Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2024, n. 5352

L’art. 30, comma 4, Cod. strada, accoglie - in specifica relazione alle «opere di sostegno lungo le strade ed autostrade» - un criterio di allocazione degli oneri di natura funzionale, che guarda alla destinazione immediata delle opere: “è la diretta finalità della loro costruzione a qualificarle nei termini di cui al primo, ovvero al secondo periodo, del quarto comma dell’art. 30 cit. ed è solo se esse siano state realizzate con lo specifico compito di assolvere insieme l’uno e l’altro scopo che possono dirsi promiscue ai sensi e per gli effetti di cui al comma successivo”, che pone la spesa a carico di entrambi «in ragione dell’interesse quando l’opera abbia scopo promiscuo».

Inoltre, è stato chiarito come l’esclusività funzionale postulata dall’avverbio «unicamente» non sia esclusa “dalla sussidiaria attitudine del muro ed, in genere, dell’opera di sostegno […] a delimitare e a conformare la sede viaria”.

 

N. 05352/2024REG.PROV.COLL.

                                                                                                                         N. 02250/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2250 del 2022, proposto da
Pinto Salvatore, Pinto Gabriele, Pinto Teresa, Pinto Andrea, Pinto Valentina e Pinto Augusto, rappresentati e difesi dagli avvocati Feliciana Ferrentino e Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Ravello, Sindaco del Comune di Ravello quale Ufficiale di Governo, Anas s.p.a., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 01850/2021, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il Cons. Alberto Urso e udito per l’appellante l’avvocato Ferrentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con il ricorso di primo grado Pinto Andrea, Pinto Augusto, Pinto Gabriele, Pinto Salvatore, Pinto Teresa e Pinto Valentina, nella qualità di comproprietari di un fondo sito nel Comune di Ravello (SA), loc. Castiglione, sovrastante la s.s. Amalfitana n. 163, impugnavano l’ordinanza contingibile e urgente del 3 marzo 2015 con cui il Comune di Ravello, a seguito di sopralluogo, aveva accertato l’avvenuto crollo di una serie di blocchi calcarei sulla detta s.s. n. 163, la presenza di masse rocciose in equilibrio precario, nonché l’assenza per l’intero fronte di frana di una copertura metallica, e conseguentemente aveva ordinato ai ricorrenti di eseguire ad horas ogni lavoro e attività necessaria all’eliminazione delle cause di pericolo e il ripristino delle condizioni minime di sicurezza per la pubblica incolumità lungo la medesima s.s. n. 163.

Deducevano al riguardo i ricorrenti, in sintesi, il vizio d’incompetenza (essendo stata l’ordinanza adottata dall’assessore anziché dal sindaco) e la mancata (necessaria) trasmissione del provvedimento al prefetto; che il dovere di rimozione delle situazioni di pericolo sarebbe gravato non già in capo ai proprietari dei beni, bensì, ai sensi dell’art. 30 Cod. strada, sull’ente proprietario della strada; che, inoltre, l’amministrazione non avrebbe svolto alcuna adeguata indagine sulla dinamica degli eventi franosi occorsi, sulle relative cause, e in generale sull’effettiva situazione dei luoghi.

2. Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza dell’Anas e nella contumacia del Comune di Ravello, respingeva il ricorso.

Premessi i principi in materia di ordinanze contingibili e urgenti ex art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000, il giudice di primo grado riteneva, in sintesi, che non fosse nella specie pertinente il richiamo all’art. 30, comma 4, Cod. strada al fine di porre a carico dell’ente proprietario della strada i necessari interventi, trovando piuttosto applicazione il successivo art. 31, comma 1, che impone ai proprietari dei fondi laterali alle strade di conservare le ripe in buono stato al fine di impedire frane e scoscendimenti del terreno.

