Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2024, n. 6848

  1. In tema di sopravvenienze normative, la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio di Stato distingue la fase precedente la conclusione del procedimento, che avviene con l’emanazione del provvedimento espresso, da quella successiva. Le sopravvenienze, sia di fatto che di diritto, rilevano e devono essere tenute in debito conto dall’amministrazione procedente, durante la fase procedimentale che va dalla presentazione dell’istanza fino all’emanazione del procedimento conclusivo.
  2. È lo stesso principio del tempus regit actum, reclamato dall’appellante, ad imporre tale soluzione, in quanto al provvedimento amministrativo si applica la normativa in vigore al momento della sua adozione. A tale procedimento – autonomo, per quanto connesso al contratto di concessione – non può che applicarsi la cornice normativa vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale, in applicazione proprio del principio tempus regit actum.

Pubblicato il 30/07/2024

N. 06848/2024REG.PROV.COLL.

N. 08412/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8412 del 2022, proposto da Italgeco Scarl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Tozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Angelo Piazza in Roma, piazza San Bernardo, n. 101.

contro

Comune di San Marco Evangelista, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Adinolfi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosanna Panariello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Caserta, non costituita in giudizio.

nei confronti

Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Campania, non costituita in giudizio.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. 6100/2022.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Marco Evangelista e della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2024 il Cons. Maurizio Santise e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. In data 20.6.2014, la società appellante depositava presso il Comune di San Marco Evangelista una "proposta per la progettazione definitiva ed esecutiva della costruzione e gestione del cimitero comunale" a cui faceva seguito, in data 22.1.2015, l'approvazione del progetto preliminare e la nomina del promotore.

In data 9.5.2018, il Comune pubblicava il bando di gara avente ad oggetto la "Progettazione esecutiva, direzione dei lavori e coordinamento sicurezza, la realizzazione dei lavori e la gestione dell'ampliamento del cimitero comunale di San Marco Evangelista". La procedura di gara veniva aggiudicata alla società odierna appellante, con provvedimento n. 33395 del 5.12.2018 e successivo decreto n. 1022 del 16.01.2019 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti — Provveditorato Interregionale delle Opere Pubbliche per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata — SUA di Caserta. L'efficacia del provvedimento di aggiudicazione veniva dichiarata a mezzo della determinazione n. 13 dell'11.04.2019.

Con delibera di Giunta Comunale n. 124 del 28.12.2019 veniva approvato il progetto definitivo presentato dalla società appellante e, in data 30.12.2019, veniva sottoscritto il contratto di concessione rep. 04/2019 avente ad oggetto "Progettazione esecutiva, costruzione e gestione dell'Ampliamento del Cimitero Comunale di San Marco Evangelista".

Al fine di realizzare un impianto di cremazione di salme e resti mortali all’interno del cimitero, in data 20.5.2020, Italgeco scarl presentava istanza di autorizzazione unica ambientale (AUA).

In data 23.6.2021 la Regione Campania disponeva la sospensione del procedimento di autorizzazione ambientale sul presupposto dell'applicabilità della previsione dell'art. 1, comma 61, della L.R.C. n. 27/2019 che disponeva la sospensione della realizzazione di nuovi impianti crematori.

Il Comune di San Marco Evangelista, con determinazione n. 76 del 10.11.2021, disponeva la sospensione del procedimento di concessione.

2. La società appellante impugnava, quindi, dinanzi al T.a.r. per la Campania sia la presupposta nota regionale del 23.06.2021, di sospensione del procedimento per il rilascio della AUA, sia la successiva determinazione n. 76 del 10.11.2021 con la quale, come detto, veniva disposta la sospensione del procedimento di affidamento in concessione nel suo complesso, in base al progetto definitivo presentato.

Con sentenza n. 6100/2022, depositata il 3 ottobre 2022 e notificata in pari data, il T.a.r. rigettava il ricorso.

3. La società ricorrente impugnava, quindi, la predetta sentenza sulla base dei seguenti motivi:

I. In via principale. Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1 co. 61 e 76 della Legge Regione Campania n. 27/2019 – Violazione dell’articolo 11 delle Preleggi – Violazione del principio del tempus regit actum – Violazione del legittimo affidamento - Difetto assoluto dei presupposti – Travisamento - Difetto di istruttoria– Abnormità e contraddittorietà della motivazione – Omessa motivazione - Ingiustizia Manifesta.

