Ufficio del Giudice di Pace di Rimini, 26 giugno 2024, n. 967

           

Si chiede alla Corte se le concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative come quella della società ricorrente – che non svolge una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì esercita un’attività economica in un’area demaniale statale – rientra o non rientra nella categoria delle concessioni di servizi e, quindi, se entra o non entra nel campo di applicazione delle autorizzazioni di cui alla direttiva servizi 2006/123/CE e/o della direttiva 2014/23/UE, trattandosi di alcuni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione, alla luce di quanto precisato dalla Corte di giustizia dell’Unione ai punti 45-48 della precedente sentenza Promoimpresa S.r.l. e Melis del 14 luglio 2016 nella cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558).

A prescindere dalla risposta della Corte al primo quesito, si chiede se le concessioni balneari come quella di cui è titolare la società ricorrente, iniziate prima del 28 dicembre 2009, sono comunque fuori dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE ai sensi dell’art. 44 della stessa direttiva autorizzazioni, come sembrerebbe ricavarsi dal punto 73 della sentenza “Autorità  Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa)” della Corte del 20 aprile 2023 in causa C-348/22 (EU:C:2023:301).

A prescindere dalla risposta della Corte al primo e al secondo quesito, si chiede se l’art. 195 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea, anche alla luce dell’art. 345 dello stesso TFUE e dell’art. 1 paragrafo 5 della direttiva 2006/123/CE, deve essere interpretato nel senso che le concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative come quella della società ricorrente, operanti nel settore del turismo, sono escluse dal campo di applicazione delle direttive di armonizzazione, come la direttiva 2006/123/CE.

A prescindere dalla risposta della Corte al primo, al secondo quesito e al terzo quesito, si chiede se l’art. 51 (ex art. 45 TCE) del Trattato di funzionamento dell’Unione europea e l’art. 2 paragrafo 2 lettera i) della direttiva 2006/123/CE devono essere interpretati nel senso che le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative come quelle della società ricorrente, che svolgono in maniera costante e non occasionale attività di interesse pubblico sul territorio del demanio statale, quali la salvaguardia della proprietà pubblica, la tutela della salute e dell’igiene pubblica, la tutela del diritto delle persone con disabilità all’accesso alle attività di elioterapia e di balneazione, nonché attività turistiche, culturali e ambientali, sono escluse dal campo di applicazione sia dell’art. 49 del T.F.U.E. che dalla direttiva servizi.

 

N. 967/2024 R.G.

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI RIMINI

Il Giudice di Pace di Rimini, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 14/06/2024,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel procedimento iscritto al N. 967/2024 R.G. il 03/04/2024 e promosso da:

“BALNEARI RIMINI” (d’ora innanzi: “B.R.”), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Gabriella

Guida e Vincenzo De Michele, presso i quali ha eletto domicilio in Foggia, Via Ricciardi n. 42,

indicando per le comunicazioni e notifiche le pec: guida.gabriella@avvocatifoggia.legalmail.it

e demichele.vincenzo@avvocatifoggia.legalmail.it, giusta procura in calce al ricorso

ricorrente

contro

COMUNE DI RIMINI, con sede a Rimini in Piazza Cavour n.27 (C.F. 00304260409), in

persona del Sindaco - legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti

Benedetta Ricci e Marco Carulli, domiciliato presso l’Avvocatura civica a Rimini in Piazza

Cavour n. 27, indicando per le comunicazioni e notifiche le pec:

benedetta.ricci@avvocatirimini.it e marco.carulli@avvocatirimini.it

resistente

***

ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA AI SENSI DELL’ART.

267 DEL T.F.U.E.

1. FATTI DI CAUSA

1. I fatti di causa sono pacifici e comunque non contestati tra le parti nell’evoluzione storicoricostruttiva anche sotto il profilo delle implicazioni giuridiche e riguardano un’azione di

risarcimento dei danni non patrimoniali, promossa davanti a questo giudice da B.R. nei

confronti del Comune di Rimini, che sarebbero stati provocati dall’Ente pubblico resistente per

aver individuato nel 31/12/2023, con delibera di Giunta comunale n. 504 del 22 dicembre 2023,

il termine di scadenza di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreativa

(in prosieguo “concessioni balneari” oppure “CDM”) insistenti sul territorio comunale ma di

proprietà del demanio statale, compresa quella di cui è titolare la società ricorrente il cui nome

è stato anonimizzato come in epigrafe, salvo una proroga tecnica dapprima fino al 31/09/2024

poi estesa al 31/12/2024, per consentire al Comune concedente di espletare gare per

assegnazione ad altri titolari delle nuove concessioni.

2. Il Comune di Rimini ha giustificato l’azione amministrativa innanzi descritta, invocando

l’autorità delle sentenze nn.17 e 18 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio

di Stato e la successiva giurisprudenza amministrativa e l’effetto diretto nell’ordinamento

nazionale dell’art. 12 paragrafi 1 e 2 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del

Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno (d’ora innanzi anche

direttiva Bolkestein o direttiva autorizzazioni) che sarebbe stato accertato dalle due sentenze di

codesta Corte del 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 “Promoimpresa e

Melis” (EU:C:2016:558) (d’ora innanzi, sentenza Promoimpresa) e del 20 aprile 2023 nella

causa C-348/22 “Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Commune de Ginosa)” del

20 aprile 2023 (EU:C:2023:301) (d’ora innanzi, sentenza AGCM).

3. L’azione giudiziaria di parte attrice muove dal ricorso depositato il 03/04/2024, con cui B.R.

ha convenuto dinanzi a questo giudice di pace il Comune di Rimini per sentire adottare le

seguenti conclusioni: «1. dichiarare il diritto della società ricorrente, come in epigrafe

individuata, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dal Comune di Rimini a seguito

dell’illegittimità dell’azione amministrativa descritta nella narrativa dell’atto al di fuori della

competenza dell’Ente comunale, da calcolarsi in via equitativa nella misura di € 5.000,00 (euro

cinquemila), oltre accessori di legge, o nella diversa maggiore o minore misura che il

Giudicante vorrà determinare, sempre nei limiti della competenza per valore dell’adito Ufficio

giudiziario, con condanna dello stesso Comune di Rimini, in persona del Sindaco pro tempore,

alla liquidazione di detto indennizzo; 2. condannare il Comune di Rimini alla refusione delle

spese legali del presente giudizio.».

4. Nell’atto introduttivo la società ricorrente precisava di essere titolare di concessione

demaniale marittima n. 34/2010, già in gestione senza soluzione di continuità con licenza

n.471/1993 del Ministero della Marina Mercantile e relativa concessione ministeriale n.31/1989

sul territorio di competenza del Comune di Rimini, assegnata da epoca antecedente al

28/12/2009, data di entrata in vigore della direttiva 2006/123/CE, come previsto dall’art. 44

della stessa Direttiva Bolkestein.

