Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2024, n. 5351

1) Tutte le volte in cui viene omesso il riferimento alla qualificazione obbligatoria del subappalto oppure manchi uno specifico impegno del concorrente in tal senso, ma, allo stesso tempo, risulti presente un riferimento certo a talune categorie di lavori a qualificazione necessaria ex lege (ai sensi dell’art. 12, co. 2, del d.l. n. 47/2014) e sia allegata agli atti di gara la volontà di ricorrere al subappalto della scorporabile a qualificazione obbligatoria, anche se la relativa dichiarazione è ambigua, la sanzione dell’esclusione si rivela eccessiva e sproporzionata. Del resto, la forza cogente e imperativa delle disposizioni di legge sul subappalto necessario giammai potrebbe essere compromessa dalla non sicura formulazione della dichiarazione.  

A siffatte conclusioni si perviene considerando, altresì, che, quand’anche la dichiarazione di subappalto presenti taluni aspetti di incerta formulazione, sì da ingenerare dubbi circa gli effettivi obblighi gravanti sui soggetti dichiaranti, la stessa deve pur sempre essere interpretata “secundum legem”, ossia nel senso di garantirne la conservazione ai sensi dell’art. 1367 c.c., attribuendo alle relative clausole un significato che ne consenta l’utile applicazione (piuttosto che la non applicazione). Ed infatti, il principio della conservazione del negozio giuridico (art. 1367 c.c.), oltre a comportare che il negozio (o le sue singole clausole) venga interpretato nel senso in cui possa avere un qualche effetto, richiede altresì che l’atto giuridico non risulti neppure in parte frustrato e che la sua efficacia potenziale non subisca alcuna limitazione.

In ogni caso, anche qualora la dichiarazione permanga ambigua (e non quando la stessa sia del tutto omessa) vi sarebbe pur sempre spazio per il soccorso istruttorio (di tipo “sanante”), in quanto si verserebbe in ipotesi (non di integrazioni, ma) di meri chiarimenti e spiegazioni sulle dichiarazioni rilasciate, rimediando così a possibili omissioni o inesattezze.

2) Le disposizioni di cui all’art. 28, co. 1 e 11, del d.lgs. n. 50/2016 (nella misura in cui prevedono che nei contratti misti si applica la disciplina dell’appalto principale; si vedano, oggi, le analoghe previsioni dell’art. 14, co. 18 e 25, del d.lgs. n. 36/2023) assumono connotazioni di specialità rispetto alla più generale norma di cui all’art. 48, co. 4, del medesimo d.lgs. (che prevede per i RTI un obbligo indistinto di indicazione delle quote di esecuzione per lavori, servizi o forniture, in funzione della disciplina specificamente applicabile caso per caso; si veda, oggi, l’analoga previsione dell’art. 68, co. 2, del d.lgs. n. 36/2023). In altre parole, il cit. art. 48, co. 4, prevede sì l’obbligo di indicare le c.d. “quote di esecuzione” ma in relazione ad appalti che riguardino prestazioni singole o, meglio, uniche (di lavori oppure di servizi oppure di forniture) e non prestazioni miste o multiple; in quest’ultima ipotesi, infatti, scatta il “criterio di collegamento” (diretto ad individuare la disciplina applicabile) della prestazione prevalente, criterio che è contemplato dall’art. 28, co. 1 e 11 (espressamente riferito ai contratti misti) e non dall’art. 48 (che riguarda invece contratti singoli).

L’unica eccezione riguardo al criterio della “disciplina da prestazione prevalente” è costituita dal sistema dei “requisiti di qualificazione” i quali – ai sensi dell’art. 28, co. 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 50/2016 (oggi art. 14, co. 18, ultimo periodo, del d.lgs. n. 36/2023) – devono essere posseduti in relazione a ciascuna delle attività oggetto della prestazione mista (criterio della “combinazione dei regimi giuridici”). Fuori dall’ambito dei requisiti di qualificazione, dunque, non sono ammesse ulteriori deroghe al criterio della “disciplina da prestazione prevalente”, in ossequio al principio secondo cui le deroghe sono suscettive distretta interpretazione ed applicazione.

3) Dopo la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 27/2014 non può dubitarsi che negli appalti di servizi e forniture non vige più ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza nei RTI, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara; pertanto, rientra nella discrezionalità della stazione appaltante sia stabilire il fatturato necessario per la qualificazione delle imprese, sia la fissazione delle quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti.  

Ciò, dal momento che l’art. 48, co. 5, del d.lgs. n. 50/2016 (oggi si veda l’art. 68, co. 9, del d.lgs. n. 36/2023), sancendo la responsabilità solidale di tutti i componenti del RTI per l’adempimento dell’intera prestazione contrattuale, esclude qualsivoglia rischio di “elusione del principio di affidabilità degli operatori economici”, rimettendo all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante l’eventuale prescrizione del possesso di una quota minima di requisito in capo alle singole imprese del RTI, ad ulteriore garanzia di serietà ed affidabilità tecnica ed imprenditoriale dell’impresa.

 

N. 05351/2024REG.PROV.COLL.

N. 00492/2024 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 492 del 2024, proposto in relazione alla procedura CIG 96540516E8 da Consorzio Stabile CMF in proprio e quale capogruppo mandatario del costituendo Rti con Consorzio Innova Società Cooperativa, Avr Spa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Stefano Baccolini, Francesco Rizzo, Francesco Gesess, Edward W.W. Cheyne, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Città Metropolitana di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Cristina Barone, Francesca Scarpiello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Frantoio Fondovalle S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, proprio e quale mandataria RTI con Rete Costruttori Bologna, Cooperativa Trasporti Imola S.C.R.L., Zini Elio S.r.l., Sias S.p.A., Pesaresi Giuseppe S.p.A., tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Andrea Corinaldesi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00776/2023, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Città Metropolitana di Bologna e Frantoio Fondovalle S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti gli avvocati Cheyne, Barone, Scarpiello, Corinaldesi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

FATTO e DIRITTO

1. Si controverte su una procedura aperta di accordo quadro misto di lavori e servizi (a prevalenza lavori) ossia per la ristrutturazione straordinaria e manutenzione ordinaria delle strade del Comune di Bologna. Durata dell’accordo: quattro anni. Importo a base d’asta: oltre 28 milioni 446 mila euro per la minoritaria parte servizi (manutenzione ordinaria delle strade); oltre 66 milioni 104 mila euro per la prevalente parte lavori (ristrutturazione e riqualificazione delle strade comunali). Prima classificata: RTI Frantoio con 82,78 punti; seconda classificata: CMF con punti 70,10.

