Tar Veneto, Sez. III, 3 dicembre 2024, n. 2878
L’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, nell’obbligare la stazione appaltante ad escludere dalla gara l’operatore economico responsabile di violazioni tributarie “gravi” e “definitivamente accertate”, detta una regola d’azione valevole nell’ambito della procedura di evidenza pubblica, cui è del tutto estraneo il trattamento delle irregolarità fiscali accertate dopo la sua conclusione, ad aggiudicazione ormai intervenuta (e consolidata).
L’automatismo espulsivo sancito dall’art. 80, comma 4, per quanto indice della particolare rilevanza attribuita dal Codice al requisito della regolarità fiscale, non sottende in alcun modo un giudizio legislativo di assoluta e permanente insanabilità della violazione tributaria, né può giustificare un regime di “illegittimità rafforzata” dell’aggiudicazione, in grado di fondare una pretesa all’annullamento – pur in forma mediata da un’istanza di autotutela – slegata da ogni termine decadenziale.
In definitiva, la violazione fiscale “grave” e “definitivamente accertata” di obblighi tributari, cui si riferisce l’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, mentre determina l’esclusione automatica del concorrente ove accertata in corso di procedura, assume poi – qualora la circostanza non sia stata rilevata dalla stazione appaltante – la consistenza di un ordinario vizio di legittimità dell’aggiudicazione disposta a favore dell’operatore meritevole di sanzione espulsiva.
Dunque, come tutti i vizi del provvedimento, anche la violazione dell’art. 80, comma 4, dev’essere tempestivamente dedotta dalla parte interessata attraverso l’azione di annullamento, mentre dopo lo spirare dei relativi termini decadenziali può assumere rilievo solo all’interno del paradigma normativo dell’autotutela, nel rispetto delle altre condizioni sancite dall’art. 21-nonies della l. 241/1990.
N. 02878/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01266/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1266 del 2024, proposto da
L’Operosa S.p.A. Società Benefit, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Silvia Marzot, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda Zero, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Creuso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Veneto, Aulss 7 “Pedemontana”, non costituite in giudizio;
nei confronti
Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Orsola Cortesini, Giuseppe Morbidelli e Matteo Anastasio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa adozione di adeguate misure cautelari:
del provvedimento della Stazione appaltante Azienda Zero prot. n. 0022087 del 17 settembre 2024 e dell’allegato verbale di chiusura del procedimento del 16 settembre 2023 avviato con nota prot. 1977 del 19 agosto 2024 nei confronti di Dussman Service S.r.l.;
nonché per la condanna
di Azienda Zero al risarcimento dei danni ex art. 124 D.lgs. 104/2010, in forma specifica, mediante l’aggiudicazione in favore di Operosa spa del Lotto 7, con riserva di agire per il risarcimento per equivalente, ai sensi e nei termini di cui all’art. 30, comma 5, c.p.a.;
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Dussmann Service s.r.l. l’8 novembre 2024:
della nota prot. n. 19976 del 19 agosto 2024, con cui Azienda Zero ha dato avvio al procedimento di autotutela e della nota prot. n. 22083 del 17 settembre 2024, con cui è stato comunicato l’esito del procedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Dussmann Service S.r.l. e di Azienda Zero;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2024 il dott. Luca Emanuele Ricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’Operosa ha partecipato alla gara per l’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione delle sedi delle Aziende ULSS venete, indetta da Azienda Zero (con delibera n. 115 del 3 marzo 2020) e suddivisa in 13 lotti.
1.1. Il Lotto n. 7 (relativo alle sedi dell’AULSS 7 “Pedemontana”), cui ha riguardo il presente giudizio, è stato aggiudicato alla controinteressata Dussmann, mentre la ricorrente si è classificata in seconda posizione (cfr. la delibera n. 408 del 23 giugno 2023).
1.2. La procedura è poi stata interessata da un ampio e articolato contenzioso, all’esito del quale è stata confermata la legittimità degli atti di gara e delle aggiudicazioni disposte da Azienda Zero (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 luglio 2024, nn. 6720, 6721 e 6723).
2. Nel frattempo, nell’ambito di altro giudizio - relativo ad una procedura di affidamento del servizio di pulizia a favore di enti del servizio sanitario regionale lombardo - è emerso che Dussmann, tra luglio 2020 e giugno 2022, era gravata di un debito di 18.000 euro nei confronti del Segretariato generale della Giustizia amministrativa, a titolo di sanzione per ritardato versamento del contributo unificato (Cons. Stato, Ad. plen., 24 aprile 2024, n. 7).
2.1. Tale pendenza, pur non risultando dalle certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC ed estinta (in data 29 giugno 2022) prima dell’aggiudicazione di quella gara, costituiva una violazione di obblighi tributari “grave” e “definitivamente accertata”, rilevante quale causa di esclusione automatica (art. 80, comma 4 del d.lgs. 50/2016). Per l’effetto, l’Adunanza plenaria ha annullato l’aggiudicazione a favore di Dussmann.
3. L’Operosa, venuta a conoscenza della pronuncia dell’Adunanza plenaria, ha chiesto ad Azienda Zero (e alle AULSS interessate dal servizio) di procedere all’annullamento in autotutela della delibera n. 408 del 23 giugno 2023, nella parte in cui ha aggiudicato a Dussmann il Lotto n. 7.
3.1. In particolare, nell’istanza rivolta ad Azienda Zero, la ricorrente ha rappresentato che:
- l’irregolarità fiscale accertata in capo a Dussmann ha connotato anche la sua partecipazione alla procedura di cui trattasi, svoltasi in un intervallo temporale coincidente a quello di esistenza del debito tributario;
- pertanto, Dussmann avrebbe dovuto essere esclusa da Azienda Zero per carenza di un requisito di ordine generale, previsto dall’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016 e dalla lex specialis di gara;
- la stessa Adunanza plenaria ha ribadito che i requisiti di ordine generale devono permanere durante tutto il corso della procedura, fino alla stipulazione del contratto, nonché nella successiva fase di esecuzione;
- la circostanza non è stata dichiarata dall’operatore, in violazione del principio di clare loqui e, quindi, non ha potuto emergere tempestivamente;
- tali fatti assumono, nondimeno, efficacia automaticamente escludente e, pertanto, Azienda Zero dovrebbe agire in autotutela e annullare l’aggiudicazione del Lotto 7 a favore di Dussmann, disponendone l’affidamento a L’Operosa quale seconda classificata in graduatoria.
4. A seguito dell’istanza, Azienda Zero ha avviato un procedimento finalizzato a valutare l’esistenza dei presupposti per agire in autotutela ed eventualmente escludere Dussmann (cfr. la nota prot. 19977 del 19 agosto 2024).