5. L’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 prevedeva una proroga delle concessioni

demaniali marittime in vigore fino al 31/12/2033 e il Comune di Rimini, con atto ricognitivo

del Dirigente del Dipartimento Città dinamica e attrattiva del 10 febbraio 2021 (v. allegato 1 di

parte ricorrente) aveva disposto l’estensione al 31/12/2033 della concessione demaniale

marittima n. 34/2010, già in gestione senza soluzione di continuità con licenza n. 471/1993 del

Ministero della Marina Mercantile e relativa concessione ministeriale n.31/1989, di cui è

titolare la società ricorrente.

6. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (d’ora innanzi Adunanza Plenaria o A.P.), con

le sentenze nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021 (v. allegato 2 di parte ricorrente), ha così risposto

ai quesiti posti dal Presidente del Consiglio di Stato con il decreto n.160/21:

«1. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora

disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turisticoricreative - compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica

da Covid-19 dal D.L. n. 34 del 2020, art. 182, comma 2, convertito in L. n. 77 del 2020 - sono

in contrasto con il diritto Eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della

direttiva 2006/123/CE (cd. Bolkestein). Tali norme, pertanto, non devono essere applicate nè

dai giudici nè dalla pubblica amministrazione.

2. Ancorchè siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali

atti siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato

oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione

del rapporto in capo agli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di

autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla

legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini

di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle

concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la

presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o

l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato

è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla

continuazione del rapporto.

3. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza

immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici

perchè le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste e, altresì, nell’auspicio

che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione

Europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad

essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza

di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale

ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe

considerata senza effetto perchè in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.».

7. Viceversa, con la sentenza del 13 gennaio 2022 n.229/2022 (v. allegato 4 di parte ricorrente)

lo stesso Consiglio di Stato al punto 6.7 ha precisato, richiamando la sentenza Togel della Corte

di giustizia del 24.9.1998 in causa C-76/97 (EU:C:1998:161), che le concessioni balneari

iniziate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva

autorizzazioni, profilo non esaminato dalle due sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza

Plenaria del Consiglio di Stato, pur essendosi pronunciato il massimo consesso della giustizia

amministrativa su due fattispecie di concessioni balneari iniziate prima della data di entrata in

vigore della direttiva 2006/123/CE, come nel caso del concessionario ricorrente.

8. In “applicazione” delle sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria è intervenuto il

legislatore, che all’art. 3 (“Disposizioni sull’efficacia delle concessioni demaniali e dei rapporti

di gestione per finalità turistico-ricreative e sportive”), comma 1, della legge 5 agosto 2022

n.118 ha così disposto: «1. Continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023, …., se in

essere alla data di entrata in vigore della presente legge sulla base di proroghe o rinnovi

disposti anche ai sensi della legge 30 dicembre 2018, n.145, e del decreto-legge 14 agosto

2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126: a) le

concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turisticoricreative e sportive…., e quelle per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla

nautica di diporto, inclusi i punti di ormeggio; b) i rapporti aventi ad oggetto la gestione di

strutture turistico-ricreative e sportive in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di

provvedimenti successivi all’inizio dell’utilizzazione»;

9. L’art. 3 comma 3 della legge n.118/2022 ha previsto: «3. In presenza di ragioni oggettive

che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse,

a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate

all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente, con atto motivato, può differire

il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla

conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024. Fino a tale data

l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima

anche in relazione all’articolo 1161 del codice della navigazione»;

10. L’art. 4 comma 1 della legge n.118/2022 ha previsto la delega al Governo entro sei mesi

(scadenza 27/02/2023) di uno o più decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la

disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turisticoricreative e sportive, ivi incluse quelle affidate ad associazioni e società senza fini di lucro.

11. L’art. 4 comma 2 della legge n.118/2022 ha delineato principi e criteri direttivi a cui deve

ispirarsi la delega legislativa prevista dal comma 1 stesso articolo, tra cui quelli sulle procedure

di gara e alla lettera i) quelli sugli indennizzi da riconoscere al concessionario uscente.

12. Con decorrenza 27/02/2023 è stata introdotta, con la legge n. 14/2023 di conversione del

d.l. n.198/2022, una nuova disciplina del settore, con trasformazione della durata a tempo

indeterminato delle CDM per il blocco a tempo indeterminato delle gare (art.4 comma 4-bis

della legge n.118/2022 e art.10-quater comma 3 d.l. n.198/2022), stabilendo comunque un

termine di durata al 31/12/2024 (nuovo art. 3 comma 1, legge n.118/2022) o, se successivo, al

31/12/2025 (nuovo art. 3 comma 3 legge n.118/2022).

13. Il Consiglio di Stato, con sentenze del 1° marzo 2023 n. 2192 e del 19 aprile 2023 n. 3964,

ha tuttavia confermato i principi enunciati dalle due sentenze n. 17 e 18 del 2021 dell’Adunanza

Plenaria, ordinando alle amministrazioni pubbliche concedenti anche la disapplicazione della

normativa sopravvenuta con la legge n.14/2023 di conversione del d.l. n.198/2022.

14. Con la citata sentenza AGCM del 20 aprile 2023 codesta Corte ha risposto ai quesiti

pregiudiziali del TAR Lecce con l’ordinanza dell’11 maggio 2022 iscritta a Lussemburgo il 31

maggio 2022 come causa C-348/22.

15. In precedenza, secondo parte ricorrente, la Corte nella sentenza Promoimpresa del 14 luglio

2016 ai punti 44-48 avrebbe escluso le concessioni balneari dal campo di applicazione

dell’art.12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE.

16. Dal combinato disposto delle due sentenze Promoimpresa e AGCM della Corte sarebbe

possibile argomentare, secondo parte ricorrente, che la direttiva Bolkestein non sarebbe (e non

sarebbe stata mai) applicabile alle concessioni balneari, che sarebbero escluse anche dal campo

di applicazione sia della pertinente direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di

concessione sia delle norme primarie dei Trattati, per il combinato disposto degli artt. 49, 50,

51, 56, 195 e 345 del TFUE.

17. Con la sentenza n.32559/2023 del 23/11/2023 la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni

Unite (v. allegato 5 di parte ricorrente) ha cassato con rinvio, per eccesso di potere

giurisdizionale, la sentenza n. 18/2021 dell’Adunanza Plenaria che, nel nuovo processo di

riassunzione, avrebbe dovuto fissare nuovi principi di diritto vincolati ai motivi di ricorso

presentati dalle parti ricorrenti SIB, ASSOMAT e Regione Abruzzo che sono stati assorbiti

dalla sentenza «anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il

Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro

spettanti». Le Sezioni unite della Suprema Corte, con le stesse motivazioni della sentenza

n.32559/2023, hanno anche annullato, con ordinanza del 9 gennaio 2024 n. 786, la decisione

del 23 maggio 2022 n.4072 del Consiglio di Stato, che aveva recepito i principi enunciati nella

riformata sentenza n.18/2021 dell’Adunanza Plenaria.

18. Con sentenza del 27/12/2023 n. 11200 il Consiglio di Stato ha però ribadito l’efficacia erga

omnes delle sentenze dell’A.P., anche alla luce della mancata impugnazione della sentenza n.

17/2021.