Nel respingere il ricorso di primo grado, il T.a.r. avrebbe stravolto il principio del tempus regit actum, ritenendo applicabile la normativa sopravvenuta.

II. In via principale. Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1 co. 61 e 76 della Legge Regione Campania n. 27/2019 sotto altro profilo – Violazione dell’articolo 11 delle Preleggi sotto altro profilo – Violazione del principio del tempus regit actum sotto altro profilo – Violazione del legittimo affidamento sotto altro profilo – Violazione degli articoli 7 e 21-quater e della l. n. 241/90 - Violazione degli artt. 31 e 107 del d.lgs. n. 50/2016 – Perplessità della motivazione con riferimento all’inadempimento contrattuale del Comune di San Marco Evangelista - Travisamento - Difetto di istruttoria – Abnormità e contraddittorietà della motivazione – Ingiustizia manifesta.

Il T.a.r. sarebbe incorso in errore anche laddove, di riflesso, ha escluso la violazione dell’art. 21-quater della l. n. 241/90 per mancata previsione del dies ad quem, nonché la violazione del contraddittorio procedimentale ed, infine, l’incompetenza della Giunta a sospendere gli effetti del contratto in corso.

III. In via subordinata. Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 37 del contratto di concessione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1367 cod. civ. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 165 co. 6 del d.lgs. n. 50/2016 - Difetto dei presupposti – Difetto di istruttoria - Travisamento – Ingiustizia manifesta.

La pronuncia di primo grado ha escluso l’illegittimità della sospensione degli effetti dell’intero contratto di concessione – e quindi anche della parte relativa all’ampliamento cimiteriale, pacificamente non toccata dalla norma regionale sopravvenuta – sulla scorta di una motivazione quantomeno perplessa e, comunque, priva di riscontro nelle evidenze documentali in atti.

4. Il Comune di San Marco Evangelista e la Regione Campania si sono costituiti regolarmente in giudizio, contestando l’appello e chiedendone il rigetto.

Il Comune ha eccepito l’improcedibilità del ricorso introduttivo e di quello in appello in quanto la ricorrente ha presentato nuova richiesta di A.U.A. in data 31.7.2023 in riferimento alla quale la Giunta Regionale della Campania con nota prot. n. 2024.42184 del 24.1.2024 ha espresso il proprio parere favorevole alle emissioni in atmosfera.

Segnala da ultimo l’appellante che in data 14.3.2024 la Provincia di Caserta, con determinazione 357/24, ha approvato l’AUA richiesta dalla ricorrente per l’impianto di cremazione.

Nelle more del giudizio è del resto intervenuto il Piano Regionale di coordinamento per il rilascio delle autorizzazioni ai crematori da parte dei Comuni, definitivamente approvato dal Consiglio Regionale in data 24.3.24, che ha espressamente previsto l’assentibilità del secondo impianto crematorio proprio nella parte sud della provincia di Caserta (oltre a quello già attivo nel Comune di Castel Volturno).

Tardivo, infine, ai fini del processo è il deposito da parte dell’appellante di istanza di autotutela in data 6.5.2024 ai fini della riattivazione delle concessioni.

Alla pubblica udienza del 23 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. L’appello è in ogni caso infondato.

L’esito del presente giudizio consente al Collegio, anche in virtù della ragione più liquida (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 5/2015), di prescindere dalle eccezioni di improcedibilità sollevate dal Comune, non potendosi tra l’altro escludere un residuo interesse ai fini risarcitori.