4.1. All’esito dell’istruttoria, con la nota prot. 22087 del 17 settembre 2024, Azienda Zero ha disposto l’archiviazione del procedimento di autotutela, rilevando che:
- è decorso il termine di dodici mesi entro il quale l’art. 21-nonies della l. 241/1990 consente di annullare in autotutela un provvedimento illegittimo;
- l’aggiudicazione è stata ritenuta legittima all’esito di un articolato contenzioso, nel corso del quale non è mai stata contestata la legittimità della partecipazione di Dussmann alla gara;
- la vicenda è comunque contraddistinta da «indubbie peculiarità» (rilevate da Cons. Stato, sez. III, ord. 11 settembre 2024, n. 7518, nel rimettere alla Corte costituzionale una questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 80, comma 4 del d.lgs. 50/2016), alla luce del tipo di irregolarità fiscale e della trascurabile entità del debito rispetto al valore del lotto in questione;
- l’omessa menzione del debito non integra una falsa dichiarazione, ma una mera omissione non meritevole di conseguenze espulsive;
- in un complessivo bilanciamento degli interessi, «appare prevalente l’interesse pubblico alla conservazione dell’aggiudicazione del lotto all’odierna aggiudicataria rispetto alla posizione e all’interesse del!’ operatore economico che segue in graduatoria e che, si ribadisce, non ha mai contestato l’aggiudicazione sotto il profilo del mancato possesso da parte di Dussmann del requisito della regolarità fiscale»
5. L’Operosa con ricorsi iscritti al n. 1265/2024 e R.G., ha domandato l’annullamento del predetto provvedimento, per i seguenti motivi:
I. «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21-nonies della l. 241 del 1990. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241 del 1990. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza, nonché per travisamento di fatto e di diritto; carenza di motivazione. Violazione del principio di buona fede», perché l’amministrazione ha ritenuto già consumato il termine di dodici mesi per l’esercizio dei poteri di autotutela, facendolo erroneamente decorrere dal provvedimento di aggiudicazione (23 giugno 2023). Azienda Zero avrebbe, invece, dovuto considerare la data di pubblicazione delle sentenze del Consiglio di Stato che hanno definito il contenzioso di cui era oggetto il provvedimento de quo (25 luglio 2024), medio tempore annullato dal T.A.R. Veneto con le sentenze nn. 2023 e 2024 del 29 dicembre 2023. La violazione fiscale (risalente al 26 luglio 2020) costituiva, inoltre, circostanza conosciuta da Dussmann al momento di presentazione della propria offerta. Il silenzio serbato dall’operatore integra, quindi, una “falsa rappresentazione dei fatti” che consente, ai sensi del comma 2-bis dell’art. 21-nonies della legge sul procedimento, di prescindere da ogni termine temporale.
II. «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 80, comma 4 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 del disciplinare di gara Eccesso di potere per violazione del principio “tempus regit actum” nonché per motivazione laconica e inconferente. Violazione del principio di buona amministrazione», perché Azienda Zero ha disatteso le indicazioni dell’Adunanza plenaria e ha proceduto ad una inammissibile disapplicazione di una disposizione di legge – l’art. 80, comma 4 del d.lgs. 50/2016 – sulla cui legittimità non si è ancora espressa la Corte costituzionale.
III. «Illegittimità dell’aggiudicazione del servizio a Dussmann per violazione del dovere di “clare loqui” nei confronti della stazione appaltante – violazione degli articoli 30 e 80, co. 5, lett. c) e c bis, d.lgs. 50/2016, nonché degli articoli 1337 e 1338 del Codice civile, che impongono (anche ai concorrenti) un generale dovere di chiarezza e completezza informativa – eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione», perché ad essere emersa nella vicenda è in ogni caso la violazione del dovere di clare loqui da parte di Dussmann, che omesso di dichiarare circostanze rilavanti ai fini della procedura. Tale condotta risulta parimenti meritevole di esclusione, ai sensi dell’art. 80 comma, 5, lett. c e c-bis, del d.lgs. 50 del 2016
IV. «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 80 comma 6 del d.lgs 50 del 2016; Violazione e/o falsa applicazione del principio di continuità. Eccesso di potere per carenza di motivazione nonché per illegittimo uso della discrezionalità amministrativa», perché Azienda Zero, l’annullabilità in autotutela di un’aggiudicazione che non è «mai stata contestata dai concorrenti interessati e, in particolare da coloro che seguivano in graduatoria la Dussman Service S.r.l.» sembra gravare la ricorrente di una «prova diabolica», dal momento che nessuna delle parti (compresa l’amministrazione) ha avuto tempestiva conoscenza della violazione di Dussmann. Nessun vincolo potrebbe, in ogni caso, derivare dall’esistenza di un pregresso contenzioso, stante il principio di continuità dei requisiti di partecipazione.
V. «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 80 comma 5, lett. c bis del d.lgs 50 del 2016; degli art. 71 e 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 nonché violazione dell’art 21–nonies della Legge 241 del 1990. Art. 97 Cost. Eccesso di potere per motivazione laconica, inconferente oltre che erronea; eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità manifesta», per l’illegittimità della motivazione sul bilanciamento di interessi, in contrasto con le norme del Codice che impongono un costante controllo dei requisiti di partecipazione, nonché dei principi di legalità e tempus regit actum. La determinazione di Azienda Zero contrasta poi apertamente con l’art. 75 del d.P.R. 445/2000, che prevede l’automatica decadenza dai benefici fondati su dichiarazioni di cui sia accertata la falsità (e fonda quindi un’ipotesi di autotutela doverosa).
5.1. La ricorrente propone, altresì, domanda di risarcimento del danno in forma specifica, mediante l’aggiudicazione in suo favore del Lotto 7, riservandosi la possibilità di chiedere il risarcimento per equivalente.
5.2. Essa formula, altresì, istanza di esibizione delle dichiarazioni rese da Dussmann in merito alla sussistenza dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 del d.lgs. 50/2016.
6. Azienda Zero e Dussmann, con memorie del 4 novembre 2024, hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, derivante dall’inoppugnabilità della delibera di aggiudicazione (n. 408 del 2023) e dal giudicato formatosi sulla validità della stessa, per effetto delle sentenze del Consiglio di Stato nn. 6720, 6721 e 6723 del 2024. Nel merito, hanno argomentato per l’infondatezza di tutte le suesposte censure.
6.1. In data 7 novembre 2024, Azienda Zero, ha proposto inoltre domanda di rivalsa ai sensi dell’art. 124, comma 1, cod. proc. amm. nei confronti di Dussmann, per il caso in cui fosse accertata la sua responsabilità aquiliana.