Alla luce di ciò, e considerati i diversi compiti spettanti all’ente proprietario della strada ex art. 14, comma 1, Cod. strada, ben competeva ai ricorrenti, quali proprietari della ripa (in cui rientrava il costone roccioso coinvolto nei cedimenti) soprastante la strada statale eseguire le opere di messa in sicurezza intimate dal Comune, considerato del resto che dette opere non riguardavano la carreggiata in sé, ma unicamente la stabilità dei fondi soprastanti; ciò in un contesto in cui anche l’art. 30, comma 6, Cod. strada pone a carico dei proprietari dei fondi le opere che servono unicamente a difendere e sostenere i fondi adiacenti alla strada.

Né rilevava, in senso contrario, la dedotta estraneità dei ricorrenti agli eventi franosi occorsi, giacché le ordinanze ex art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000 prescindono dal profilo della responsabilità dell’evento, essendo volte esclusivamente a prevenire e evitare pericoli per l’incolumità pubblica mediante interventi d’indispensabile celerità, in funzione ripristinatoria e preventiva anziché sanzionatoria.

Parimenti insussistente era il vizio d’istruttoria e motivazione denunciato, attesa l’avvenuta esecuzione di un sopralluogo tecnico che aveva accertato la situazione di pericolo, nonché l’adeguata motivazione formulata nell’ordinanza gravata.

3. Avverso la sentenza hanno proposto appello i ricorrenti di primo grado deducendo:

I) error in procedendoerror in iudicando; violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000); infrapetizione; violazione degli artt. 99 e 112 Cod. proc. civ.; errore di fatto;

II) error in procedendo; error in iudicando; violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000 - artt. 30-31 d. lgs. n. 285 del 1992); violazione di legge (art. 1069 Cod. civ.); violazione di legge (art. 12 disp. prel. Cod. civ.); errore di fatto; travisamento;

III) error in procedendo; error in iudicando; violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000 - artt. 30-31 d. lgs. n. 285 del 1992); errore di fatto; travisamento.

4. Non si sono costituiti in giudizio gli intimati Comune di Ravello e Anas.

5. All’udienza pubblica del 16 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Col primo motivo di gravame gli appellanti si dolgono dell’omessa pronuncia sul vizio preliminare d’incompetenza sollevato in primo grado, essendo stata l’ordinanza sottoscritta dall’assessore anziché dal sindaco.

L’art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000 pone infatti in capo al sindaco una competenza esclusiva e non delegabile, trattandosi di un potere extra ordinem; né l’ordinanza è stata adottata dall’assessore in sostituzione del sindaco in ragione di eccezionali motivi legati ad assenza o impedimento di quest’ultimo.

Inoltre il Tar ometteva di pronunciarsi anche sulla denunciata omessa preventiva comunicazione dell’ordinanza al prefetto, prescritta dall’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000.

1.1. Il motivo non è condivisibile.

1.1.1. Ai fini del rigetto della doglianza relativa al denunciato vizio d’incompetenza è sufficiente osservare come l’ordinanza sia stata adottata dall’“Ufficio del Sindaco”, ed è altresì intestata “Il Sindaco”, anche in calce.

Dal che discende che il provvedimento è stato adottato nelle funzioni propriamente sindacali, e non già in ragione di una qualche delega - della quale non v’è peraltro menzione o evidenza - in favore dell’assessore firmatario (peraltro l’art. 54, comma 10, d.lgs. n. 267 del 2000, richiamato dall’appellante, presuppone la comunicazione della delega al prefetto, oltreché prevedere, quale delegato, «il presidente del consiglio circoscrizionale» o «un consigliere comunale», e riferirsi alle «materie previste dai commi 1 e 3, nonché dall’articolo 14»).

Alla luce di ciò, l’atto ben può rientrare nei poteri sostitutivi di cui all’art. 54, comma 8, d.lgs. n. 267 del 2000 (a tenore del quale «Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo»), non emergendo evidenza del contrario, e dunque dell’illegittimità del provvedimento.