19. La valenza erga omnes della sentenza n.17/2021 dell’Adunanza Plenaria è stata ribadita al

punto 12 dalla deliberazione n.504 del 22/12/2023 della Giunta comunale di Rimini (v. allegato

6 di parte ricorrente), che ha ridotto al 31/12/2023 l’originaria durata al 31/12/2033 delle

concessioni demaniali marittime sul territorio di competenza, compresa quella gestita dal

concessionario ricorrente: «Considerato che il Comune intende dare esecuzione ai principi

sopra descritti onde non incorrere in violazioni del diritto UE in procedimenti di sua

competenza, tanto più alla luce della sentenza 23 novembre 2023 n. 32559, con cui la Corte di

Cassazione ha annullato per eccesso di giurisdizione le sopra-menzionate sentenze gemelle

dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, i cui principi sono stati comunque recepiti nella

versione originaria dell’art.3 della l. n. 118/2022».

20. Prima della deliberazione di Giunta comunale di Rimini n. 504/2023 è stata approvata la

deliberazione della Giunta comunale di Rimini n. 465 del 12/12/2023 (v. allegato 7 di parte

ricorrente), avente ad oggetto “Assunzione proposta di piano dell’arenile ex art. 3 comma 2

della L.R. 9/2002. Procedimento ex art.45 L.R. 24/2017. Proposta all’Assemblea legislativa di

variante al piano territoriale paesistico regionale ai sensi dell’art.52 L.R. 24/2017. Avvio della

procedura di apposizione di vincolo espropriativo ex art.10 L.R. 37/2002”. L’avvio del

procedura di approvazione del Piano dell’Arenile di cui alla predetta delibera n.465/2023,

completata con deliberazione di consiglio comunale del 13 giugno 2024 in corso di

pubblicazione, presuppone il successivo atto di indirizzo di cui alla deliberazione n.504/2023 e

la cessazione della durata della concessione demaniale marittima n.165/1998 alla data

(originariamente prevista) del 30.9.2024, poi differita al 31/12/2024 con successiva

comunicazione della Dirigente del Dipartimento Città Dinamica e Attrattiva del Comune di

Rimini trasmessa a mezzo pec alla società ricorrente e a tutti gli altri concessionari balneari in

data 24/01/2024 (v. allegato 8 di parte ricorrente), al fine di consentire la ridefinizione delle

aree del demanio marittimo di competenza del Comune di Rimini.

21. Secondo parte ricorrente, il comportamento del Comune di Rimini non sarebbe corretto,

perché la legislazione nazionale vigente vieta le gare e trasforma a tempo indeterminato la

durata delle concessioni balneari rispetto al termine originariamente fissato con gli atti

individuali di ricognizione al 31 dicembre 2033.

22. Nella suddetta prospettazione la delibera di G.C. n. 504/2023 sarebbe, dunque, atto

amministrativo illegittimo, che modifica disposizioni di legge attualmente in vigore e applica

norme di legge non più in vigore o disposizioni normative delegate mai approvate, in danno del

concessionario ricorrente, in un settore in cui, peraltro, l’assegnazione delle concessioni

balneari avviene esclusivamente secondo le regole del codice della navigazione e del

Regolamento attuativo, non essendo prevista nessuna procedura ad evidenza pubblica secondo

il codice dei contratti pubblici e secondo il diritto dell’Unione.

23. La Società ricorrente, unitamente ad altri n.24 concessionari balneari di Rimini, ha

impugnato davanti al TAR Emilia Romagna – sede di Bologna con ricorso notificato il

17/02/2024 n.124/2024 R.G. (v. allegato 10 di parte ricorrente) le delibere n. 504/2023 e n.

465/2023 della Giunta comunale di Rimini per chiederne la declaratoria di nullità e/o

illegittimità per contrasto con il diritto dell’Unione, con la Costituzione nazionale e con le

norme ordinarie, nonché per l’accertamento del diritto a continuare ad utilizzare i beni

demaniali legittimamente concessi a tempo indeterminato, salvo il legittimo potere di revoca o

di decadenza previsti dal codice della navigazione, o comunque fino al 31/12/2033 come da

legittimi atti ricognitivi rilasciati dallo stesso Comune.

24. Inoltre la società ricorrente, unitamente ad altri n.22 concessionari demaniali marittimi, con

atto notificato in data 29/02/2024 e iscritto a ruolo in data 02/03/2024 con il n. 5010/2024 R.G.

Cass. (v. allegato 11 del fascicolo di parte ricorrente) ha proposto ricorso per cassazione davanti

alle Sezioni Unite della S.C., ai sensi degli artt. 111 commi 7 e 8 Cost., per l’annullamento

senza rinvio anche della sentenza n.17/2021 dell’Adunanza Plenaria nei confronti del Governo

italiano, dell’AGCM e del Comune di Rimini come parti controinteressate.

25. Nel giudizio n.124/2024 R.G. davanti al TAR Bologna si è costituito in giudizio il Comune

di Rimini (v. allegato 12 di parte ricorrente) sostenendo, come peraltro sostiene nella comparsa

di costituzione nel presente giudizio, che il ricorso proposto dai n.25 concessionari demaniali

marittimi avverso la delibera di Giunta n.504/2023 era inammissibile, in quanto non si trattava

di un provvedimento amministrativo che incideva sui diritti dei ricorrenti ma di un mero atto di

indirizzo, non avente nessuna efficacia e frutto soltanto della ricognizione della normativa

applicabile al settore che, secondo l’Ente comunale resistente, prevedeva la cessazione della

durata delle concessioni balneari alla data del 31/12/2023 in base alle sentenze n. 17 e 18 del

2021 dell’Adunanza Plenaria e all’art. 3 commi 1 e 3 della legge n.118/2022, nel testo

previgente le modifiche introdotte dalla legge n.14/2023.

26. Secondo B.R., l’eccezione di inammissibilità del ricorso al TAR sollevata dal Comune di

Rimini non avrebbe trovato riscontro nell’ordinanza cautelare del 15/03/2024 n.86/2024 della

II Sezione del TAR Bologna (v. allegato 13), che sembrerebbe dare, invece, credito alla tesi dei

ricorrenti concessionari, tra cui la società istante, della durata indeterminata delle CDM.

27. Poiché, tuttavia, il Comune di Rimini intende comunque insistere nella sua attività

amministrativa, ritenuta da B.R. contra legem, pubblicando un piano dell’arenile fondato su un

dato normativo inesistente quale quello riportato nella delibera n.504/2023 della cessazione

delle concessioni balneari al 31/12/2023 e bandendo le gare sulla base dello stesso piano

dell’arenile, la società ricorrente, quale titolare della CDM operante da decine di anni con

impegno professionale e dedizione del piccolo imprenditore sul territorio comunale di Rimini,

ha richiesto nel presente giudizio il ristoro dei danni non patrimoniali da questa situazione di

incertezza determinata dal Comune di Rimini, con la minaccia dell’esproprio senza precedenti

con decorrenza dal 01/10/2024 della propria azienda con la sua proprietà immobiliare, per la

pretesa illegittimità dell’azione dell’amministrazione comunale che si sarebbe sostituita sia allo

Stato come Governo e legittimo proprietario del demanio marittimo in questione, che ne incassa

i canoni determinati da disposizioni di legge, sia al legislatore che avrebbe delineato un quadro

giuridico (ora) conforme al diritto dell’Unione e alla Costituzione nazionale. I danni non

patrimoniali all’immagine e alla continuità aziendale causati dal Comune sono stati quantificati

per difetto, in via equitativa nella misura di € 5.000,00 (euro cinquemila), salvo diversa

quantificazione da parte di questo giudice, entro i limiti della propria competenza per valore.