7. Con ricorso incidentale notificato in data 8 novembre 2024, Dussmann ha impugnato a sua volta gli atti delle procedure di autotutela (nota prot. 19977, recante la comunicazione di avvio, e nota prot. 22087, recante il verbale di archiviazione del procedimento), per i seguenti motivi:
I. «Violazione e falsa applicazione artt. 3, 7, 10 e 21-nonies l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione artt. 80 e 86, comma 2, lett. b) d.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione artt. 119 e 120 d.lgs. 104/2010. Violazione e falsa applicazione art. 2909 cod. civ. Violazione e falsa applicazione lex specialis di gara. Eccesso di potere per violazione dei principi di certezza del diritto, del risultato, di tempestività, efficienza, efficacia ed economicità e buon andamento dell’azione amministrativa», perché Azienda Zero non avrebbe dovuto neppure avviare il procedimento di autotutela a fronte di atti di aggiudicazione divenuti inoppugnabili, nonché oggetto di un giudicato che copre il dedotto e il deducibile e, quindi, anche le questioni di cui trattasi.
II. «Violazione e falsa applicazione artt. 3, 7, 10 e 21-nonies l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione artt. 80 e 86, comma 2, lett. b) d.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione artt. 119 e 120 d.lgs. 104/2010. Violazione e falsa applicazione art. 2909 cod. civ. Violazione e falsa applicazione lex specialis di gara. Eccesso di potere per violazione dei principi di certezza del diritto, del risultato, di tempestività, efficienza, efficacia ed economicità e buon andamento dell’azione amministrativa», perché l’accertamento contenuto nella sentenza n. 7/2024 dell’Adunanza plenaria non può avere rilevanza ultra-partes, né tantomeno consente di eludere il termine di trenta giorni previsto per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione.
III. «Violazione e falsa applicazione artt. 3, 7, 10 e 21-nonies L. 241/1990. Violazione e falsa applicazione artt. 80 e 86, comma 2, lett. b) d.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione artt. 119 e 120 d.lgs. 104/2010. Violazione e falsa applicazione art. 2909 cod. civ. Violazione e falsa applicazione lex specialis di gara. Eccesso di potere per violazione dei principi di certezza del diritto, del risultato, di tempestività, efficienza, efficacia ed economicità e buon andamento dell’azione amministrativa. Violazione e falsa applicazione del principio di par condicio», perché l’eventuale efficacia riflessa della pronuncia n. 7/2024 dovrebbe riguardare, prima di tutto, i principi di diritto espressi dall’Adunanza plenaria, derivandone obbligo dell’amministrazione di verificare in autotutela – oltre quanto risulta dalle certificazioni prodotte in gara – le posizioni tributarie di tutti i partecipanti e non solo quella di Dussmann.
IV. «Violazione e falsa applicazione artt. 3, 7, 10 e 21-nonies L. 241/1990. Violazione e falsa applicazione art. 80 D.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per violazione dei principi di certezza del diritto, del risultato, di tempestività, efficienza, efficacia ed economicità e buon andamento dell’azione amministrativa. Violazione e falsa applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza», per non avere l’amministrazione esplicitato tutti gli elementi e i principi contenuti nell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 7518/2024 (richiamata dai provvedimenti impugnati), che militano senz’altro a favore della conservazione dell’aggiudicazione a favore di Dussmann. Esiste, infatti, una evidente e macroscopica sproporzione tra l’importo del debito fiscale (18.000 euro) e il valore del lotto in argomento, o le dimensioni economiche di Dussmann (dal cui bilancio del 2022 risultano ricavi pari 790 milioni di euro e un patrimonio netto di 131 milioni di euro), tale da non potersi in alcun modo presumere l’inaffidabilità dell’operatore.
8. L’Operosa ha replicato alle argomentazioni di Azienda Zero e di Dussmann, nonché ai motivi aggiunti proposti da quest’ultima, con la memoria del 18 novembre 2024.
9. All’udienza in camera di consiglio del 20 novembre 2024, fissata per la trattazione della domanda cautelare, è stato dato alle parti l’avviso relativo alla possibilità di definizione del giudizio con sentenza adottata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.
DIRITTO
1. Il giudizio viene definito con sentenza ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., ricorrendo tutte le condizioni previste da tale articolo.
2. Possono essere assorbite le preliminari eccezioni di inammissibilità formulate da Azienda Zero e da Dussmann, perché il ricorso è infondato nel merito.
2.1. Il Tribunale ritiene, altresì, di poter prescindere dalle richieste istruttorie formulate dalla ricorrente, disponendo – anche a seguito delle produzioni di Azienda Zero – di tutti gli elementi fattuali necessari ai fini della decisione.
3. Azienda Zero con la nota prot. 22087 ha disposto l’archiviazione dei procedimenti avviati a seguito dell’istanza della ricorrente L’Operosa, avendo rilevato la carenza di tutti e tre i presupposti al cui concomitante riscontro l’art. 21-nonies della l. 241 del 1990 condiziona l’esercizio del potere di autotutela (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2017, n. 3524). In particolare:
- quanto al presupposto temporale, l’amministrazione osserva che al momento dell’istanza era spirato il termine di 12 mesi (decorrente dal 23 giugno 2023, data dell’aggiudicazione) entro il quale è possibile intervenire sui provvedimenti attributivi di vantaggi economici (punto 2);
- quanto al presupposto oggettivo, costituito dall’illegittimità sostanziale del provvedimento, l’amministrazione ritiene di non poter intervenire su un’aggiudicazione la cui regolarità è stata accertata in giudizio, all’esito dell’articolato contenzioso giurisdizionale originatosi dalla procedura e definito dalle sentenze del Consiglio di Stato nn. 6720, 6721 e 6723 del 2024 (punto 3);
- quanto alla sussistenza di ragioni di interesse pubblico all’annullamento, da porsi in comparazione con gli interessi dei destinatari e dei controinteressati, Azienda Zero ha valorizzato le peculiarità della vicenda (punto 4) – desunte dalla natura del debito fiscale, dal rapporto tra il suo valore e il 10% dell’importo a base d’asta, dai dubbi di costituzionalità dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016 avanzati dall’ordinanza del Consiglio di Stato n. 7518/2024 – e la natura della condotta di Dussmann, giudicata immeritevole di sanzione espulsiva (punto 5), ritenendo in conclusione che l’interesse pubblico militi a favore della conservazione dell’aggiudicazione (punto 6).
3.1. Si tratta, quindi, di un provvedimento plurimotivato, fondato su distinte ed autonome rationes decidendi, ciascuna delle quali è di per sé idonea a sorreggere la determinazione adottata. Ne deriva che il riscontro della legittimità anche di una sola di tali autonome ragioni giustificatrici consente di prescindere dall’esame delle censure riferite a tutte le altre, perché il provvedimento non potrebbe comunque essere annullato (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 17 aprile 2024, n. 3480).