Gli impugnati provvedimenti di sospensione presuppongono l’applicabilità della previsione contenuta nell’art. 1, comma 61, della legge Regione Campania n. 27 del 30.12.2019, entrata in vigore il 1.1.2020 (art. 1, comma 76), secondo cui “All'articolo 6 della legge regionale 9 ottobre 2006, n. 20 (Regolamentazione per la cremazione dei defunti e di loro resti, affidamento, conservazione e dispersione delle ceneri derivanti dalla cremazione) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

"1-bis. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la commissione consiliare competente, adotta il Piano regionale di coordinamento per il rilascio delle autorizzazioni regionali alla realizzazione dei crematori da parte dei Comuni secondo i criteri di cui all'articolo 6 della legge n. 130/2001, tenuto conto delle caratteristiche territoriali e della compatibilità ambientale in conformità al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

1-ter. Il piano è pubblicato sul sito web istituzionale della Regione per almeno trenta giorni durante i quali ciascun soggetto può presentare osservazioni. La Giunta regionale, tenuto conto delle osservazioni pervenute, lo trasmette al Consiglio per l'approvazione. 1-quater. Nelle more del Piano di cui al comma 1-bis, è sospesa la realizzazione di nuovi impianti crematori”.

La legge regionale, dunque, ha disposto la sospensione con riguardo “alla realizzazione di nuovi impianti crematori” fino a quando non venga adottato dall’amministrazione competente il Piano regionale di coordinamento per il rilascio delle autorizzazioni regionali alla realizzazione degli impianti crematori secondo i criteri di cui all'articolo 6 della legge n. 130/2001; tale piano ha la finalità di risistemare e riordinare la complessa materia della cremazione dei defunti e di loro resti, dell’affidamento, conservazione e dispersione delle ceneri derivanti dalla cremazione, tenuto conto delle caratteristiche territoriali e della compatibilità ambientale in conformità al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Il T.a.r. ha ritenuto applicabile la normativa regionale sopravvenuta, in quanto la citata previsione, richiamata a fondamento degli atti impugnati è entrata in vigore il primo gennaio 2020, quindi prima della conclusione del procedimento autorizzativo (A.U.A.) attivato dalla società ricorrente solo con istanza del 20 maggio 2020.

Secondo l’appellante, le amministrazioni interessate non avrebbero dovuto tener conto della normativa sopravvenuta in omaggio al principio del tempus regit actum. Inoltre, la sentenza di primo grado sarebbe erronea perché non avrebbe considerato che il procedimento di A.U.A. era diretta conseguenza degli obblighi negoziali precedentemente assunti nel contratto di concessione sottoscritto prima dell’entrata in vigore della norma regionale (che aveva già avuto un principio di esecuzione) e non un procedimento a sé stante, isolato dal contratto a cui accedeva.

6. Al fine di scrutinare la fondatezza dei menzionati motivi di appello è necessario delineare alcuni consolidati principi, enucleati da questo Consiglio di Stato, in relazione alla rilevanza delle sopravvenienze nel procedimento amministrativo e in relazione al contratto (di concessione) già stipulato.

In tema di sopravvenienze normative, la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio di Stato distingue la fase precedente la conclusione del procedimento, che avviene con l’emanazione del provvedimento espresso, da quella successiva.

Le sopravvenienze, sia di fatto che di diritto, rilevano e devono essere tenute in debito conto dall’amministrazione procedente, durante la fase procedimentale che va dalla presentazione dell’istanza fino all’emanazione del provvedimento conclusivo.

È lo stesso principio del tempus regit actum, reclamato dall’appellante, ad imporre tale soluzione, in quanto al provvedimento amministrativo si applica la normativa in vigore al momento della sua adozione (ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 12.9.2023, n. 8269; Cons. Stato, Sez. V, 12.5.2016, n. 1900).

Ne consegue che, in relazione al procedimento di A.U.A. in argomento, non possono invero residuare dubbi sull’applicabilità dello ius superveniens, in quanto la normativa regionale è entrata in vigore addirittura prima della presentazione dell’istanza che ha comportato l’apertura del procedimento.

Né rileva la circostanza che l’appellante ha presentato istanza di autorizzazione “in esecuzione di obblighi contrattuali” e, quindi, che il procedimento relativo al rilascio dell’A.U.A. non sarebbe autonomo ma dipendente dal contratto stipulato.

Il procedimento in contestazione mantiene una sua logica autonomia dal contratto stipulato che non può essere negata, rappresentando una procedura volta al rilascio di un provvedimento autorizzativo necessario per la concreta realizzazione di un’opera, rappresentata dalla realizzazione di un impianto crematorio.

