Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 24 ottobre 2024, n. 2282

Ai sensi dell’art. 36, commi 1, 2, 3 e 4 del D.lgs. n. 36/2023 la Stazione appaltante è obbligata, in via automatica e immediata, a mettere a disposizione dei primi cinque classificati nella procedura ad evidenza pubblica, non solo i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, ma altresì le offerte degli altri quattro concorrenti, salvo procedere all’oscuramento di queste nelle parti che “costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. Una volta messi a disposizione tali documenti, le impugnazioni delle “decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte” devono avvenire con il rito speciale di cui al comma 4.

 

Pubblicato il 24/10/2024

N. 02882/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02546/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2546 del 2024, proposto da Cooperativa Sociale Società Dolce Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Pettinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

Azienda Speciale Consortile Medio Olona Servizi Alla persona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Pellegrino e Antonio Passaro, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Milano, largo Schuster n. 1; 

nei confronti

Codess Sociale Societa' Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Emiliano Bandarin Troi, Flavia Degli Agostini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

Progetto A Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Enrico Di Ienno, Lucia Licata, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per l'annullamento

del provvedimento di diniego di accesso integrale alla documentazione della gara avente ad oggetto l’“affidamento del servizio educativo di assistenza scolastica e servizi accessori dei Comuni di Castellanza, Fagnano Olona, Gorla Maggiore, Gorla Minore, Marnate, Olgiate Olona, Solbiate Olona per il periodo 1.08.2024-31.07.2027”, richiesta con istanza del 06.08.2024, e per l’accertamento del diritto della ricorrente all’accesso agli atti richiesti;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda Speciale Consortile Medio Olona Servizi Alla persona, della Codess Sociale Società Cooperativa Sociale e della Progetto A Società Cooperativa Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2024 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato che

con determinazione a contrarre n. 9/2024, l’Azienda Speciale Consortile Medio Olona ha indetto una gara per l’affidamento del servizio educativo di assistenza scolastica e servizi accessori dei Comuni di Castellanza, Fagnano Olona, Gorla Maggiore, Gorla Minore, Marnate, Olgiate Olona, Solbiate Olona per il periodo 1.08.2024-31.07.2027;

in data 29.7.2024 la stazione appaltante ha pubblicato sulla piattaforma telematica e ha comunicato ai concorrenti – tra cui la Cooperativa Sociale Società Dolce soc.coop. – il provvedimento n. 23 del 29.7.2024 con cui è stata disposta l’aggiudicazione della gara in favore della Codess Sociale Società Cooperativa Sociale e con cui sono state accolte le richieste di oscuramento degli atti di gara formulate dai partecipanti ai sensi dell’art. 35, d.lgs. n. 36/2023, ed è stata, quindi, consentita la trasmissione delle offerte tecniche in forma oscurata ai quattro operatori partecipanti alla gara;

in data 6 agosto 2024 la Cooperativa Sociale Società Dolce soc.coop ha domandato all’Azienda Speciale Consortile Medio Olona l’accesso alle offerte tecniche ed economiche dei primi due classificati nelle parti non ostese, ai verbali di valutazione delle due offerte, alla nota redata dalla RTI Codess del 17.7.2024 e al verbale del 29.7.2024;

con ricorso notificato il 3.10.2024 la Cooperativa Sociale Società Dolce soc.coop. ha domandato l’annullamento del diniego perfezionatosi sull’istanza di accesso e, da ultimo, con la trasmissione documentale del 26.9.2024, con cui l’Azienda Speciale Consortile Medio Olona ha nuovamente osteso solo parzialmente le offerte del primo e del secondo classificato;

l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dall’Azienda Speciale Consortile Medio Olona, dalla Codess Sociale Società Cooperativa Sociale e dalla Progetto A Società Cooperativa Sociale è fondata;

l’art. 36 d.lgs. n. 36/2023 disciplina il procedimento di accesso agli atti, nella fase successiva alla conclusione della gara, prevedendo che “l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90” (comma 1) e che “agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate” (comma 2). Viene specificato che “nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte … indicate dagli operatori …” (comma 3). Con norma di carattere processuale si prevede, poi, che “le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili ai sensi dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione” (comma 4);

la Stazione appaltante è, quindi, obbligata, in via automatica e immediatamente, a mettere a disposizione dei primi cinque classificati nella procedura, oltre che i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, anche le offerte degli altri quattro concorrenti, salvo procedere all’oscuramento di queste nelle parti che “costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”;