2. La aggiudicazione in favore della prima classificata RTI Frantoio veniva impugnata dalla seconda classificata CMF dinanzi al TAR Bologna che, tuttavia, rigettava il ricorso per le ragioni di seguito indicate:

2.1. La dichiarazione di subappalto obbligatorio per la categoria OS24 a qualificazione necessaria (Verde e arredo urbano, di cui era sprovvista la mandataria Frantoio) era stata correttamente formulata dal raggruppamento aggiudicatario;

2.2. La indicazione delle “quote di esecuzione” della prestazione riguardavano solo la parte “lavori” e non anche la parte “servizi” in quanto i primi (“lavori”) costituivano oggetto principale del contratto in ragione della prevalenza di tipo economico;

2.3. Inoltre: “Negli appalti di servizi (così come in quelli di forniture) non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara”;

2.4. In questa specifica direzione, il raggruppamento aggiudicatario era in possesso di tutti i requisiti di capacità economico-finanziaria nonché di capacità tecnico-professionale, e ciò proprio sulla base di quanto richiesto dalla legge di gara;

2.5. Più in particolare, la suddetta capacità tecnico-professionale (fatturato specifico per servizi analoghi) era sussistente anche in relazione al servizio neve.

3. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello per i motivi di seguito sintetizzati:

3.1. Erroneità nella parte in cui è stata ritenuta validamente formata la dichiarazione di subappalto necessario allegata dal raggruppamento aggiudicatario;

3.2. Erroneità nella parte in cui si afferma che l’obbligo di indicare le “quote di esecuzione” della commessa nel suo complesso riguardavano solo la parte relativa ai “lavori” e non anche quella concernente i “servizi”;

3.3. Erroneità nella parte è stato ritenuto che alcuni requisiti di capacità economico finanziaria potessero essere posseduti solo da alcuni soggetti del raggruppamento e non anche da altri i quali avrebbero comunque partecipato alla esecuzione del servizio;

3.4. Erroneità per omessa considerazione della carenza, in capo alla mandante ZINI, del requisito speciale di cui al punto 8.2.2.c) del disciplinare di gara (ossia fatturato specifico sul servizio neve).

4. Si costituivano in giudizio Città metropolitana di Bologna e RTI Frantoio per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.

5. Alla pubblica udienza del 26 marzo 2024 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.

6. Tutto ciò premesso, con il primo motivo di appello si lamenta erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui è stata ritenuta validamente formata la dichiarazione di subappalto necessario prestata dal raggruppamento aggiudicatario. Subappalto cui obbligatoriamente avrebbe dovuto ricorrere il raggruppamento aggiudicatario in quanto la Frantoio mandataria era pacificamente sprovvista della relativa qualificazione necessaria OS24 (Verde e arredo urbano). Osserva al riguardo il collegio che:

6.1. Come ricordato dalla sezione nella sentenza n. 1743 del 21 febbraio 2024: a) il concorrente in possesso della categoria prevalente, in linea di principio, può svolgere anche lavori riguardanti categorie minori e dunque scorporabili; b) questo meccanismo di facilitazione non scatta tuttavia per alcune categorie di lavori sì scorporabili ma comunque ritenute a qualificazione necessaria dal legislatore; c) in siffatte ipotesi, ossia per le categorie scorporabili ma qualificanti non possedute dal concorrente, quest’ultimo deve allora ricorrere al subappalto in via obbligatoria.

6.2. Per quanto riguarda la categoria OS24 “verde urbano”, a qualificazione necessaria (categoria che l’esecutrice Frantoio non possedeva), la connessa dichiarazione obbligatoria di ricorrere al “subappalto qualificante” era in qualche misura presente agli atti di gara seppure con formulazione non chiarissima ma comunque evincibile dal tenore delle espressioni complessivamente utilizzate, visto che si fa riferimento sia alla “necessità” del subappalto, sia alla “interezza” circa l’importo da subappaltare. Inoltre si scinde graficamente, nella suddetta dichiarazione, la qualificazione OS24 a subappalto necessario da tutte le altre qualificazioni a subappalto facoltativo. Scissione questa indicativa della volontà di distinguere due tipologie di subappalto: l’una facoltativa e l’altra per l’appunto obbligatoria.

6.3. Questa in particolare la dichiarazione di subappalto resa in sede di gara dal RTI Frantoio con cui le imprese dichiarano:

“di riservarsi la possibilità di avvalersi di subappalto ed eventualmente quindi di subappaltare o concedere in cottimo, ai sensi dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., le lavorazioni o parti di opere, il cui importo non supera il limite previsto dal citato art. 105, di seguito esplicitamente indicate:

- lavorazioni indicate nella categoria prevalente OG3 (strade, autostrade, ...) … lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS21(Opere strutturali speciali) … lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS12A (Barriere stradali di sicurezza) … lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS10 (Segnaletica stradale non luminosa) …

e quanto necessario per dare ultimati i lavori il tutto nel limite previsto dalla vigente normativa:

-lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS24 (verde ed Arredo urbano) e a titolo esemplificativo e non esaustivo lavorazioni di: taglio e sfalcio di vegetazione, lavorazione su terreni, seminati e impianti arbusti, impianto di alberature, posa di arredo urbano, realizzazione di impianti irrigui, opere di energia naturalistica e quanto necessario per dare ultimati i lavori per l’intero importo”.

6.4. Ebbene, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado: “Dal tenore letterale della dichiarazione e anche dalla modalità grafica con cui la medesima è stata resa emerge, pertanto, che il RTI Frantoio ha indicato due distinti tipi di subappalto: il primo relativo alle categorie OG3, OS21, OS12A, OS10 per il quale ha precisato che il subappalto era facoltativo (“dichiarano di riservarsi la possibilità di avvalersi…”), potendo farvi ricorso ai sensi e nei limiti dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016; il secondo, chiaramente individuabile, relativo invece alla sola categoria OS24, considerata e trattata in maniera distinta rispetto alle altre categorie e in relazione alla quale non si è enunciata la mera eventualità di farvi ricorso, ma si è dichiarato di ricorrere al subappalto “per quanto necessario per dare ultimati i lavori il tutto nel limite previsto dalla vigente normativa”. Ed ancora: “Proprio la differenziazione della suddetta dichiarazione, relativamente, da un lato, alle categorie OG3, OS21, OS12A, OS10 e, dall’altro, alla categoria OS24, attesta che il RTI Frantoio ha correttamente reso la dichiarazione di subappalto necessario. L’inciso con sui afferma di dare corso al subappalto “per quanto necessario per dare ultimati i lavori” non può che essere inteso - anche in ragione e in doverosa applicazione del principio della massima partecipazione – come volontà di subappaltare l’intera categoria OS24”.