A tale procedimento - autonomo, per quanto connesso al contratto di concessione - non può che applicarsi la cornice normativa vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale (o esistente addirittura prima della presentazione dell’istanza, come nel caso di specie), in applicazione proprio del principio tempus regit non actum. Ritenere, come fa l’appellante, che al procedimento volto al rilascio dell’A.U.A. si applichi la cornice normativa vigente al momento della stipula del contratto ed antecedente alla presentazione dell’istanza di autorizzazione vorrebbe dire violare proprio il principio del tempus regit actum, riconoscendo una ultrattività alla normativa vigente in violazione dei principi generali che governano la materia.

7. Va, peraltro, evidenziato che la sopravvenuta normativa regionale si è limitata, ai fini di una organica sistemazione della materia, a prevedere la sospensione in via precauzionale della realizzazione di nuovi impianti crematori in attesa dell’approvazione del nuovo piano.

La Regione, dunque, ha disposto la sospensione degli effetti del citato procedimento in piana applicazione della normativa sopravvenuta, certamente applicabile al caso di specie. Non vi è dubbio, quindi, che nel caso in esame l’amministrazione dovesse tener conto della previsione contenuta nella l. reg. Campania n. 27/2019 intervenuta nelle more della definizione del procedimento ex art. 269 del d. lgs. n. 152/2006.

8. A medesime conclusioni deve giungersi in relazione al contratto di concessione già stipulato (in data 30.12.2019), i cui effetti sono stati sospesi con provvedimento del Comune n. 76 del 10.11.2021.

Secondo l’appellante la legge regionale n. 27/2019, entrata in vigore soltanto il primo gennaio 2020, dopo la sottoscrizione del contratto di concessione, non sarebbe a questo applicabile. Sarebbe, peraltro, paradossale, prosegue l’appellante, sostenere l’applicazione della normativa sopravvenuta al contratto, quando la stessa non sarebbe applicabile al procedimento di gara, notoriamente insensibile alle sopravvenienze normative.

Anche tali conclusioni non possono essere condivise.

L’appellante, come visto, richiama l’orientamento della giurisprudenza che ritiene non rilevanti le sopravvenienze normative una volta approvato il bando di gara.

Sul punto va, però, chiarito che l’Adunanza plenaria, con sentenza n. 9 del 2011, ha delineato i principi “in tema di ius superveniens in materia di pubblici concorsi, per i quali le disposizioni normative sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio tempus regit actum attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attività (quale è quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio. Pertanto, mentre le norme legislative o regolamentari vigenti al momento dell’indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenienti per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito nella lex specialis, non modificano, di regola, i concorsi già banditi “a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse”.

Precisa l’Adunanza plenaria che “è così affermato il principio generale della inefficacia delle norme sopravvenute a modificare le procedure concorsuali in svolgimento, ma è altresì prevista la possibilità che, in via speciale e particolare, tali modifiche possano prodursi ad effetto di normative sopravvenute il cui oggetto specifico sia quel medesimo concorso, quando, evidentemente, il legislatore ragionevolmente ravvisi la necessità di un tale intervento”.

Da quanto sopra richiamato, emerge, dunque, che il principio di insensibilità delle gare pubbliche alle sopravvenienze normative, non è un principio di ordine assoluto e inderogabile, ma relativo, in quanto ammette specifiche e particolari deroghe, quando le citate deroghe si riferiscano ad uno specifico procedimento di pubblica selezione.

Nel caso di specie, la normativa sopravvenuta, pur non riferendosi ad uno specifico procedimento di selezione pubblica, ha, però, riguardato interventi specifici (realizzazione di impianti crematori) e ben definiti, che non possono non rilevare nella fase di attuazione degli interventi stessi, come è accaduto nel caso di specie.

Non sono, dunque, pertinenti i richiami operati dall’appellante alle sopravvenienze nelle procedure di gara, perché, nel caso di specie, le sopravvenienze non riguardano una procedura di gara in sé, ed inoltre perché anche in relazione alle gare pubbliche, come visto, le sopravvenienze possono rilevare in determinate ipotesi.

9. Ad ogni modo, non si possono accavallare piani diversi: nel caso di specie si controverte dell’applicazione di una norma sopravvenuta ad un contratto di concessione già stipulato.