4. Ciò premesso, si esaminano prioritariamente il secondo, il terzo e il quinto motivo di ricorso, nel complesso diretti a censurare le valutazioni effettuate da Azienda Zero in punto di sussistenza dei presupposti di interesse pubblico per l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione.
5. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.
6. Il giudizio ha ad oggetto un diniego di autotutela ex art. 21-nonies, l. 241/1990 e quindi l’esercizio di un potere di secondo grado, costituente «manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l’amministrazione per la tutela dell’interesse pubblico» (Cons. Stato, sez. V, 9 gennaio 2024, n. 301). La discrezionalità investe non solo il contenuto della determinazione da adottare, ma la stessa scelta di avviare il procedimento. Si ritiene, infatti, che l’istanza di autotutela costituisca, generalmente, una mera sollecitazione priva di valore giuridicamente cogente, a fronte della quale non è configurabile alcun obbligo di provvedere (Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2024, n.4518).
6.1. Del tutto residuali risultano, invece, le ipotesi di autotutela c.d. “doverosa”, da circoscriversi ai soli casi stabiliti dalla legge (Cons. Stato, sez. VI, 31 dicembre 2019, n. 8920) o a quelli in cui emergano eccezionali e conclamate esigenze di giustizia, riferite ad interessi di particolare rilievo (Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 2022, n. 2564). In queste ultime ipotesi, individuate dalla giurisprudenza, la doverosità dell’autotutela riveste peraltro carattere “attenuato”, facendo sorgere solo l’obbligo dell’amministrazione – eventualmente coercibile nelle forme dell’azione avverso il silenzio – di procedere al riesame del provvedimento, senza che ciò importi necessariamente la sua rimozione (ex multis, Cons. Stato, sez. II, 2 maggio 2024, n. 3970).
6.2. Neppure assume carattere di doverosità l’annullamento d’ufficio di un provvedimento conseguito sulla base di “false rappresentazioni dei fatti”, circostanza che, ai sensi dell’art. 21-nonies, comma 2-bis della legge sul procedimento, consente unicamente di prescindere dal rispetto dei termini temporali fissati dal comma 1, senza incidere sulla necessità di una valutazione che investa gli altri presupposti di esercizio del potere (Cons. Stato, sez. II, 2 novembre 2023, n. 9415).
7. Nel caso di specie, l’amministrazione ha dato seguito all’istanza della ricorrente avviando un procedimento di riesame, all’esito del quale ha però ritenuto insussistenti i presupposti per intervenire ai sensi dell’art. 21-nonies.
7.1. Deve escludersi, in primo luogo, che l’annullamento dell’aggiudicazione costituisse esito vincolato del procedimento di autotutela a fronte dell’emersione di una causa di esclusione automatica, i cui effetti sulla partecipazione del concorrente sono interamente predeterminati dal Codice dei contratti pubblici. Il ragionamento della ricorrente sovrappone impropriamente il piano della procedura di gara – che è quello in cui si colloca la pronuncia dell’Adunanza plenaria 7/2024, intervenuta nell’ambito di un giudizio tempestivamente proposto avverso un provvedimento di aggiudicazione – e quello dell’autotutela – procedimento di secondo grado, diretto non al mero ripristino della legalità, bensì alla realizzazione dell’interesse pubblico – omologandone la disciplina e neutralizzando gli effetti derivanti dal decorso del tempo e dall’intervenuta inoppugnabilità del provvedimento di aggiudicazione.
7.2. L’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, nell’obbligare la stazione appaltante ad escludere dalla gara l’operatore economico responsabile di violazioni tributarie “gravi” e “definitivamente accertate”, detta una regola d’azione valevole nell’ambito della procedura di evidenza pubblica, cui è del tutto estraneo il trattamento delle irregolarità fiscali accertate dopo la sua conclusione, ad aggiudicazione ormai intervenuta (e consolidata). L’automatismo espulsivo sancito dall’art. 80, comma 4, per quanto indice della particolare rilevanza attribuita dal Codice al requisito della regolarità fiscale, non sottende in alcun modo un giudizio legislativo di assoluta e permanente insanabilità della violazione tributaria, né può giustificare un regime di “illegittimità rafforzata” dell’aggiudicazione, in grado di fondare una pretesa all’annullamento – pur in forma mediata da un’istanza di autotutela – slegata da ogni termine decadenziale.
7.3. A conferma del ragionamento, può richiamarsi la disciplina in materia di risoluzione del contratto, che contempla fattispecie in parte riconducibili al paradigma dell’autotutela pubblicistica (Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2022, n. 590). Tra queste, in particolare, il comma 1, lett. c), dall’art. 108 del d.lgs. 50/2016 stabilisce che le stazioni appaltanti “possono” (e non devono) risolvere il rapporto stipulato con l’aggiudicatario, qualora questi si sia trovato “al momento dell’aggiudicazione dell’appalto in una delle situazioni di cui all’art. 80, comma 1 … e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto” (comma 1).
7.4. Limitandosi a facoltizzare, senza imporla, la risoluzione del contratto instaurato a seguito di un’aggiudicazione illegittima, l’art. 108, comma 1, lett. c), del d.lgs. 50/2016 rimette alla stazione appaltante ogni considerazione in ordine alle conseguenze da ricondurre alla causa di esclusione successivamente emersa, facendo riemergere quella discrezionalità valutativa che era invece negata in corso di procedura. Pur se non direttamente applicabile alla vicenda (il contratto tra Dussmann e le Aziende sanitarie non è stato, infatti, ancora stipulato), la disposizione è indice della volontà legislativa di escludere – con la sola eccezione delle specifiche ipotesi di particolare gravità, contemplate nel comma 2 – che l’automatismo espulsivo si conservi anche dopo l’aggiudicazione, vincolando la stazione appaltante ad intervenire sul rapporto instaurato con il concorrente privo del requisito di partecipazione.
7.5. Riconoscere, pertanto, che «i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali)» – così l’Adunanza plenaria 7/2024 – non implica la necessità di sottoporre la carenza del requisito ad un trattamento giuridico omogeneo e corrispondente a quello dettato dall’art. 80, comma 4 per la fase di gara, facendone derivare sempre e inevitabilmente la caducazione dell’affidamento. Appare, al contrario, del tutto ragionevole che l’incidenza concreta del motivo di esclusione – ferma la sua attitudine a rilevare “fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali” – possa modularsi diversamente a seconda del suo momento di emersione, così da coordinarsi con altri contrapposti principi e interessi (il legittimo affidamento dell’operatore, l’interesse dell’amministrazione a proseguire in un rapporto già avviato ecc.).
