Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. III, 11 luglio 2024, nella causa C-598/2022

Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione.

(…) L’art. 49, primo comma, TFUE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Secondo costante giurisprudenza, devono considerarsi quali restrizioni a tale libertà tutte le misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita dall’art. 49 TFUE.

(…) Di conseguenza, occorre rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio dichiarando che l’art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione  nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione.

           

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

11 luglio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 49 TFUE – Concessioni del demanio pubblico marittimo – Scadenza e rinnovo – Normativa nazionale che prevede la cessione a titolo gratuito allo Stato delle opere non amovibili realizzate sul demanio pubblico – Restrizione – Insussistenza»

Nella causa C‑598/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con decisione del 15 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 16 settembre 2022, nel procedimento

Società Italiana Imprese Balneari Srl

contro

Comune di Rosignano Marittimo,

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

Agenzia del demanio – Direzione regionale Toscana e Umbria,

Regione Toscana,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Piçarra, N. Jääskinen e M. Gavalec (relatore), giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Società Italiana Imprese Balneari Srl, da E. Nesi e R. Righi, avvocati;

– per il Comune di Rosignano Marittimo, da R. Grassi, avvocato;

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Palmieri e L. Delbono, avvocati dello Stato;

– per la Commissione europea, da L. Armati, L. Malferrari e M. Mataija, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 febbraio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE.

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Società Italiana Imprese Balneari Srl (in prosieguo: la «SIIB») al Comune di Rosignano Marittimo (Italia; in prosieguo: il «Comune»), avente ad oggetto delle decisioni mediante le quali il Comune ha constatato che, alla scadenza di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo rilasciata alla SIIB, le opere costruite da quest’ultima su tali aree erano state acquisite, a titolo gratuito, dallo Stato italiano, ed ha di conseguenza imposto il pagamento di canoni demaniali maggiorati.

Contesto giuridico

Diritto dell’Unione

3 La direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), dispone, all’articolo 44, paragrafo 1, primo comma, quanto segue:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente direttiva entro il 28 dicembre 2009».

Diritto italiano

4 Il codice della navigazione, approvato con regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 (GU n. 93 del 18 aprile 1942), stabilisce, all’articolo 49, primo comma, intitolato «Devoluzione delle opere non amovibili», quanto segue:

«Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato».

5 Ai sensi dell’articolo 1, comma 251, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (supplemento ordinario alla GURI n. 299 del 27 dicembre 2006), l’acquisizione al demanio pubblico di beni costruiti dal concessionario comporta l’applicazione agli stessi del canone maggiorato, dato che tali opere sono considerate come pertinenze del demanio pubblico.

6 L’articolo 1 del decreto del Presidente della Giunta regionale della Toscana del 24 settembre 2013, n. 52/R, ha modificato il decreto del Presidente della Giunta regionale della Toscana n. 18/R del 2001, aggiungendo, in quest’ultimo, l’articolo 44 bis, che recita:

«Sono classificate di facile rimozione e sgombero le costruzioni e le strutture utilizzate ai fini dell’esercizio di attività turistico‑ricreative, realizzate sia sopra che sotto il suolo in aree demaniali marittime oggetto di concessione che (...) possono essere completamente rimosse utilizzando le normali modalità offerte dalla tecnica, con conseguente restituzione in pristino dei luoghi nello stato originario, in non più di novanta giorni». Procedimento principale e questione pregiudiziale

7 Dal 1928 la SIIB gestisce, senza soluzione di continuità, sul territorio del Comune, uno stabilimento balneare situato per la maggior parte sul demanio pubblico marittimo. La SIIB asserisce di aver legittimamente costruito su tale parcella una serie di opere, una parte delle quali è stata oggetto di un testimoniale di stato nel corso dell’anno 1958. Altre costruzioni sono state realizzate successivamente, tra l’anno 1964 e l’anno 1995.