Il contratto di concessione è, come è noto, un contratto di durata e non consuma i suoi effetti uno actu, come, peraltro, ha evidenziato nel corso del tempo il legislatore che da ultimo, in linea con le precedenti codificazioni, ritiene che il partenariato pubblico-privato, di cui la concessione è la migliore espressione, dà vita ad un rapporto contrattuale “di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico” (art. 174, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 36/2023).

Trattandosi di contratto di durata non possono che applicarsi le normative sopravvenute che incidono sul rapporto contrattuale, proprio in base al principio tempus regit actum. Non si tratta, dunque, di un’applicazione retroattiva della norma, come erroneamente sostiene l’appellante, ma di applicare la norma in costanza di rapporto che continua a produrre i suoi effetti.

9.1. Del resto, già in passato la giurisprudenza ha riconosciuto la legittimità di una normativa sopravvenuta (art. 10, comma 1, l. n. 154 del 1992) che aveva imposto l’importo massimo garantito in relazione alle fideiussioni prestate per un’obbligazione futura (c.d. fideiussione omnibus), ritenendo pacificamente applicabile la normativa sopravvenuta ad un rapporto di durata, quale è il contratto di fideiussione, ma solo per la parte futura del rapporto.

In particolare, la Corte di Cassazione ha precisato che nella controversia inerente alla validità ed efficacia di una fideiussione prestata in favore di un istituto di credito per tutte le obbligazioni derivanti da future operazioni con il debitore principale, la sopravvenienza della l. n. 154 del 1992 (il cui art. 10, modificando l’art. 1938 c.c., ha imposto la fissazione dell’importo massimo garantito) – se non tocca la validità e l’efficacia della fideiussione fino al momento dell’entrata in vigore del citato art. 10, con la conseguente responsabilità del fideiussore per le obbligazioni verso la banca a carico del debitore principale prima della predetta data – determina, per il periodo successivo, la nullità sopravvenuta della convenzione con essa in contrasto (Cass. civ. n. 17669/2020; Cass. civ. n. 1580/2017).

9.2. Nello stesso senso si è posta più di recente sempre la Corte di Cassazione (sezioni unite n. 3963/2019) che ha ritenuto applicabile la normativa sopravvenuta (art. 1, commi 136-140 della l. n. 124 del 2017) ad un contratto di leasing precedentemente stipulato, qualora i presupposti normativi non si siano ancora verificati all’atto dell’entrata in vigore della normativa sopravvenuta.

In particolare, le sezioni unite hanno precisato che la legge n. 124 del 2017 “non ha effetti retroattivi e trova, quindi, applicazione per i contratti di leasing finanziario in cui i presupposti della risoluzione per l’inadempimento dell’utilizzatore (previsti dal comma 137) non si siano ancora verificati al momento della sua entrata in vigore”.

9.3. Né può essere interpretata in senso contrario la soluzione fornita da altre pronunzie della Suprema Corte a Sezioni unite (in part. la n. 24675 del 2017) che hanno escluso l’ammissibilità della usura sopravvenuta, qualora gli interessi, pattuiti al momento della stipula del contratto di mutuo, non erano usurari, ma tali sono divenuti in seguito ad una modifica normativa, durante lo svolgimento del rapporto contrattuale. Le Sezioni unite, infatti, giungono a tale soluzione valorizzando il dato normativo (artt. 644 c.p. e 1815 c.c.) che individua nella stipula del contratto il momento in cui determinare la usurarietà o meno del tasso degli interessi pattuiti, senza attribuire rilievo alle sopravvenienze normative. Si tratta, dunque, di un’ipotesi peculiare, alla luce dello specifico dato normativo, che non ammette interpretazioni analogiche.

10. Nel caso di specie, peraltro, è doveroso ribadire che la normativa sopravvenuta non ha inciso sulla validità del contratto, ponendo la discussa questione dell’ammissibilità della nullità sopravvenuta, ma si è limitata solo a sospendere gli effetti del contratto in attesa della sistemazione complessiva della materia, e questo perché la realizzazione dell’impianto crematorio era divenuto in seguito a variante parte del progetto definitivo (senza successiva istanza di revisione del relativo PEF) e sul punto non potevano non riverberare gli effetti della legittima sospensione del procedimento autorizzativo di AUA intervenuta, come visto, in base a una specifica norma entrata in vigore prima della istanza stessa di autorizzazione.