6.5. In questi termini si rivela piuttosto dirimente la scissione non solo grafica ma anche testuale e concettuale tra categorie a subappalto facoltativo (OG3, OS21, OS12A, OS10) e categorie a subappalto obbligatorio per via della qualificazione necessaria (OS24). Ora, la formulazione “per quanto necessario per dare ultimati i lavori per l’intero importo” (formulazione in parte differente, quanto all’inciso “per l’intero importo”, dal subappalto facoltativamente concepito per le altre quattro categorie di lavori) non è in effetti delle più chiare, in termini applicativi, ma neppure oltre misura “generica” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2023, n. 8761, pur richiamata dalla difesa di parte appellante alla pag. 14 dell’atto di appello introduttivo). Essa sottende in ogni caso la volontà di affidare senz’altro in subappalto tale parte di lavori, per i quali il raggruppamento in sé non avrebbe posseduto la “necessaria qualificazione”, e tanto proprio per consentire il completamento dell’appalto nel suo complesso. Vero è che, come evidenziato dalla difesa di parte appellante, un simile riferimento alla “necessità” è presente anche con riguardo alle categorie a subappalto facoltativo ma è anche vero che trattasi, con ogni probabilità, di specificazione sovrabbondante, ai fini che qui interessano, e quindi da ritenere come “inutiliter data”.

6.6. Determinante in tal senso risulta poi l’inciso “per l’intero importo”, il che sta a significare che il totale di simili lavorazioni (arredo e verde urbano) giocoforza saranno affidate con il meccanismo del subappalto (necessario) proprio per consentire la loro concreta e legittima ultimazione.

Ora, dichiarare di subappaltare “per l’intero importo” sicuramente costituisce espressione atecnica (sempre più frequenti, in generale, i casi di formulazioni ambigue e scarsamente curate sotto il profilo del linguaggio tecnico-giuridico in merito a dichiarazioni di subappalto e di avvalimento che riguardano, pur sempre, procedure di importante valore sul piano economico) ma è comunque sufficientemente interpretabile nel senso che il raggruppamento aggiudicatario ha evidentemente inteso ricorrere al subappalto di quella quota lavori (verde e arredo urbano) per tutta la sua interezza proprio in quanto ritenuto obbligatorio.

6.7. Significativa, sempre in questa direzione, anche la dichiarazione di cui alla parte D del DGUE in cui il raggruppamento aggiudicatario afferma: da un lato di non possedere la qualificazione necessaria OS24 (part A pag. 3 del DGUE); dall’altro lato, di voler ricorrere al meccanismo del subappalto.

6.8. Pertanto la lettura coordinata del DGUE e della dichiarazione si subappalto lascia ben intendere che: a) il raggruppamento non ha la qualificazione necessaria OS24; b) ci si riserva dunque di ricorrere al subappalto; c) tale subappalto riguarda l’intero importo di dette lavorazioni; d) questa forma di subappalto (OS24) viene espressamente qualificata come “necessaria”; e) dunque, nella prospettiva dello stesso raggruppamento un simile subappalto è da ritenersi concretamente obbligatorio.

6.9. A tale riguardo si richiama proprio la citata decisione di questa stessa sezione n. 1743 del 21 febbraio 2024 secondo cui, in estrema sintesi: tutte le volte in cui viene omesso il riferimento alla qualificazione obbligatoria del subappalto oppure manchi uno specifico impegno del concorrente in tal senso ma, allo stesso tempo, risulti in ogni caso presente un certo riferimento a talune categorie di lavori a qualificazione necessaria (come nel caso di specie), la sanzione dell’esclusione si rivelerebbe allora eccessiva e sproporzionata in presenza di una dichiarazione che – sebbene densa di ambiguità ed incertezze lessicali sempre più ricorrenti in queste ipotesi – comunque risulta allegata agli atti di gara. Del resto, la forza cogente ed imperativa di certe disposizioni di legge giammai potrebbe essere compromessa dalla non sicura formulazione di simili dichiarazioni.

6.10. A siffatte conclusioni è altresì agevole pervenire ove soltanto si consideri che, quand’anche la dichiarazione di subappalto presenti taluni aspetti di incerta formulazione, sì da ingenerare dubbi circa gli obblighi gravanti sui soggetti dichiaranti, la stessa deve allora essere interpretata “secundum legem” ossia nel senso di garantirne la conservazione, ai sensi dell’art. 1367 c.c., attribuendo alle clausole stesse un significato che ne consenta l’utile applicazione (piuttosto che la non applicazione).

Ebbene nel caso di specie la formulazione utilizzata (che qui di seguito si ripete: “per quanto necessario per dare ultimati i lavori per l’intero importo”) non si rivela tale da dover inficiare l’intera dichiarazione. Ed infatti, qualora il senso non risulti chiaro interviene il principio della conservazione del negozio giuridico (art. 1367 c.c.) secondo cui nel dubbio il negozio deve interpretarsi nel senso in cui esso possa avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno.

Il principio di conservazione dei mezzi giuridici, oltre a comportare che esso (o le sue singole clausole) venga interpretato nel senso in cui possa avere un qualche effetto, richiede altresì che l’atto giuridico non risulti neppure in parte frustrato e che la sua efficacia potenziale non subisca alcuna limitazione (Cass. civile, sez. I, 1° settembre 1997, n. 8301). Ebbene nel caso di specie non vi sarebbe traccia alcuna di possibili limitazioni applicative atteso che il senso che si intende imprimere all’insieme del programma negoziale è chiaro: subappalto facoltativo per i lavori rientranti nelle categorie OG3, OS21, OS12A, OS10; subappalto necessario per i lavori di categoria OS24. E la chiara distinzione grafica e testuale delle due parti di dichiarazione lascia ben intendere che il subappalto facoltativo era riferibile alle sole prime quattro qualificazioni sopra evidenziate, non anche alla quinta (OS24) per la quale è invece sufficientemente chiara la volontà di ricorrere al subappalto obbligatorio.

6.11. Il tenore della formulazione contenuta nella contestata dichiarazione di subappalto, in altre parole, risulta sufficiente onde ritenere completa sotto ogni sua aspetto la volontà di ricorrere al subappalto obbligatorio per i lavori soggetti a qualificazione necessaria OS24 (Verde e arredo urbano).

6.12. In ogni caso, anche a voler ritenere ambigua la relativa formulazione vi sarebbe stato spazio per il “soccorso istruttorio” (di tipo “sanante”, in quanto caso) in quanto si sarebbe trattato non di integrazioni ma di meri chiarimenti e spiegazioni sulle dichiarazioni rilasciate nonché, in ogni caso, di rimediare a possibili omissioni o inesattezze (si veda, proprio sul soccorso sanante: Cons. Stato, sez. V, n. 7870 del 2023). La difesa di parte appellante eccepisce al riguardo, citando giurisprudenza di questa stessa sezione (Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2023, n. 8761), che “La mancata dichiarazione della volontà di far ricorso al subappalto c.d. necessario non può essere oggetto di soccorso istruttorio”. Tuttavia nel caso di specie si tratta non di “omessa dichiarazione” quanto, piuttosto, di “dichiarazione ambigua” che ben poteva essere ammessa a più semplici chiarimenti e spiegazioni come da consolidato orientamento della sezione.