8 Con decisione del 20 novembre 2007, il Comune ha classificato tra le pertinenze del demanio pubblico marittimo varie opere insistenti sulla superficie demaniale e considerate di difficile rimozione. Queste ultime sarebbero state acquisite ex lege dal Comune alla scadenza della concessione n. 36/2002, che copriva il periodo dal 1° gennaio 1999 al 31 dicembre 2002 e che è stata rinnovata, fino al 31 dicembre 2008, mediante la concessione n. 27/2003.

9 Il 23 settembre 2008, il Comune ha notificato alla SIIB l’avvio del procedimento di incameramento delle pertinenze del demanio pubblico non ancora acquisite, senza però portarlo a termine.

10 Esso ha poi rilasciato a detta società la concessione demaniale marittima n. 181/2009, valida per una durata di sei anni, dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014 (in prosieguo: la «concessione del 2009»).

11 Invocando l’articolo 1 del decreto del Presidente della Giunta regionale della Toscana del 24 settembre 2013, n. 52/R, la SIIB ha presentato una dichiarazione secondo cui tutte le opere incidenti sull’area demaniale potevano essere rimosse in 90 giorni, sicché esse dovevano essere considerate come di facile rimozione.

12 Il Comune ha riconosciuto tale qualifica alle opere in questione in una decisione del 3 febbraio 2014, per poi revocarla, con una decisione del 26 novembre 2014, con la motivazione che sull’area demaniale data in concessione incidevano beni già acquisiti dallo Stato in virtù dell’articolo 49 del codice della navigazione.

13 La SIIB ha contestato quest’ultima decisione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Italia).

14 Con decisione del 16 aprile 2015, il Comune ha ribadito che i fabbricati presenti sull’area demaniale in concessione erano pertinenze del demanio pubblico. Esso ha di conseguenza applicato un canone maggiorato per il periodo dall’anno 2009 all’anno 2015, in applicazione dell’articolo 1, comma 251, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296. Con altri atti, il Comune ha fissato gli importi dovuti per gli anni successivi.

15 La SIIB ha impugnato anche le decisioni menzionate al punto precedente dinanzi al medesimo giudice. Quest’ultimo ha respinto tutti i ricorsi con sentenza del 10 marzo 2021, contro la quale la SIIB ha interposto appello dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio.

16 Il Consiglio di Stato evidenzia che l’articolo 49 del codice della navigazione viene interpretato nel senso che l’acquisizione dei beni da parte dello Stato si produce automaticamente alla scadenza della concessione, anche in caso di rinnovo di quest’ultima, dal momento che tale rinnovo determina un’interruzione della continuità tra i titoli di occupazione del demanio pubblico. Invece, in caso di proroga della concessione prima della sua normale scadenza, le opere realizzate dai concessionari sul demanio pubblico resterebbero di proprietà privata esclusiva del concessionario fino alla scadenza effettiva o alla revoca anticipata della concessione e nessun canone sarebbe dovuto per quanto riguarda tali opere.

17 Risulta dalla decisione di rinvio che, in primo grado, il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha statuito che tanto il testimoniale di stato del 1958 quanto la concessione del 2009 hanno prodotto effetti che sono diventati definitivi, dato che la SIIB non li ha contestati tempestivamente. Detto giudice ha aggiunto che la qualificazione delle opere costruite dalla SIIB sul demanio pubblico marittimo come opere di difficile rimozione e come pertinenze di tale demanio derivava non già da una decisione unilaterale del Comune, bensì da un comune accordo recepito nel titolo concessorio sottoscritto da entrambe le parti.

18 Detto giudice ha segnatamente escluso che l’applicazione dell’articolo 49 del codice della navigazione determinasse una surrettizia espropriazione del concessionario senza indennizzo. Infatti, l’acquisizione gratuita, da parte dello Stato, delle opere non amovibili costruite sul demanio pubblico interverrebbe, ai sensi della disposizione sopra citata, soltanto in assenza di un accordo in senso contrario nell’atto di concessione. Pertanto, la regola dell’acquisizione a titolo gratuito si applicherebbe soltanto con il consenso delle parti.