8. In definitiva, la violazione fiscale “grave” e “definitivamente accertata” di obblighi tributari, cui si riferisce l’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, mentre determina l’esclusione automatica del concorrente ove accertata in corso di procedura, assume poi – qualora la circostanza non sia stata rilevata dalla stazione appaltante – la consistenza di un ordinario vizio di legittimità dell’aggiudicazione disposta a favore dell’operatore meritevole di sanzione espulsiva.
8.1. Come tutti i vizi del provvedimento, anche la violazione dell’art. 80, comma 4, dev’essere tempestivamente dedotta dalla parte interessata attraverso l’azione di annullamento, mentre dopo lo spirare dei relativi termini decadenziali può assumere rilievo solo all’interno del paradigma normativo dell’autotutela, nel rispetto delle altre condizioni sancite dall’art. 21-nonies della l. 241/1990.
8.2. Quanto detto vale, a fortiori, per i motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c e lett. c-bis del d.lgs. 50/2016 (cui la ricorrente fa riferimento nel secondo e nel terzo motivo), previsti a carico del concorrente che si sia “reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” o “abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, i quali presuppongono, anche ove accertati in corso di gara, una valutazione discrezionale dell’amministrazione.
9. Tra le condizioni per l’esercizio dell’autotutela riveste primario rilievo la sussistenza di “ragioni di interesse pubblico”, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata dal provvedimento (Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2020, n. 2691). Deve trattarsi, come noto, di un interesse pubblico attuale e concreto, da porre in comparazione con gli interessi delle parti coinvolte (“tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”), il cui apprezzamento è rimesso alle valutazioni, ampiamente discrezionali, dell’amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 2023, n. 9962).
10. La ricorrenza di tale presupposto è stata esclusa da Azienda Zero nell’impugnata nota di chiusura del procedimento, attraverso una motivazione sintetica, ma coerente ed immune da vizi di ragionevolezza.
10.1. Non può dirsi, in primo luogo, che l’amministrazione abbia compiuto valutazioni che le erano precluse dal Codice. Una volta negata la diretta operatività dell’automatismo escludente sancito dall’art. 80, comma 4, l’amministrazione non poteva che considerare in concreto la gravità della violazione e i suoi riflessi sull’affidabilità dell’operatore, elementi idonei a dare corpo a quelle “ragioni di interesse pubblico” che essa era chiamata ad apprezzare nel procedimento di cui all’art. 21-nonies, l. 241/1990.
10.2. In questo contesto, i riferimenti alle «indubbie peculiarità» del caso delineate nell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 7518/2024 (punto 4 della motivazione delle note impugnate) o alla «particolarità dell’irregolarità fiscale addebitata a Dussmann» (punto 5) non risultano affatto oscuri, né perplessi, richiamando una complessa vicenda i cui contorni fattuali e giuridici sono ben noti alla ricorrente, avendo costituito il presupposto della sua stessa istanza di autotutela.
10.3. La violazione accertata in capo a Dussmann ha riguardo, in particolare, al mancato pagamento di una sanzione di 18.000 euro, irrogata dal Segretariato generale della Giustizia amministrativa per ritardato versamento del contributo unificato. Tale pendenza non risultava dalle certificazioni acquisite dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC ed è stata sanata dall’operatore il 29 giugno 2022, ossia in data anteriore all’aggiudicazione di quella (come di questa) procedura.
10.4. Nel giudizio proposto innanzi al T.A.R. Lombardia, definito dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 7/2024, sono state respinte tutte le argomentazioni difensive di Dussmann – che sosteneva la natura non tributaria del contributo unificato e l’impossibilità di superare le risultanze delle certificazioni di regolarità fiscale delle competenti autorità – ed è stata riconosciuta l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta da ARIA S.p.a. a favore dell’operatore, il quale avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura.
11. Per effetto di quell’accertamento, risulta dunque provato che Dussmann ha perso il requisito della regolarità fiscale in corso di procedura, senza che la stazione appaltante ne abbia tempestivamente preso atto. È altrettanto vero, però, che – a prescindere da ogni questione circa il carattere colpevole o meno della condotta di Dussmann – la perdita del requisito di partecipazione si correla ad un debito tributario di importo irrisorio rispetto al valore del lotto oggetto del presente giudizio e alle dimensioni aziendali dell’operatore economico, facendo sorgere quei dubbi di costituzionalità dell’art. 80, comma 4 ampiamente argomentati, proprio con riferimento a questa specifica vicenda, dall’ordinanza n. 7518/2024 del Consiglio di Stato.
11.1 Il Consiglio di Stato si è interrogato, infatti, sulla ragionevolezza intrinseca di una disposizione che aggancia la valutazione della gravità della violazione tributaria “definitivamente accertata” ad un importo economico fisso e predeterminato (attualmente pari a 5.000 euro), insensibile al valore della procedura e definito per relationem mediante il richiamo ad una norma (l’art. 48-bis del d.P.R. 602/1973) che disciplina un particolare meccanismo compensativo-esattivo del debito tributario e risponde, quindi, a tutt’altra logica e funzione. Nel contesto dell’art. 80, comma 4, invece, tale richiamo «scolpisce un vero e proprio automatismo legale che esclude dal mercato delle commesse pubbliche l’operatore economico, indipendentemente dal valore dell’appalto, con risultati paradossali come avvenuto nel caso di specie in cui, a fronte di un appalto di importo complessivo quinquennale a base d’asta pari ad euro 9.543.000,00, un operatore economico del calibro di Dussmann service dovrebbe essere escluso per un debitum fiscale definitivamente accertato pari a soli 18 mila euro, dunque 530 volte inferiore a quello dell’appalto in causa» (valori che risultano ancor più sproporzionati nella presente vicenda, stante il maggior valore della commessa in argomento).
11.2. L’irragionevolezza della disposizione viene riscontrata, poi, anche attraverso il raffronto con la diversa disciplina dettata, nei successivi periodi dello stesso art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, in materia di violazioni fiscali «non definitivamente accertate», la cui gravità è definita – per il tramite del D.M. 28 settembre 2022 – in rapporto al valore dell’appalto (nella misura del 10%), in combinato con la fissazione di una soglia di irrilevanza de minimis in valore assoluto (35.000 euro).