6.13. Riassumendo i termini essenziali della questione: a) la dichiarazione di subappalto non era generica ma, al più, di non chiarissima formulazione; b) in ogni caso conteneva il riferimento sia alla “necessità” (di ricorrere al subappalto), sia alla “interezza” (il subappalto sarebbe scattato per tutte quella parte di lavoro riguardante il verde urbano); c) dunque nella sostanza il subappalto era stato inteso, da parte della aggiudicataria, alla stregua di meccanismo obbligatorio; d) in ogni caso la dichiarazione non era sì carente da poter dare luogo alla più radicale sanzione della esclusione; e) in via subordinata, per la stazione appaltante restava pur sempre la strada del soccorso istruttorio qui pienamente percorribile per ottenere meri chiarimenti.

6.14. Nei termini di cui sopra il primo motivo di appello deve dunque essere rigettato.

7. Con il secondo motivo di appello si lamenta erroneità della decisione di primo grado nella parte in cui si afferma che l’obbligo di indicare le “quote di esecuzione” della commessa nel suo complesso riguardavano solo la parte relativa ai “lavori” e non anche quella concernente i “servizi”. Secondo la difesa di parte appellante, in particolare, la natura di contratto di appalto misto, a prevalenza lavori, avrebbe comunque comportato l’obbligo per i componenti del RTI di indicare anche le quote di esecuzione dei servizi oggetto di affidamento. Ebbene quanto alla mancata indicazione delle quote di esecuzione della parte “servizi” ad opera dei singoli componenti dell’RTI Frantoio (ossia la parte relativa alla manutenzione stradale, alla segnaletica ed al servizio neve) osserva il collegio che:

7.1. Ai sensi dell’art. 28, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016: “1. I contratti … che hanno … ad oggetto due o più tipi di prestazioni, sono aggiudicati secondo le disposizioni applicabili al tipo di appalto che caratterizza l’oggetto principale del contratto in questione”;

7.2. Il successivo comma 11 prevede inoltre che: “A un appalto destinato all’esercizio di più attività si applicano le disposizioni relative alla principale attività cui è destinato”;

7.3. Come evidenziato nella determinazione dirigenziale comunale n. 236 del 10 febbraio 2023, recante APPROVAZIONE DEL PROGETTO DI ACCORDO QUADRO: “Ai fini dell’individuazione della tipologia di appalto dell’Accordo Quadro, trattandosi di contratto misto (art. 28 del D.Lgs. 50/2016), si ritiene di prendere in considerazione la prestazione che ne caratterizza l’oggetto principale, rappresentata dai lavori straordinari in relazione alla prevalenza economica…A tal fine è stato redatto il relativo disciplinare di gara”. In effetti, come pure evidenziato dalla difesa di parte appellante la parte “servizi” costituisce “circa il 30% dell’Accordo quadro” (pag. 20 atto di appello);

7.4. Dunque l’intera disciplina di gara, per espressa previsione comunale ed in conformità al quadro normativo sopra tratteggiato, era unicamente incentrata – salvo le eccezioni di cui appresso si dirà – sul sistema normativo dei “lavori” e non dei “servizi”;

7.5. In siffatta direzione il paragrafo 11.2.6. del disciplinare di gara prevedeva che i raggruppamenti quali quello di specie avrebbero dovuto rilasciare “dichiarazione in cui si indica, ai sensi dell’art. 48, co. 4, del Codice, le categorie di lavoro che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati”. Come correttamente evidenziato dalla difesa del raggruppamento aggiudicatario (pag. 14 della memoria in data 29 gennaio 2024): “Nulla viene richiesto per le quote di esecuzione dei servizi”;

7.6. Tale disposizione, che prevedeva dunque un simile onere (specificazione delle prestazioni a carico dei singoli operatori raggruppati) soltanto per i lavori e non anche per i servizi, non ha mai formato oggetto di specifica ed espressa contestazione (si vedano anche le pagg. 10 – 13 del ricorso introduttivo di primo grado): di qui l’impossibilità di sollevare in questi termini la suddetta censura, attesa la prestata acquiescenza nei riguardi della legge di gara;

7.7. Del resto, poiché trattasi di appalto misto a prevalenza lavori trova applicazione la sola disciplina a questi ultimi relativa (art. 28, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016). Ed infatti, una volta individuata la prestazione principale (in questo caso quella relativa alla parte “lavori”) si applica la disciplina ad essa relativa e non anche quella della prestazione secondaria (in questo caso, la parte relativa ai “servizi”);

7.8. La lettura si rivela come già detto condivisibile ai sensi dell’art. 28, commi 1 e 11, del vecchio codice dei contratti. Disposizioni queste che assumono connotazioni di specialità rispetto alla più generale norma – qui invocata – di cui all’art. 48, comma 4, dello stesso codice del 2016 (il quale prevede un obbligo indistinto di questo genere ossia indicazione delle quote di esecuzione per lavori, servizi o forniture, in funzione della disciplina specificamente applicabile caso per caso). In altre parole l’art. 48 del codice, al comma 4, prevede sì l’obbligo di indicare le c.d. “quote di esecuzione” ma in relazione ad appalti che riguardino prestazioni singole o meglio uniche (di lavori oppure di servizi oppure di forniture) e non prestazioni miste o multiple (come nel caso di specie: lavori e servizi). In quest’ultima ipotesi scatta il “criterio di collegamento” (diretto ossia ad individuare la disciplina applicabile) della prestazione prevalente. Criterio quest’ultimo contemplato dall’art. 28, comma 1 e 11 (espressamente riferito ai contratti misti) e non dall’art. 48 (che riguarda invece contratti singoli);

7.9. Né del resto il richiamo all’art. 48 del codice dei contratti, contenuto nell’invocato art. 7 del disciplinare, potrebbe risultare sufficiente a radicare un obbligo di questo genere (indicazione delle quote di esecuzione) non solo per la parte “lavori” ma anche per quella relativa ai “servizi”, e ciò dal momento la stazione appaltante, sempre in virtù di quanto espressamente previsto dall’art. 28, comma 1 e comma 11, una volta cristallizzatasi la disciplina specificamente applicabile in funzione della prestazione prevalente, in questo caso quella sui “lavori”, coerentemente deve attenersi a richiedere ogni specifico adempimento sulla base di quanto a tal fine prescritto;