28. Già nel ricorso introduttivo la Società istante ha proposto a questo giudice di sollevare

preliminarmente quattro quesiti pregiudiziali alla Corte ai sensi dell’art. 267 TFUE.

29. Con decreto del 23 aprile 2024 questo giudice, assegnatario della causa, ha anticipato

l’udienza di trattazione al 14 giugno 2024.

30. Con comparsa 03/06/2024 si è costituito in giudizio il Comune resistente, in via preliminare

eccependo il difetto di giurisdizione di questo giudice in favore del giudice amministrativo e,

in particolare, del TAR Bologna, che sarebbe competente anche per il risarcimento dei danni

conseguenti all’azione di annullamento di provvedimenti amministrativi lesivi di interessi

legittimi. Nel merito, l’Ente comunale ha ribadito la legittimità dell’azione amministrativa e si

è opposto al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, essendo ormai acclarata dalle due

sentenze della Corte di Giustizia Promoimpresa e AGCM la diretta applicazione alle

concessioni demaniali marittime dell’art.12 della direttiva 2006/123/CE, con conseguente

legittimità dell’indizione delle gare entro il 31/12/2024 per l’assegnazione delle concessioni

balneari a seguito della scadenza della durata delle stesse al 31/12/2023 e della proroga tecnica

prevista dall’art. 3 comma 3, legge n.118/2022 nel testo antecedente le modifiche introdotte

dalla legge n. 14/2023, da disapplicare alla luce delle indicazioni del Consiglio di Stato.

31. La Società ricorrente ha depositato in data 12/06/2024 nel fascicolo telematico un

documento denominato “Proposta di domanda pregiudiziale alla Corte Ue”, insistendo nei

quattro quesiti pregiudiziali già proposti con il ricorso introduttivo, a cui ha aggiunto altri due

quesiti pregiudiziali (quinto e sesto quesito).

32. All’udienza del 14/06/2024 le parti hanno ampiamente discusso le questioni e

argomentazioni sollevate nei rispettivi atti difensivi. In particolare, i difensori di parte ricorrente

hanno contestato la fondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione proposta dal Comune,

alla luce dell’art. 133 comma 1 lettera b) del codice del processo amministrativo e di quanto

precisato dalla Cassazione nell’ordinanza interlocutoria n. 28566 del 13/10/2023 sul riparto di

competenza tra giudice amministrativo e giudice ordinario in subiecta materia; inoltre, hanno

diffusamente illustrato le ragioni su cui, già nell’atto introduttivo, erano fondati i quattro quesiti

pregiudiziali sollecitati a questo giudice, da sottoporre alla Corte UE.

I difensori del Comune resistente hanno insistito sull’eccezione pregiudiziale di difetto di

giurisdizione e comunque sulla correttezza dell’azione amministrativa, fondata sulle sentenze

del Consiglio di Stato, sul parere motivato della Commissione Europea, sul parere dell’AGCM

in atti; infine, hanno chiesto lo stralcio del documento contenente il testo dell’ordinanza

pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue perché inammissibile o, in subordine, un rinvio

dell’udienza per note difensive di replica.

33. Sciogliendo la riserva all’esito dell’udienza del 14/06/2024, questo giudice ritiene di dover

sollevare - rimodulati come di seguito - i quattro quesiti pregiudiziali alla Corte Ue proposti

dalla parte ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio, su cui vi è stato ampio contraddittorio

tra le parti sia nella trattazione scritta del processo che nella fase orale in udienza.

Questo giudice, invece, non ritiene invece di estendere alla delibazione di codesta Corte gli altri

due quesiti pregiudiziali proposti dalla Società ricorrente nel documento denominato “proposta

di domanda pregiudiziale alla Corte Ue” sia perché non li condivide sia perché su di essi non

vi è stato alcun contraddittorio scritto con il Comune di Rimini, essendo stati presentati

successivamente alla rituale costituzione dell’Ente pubblico resistente.

34. Non vi sono i presupposti per disporre lo stralcio dal fascicolo della proposta di rinvio

pregiudiziale, depositata dalla parte ricorrente con modalità assolutamente trasparenti, il cui

contenuto è ampiamente esposto nelle sue argomentazioni nel lungo ricorso introduttivo ed è

stato oggetto di ampio e specifico dibattito all’udienza nel pieno rispetto del contraddittorio tra

le parti sia nella fase scritta che in quella orale.

35. In via pregiudiziale e prima di esaminare i quattro quesiti pregiudiziali sottoposti

all’attenzione di codesta Corte, questo giudice ritiene di essere competente a decidere la

presente controversia.

36. Come sottolineato in udienza dai difensori della parte ricorrente, la materia degli indennizzi

e dei canoni legati all’uso di demanio pubblico in concessione è sottratta alla G.A., ai sensi

dell’art.133 comma 1 lettera b) del codice del processo amministrativo, che affida alla

giurisdizione esclusiva amministrativa soltanto «le controversie aventi ad oggetto atti e

provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle

controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali

delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche».

37. Nella citata ordinanza interlocutoria della Suprema Corte di Cassazione n. 28566/2023, che

ha sollevato la questione di legittimità costituzionale decisa dalla Corte Costituzionale con la

sentenza n. 70/2024, sono analiticamente affrontate le problematiche sul riparto di giurisdizione

tra giudice amministrativo e giudice ordinario in subiecta materia. Secondo la Cassazione

l’indennizzo di cui all’art.1 comma 257 della legge n. 296/2006 o quello di cui all’art.8 del d.l.

n.400/1993, in quanto attribuzione patrimoniale comunque sottratta al potere di intervento

discrezionale dell’Amministrazione, non ha neanche natura di sanzione amministrativa, sulla

scorta di una giurisprudenza consolidata in tema di pagamento del canone derivante da rapporto

concessorio, secondo cui «l’occupazione generica di suolo pubblico rientra pienamente nella

tipologia di prestazione per la quale l’utilizzatore è tenuto al pagamento di una prestazione

pecuniaria legata ad un rapporto che esplica effetti di natura privatistica, posto che la natura

pubblica del suolo occupato non incide sulla qualificazione del rapporto instaurato.». In

definitiva, secondo la Suprema Corte, «si tratta pur sempre di controversie relative alla fase

esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione della concessione di bene (come di

servizio) pubblico.».

38. Quindi, a rigore, anche la disciplina delle proroghe legislative delle CDM, che riguarda il

sinallagma funzionale e non quello genetico del rapporto concessorio di beni pubblici, sarebbe

sottratta alla competenza del giudice amministrativo.

