto 2016, n. 3672; VI, 21 marzo 2016, n. 1156; IV, 20 agosto 2015, n. 3952).

Nel caso di specie, a fronte dell’originario interesse della ricorrente quale seconda classificata in graduatoria, non può ritenersi che l’interesse al ricorso sia stato del tutto travolto dalla successiva valutazione di anomalia dell’offerta, quale precipitato seguente all’accoglimento dello stesso ricorso, collocato nella dimensione correlata all’attuazione della sentenza.

 

Pubblicato il 03/12/2024

N. 09664/2024REG.PROV.COLL.

N. 04108/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4108 del 2024, proposto da 
Comune di Troia, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A008D28D2E, rappresentato e difeso dall’avvocato Enrico Follieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

Sant’Elena Service Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marcello Russo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cardito, via Murillo de Petti, 8; 
Centrale Unica di Committenza (C.U.C.) dei Monti Dauni, non costituita in giudizio; 

nei confronti

Bel Lombroso coop. soc., non costituita in giudizio; 

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Seconda) n. 00532/2024, resa tra le parti

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Sant’Elena Service Group s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 Cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2024 il Cons. Alberto Urso e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il Comune di Troia (FG) indiceva procedura negoziata ex art. 50, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 36 del 2023 per l’affidamento triennale del servizio di gestione del cimitero comunale, di cui risultava aggiudicataria la Bel Lombroso soc. coop. 

Proponeva ricorso la seconda classificata in graduatoria, Sant’Elena Group s.r.l., deducendo, in sintesi, la mancanza di un vero e proprio atto di aggiudicazione successivamente alla verifica dei requisiti, nonché l’integrazione di una causa di esclusione in capo alla controinteressata, coincidente con la mancata iscrizione alla cd. “white list” al tempo di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura.

2. Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza del Comune di Troia e della Bel Lombroso, accoglieva il ricorso, ritenendo fondato in via assorbente il secondo profilo di doglianza

Reputava il giudice di primo grado, per quanto di rilievo, che la mancata iscrizione alla white list ben configurasse una causa di esclusione rilevante in fase di partecipazione alla gara, equivalente alla comunicazione e informazione antimafia, cui è assimilata ex art. 52 l. n. 190 del 2012. 

Di qui la fondatezza del ricorso, con annullamento dei provvedimenti gravati e dichiarata improcedibilità della domanda di dichiarazione d’inefficacia del contratto (di cui non risultava l’intervenuta stipulazione) e di quella di risarcimento del danno (stante la tutela in forma specifica accordata alla ricorrente).

3. Avverso la sentenza ha proposto appello il Comune di Troia deducendo:

I) violazione ed erronea applicazione d.lgs. n. 36 del 2023, artt. 10 e 94; insussistenza della garanzia contro le infiltrazioni mafiose;

II) omessa pronuncia sull’eccepita inammissibilità e difetto d’interesse per non avere la ricorrente depositato certificazione sull’iscrizione nella white list con la domanda di partecipazione.

4. Resiste al gravame la Sant’Elena Group, chiedendone la reiezione, mentre non s’è costituita in giudizio l’intimata Bel Lombroso.

5. All’udienza pubblica del 7 novembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, l’appellante eccepisce l’improcedibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza d’interesse, essendo nelle more stato adottato provvedimento di esclusione per anomalia dell’offerta della Sant’Elena Service Group non impugnato da quest’ultima e perciò divenuto inoppogunabile.

Di qui l’improcedibilità del ricorso di primo grado, con conseguente venir meno della sentenza di annullamento, considerato peraltro che anche l’evocata riedizione della gara a seguito dell’esclusione di entrambi i concorrenti (in assenza di altri operatori in gara) costituirebbe circostanza meramente ipotetica ed eventuale.

1.1. L’eccezione non è condivisibile.

1.1.1. Occorre osservare che, nella specie, il sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta e la conseguente determinazione di esclusione adottata dall’amministrazione sono consequenziali alla (e collocate nella dimensione attuativa della) sentenza di primo grado, e in specie all’intervenuto annullamento giudiziale, per accoglimento del ricorso proposto da Sant’Elena Group, dell’originaria aggiudicazione (cfr., in tal senso, la stessa nota di avvio della verifica di anomalia, che richiama espressamente la sentenza di primo grado e altresì l’ordinanza di rigetto dell’istanza cautelare proposta in appello).