19 La SIIB sostiene tuttavia che, in caso di rinnovo di una concessione, l’acquisizione al demanio pubblico marittimo dello Stato senza indennizzo delle opere costruite dal concessionario su tale demanio e che sono di difficile rimozione è contraria al diritto dell’Unione, e segnatamente agli articoli 49 e 56 TFUE, come interpretati nella sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza (C‑375/14, EU:C:2016:60). Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, l’acquisizione a titolo gratuito al suddetto demanio si giustificherebbe con la necessità di garantire che le opere non amovibili destinate a rimanere su quest’ultimo siano nella piena disponibilità del concedente. Orbene, nel caso in cui, anziché giungere a termine, la concessione venisse rinnovata senza interruzione, l’effetto di accessione previsto dall’articolo 49 del codice della navigazione sarebbe ingiustificato. Inoltre, tale effetto renderebbe meno allettante lo stabilimento di operatori economici di altri Stati membri interessati allo stesso bene e imporrebbe al concessionario un sacrificio sproporzionato dei suoi diritti, in quanto egli dovrebbe cedere i propri beni allo Stato senza contropartita.

20 Il Comune ricorda, per parte sua, che aveva rilasciato la concessione del 2009 in sede di rinnovo della concessione n. 27/2003 non in maniera automatica, bensì a seguito di un’istruttoria specifica nell’ambito della quale esso aveva fatto uso del proprio potere discrezionale. Era stato allora previsto che la nuova concessione sarebbe stata considerata come una concessione interamente diversa dalla precedente. Inoltre, l’assenza di una clausola contraria nell’atto di concessione attesterebbe che il concessionario ha ritenuto che la perdita della proprietà delle opere realizzate fosse compatibile con l’equilibrio economico generale della concessione.

21 In risposta ad una richiesta di informazioni della Corte, l’8 settembre 2023 il giudice del rinvio ha comunicato che la SIIB conservava un interesse ad agire contro l’incameramento al demanio pubblico marittimo dello Stato dei beni non amovibili che essa aveva costruito su quest’ultimo, che essa poteva segnatamente far valere in occasione di un ricorso contro la decisione del concedente che le imponeva il pagamento di canoni maggiorati. Detto giudice ha altresì precisato che la devoluzione al patrimonio dello Stato della proprietà di tali opere interviene automaticamente alla scadenza della concessione di occupazione demaniale. L’eventuale constatazione, in via amministrativa o giurisdizionale, del diritto di proprietà dello Stato su tali opere ha carattere meramente dichiarativo e autorizza il concedente a maggiorare l’importo del canone.

22 Detto giudice ha fatto presente che, nel caso di specie, la devoluzione al demanio pubblico marittimo delle opere non amovibili realizzate dalla SIIB è intervenuta il 31 dicembre 2008, alla scadenza della concessione n. 27/2003. Tale incameramento avrebbe portato il Comune ad applicare alla SIIB un canone maggiorato dall’anno 2009.

23 Infine, il giudice del rinvio ha precisato, in sostanza, che il codice della navigazione si applica indifferentemente agli operatori economici italiani e a quelli di altri Stati membri.

24 Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza (C‑375/14, EU:C:2016:60), ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 [del codice della navigazione] nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo».

Sulla domanda di riapertura della fase orale

25 Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 17 aprile 2024, la SIIB ha chiesto la riapertura della fase orale del procedimento, in applicazione dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.

26 A sostegno della sua domanda, la SIIB fa valere che, al paragrafo 103 delle sue conclusioni, l’avvocato generale ha ecceduto l’ambito della questione pregiudiziale, concludendo, implicitamente ma necessariamente, per l’assenza di violazione dell’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») da parte della normativa nazionale in discussione nel procedimento principale.

27 Ciò premesso, la SIIB chiede lo svolgimento di un’udienza affinché la questione della rilevanza dell’articolo 17 della Carta nell’ambito della presente causa possa essere oggetto di un dibattito in contraddittorio.