39. Del resto la stessa Amministrazione resistente, nella memoria depositata nel giudizio

n.124/2024 R.G. (v. allegato 12 di parte ricorrente) davanti al TAR Bologna e nella comparsa

di costituzione nel presente giudizio, ha correttamente negato alla delibera n.504/2023 di Giunta

comunale la natura di provvedimento amministrativo atto ad incidere sui diritti soggettivi dei

concessionari ricorrenti, tra cui la Società ricorrente; ha, cioè, negato, come mero atto di

ricognizione, la sua natura di atto o provvedimento amministrativo rientrante nella competenza

esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art.133 comma 1 lettera b) del c.p.a.

40. Di seguito verranno esposti, nell’ordine: 2. i quesiti pregiudiziali alla Corte; 3. le

considerazioni e l’opinione del giudice adito sui quesiti pregiudiziali; 4. la normativa

applicabile alla fattispecie.

***

2. QUESITI PREGIUDIZIALI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

41. Questo Giudice formula alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i seguenti quesiti

pregiudiziali:

«1. Si chiede alla Corte se le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative

come quella della società ricorrente - che non svolge una prestazione di servizi determinata

dell’ente aggiudicatore, bensì esercita un’attività economica in un’area demaniale statale –

rientra o non rientra nella categoria delle concessioni di servizi e, quindi, se entra o non entra

nel campo di applicazione delle autorizzazioni di cui alla direttiva servizi 2006/123/CE e/o

della direttiva 2014/23/UE, trattandosi di alcuni accordi aventi per oggetto il diritto di un

operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di

diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni

generali d’uso dei beni o delle risorse in questione, alla luce di quanto precisato dalla Corte

di giustizia dell’Unione ai punti 45-48 della precedente sentenza Promoimpresa S.r.l. e Melis

del 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558).».

«2. A prescindere dalla risposta della Corte al primo quesito, si chiede se le concessioni

balneari come quella di cui è titolare la società ricorrente, iniziate prima del 28 dicembre 2009,

sono comunque fuori dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE aisensi dell’art.44

della stessa direttiva autorizzazioni, come sembrerebbe ricavarsi dal punto 73 della sentenza

“Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Commune de Ginosa)” della Corte del

20 aprile 2023 in causa C-348/22 (EU:C:2023:301).».

«3. A prescindere dalla risposta della Corte al primo e al secondo quesito, si chiede se l’art.195

del Trattato di funzionamento dell’Unione europea, anche alla luce dell’art.345 dello stesso

TFUE e dell’art.1 paragrafo 5 della direttiva 2006/123/CE, deve essere interpretato nel senso

che le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative come quella della

società ricorrente, operanti nel settore del turismo, sono escluse dal campo di applicazione

delle direttive di armonizzazione, come la direttiva 2006/123/CE.».

«4. A prescindere dalla risposta della Corte al primo, al secondo quesito e al terzo quesito, si

chiede se l’art.51 (ex art.45 TCE) del Trattato di funzionamento dell’Unione europea e l’art.2

paragrafo 2 lettera i) della direttiva 2006/123/CE devono essere interpretati nel senso che le

concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative come quelle della società

ricorrente, che svolgono in maniera costante e non occasionale attività di interesse pubblico

sul territorio del demanio statale, quali la salvaguardia della proprietà pubblica, la tutela della

salute e dell’igiene pubblica, la tutela del diritto delle persone con disabilità all’accesso alle

attività di elioterapia e di balneazione, nonché attività turistiche, culturali e ambientali, sono

escluse dal campo di applicazione sia dell’art.49 del T.F.U.E. che della direttiva servizi».

                                                                              ***

3. LE CONSIDERAZIONI E L’OPINIONE DEL GIUDICE SUI QUESITI

PREGIUDIZIALI

42. Acclarata la giurisdizione di questo giudice ordinario,sono opportune alcune considerazioni

sulla necessità, ai fini della soluzione della controversia, di chiedere chiarimenti alla Corte di

Giustizia in una materia in cui, evidentemente, l’applicazione diretta del diritto dell’Unione ha

costituito il principale punto di discussione di una situazione regolativa della durata delle

concessioni demaniali marittime per uso turistico-ricreativo che ha visto coinvolte le Istituzioni

Ue (Corte di giustizia e Commissione) e quelle nazionali a livello legislativo ed esecutivo

(Parlamento e Governo) e giurisdizionali (Corte costituzionale, Cassazione a Sezioni Unite,

Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria), con evidenti contrasti interpretativi e normativi.

43. Nel merito, il Comune ha ribadito la legittimità dell’azione amministrativa e si è opposto al

rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, essendo ormai acclarata dalle due sentenze della

Corte di Giustizia Promoimpresa e AGCM la diretta applicazione alle concessioni demaniali

marittime dell’art.12 della direttiva 2006/123/CE.

44. Effettivamente, l’azione amministrativa del Comune di Rimini è coerente con le indicazioni

imposte a tutte le pubbliche amministrazioni dall’Adunanza Plenaria nelle due sentenze nn.17

e 18 del 2021 e ribadite dallo stesso massimo organo di giustizia amministrativa nella

giurisprudenza successiva (da ultimo, cfr. sentenza della VII Sezione del 20 maggio 2024

n.4479 in riassunzione dopo l’annullamento della sentenza n.18/2021 dell’Adunanza Plenaria).

45. Questo giudice ritiene che i principi enunciati dal Consiglio di Stato non facciano nascere

alcun obbligo di applicarli nella presente controversia o in altre dello stesso tipo, atteso che la

tradizione costituzionale della giurisprudenza amministrativa e di quella ordinaria è invece

incline, come questo giudice, ad applicare le leggi dello Stato e, in caso di sospetto di

illegittimità costituzionale o di contrarietà al diritto dell’Unione Europea della norma statale da

applicare, a sollevare questione di legittimità costituzionale o promuovere il dialogo con la

Corte di Giustizia Ue attraverso il rinvio pregiudiziale previsto dall’art.267 TFUE.

46. Sulla fattispecie delle proroghe legislative delle concessioni balneari il Consiglio di Stato

non ha mai sollevato le questioni pregiudiziali richieste al giudice di ultima istanza ai sensi

dell’art.267 paragrafo 3 del TFUE, né ha mai sollevato questione di legittimità costituzionale.

47. Peraltro, come giustamente sottolineato dalla parte ricorrente, la sentenza n. 46/2022 della

Corte Costituzionale non ha condiviso il percorso interpretativo delle due sentenze

dell’Adunanza Plenaria del 2021 e ha ritenuto costituzionalmente legittima la proroga al

13

31/12/2033 delle concessioni demaniali marittime per uso turistico-ricreativo e l’estensione di

tale proroga anche a quelle lacuali e fluviali.

48. Questo giudice ritiene di dover applicare alla fattispecie di causa la normativa statale

attualmente vigente, che prevede la durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime

ad uso turistico-ricreativo alla luce del combinato disposto dell’art. 3 comma 1 e dell’art .4

comma 4-bis della legge n.118/2022 nonché dell’art.10 comma 4-bis del d.l. n. 198/2022, con

il divieto definitivo ai Comuni concedenti di effettuare gare pubbliche per l’assegnazione delle

concessioni a nuovi titolari, in un settore in cui non opera il codice dei contratti pubblici.

