La disciplina dell’accesso agli atti delle procedure di affidamento ed esecuzione di un contratto pubblico era specificamente prevista dall’art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016, oggi sostituito dagli artt. 35 e 36 del nuovo Codice dei contratti pubblici.  

Conformemente a quanto sostenuto dalla migliore giurisprudenza, può dirsi che la disciplina speciale dell’accesso agli atti di gara trova le sue ragioni, da una parte, nella esigenza di garantire la massima trasparenza nel confronto competitivo che si svolge tra i partecipanti alla procedura, i quali sottopongono la loro offerta alla valutazione della stazione appaltante; dall’altra, tuttavia, è necessario evitare che l’ostensione in corso di gara, durante le fasi che connotano la procedura di evidenza pubblica, consenta al partecipante alla gara di conoscere le componenti dell’altrui offerta e conseguentemente di modulare la propria, in quanto è evidente che verrebbe in tal modo alterata la competizione tra i concorrenti.

Anche a procedura conclusa, in ogni caso, si è posta la necessità di bilanciare l’esigenza di trasparenza con l’interesse del concorrente a non vedere divulgate componenti dell’offerta che possano svelare il nucleo tecnico essenziale del proprio processo produttivo o del proprio prodotto.

In tal senso, quindi, sia l’art. 53 del codice abrogato sia le nuove norme in materia di accesso nelle procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, richiamando espressamente l’art. 22 e ss. della L. n. 241/90, prevedono una disciplina dell’accesso diretta a stabilire un punto di equilibrio tra l’esigenza di trasparenza e l’esigenza di riservatezza dell’offerente, in particolare su aspetti di natura commerciale o industriale che possano alterare il dialogo competitivo tra le parti.

A tal proposito,  nella Relazione al nuovo Codice appalti di cui al decreto legislativo n.36/2023, si evidenzia come la conoscenza tempestiva della documentazione di gara dei concorrenti e di quella formata dalla Stazione appaltante, nella gestione delle singole procedure, sia indispensabile per verificare se siano stati rispettati i princìpi della par condicio dei partecipanti e della concorrenza, nonché le regole che presidiano il legittimo affidamento degli appalti pubblici, anche a tutela dell’interesse pubblico alla loro regolare esecuzione.

Il nuovo art. 35 del D.Lgs. n. 36/2023, al comma 1, introduce le modifiche alla disciplina sull’accesso e riservatezza agli atti dei contratti pubblici necessarie all’allineamento della procedura di accesso all’utilizzo delle piattaforme di e-procurement. In particolare, si prevede la possibilità per chiunque di accedere direttamente ai dati ed alle informazioni inseriti nelle piattaforme, con un esplicito riferimento all’art. 5-bis del D.Lgs. n. 33/2013.  

La norma, recependo quindi i principi espressi dalla Plenaria 10 del 2020, estende l’utilizzo dell’istituto dell’accesso civico generalizzato alla materia dei contratti pubblici, quale strumento finalizzato a garantire la partecipazione al dibattito pubblico e a consentire la conoscenza di dati e informazioni che renda possibile quel controllo democratico che l’istituto mira a conseguire.

È pertanto evidente che il legislatore del nuovo Codice, nel bilanciamento tra principio di trasparenza e diritto alla riservatezza dei concorrenti, sembra propendere verso il primo, seppur con i limiti che si impongono per tutelare l’esigenza di riservatezza dell’offerente, in merito agli aspetti dell’offerta coperti da segreto commerciale o industriale, da valutarsi, tuttavia, case by case, in relazione al caso specifico.

In tal senso, sembra orientarsi anche la giurisprudenza più recente, intervenuta nelle prime applicazioni dell’art. 35, cit., in tema di rapporto tra accesso agli atti ex art. 35 cit., e accesso civico generalizzato di cui all’art. 5-bis cit.

Il TAR Veneto, Sez. I con la recentissima sentenza del 27 novembre 2024 n. 2827, ribadendo il principio espresso dalla Plenaria,  ha confermato, “a proposito del rapporto tra le diverse tipologie di accesso, i principi ermeneutici stabiliti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione del 2 aprile 2020, n. 10, secondo cui: L'istanza di accesso documentale ben può concorrere con quella di accesso civico generalizzato e la pretesa ostensiva può essere contestualmente formulata dal privato con riferimento tanto all'una che all'altra forma di accesso”.