28 A questo proposito occorre ricordare, da un lato, che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura non prevedono la possibilità, per gli interessati contemplati dall’articolo 23 del medesimo Statuto, di presentare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (ordinanza del 4 febbraio 2000, Emesa Sugar, C‑17/98, EU:C:2000:69, punto 2, e sentenza del 9 giugno 2022, Préfet du Gers e Institut national de la statistique et des études économiques, C‑673/20, EU:C:2022:449, punto 40 nonché la giurisprudenza ivi citata).

29 Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale presenta pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. Non si tratta quindi di un parere rivolto ai giudici o alle parti proveniente da un’autorità esterna alla Corte, bensì dell’opinione individuale, motivata ed espressa pubblicamente, di un membro dell’istituzione stessa. Ciò posto, le conclusioni dell’avvocato generale non possono essere dibattute tra le parti. Inoltre, la Corte non è vincolata né a tali conclusioni né alle motivazioni in base alle quali l’avvocato generale giunge a formularle. Di conseguenza, il disaccordo di una parte interessata con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da quest’ultimo esaminate nelle sue conclusioni, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale del procedimento (sentenza del 9 giugno 2022, Préfet du Gers e Institut national de la statistique et des études économiques, C‑673/20, EU:C:2022:449, punto 41 nonché la giurisprudenza ivi citata).

30 Ciò premesso, ai sensi dell’articolo 83 del regolamento di procedura, la Corte può, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare qualora essa non si ritenga sufficientemente edotta o quando reputi che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non è stato dibattuto tra gli interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

31 Tali ipotesi non sussistono nel caso di specie.

32 In primo luogo, occorre rilevare che la questione sollevata dal giudice del rinvio verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE, che sanciscono, rispettivamente, le libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi. Detto giudice non ha specificamente interrogato la Corte in merito all’interpretazione dell’articolo 17 della Carta, relativo al diritto di proprietà.

33 In secondo luogo, al paragrafo 103 delle sue conclusioni, l’avvocato generale si è limitata a menzionare una giurisprudenza esistente della Corte secondo cui la valutazione di una restrizione istituita da una normativa nazionale ai sensi dell’articolo 49 TFUE comprende anche le eventuali restrizioni all’esercizio dei diritti e delle libertà previsti dagli articoli da 15 a 17 della Carta, di modo che un esame separato del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta non è necessario (v., in tal senso, sentenze del 20 dicembre 2017, Global Starnet, C‑322/16, EU:C:2017:985, punto 50, e del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 56).

34 Nella misura in cui, con la sua domanda di riapertura della fase orale del procedimento, la SIIB cercasse, in realtà, di confutare quest’ultima valutazione, è sufficiente ricordare che dalla giurisprudenza citata al punto 29 della presente sentenza risulta che il dissenso di una parte interessata rispetto alle conclusioni presentate dall’avvocato generale, quali che siano le questioni che quest’ultimo esamina nelle sue conclusioni, non può costituire di per sé un motivo atto a giustificare la riapertura della fase orale del procedimento.

35 In terzo luogo, nel caso di specie, la Corte reputa di avere a disposizione tutti gli elementi necessari per rispondere alla questione che le è stata sottoposta.

36 Date tali circostanze, non occorre ordinare la riapertura della fase orale del procedimento.

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

37 Nelle sue osservazioni scritte, il governo italiano eccepisce l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto la questione sottoposta alla Corte non sarebbe rilevante ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale.

38 A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta unicamente al giudice nazionale, che è investito della controversia di cui al procedimento principale e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità della causa, sia la necessità di una decisione pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza della questione che egli sottopone alla Corte. Ne consegue che una questione pregiudiziale vertente sul diritto dell’Unione beneficia di una presunzione di rilevanza, la quale può essere confutata, segnatamente, qualora risulti in maniera manifesta che la richiesta interpretazione o valutazione di validità di una norma di diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 1981, Foglia, 244/80, EU:C:1981:302, punti 15 e 18; del 7 settembre 1999, Beck e Bergdorf, C‑355/97, EU:C:1999:391, punto 22, nonché del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 42).