49. Peraltro, con la declaratoria di illegittima occupazione del suolo demaniale marittimo per

uso turistico-ricreativo sancita con decorrenza dal 1° gennaio 2024 dal Consiglio di Stato, i

titolari di concessioni “scadute” il 31/12/2023 come la Società ricorrente andrebbero incontro

alle seguenti conseguenze sul piano civile e penale:

• applicazione degli indennizzi di cui all’art. 8 del d.l. 400/1993 (convertito con modificazioni

dalla legge n. 494/1993) in misura pari ai canoni previsti dalla stessa normativa in caso di

occupazione legittima con titolo concessorio valido, maggiorati del 200%;

• applicazione dell’art.54 cod. nav. con ingiunzione da parte degli Enti gestori agli ex

concessionari illegittimamente occupanti il demanio marittimo di rimettere in pristino la

situazione del suolo pubblico con la demolizione delle opere non amovibili e la rimozione di

quelle amovibili, provvedendo l’Ente pubblico a spese dell’interessato in caso di mancata

esecuzione dell’ordine;

• applicazione dell’art.1161 cod. nav., che prevede che chiunque arbitrariamente occupa uno

spazio del demanio marittimo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a €

516, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato.

50. Ne consegue che le risposte della Corte di Giustizia UE ai quesiti proposti sono

indispensabili per dissipare ogni dubbio sull’astratta fondatezza della domanda della società

ricorrente e di contrasto con il diritto dell’Unione di diretta applicazione del diritto soggettivo

della parte ricorrente alla legittima occupazione a tempo indeterminato del suolo demaniale

marittimo per lo svolgimento dell’attività in concessione, salva ogni valutazione sulla “colpa”

del Comune resistente, la cui azione amministrativa comunque appare in linea con le direttive

del Consiglio di Stato, della Commissione europea e dell’Autorità garante della concorrenza e

del mercato e, quindi, va verificata anch’essa nel quadro delle risposte della Corte UE.

Sul primo quesito pregiudiziale

51. Questo giudice ritiene che la Corte di Giustizia nella sentenza Promoimpresa, avendo

individuato quale normativa dell’Unione applicabile alla fattispecie delle concessioni demaniali

marittime e lacuali per uso turistico-ricreativo, al punto 4 il considerando 57 della direttiva

2006/123/CE e al punto 7 il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE, possa avere inteso

escludere le predette concessioni, come concessioni di beni da parte dell’autorità pubblica, dal

campo di applicazione sia della direttiva Bolkestein del 2006/123/CE sia della pertinente

direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, trattandosi di alcuni

accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o

risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i

quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione

(considerando 15 della direttiva 2014/23/CE).

52. Del resto, nella sentenza Promoimpresa la Corte sembra affermare espressamente ai punti

44 – 48 che le concessioni demaniali, come concessioni di beni, non rientrano tra le concessioni

di servizi e, quindi, non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE e

neanche della specifica direttiva 2014/23/Ue. D’altra parte, al punto 39 della sentenza del 18

settembre 2019 della Corte nella causa C-526/17 Commissione contro Repubblica Italiana

(EU:C:2019:756), anche la Commissione UE sembrerebbe consapevole della menzionata

posizione interpretativa di codesta Corte UE.

Sul secondo quesito pregiudiziale

53. L’art.44 della direttiva 2006/123/CE prevede che gli Stati membri mettono in vigore le

disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle

disposizioni della stessa direttiva entro il 28 dicembre 2009.

54. Pertanto, secondo questo giudice, la direttiva Bolkestein non è stata mai applicabile alle

concessioni demaniali marittime essendo concessioni di beni (cfr. Consiglio di Stato, sentenza

5.1.2024 n.204; Corte di giustizia, sentenza Promoimpresa, punti 47-48; Corte costituzionale,

sentenza n.29/2017) e non di servizi o di lavori e, comunque, non avrebbe potuto essere

applicata alle CDM come quella della società ricorrente iniziate prima del 28/12/2009.

38. La sentenza AGCM della Corte al punto 73 parrebbe esplicitare l’esclusione delle

concessioni demaniali marittime dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE quando

iniziate prima del 28/12/2009.

55. Come anticipato, lo stesso Consiglio di Stato con sentenza del 13 gennaio 2022 n.229/2022

al punto 6.7 ha precisato, richiamando la sentenza Togel della Corte, che le concessioni balneari

iniziate prima del 28/12/2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva Bolkestein:

profilo non esaminato dall’Adunanza Plenaria nelle sentenze nn.17 e 18 del 2021.

Sul terzo quesito pregiudiziale

56. L’art.195 del TFUE con decorrenza dal 1.11.2009 (la norma non era presente nel TCE)

esclude nel settore turismo che il Parlamento Europeo e il Consiglio, deliberando secondo la

procedura legislativa ordinaria, possano introdurre, sul piano legislativo, misure specifiche di

armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

57. L’art.345 del TFUE stabilisce che i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di

proprietà esistente negli Stati membri.

58. Va evidenziato che l’art. 01 comma 2 del d.l. n. 400 del 1993, nel testo modificato dall’art.10

comma 1 della legge n.88/2001 e in vigore fino al 16 gennaio 2012, aveva previsto il rinnovo

automatico delle concessioni demaniali marittime in essere di sei anni in sei anni, salvo la

revoca di cui all’art. 42 cod. nav., e l’originario testo dell’art.37 comma 2 cod. nav. fino al

29.12.2009 prevedeva il c.d. diritto di insistenza del precedente titolare del rapporto concessorio

con il demanio marittimo. In buona sostanza, il combinato disposto delle predette norme, ora

abrogate, prevedeva la durata indeterminata del rapporto concessorio demaniale marittimo di

cui è titolare la Società ricorrente.

59. Il legislatore nazionale ha riproposto la stessa situazione delle norme abrogate con il

combinato disposto dell’art. 3 commi 1 e 3 e dell’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022,

nonché con l’art.10-quater comma 3 del d.l. n.198/2022, normativa attualmente vigente, nella

parte in cui la disciplina interna qualifica come legittima a tempo indeterminato l’occupazione

del demanio marittimo assegnato secondo le regole del codice della navigazione fino alla revoca

o alla decadenza del rapporto concessorio, impedendo che si realizzi la fattispecie di reato di

cui all’art.1161 del codice della navigazione in caso di occupazione illegittima.

60. L’art.12 della direttiva 2006/123/CE non potrebbe comunque incidere sulla menzionata

normativa interna, che ha effetti di qualificazione dell’occupazione del demanio pubblico

marittimo anche in materia di diritto penale, giusta l’art.1 paragrafo 5 della stessa Direttiva.

61. Non spetta alla pubblica amministrazione o ai giudici ordinari o amministrativi, ma alla

Corte Costituzionale la disapplicazione della normativa vigente sulle concessioni demaniali

marittime per presunto contrasto con direttive dell’Unione, perché dalla stessa potrebbero

derivare conseguenze penali in capo ai concessionari ex art.1161 cod. nav., come chiarito dalla

stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 28/2010, laddove ha stabilito espressamente che

gli “effetti diretti devono invece ritenersi esclusi se dall’applicazione della direttiva deriva una

responsabilità penale” (cfr. Corte di giustizia Ue, ordinanza 24 ottobre 2002 in causa C-233/01

RAS, EU:C:2001:261; Grande Sezione, sentenza 3 maggio 2005 in cause riunite C-387/02, C391/02 e C-403/02, Berlusconi e altri, EU:C:2005:270).