Pertanto, “se è vero che l'accesso documentale e quello civico generalizzato differiscono per finalità, requisiti e aspetti procedimentali…la pubblica amministrazione, nel rispetto del contraddittorio con eventuali controinteressati, deve esaminare l'istanza nel suo complesso, nel suo «anelito ostensivo», evitando inutili formalismi e appesantimenti procedurali tali da condurre ad una defatigante duplicazione del suo esame. […]

Tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi e tuttavia, come si è detto, le due fattispecie di accesso ben possono concorrere, senza reciproca esclusione, e completarsi”.

In sintesi, quindi, l’istanza di accesso agli atti può valere al contempo sia come istanza di accesso documentale sia come istanza di accesso civico (tanto semplice quanto generalizzato): il che si verifica appunto “quando il privato abbia presentato un’istanza “ancipite”, vale a dire senza espressamente menzionare né l’una né l’altra tipologia di accesso”.

Il TAR Campania, Napoli con la sentenza del 26 settembre 2024 n. 5114, ha evidenziato, sempre in tema di accesso generalizzato agli atti di gara,  come l’amministrazione investita della richiesta di ostensione da parte del quisque de populo è tenuta a consegnare tutta la documentazione in proprio possesso, richiamando - ancora una volta - i principi espressi dalla Plenaria n. 10 del 2020, e affermando che esso trova il suo limite soltanto qualora abbia ad oggetto, come previsto dall’art. 35, comma 4 lettera a), del D.L.gs. n. 36/2023, “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione delle medesime che costituiscano segreti tecnici o commerciali, nel caso in cui l’offerente fornisca comprovata e motivata dichiarazione”.  

Particolari connotazioni assume poi l’accesso agli atti di gara, qualora esso avvenga a scopi difensivi.

Ricordiamo come sia l’art. 53, cit. (ormai abrogato) sia l’attuale art. 35, cit. richiamino, nella disciplina dell’accesso difensivo, l’art. 24 della L. n. 241/90.

In tal senso, il comma 6 della abrogata disposizione di cui all’art. 53, cit. prevedeva che: “In relazione all'ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l'accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.

 Le ipotesi, cui faceva riferimento la norma, erano le sole “informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali”.

L’art. 35 nuovo Codice appalti prevede che, in relazione all’ipotesi di cui al comma 4, lettere a) e b), numero 3), ossia  le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali, e  “le piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale”, è consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara.

La nuova disciplina in tema di accesso agli atti di gara sembra ricollocarsi nel solco della precedente normativa, pur dando maggiore vigore ai requisiti procedimentali nella richiesta di ostensione; in particolare, viene “normativizzato” quello che era il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di accesso difensivo agli atti ex art. 24 L. n. 241/90, circa la necessità dello stretto collegamento tra l’atto di cui si chiede l’ostensione e le esigenze difensive

Il legislatore del 2023 recepisce, infatti, quello che era un principio espresso, in tema di accesso difensivo di cui all’art. 24, cit., dall’Adunanza Plenaria n. 19/2020 secondo cui: “L’accesso difensivo è costruito come una fattispecie ostensiva autonoma, caratterizzata (dal lato attivo) da una vis espansiva, capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi; e connotata (sul piano degli oneri) da una stringente limitazione, ossia quella di dovere dimostrare la «necessità» della conoscenza dell’atto o la sua «stretta indispensabilità», nei casi in cui l’accesso riguarda dati sensibili o giudiziari” (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 settembre 2020, n. 19).

Il requisito della stretta indispensabilità, richiesto ai fini dell’ostensione dei documenti della procedura di gara, ci riporta (quindi) al consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, che, nell’individuare il perimetro del sindacato della amministrazione e del Giudice amministrativo sul requisito della necessità o indispensabilità dell’atto, ha precisato che: “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, per cui si impone al giudice di accertare se la conoscenza della documentazione amministrativa richiesta è potenzialmente utilizzabile a fini di difesa, giudiziale o stragiudiziale, di interessi giuridicamente rilevanti.. e non anche la ricevibilità, l'ammissibilità o la rilevanza dei documenti richiesti rispetto al giudizio principale, sia esso pendente o meno” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 1121).