7.10. A riprova di quanto sinora detto depone l’ultimo periodo di cui al comma 1 del citato art. 28, a norma del quale: “L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto”. Pertanto, unica eccezione riguardo al criterio della “disciplina da prestazione prevalente” è il sistema dei “requisiti di qualificazione” i quali, come appena visto, debbono essere posseduti in relazione a ciascuna delle attività oggetto della prestazione mista (criterio della “combinazione dei regimi giuridici”). In altre parole, i requisiti di qualificazione debbono essere posseduti in relazione a ciascuna delle attività (lavori, servizi o forniture) che formano oggetto del contratto misto ed a prescindere dal ruolo principale o secondario che tali attività rivestono in concreto. In siffatta ipotesi si assiste dunque ad una estensione della normativa della attività secondaria (nel caso di specie: servizi) accanto a quella principale (nel caso di specie: lavori). Ed infatti nel caso di specie le imprese dovevano essere in possesso, altresì, dei requisiti di capacità economica e finanziaria (paragrafo 8.2.2 del disciplinare) nonché dei requisiti di capacità tecnica e professionale (paragrafo 8.2.3 del disciplinare) non solo nel campo del rifacimento stradale ma anche in quello della manutenzione stradale (oltre che della segnaletica e del servizio neve);

7.11. Fuori da tale ambito espressamente previsto dalla predetta normativa codicistica (requisiti di qualificazione) non sono ammesse ulteriori deroghe. Pertanto, in ossequio al principio secondo cui le deroghe sono suscettive di stretta interpretazione ed applicazione, va da sé che il meccanismo della indicazione delle “quote di esecuzione” non poteva essere parimenti esteso anche alla parte servizi;

7.12. In siffatta direzione, il generico richiamo all’art. 48, operato dal paragrafo 7 del disciplinare, non poteva ritenersi sufficiente ad estendere un simile obbligo (indicazione “quote di esecuzione”) anche per la parte servizi dal momento che: a) il paragrafo 11.2.6. del disciplinare contempla un simile obbligo di indicazione per la sola parte lavori e non anche per quella servizi (dunque si applica tale previsione, per il principio di specialità, rispetto a quella più generica e generale di cui al paragrafo 7); b) in ogni caso il paragrafo 7 del disciplinare, al netto della intrinseca genericità della sua formulazione, non potrebbe disporre una deroga sic et simpliciter, dato il suo ruolo nel sistema delle fonti del diritto, rispetto al sistema normativo primario sopra descritto (e in base al quale si applica, in caso di contratti misti, la disciplina della prestazione prevalente salvo circoscritte eccezioni riservate, in questo caso, ai soli requisiti di qualificazione);

7.13. Ricapitolando: a) in linea generale, in presenza di contratti mista va applicata la normativa specifica relativa alla prestazione principale (nel caso di specie, quella sui lavori) e non anche quella relativa alla prestazione secondaria (nel caso di specie, quella sui servizi). Si assiste dunque alla applicazione della “disciplina da prestazione prevalente”; b) in linea eccezionale, allorché si tratti di requisiti di qualificazione trova applicazione il criterio della “combinazione dei regimi giuridici” o, se si preferisce, della estensione del regime giuridico della prestazione secondaria (nel caso di specie, dunque, i requisiti di qualificazione dovevano essere declinati – come poi in effetti sono stati declinati ai punti 8.2.2. e 8.2.3. del disciplinare – sia per la quota lavori, sia per la quota servizi); c) fuori da questi casi (requisiti di qualificazione) non sono ammesse ulteriori deroghe; d) dunque l’obbligo di indicare le “quote di esecuzione” poteva in effetti riguardare la sola parte lavori (ristrutturazione stradale) e non anche quella servizi (manutenzione); e) né il generico richiamo all’art. 48 del decreto legislativo n. 50 del 2016, operato dall’art. 7 del disciplinare, poteva ritenersi condizione sufficiente a superare tale impostazione che, peraltro, trova radice in una normativa – quella appena descritta – di fonte primaria e non certo secondaria quale il disciplinare di gara (che dunque, al di là della generica formulazione, comunque non avrebbe avuto la forza di superare il dettato di rango legislativo); f) e ciò in disparte ogni considerazione circa la omessa impugnativa del paragrafo 11.2.6. del disciplinare di gara il quale, come visto, prevedeva la indicazione delle “quote di esecuzione” unicamente per la parte lavori.

7.14. Da quanto sopra detto consegue il rigetto della specifica censura.

8. Con il terzo motivo di appello si lamenta, poi, che le ditte del raggruppamento che dovrebbero effettuare determinati servizi di manutenzione stradale non avrebbero tutte la qualificazione necessaria (requisiti esperienziali e fatturato specifico su servizi pregressi). La difesa di parte appellante sostiene in particolare che: “i Requisiti di capacità economico e finanziaria di cui al paragrafo 8.2.2. erano posseduti da alcuni soltanto di essi: il requisito di cui al paragrafo 8.2.2.a risulta posseduto soltanto da Frantoio Fondovalle s.r.l., il requisito di cui al paragrafo 8.2.2.b risulta posseduto soltanto da SIAS s.p.a. e, infine, il requisito di cui al paragrafo 8.2.2.c risulta posseduto soltanto da Elio Zini s.r.l” (pag. 25 atto di appello). Ed ancora che: “tutti gli operatori economici che eseguono i servizi cui tali requisiti si riferiscono devono esserne integralmente in possesso; e nella fattispecie tale condizione non è rispettata” (pag. 27 atto di appello). Pertanto, sempre nella prospettiva della difesa di parte appellante, in assenza di specificazione delle quote di esecuzione dei servizi si sarebbe dovuto ritenere che tutti i componenti del RTI Frantoio Fondovalle li avrebbero eseguiti, anche quelli privi dei relativi requisiti di qualificazione, il che sarebbe stato inammissibile e dunque foriero di esclusione dalla gara.

Al riguardo la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 2022, n. 4123) ha ritenuto che, dopo la sentenza dell’Adunanza plenaria 28 aprile 2014, n. 27, non può dubitarsi che, negli appalti di servizi e forniture, non vige più ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara; rientra pertanto nella discrezionalità della stazione appaltante sia stabilire il fatturato necessario per la qualificazione delle imprese, sia la fissazione delle quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8249; III, 17 giugno 2019, n. 4025; III, 22 maggio 2019 n. 3331; III, 26 febbraio 2019 n. 1327; III, 21 gennaio 2019, n. 487 e n. 488)” (Cons. Stato, V, 12 febbraio 2020, n. 1101). E ciò dal momento che: “Ai sensi dell’art. 48, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016: “l’offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori”. Tale disposizione normativa sancisce, dunque, nel raggruppamento orizzontale, la responsabilità solidale per l’adempimento dell’intera prestazione contrattuale di tutti i componenti del raggruppamento nei confronti della stazione appaltante, del subappaltatore e dei fornitori”. Pertanto: “negli appalti di servizi e forniture il regime della responsabilità solidale elide i paventati rischi di “elusione del principio di affidabilità degli operatori economici”, rimettendo all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante l’eventuale prescrizione del possesso di una quota minima di requisito in capo alle mandanti del rti, ad ulteriore garanzia di serietà ed affidabilità tecnica ed imprenditoriale dell’impresa”.