39 Nel caso di specie, in risposta ad una richiesta di informazioni della Corte, il giudice del rinvio ha fatto presente che la SIIB conservava un interesse ad agire contro l’incameramento al demanio pubblico marittimo dei beni non amovibili da essa costruiti su quest’ultimo, nella misura in cui detto incameramento si è tradotto in una maggiorazione del canone di occupazione demaniale che essa doveva versare. Secondo detto giudice, la SIIB può contestare l’incameramento in questione in occasione di un ricorso contro la decisione mediante la quale il concedente le impone, ai sensi dell’articolo 1, comma 251, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296, di versare un canone maggiorato.

40 Ne consegue che una risposta della Corte alla questione sollevata è utile ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale.

41 Inoltre, sebbene tale controversia presenti carattere puramente interno, è sufficiente rilevare, come ha fatto la Commissione europea, che il codice della navigazione si applica indistintamente agli operatori economici italiani e a quelli provenienti da altri Stati membri. Pertanto, non si può escludere, secondo il giudice del rinvio, che degli operatori stabiliti in altri Stati membri fossero o siano interessati ad avvalersi delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi al fine di esercitare delle attività sul territorio italiano e, dunque, che la normativa in questione sia suscettibile di produrre effetti che non sono limitati a tale territorio.

42 Date tali circostanze, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile laddove essa verte sull’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 50).

43 Pertanto, occorre statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale.

Sulla questione pregiudiziale

44 Nella misura in cui il giudice del rinvio fa riferimento, nella sua questione, agli articoli 49 e 56 TFUE, che sanciscono rispettivamente la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi, occorre precisare che l’attribuzione di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo implica necessariamente l’accesso del concessionario al territorio dello Stato membro ospitante in vista di una partecipazione stabile e continua, per una durata relativamente lunga, alla vita economica di tale Stato. Ne consegue che l’assegnazione di una tale concessione rientra nel diritto di stabilimento previsto dall’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 30 novembre 1995, Gebhard, C‑55/94, EU:C:1995:411, punto 25; dell’11 marzo 2010, Attanasio Group, C‑384/08, EU:C:2010:133, punto 39, e del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis, C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 50).

45 Inoltre, in virtù dell’articolo 57, primo comma, TFUE, le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi trovano applicazione soltanto se, segnatamente, non si applicano quelle relative al diritto di stabilimento. Occorre dunque escludere l’articolo 56 TFUE.

46 Inoltre, poiché dall’articolo 44, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/123 discende che quest’ultima è inapplicabile ratione temporis alla controversia di cui al procedimento principale, la questione pregiudiziale deve essere esaminata soltanto alla luce dell’articolo 49 TFUE.

47 Pertanto, occorre considerare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione.

48 L’articolo 49, primo comma, TFUE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Secondo costante giurisprudenza, devono considerarsi quali restrizioni a tale libertà tutte le misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita dall’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France, C‑442/02, EU:C:2004:586, punto 11; del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis, C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 48, nonché del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 61).

49 Ciò premesso, non viola il divieto così stabilito dall’articolo 49 TFUE una normativa nazionale opponibile a tutti gli operatori esercenti delle attività nel territorio nazionale, la quale non abbia come scopo di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento degli operatori economici interessati e i cui eventuali effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento siano troppo aleatori e troppo indiretti perché l’obbligo da essa dettato possa essere considerato idoneo a ostacolare questa libertà (v., in tal senso, sentenze del 20 giugno 1996, Semeraro Casa Uno e a., da C‑418/93 a C‑421/93, da C‑460/93 a C‑462/93, C‑464/93, da C‑9/94 a C‑11/94, C‑14/94, C‑15/94, C‑23/94, C‑24/94 e C‑332/94, EU:C:1996:242, punto 32, nonché del 6 ottobre 2022, Contship Italia, C‑433/21 e C‑434/21, EU:C:2022:760, punto 45).