Una interpretazione più “elastica” del requisito della indispensabilità degli atti oggetto della istanza di ostensione è stata fornita di recente dal TAR Calabria, Catanzaro, che, con ordinanza n. 1567 del 6 novembre 2024, ha ritenuto che: “L’impresa che ha partecipato ad una procedura aperta per l’affidamento di un accordo quadro e che ha impugnato il provvedimento che ha accertato il mancato raggiungimento della soglia minima di punteggio (oltre che l’aggiudicazione alla controinteressata), ha diritto ex art. 35, comma 5, D.Lgs. n. 36/2023, di accedere all’offerta tecnica dell’aggiudicataria in versione integrale, anche se nell’istanza di accesso non ha ben precisato le ragioni per le quali la conoscenza di detto documento è necessario per contestare la sua esclusione, trattandosi di una questione che attiene propriamente al merito della controversia principale”.

Ciò che è stato evidenziato dalla giurisprudenza, quindi, è come l’interesse difensivo sotteso all’esercizio del diritto di accesso ai documenti di gara, per espressa previsione normativa, debba prevalere su quello alla riservatezza dell’aggiudicataria, e ciò anche a prescindere dalla non comprovata esistenza dei segreti commerciali e industriali, in quanto solo genericamente dedotti dall’operatore economico (Cons. Stato, Sez. III, 23 febbraio 2024, n. 1832).

Tale principio si desume anche dalla specifica e peculiare disciplina, prevista dall’art. 36, comma 2 D.Lgs. n. 36/2023, del procedimento di accesso agli atti, nella fase successiva alla conclusione della gara.

La norma prevede infatti che: “L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90” (comma 1) e che “agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate (comma 2). Viene specificato che “nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte … indicate dagli operatori …(comma 3).

Come emerge dal delineato quadro normativo, la Stazione appaltante è obbligata, in via automatica e immediatamente, a mettere a disposizione dei primi cinque classificati nella procedura, oltre che i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, riconoscendo un diritto di accesso ancor più ampio ai primi cinque concorrenti in graduatoria.

La finalità della norma, come si evince nella stessa Relazione illustrativa al Codice degli appalti, è proprio quella di consentire all’interessato di potersi orientare con immediatezza sulla opportunità dell’impugnativa

Recentemente Il TAR Campania, Napoli, nella sentenza n. 5215 del 4 ottobre 2024, nel ribadire come durante lo svolgimento della procedura selettiva prevalgono le esigenze di riservatezza degli offerenti, ha affermato che, successivamente all’aggiudicazione, anche la preclusione della divulgazione delle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali, recede quando l’accesso  sia funzionale alla difesa in giudizio degli interessi dell’istante in relazione alla procedura di affidamento del contratto. 

Infine, uno dei temi su cui si è incentrato il dibattito giurisprudenziale è stato quello dell’accesso agli atti durante la fase esecutiva del contratto, laddove l’ostensione attiene agli atti definitivi successivi alla procedura di gara.

In tal senso, la giurisprudenza ha compiuto negli anni notevoli sforzi interpretativi, per riconoscere la legittimazione all’accesso nella fase esecutiva del contratto al concorrente escluso, ritenendo sussistere l’interesse, attuale, concreto e qualificato, all’accesso generalizzato ex art. 5-bis del D.Lgs. n. 33/2013, qualora il fine difensivo sia ravvisato nella riedizione della gara.

L’Adunanza Plenaria n. 10/2020, in relazione alla possibilità di applicare, in tutto o in parte, la disciplina dell’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA) di cui al D.Lgs. n. 33/2013, come modificato dal successivo D.Lgs. n. 97/2016, ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal Codice dei contratti pubblici, ha fissato il principio secondo cui: “è  ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale i provvedimenti definitivi adottati dalla stazione appaltante”.

Tali principi sono stati ripresi e confermati dalla recentissima sentenza del Consiglio di Stato n. 8848 del 5 novembre 2024, che ha riconosciuto la sussistenza dell’interesse attuale, concreto e diretto ad ottenere l’ostensione dei documenti, qualora l’istante evidenzi, con sufficiente chiarezza, le concrete circostanze potenzialmente idonee a prefigurare, sia pure in termini di eventualità, un’apprezzabile prospettiva di risoluzione del contratto aggiudicato a un altro operatore.

Il Consiglio di Stato precisa come “la sussistenza dell’interesse a ottenere la documentazione reclamata non può, poi, negarsi per il solo fatto che, a seguito della risoluzione contrattuale, la stazione appaltante debba procedere all’indizione di una nuova gara, senza poter scorrere la graduatoria, atteso che anche l’interesse meramente strumentale alla riedizione della procedura è idoneo a sorreggere l’istanza di accesso”.