In tale contesto, il fatto che nell’ambito di tale (posteriore e consequenziale all’accoglimento del ricorso) segmento dell’azione amministrativa sia stata adottata una determina di esclusione per anomalia non vale di per sé a obliterare o superare l’interesse al ricorso.

Va premesso al riguardo che, in termini generali, secondo la condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’interesse ad agire costituisce un’indefettibile condizione dell’azione che nel processo amministrativo si collega alla “lesione della posizione giuridica del soggetto” e sussiste qualora “sia individuabile un’utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento” (Cons. Stato, II, 20 giugno 2019, n. 4233).

L’interesse a ricorrere è individuato in particolare nel vantaggio che il ricorrente può conseguire per effetto dell’accoglimento del ricorso, e consiste nella “concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell’interesse protetto” (Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020, n. 83; II, 24 giugno 2019, n. 4305; IV, 1 marzo 2017, n. 934; 23 agosto 2016, n. 3672; VI, 21 marzo 2016, n. 1156; IV, 20 agosto 2015, n. 3952).

Nel caso di specie, a fronte dell’originario interesse della ricorrente quale seconda classificata in graduatoria, non può ritenersi che l’interesse al ricorso sia stato del tutto travolto dalla successiva valutazione di anomalia dell’offerta, quale precipitato seguente all’accoglimento dello stesso ricorso, collocato nella dimensione correlata all’attuazione della sentenza.

Nella specie, la situazione creatasi in conseguenza della sentenza risulta infatti tale per cui la Sant’Elena ben conserva un interesse sostanziale al ricorso, nella misura in cui idoneo - in caso di (confermato) accoglimento - alla riedizione della gara, a fronte dell’intervenuta esclusione di entrambi gli unici concorrenti, non rilevando peraltro in diverso senso le generiche ed ipotetiche affermazioni dell’amministrazione circa l’eventualità che il servizio possa essere re-internalizzato.

In tale contesto, non solo l’intervenuta esclusione per anomalia dell’offerta costituisce una conseguenza della sentenza (e, per essa, del ricorso), ma la stessa ha determinato in ogni caso un assetto d’interessi a fronte del quale l’impugnativa ben conserva un’utilità per la Sant’Elena, la quale in caso di dichiarata improcedibilità del ricorso di primo grado si troverebbe privata dalla possibilità (che l’accoglimento, in una alle consequenziali vicende attuative, comunque le procurerebbe) di riedizione della procedura. 

In tale prospettiva, a ben vedere l’assetto d’interessi conseguito all’intervenuta attuazione della sentenza nei sensi suindicati è diverso da quello (deteriore) che si avrebbe in caso di consolidamento del provvedimento impugnato, sicché la ricorrente mantiene un interesse al ricorso proprio perché in grado di procurarle un’utilità concreta, e cioè una situazione (con possibile riedizione della gara) più vantaggiosa di quella (coincidente con l’aggiudicazione in favore della Bel Lombroso) che si avrebbe in caso di consolidamento del provvedimento impugnato. 

Ciò in un caso caratterizzato peraltro da un provvedimento espulsivo per anomalia dell’offerta, attinente di suo non già alla partecipazione in sé alla gara, bensì alla sostenibilità dell’offerta in funzione della prevista aggiudicazione in favore del miglior proponente (cfr., in generale, l’art. 110, comma 1, d.lgs. n. 36 del 2023), e che si collocava nella specie in una fase procedimentale inerente appunto alla possibile aggiudicazione in favore di San’Elena, logicamente e proceduralmente conseguente al ricorso di primo grado e suo accoglimento.

La conclusione così raggiunta è tra l’altro coerente anche con la giurisprudenza europea che attribuisce rilievo alla definitiva esclusione del concorrente in termini preclusivi alla proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione, la quale si riferisce appunto all’ipotesi generale dell’offerente che sia stato definitivamente escluso dalla partecipazione a una procedura di gara pubblica in uno stadio precedente alla decisione di aggiudicazione (cfr. Cgue, 9 febbraio 2023, causa C-53/22, spec. sub par. 38; cfr., nello stesso senso, i casi di cui a Cgue, 11 maggio 2017, causa C-131/16; 21 dicembre 2016, causa C-355/15), ipotesi del tutto diversa da quella qui in esame, connotata da un’esclusione (per anomalia dell’offerta) consequenziale all’annullamento dell’aggiudicazione originaria, con assetto d’interessi conformato nei sensi suindicati. 