una volta messi a disposizione tali documenti, le impugnazioni delle “decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte” devono avvenire con rito speciale di cui al comma 4;

nel caso di specie il ricorso è stato notificato (il 3.10.2024) e depositato (il 9.10.2024), ben oltre il termine di dieci giorni decorrente dalla comunicazione dell’aggiudicazione effettuata dalla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 36, c. 1, d.lgs. n. 36/2023, in data 29 luglio 2024 ed è pertanto tardivo (doc. 1 dell’Azienda Consortile Medio Olona);

né può certo valere a rimettere in termini la ricorrente la successiva presentazione di un’istanza con cui ha chiesto di potere accedere alle offerte nelle parti oscurate, pena l’aggiramento del termine di decadenza previsto all’art. 36, d.lgs. n. 36/2023: il diniego formatosi su di essa ha invero carattere meramente confermativo della decisione di oscuramento adottata con il provvedimento n. 23 del 29.7.2024;

per le ragioni esposte il ricorso deve essere dichiarato irricevibile;

la novità del rito giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente

Silvia Cattaneo, Consigliere, Estensore

Silvia Torraca, Referendario

 

Guida alla lettura

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano nella sentenza in commento è chiamato a confrontarsi con il tema dell’accesso agli atti dei pubblici incanti.

La quaestio iuris posta all’attenzione del Tar meneghino ruota intorno alle conseguenze procedimentali e processuali del comportamento omissivo della Stazione appaltante o dell’ente gestore che si sia tradotto in una mancata “messa a disposizione”, integrale o parziale, delle offerte e della restante documentazione di gara a favore dei primi cinque concorrenti utilmente classificati in graduatoria; e attiene precipuamente all’individuazione della disciplina applicabile a tale fattispecie sia sul versante procedimentale sia su quello processuale.

Nel confrontarsi con la quaestio iuris poc’anzi delineata il Tar prende le mosse dalla considerazione che l’art. 36, D.lgs. n. 36/2023 reca, nei commi 1, 2 e 3, la disciplina del procedimento di accesso agli atti nella fase successiva alla conclusione della gara e stabilisce, nel comma 4, con previsione di carattere processuale, che le decisioni su eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte indicate dagli operatori economici sono impugnabili ex art. 116, c.p.a. con ricorso notificato entro 10 giorni dalla comunicazione digitale di avvenuta aggiudicazione.

Dalle previsioni richiamate ad avviso del Tribunale Amministrativo Regionale si evincerebbe che la Stazione appaltante sia obbligata, in via automatica e immediata, a mettere a disposizione dei primi cinque classificati nella procedura, oltre ai verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, anche le offerte degli altri quattro concorrenti, salvo procedere all’oscuramento di queste nelle parti che “costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. Una volta messi a disposizione tali documenti, le impugnazioni delle “decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte” devono avvenire con rito speciale di cui al comma 4.

Secondo il Giudice amministrativo il ricorso che ha dato origine alla vicenda de qua sarebbe stato notificato e depositato ben oltre il termine dei 10 giorni decorrenti dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, previsto dall’art. 36, c. 1, D.lgs. n. 36/2023. Inoltre, la successiva presentazione dell’istanza di accesso alle offerte delle concorrenti nelle parti oscurate non varrebbe a rimettere in termini la Cooperativa Sociale Società Dolce Soc. Coop., pena l’aggiramento del termine di decadenza prescritto dall’art. 36, c. 1, D.lgs. n. 36/2023. Il diniego formatosi su tale istanza avrebbe infatti carattere meramente confermativo della decisione di oscuramento adottata dalla SUA.

È di palmare evidenza che il Tar non abbia esaminato nel merito né la domanda di accertamento della spettanza in capo alla ricorrente Cooperativa Sociale Società Dolce Soc. Coop. del diritto all’accesso a tutta la documentazione relativa alla procedura ad evidenza pubblica de qua né la domanda di condanna dell’Amministrazione resistente, ai sensi dell’art. 116, c. 4 c.p.a., all’esibizione della documentazione stessa, richiesta con istanza del 6.08.2024.

Erroneamente si è arrestato a una pronuncia in rito dichiarativa dell’irricevibilità del ricorso.