Nel caso di specie, trattandosi di appalti di servizi, è dunque essenziale lo scrutinio delle previsioni della lex specialis la quale prevedeva espressamente, al paragrafo 8.2.5 del Disciplinare, che “I requisiti di cui al paragrafo 8.2.2 e di cui al paragrafo 8.2.3 lettere a) e b) non sono frazionabili e devono pertanto essere posseduti integralmente da almeno una impresa del RTI”.

Dunque era la medesima legge di gara, come correttamente posto in evidenza dal giudice di primo grado, a non richiedere “che i suddetti requisiti dovessero essere posseduti, singolarmente, da tutti i partecipanti al RTI”.

In sintesi: una tale corrispondenza tra qualificazione ed esecuzione non è più richiesta per gli appalti di servizi, per giurisprudenza costante anche di questa sezione (cfr. sentenza 24 maggio 2022, n. 4123, cit.). In tutti questi casi è infatti la lex specialis a stabilire requisiti di fatturato ai fini di qualificazione che debbono possedere le singole imprese del raggruppamento. In questa ipotesi, la lex specialis è stata rispettata in quanto si stabiliva che almeno una delle imprese dell’RTI dovesse singolarmente possedere ognuno dei requisiti di qualificazione previsti. In altre parole i requisiti di qualificazione non potevano essere frazionati (tra più imprese del raggruppamento) ma potevano comunque essere suddivisi (tra i componenti stessi). In questa specifica direzione, i suddetti requisiti dovevano essere posseduti per intero da almeno una impresa del raggruppamento (cfr. chiarimento di cui al punto 29 del fascicolo di primo grado della produzione comunale).

Ebbene tale condizione risulta essere stata pienamente soddisfatta, nel caso di specie, atteso che i requisiti richiesti non sono stati frazionati tra le imprese facenti parte del RTI e preso invece atto che ogni requisito risulta posseduto per intero almeno da una delle imprese del raggruppamento stesso. Più in particolare: a) fatturato specifico sulla manutenzione stradale da mandataria Frantoio; b) fatturato specifico su manutenzione segnaletica da mandante SIAS; c) fatturato specifico su servizio neve da mandante ZINI.

Anche il terzo motivo di appello è pertanto infondato e deve essere respinto.

9. Infine si lamenta, con quarto ed ultimo motivo di appello, che per il “servizio neve” la ditta a tal fine indicata (ZINI) non avrebbe posseduto il fatturato specifico richiesto (600 mila nel triennio 2019 – 2021). In disparte ogni considerazione circa la genericità della specifica censura (non vengono infatti forniti più dettagliati elementi onde far propendere per la tesi di parte appellante), la relazione tecnica del Comune di Bologna del 17 novembre 2023 (depositata in primo grado) ha invece dimostrato che il fatturato specifico ammontasse ad oltre 712 mila euro, senza che sul punto la difesa di parte appellante abbia sollevato più specifiche contestazioni. Più in particolare è risultato che, tra le commesse eseguito nel Comune di Bologna ed in quello di Firenze, la suddetta ditta abbia largamente soddisfatto il requisito minimo del fatturato specifico di 600mila euro nel triennio 2019-2021 (sebbene in sede di gara avesse dichiarato oltre 811 mila euro, di cui alcuni non sono stati riconosciuti come pertinenti dalla stazione appaltante in sede di verifica dei requisiti).

Anche tale motivo di appello deve pertanto essere rigettato.

10. In conclusione l’appello è infondato e deve essere rigettato. Con compensazione in ogni caso delle spese di lite stante la peculiarità di almeno alcune delle esaminate questioni.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere

Massimo Santini, Consigliere, Estensore

 

Guida alla lettura

Il caso affrontato dalla pronuncia in commento riguarda una procedura aperta, regolata dal “vecchio” codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016, per l’affidamento di un accordo quadro misto di lavori e servizi su strade comunali, con prevalenza della componente lavori (ristrutturazione straordinaria) su quella dei servizi (manutenzione ordinaria, segnaletica e servizio neve).

In particolare, sollecitato dal gravame del secondo graduato che contestava l’aggiudicazione disposta a favore di un RTI, il Consiglio di Stato ha avuto modo di soffermarsi su diversi aspetti di particolare interesse: i) il discrimine tra dichiarazione lacunosa e del tutto omessa relativa al “subappalto necessario”, con le relative ricadute in termini di disciplina; ii) se negli appalti misti le quote di esecuzione nell’ambito del RTI debbano essere indicate anche relativamente alla prestazione non prevalente; iii) se per i servizi e le forniture sia necessaria ex lege la corrispondenza tra qualificazione e quota di esecuzione di rispettiva pertinenza nell’ambito dei RTI.

Con riguardo al primo dei cennati aspetti, com’è noto, il subappalto c.d. necessario (o qualificatorio), disciplinato dall’art. 12 d.l. n. 47/2014, differisce dal modello classico di subappalto (c.d. facoltativo), poiché non è espressione di autonomia organizzativa, ma è imposto dalla circostanza che il concorrente non ha la qualifica per eseguire tutte le lavorazioni; è, perciò, “necessario” perché il subaffidamento dell’esecuzione delle lavorazioni (ad un soggetto in possesso delle pertinenti qualificazioni) è vincolato dal difetto di qualifica ad eseguire tale tipo di prestazioni.

Tanto incide sugli oneri dichiarativi dell’operatore economico in sede di partecipazione. Come già affermato in giurisprudenza, infatti, «il concorrente non è tenuto a indicare il nominativo del subappaltatore già in sede di offerta, ma è tenuto senz’altro a dichiarare la volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione mancante. Detto più chiaramente, l’operatore economico deve dichiarare sin dalla domanda di partecipazione la volontà di avvalersi del subappalto c.d. necessario» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28 marzo 2023, n. 3180); ciò, in quanto «nella dichiarazione di subappalto “necessario” viene in rilievo non una mera esternazione di volontà dell’operatore economico quale è la dichiarazione di subappalto “facoltativo”, bensì una delle modalità di attestazione del possesso di un requisito di partecipazione, che non tollera di suo il ricorso a formule generiche o comunque predisposte ad altri fini, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza che permeano le gare pubbliche» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1 luglio 2022, n. 5491, richiamata nella cit. sentenza n. 3180/2023 del Consiglio di Stato).

Orbene, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto, anzitutto, in punto di fatto, validamente formulata la dichiarazione (e, dunque, la volontà) dell’aggiudicatario di ricorrere al “subappalto qualificante”, a fronte del tenore delle espressioni complessivamente utilizzate, in quanto (anche se con formulazione non chiarissima) l’operatore, anche scindendo graficamente le qualificazioni a subappalto facoltativo da quella del subappalto necessario, specificava la “necessità” del subappalto (rispetto alla scorporabile a qualificazione obbligatoria) e manifestava la volontà di ricorrere ad esso nella sua “interezza”; interpretazione giudiziale confortata, poi, anche dalla lettura del DGUE, laddove l’operatore aggiudicatario affermava, da un lato, di non possedere la qualificazione necessaria e, dall’altro, di voler ricorrere al subappalto rispetto ad essa.