2. Nel merito, col primo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’errore commesso dal giudice di primo grado nel trascurare che l’iscrizione nella white list non rileva - a tenore della disciplina del nuovo Codice dei contratti, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023 - in fase di gara, bensì soltanto prima della sottoscrizione del contratto.

In tale prospettiva, il Tar avrebbe pronunciato in violazione della regola della tassatività delle cause di esclusione, considerato che la mancata iscrizione nella detta white list non è appunto prevista dal Codice quale causa di esclusione.

Nella specie, la Bel Lombroso aveva presentato domanda d’iscrizione alla white list il 17 gennaio 2024, dunque anteriormente al contratto, con conseguente infondatezza delle conclusioni fatte proprie dal giudice di primo grado.

Né ciò varrebbe a determinare una riduzione delle garanzie contro le infiltrazioni mafiose, considerato che la suddetta iscrizione è comunque richiesta prima della stipulazione del contratto.

2.1. Il motivo non è condivisibile.

2.1.1. Occorre premettere che l’art. 94, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023 prevede che è causa di esclusione dalla gara «la sussistenza, con riferimento ai soggetti indicati al comma 3, di ragioni di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo codice. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-bis, e 92, commi 2 e 3, del codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia […]».

Corrispondente causa di esclusione si rinviene nella lettera d’invito.

Al riguardo, l’art. 84 d.lgs. n. 159 del 2011 individua la «comunicazione antimafia» e la «informazione antimafia» quali documenti idonei all’attestazione della situazione dell’impresa in relazione suddette cause escludenti di cui all’art. 67 e 84, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011 (cfr. art. 84, comma 1-3, d.lgs. n. 159 del 2011).

In tale contesto, l’art. 1, comma 52, l. n. 190 del 2012 prevede che «Per le attività imprenditoriali di cui al comma 53 [fra cui sono ricompresi ai sensi della lett. i-bis) anche i «servizi funerari e cimiteriali», qui in rilievo] la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria da acquisire indipendentemente dalle soglie stabilite dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è obbligatoriamente acquisita dai soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. Il suddetto elenco è istituito presso ogni prefettura […]».

Il successivo art. 52-bis stabilisce peraltro che «L’iscrizione nell’elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta».

Alla luce di ciò, sono le previsioni di legge a determinare invero un’equiparazione dell’iscrizione alla cd. “white list” alla comunicazione e informazione antimafia liberatoria.

Ne consegue che il possesso dell’iscrizione nella c.d. white list costituisce requisito di ordine generale di partecipazione alle gare, ragion per cui la mancata iscrizione dell’operatore economico nell’apposito registro per le attività riconducibili a quelle di cui all’art. 1, comma 53, della l. 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) è motivo di esclusione dalla gara (Cons. Stato, V, 27 ottobre 2023, n. 9284; Id., 10 aprile 2024, n. 3266). 

In tale contesto, è stato posto in risalto allo stesso modo che costituisce “ius receptum nella giurisprudenza […] la pacifica vigenza del principio per il quale la disciplina delle white list introdotta dall’articolo 1, commi 52 e segg., della legge 6 novembre 2011, n. 190, fa tutt’uno con quella delle informative interdittive antimafia e la integra’ (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 aprile 2019, n. 2211; id., 20 febbraio 2019, n. 1182).

7.2. Tale conclusione riguardante l’assimilazione dei due documenti antimafia (la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia) non si limita, invero, ai soli effetti interdittivi, ma si estende anche alla sua natura di requisito soggettivo di partecipazione alle gare.

7.3. Ciò malgrado ad avviso del Collegio non è dirimente che l’articolo 80, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, richiami solo le informative ‘classiche’, dovendosi tener conto del disposto del comma 52 dell’articolo 1, l. n. 190/2012, da cui emerge chiaramente che la white list altro non è che una modalità particolare di effettuazione delle verifiche antimafia, prevista dalla legge in relazione a particolari settori, di modo che il richiamo alle informative prefettizie deve intendersi sempre riferito anche alla iscrizione a tali liste” (Cons. Stato, III, 14 dicembre 2022, n. 10935).