La sospensione normativa ha inciso, infatti, sul rapporto e non sull’atto e come tale deve ritenersi dunque ammissibile.

11. Peraltro, come correttamente evidenziato dal T.a.r., non può ravvisarsi l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione per violazione dell’art. 21 quater della l n. 241/1990, in materia di sospensione di efficacia del procedimento amministrativo, per mancata previsione del dies ad quem, atteso che la disciplina impeditiva applicata nella fattispecie è contenuta in una normativa regionale specifica, alla quale non si applica la norma generale sul procedimento amministrativo.

12. Certamente non sarebbe ragionevole una norma che preveda la sospensione degli effetti dei provvedimenti o dei contratti sine die, senza fornire alcun tipo di elemento cui parametrare il tempo della sospensione. Nel caso di specie tuttavia, come visto, la normativa non si espone ad un giudizio di irragionevolezza, in quanto la sospensione della realizzazione degli impianti crematori è circoscritta alla necessità (e fino a..) che venga approvato il nuovo Piano di coordinamento, al fine di pervenire ad un’ordinata e corretta sistemazione e organizzazione della materia.

13. Del resto, tale meccanismo ricorda altro più noto congegno normativo, quale l’art. 12, comma 3, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che prevede in materia edilizia le misure di salvaguardia (“In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda”). Norma che, come chiarito dall’Adunanza plenaria, con sentenza n. 2 del 2008, ha valenza mista: edilizia, da un lato, in quanto volta a incidere sui tempi dell'attività edificatoria; urbanistica, dall'altro, in quanto finalizzata alla salvaguardia, in definiti ambiti temporali, degli assetti urbanistici in itinere e, medio tempore, dell'ordinato assetto del territorio; ha, inoltre, carattere di principio, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., e prevale sulle previgenti disposizioni legislative regionali, ove difformi.

Anche la normativa oggetto della presente indagine è finalizzata a salvaguardare l’ordinato assetto della materia in relazione alla cremazione dei defunti e dei loro resti mortali, e dell’affidamento, conservazione e dispersione delle ceneri derivanti dalla cremazione.

14. Né può rilevare evidentemente, come ha già osservato il Tar, la circostanza che in altri contesti territoriali si sia comunque salvaguardata l’autorizzazione e la realizzazione degli impianti, rientrando tale valutazione nella discrezionalità dell’amministrazione, non sindacabile se, come nella fattispecie, la scelta non è irragionevole o illogica.

15. Parimenti infondato è il terzo motivo di appello, articolato dall’appellante solo in via subordinata, in quanto, la scelta dell’amministrazione di sospendere l’esecuzione dell’intero contratto di concessione e non soltanto la parte relativa alla realizzazione dell’impianto crematorio, non può essere ritenuta di per sé illegittima, trattandosi di una mera sospensione in attesa del nuovo piano, elemento che può aver indotto l’Amministrazione a giungere a soluzioni unitarie onde evitare di disarticolare il contratto e i lavori complessivi oggetto di aggiudicazione. Condivisibili sono, peraltro, anche in questo caso le valutazioni del T.a.r. nella parte in cui ritiene che la richiesta di scorporo articolata da parte appellante si risolverebbe, comunque, in una modifica dell’oggetto della concessione come specificata nel progetto definitivo posto a base di gara, senza che, sotto questo profilo, rilevi la circostanza che la realizzazione del forno crematorio rappresenta una miglioria o comunque un elemento accessorio rispetto al progetto principale. L’eliminazione di un elemento accessorio o di una miglioria, che sono state oggetto di valutazione da parte dell’amministrazione concedente e inseriti nel contratto, comporta, in ogni caso, una modifica dello stesso contratto che avrebbe richiesto l’applicazione della relativa normativa e che non rappresenta un esito vincolato e dovuto per l’amministrazione.