Tuttavia, al di là delle peculiari conformazioni della dichiarazione di specie sul subappalto, quel che più qui interessa sono i principi di diritto statuiti e applicati dalla sentenza in commento, a tenore dei quali:

  • tutte le volte in cui risulti presente un riferimento certo a talune categorie di lavori a qualificazione necessaria ex art. 12, co. 2, del d.l. n. 47/2014 e via sia la dichiarazione dell’offerente in ordine alla volontà di ricorre, per esse, al subappalto – anche se, poi, nella dichiarazione viene omesso il riferimento alla qualificazione obbligatoria del subappalto oppure manchi uno specifico impegno del concorrente in tal senso – il requisito (formalmente mancante in capo all’offerente) deve ritenersi pur sempre integrato e la sanzione dell’esclusione si rivela eccessiva e sproporzionata, a fronte della cogenza e imperatività dell’art. 12, co. 2, del d.l. n. 47/2014 e del disposto dell’art. 1367 c.c., norma quest’ultima che impone di interpretare siffatta dichiarazione non solo nel senso in cui possa avere un qualche effetto ma che richiede altresì che la valenza di tale atto giuridico non risulti neppure in parte frustrata e che la sua efficacia potenziale non subisca alcuna limitazione (cfr., sul punto, Cass. civ., Sez. I, 1° settembre 1997, n. 8301);
  • in ogni caso, qualora alla stazione appaltante permangano dubbi in ordine alla effettiva volontà del concorrente di far ricorso al subappalto necessario, a fronte dell’ambiguità della relativa dichiarazione, la stessa – anziché escludere direttamente l’operatore – dovrebbe pur sempre richiedere chiarimenti e spiegazioni sulle dichiarazioni rilasciate, facendo ricorso al soccorso istruttorio c.d. “sanante” (com’è noto, Cons. Stato, Sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870 – con riguardo alla nuova disciplina sul soccorso istruttorio di cui all’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023 e raffrontandola con la previgente norma contenuta nell’art. 83, co. 9 del d.lgs. n. 50/2016 – ha operato le seguenti distinzioni del soccorso istruttorio sul piano funzionale: «a) soccorso integrativo o completivo (comma 1, lettera a) dell’art. 101 d. lgs. n. 36 cit., non difforme dall’art. 83, comma 9), che mira, in termini essenzialmente quantitativi, al recupero di carenze della c.d. documentazione amministrativa necessaria alla partecipazione alla gara (con esplicita esclusione, quindi, della documentazione inerente l’offerta, sia sotto il profilo tecnico che sotto il profilo economico), sempreché non si tratti di documenti bensì non allegati, ma acquisibili direttamente dalla stazione appaltante (in prospettiva, tramite accesso al fascicolo virtuale dell’operatore economico);

b) soccorso sanante (comma 1 lettera b), anche qui non difforme dall’art. 83, comma 9 del d. lgs. n. 50), che consente, in termini qualitativi, di rimediare ad omissioni, inesattezze od irregolarità della documentazione amministrativa (con il limite della irrecuperabilità di documentazione di incerta imputazione soggettiva, che varrebbe a rimettere in gioco domande inammissibili);

c) soccorso istruttorio in senso stretto (comma 3), che – recuperando gli spazi già progressivamente riconosciuti dalla giurisprudenza alle forme di soccorso c.d. procedimentale – abilita la stazione appaltante (o l’ente concedente) a sollecitare chiarimenti o spiegazioni sui contenuti dell’offerta tecnica e/o dell’offerta economica, finalizzati a consentirne l’esatta acquisizione e a ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di pervenire ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto, e fermo in ogni caso il divieto (strettamente correlato allo stringente vincolo della par condicio) di apportarvi qualunque modifica;

d) soccorso correttivo (comma 4): che, in realtà, a differenza delle altre ipotesi – rispetto alle quali si atteggia, peraltro, a fattispecie di nuovo conio, come tale insuscettibile, almeno in principio, di applicazione retroattiva – prescinde dall’iniziativa e dall’impulso della stazione appaltante o dell’ente concedente (sicché non si tratta, a rigore, di soccorso in senso stretto), abilitando direttamente il concorrente, fino al giorno di apertura delle offerte, alla rettifica di errori che ne inficino materialmente il contenuto, fermo il duplice limite formale del rispetto dell’anonimato e sostanziale della immodificabilità contenutistica»).

Ciò detto, applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che la specifica dichiarazione di subappalto non era generica ma, al più, di non chiarissima formulazione; che tuttavia, in ogni caso, la dichiarazione conteneva il riferimento sia alla “necessità” (di ricorrere al subappalto) sia alla “interezza” (nel senso che il subappalto sarebbe scattato per tutte quella parte di lavoro a qualificazione necessaria); dunque, che il subappalto era stato inteso, da parte dell’aggiudicataria, alla stregua di un meccanismo obbligatorio; che, in ogni caso, la dichiarazione non era così carente da poter dare luogo alla più radicale sanzione della esclusione, ma che, al più e in via subordinata, la stazione appaltante era tenuta ad aprire il soccorso istruttorio per chiedere dei meri chiarimenti.

Statuizioni, queste sul subappalto necessario contenute nella sentenza in commento, che risultano di particolare interesse e attualità anche nel vigente assetto normativo introdotto dal nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36/2023, giacché il sistema delineato dall’art. 12, co. 2, del d.l. n. 47/2014, come emerge dai primi approdi giurisprudenziali, non sarebbe stato abrogato con l’avvento del nuovo codice (su tutte, si può far riferimento, sul punto, a TAR Piemonte, Torino, Sez. II, 16 gennaio 2024, n. 23: «Nel solco dell’art. 92 D.P.R. 207/2010, l’art. 30 comma 1 dell’Allegato II.12 al D.Lgs. 36/2023 stabilisce […] le disposizioni vanno lette al lume dell’art. 12 D.L. 47/2014, il quale, in un’ottica concorrenziale, consente all’operatore economico in possesso della qualificazione per la categoria prevalente di partecipare alle gare per l’affidamento di lavori pubblici, anche se privo delle qualificazioni previste dal bando per le categorie scorporabili, alla condizione, però, che affidi le lavorazioni riconducibili alle predette categorie, se a qualificazione obbligatoria […] ad imprese in possesso delle necessarie qualificazioni.