Il che, affermato nella vigenza del decreto legislativo n. 50 del 2016, ben vale anche in relazione al nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, il cui art. 94, comma 2, corrisponde sostanzialmente, in parte qua, al testo del previgente art. 80, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016.

Né assume rilievo contrario il principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 36 del 2023, a tenore del quale «I contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite dal codice».

L’esclusione per mancata iscrizione alla white list è ben riconducibile infatti fra le cause stabilite dal Codice, segnatamente dal citato art. 94, comma 2, cui espressamente la legge (i.e., art. 1, comma 52, l. n. 190 del 2012, cit.) la equipara: si è in presenza evidentemente di un meccanismo legale che espressamente equipara la fattispecie a quella codicistica, così ben ricomprendendola fra le cause di esclusione tipiche, ammesse ai sensi dell’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 36 del 2023. 

Per tali assorbenti ragioni, il motivo di doglianza non è condivisibile, a nulla rilevando la (solo successiva al termine di presentazione delle offerte) domanda d’iscrizione alla white list presentata dall’interessata.

3. Col secondo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’omesso esame dell’eccezione d’inammissibilità della doglianza proposta dalla ricorrente, la quale non documentava a sua volta la propria iscrizione alla white list; da cui l’inammissibilità del ricorso per divieto di venire contra factum proprium, non giovando alla ricorrente l’accoglimento di un motivo che avrebbe condotto comunque alla sua stessa esclusione dalla gara.

3.1. Il motivo non è suscettibile di favorevole apprezzamento.

3.1.1. È assorbente rilevare a tal fine che alcuna impugnazione incidentale escludente è stata proposta in danno della Sant’Elena, né alcun provvedimento in autotutela dell’amministrazione (su tutt’altro piano ponendosi, evidentemente, l’esclusione postuma per anomalia dell’offerta, di cui s’è detto) è stato adottato in relazione al suddetto profilo, che non può dunque valere di suo, in assenza di gravame incidentale o coerente determinazione amministrativa, a escludere l’interesse al ricorso, rimanendo a livello meramente astratto e processualmente irrilevante, avulso dalla situazione sostanziale della Sant’Elena rispetto alla gara.

Ciò senza considerare appunto che l’amministrazione non contesta a ben vedere l’assenza del requisito in capo all’interessata, bensì della sola sua “documentazione”, che tuttavia spetta in generale alla stessa amministrazione acquisire (cfr., in generale, lo stesso art. 1, comma 52, l. n. 190 del 2012), salva peraltro la eventuale possibilità di soccorso istruttorio in relazione alla richiamata produzione documentale, e senza che d’altra parte lo stesso appellante riconduca l’esclusione così invocata a specifiche previsioni in tal senso della lex specialis.

Di qui il rigetto della censura.

4. In conclusione, per le suesposte ragioni, l’appello va respinto.

4.1. La peculiarità della fattispecie e la novità di alcune delle questioni sollevate giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Compensa integralmente le spese di lite fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente

Alberto Urso, Consigliere, Estensore

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

Gianluca Rovelli, Consigliere

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento affronta la tematica dell’interesse ad agire dell’operatore economico secondo classificato in una gara composta da soli due concorrenti, ricorrente vittorioso in primo grado quando nelle more del giudizio di appello sopravvenga la sua esclusione, a valle del giudizio di anomalia dell’offerta. Tale vicenda è resa possibile dal rigetto dell’istanza cautelare in appello, con conseguente conformazione della P.A. alla sentenza di annullamento dell’aggiudicazione, attraverso la valutazione dell’offerta del secondo classificato ricorrente vittorioso. Più in particolare, il procedimento amministrativo riattivato dalla P.A. in sede di riedizione del potere, riparte dalla valutazione dell’offerta del ricorrente unico collocato in graduatoria dopo l’annullamento dell’aggiudicazione. La valutazione, tuttavia, non sortisce esito positivo poichè il giudizio di anomalia aperto per un sospetto di inaffidabilità, si conclude con l’esclusione.