Ciò a prescindere peraltro dalla circostanza che, nella successiva proposta - alla base della delibera di G.C. n. 43 del 13 aprile 2015 - formulata dallo stesso sindaco per l’adozione dei provvedimenti conseguenti, l’ordinanza controversa era espressamente richiamata (quale “Ordinanza Sindacale”) e valorizzata dal medesimo sindaco (“Premesso […] che in data 03.03.2015 veniva emessa Ordinanza Sindacale, urgente e contingibile n. 10/2015, di messa in sicurezza dell’area di che trattasi, notificata in pari data agli interessati, sigg. Pinto”).

Quanto alla dedotta mancata comunicazione al prefetto dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000, è assorbente rilevare come la stessa non infici la legittimità e validità del provvedimento, atteso che “La previa comunicazione al Prefetto dell’ordinanza contingibile ed urgente, prevista dall’ultimo periodo dell’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000, non costituisce requisito di validità dell’atto perché non attiene ai suoi elementi essenziali, né è condizione di efficacia dello stesso poiché non è configurata dal legislatore in forma di controllo dell’attività amministrativa del Sindaco; […] si tratta di mero atto organizzativo previsto per consentire al Prefetto la predisposizione degli strumenti necessari all’attuazione dell’ordinanza e fargli conoscere in anticipo il suo contenuto serve ad evitare profili di responsabilità derivanti dall’aver concesso l’uso della forza pubblica per l’esecuzione di ordinanze illegittime” (Cons. Stato, V, 2 ottobre 2020, n. 5780).

2. Col secondo motivo parte appellante si duole dell’errore in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado nel trascurare che il costone roccioso interessato dagli eventi franosi, risultante degli interventi di realizzazione della rete viaria (quale “scarpata” interposta tra la strada comunale San Nicola, a monte, e la s.s. n. 163, a valle) è del tutto intercluso e inutilizzabile dai proprietari, sicché lo stesso riveste unicamente funzione di sostegno e contenimento pertinenziale rispetto alle due strade.

Inoltre la sua configurazione e pendenza costituirebbe anch’essa il risultato delle opere realizzative della s.s. n. 163, che alterava sostanzialmente l’originario costone.

Le opere ordinate dal Comune, inoltre, riguardavano la rete metallica di protezione con funi e chiodature di rivestimento del costone realizzata nel corso degli anni dalla stessa Anas e dal Comune di Ravello, con carenza dunque di legittimazione esecutiva in capo ai proprietari, gravando la stessa in capo all’Anas o al Comune.

In tale prospettiva, quale unico beneficiario dell’utilità degli interventi, il proprietario o gestore della strada vi sarebbe esclusivamente competente anche ex art. 1069 Cod. civ. a fronte del rapporto di asservimento tra fondi.

Né sarebbe pertinente il richiamo all’art. 30, comma 6, Cod. strada, che riguarda la diversa ipotesi di opere di sostegno e difesa dei fondi adiacenti.

Parimenti il Tar sarebbe incorso in errore nel non disporre un accertamento istruttorio in ordine alla natura del costone controverso ai fini della corretta applicazione delle norme del Codice della strada.

2.1. Il motivo non è condivisibile.

2.1.1. Occorre premettere che, a norma dell’art. 3, comma 1, n. 10, Cod. strada, si intende per «Confine stradale» il «limite della proprietà stradale quale risulta dagli atti di acquisizione o dalle fasce di esproprio del progetto approvato; in mancanza, il confine è costituito dal ciglio esterno del fosso di guardia o della cunetta, ove esistenti, o dal piede della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio superiore della scarpata se la strada è in trincea».

A fronte di tale nozione di “confine stradale”, correlata a quella di «proprietà stradale», un’area limitrofa a quella stradale, di chiara proprietà privata qual è quella qui in esame - estranea, come pacifico (e confermato anche nella perizia in atti del febbraio 2022 prodotta da parte appellante) ad acquisizione da parte dell’amministrazione a mezzo di espropriazione - configura di regola un’area esterna ai confini stradali, come tale non rientrante neppure, a norma dell’art. 3, comma 1, n. 46, nella «Sede stradale» (cfr. al riguardo, in generale, sui rapporti tra le risultanze dominicali e il criterio di carattere sussidiario incentrato sullo stato materiale dei luoghi, Cons. Stato, V, 8 gennaio 2024, n. 270).