Senza giungere alle conclusioni radicali cui era pervenuta la Suprema Corte di Cassazione prima del Codice del rito amministrativo, quando aveva ritenuto di poter sindacare al lume dell’art. 111 Cost. il modo in cui il giudice amministrativo esercitava la sua giurisdizione in tema di risarcimento del danno, censurando le pronunce del Consiglio di Stato di inammissibilità della domanda risarcitoria sul presupposto che si trattasse di un vero e proprio “rifiuto di giurisdizione[1], pare innegabile che l’erronea pronuncia di primo grado abbia impedito l’esame nel merito della domanda, così ledendo il diritto delle parti e, in specie, della Cooperativa Sociale Società Dolce Soc. Coop. ad una decisione per l’appunto nel merito.

Un’erronea pronuncia in rito si è tradotta in una omessa pronuncia nel merito. Un’ipotesi che, peraltro, pur se non ricompresa nel catalogo di cui all’art. 105 c.p.a. sui casi di rimessione al primo giudice, un condivisibile recente orientamento della giurisprudenza amministrativa, in consapevole linea di discontinuità con l’indirizzo tradizionale, opina vi rientri attraverso la categoria e lo spazio della lesione del diritto di difesa, di cui invece è fatta menzione[2].

Significativamente, all’indomani della legge Tar del 1971, erano emerse in seno alla giurisprudenza amministrativa talune tesi orientate a sostenere che, nell’ipotesi in cui il giudice avesse erroneamente dichiarato con sentenza di rito l’irricevibilità del ricorso, l’irricevibilità statuita erroneamente integrasse il “difetto di procedura” di cui parlava l’allora art. 35 della legge Tar[3].

Ebbene, dalla tesi volta a ricondurre l’erronea dichiarazione di irricevibilità nel novero dei casi di annullamento con rinvio si evincerebbe – per quanto qui interessa – che l’erronea chiusura in rito del giudizio di primo grado e, più in generale, l’erronea declaratoria di inammissibilità (irricevibilità o improcedibilità) sia “legata”, anzitutto, alla possibile lesione dei diritti della difesa sub specie di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. e di privazione delle parti del doppio grado di giudizio nel merito. In secondo luogo, alla menzionata nozione di “rifiuto di giurisdizione”, come emergente da alcune pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione rese in sede di ricorso avverso le sentenze del Consiglio di Stato per motivi di giurisdizione. Di tal che, l’erronea dichiarazione di irricevibilità del ricorso sarebbe qualificabile alla stregua di una pronuncia che abbia erroneamente declinato la giurisdizione, rifiutandone l’esercizio. Infine, alla possibile violazione dell’obbligo di motivazione della sentenza. Nella pronuncia resa dal Tar paiono ravvisabili, tutte e tre i profili di collegamento, quantomeno, il primo e il terzo.

Nel pronunciare la sentenza in forma semplificata de qua il Tar milanese sembra aver del tutto pretermesso i principi generali poc’anzi evocati, elaborati dalla dottrina processuale civilistica, condivisi per lo più dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa e financo recepiti dal Codice del rito amministrativo.

Alla luce di tali principi la statuizione di irricevibilità del ricorso di primo grado appare una pronuncia “a sorpresa” in quanto prima facie lesiva dei diritti della difesa della Cooperativa Sociale Società Dolce Soc. Coop. e precipuamente in contrasto con la regola fondamentale enunciata dall’art. 112 c.p.c., ossia il principio della corrispondenza tra richiesto e il pronunciato o principio della disponibilità dell’oggetto del processo.

Ben noti i principi sull’ordine delle questioni, sanciti dal combinato disposto degli artt. 76, c. 4 c.p.a. e 276, c. 2 c.p.c., il Tar in ossequio al menzionato ordine avrebbe dovuto affrontare in un primo tempo le questioni processuali e in secondo tempo le questioni attinenti al merito e, in particolare, l’esame dei motivi di ricorso. Inoltre, in virtù del principio di economia processuale, avrebbe dovuto esaminare, fra le questioni processuali, per prime le questioni processuali attinenti unicamente alla forma del processo e per seconde le questioni di ordine processuale attinenti a presupposti correlati ai profili del merito della controversia. Dunque, compiere prima la verifica della sussistenza dei presupposti di ricevibilità del ricorso – come ha fatto – poi il riscontro della sussistenza delle condizioni dell’azione – come non ha fatto –.

Fra i primi doveri dell’ufficio giurisdizionale del giudice nel pronunciarsi su una domanda di tutela rientra infatti la verifica, preliminare e fondamentale, che sussistano tutti i presupposti e le condizioni affinché la pronuncia debba essere emessa.

Nell’affrontare la questione processuale relativa all’eccezione di irricevibilità sollevata dalle parti in contraddittorio, tuttavia, il Giudice di prime cure avrebbe dovuto muovere dalla “giusta” premessa normativa. Al contrario, il Tar ha preso le mosse da un assunto errato, dal quale inevitabilmente sono derivate conseguenze errate. Invero, ha individuato la disciplina applicabile alla fattispecie che occupa, afferente all’accesso agli atti di una procedura selettiva per l’affidamento di una commessa pubblica, nel D.lgs. n. 36/2023 e, in specie, negli artt. 35 e 36. Poi ha assunto quale termine di decorrenza per la proposizione del ricorso giurisdizionale quello indicato dall’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023 in combinato disposto con gli artt. 35, D.lgs. n. 36/2023 e 116 c.p.a.. Ancora, ha ravvisato il superamento del termine decadenziale ivi contemplato, considerato che il ricorso è stato notificato il 3.10.2024 e depositato il 9.10.2024. Infine, stante la ritenuta esistenza ab initio di un vizio procedurale che impone l’arresto del processo in limine litis, è pervenuto alla erronea decisione finale di irricevibilità del ricorso per tardività.

Si impone dunque di delineare l’esatta fattispecie oggetto della vicenda de qua al fine di individuare la normativa ad essa applicabile.

La vicenda che occupa ruota intorno alla fattispecie della mancata “messa a disposizione” degli atti di gara, da parte di una Stazione appaltante, in favore di un soggetto legittimato ex lege all’esercizio del diritto di accesso ai medesimi.

Invero, la Cooperativa, in quanto “concorrente” nella gara di cui trattasi e anzi rientrante nel novero dei soggetti legittimati “a pieno titolo”, ossia dei cinque concorrenti classificatasi per primi in graduatoria, avrebbe avuto diritto di essere “messa nella condizione” di poter acquisire - automaticamente e immediatamente - fin dalla trasmissione della comunicazione di aggiudicazione, tutti i documenti della procedura cui aveva partecipato e di apprenderne il contenuto, attingendoli direttamente alla piattaforma di approvvigionamento digitale in uso presso la SUA. Ma così non è stato.

In disparte il rinnovato rapporto di fiducia reciproca tra Stazione appaltante e operatore economico, ispirato ai principi di leale collaborazione e di buona fede, configurato dal legislatore nel Nuovo Codice, la SUA contestualmente alla comunicazione dell’aggiudicazione ha omesso di rendere disponibili parte degli atti, dei dati e dei documenti di gara, così impedendo alla ricorrente di esercitare il diritto di accesso documentale, di cui era ed è titolare ex lege per fini conoscitivi e difensivi.

A questo punto, si paventava il problema concreto di come poter accedere a tutta la documentazione di gara utile a tutelare le proprie posizioni giuridiche soggettive, atteso che l’aggiudicazione appariva illegittima già prima facie - ossia pur in mancanza dei documenti - e vi era la necessità di visionare gli atti per decidere se agire o meno in giudizio.

Stante il vuoto di normativa sul punto la Cooperativa si è vista “costretta” dapprima a presentare una istanza di accesso e poi, a fronte dell’inerzia serbata dalla Stazione appaltante, a proporre ricorso giurisdizionale avverso il silenzio-diniego perfezionatosi sulla richiesta ostensiva, al fine di poter conseguire la condanna della medesima alla esibizione integrale della documentazione di gara.

Bene ha fatto la Cooperativa Sociale Società Dolce Soc. Coop. a promuovere dinanzi al Giudice amministrativo il processo speciale ordinario di cui all’art. 116 c.p.a. poiché la sua richiesta di accesso documentale agli atti di gara non è riconducibile alla procedura semplificata di cui all’art. 36, D.lgs. n. 36/2023, come ritenuto dal Tar, ma si sviluppa attraverso il procedimento previsto dagli artt. 22 ss., L. n. 241/1990. Invero, il ricorso giurisdizionale in primo grado è stato proposto dalla Cooperativa non al fine di impugnare le decisioni di accoglimento assunte dalla SUA sulle richieste di oscuramento di parti delle offerte tecniche recanti “segreti tecnici o commerciali” avanzate dai partecipanti alla gara bensì allo scopo di poter accedere a vari documenti che la SUA, nell’ambito della fase amministrativa del procedimento di accesso, aveva omesso di rendere disponibili “attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25” dalla medesima utilizzata”, ai sensi dell’art. 36, c. 1, D.lgs. n. 36/2024.

Se così è, a venire in rilievo nella vicenda che occupa è una fattispecie ben diversa da quella presa in considerazione e disciplinata dal legislatore nell’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023, ritenuta sussistente dal Tar.