16. L’appello va, dunque, respinto.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano, nondimeno, la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Maurizio Santise, Consigliere, Estensore

 

Guida alla lettura

                Con la sentenza in rassegna, la IV Sezione del Consiglio di Stato ha perimetrato l’ambito di rilevanza delle sopravvenienze normative, in relazione al principio tempus regit actum. La questione sottoposta al vaglio del Collegio consisteva nel potere-dovere della pubblica amministrazione di applicare la normativa sopravvenuta, nelle ipotesi in cui fosse stato già stipulato il contratto di concessione e fosse in corso un procedimento amministrativo di autorizzazione ambientale, connesso agli obblighi scaturenti dal contratto.

            Per poter comprendere le ragioni della decisione è utile, innanzitutto, riassumere brevemente i principi consolidati in giurisprudenza in relazione alle sopravvenienze.

Come noto, nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la Pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo vagliare l'assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell'atto che vi ha dato avvio. Consegue da ciò che, la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale e non al tempo della presentazione dell’avvio del procedimento, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato, in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici.

Detto altrimenti, in virtù del principio generale tempus regit actum, le norme di diritto pubblico trovano immediata applicazione nei confronti dei procedimenti ancora in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto gli atti ed i provvedimenti della pubblica amministrazione, essendo espressione attuale dell’esercizio di poteri rivolti al soddisfacimento di pubblici interessi, devono uniformarsi alle norme giuridiche vigenti nel momento in cui son posti in essere, per quanto attiene sia ai requisiti di forma e procedimento, sia al contenuto sostanziale delle statuizioni, stante l’immediata operatività delle norme di diritto pubblico.

Giova considerare, per completezza che il principio in parola non trova applicazione nelle procedure selettive, che sono rette dal diverso principio tempus regit actionem, in cui, al fine di tutelare la par condicio dei partecipanti, il procedimento segue la normativa vigente alla data di presentazione dell’istanza del privato, senza che rilevino le sopravvenienze.

Ciò chiarito, occorre chiedersi se, in applicazione del principio tempus regit actum rilevino le sopravvenienze normative, anche nelle ipotesi in cui sia stato già stipulato il contratto di concessione.

Nel caso di specie, come anticipato, in esecuzione del contratto di concessione, veniva avviato un procedimento volto all’ottenimento della prescritta autorizzazione ambientale. Ad avviso della ricorrente, la circostanza che fosse già stato stipulato il contratto, comportava, quale corollario, l’impermeabilità del procedimento autorizzazione avviato in esecuzione del contratto stesso alle sopravvenienze normative.

Ad avviso del Collegio, viceversa, nel caso di specie, innanzitutto non può trovare applicazione il principio di insensibilità alle sopravvenienze nelle procedure concorsuali, perché non riguardano una procedura di gara in sé, posto che l’oggetto della controversia è rappresentato dall’applicazione di una norma sopravvenuta a un contratto di concessione.

In secondo luogo, la Sezione rileva che poiché la concessione è un contratto di durata, non possono che applicarsi le normative sopravvenute che incidono sul rapporto contrattuale, proprio in base al principio tempus regit actum. In altri termini, non si tratta di un’applicazione retroattiva della norma sopravvenuta ma dell’applicazione della norma in costanza di un rapporto che continua a produrre i suoi effetti. Ne deriva, di conseguenza, che al procedimento di autorizzazione ambientale, autonomo ma connesso al contratto di concessione, non possa che essere applicato il principio tempus regit actum.

In ragione di quanto sopra, il Collegio ha concluso nei seguenti termini: “In tema di sopravvenienze normative, la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio di Stato distingue la fase precedente la conclusione del procedimento, che avviene con l’emanazione del provvedimento espresso, da quella successiva. Le sopravvenienze, sia di fatto che di diritto, rilevano e devono essere tenute in debito conto dall’amministrazione procedente, durante la fase procedimentale che va dalla presentazione dell’istanza fino all’emanazione del procedimento conclusivo.

È lo stesso principio del tempus regit actum, reclamato dall’appellante, ad imporre tale soluzione, in quanto al provvedimento amministrativo si applica la normativa in vigore al momento della sua adozione. A tale procedimento – autonomo, per quanto connesso al contratto di concessione – non può che applicarsi la cornice normativa vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale, in applicazione proprio del principio tempus regit actum.