Ne discende l’estraneità appunto dell’area qui in esame al confine e alla sede stradale, e dunque la sua natura esclusivamente privata, con annessi doveri e obblighi (su cui v. amplius infra, al successivo §), ciò che vale a rendere di per sé non condivisibili le doglianze sollevate dall’appellante (cfr. al riguardo anche infra, al richiamato successivo §, in ordine all’applicazione delle regole dettate dagli artt. 30 e 31 Cod. strada).

A ciò si aggiunga, peraltro, che parte appellante non offre dimostrazione del fatto che il costone di sua proprietà costituisca, agli effetti del Codice della strada, una “scarpata”, e cioè che la strada sia stata realizzata «in trincea» con artificiale creazione del suddetto costone a valere quale scarpata sovrastante (art. 3, comma 1, n. 10, Cod. strada, che prevede, specularmente, la scarpata sottostante in caso di strada realizzata «in rilevato»; cfr. al riguardo anche l’art. 3, comma 1, n. 44, Cod. strada che, nel definire le “ripe”, richiama le operazioni realizzative del manufatto stradale, incidenti anche sulle scarpate, «in taglio» o «in riporto sul terreno preesistente alla strada»; cfr. in proposito Cass., III, 2 agosto 2000, n. 10112).

A ben vedere, la perizia in atti del febbraio 2022 si limita ad assumere l’esistenza di un “‘taglio artificiale’”, senza tuttavia offrire evidenza (né tanto meno dimostrazione) che si sia effettivamente in presenza di una strada costruita «in trincea», con scarpata realizzata artificialmente, anziché di manufatto sovrastato da parete rocciosa naturale, come peraltro si ricava invece dalla relazione tecnica del 1° aprile 2015 d’intervento del professionista incaricato dal Comune, che qualifica il costone alla stregua di “tratto di falesia, alta circa 50 metri, […] compreso tra la SS163 e la stradina pedonale comunale al di sopra” (nello stesso senso, cfr. il verbale di sopralluogo del 3 marzo 2015, in atti).

Lo stesso è a dirsi per l’altra perizia prodotta dagli odierni appellanti, del marzo 2015, in cui non si dà evidenza della realizzazione della strada “in trincea” in relazione al tratto interessato (cfr. al riguardo, analogamente, Cons. Stato, V, 31 maggio 2021, n. 4184; I, 23 novembre 2020, parere n. 1923; cfr. anche Id., V, 9 marzo 2020, n. 1670).

Di qui l’assenza di evidenze (peraltro non soccorribile in questa sede attraverso verificazioni o Ctu, competendo all’interessata fornire elementi di prova al riguardo) circa la realizzazione “in trincea” della strada, con creazione di una scarpata stricto sensu in relazione al tratto interessato.

Né rileva, in senso contrario, il solo fatto che la strada sia stata costruita “a mezza costa”, ciò che non implica ex se la sua realizzazione “in trincea”, con formazione di una scarpata artificiale a monte, con relative operazioni di sbancamento nei sensi di cui al Codice della strada (cfr. ancora Cons. Stato, n. 1923 del 2020, cit.; n. 4184 del 2021, cit.; n. 1670 del 2020, cit.).

Ciò senza considerare peraltro che l’intervento richiesto attiene ad ampia parte del costone, per una superficie rispetto alla quale non è offerta evidenza che vi sia sovrapposizione (men che meno integrale) con un’eventuale scarpata, la quale coinciderebbe con la parte immediatamente adiacente alla strada, effetto degli ipotetici lavori di realizzazione “in trincea” della stessa.

2.1.2. Tanto osservato, va rilevato che in relazione a un’area privata estranea alla sede stradale, senz’altro non competono all’ente gestore o proprietario gli oneri di manutenzione e pulizia (cfr. l’art. 14, comma 1, lett. a), Cod. strada).