Detta norma non è stata abrogata con l’entrata in vigore del D.Lgs. 36/2023 (cfr. relazione illustrativa al nuovo codice dei contratti pubblici sub art. 119 e T.A.R. Calabria sez. I – Reggio Calabria, 26/10/2023, n. 782) ed anzi, in base alle prime indicazioni giurisprudenziali in tema, il superamento, nell’impianto del nuovo codice dei contratti pubblici, della distinzione tra categorie di lavorazioni a qualificazione “obbligatoria” e “non obbligatoria”, avrebbe piuttosto l’effetto di connotare indistintamente tutte le opere scorporabili della natura di lavorazioni a qualificazione obbligatoria (cfr. T.A.R. Calabria sez. I – Reggio Calabria, 26/10/2023, n. 782 cit.)»; anche se, su quest’ultimo aspetto, si veda, in senso contrario, TRGA, Bolzano, 6 marzo 2024, n. 62, che ritiene pur sempre applicabile il cit. art. 12, co. 2, del d.l. n. 47/2014).

            Con riguardo al secondo profilo problematico sollevato dall’appello del ricorrente – che chiedeva l’esclusione dell’aggiudicatario giacché esso non aveva concretamente indicato la ripartizione, tra i componenti del RTI, delle prestazioni “secondarie” riferite ai servizi (rispetto alla componente “prevalente” dei lavori) – il Collegio ha affermato, di contro, che negli appalti misti le singole quote di esecuzione della prestazione secondaria all’interno del RTI non devono essere ex lege indicate.

Ciò, sulla base delle seguenti considerazioni: le disposizioni di cui all’art. 28, co. 1 e 11, del d.lgs. n. 50/2016 (oggi, art. 14, co. 18 e 25, del d.lgs. n. 36/2023), nella misura in cui prevedono che nei contratti misti si applica la disciplina dell’appalto principale, assumono connotazioni di specialità rispetto alla più generale norma di cui all’art. 48, co. 4, del medesimo d.lgs. (oggi, art. 68, co. 2, del d.lgs. n. 36/2023), che prevede un obbligo indistinto di indicazione delle quote di esecuzione per lavori, servizi o forniture, ma che è riferita esclusivamente alle prestazioni uniche (di lavori oppure di servizi oppure di forniture) e non anche alle prestazioni miste o multiple; in quest’ultima ipotesi, invero, scatta il “criterio di collegamento” (diretto ad individuare la disciplina applicabile) della prestazione prevalente, che è contemplato dall’art. 28, co. 1 e 11 (espressamente riferito ai contratti misti) e non dall’art. 48 (che riguarda invece contratti singoli).

L’unica eccezione a tale criterio della “disciplina da prestazione prevalente” è costituita dal sistema dei “requisiti di qualificazione” i quali – ai sensi dell’art. 28, co. 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 50/2016 (oggi art. 14, co. 18, ultimo periodo, del d.lgs. n. 36/2023) – devono essere posseduti in relazione a ciascuna delle attività oggetto della prestazione mista (criterio della “combinazione dei regimi giuridici”). Fuori dall’ambito dei requisiti di qualificazione, dunque, non sono ammesse ulteriori deroghe, in ossequio al principio secondo cui le deroghe sono suscettive distretta interpretazione ed applicazione.

Riassumendo, quindi, nella decisione in rassegna sono stati indicati i seguenti principi di diritto:

  1. in linea generale, in presenza di contratti misti va applicata la normativa specifica relativa alla prestazione principale (nel caso di specie, quella sui lavori) e non anche quella relativa alla prestazione secondaria (nel caso di specie, quella sui servizi), così applicandosi la “disciplina da prestazione prevalente”;
  2. in linea eccezionale, allorché si tratti di requisiti di qualificazione trova applicazione il criterio della “combinazione dei regimi giuridici” o, se si preferisce, della “estensione del regime giuridico della prestazione secondaria”; eccettuato l’aspetto dei requisiti di qualificazione, tuttavia, non sono ammesse ulteriori deroghe.

Applicando tali principi al caso di specie, pertanto, il Collegio ha ritenuto che l’obbligo di indicare le “quote di esecuzione” poteva riguardare la sola parte lavori (ristrutturazione stradale) e non anche quella servizi (manutenzione) e che il generico richiamo all’art. 48 del d.lgs. n. 50/2016, operato in un punto del disciplinare di gara, non poteva ritenersi condizione sufficiente a superare tale impostazione, che, peraltro, trova radice in una normativa (art. 28, co. 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 50/2016; oggi art. 14, co. 18, ultimo periodo, del d.lgs. n. 36/2023) di fonte primaria e non certo secondaria quale il disciplinare di gara (che, dunque, al di là della sua generica formulazione, comunque non avrebbe avuto la forza di superare il dettato di rango legislativo); peraltro, in altro punto del disciplinare di gara (non impugnato dall’appellante) si prevedeva, conformemente al quadro normativo così delineato, la indicazione delle “quote di esecuzione” unicamente per la parte lavori.

Da ultimo, con la sentenza in esame – nella doglianza del ricorrente che sosteneva, in chiave escludente, come con riguardo alla componente “secondaria” dei servizi vi dovesse essere corrispondenza tra qualificazione delle singole imprese del RTI e rispettiva quota di esecuzione, nonostante la lex specialis si limitava a prevedere che almeno una delle imprese del RTI dovesse singolarmente possedere ognuno dei relativi requisiti – i Giudici di Palazzo Spada hanno avuto modo ripercorre gli ormai acquisiti approdi, ossia che «dopo la sentenza dell’Adunanza plenaria 28 aprile 2014, n. 27, non può dubitarsi che, negli appalti di servizi e forniture, non vige più ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara; rientra pertanto nella discrezionalità della stazione appaltante sia stabilire il fatturato necessario per la qualificazione delle imprese sia la fissazione delle quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8249; III, 17 giugno 2019, n.4025; III, 22 maggio 2019 n. 3331; III, 26 febbraio 2019 n. 1327; III, 21gennaio 2019, n. 487 e n. 488)» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1101).

Ciò, dal momento che l’art. 48, co. 5, del d.lgs. n. 5072016 (oggi, art. 68, co. 9, del d.lgs. n. 36/2023), sancendo la responsabilità solidale di tutti i componenti del RTI per l’adempimento dell’intera prestazione contrattuale, esclude qualsivoglia rischio di “elusione del principio di affidabilità degli operatori economici”, rimettendo all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante l’eventuale prescrizione del possesso di una quota minima di requisito in capo alle singole imprese del RTI, ad ulteriore garanzia di serietà ed affidabilità tecnica ed imprenditoriale dell’impresa.

Conclusivamente, dunque, il Collegio ha rigettato anche tale ulteriore motivo di gravame, riconoscendo come per giurisprudenza costante tale corrispondenza tra qualificazione e esecuzione non sia più richiesta per gli appalti di servizi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 24 maggio 2022, n. 4123) e che, nel caso specifico, le singole imprese del raggruppamento erano in possesso dei requisiti prescritti dalla (sola e) “competente” lex specialis.