50 Nel caso di specie, come risulta dal punto 23 della presente sentenza, è pacifico che l’articolo 49, primo comma, del codice della navigazione è opponibile a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano. Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, tutti gli operatori economici si trovano ad affrontare la medesima preoccupazione, che è quella di sapere se sia economicamente sostenibile presentare la propria candidatura e sottoporre un’offerta ai fini dell’attribuzione di una concessione sapendo che, alla scadenza di quest’ultima, le opere non amovibili costruite saranno acquisite al demanio pubblico.

51 Inoltre, la disposizione sopra menzionata non riguarda, in quanto tale, le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico‑ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano. Infatti, la disposizione in parola prevede soltanto che, alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, le opere non amovibili costruite dal concessionario saranno incamerate immediatamente e senza compensazione finanziaria nel demanio pubblico marittimo.

52 Se dunque l’articolo 49, primo comma, del codice della navigazione non ha la finalità di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento delle imprese interessate, occorre inoltre verificare che esso non produca comunque effetti restrittivi ai sensi della giurisprudenza citata al punto 49 della presente sentenza.

53 A questo proposito, occorre rilevare che l’articolo 49 del codice della navigazione si limita a trarre le conseguenze dei principi fondamentali del demanio pubblico. Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, l’appropriazione gratuita e senza indennizzo, da parte del soggetto pubblico concedente, delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico costituisce l’essenza stessa dell’inalienabilità del demanio pubblico.

54 Il principio di inalienabilità implica segnatamente che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario, nel senso che esse hanno una durata determinata e sono inoltre revocabili.

55 Conformemente a tale principio, il quadro normativo applicabile, nel caso di specie, ad una concessione di occupazione del demanio pubblico fissa, senza alcun possibile equivoco, i termini dell’autorizzazione all’occupazione che viene concessa. Ne consegue che la SIIB non poteva ignorare, sin dalla conclusione del contratto di concessione, che l’autorizzazione all’occupazione demaniale che le era stata attribuita aveva carattere precario ed era revocabile.

56 Inoltre, risulta che gli eventuali effetti restrittivi del citato articolo 49, primo comma, sulla libertà di stabilimento sono troppo aleatori e troppo indiretti, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 49 della presente sentenza, perché detta disposizione possa essere considerata idonea ad ostacolare tale libertà.

57 Infatti, poiché detto articolo 49, primo comma, prevede espressamente la possibilità di derogare per contratto al principio dell’acquisizione immediata senza alcun indennizzo o rimborso delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico marittimo, tale disposizione evidenzia la dimensione contrattuale, e dunque consensuale, di una concessione di occupazione del demanio pubblico. Ne consegue che l’acquisizione immediata, gratuita e senza indennizzo delle opere non amovibili costruite dal concessionario su tale demanio non può essere considerata come una modalità di cessione forzosa delle opere suddette.

58 Infine, la questione se si tratti di un rinnovo o della prima attribuzione di una concessione non può avere alcuna incidenza sulla valutazione dell’articolo 49, primo comma, del codice della navigazione. A questo proposito, è sufficiente constatare che il rinnovo di una concessione di occupazione del demanio pubblico si traduce nella successione di due titoli di occupazione di tale demanio e non nella perpetuazione o nella proroga del primo. Tale interpretazione è peraltro idonea a garantire che l’attribuzione di una concessione possa avvenire soltanto all’esito di una procedura concorrenziale che ponga tutti i candidati e gli offerenti su un piede di parità.

59 Occorre poi precisare che l’interpretazione dell’articolo 49 TFUE fornita ai punti da 50 a 58 della presente sentenza non è smentita dai «principi desumibili dalla sentenza [del 28 gennaio 2016,] Laezza (C‑375/14[, EU:C:2016:60])», che il giudice del rinvio prende in considerazione nella sua questione.