12. La rimessione alla Corte costituzionale – disposta nell’ambito di un giudizio proposto, come quello definito dall’Adunanza plenaria 7/2024, contro un’aggiudicazione a favore di Dussmann – non assume rilevanza diretta nella presente vicenda, né, quindi, potrebbe fondare una eventuale sospensione impropria del giudizio. Deve, infatti, escludersi, come chiarito supra, l’operatività diretta dell’art. 80, comma 4 nel contesto di un procedimento di secondo grado. L’impianto motivazionale dell’ordinanza, tuttavia, ha evidentemente fornito ad Azienda Zero argomenti utili a supportare le proprie valutazioni discrezionali sulle “ragioni di interesse pubblico”, che era tenuta a considerare.
12.1. L’amministrazione – evidentemente richiamandosi al nesso di proporzionalità tra violazione e valore dell’appalto stabilito per le violazioni “non definitivamente accertate”, che la suddetta ordinanza n. 7518/2024 propone di estendere anche a quelle “definitivamente accertate” (cfr. punto 13 della relativa motivazione) – fa infatti riferimento al rapporto esistente «tra l’ammontare del debito fiscale predetto pari ad euro 18.000 … ed il 10 % dell’importo a base d’asta del lotto in questione», che è tale da non poter sensatamente alimentare una presunzione iuris et de iure di inaffidabilità di un grande operatore economico come Dussmann, nella cornice di un appalto di valore milionario.
12.2. Azienda zero ha rilevato, inoltre, che il debito di cui trattasi è stato «comunque estinto dal 29.6.2022», il che implica altresì la necessità di circoscrivere il giudizio di inaffidabilità ex lege dell’operatore, sotteso alla causa di esclusione, ad un ben determinato (e ormai esaurito) intervallo temporale, non essendo in discussione l’attuale regolarità fiscale di Dussmann.
13. Appare, pertanto, ragionevole e coerente con il ragionamento svolto da Azienda Zero, l’attribuzione di prevalenza «all’interesse pubblico alla conservazione dell’aggiudicazione del lotto rispetto alla posizione e all’interesse dell’operatore economico che segue in graduatoria».
13.1. L’esclusione postuma di Dussmann da una procedura di valore pari ad oltre 23 milioni di euro ciascuna, a fronte di un debito fiscale di 18.000 euro, estinto prima dell’aggiudicazione ed emerso a distanza di oltre un anno dalla conclusione della procedura, integrerebbe proprio quella sterile riaffermazione della legalità formale che non può giustificare l’esercizio dei poteri di autotutela. Si tratta, infatti, di una circostanza del tutto neutra rispetto al giudizio di permanente affidabilità dell’operatore economico, la cui estromissione dalla gara. con conseguente scorrimento della graduatoria a beneficio di un’offerta complessivamente meno meritevole, non risponderebbe ad alcun interesse pubblico attuale e concreto.
13.2. Una simile soluzione risulterebbe, inoltre, in aperto contrasto con il principio del risultato, codificato solo con il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), ma che deve intendersi immanente nel sistema (ex multis Cons. Stato, sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812) e, quindi, utilizzabile in chiave interpretativa anche rispetto a fattispecie (come quella in esame) regolate dal d.lgs. 50/2016 (Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924). Il principio del risultato, infatti, esclude che l’azione amministrativa possa essere vanificata ove non si ravvisino effettive ragioni ostative al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla procedura di evidenza pubblica, ossia l’affidamento del contratto al miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo e la sua esecuzione con la massima tempestività (cfr. Cons. Stato sez. VII, 1° luglio 2024, n. 5789).
14. Alla luce di quanto sopra, dev’essere respinto il secondo motivo di ricorso, che muove dal confutato presupposto dell’assenza di discrezionalità in capo all’amministrazione, ritenendosi il suo agire vincolato dall’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016.
14.1. L’automatismo sancito dalla disposizione non estende i suoi effetti alla presente fase di autotutela, né quindi può ritenersi che l’amministrazione abbia “disapplicato” la norma oggetto di rimessione alla Corte costituzionale, giacché essa non era comunque idonea a dettare la disciplina del caso di specie.
15. È infondato anche il terzo motivo, attraverso il quale la ricorrente sostiene che l’esclusione di Dussmann era imposta anche in forza dell’art. 80, comma 5, lett. c e c-bis del d.lgs. 50/2016, che sanzionano gli illeciti professionali e le omissioni dichiarative del concorrente.
15.1. Le suddette violazioni – diversamente da quella cui ha riguardo l’art. 80, comma 4 – non rivestono automatico effetto escludente neppure ove accertate in corso di gara, presupponendo un apprezzamento concreto circa la rilevanza della condotta sull’affidabilità dell’operatore (Cons. Stato, Ad. plen, 28 agosto 2020, n. 16). Proprio in forza di tale apprezzamento – a fortiori doveroso nell’ambito di un procedimento di secondo grado – Azienda Zero ha escluso sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto all’annullamento dell’atto, per le ragioni che si sono già esposte.
16. Dev’essere respinto anche il quinto motivo, volto a sindacare il contenuto delle valutazioni discrezionali di Azienda zero in punto di interesse pubblico all’annullamento. L’Operosa sostiene, in particolare, che esse confliggerebbero con le disposizioni del Codice e con i principi di legalità e tempus regit actum, nonché con l’art. 75 del d.P.R. 445/2000.
16.1. Il ragionamento disvela l’erronea convinzione secondo cui il bilanciamento di interessi sotteso all’art. 80, comma 4, dovrebbe imporsi anche in questa fase, assurgendo ad ineludibile criterio-guida della discrezionalità dell’amministrazione. Si tratta, in buona sostanza, di una riproposizione in altra forma dell’argomento volto ad estendere all’autotutela l’automatismo sancito dalla disposizione citata, su cui si è già ampiamente argomentato. Dovendo escludersi, invece, che le regole relative alla procedura di affidamento si applichino sic et simpliciter anche alla fase dell’autotutela, non si rinviene alcuna violazione delle norme e dei principi summenzionati.
16.2. Quanto, invece, all’art. 75 del d.P.R. 445/2000 – secondo cui “qualora dal controllo di cui all’articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera” – la disposizione non assume diretta rilevanza ai fini della presente vicenda.
16.2.1. Il meccanismo decadenziale sancito dall’art. 75 del d.P.R. 445/2000 non appare, in primo luogo, direttamente applicabile alle procedure di affidamento in materia di contratti pubblici, settore in cui opera la specifica disciplina sanzionatoria per le falsità dichiarative dettata dall’art. 80, comma 5 del d.lgs. 50/2016 (Cons. Stato, sez. I, 19 ottobre 2022, n. 1709), che prevede conseguenze differenziate a seconda della natura e della rilevanza della dichiarazione (cfr. lett. c-bis ed f-bis). Il provvedimento di aggiudicazione interviene, del resto, all’esito di un articolato procedimento e di una serie di attività valutative, per cui sarebbe difficile, se non impossibile, circoscrivere il perimetro dei benefici immediatamente riconducibili alla dichiarazione non veritiera, cui solo ha riguardo l’art. 75 del d.P.R. 445/2000 (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 2013, n. 1933).