62. La Corte Costituzionale ha poi ripetutamente chiarito (sentenze n. 46/2022, 222/2020,

40/2017, 213/2011, 233/2010 e 180/2010) che è di esclusiva competenza dello Stato centrale,

come proprietario del demanio, stabilire le modalità di rinnovo e/o riassegnazione delle

concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.

63. Pertanto secondo questo giudice, le direttive di armonizzazione come la direttiva

2006/123/CE non dovrebbero applicarsi alle concessioni demaniali marittime, anche perché

diversamente andrebbero ad incidere sulla normativa in materia di proprietà e/o possesso dei

beni immobili e sulla qualificazione legittima o illegittima ai fini penali della loro occupazione.

Sul quarto quesito pregiudiziale

64. L’art. 51 (ex art.46 TCE) al Titolo IV Capo 2 del TFUE prevede che sono escluse

dall’applicazione delle disposizioni dello stesso Capo 2 (artt.49 – 55 TFUE), per quanto

riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure

occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri.

65. Pertanto, secondo questo giudice, le concessioni demaniali marittime sarebbero escluse dal

campo di applicazione dell’art. 49 TFUE, partecipando non occasionalmente ma direttamente

all’esercizio dei pubblici poteri di tutela del patrimonio costiero, della salute e dell’igiene

pubblica, di garanzia del libero e sicuro accesso alla balneazione di persone disabili, ecc.

                                                                         **

4. NORMATIVA INTERNA APPLICABILE

66. L’art. 36 del Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942 n.327; d’ora innanzi cod.

nav.) prevede la possibilità della pubblica amministrazione concedente (in precedenza il

Ministero competente o le Capitanerie di porto a seconda della durata, con l’art.42 del d.lgs.

n.96/1999 i Comuni), compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, di concedere

l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un

determinato periodo di tempo.

67. L’art. 37 cod. nav. prevedeva l’esperimento di un procedimento finalizzato alla valutazione

comparativa tra gli aspiranti solo in via eventuale, ovvero nell’ipotesi di più domande di rilascio

di concessione sul medesimo bene demaniale. Il medesimo articolo, al secondo comma,

contemplava tuttavia in tal caso la preferenza in favore del soggetto già titolare della

concessione (c.d. diritto di insistenza). La norma sul diritto di insistenza è stata in vigore fino

al 30 dicembre 2009, quando è stata abrogata con la modifica del comma 2 dell’art.37 cod. nav.

dall’art.1 comma 10 del d.l. n.194/2009 (convertito con modificazioni dalla legge n.25/2010).

68. L’art. 42 cod. nav. disciplina la revoca delle concessioni demaniali marittime, prevedendo

al comma 2 che le concessioni di durata superiore al quadriennio o che importino impianti di

difficile sgombero sono revocabili per specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per

altre ragioni di pubblico interesse, senza indennizzo e al comma 4, nel caso di concessioni che

hanno dato luogo a costruzione di opere stabili, un indennizzo pari al rimborso di tante quote

parti del costo delle opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato.

69. L’art. 49 cod. nav. prevede che, quando venga a cessare la concessione, le opere non

amovibili costruite sulla zona demaniale restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o

rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la

restituzione del bene demaniale nel pristino stato.

70. L’art.1161 cod. nav. (Abusiva occupazione di spazio demaniale e inosservanza di limiti

alla proprietà privata) prevede testualmente: «Chiunque arbitrariamente occupa uno spazio del

demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce

l’uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva i vincoli cui è

assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aeroporti

è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a lire un milione, sempre che il fatto

non costituisca un più grave reato.»

71. L’art. 01 comma 2 del d.l. n. 400 del 1993, come modificato dall’art.10 co. 1 della legge

n. 88/2001, in vigore fino al 16/01/2012, ha previsto il rinnovo automatico delle concessioni

demaniali marittime in essere di sei anni in sei anni, salvo la revoca di cui all’art.42 cod. nav.

72. L’art. 8 comma 1 del d.l. n. 400 del 1993 prevede testualmente: «1. A decorrere dal 1990,

gli indennizzi dovuti per le utilizzazioni senza titolo dei beni demaniali marittimi, di zone del

mare territoriale e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero per utilizzazioni difformi dal

titolo concessorio, sono determinati in misura pari a quella che sarebbe derivata

dall’applicazione del presente decreto, maggiorata rispettivamente del duecento per cento e

del cento per cento.».

73. In conclusione, il c.d. diritto di insistenza o di precedenza, previsto dall’originario testo

dell’art. 37 comma 2 cod. nav. fino al 29/12/2009, del precedente titolare del rapporto

concessorio con il demanio marittimo, si coniugava con il rinnovo automatico dell’art. 01

comma 2 del d.l. n.400/1993 e dell’art.49 cod. nav., che prevede la devoluzione delle opere non

amovibili allo Stato, senza indennizzo per il concessionario il cui titolo concessorio sia cessato.

74. La legislazione ordinaria italiana ha, inoltre, disciplinato con il codice della navigazione e

con la legislazione speciale (d.l. 400/1993) le concessioni demaniali marittime come

concessioni di beni demaniali e non di lavori o di servizi; quindi, le concessioni balneari non

sono mai state disciplinate come appalti pubblici di lavori o di servizi e sono espressamente

escluse dalla previgente e dall’attuale disciplina del codice dei contratti pubblici.

75. In particolare, il d.lgs. 18 aprile 2016 n.50 (codice dei contratti pubblici) ha recepito le

direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25 e, coerentemente, all’art.17 comma 1 lettera a)

ha escluso l’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici «agli appalti e

alle concessioni di servizi: a) aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le

relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti

diritti su tali beni», ripetendo le analoghe previsioni dell’art. 19 del d.lgs. n.163/2006 e

dell’art.5 comma 2 lettera a) del d.lgs. n.157/1995. L’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs.

31 marzo 2023 n.36 (nuovo codice dei contratti pubblici) a decorrere dal 1° luglio 2023, con

l’abrogazione del d.lgs. n.50/2016, ha sostituito con identica formulazione l’art.17 comma 1

lettera a) del codice dei contratti pubblici, elevando, sempre con decorrenza dal 1.7.2023,

all’art.14 comma 1 lettera a) del nuovo decreto fino a euro 5.382.000 la soglia di rilevanza

europea degli appalti pubblici di lavori e per le concessioni.

76. Il Regolamento per l’esecuzione del Codice della navigazione (d.P.R. 15 febbraio 1952,

n. 328) delinea chiaramente il rapporto intercorrente tra amministrazione concedente e privato

concessionario in termini sovrapponibili rispetto a un ordinario contratto di locazione, con

particolare riguardo all’art.19, che definisce il contenuto dell’atto di concessione esattamente

nei termini indicati nel considerando (15) della direttiva 23/2014/UE sull’aggiudicazione dei

contratti di concessione, ossia in modo da consentire di assimilare il rapporto a una “locazione”.