La questione che viene all’esame del Collegio è se tale fatto sopravvenuto possa neutralizzare l’interesse al ricorso ovvero l’interesse a coltivare l’azione già intrapresa con il giudizio di primo grado, tenuto conto della consacrazione, con l’esclusione, della perdita definitiva della possibilità di conseguire con il processo il bene finale costituito dall’aggiudicazione.

Secondo il Consiglio di Stato l’esclusione all’esito del giudizio di anomalia non priva il ricorrente dell’interesse ad agire, inteso come interesse a proseguire il processo in quanto capace di arrecare ancora utilità, nonostante l’incursione di un fatto sopravvenuto destabilizzante. Infatti, se è vero che la sopravvenienza, rappresentata dall’esito del subprocedimento di anomalia, neutralizza la possibilità di conseguimento dell’aggiudicazione nella procedura in questione, tuttavia l’azione resta sorretta da interesse strumentale.

Quest’ultimo deve intendersi come l’interesse all’indizione di una nuova procedura in sede di riedizione del potere, a valle del giudizio demolitorio. Sul piano semantico la strumentalità si apprezza nel concetto di graduazione del processo di soddisfazione dell’interesse al bene della vita, che passa attraverso il riesercizio dell’azione amministrativa in sede attuativa del giudicato. La giurisprudenza sostiene da tempo l’idoneità dell’interesse strumentale a sorreggere l’ammissibilità e la procedibilità dell’azione. Tale impostazione si considera espressione di effettività della tutela giurisdizionale, nell’ottica di una dimensione sostanziale dell’interesse legittimo. La prospettiva della effettività della tutela si associa anche alla garanzia della legalità, la quale verrebbe inevitabilmente vulnerata dalla prospettiva di una pronunzia di improcedibilità per caducazione della possibilità di conseguire l’interesse finale. L’improcedibilità, infatti, precludendo la discesa nel merito e l’esame dei motivi di doglianza, sortirebbe il consolidamento di un’aggiudicazione che potrebbe essere illegittima.

Tuttavia, se da un lato, si sostiene che il giudice debba vagliare in modo stringente le condizioni dell’azione, per evitare di incorrere in denegata giustizia, dall’altro lato, si ammette che la valutazione deve ancorarsi a dati oggettivi e fattuali, da cui emerga la potenzialità anche astratta che la stazione appaltante rediga la gara, una volta esaminato nel merito il ricorso ed annullata l’aggiudicazione. Nel caso in esame il giudizio prognostico condotto dal Collegio rispetto all’esclusione di ricorrente è ancorato al dato fortemente oggettivo della composizione della procedura, che vede protagonisti soltanto due concorrenti. Al lume di tale dato oggettivo è apparso altamente probabile che una volta decisa la gara, il fallimento della stessa per effetto della esclusione del ricorrente vittorioso in primo grado e la conferma dell’illegittimità dell’aggiudicazione in secondo grado, induca la P.A. a riattivare nuovamente la procedura.

Di conseguenza la coltivazione di un processo in appello, potendo sortire una tale evenienza è ancora utile per il ricorrente escluso.

 Ai fini della valutazione della procedibilità rileva anche la collocazione topografica della pronunzia di esclusione, in seno alla fase di valutazione dell’offerta, all’interno della quale si apre il subprocedimento di anomalia. Tale aspetto denota, infatti, che la P.A. ha preso in seria considerazione la possibilità concreta di aggiudicare l’appalto al secondo classificato. Sul piano processuale, ciò si traduce nell’osservazione per cui il processo di primo grado ha sortito per il ricorrente vittorioso un’utilità quasi finale per il ricorrente, poiché la statuizione demolitoria della aggiudicazione ha fatto salve le ulteriori valutazioni della P.A. relativamente all’offerta dell’unico collogato in gara. La salvezza delle ulteriori valutazioni trova sostegno nell’art. 34, comma 2 c.p.a., secondo cui in nessun caso il giudice può pronunciare il riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati.