Il che vale anche, nella specie, in relazione alle opere di sostegno e mantenimento di cui all’art. 30, comma 4, Cod. strada.

Tale disposizione, come chiarito dalla giurisprudenza, accoglie - in specifica relazione alle «opere di sostegno lungo le strade ed autostrade» - un criterio di allocazione degli oneri di natura funzionale, che guarda alla destinazione immediata delle opere: “è la diretta finalità della loro costruzione a qualificarle nei termini di cui al primo, ovvero al secondo periodo, del quarto comma dell’art. 30 cit. ed è solo se esse siano state realizzate con lo specifico compito di assolvere insieme l’uno e l’altro scopo che possono dirsi promiscue ai sensi e per gli effetti di cui al comma successivo”, che pone la spesa a carico di entrambi «in ragione dell’interesse quando l’opera abbia scopo promiscuo» (Cons. Stato, II, 1 aprile 2020, n. 2196)

A tal riguardo, è stato chiarito peraltro come l’esclusività funzionale postulata dall’avverbio «unicamente» non sia esclusa “dalla sussidiaria attitudine del muro ed, in genere, dell’opera di sostegno […] a delimitare e a conformare la sede viaria” (Cons. Stato, n. 2196 del 2020, cit.; Id, n. 1923 del 2020, cit., entrambe con richiamo anche a Cass., II, 17 settembre 2015, n. 18258, la quale, esaminando il caso del muro di contenimento a bordo della strada, pone in risalto che “È inevitabile, d’altronde, che il muro vale a proteggere la sede stradale; nondimeno siffatto risultato si determina in chiave sussidiaria, in dipendenza ed a seguito della sua funzione essenziale di contenimento del sovrastante terreno di proprietà del ricorrente”, affermando conseguentemente il principio sopra richiamato, per cui “l’esclusività funzionale postulata dall’avverbio ‘unicamente’ che figura nel corpo dell’art. 30 C.d.S., comma 6, [rilevante in quel caso, ma recante analoga formula del precedente comma 4] non è esclusa dalla sussidiaria attitudine del muro ed, in genere, dell’opera di sostegno - realizzata contestualmente alla costruzione della strada - a delimitare e a conformare la sede viaria”).

In tale prospettiva, la finalità di «unicamente […] difendere [e] sostenere i fondi adiacenti» va intesa in termini obiettivi e immediati, non già subiettivi e (anche) indiretti; è dunque l’impatto strutturale dell’opera ad assumere rilievo, e in specie la sua attitudine di sostegno e contenimento: se a essere sostenuto e difeso, in termini strutturali, è il fondo privato (sia pur con conseguente effetto derivato di delimitazione della strada o sua protezione) l’opera è da ritenere «unicamente» funzionale a tale fondo.

Alla luce di ciò, dunque, il regime di cui al suddetto art. 30, comma 4, Cod. strada non conduce nella specie a porre a carico dell’ente stradale gli interventi disposti dal Comune di Ravello, risultando coinvolta appunto un’area (privata) esterna alla sede stradale, e venendo in rilievo opere che sono di immediato sostegno o supporto del fondo privato, in quanto volte ad evitare cadute di materiale roccioso e cedimenti inerenti a tale fondo, giammai alla strada in quanto tale, che risulta solo indirettamente e conseguentemente protetta dal pericolo di caduta massi (cfr., per la non imputabilità all’ente stradale dei lavori inerenti ad aree esterne alla sede stradale, Cons. Stato, n. 2196 del 2020, cit.; Id., III, 26 gennaio 2017, n. 329).

Ne consegue che, anche a mente dell’art. 30, comma 4, Cod. strada - oltreché del regime generale, espresso dall’art. 31, comma 1, Cod. strada per le ripe, per cui compete al titolare del fondo eseguire le opere e interventi necessari a evitare rischi per la pubblica incolumità, nella specie in relazione alla sede stradale - non può ritenersi che gli interventi ordinati fossero a carico dell’ente proprietario o gestore della strada (cfr., similmente, Cons. Stato, n. 270 del 2024, cit.; Id., n. 4184 del 2021, cit.; cfr. anche Id., n. 1923 del 2020, cit.; Id., I, 9 maggio 2012, parere n. 2158).