16.2.2. In ogni caso, la fattispecie concreta non si presterebbe ad essere sussunta nella disposizione predetta. In primo luogo, infatti, la “non veridicità” della dichiarazione di Dussmann non è emersa a seguito “del controllo di cui all’articolo 71” – ossia quello effettuato “delle amministrazioni procedenti”, all’esito del quale era invece stata confermata la sussistenza del requisito in discussione – ma è effetto dell’accertamento compiuto nell’ambito di altro diverso contenzioso giurisdizionale, che solo incidentalmente ha assunto rilevanza per la procedura de qua.
16.2.3. Occorre, poi, considerare le innegabili specificità della fattispecie dichiarativa di cui la ricorrente assume la “non veridicità”. Essa ha avuto ad oggetto un dato di carattere tecnico-giuridico – la “regolarità contributiva” – la cui esistenza era attestata, al momento della presentazione dell’offerta, dalle certificazioni rilasciate dalle autorità competenti (cfr. doc. 12 di Azienda Zero), «facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti» (così la stessa Adunanza plenaria 7/2024).
16.2.4. Da un lato, quindi, la dichiarazione di Dussmann concerne un fatto complesso, per la cui compiuta ricostruzione giuridica – nel senso di potersi prescindere dalle risultanze delle certificazioni – è stato necessario l’intervento dell’Adunanza plenaria, il che rende difficile attribuire alla stessa, almeno al momento in cui essa è stata resa, un predicato di netta e assoluta “non veridicità”, rilevante ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. 445/2000.
16.2.5. Al contempo, il provvedimento di aggiudicazione neppure può dirsi emanato “sulla base della dichiarazione non veritiera”, giacché la dichiarazione di Dussmann era stata oggetto di molteplici riscontri (sempre con esito positivo) da parte di Azienda Zero. Ne consegue l’impossibilità di rinvenire quel rapporto causale tra la “dichiarazione non veritiera” e i “benefici eventualmente conseguenti al provvedimento”, cui l’art 75 del d.P.R. 445/2000 fa discendere la sanzione decadenziale (Cons. Stato, sez. III, 23 febbraio 2023, n. 1887).
17. Dal rigetto dei motivi sopra esaminati deriva la carenza di interesse all’esame del primo e del quarto motivo, il cui accoglimento non potrebbe comunque condurre all’annullamento del provvedimento, di carattere plurimotivato, per le ragioni innanzi esposte.
17.1. Anche a voler ritenere erronee le argomentazioni di Azienda Zero in punto di consumazione del termine di dodici mesi per l’esercizio del potere di autotutela (primo motivo) e a voler considerare estranei al giudicato formatosi sulla procedura (cfr. le sentenze del Consiglio di Stato nn. 6720, 6721 e 6723 del 2024) i profili di illegittimità dedotti da L’Operosa (quarto motivo), l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione resterebbe impedito dalle valutazioni relative all’interesse pubblico, che hanno resistito ai motivi formulati dalla ricorrente.
18. Il ricorso principale deve, pertanto, essere respinto.
19. Ne deriva l’improcedibilità, per carenza di interesse, sia del ricorso incidentale proposto da Dussmann, che della domanda di rivalsa formulata da Azienda Zero nei confronti di Dussmann.
20. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dichiara improcedibili il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata e la domanda di rivalsa proposta dall’amministrazione resistente.
Condanna la ricorrente a rifondere all’amministrazione resistente e alla controinteressata le spese di giudizio, che si liquidano nella somma di € 3.000,00, oltre spese generali e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Polidori, Presidente
Andrea De Col, Primo Referendario
Luca Emanuele Ricci, Primo Referendario, Estensore
Guida alla lettura
Con sentenza n. 2878 dello scorso 3 dicembre la Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale Veneto, pronunciandosi in tema di autotutela della Pubblica Amministrazione in caso di violazioni gravi e accertate – emerse dopo l’aggiudicazione - ha affermato il principio secondo cui: “L’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, nell’obbligare la stazione appaltante ad escludere dalla gara l’operatore economico responsabile di violazioni tributarie “gravi” e “definitivamente accertate”, detta una regola d’azione valevole nell’ambito della procedura di evidenza pubblica, cui è del tutto estraneo il trattamento delle irregolarità fiscali accertate dopo la sua conclusione, ad aggiudicazione ormai intervenuta (e consolidata)”.
In particolare, il giudizio promosso dinanzi alla Terza Sezione del Tar Veneto ha ad oggetto un diniego di autotutela ex art. 21-nonies, l. n. 241/1990 e quindi l’esercizio di un potere di secondo grado, costituente «manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l’amministrazione per la tutela dell’interesse pubblico» (Cons. Stato, Sez. V, 9 gennaio 2024, n. 301).
A tal proposito, i Giudici sottolineano che la discrezionalità investe non solo il contenuto della determinazione da adottare, ma la stessa scelta di avviare il procedimento: si ritiene, infatti, che l’istanza di autotutela costituisca, generalmente, una mera sollecitazione priva di valore giuridicamente cogente, a fronte della quale non è configurabile alcun obbligo di provvedere (Cons. Stato, Sez. IV, 21 maggio 2024, n.4518).
Del tutto residuali risultano, evidenzia la Terza Sezione, le ipotesi di autotutela c.d. “doverosa”, da circoscriversi ai soli casi stabiliti dalla legge o a quelli in cui emergano eccezionali e conclamate esigenze di giustizia, riferite ad interessi di particolare rilievo: in queste ultime ipotesi, individuate dalla giurisprudenza, la doverosità dell’autotutela riveste peraltro carattere “attenuato”, facendo sorgere solo l’obbligo dell’amministrazione – eventualmente coercibile nelle forme dell’azione avverso il silenzio – di procedere al riesame del provvedimento, senza che ciò importi necessariamente la sua rimozione.
Nella sentenza si specifica che neppure assume carattere di doverosità l’annullamento d’ufficio di un provvedimento conseguito sulla base di “false rappresentazioni dei fatti”, circostanza che, ai sensi dell’art. 21-nonies, comma 2-bis della legge sul procedimento, consente unicamente di prescindere dal rispetto dei termini temporali fissati dal comma 1, senza incidere sulla necessità di una valutazione che investa gli altri presupposti di esercizio del potere (Cons. Stato, Sez. II, 2 novembre 2023, n. 9415).
Orbene, nel caso sottoposto all’esame del Tar Veneto, l’amministrazione ha dato seguito all’istanza della ricorrente avviando un procedimento di riesame, all’esito del quale ha però ritenuto insussistenti i presupposti per intervenire ai sensi dell’art. 21-nonies.
In primo luogo, i Giudici hanno escluso che l’annullamento dell’aggiudicazione costituisse esito vincolato del procedimento di autotutela a fronte dell’emersione di una causa di esclusione automatica, i cui effetti sulla partecipazione del concorrente sono interamente predeterminati dal Codice dei contratti pubblici.
Sostiene il Collegio che il ragionamento della ricorrente sovrappone impropriamente il piano della procedura di gara – che è quello in cui si colloca la pronuncia dell’Adunanza plenaria 7/2024, intervenuta nell’ambito di un giudizio tempestivamente proposto avverso un provvedimento di aggiudicazione – e quello dell’autotutela – procedimento di secondo grado, diretto non al mero ripristino della legalità, bensì alla realizzazione dell’interesse pubblico – omologandone la disciplina e neutralizzando gli effetti derivanti dal decorso del tempo e dall’intervenuta inoppugnabilità del provvedimento di aggiudicazione.
Infatti, l’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, nell’obbligare la stazione appaltante ad escludere dalla gara l’operatore economico responsabile di violazioni tributarie “gravi” e “definitivamente accertate”, detta una regola d’azione valevole nell’ambito della procedura di evidenza pubblica, cui è del tutto estraneo il trattamento delle irregolarità fiscali accertate dopo la sua conclusione, ad aggiudicazione ormai intervenuta (e consolidata).
Nella sentenza si legge che l’automatismo espulsivo sancito dall’art. 80, comma 4, per quanto indice della particolare rilevanza attribuita dal Codice al requisito della regolarità fiscale, non sottende in alcun modo un giudizio legislativo di assoluta e permanente insanabilità della violazione tributaria, né può giustificare un regime di “illegittimità rafforzata” dell’aggiudicazione, in grado di fondare una pretesa all’annullamento – pur in forma mediata da un’istanza di autotutela – slegata da ogni termine decadenziale.
A conferma del ragionamento, il Collegio richiama la disciplina in materia di risoluzione del contratto, che contempla fattispecie in parte riconducibili al paradigma dell’autotutela pubblicistica.
In particolare, tra queste, il comma 1, lett. c), dall’art. 108 del d.lgs. 50/2016 stabilisce che le stazioni appaltanti “possono” (e non devono) risolvere il rapporto stipulato con l’aggiudicatario, qualora questi si sia trovato “al momento dell’aggiudicazione dell’appalto in una delle situazioni di cui all’art. 80, comma 1 … e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto” (comma 1).
Dunque, l’art. 108, comma 1, lett. c), del d.lgs. 50/2016, limitandosi a facoltizzare, senza imporla, la risoluzione del contratto instaurato a seguito di un’aggiudicazione illegittima, rimette alla stazione appaltante ogni considerazione in ordine alle conseguenze da ricondurre alla causa di esclusione successivamente emersa, facendo riemergere quella discrezionalità valutativa che era invece negata in corso di procedura.
Ad avviso della Terza Sezione, la disposizione è indice della volontà legislativa di escludere – con la sola eccezione delle specifiche ipotesi di particolare gravità, contemplate nel comma 2 – che l’automatismo espulsivo si conservi anche dopo l’aggiudicazione, vincolando la stazione appaltante ad intervenire sul rapporto instaurato con il concorrente privo del requisito di partecipazione.
Nella sentenza si precisa che riconoscere che «i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali)» – così l’Adunanza plenaria 7/2024 – non implica la necessità di sottoporre la carenza del requisito ad un trattamento giuridico omogeneo e corrispondente a quello dettato dall’art. 80, comma 4 per la fase di gara, facendone derivare sempre e inevitabilmente la caducazione dell’affidamento.
Ad avviso del Collegio appare del tutto ragionevole che l’incidenza concreta del motivo di esclusione – ferma la sua attitudine a rilevare “fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali” – possa modularsi diversamente a seconda del suo momento di emersione, così da coordinarsi con altri contrapposti principi e interessi (il legittimo affidamento dell’operatore, l’interesse dell’amministrazione a proseguire in un rapporto già avviato ecc.).
In definitiva, la violazione fiscale “grave” e “definitivamente accertata” di obblighi tributari, cui si riferisce l’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016, mentre determina l’esclusione automatica del concorrente ove accertata in corso di procedura, assume poi – qualora la circostanza non sia stata rilevata dalla stazione appaltante – la consistenza di un ordinario vizio di legittimità dell’aggiudicazione disposta a favore dell’operatore meritevole di sanzione espulsiva.
Dunque, come tutti i vizi del provvedimento, anche la violazione dell’art. 80, comma 4, dev’essere tempestivamente dedotta dalla parte interessata attraverso l’azione di annullamento, mentre dopo lo spirare dei relativi termini decadenziali può assumere rilievo solo all’interno del paradigma normativo dell’autotutela, nel rispetto delle altre condizioni sancite dall’art. 21-nonies della l. n. 241/1990.
Ad avviso dei Giudici questo vale, a fortiori, per i motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c e lett. c-bis del d.lgs. n. 50/2016 (cui la ricorrente fa riferimento nel secondo e nel terzo motivo), previsti a carico del concorrente che si sia “reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” o “abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, i quali presuppongono, anche ove accertati in corso di gara, una valutazione discrezionale dell’amministrazione.
Tra le condizioni per l’esercizio dell’autotutela, rammenta il Collegio, riveste primario rilievo la sussistenza di “ragioni di interesse pubblico”, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata dal provvedimento (Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2020, n. 2691): deve trattarsi, come noto, di un interesse pubblico attuale e concreto, da porre in comparazione con gli interessi delle parti coinvolte (“tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”), il cui apprezzamento è rimesso alle valutazioni, ampiamente discrezionali, dell’amministrazione (Cons. Stato, Sez. VI, 21 novembre 2023, n. 9962).
La Terza Sezione del Tar Veneto richiama – altresì - il principio del risultato, che sebbene codificato solo con il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023), deve intendersi immanente nel sistema (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 2024, n. 7571; Cons. Stato, Sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812) e, quindi, utilizzabile in chiave interpretativa anche rispetto a fattispecie (come quella in esame) regolate dal d.lgs. n. 50/2016 (Cons. Stato, Sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924).
Il principio del risultato, infatti, esclude che l’azione amministrativa possa essere vanificata ove non si ravvisino effettive ragioni ostative al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla procedura di evidenza pubblica, ossia l’affidamento del contratto al miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo e la sua esecuzione con la massima tempestività (cfr. Cons. Stato sez. VII, 1° luglio 2024, n. 5789).