60 In quella causa, che riguardava il settore dei giochi d’azzardo, i concessionari utilizzavano, per esercitare la loro attività economica, beni di cui essi erano realmente proprietari. Invece, nella presente causa e come fatto valere dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, l’autorizzazione all’occupazione del demanio pubblico marittimo di cui beneficiava la SIIB le conferiva soltanto un semplice diritto di superficie a carattere transitorio sulle opere non amovibili che essa aveva costruito su tale demanio.

61 Inoltre, dal punto 43 della sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza (C‑375/14, EU:C:2016:60) risulta che una misura che imponeva la cessione a titolo gratuito dell’uso dei beni necessari alla gestione dei giochi d’azzardo era accostabile ad una sanzione, in quanto essa veniva imposta al concessionario e questi non poteva negoziarla. Invece, nella presente causa, la questione se i beni costruiti dal concessionario sul demanio pubblico nel corso della concessione debbano entrare gratuitamente a far parte del demanio pubblico rientra in un negoziato contrattuale tra il soggetto pubblico concedente e il suo concessionario. Infatti, ai sensi dell’articolo 49, primo comma, del codice della navigazione, è solo in via suppletiva («[s]alvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione») che, «quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato».

62 Di conseguenza, occorre rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione.

Sulle spese

63 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione.

Jürimäe                                                           Lenaerts                                                          Piçarra Jääskinen                                                                                                                               Gavalec Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 luglio 2024.

Il cancelliere                                                                                                   La presidente di sezione

A. Calot Escobar K.                                                                                        Jürimäe

 

Guida alla lettura

Con la sentenza pronunciata nella causa C-598/22 dello scorso 11 luglio, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E., si è soffermata sulla compatibilità tra l’art. 49 del codice della navigazione e l’art. 49 TFUE.

In particolare, il Consiglio di Stato aveva sottoposto alla Corte il seguente quesito:

Se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza 28 gennaio 2016, Laezza (C-375/14, EU:C:2016:60), ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo”.

Pertanto, il giudice del rinvio aveva fatto riferimento, nella sua questione, agli artt. 49 e 56 TFUE che sanciscono, rispettivamente, la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi. Occorre precisare che l’attribuzione di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo implica necessariamente l’accesso del concessionario al territorio dello Stato membro ospitante in vista di una partecipazione stabile e continua, per una durata relativamente lunga, alla vita economica di tale Stato. Di conseguenza, l’assegnazione di una tale concessione rientra nel diritto di stabilimento previsto dall’art. 49 TFUE.

Inoltre, in virtù dell’art. 57 TFUE, le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi trovano applicazione solo se non si applicano quelle relative al diritto di stabilimento.

Ciò posto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è dovuta limitare ad esaminare la questione pregiudiziale solo alla luce dell’art. 49 TFUE.

Quest’ultima norma vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro; secondo costante giurisprudenza, devono considerarsi tali tutte le misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita appunto dall’art. 49 TFUE.

Passando a considerare l’art 49 del codice della navigazione, essa è opponibile a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano; inoltre, tale articolo non riguarda le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico-ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano. Infatti, l’art 49 cod. nav. prevede solo che, alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, le opere non amovibili costruite dal concessionario saranno incamerate immediatamente e senza pagamento di un corrispettivo nel demanio pubblico. Quindi, questa norma non ha la finalità di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento delle imprese interessate.

Inoltre, come ha evidenziato la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, gli effetti restrittivi dell’art. 49 cod. nav. sulla libertà di stabilimento sono troppo aleatori e troppo indiretti affinché detta disposizione possa essere considerata idonea ad ostacolare tale libertà. Infatti, la stessa norma prevede espressamente la possibilità di derogare per contratto al principio di acquisizione immediata senza alcun indennizzo o rimborso delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico marittimo; ne consegue che tale acquisizione non può essere considerata come una modalità di cessione forzosa delle opere suddette, bensì contrattuale e, quindi, consensuale.

Di conseguenza, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha concluso che occorre rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio dichiarando che l’art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione  nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione.