L’analisi del D. Lgs. 31 marzo 2023, 36 non può prescindere da una valorizzazione del contesto socio- economico che ha giustificato la riforma in esame. Le difficoltà di sviluppo del Paese, acuite dalle conseguenze della recente emergenza pandemica, hanno, infatti, indotto il legislatore ad intervenire

– nuovamente- nel settore dei contratti pubblici, alla ricerca di un apriscatole giuridico in grado di risolvere le problematiche del rapporto, prima procedimentale e poi contrattuale, tra p.a. e privato.

Giova sul punto soggiungere che talvolta, con sintesi incompleta e forse sin troppo semplicistica, si eleva a scopo primario del nuovo Codice la necessità di debellare il fenomeno della burocrazia difensiva, che si concreta, nell’accezione passiva, nella cosiddetta “paura della firma”, ossia nel timore di adottare atti provvedimentali utili per l’interesse pubblico, ma forieri di responsabilità per il funzionario pubblico; nell’accezione attiva, nella ossessiva ripetizione di procedure sostanzialmente ultronee, ma utili a scongiurare conseguenze penali, civili e/o erariali. L’assunto, seppur non inesatto, impone di chiarire che, invero, lo scopo precipuo del D. Lgs 36/2023 è la ripresa della crescita del Paese; traguardo che postula, quale “tappa intermedia”, l’eliminazione della burocrazia difensiva.

Ebbene, l’obiettivo sopra richiamato impone un trasparente, corretto ed effettivo confronto tra una pluralità di operatori economici propedeutico all’individuazione di un contraente affidabile, diligente e capace, che garantisca la tempestività dell’esecuzione e il miglior rapporto possibile qualità prezzo. Il principio del risultato, infatti, non ha riguardo solo alla rapidità e alla economicità della prestazione, ma anche alla qualità (Cons. di Stato n. 11322/2023; Cons. di Stato, sez. III, 27 maggio 2024, n. 4701). La concorrenza, dunque, nella logica del nuovo codice dismette “i panni” di risultato dell’azione amministrativa per ricoprire quelli di strumento necessario per assicurare non un accesso al mercato indiscriminato, ma la partecipazione del numero più elevato possibile di operatori economici in grado di soddisfare le esigenze pubbliche sottese alla singola procedura.

Le finalità segnalate risultano “compendiate” nell’art. 10 del Codice, rubricato principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione. I principi suddetti, invero, seppur formalmente distinti, sono intrinsecamente e indissolubilmente connessi: la massima partecipazione impone di definire con esattezza i margini di discrezionalità della p.a. nella fissazione dei requisiti di accesso alla gara, “vietando” previsioni escludenti prive di base legislativa e/o di attinenza alla procedura o in ogni caso sproporzionate.

 

Come si avrà modo di esporre, il punto di equilibrio tra la tassatività delle cause di esclusione e la massima partecipazione è rappresentato dal principio di proporzionalità. Quest’ultimo, in particolare, si declina in idoneità, in necessarietà e proporzionalità in senso stretto. La prima allude all’adeguatezza della misura rispetto allo scopo prefissato, la seconda all’assenza di strumenti alternativi e la terza all’equilibrio e alla giustizia del sacrificio imposto al privato.

Il comma 1, infatti, recita: “i contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite”; il comma 2, inoltre, assegna carattere tassativo alle cause di esclusione di cui agli artt. 94 (che enuclea le ipotesi di esclusione automatica) e 95 del Codice (esclusione non automatica), che integrano i bandi e le lettere di invito afferenti ai requisiti di partecipazione di ordine generale, e stabilisce la nullità delle clausole che prevedono cause di esclusione ulteriori rispetto a quelle contemplate nelle norme sopra richiamate (esse, in particolare, si considerano non apposte).

Il comma 3 precisa, però, che fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, la stazione appaltante può introdurre requisiti speciali di carattere tecnico- professionale e/o economico-finanziario, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, favorendo l’interesse pubblico al maggior numero possibile di concorrenti e, compatibilmente con la necessaria riduzione della spesa pubblica, e l’accesso alle piccole e medie imprese. La proporzionalità, dunque, costituisce in uno alla attinenza il parametro di legittimità delle determinazioni della committente pubblica, idoneo a distinguere una clausola illegittimamente anticoncorrenziale da una clausola finalizzata alla definizione delle caratteristiche tecnico professionali ed economico-finanziarie imprescindibili per poter eseguire il contratto oggetto di affidamento.

Come chiarito dalla dottrina e dalla giurisprudenza, però, l’art. 10 impone di distinguere tra clausole afferenti ai requisiti di ordine generale, la cui tipizzazione è rimessa esclusivamente al legislatore, e quelli di ordine speciale.

Le clausole introduttive di cause di esclusione per carenza dei requisiti di ordine generale differenti da quelle previste dalla legge sono nulle e si considerando non apposte. Da ciò deriva che non sussiste l’onere dell’operatore economico di impugnare le previsioni del bando di gara contrarie al comma 2, essendo sufficiente l’impugnazione del provvedimento “a valle” applicativo della clausola nulla (da reputarsi non apposta). La nullità in commento, infatti, ha carattere parziale, riguardando solo le clausole invalide e non l’intero provvedimento.

Operatore economico che, invece, avrà l’onere di impugnare entro i termini decadenziali sanciti dalla legge (30 giorni dalla pubblicazione del bando) le clausole illegittime concernenti i requisiti speciali.

 

Si osserva, infatti, che la nullità, che nel diritto amministrativo non assurge a ipotesi di invalidità generale, è “comminata” dal legislatore solo per le clausole collidenti con il comma 2 (v. anche TAR Sicilia, sentenza 23 febbraio 2024, n. 703, che richiama l’Adunanza Plenaria 22 del 2020).

I principi di cui all’art. 10 del D. Lgs. 36/2023 nel primo anno di applicazione hanno alimentato un intenso dibattito giurisprudenziale. Si è registrato un contrato interpretativo, innanzitutto, sulla legittimità del provvedimento di esclusione dell’operatore economico per mancata effettuazione del sopralluogo.

La III sezione del Tar Sicilia- sez. staccata di Catania con la sentenza n. 3738/2023 ha dato risposta positiva al quesito. Secondo la pronuncia in commento a tale esito interpretativo è possibile addivenire valorizzando non solo il comma 3 dell’art. 10, ma anche il principio del risultato ex art. 1 e il principio di fiducia di cui all’art. 2.

Il Collegio siciliano osserva, in particolare, che il miglior risultato possibile impone alla p.a. di selezionare sin dalla genesi della procedura operatori che dimostrino diligenza, professionalità e affidabilità. In tale ottica, secondo l’iter argomentativo del TAR Sicilia-Catania, il concorrente che non esegue il sopralluogo denoterebbe una “insanabile” inaffidabilità e finirebbe per “tradire” la fiducia riposta dalla stazione appaltante nei suoi confronti.

Il Giudice di prime cure, richiamando la giurisprudenza formatosi durante la vigenza del Codice del 2016, evidenzia che all’adempimento in esame vada assegnata valenza sostanziale e non meramente formale e soggiunge che la base normativa che legittima la previsione escludente contenuta nella lex specialis può ritenersi l’art. 92, I comma, D. Lgs 36/2023 che recita: “le stazioni appaltanti, fermi quelli minimi di cui agli articoli 71, 72, 73, 74, 75 e 76, fissano termini per la presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte adeguati alla complessità dell’appalto e al tempo necessario alla preparazione delle offerte, tenendo conto del tempo necessario alla visita dei luoghi, ove indispensabile alla formulazione dell’offerta, e di quello per la consultazione sul posto dei documenti di gara e dei relativi allegati.”. La norma, infatti, secondo la sentenza in esame, renderebbe ammissibile la qualificazione della visita dei luoghi quale step indispensabile per la formulazione dell’offerta.

A conclusioni opposte perviene, invece, la sentenza n. 140/2024 del TAR Lazio- Roma, sez. II bis. Il Collegio sottolinea, innanzitutto, che il principio di tassatività assume nel nuovo Codice una valenza e un ambito applicativo più stringenti rispetto alla disciplina previgente, come si desume proprio dalla inclusione del suddetto tra i principi generali del nuovo Codice e dalla sua strumentalità rispetto all’accesso al mercato. Da ciò deriva, secondo l’impostazione esegetica in commento, che non può

 

richiamarsi nell’attuale contesto normativo la giurisprudenza in ordine alla natura sostanziale del sopralluogo, formatasi durante la vigenza dell’art. 83 D. Lgs. 50/2016.

Il Giudice soggiunge che non può assegnarsi all’art. 92 valore di base normativa “legittimante” la previsione contenuta nella lex specialis, giacché essa è norma che si rivolge all’Amministrazione, non all’operatore economico.

Pur non volendo prendere posizione nell’ambito del segnalato contrasto interpretativo, è interessante soffermarsi sul tema in commento e sui capisaldi argomentativi delle sentenze testé analizzate, che forniscono interpretazioni opposte delle medesime norme.

Pare il caso, innanzitutto, di ribadire che il comma 1 dell’art. 10 statuisce che l’operatore economico non può ottenere l’affidamento del contratto pubblico qualora venga accertata una casa di esclusione espressamente definita dal codice; esigenza di tipizzazione delle ipotesi di esclusione che viene ribadita e ulteriormente precisata dal comma 2 e, parzialmente derogata con riferimento ai requisiti di ordine speciale, al comma 3.

Appare evidente, dunque, che il legislatore subordini l’esclusione di una impresa, quindi l’esito contrario alla partecipazione (e all’accesso al mercato), all’attuazione di una disposizione normativa inequivoca. In particolare, come osservato anche dalla dottrina, al di là delle ipotesi di cui agli artt. 94 e 95, l’impresa può essere estromessa dalla gara laddove violi una norma imperativa che impone a pena di esclusione un requisito o un adempimento.

Orbene, come evidenziato dal Tar Lazio, tali caratteristiche non sembrano connotare l’art. 92, norma che secondo il Tar Sicilia legittimerebbe la clausola che impone il sopralluogo. La norma in commento, infatti, è rivolta all’Amministrazione, in specie è finalizzata a garantire all’operatore un termine sufficiente per la domanda di partecipazione e per la presentazione dell’offerta ogniqualvolta sia indispensabile la visita dei luoghi.

Risulta, dunque, contrario alla ratio legis e al dato letterale fondare l’esclusione dell’operatore economico su una norma, che, lungi dal delineare una causa di esclusione espressamente definita, ha la funzione di tutelare le ragioni del concorrente.

Vi è di più, tale esito appare del tutto sproporzionato. In astratto, infatti, è del tutto possibile che un operatore economico che ha eseguito il sopralluogo presenti soluzioni tecniche inattuabili e del tutto collidenti con lo stato dei luoghi; parimenti, il concorrente che non ha visitato i luoghi potrebbe comunque presentare una offerta realizzabile tempestivamente ed espressione del miglior rapporto qualità prezzo possibile.

 

Con maggior intento esplicativo, è del tutto irragionevole escludere aprioristicamente l’operatore economico per la mancata esecuzione del sopralluogo, senza indugiare sulle caratteristiche e sulla fattibilità della proposta tecnica. Difetterebbe l’idoneità giacché l’esclusione non sarebbe coerente con l’obiettivo (i.e. la tempestiva scelta dell’offerta che garantisca il miglior rapporto qualità prezzo), la necessarietà (atteso che l’esclusione potrebbe, invece, essere disposta una volta appurata l’irrealizzabilità dell’offerta) e la proporzionalità in senso stretto (posto che il privato verrebbe escluso in assenza di un effettivo vantaggio per l’interesse pubblico).

Il Tar Sicilia- Palermo (sentenza n. 703/2024), invece, ha ritenuto legittima la previsione di un bando di gara afferente all’affidamento di un appalto integrato in cui veniva imposto ai fini della partecipazione un peculiare rapporto tra l’operatore economico e il soggetto incaricato della progettazione. In particolare, la lex specialis imponeva un rapporto di lavoro subordinato, di lavoro parasubordinato o la costituzione di un raggruppamento temporaneo di professionisti.

Il Collegio Siciliano, innanzitutto, esclude che la clausola in commento potesse integrare una ipotesi di nullità, giacché diretta a definire i requisiti tecnico-professionali. Il Tar ha, inoltre, ritenuto del tutto ragionevole e proporzionata la decisione di richiedere oltre il nominativo del progettista, anche specifiche indicazione idonee a dimostrare l’adeguatezza e la qualificazione dei componenti della struttura operativa.

La previsione, inoltre, risulta coerente con l’art. 44, comma 3, che statuisce che in caso di affidamento di un appalto integrato i concorrenti devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, oppure avvalersi di progettisti qualificati indicati nell’offerta o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati.

L’esclusione dell’operatore economico è stata, peraltro, reputata coerente con il principio della fiducia, giacché l’amministrazione ha ragionevolmente deciso di estromettere dalla gara l’impresa che ingenerava dubbi sulla stabilità del rapporto con il soggetto incaricato del servizio di progettazione.

Epilogo analogo per la controversia definita dal Consiglio di Stato, sez. V., con la sentenza n. 1372/2024, riguardante la fornitura di un sistema di rilevamento elettronico delle infrazioni al limite della velocità, per la quale veniva richiesto, quale requisito di ordine speciale di capacità tecnico professionale, lo svolgimento di un servizio analogo per una durata pari a quella del contratto oggetto di affidamento.

Il Collegio, in specie, ha osservato che tale previsione della lex specialis non può considerarsi contraria ai principi di proporzionalità e di ragionevolezza, in quanto è di certo logico e ragionevole

 

e per nulla eccessivo richiedere che l’operatore che si aggiudica un appalto di servizi debba comprovare la sua esperienza professionale nello stesso settore nell’arco di un decennio antecedente alla pubblicazione del bando per un periodo di tempo continuativo almeno corrispondente a quello di esecuzione del servizio di specie.

Nel caso concreto, in particolare, la clausola del bando di gara era diretta a garantire che l’operatore economico individuato potesse assicurare la qualità e l’affidabilità del sistema di rilevazione della velocità dei veicoli, attesa anche la rilevanza del predetto sistema per la sicurezza stradale e considerata, altresì, l’esigenza di scongiurare sanzioni ingiuste dettate da un rilevatore di velocità inadeguato.

Contrario al principio di tassatività delle cause di esclusione è stato, invece, ritenuto il disciplinare di gare per l’affidamento dell’appalto integrato per la riqualificazione del trasporto pubblico urbano di Taranto, di importo superiore a € 83.000.000,00, nella parte in cui postulava per il possesso del requisito di capacità professionale afferente alla categoria prevalente OG3 (superiore ad € 41.000.000,00) la costituzione di un RTI (TAR Lecce, sez. II, sentenza 15/03/2024, n. 386).

La previsione della lex specialis, in particolare, era viziata da una erronea interpretazione delle norme in materia di qualificazione SOA, in specie con riferimento all’art. 2, commi 5 e 6, dell’allegato II.12 del D. Lgs. 36/2023. Secondo la stazione appaltante, infatti, giacché il comma 5 fissa convenzionalmente l’importo della classifica VIII in € 20.658.00,00, pur considerando l’incremento del quinto, non sarebbe possibile per il singolo operatore “acquisire” o dimostrare il requisito se non ricorrendo al Raggruppamento temporaneo di imprese, con specificazione delle singole quote di esecuzione.

La norma in commento, infatti, fissa sì convenzionalmente l’importo della classifica in € 20.658.000,00, ma chiarisce al successivo comma 6 che per appalti di importo superiore alla predetta soglia è sufficiente che l’operatore dimostri nei 5 anni precedenti una cifra d’affari non inferiore a 2,5 volte l’importo posto a base di gara.

Alla luce di quanto esposto, l’introduzione per “mano amministrativa” di una causa di esclusione che postuli l’insufficienza dei criteri sopra elencati (classifica VIII e cifra d’affari) è nulla per contrarietà agli artt. 10 e 100, comma 12, D. Lgs. 36/2023. Del resto, il bando di gara e il disciplinare si connotavano per una intrinseca contraddittorietà, atteso che, da un lato, consentivano la partecipazione dell’operatore singolo, dall’altro imponevano per la categoria prevalente il raggruppamento.

 

Il Tar Puglia-Lecce, inoltre, osserva che la soluzione prospettata dalla Stazione appaltante risulta contraria al principio di proporzionalità, che impone di rifuggire da soluzione interpretative eccessivamente restrittive e con effetto sostanzialmente anticoncorrenziale.

Ebbene, senza volersi sottrarre all’interrogativo posto dall’incontro formativo odierno, è indubbio che il D. Lgs. 36/2023 sottende un proposito rivoluzionario per un ordinamento giuridico caratterizzato da una elevata (rectius eccessiva) parcellizzazione normativa e da un’azione amministrativa spesso pachidermica: fornire all’interprete un corpus normativo esaustivo, omnicomprensivo, idoneo a garantire in tempi rapidi l’individuazione del contraente “migliore” in grado di eseguire il contratto pubblico tempestivamente.

Il primo anno di giurisprudenza attesta inequivocabilmente che i principi generali del Codice assurgono non a meri criteri esegetici, ma a parametri di legittimità indispensabili per assicurare il fine “rivoluzionario” sopra descritto e segnano il definitivo passaggio da una logica meramente pro- concorrenziale alla logica del risultato.

La giurisprudenza si è mostrata pronta a recepire il cambio di rotta segnato dal D. Lgs 36/2023, ma un esito effettivamente rivoluzionario postula un approccio analogo da parte della pubblica amministrazione, a cui spetta il compito di adottare provvedimenti coerenti con i principi di cui al titolo I del libro I. Se l’intento del legislatore troverà una risposta applicativa all’altezza del dato normativo, l’esito sarà rivoluzionario e la sfida potrà dirsi vinta: lo sviluppo e la crescita del Paese.