A ben vedere, dunque, l’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023 non è applicabile al caso di specie. Di tal che, non sono applicabili i termini processuali “derogatori” da esso stabiliti.

Alla luce delle suesposte argomentazioni la normativa di carattere processuale che si sarebbe dovuta applicare ai fini della proposizione del ricorso avverso il silenzio-rifiuto perfezionatosi sulla istanza ostensiva presentata dalla Cooperativa è proprio quella evocata dalla stessa: la disciplina prevista dall’art. 116 c.p.a..

Ne deriva che il ricorso giurisdizionale in primo grado è stato promosso tempestivamente dalla Cooperativa ai sensi dell’art. 116 c.p.a., sicché esso era ricevibile. Conseguentemente, l’eccezione di irricevibilità che le altre parti avevano sollevato proprio in forza di tale riferimento normativo – l’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023 – resta priva di fondamento e dunque ictu oculi infondata.

Rebus sic stantibus, non si comprende affatto come il Giudice di prime cure abbia potuto evocare l’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023.

Difficile pensare si tratti di una mera “svista”. Sembra piuttosto che il Tar non abbia tenuto in alcuna considerazione non solo, sul versante processuale, gli evocati principi generali del diritto processuale civile valevoli anche per l’ambito del diritto amministrativo, ma neppure il sistema normativo dell’accesso agli atti dei pubblici incanti, oggi decisamente più articolato e complesso di quanto lasci intendere nella sentenza resa sulla vicenda, soprattutto a causa della – ancora – recente entrata in vigore del Nuovo Codice dei contratti pubblici.

Al contrario, avrebbe “dovuto” ricordare che tale sistema si compone di plurime normative, che rinvengono la propria sedes materiae precipuamente nella Legge 7 agosto 1990, n. 241, recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, e nel relativo Regolamento di attuazione previsto dal d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.

Ancora, sul Tar incombeva il “dovere” di tenere a mente che le menzionate normative, come già evidenziato dalla stessa giurisprudenza amministrativa in vigenza del Codice dei contratti pubblici del 2016, “non vanno “poste” in termini di accentuata differenziazione, ma piuttosto di complementarità[4], nel senso che le disposizioni contenute nella Legge 7 agosto 1990, n. 241 devono trovare applicazione ogniqualvolta non si rinvengano previsioni derogatorie nel Codice dei contratti pubblici.

A tale riguardo il Giudice di primo grado avrebbe “dovuto” considerare che, nel variegato sistema normativo dell’accesso agli atti dei pubblici incanti, né l’art. 36 né altra norma del Codice dei contratti pubblici si preoccupa di modificare o integrare, sul versante processuale, l’art. 116 c.p.a. provocando, come ben evidenziato da taluni, il seguente doppio binario processuale[5]. Da una parte, il processo ultra-speciale dinanzi al giudice amministrativo, avente ad oggetto la valutazione da parte della stazione appaltante della richiesta di segretazione dell’offerta tecnica presentata da un concorrente, disciplinato dall’art. 36, commi 4, 7 e 8, D.lgs. n. 36/2023. Dall’altra, il processo speciale ordinario dinanzi al giudice amministrativo, avente ad oggetto le richieste di accesso documentale agli atti del ciclo di vita del contratto non riconducibili stricto iure alla procedura semplificata di cui all’art. 36 del Nuovo Codice del 2023, ma che si sviluppano attraverso la procedura di cui agli artt. 22 ss., L. n. 241/1990 (ad esempio, accesso ai documenti contenenti dati giudiziari, accesso all’offerta tecnica nella parte recante segreti tecnici e commerciali, accesso civico generalizzato ai sensi dell’art. 5, c. 2, D.lgs. n. 33/2013).

Va ancora osservato che sembra che il Giudice di prime cure abbia inteso condividere la lettura estensiva dell’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36, secondo cui il procedimento descritto si applicherebbe altresì all’ipotesi in cui la Stazione appaltante non metta a disposizione dei concorrenti, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla gara appena conclusa. Lettura, che peraltro non è stata condivisa dallo stesso Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia con la pronuncia della Sezione IV, 30 settembre 2024, n. 2520, intervenuta su una fattispecie del tutto analoga.

Così come sembra che a tale scelta il Giudice di prime cure sia stato mosso da ragioni – esclusivamente, per quanto poc’anzi argomentato – di celerità nella definizione della controversia, stante le ristrettissime tempistiche processuali imposte da tale disposizione. E tanto, non considerando che i termini processuali, a dir poco contenuti, previsti dal comma 4 dell’art. 36 determinano una arbitraria e irragionevole compressione del diritto di agire in giudizio.