Ciò in un contesto in cui, peraltro, l’art. 30, comma 6, Cod. strada, anche laddove ponte in capo all’ente proprietario della strada le opere di sostegno che pure servano «unicamente a difendere e a sostenere i fondi adiacenti», ciò prevede in esclusiva relazione alla iniziale «costruzione» di tali opere (ciò che vale, in specie, per il caso di realizzazione «in sede di costruzione di nuove strade»), fermo restando comunque, a carico dei proprietari dei fondi, «l’obbligo e l’onere di manutenzione e di eventuale riparazione o ricostruzione di tali opere».

Né rileva in senso contrario, al fine di immutare gli obblighi gravanti in capo ai rispettivi soggetti tenuti a norma di legge, il solo fatto che in passato l’amministrazione abbia eseguito alcuni interventi (cfr. Cons. Stato, n. 4184 del 2021, cit.; cfr., peraltro, il suesposto principio fissato dall’art. 30, comma 6, Cod. strada).

Del pari non conferente è il richiamo all’art. 1069 Cod. civ., che riguarda la diversa ipotesi delle «opere necessarie per conservare la servitù», presupponendo la sussistenza di quest’ultima, oltreché di interventi precipuamente occorrenti alla sua conservazione.

Il che è sufficiente al rigetto della doglianza, rendendo superflui anche gli approfondimenti istruttori richiesti e le corrispondenti critiche al riguardo alla sentenza impugnata, stante l’adeguatezza degli elementi a disposizione, nel quadro della suesposta ricostruzione giuridica, ai fini del decidere, e non potendo d’altra parte demandarsi a verificazione o Ctu l’accertamento di eventuali circostanze di fatto di cui competeva alla parte fornire elementi evidenziali.

3. Col terzo motivo parte appellante si duole dell’errore che il giudice di primo grado avrebbe commesso nel trascurare il deficit istruttorio in cui il Comune era incorso, omettendo di svolgere alcuna verifica in ordine alla funzione e natura del costone, nonché alle cause del cedimento occorso.

Oltre ad aver chiarito la natura del costone quale “scarpata” fra due strade, i ricorrenti avevano infatti evidenziato come l’evento franoso fosse stato causato dallo sversamento delle acque dalla strada comunale, nonché dall’inefficienza delle opere di mitigazione esistenti, coincidenti con la rete metallica.

La corretta considerazione di tali elementi avrebbe dovuto indurre il Comune a porre a carico dell’ente proprietario delle strade interessate (i.e., lo stesso Comune di Ravello, ovvero l’Anas) gli interventi necessari.

Parimenti erroneo sarebbe, in tale contesto, il richiamo da parte del Tar al criterio della proprietà per allocare la titolarità degli interventi, rilevando piuttosto la funzione del costone, nei termini sopra esposti.

3.1. Il motivo non è condivisibile.

3.1.1. Emerge dalla lettura dell’ordinanza impugnata come la stessa si fondi su un sopralluogo eseguito dal Comune il 2 febbraio 2015, su una successiva e motivata diffida dell’Anas, e su un secondo sopralluogo eseguito da professionista geologo da cui emergevano complessivamente le ragioni di pericolosità riscontrate sul fronte roccioso: il che ben vale a istruire e motivare la coerente determinazione assunta dall’amministrazione, con ordine di provvedere in capo ai proprietari dell’area.

Né rilevano, ai fini del presente giudizio, i richiami alle dedotte cause delle cadute di materiale roccioso, essendo pacifico che le stesse provengono comunque dall’area di proprietà degli appellanti, sicché in relazione al provvedimento impugnato e alla causa con lo stesso fatta valere (i.e., intervento d’urgenza sui luoghi) è in sé privo di rilievo il richiamo a tali diverse circostanze.