77. La Regione Emilia-Romagna con la legge 14 aprile 2004 n.7 (v. allegato 15 di parte

ricorrente) all’art.18 prevede in caso di rinnovo delle concessioni sul demanio idrico sul

territorio regionale il diritto di insistenza del concessionario uscente.

78. Il legislatore ha introdotto, con la legge di conversione n.14/2023 del d.l. milleproroghe

n.198/2022, modifiche normative idonee a paralizzare, a tempo indeterminato, gli effetti della

legge sulla concorrenza n.118/2022, alla luce del seguente quadro normativo, più volte descritto

nella narrativa dell’ordinanza e qui sintetizzato.

79. L’art. 3 comma 1 della legge n.118/2022, modificato dall’art.12 comma 6-sexies del d.l.

n.198/2022, convertito dalla legge n. 14/2023, ha previsto una proroga automatica delle

concessioni demaniali marittime fino al 31/12/2024, modificando l’originario termine del

31/12/2023.

80. L’art.3 comma 3 della legge n.118/2022, come modificato dall’art.10-quater comma 3 1°

capoverso del d.l. n.198/2022, convertito dalla legge n.14/2023, è attualmente così formulato:

«3. In presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva

entro il 31 dicembre 2024, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso

o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente,

con atto motivato, può differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo

strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre

2025. Fino a tale data l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente

è comunque legittima anche in relazione all’articolo 1161 del codice della navigazione.».

81. Dispone l’art. 10-quater comma 3 d.l. n.198/2022, introdotto in sede di conversione dalla

legge n.14/2023: «……. Le concessioni e i rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a)

e b), della legge 5 agosto 2022, n. 118, continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla

data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori».

82. Dispone infine l’art. 4 comma 4-bis della legge n.118/2022, introdotto dall’art. 1 comma

8 lettera b) della legge n.14/2023: «Fino all’adozione dei decreti legislativi di cui al presente

articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di

assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b)».

***

La presente ordinanza è stata redatta nel rispetto delle regole dell’anonimato delle parti di cui

all’art. 95 del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia.

***

Si dispone la trasmissione della presente ordinanza alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

(presso la cancelleria della Corte in Rue du Fort Niedergrünewald, L-2925 Lussemburgo) per

il prosieguo in sede incidentale del giudizio, attraverso il sistema e-curia, unitamente alla copia

di tutta la documentazione allegata ai fascicoli della parte ricorrente e della parte resistente,

compresi ricorso e comparsa di costituzione.

Rimini, lì 26 giugno 2024

Il Giudice di Pace

Dott. Stefano Santini

 

 

Guida alla lettura

Con l’ordinanza n. 967 dello scorso 26 giugno, l’Ufficio del giudice di pace di Rimini ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E., la soluzione di alcuni quesiti pregiudiziali in materia di concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreativa.

Nel 2021, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 17 e 18, ha affermato che le norme legislative nazionali che hanno disposto o che disporanno in futuro la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (cd. Bolkestein); tali norme non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione e, ancorchè siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A., deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari.

Viceversa, con la sentenza n. 229 del 2022, sempre il Consiglio di Stato ha precisato che le concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva autorizzazioni (profilo non esaminato dalle due suddette sentenze nn. 17 e 18).

In ossequio a queste ultime due pronunce, il legislatore italiano con la legge n. 118 del 2022 ha previsto che continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023 (o fino al 31 dicembre 2024 se vi sono ragioni ostative alla conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023) le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico – ricreative e sportive; ha, inoltre, delegato il Governo di riordinare e semplificare la normativa in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.

Con la legge n. 14/2023 (di conversione del d.l. n. 198 del 2022) si è prevista la trasformazione della durata fino al 31 dicembre 2024 delle suddette concessioni demaniali per il blocco a tempo indeterminato delle gare.

Il Consiglio di Stato ha, tuttavia, ribadito i principi enunciati nel 2018 dall’Adunanza Plenaria, ordinando alle amministrazioni pubbliche concedenti anche la disapplicazione della normativa sopravvenuta con la legge n. 14/2023.

Nel caso in esame è stata chiesta la declatoria dell’illegittimità delle delibere con le quali la Giunta comunale di Rimini ha individuato nel 31/12/2023 il termine di scadenza di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreativa insistenti sul territorio comunale ma di proprietà del demanio statale, salvo una proroga tecnica fino al 31/12/2024 per consentire al Comune concedente di espletare le gare per l’assegnazione ad altri titolari delle concessioni.

Pertanto, il giudice di pace di Rimini, pur ritenendo di dover applicare  alla fattispecie di causa la normativa statale attualmente vigente, che prevede la durata fino al 31 dicembre 2024 delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo alla luce del combinato disposto dell’art. 3, comma 1, e dell’art. 4, comma 4-bis, della legge n. 118/2022, nonché dell’art. 10, comma 4-bis, del d.l. 198/2022, con il divieto definitivo ai Comuni concedenti di effettuare gare pubbliche per l’assegnazione delle concessioni a nuovi titolari, in un settore in cui non opera il codice dei contratti pubblici, ha richiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i seguenti quesiti pregiudiziali:

  • se le concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative come quella della società ricorrente – che non svolge una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì esercita un’attività economica in un’area demaniale statale – rientra o non rientra nella categoria delle concessioni di servizi e, quindi, se entra o non entra nel campo di applicazione delle autorizzazioni di cui alla direttiva servizi 2006/123/CE e/o della direttiva 2014/23/UE, trattandosi di alcuni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione, alla luce di quanto precisato dalla Corte di giustizia dell’Unione ai punti 45-48 della precedente sentenza Promoimpresa S.r.l. e Melis del 14 luglio 2016 nella cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558);
  • se le concessioni balneari come quella di cui è titolare la società ricorrente, iniziate prima del 28 dicembre 2009, sono comunque fuori dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE ai sensi dell’art. 44 della stessa direttiva autorizzazioni, come sembrerebbe ricavarsi dal punto 73 della sentenza “Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa)” della Corte del 20 aprile 2023 in causa C-348/22 (EU:C:2023:301);
  • se l’art. 195 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea, anche alla luce dell’art. 345 dello stesso TFUE e dell’art. 1 paragrafo 5 della direttiva 2006/123/CE, deve essere interpretato nel senso che le concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative come quella della società ricorrente, operanti nel settore del turismo, sono escluse dal campo di applicazione delle direttive di armonizzazione, come la direttiva 2006/123/CE;
  • se l’art. 51 (ex art. 45 TCE) del Trattato di funzionamento dell’Unione europea e l’art. 2 paragrafo 2 lettera i) della direttiva 2006/123/CE devono essere interpretati nel senso che le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative come quelle della società ricorrente, che svolgono in maniera costante e non occasionale attività di interesse pubblico sul territorio del demanio statale, quali la salvaguardia della proprietà pubblica, la tutela della salute e dell’igiene pubblica, la tutela del diritto delle persone con disabilità all’accesso alle attività di elioterapia e di balneazione, nonché attività turistiche, culturali e ambientali, sono escluse dal campo di applicazione sia dell’art. 49 del T.F.U.E. che dalla direttiva servizi.