Invero, detti termini “costringono” il concorrente interessato a conoscere il contenuto di un qualsiasi documento di gara, in caso di immediata e spontanea ostensione della predetta documentazione da parte della Stazione appaltante a incardinare il giudizio ai sensi dell’art. 116 c.p.a., sostanzialmente “al buio”, nel ristretto termine di 10 giorni dalla comunicazione di aggiudicazione, senza essere prevista – e neppure possibile – una previa interlocuzione alcuna, in sede procedimentale, con la Stazione appaltante. Il che dimostra anche come il Giudice di prime cure abbia pretermesso di considerare che la sede naturale per la composizione – secondo la tecnica del bilanciamento – degli interessi, coinvolti in una vicenda è il procedimento, non il processo celebrato avanti al giudice, soprattutto ove si tratti di rimedio impugnatorio, quale è il giudizio in materia di accesso, sebbene poi l’art. 116 c.p.a. riconosca al giudice ampi poteri di accertamento e condanna. 

In definitiva, il Tar pare non avere in alcun modo considerato che termini processuali così brevi arrecano un significativo vulnus al diritto alla tutela giurisdizionale o al processo, o diritto di azione, in cui si sostanzia il diritto della difesa del concorrente interessato all’accesso, che la Costituzione nell’art. 24, c. 1 Cost riconosce a “tutti[6].

Se il Tribunale Amministrativo Regionale meneghino avesse preso le mosse da siffatta “giusta” premessa normativa non avrebbe potuto che respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Stazione appaltante, dall’aggiudicatario e dal secondo classificato, in quanto fondata su un errato addentellato normativo: l’art. 36, c. 4, 7 e 8, D.lgs. n. 36/2023 in combinato disposto con l’art. 116 c.p.a. in luogo degli artt. 22 ss. e in specie dell’art. 24, c. 7, L. n. 241/1990 in combinato disposto con l’art. 116 c.p.a..

A ben vedere, dunque, la questione della ricevibilità del ricorso – pur se di più agevole e “pronta soluzione” – era affatto risolutiva della controversia in primo grado.

Bene avrebbe fatto il Tar a condividere il principio di diritto affermato dalla citata pronuncia 30 settembre 2024, n. 2520. E, dunque, ritenere che ove la Stazione appaltante in violazione dell’art. 36, c. 1 e 2, D.lgs. n. 36/2023 ometta, integralmente o parzialmente, di “mettere a disposizione” dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara debba seguirsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti regolato dalla L. n. 241/1990 e applicarsi la disciplina processuale evincibile dall’art. 116 c.p.a. - senza deroghe - non essendo applicabili le previsioni relative al rito “super speciale” dettate dall’art. 36, c. 4 e 7, D.lgs. n. 36/2023[7].


[1]Cass. civ., S.U. n. 30254/2008; Cass. civ., S.U. n. 13659/2006.

[2]Cga Sicilia, 24 gennaio 2018, n. 33; in termini analoghi per il caso di omesso esame di una domanda CdS, Sez. IV, 12 marzo 2018, n. 1535.

[3]V. CdS, Ad. plen. n. 18/1978, richiamata da Cga Sicilia 24 gennaio 2018, n. 33.

 

[4]Tar Puglia, Bari, Sez. I, 4 marzo 2019, n. 315.

[5]S. Toschei, Norme procedimentali e processuali in tema di accesso, Commento all’art. 36 del D.lgs. n. 33/2016, in A. Botto e S. Castrovinci Zenna (a cura di), Commentario alla normativa sui contratti pubblici, Torino, 2024, 372.

[6]C. cost. 18 marzo 1957, n. 46.

[7]Tale principio è espresso da Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 30 settembre 2024, n. 2520. Conformi: Tar. Lazio, Roma, Sez. IV, 1° luglio 2024, n. 13225; CdS, Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 12 aprile 2024, n. 1083; CdS, Sez. V, 2 aprile 2024, n. 3008; CdS, sez. V, 15 marzo 2023, n. 2736; Tar. Lombardia, Milano, Sez. IV, 15 novembre 2023, n. 2658; CdS, Sez. III, 1° agosto 2022, n. 6750; CdS, Sez. V, 22 luglio 2022, n. 6448; CdS, sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792; C. cost., n. 204/2021; CdS, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12.