In tale contesto alcun rilievo possono assumere dunque a fini istruttori (e motivazionali) le deduzioni formulate dagli appellanti, stante appunto la chiara riconducibilità della titolarità dell’intervento in capo agli stessi, per le ragioni suesposte, con conseguente irrilevanza anche delle istanze istruttorie avanzate, come già posto in risalto.

4. In conclusione, per le suesposte ragioni l’appello va respinto.

4.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, stante l’omessa costituzione in giudizio degli intimati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Alberto Urso, Consigliere, Estensore

Marina Perrelli, Consigliere

Gianluca Rovelli, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere

 

Guida alla lettura

Con pronuncia n. 5352 dello scorso 14 giugno, la V Sezione del Consiglio di Stato ha ribadito che l’art. 30, comma 4, Cod. strada accoglie - in specifica relazione alle «opere di sostegno lungo le strade ed autostrade» - un criterio di allocazione degli oneri di natura funzionale, che guarda alla destinazione immediata delle opere: “è la diretta finalità della loro costruzione a qualificarle nei termini di cui al primo, ovvero al secondo periodo, del quarto comma dell’art. 30 cit. ed è solo se esse siano state realizzate con lo specifico compito di assolvere insieme l’uno e l’altro scopo che possono dirsi promiscue ai sensi e per gli effetti di cui al comma successivo”, che pone la spesa a carico di entrambi «in ragione dell’interesse quando l’opera abbia scopo promiscuo» (Cons. Stato, II, 1° aprile 2020, n. 2196).

A tal riguardo, è stato chiarito - peraltro - come l’esclusività funzionale postulata dall’avverbio «unicamente» non sia esclusa “dalla sussidiaria attitudine del muro ed, in genere, dell’opera di sostegno […] a delimitare e a conformare la sede viaria”.

In tale prospettiva, la finalità di «unicamente […] difendere [e] sostenere i fondi adiacenti» va intesa in termini obiettivi e immediati, non già subiettivi e (anche) indiretti; è dunque l’impatto strutturale dell’opera ad assumere rilievo, e in specie la sua attitudine di sostegno e contenimento: se a essere sostenuto e difeso, in termini strutturali, è il fondo privato (sia pur con conseguente effetto derivato di delimitazione della strada o sua protezione) l’opera è da ritenere «unicamente» funzionale a tale fondo.   

Alla luce di ciò, la V Sezione ha affermato che, nel caso di specie, il regime di cui al suddetto art. 30, comma 4, Cod. strada non conduce a porre a carico dell’ente stradale gli interventi disposti dal Comune, risultando coinvolta appunto un’area (privata) esterna alla sede stradale, e venendo in rilievo opere che sono di immediato sostegno o supporto del fondo privato, in quanto volte ad evitare cadute di materiale roccioso e cedimenti inerenti a tale fondo, giammai alla strada in quanto tale, che risulta solo indirettamente e conseguentemente protetta dal pericolo di caduta massi.

L’art. 30, comma 6, Cod. strada, ha precisato il Consiglio di Stato, anche laddove pone in capo all’ente proprietario della strada le opere di sostegno che pure servano «unicamente a difendere e a sostenere i fondi adiacenti», ciò prevede in esclusiva relazione alla iniziale «costruzione» di tali opere (ciò che vale, in specie, per il caso di realizzazione «in sede di costruzione di nuove strade»), fermo restando comunque, a carico dei proprietari dei fondi, «l’obbligo e l’onere di manutenzione e di eventuale riparazione o ricostruzione di tali opere».

Né rileva in senso contrario, al fine di immutare gli obblighi gravanti in capo ai rispettivi soggetti tenuti a norma di legge, il solo fatto che in passato l’amministrazione abbia eseguito alcuni interventi.

Del pari, ad avviso dei giudici, non conferente è il richiamo all’art. 1069 Cod. civ., che riguarda la diversa ipotesi delle «opere necessarie per conservare la servitù», presupponendo la sussistenza di quest’ultima, oltreché di interventi precipuamente occorrenti alla sua conservazione.