Il Collegio è indotto a sostenere la procedibilità dell’azione anchè in base a un ragionamento comparativo:  nell’ottica dell’effettività della tutela giurisdizionale mentre la coltivazione dell’azione e l’eventuale conferma dell’illegittimità dell’aggiudicazione arricchirebbero la sfera del ricorrente della chance di aggiudicazione correlata alla riapertura della gara,  viceversa la statuizione di improcedibilità, sortendo il consolidamento dell’aggiudicazione, implicherebbe la deprivazione definitiva del bene finale e del bene strumentale.

La sentenza in commento invita a cogliere una sottile riflessione sui diversi esiti che potrebbe sortire l’esclusione a seconda che avvenga nella fase di ammissione o nella fase della valutazione delle offerte. Occorre premettere che, dopo la decisione a contrarre e dopo la successiva indizione, segue la fase di ammissione delle offerte che siano state presentate. In tale sede, viene valutato se l’offerente possieda i requisiti soggettivi di affidabilità e di qualità e se l’offerta dal punto di vista oggettivo sia conforme ai documenti di gara. Dal punto di vista soggettivo, la P.A. deve verificare che non ricorrano cause di esclusione automatiche o discrezionali e che non vi sia la carenza di requisiti di partecipazione. Qualora per ipotesi nel corso del giudizio fosse emerso l’accertamento amministrativo di una causa di esclusione attenente alla fase di ammissione, il ricorso sarebbe stato inevitabilmente improcedibile, siccome non sorretto nemmeno da un interesse strumentale oltre che finale. Infatti, il ricorrente risultato escluso, perché carente di requisiti o nelle condizioni ex art. 94 del D.lgs n. 36/23 per essere ammesso alla gara giammai potrebbe partecipare anche ad una eventuale nuova gara. La prosecuzione del giudizio non sortirebbe utilità e l’azione non sarebbe sorretta delle condizioni dell’azione. In tal caso il ricorso risulterebbe sprovvisto oltre che dall’interesse a ricorrere anche dalla legittimazione.

La sentenza del Consiglio di Stato in commento si apprezza per aver messo in evidenza dei sottili meccanismi processuali in relazione alla eccentrica formulazione dell’eccezione di inammissibilità per venire contra factum proprium. Si allude al contegno processuale contrario a buona fede e correttezza, che si annida nella formulazione di censure e motivi di ricorso, che si risolvono nella contestazione di aspetti, di cui il ricorrente stesso si è giovato. Nel caso specifico, la ricorrente avrebbe impugnato l’aggiudicazione per mancata produzione della documentazione attestante l’iscrizione nella White list, quando essa stessa non l’avrebbe comprovata, giovandosi di tale omissione. La matrice dell’eccezione è evidentemente la violazione di buona fede e correttezza processuale.  La giurisprudenza (CdS, V, 27/3/2015, n. 1605; CdS, V, 27 aprile 2015, n. 2064; Cass., 7 maggio 2013, n. 10568; TAR Lombardia, I, 19 novembre 2018, n. 2603; TAR Campania, III, 10 gennaio 2018, n. 154) da tempo riconosce la vigenza, nel sistema giuridico, di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge. Il dovere di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 del c.c., alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall'art. 2 della Costituzione e dalla Carta di Nizza, si pone a livello processuale  come canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti, anche sul piano della loro tutela processuale. Espressione dell’abusivo esercizio di un potere, anche processuale, quale è quello di dedurre motivi di gravame, è proprio la sua contraddittorietà con precedenti comportamenti tenuti dal medesimo soggetto.

Tuttavia, nel caso di specie l’eccezione si fonda su un sillogismo imperfetto. In disparte la questione relativa all’elevazione della produzione della documentazione, piuttosto che dell’iscrizione in sé nella White list quale requisito di ammissione, la censura volta a denunziare tale deficienza, avrebbe dovuto essere strutturata mediante il ricorso incidentale a connotazione escludente. Infatti, la controinteressata avrebbe dovuto proporre una domanda di accertamento di una causa di esclusione in capo alla ricorrente, che in caso di esito positivo sarebbe esitata in una in pronunzia di inammissibilità di ricorso. In carenza di un ricorso incidentale escludente o di un  provvedimento di autotutela motivato da riscontro della carenza di documentazione attestante l’iscrizione nella White list, giammai il motivo di doglianza potrebbe sortire effetti processuali negativi per la stessa ricorrente.