TAR Lazio, Sez. III,27 marzo 2024, n. 6068

Il potere rappresentativo delle associazioni di imprese è limitato ai soli soggetti che hanno liberamente deciso di iscriversi e, quindi, il requisito dell’omogeneità dell’interesse fatto valere in giudizio deve essere necessariamente apprezzato nell’ambito della sola base associativa e non, invece, tenendo conto dell’intera categoria degli operatori economici attivi nel settore economico di riferimento.

Sussiste, altresì, l’interesse ad agire del ricorrente persona fisica titolare impresa individuale esercente l’attività di noleggio con conducente, giacché pur possedendo un’autorizzazione che consente di svolgere l’attività di NCC, potrebbe nondimeno avere interesse ad un ampliamento della propria attività, anche differenziando ovvero potenziando l’offerta del servizio con il fine di raggiungere una utenza potenziale più ampia.

Il Collegio ritiene che il Ministero resistente, con l’adozione dell’impugnato decreto ministeriale n. 86 del 20 febbraio 2020, abbia illegittimamente sospeso l’operatività del Registro, dopo averlo istituito con il decreto ministeriale n. 4 del 19 febbraio 2020, atteso che, sul piano normativo, la normativa applicabile ratione materiae non ne subordinava l’efficacia all’adozione del decreto ministeriale relativo alle specifiche del foglio di servizio in formato elettronico previsto per lo svolgimento del servizio di NCC.

Così come non è configurabile una lesione della libertà di iniziativa economica privata nel caso in cui l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda a ragioni di utilità sociale (cfr., ex plurimis, C. cost., sentt. nn. 150/2022 e 556/2015), è di contro configurabile una siffatta lesione quando tale libertà viene limitata per ragioni che esulano dal perseguimento dell’utilità sociale.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2652 del 2020, proposto da Francesco Giovanni Artusa e Federazione Autonoleggiatori Italiani Trasporto Persone – F.A.I., rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Zito e Jacopo Vavalli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la revoca e/o l’annullamento

- del decreto del Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del M.I.T., Prot. 86 del 20 febbraio 2020, con cui è stata disposta la sospensione dell’efficacia del precedente decreto Prot. 4 del 19 febbraio 2020, emesso dal medesimo Capo Dipartimento e avente ad oggetto la creazione e le specifiche tecniche del Registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il sevizio taxi e per il servizio di noleggio con conducente, ai sensi dell’art. 10-bis, comma 3, decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12;

- di ogni altro atto e/o provvedimento prodromico, collegato, conseguenziale e/o successivo.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 marzo 2024 il dott. Luca Biffaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti – vale a dire la Federazione Autonoleggiatori Italiani Trasporto Persone – F.A.I., una associazione di categoria delle imprese esercenti l’attività di noleggio con conducente tra le più rappresentative a livello nazionale, e una persona fisica titolare di una omonima impresa individuale attiva nella erogazione del servizio di noleggio con conducente – con la proposizione del ricorso in esame impugnavano il decreto del Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (“Mit”), prot. n. 86 del 20 febbraio 2020, che ha disposto la sospensione dell’efficacia del precedente decreto prot. n. 4 del 19 febbraio 2020, emesso dal medesimo Capo Dipartimento.

Più in particolare, il Mit con l’adozione del decreto impugnato ha sospeso l’efficacia di un precedente decreto ministeriale con il quale, ai sensi dell’art. 10-bis, comma 3, decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, è stato istituito il registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi e di autorizzazione per il servizio di noleggio con conducente (di seguito, per brevità, anche solo “Registro”).

1.1. Le ragioni che hanno spinto i ricorrenti ad intraprendere la presente iniziativa giudiziale risiedono nella rilevanza centrale attribuita dal legislatore al Registro ai fini dello svolgimento dell’attività di noleggio con conducente (“NCC”) – e ciò sia per gli operatori economici già attivi nel mercato, sia per coloro che intendano iniziare lo svolgimento di tale attività – in quanto il rilascio di nuove autorizzazioni è stato ex lege subordinato alla operatività di detto Registro.

1.2. In particolare, il citato art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018 stabilisce che “entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, presso il Centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante e di quelle di autorizzazione per il servizio di noleggio con conducente effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono individuate le specifiche tecniche di attuazione e le modalità con le quali le predette imprese dovranno registrarsi”.

Il successivo comma 6 dispone, altresì, che “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla piena operatività dell’archivio informatico pubblico nazionale delle imprese di cui al comma 3, non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di noleggio con conducente con autovettura, motocarrozzetta e natante”. In forza di tale comma, pertanto, viene introdotto un regime legale di moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni per lo svolgimento del servizio di NCC.

1.3. Con lo scopo di illustrare gli accadimenti rilevanti ai fini del presente giudizio, va evidenziato che il Mit, con il decreto n. 4 del 19 febbraio 2020 adottato in attuazione all’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018, procedeva a istituire il Registro, definendone le specifiche tecniche e le modalità di registrazione, e precisava che lo stesso sarebbe stato “pienamente operativo a decorrere dal 2 marzo 2020”.

1.4. Sennonché il Mit, in data 20 febbraio 2020 (ossia il giorno successivo all’adozione del decreto istitutivo del Registro) sospendeva l’operatività del citato decreto ministeriale n. 4/2020 ritenendo che il Registro fosse “funzionale all’adempimento anche degli obblighi di cui al citato art. 11, comma 4 [ossia, quelli gravanti sui titolari di un’autorizzazione all’erogazione del servizio di NCC, n.d.r.], e che, pertanto, ai sensi del comma 6 del medesimo art. 10-bis, la piena operatività del predetto registro è subordinata all’adozione del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’interno, relativo alle specifiche del foglio di servizio in formato elettronico”.

2. I ricorrenti, con la proposizione del presente ricorso affidato a due differenti motivi, insorgevano avverso il decreto ministeriale n. 86/2020, lamentandone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili, e ne chiedevano l’annullamento.

2.1. I ricorrenti, con il primo motivo, contestavano la legittimità del citato decreto per “Violazione di legge derivante dalla errata interpretazione del combinato disposto di cui agli artt. 10-bis, comma 3, decreto-legge n. 135/2018 e 11, comma 4, della legge n. 21/192, violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990, per motivazione errata e carente, nonché per eccesso di potere derivante dalla violazione dei principi di ragionevolezza e logicità”.

In particolare, i ricorrenti con tale mezzo di gravame deducevano che il collegamento tra l’istituzione del Registro e l’adozione del foglio di servizio in formato elettronico (“Foglio”) – prospettato come necessario dal Mit – non avrebbe in realtà alcun fondamento, atteso che il Foglio e il Registro non presentano alcun elemento di connessione sotto i profili fattuale, logico e normativo.

Il Foglio, infatti, è disciplinato dal novellato art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992, che dispone: “[…] Nel servizio di noleggio con conducente è previsto l’obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente di un foglio di servizio in formato elettronico, le cui specifiche sono stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministero dell’interno.

Il foglio di servizio in formato elettronico deve riportare:

a) targa del veicolo;

b) nome del conducente;

c) data, luogo e chilometri di partenza e arrivo;

d) orario di inizio servizio, destinazione e orario di fine servizio;

e) dati del fruitore del servizioFino all’adozione del decreto di cui al presente comma, il foglio di servizio elettronico è sostituito da una versione cartacea dello stesso, caratterizzata da numerazione progressiva delle singole pagine da compilare, avente i medesimi contenuti previsti per quello in formato elettronico, e da tenere in originale a bordo del veicolo per un periodo non inferiore a quindici giorni, per essere esibito agli organi di controllo, con copia conforme depositata in rimessa”.

I ricorrenti, sulla scorta di tali previsioni normative, asserivano che l’istituzione di un registro elettronico delle imprese di taxi e NCC non risulterebbe affatto correlata all’introduzione della disciplina relativa alle specifiche del Foglio, sia perché ciò non risultava previsto dalla legge, sia perché una siffatta conclusione neppure avrebbe potuto inferirsi in via esegetica dalla normativa di riferimento, non potendosi evincere, neanche implicitamente, la volontà del legislatore di instaurare un qualche, sia pure remoto, collegamento dal punto di vista strutturale o funzionale tra Foglio e Registro.

Pertanto, secondo la prospettazione dei ricorrenti, il gravato decreto risulterebbe innanzitutto illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto la sua adozione sarebbe derivata dalla asserita sussistenza di un rapporto di presupposizione tra Registro e Foglio non previsto dalla normativa di settore.

Oltretutto, il decreto impugnato sarebbe anche illegittimo per difetto di motivazione in quanto, in disparte il riferito rapporto di presupposizione, non recherebbe alcuna altra giustificazione che consenta di ritenere legittima la disposta sospensione del decreto ministeriale n. 4/2020 istitutivo del Registro.

2.1.1. I ricorrenti, con il secondo motivo di ricorso, lamentavano l’illegittimità del gravato decreto ministeriale per “Violazione di legge con riferimento all’art. 41 e all’art. 4 della Costituzione”.

Secondo la tesi dei ricorrenti, il decreto ministeriale impugnato si porrebbe in contrasto con gli articoli 4 e 41 della Costituzione con conseguente lesione del diritto al lavoro e alla libertà di iniziativa economica degli operatori che erogano il servizio di NCC, atteso che con la sospensione del decreto istitutivo del Registro sarebbe stato indebitamente protratto il regime di moratoria legale al rilascio di nuove autorizzazioni all’esercizio dell’attività di NCC.

2.2. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si costituiva in resistenza nel presente giudizio.

Il MIT eccepiva, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione della F.A.I., nonché per difetto di interesse del ricorrente persona fisica titolare dell’impresa individuale attiva nel mercato dei servizi di NCC.

2.2.1. In particolare, quanto al difetto di legittimazione attiva della F.A.I., il Mit – richiamando gli orientamenti giurisprudenziali in materia di legittimazione a ricorrere delle associazioni rappresentative di categoria – evidenziava che nel caso di specie la situazione giuridica azionata risultava sì collegata alla operatività del Registro, ma solo in quanto strumentale al rilascio di nuove autorizzazioni per lo svolgimento dell’attività di NCC.

L’interesse azionato dall’associazione ricorrente, quindi, risulterebbe confliggente con quello dei suoi iscritti già titolari di un’autorizzazione a svolgere l’attività di NCC, interessati semmai, a non allargare il confronto concorrenziale con imprese nuove entranti per l’effetto del rilascio di nuove autorizzazione.

Secondo la prospettazione del Ministero resistente, per tali ragioni, l’interesse dedotto in giudizio da parte della F.A.I. risulterebbe foriero di generare un conflitto interno alla categoria da essa rappresentata, donde il difetto di legittimazione a ricorrere e la conseguente inammissibilità del gravame.

2.2.2. Quanto, invece, all’eccepito difetto di interesse del ricorrente persona fisica, lo stesso andrebbe apprezzato considerando che tale soggetto risulta essere un operatore attivo nel mercato dei servizi di NCC e, dunque, già titolare della relativa autorizzazione.

Questi, pertanto, difetterebbe di un interesse concreto e attuale a conseguire l’annullamento del gravato decreto, in quanto dal ripristino dell’operatività del Registro non potrebbe trarre alcuna utilità giuridica suscettibile di accrescere in melius la sua sfera giuridico-patrimoniale, non potendo ritrarre alcun vantaggio dalla cessazione del regime di moratoria legale in considerazione del fatto che già vanta la titolarità di una specifica autorizzazione.

2.2.3. Il Ministero resistente eccepiva, inoltre, anche l’infondatezza del presente ricorso.

In particolare, il Mit osservava che il legislatore, mediante l’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018, ha inteso introdurre un complesso sistema di monitoraggio degli operatori che erogano servizi di mobilità non di linea, la cui piena operatività è condizione, ai sensi del comma 6 di tale disposizione normativa, per il rilascio di nuove autorizzazioni allo svolgimento dell’attività di NCC.

Detto sistema, contrariamente a quanto prospettato dai ricorrenti, andrebbe considerato nella sua interezza e non invece parcellizzando le previsioni dettate dall’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018 che, singolarmente considerate, non risulterebbero dotate di una propria autonomia funzionale.

Per tali ragioni il Mit ha subordinato l’operatività del Registro all’adozione di un ulteriore decreto ministeriale, di concerto con il Ministero dell’interno, finalizzato a regolare le specifiche tecniche del foglio di servizio in formato elettronico.

L’Avvocatura erariale, inoltre, eccepiva l’infondatezza delle censure con le quali i ricorrenti avevano prospettato l’illegittimità dell’impugnato decreto per difetto di motivazione, in ragione della natura di atto amministrativo generale di tale decreto, con conseguente esclusione dell’obbligo di motivazione ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Peraltro, il Mit evidenziava che il decreto n. 86/2020 recava la seguente specifica motivazione “l’istituzione del registro informatico pubblico nazionale [...] è funzionale all’adempimento anche degli obblighi di cui al citato art. 11, comma 4 e, che pertanto, ai sensi del comma 6 del medesimo art. 10-bis, la piena operatività del registro è subordinata all’adozione del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’interno, relativo alle specifiche del foglio di servizio in formato elettronico”.

Il gravato decreto, quindi, sarebbe stato adottato con lo scopo di contrastare l’esercizio abusivo dell’attività di NCC, richiedendo ciò un penetrante controllo dell’attività degli operatori del settore, suscettibile di essere realizzato solo attraverso il ricorso a strumenti efficaci, quale il foglio di servizio in formato elettronico, idonei ad essere facilmente collegati con il Registro.

2.3. Con memoria depositata in data 22 settembre 2023 i ricorrenti controdeducevano alle eccezioni di rito sollevate dal Mit e instavano per l’accoglimento del gravame.

2.4. Alla udienza pubblica del 25 ottobre 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.

2.5. La Sezione, con ordinanza n. 18948 del 14 dicembre 2023, formulava al Mit una richiesta di chiarimenti sui fatti di causa atteso che, a prescindere da quanto riferito dal Ministero con la memoria del 2 maggio 2020, il decreto recante le specifiche del foglio di servizio in formato elettronico non risultava essere stato ancora adottato.

La Sezione, in particolare, chiedeva di indicare anche: i) le specifiche ragioni per le quali “la mera istituzione del registro si sarebbe concretizzata esclusivamente in un aggravio per le imprese del settore” (cfr. memoria del Mit del 2 maggio 2020); ii) in quali termini e secondo quali modalità sarebbe stato possibile “collegare il registro al foglio di servizio elettronico” (cfr. memoria del Mit del 2 maggio 2020).

2.6. Il Mit, in adempimento del predetto incombente istruttorio, depositava la nota del 15 febbraio 2024.

In particolare, il Ministero resistente con tale nota – dopo aver ricordato che con l’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018 erano stati individuati alcuni specifici interventi con l’obiettivo di realizzare un riordino complessivo della disciplina del trasporto pubblico non di linea di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21, tra i quali l’istituzione del Registro e la definizione delle specifiche del Foglio – evidenziava che con il gravato provvedimento era stato disposto che l’efficacia del d.m. 19 febbraio 2020 (ossia, il decreto istitutivo del Registro) decorresse a partire dall’entrata in vigore del decreto recante la disciplina delle modalità di utilizzo del foglio di servizio in formato elettronico.

Il Mit, inoltre, evidenziava che nel mese di luglio dell’anno 2023 erano state convocate le associazioni di categoria in rappresentanza degli operatori di taxi e di NCC con “l’intendimento di dotare il settore del trasporto pubblico non di linea di una regolamentazione che favorisca maggiormente la libera concorrenza e tuteli gli operatori del comparto dai fenomeni di concorrenza sleale”.

Il Ministero resistente, altresì, ricordava che il legislatore, con l’art. 3 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136, era intervenuto sulla disciplina delle licenze per i taxi, al fine di accrescere l’offerta dei relativi servizi.

Il Mit, infine, rappresentava che in data 8 febbraio 2024 si era tenuto un incontro tra i rappresentanti del Ministero e i rappresentanti delle associazioni degli autoservizi pubblici non di linea (taxi e NCC) al fine di “concertare le soluzioni più appropriate alle problematiche in essere”.

2.7. All’udienza pubblica del 6 marzo 2024 la causa veniva discussa e poi trattenuta in decisione.

3. Il Collegio, in via preliminare, ritiene di dover procedere all’esame delle eccezioni di rito sollevate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, segnatamente l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’associazione F.A.I. e l’eccezione di difetto di interesse del ricorrente persona fisica.

Tali eccezioni non risultano meritevoli di pregio per le seguenti ragioni di diritto.

3.1. Il Ministero resistente ha innanzitutto eccepito il difetto di legittimazione attiva dell’associazione di categoria F.A.I. assumendo che l’interesse dalla stessa dedotto in giudizio sia strumentale a che si realizzi la condizione prevista dalla legge (art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135/2018), ossia che il Registro diventi operativo, per far cessare il regime di moratoria e consentire agli operatori interessati di chiedere il rilascio di nuove autorizzazioni per lo svolgimento dell’attività di NCC.

Secondo la prospettazione del Mit, il perseguimento di tale interesse – il cui soddisfacimento condurrebbe all’apertura del mercato a nuovi operatori – si porrebbe in contrasto con quello degli operatori che sono già titolari di un’autorizzazione ad erogare il servizio di NCC, i quali, per tale ragione, non avrebbero interesse all’ampliamento della platea dei concorrenti.

3.1.1. Ad avviso del Collegio l’assunto sul quale si fonda l’eccezione sollevata dal Mit risulta in parte indimostrato e, in parte, erroneo, con la conseguenza che l’eccezione stessa non è meritevole di accoglimento.

3.1.2. In primo luogo, giova evidenziare che non consta agli atti di causa che all’interno della base associativa della ricorrente F.A.I. vi siano posizioni contrastanti sulle questioni poste all’esame del Collegio, anche relativamente all’interesse a superare il regime di moratoria legale al rilascio di nuove autorizzazioni per lo svolgimento dell’attività di NCC per effetto dell’annullamento del gravato decreto ministeriale.

Ciò assume pregnante rilievo sulla scorta di quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa che, dopo aver evidenziato che un’eventuale situazione conflittuale “non può essere desunta dall’esistenza di posizioni differenziate all’interno della medesima categoria di operatori economici o professionali, quando ad intervenire nel giudizio amministrativo non sia un ente preposto alla rappresentanza istituzionale di quest’ultima” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 8 del 21 maggio 2019), ha anche rilevato che per le associazioni di imprese il potere rappresentativo trae origine dal contratto istitutivo dell’ente collettivo.

Di conseguenza, sulla scorta di tale consolidato orientamento pretorio, il potere rappresentativo delle associazioni di imprese è limitato ai soli soggetti che hanno liberamente deciso di iscriversi e, quindi, il requisito dell’omogeneità dell’interesse fatto valere in giudizio deve essere necessariamente apprezzato nell’ambito della sola base associativa e non, invece, tenendo conto dell’intera categoria degli operatori economici attivi nel settore economico di riferimento.

3.1.3. Orbene, con riferimento alla base associativa della ricorrente F.A.I., resta del tutto indimostrato che l’interesse dedotto in giudizio da tale associazione dia luogo a una situazione conflittuale rispetto agli interessi vantati dai soggetti associati. Tale profilo potrà apprezzarsi meglio nel corso della trattazione, in quanto risulta correlato all’effettiva portata del rilascio di nuove autorizzazioni sull’organizzazione, gestione e svolgimento dell’attività di noleggio con conducente (vid. infra sub §.3.1.4 e ss.).

Peraltro, nel caso di specie, sulla scorta dei compiti statutari della F.A.I., per come enunciati dall’art. 3 dello statuto associativo (doc. 3 della produzione di parte ricorrente), può affermarsi che la presente iniziativa giudiziale rientra nei limiti delle finalità statutarie dell’associazione ricorrente, in quanto gli effetti del gravato provvedimento incidono negativamente e in maniera diretta sui suoi scopi istituzionali, tra i quali figura anche la rimozione degli ostacoli (nella specie regolamentari) all’esercizio dell’attività di NCC.

3.1.4. In secondo luogo, l’eccezione sollevata dal Mit risulta altresì fondata su un assunto erroneo, in quanto il rilascio di nuove autorizzazioni non mira esclusivamente ad ampliare il numero degli operatori titolati ad erogare il servizio di NCC – ossia, non è limitata a consentire ai newcomer di fare ingresso nel mercato – ma è anche funzionale a consentire un ampliamento, ovvero un potenziamento, dell’attività d’impresa degli operatori economici già attivi nel mercato.

3.1.5. Più in particolare, l’erroneità dell’assunto sul quale si fonda l’eccezione del Ministero resistente si ricava direttamente dalle previsioni normative che disciplinano il servizio di NCC.

L’art. 8, comma 2, della legge 15 gennaio 1992, n. 21, infatti, stabilisce espressamente quanto segue “[…] È invece ammesso il cumulo, in capo ad un medesimo soggetto, di più autorizzazioni per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente […]”.

3.1.6. Per tali ragioni, quindi, non può ritenersi che costituisca indefettibile interesse dell’intera base associativa dell’associazione di categoria F.A.I. evitare l’operatività del Registro al fine di mantenere lo status quo per ciò che concerne la moratoria al rilascio delle nuove autorizzazioni, in quanto pur potendosi postulare, per un verso, che gli operatori di NCC già presenti nel mercato non abbiano interesse a veder accrescere i restraint concorrenziali, per l’altro non può certamente affermarsi che detti operatori non abbiano interesse ad ampliare la loro attività imprenditoriale, anche tenuto conto delle possibilità di differenziazione dell’offerta in funzione della tipologia di veicolo da impiegare – quantomeno con riguardo ad autovetture, motocarrozzette e veicoli a trazione animale, come previsto dall’art. 1, comma 2, della legge n. 21/1992 – nonché di quelle relative ad un eventuale potenziamento del servizio sul territorio – la legge, invero, prevede che l’autorizzazione per l’esercizio del servizio di NCC riguarda esclusivamente un singolo veicolo o natante (art. 8, comma 2, della legge n. 21/1992) –.

3.2. Ad avviso del Collegio, sulla scorta delle medesime ragioni da ultimo riportate, neppure risulta fondata l’eccezione di difetto di interesse a ricorrere del ricorrente persona fisica titolare della omonima impresa individuale esercente l’attività di noleggio con conducente.

Invero, mediante l’annullamento del gravato decreto ministeriale il Registro diverrebbe operativo e cesserebbe la moratoria normativa sul rilascio delle nuove autorizzazioni; ciò potrebbe senz’altro avvantaggiare anche l’attività svolta dall’impresa individuale di cui è titolare l’anzidetta parte ricorrente. Essa, infatti, ancorché già possegga un’autorizzazione che le consente di svolgere l’attività di NCC, potrebbe nondimeno avere interesse ad un ampliamento della propria attività, anche differenziando ovvero potenziando l’offerta del servizio con il fine di raggiungere una utenza potenziale più ampia.

Ancorché si tratti di scelte rientranti nella sfera di autonomia privata, le stesse risultano pienamente compatibili con l’esercizio di un’impresa, che sulla base dei consolidati dettami microeconomici risulta naturalmente teso alla massimizzazione del profitto.

4. Il Collegio, passando all’esame del merito del ricorso, ritiene che lo stesso sia meritevole di favorevole considerazione e, quindi, debba essere accolto.

5. Il Collegio ritiene opportuno riepilogare brevemente i termini della vicenda contenziosa per cui è causa.

5.1. Come esposto in precedenza, l’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018 ha previsto l’istituzione, ad opera di un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un registro informatico delle imprese esercenti i servizi di taxi e noleggio con conducente (comma 3), disponendo unicamente per quest’ultima categoria di operatori economici una moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni fino alla piena operatività del Registro (comma 6).

5.2. L’efficacia del decreto istitutivo del Registro, adottato in data 19 febbraio 2020, è stata immediatamente sospesa dal Mit con un successivo decreto del 20 febbraio 2020, oggetto di impugnazione nel presente giudizio.

5.3. Secondo quanto riportato dal Mit nel gravato decreto n. 86 del 20 febbraio 2020, la ragione della sospensione del decreto ministeriale del 19 febbraio 2020 è da riconnettere alla circostanza per cui l’istituzione del Registro risulta funzionale anche all’assolvimento degli obblighi previsti dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992, come modificato dall’art. 10-bis, comma 1, lett. e), del citato d.l. n. 135/2018, nella parte in cui prevede che le specifiche del foglio di servizio elettronico dovranno essere stabilite in uno specifico decreto del Mit, da adottare di concerto con il Ministero dell’interno.

A tale ultimo riguardo, infatti, la motivazione posta dal Mit a fondamento del decreto ministeriale oggetto di impugnazione reca il seguente passaggio giustificativo “ai sensi del comma 6 del medesimo art. 10-bis, la piena operatività del predetto registro è subordinata all’adozione del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’interno, relativo alle specifiche del foglio di servizio in formato elettronico”.

5.4. Il decreto istitutivo del Foglio, tuttavia, non risulta essere stato ancora adottato.

Ciò trova conferma anche osservando che il Mit, con la nota depositata in data 15 febbraio 2024 in adempimento dell’incombente istruttorio disposto dalla Sezione con la richiamata ordinanza n. 18948/2023, non ha dato conto della eventuale adozione di tale decreto, ancorché la richiesta di chiarimenti formulata lite pendente inerisse non solo a tutti i fatti di causa, ma anche specificamente alle modalità di collegamento tra Registro e Foglio. Pertanto, laddove il decreto recante le specifiche tecniche di attuazione del foglio di servizio in formato elettronico fosse stato adottato, il Mit ne avrebbe sicuramente informato il Collegio all’atto di fornire i chiarimenti richiesti.

6. Riepilogata brevemente la vicenda per cui è causa nei termini sin qui esposti, il Collegio ritiene fondato il primo motivo di ricorso, in quanto il Ministero resistente ha adottato il decreto oggetto di impugnazione in violazione dell’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018, nonché falsamente applicando e/o interpretando l’art. 11, comma 4 della legge n. 21/1992, così come contestato dai ricorrenti.

Il vizio di legittimità che inficia l’operato provvedimentale dell’amministrazione ministeriale resistente, invero, emerge e si riverbera anche nella motivazione posta a fondamento del gravato provvedimento che, nel ritenere l’istituzione del Registro funzionale all’assolvimento degli obblighi previsti dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992 e nel condizionare l’operatività del Registro all’adozione del decreto ministeriale relativo alle specifiche del Foglio, risulta errata e carente, profilo anch’esso specificamente contestato dai ricorrenti.

6.1. Il Collegio ritiene che il Ministero resistente, con l’adozione dell’impugnato decreto ministeriale n. 86 del 20 febbraio 2020, abbia illegittimamente sospeso l’operatività del Registro, dopo averlo istituito con il decreto ministeriale n. 4 del 19 febbraio 2020, atteso che, sul piano normativo, la normativa applicabile ratione materiae non ne subordinava l’efficacia all’adozione del decreto ministeriale relativo alle specifiche del foglio di servizio in formato elettronico previsto per lo svolgimento del servizio di NCC.

6.2. Ciò emerge, con piana evidenza, dal dato testuale delle previsioni normative applicabili alla fattispecie in esame.

Depongono in tal senso, in particolare, i seguenti dati normativi:

- l’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018 stabilisce che l’istituzione del Registro sarebbe dovuta intervenire entro un anno dalla data di entrata in vigore di tale decreto-legge (che l’art. 12 fissa nel giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana);

- sempre l’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2010 stabilisce, sul piano operativo, che “con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono individuate le specifiche tecniche di attuazione e le modalità con le quali le predette imprese [ossia, quelle titolari di licenza per l’erogazione del servizio di taxi e quelle titolari di autorizzazione per l’erogazione del servizio di NCC, n.d.r.] dovranno registrarsi”. Emerge, dunque, come il legislatore abbia espressamente previsto l’adozione, da parte del Mit, di un decreto ad hoc per disciplinare le specifiche tecniche di attuazione del Registro. Si tratta, invero, di un decreto ministeriale differente dal decreto contemplato dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1999 sia per ciò che concerne l’oggetto della disciplina, sia per ragioni di carattere normativo. Sotto il primo profilo è sufficiente evidenziare che il decreto di cui all’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018 attiene esclusivamente all’attuazione del Registro e alle modalità di registrazione delle imprese tenute ad iscriversi, mentre il decreto di cui all’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992 riguarda le specifiche tecniche del foglio di servizio in formato elettronico. Con riferimento, invece, al piano normativo, mentre le previsioni normative che riguardano il decreto attuativo del Registro sono contenute nello stesso comma 3 dell’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018, quelle relative al decreto ministeriale riguardante il foglio di servizio in formato elettronico sono dettate sia dall’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018, ma ai commi 1, lett. e) e 2, sia dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992;

- l’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992 – introdotto, peraltro, proprio in forza della modifica normativa di cui all’art. 10-bis, comma 1, lett. e), del d.l. n. 135/2018 – non subordina affatto l’operatività del Registro all’adozione del decreto ministeriale relativo alle specifiche tecniche del Foglio, come erroneamente ritenuto dal Ministero resistente. Ciò, in particolare, risulta dal fatto che il legislatore ha espressamente previsto quanto segue “Fino all’adozione del decreto di cui al presente comma, il foglio di servizio elettronico è sostituito da una versione cartacea dello stesso, caratterizzata da numerazione progressiva delle singole pagine da compilare, avente i medesimi contenuti previsti per quello in formato elettronico, da tenere in originale a bordo del veicolo per un periodo non inferiore a quindici giorni, per essere esibito agli organi di controllo, con copia conforme depositata in rimessa”;

- l’art. 10-bis, comma 2, del d.l. n. 135/2018 prevede invece che “Il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’interno, di cui all’articolo 11, comma 4, della legge 15 gennaio 1992, n. 21, come modificato dal comma 1, lettera e), del presente articolo, è adottato entro il 30 giugno 2019”. Si tratta, invero, di una norma che si limita a individuare il termine di adozione del decreto ministeriale relativo alle specifiche tecniche del foglio di servizio in formato elettronico, senza assumere alcun ruolo di raccordo ovvero di coordinamento con quanto previsto dall’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018 in merito alla istituzione del Registro e all’introduzione delle specifiche tecniche di attuazione dello stesso.

6.2.1. Tale ultimo dato normativo, ad avviso del Collegio, assume valenza dirimente ai fini del vaglio di legittimità dell’operato provvedimentale del Ministero resistente (che risulta negativo), in quanto laddove il legislatore avesse effettivamente voluto subordinare l’operatività del Registro all’adozione del decreto recante le specifiche tecniche del foglio di servizio in formato elettronico l’avrebbe innanzitutto espressamente previsto e, comunque, avrebbe ben potuto coordinare diversamente l’efficacia dei plurimi decreti ministeriali in questione, in quanto gli stessi sono stati previsti uno actu, essendo tutti contemplati dall’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018 che, sul punto e come più volte evidenziato, ha modificato in parte qua l’art. 11 della legge n. 21/1992.

Per converso, con specifico riguardo al periodo transitorio, il legislatore ha optato per l’introduzione di uno strumento assimilabile quoad effectum al foglio di servizio in formato elettronico, dettagliando in maniera analitica gli obblighi di tenuta dello stesso da parte degli operatori esercenti il servizio di NCC.

Laddove lo strumento del foglio di servizio in formato elettronico fosse stato indispensabile per l’operatività del Registro, di certo il legislatore non avrebbe previsto l’introduzione di uno strumento alternativo di portata transeunte e si sarebbe sicuramente premurato di evidenziare quell’asserito nesso di correlazione tecnica tra Foglio e Registro che il Ministero ha erroneamente inteso porre a fondamento del gravato decreto di sospensione dell’efficacia del decreto ministeriale istitutivo dell’archivio informatico pubblico nazionale. Di tale correlazione, tecnica e/o funzionale, tuttavia non v’è alcuna traccia nelle previsioni normative applicabili ratione materiae.

6.3. Pertanto, alla luce dei dati normativi testé riportati e delle considerazioni inerenti all’impianto legislativo di copertura dell’operato provvedimentale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il gravato decreto n. 86/2020 risulta illegittimo, stante la violazione dell’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018 e la erronea applicazione e/o interpretazione del disposto di cui all’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992.

6.4. Conferma, altresì, il carattere illegittimo dell’impugnato decreto anche la motivazione posta a fondamento dello stesso – nella quale ridonda il vizio di violazione di legge che inficia l’operato ministeriale – in quanto dalla stessa emerge chiaramente come il Ministero resistente abbia falsamente interpretato le previsioni normative appena richiamate, introducendo una condizione di efficacia del decreto istitutivo del Registro – e, dunque, della stessa operativa di tale registro – non prevista dalla legge.

6.5. L’illegittimo operato ministeriale ha spiegato una efficacia pregiudizievole nella sfera giuridica dei ricorrenti, determinando in sostanza, alla luce del complessivo impianto normativo – e, segnatamente, del combinato disposto dei commi 3 e 6 dell’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018 – una estensione indebita e ad libitum del periodo di moratoria legale relativo al rilascio di nuove autorizzazioni per lo svolgimento dell’attività di NCC.

7. Giova, inoltre, considerare che il Ministero resistente, nel corso del presente giudizio – e, segnatamente, con la memoria depositata in data 2 maggio 2020 – ha affermato che la ratio che permea il decreto impugnato è quella di disporre di uno strumento efficace di contrasto all’esercizio abusivo dell’attività di NCC, ritenendo che la stessa possa concretamente essere controllata solo con l’utilizzo, da parte dei vettori, del foglio di servizio in formato elettronico, trattandosi di uno strumento agevolmente collegabile con il Registro e con i dati in esso contenuti.

Ad avviso del Collegio, tuttavia, la prospettazione ministeriale non risulta meritevole di pregio per più ordini di motivi e non può, dunque, valere a giustificare la legittimità del decreto oggetto di impugnazione.

7.1. Sotto un primo profilo, va rilevato che il d.l. n. 135/2018 ha introdotto un complesso di misure volte a conferire un nuovo assetto all’attività di noleggio con conducente, tra le quali rientrano sia il registro informatico pubblico nazionale di cui al comma 3, sia il foglio di servizio in formato elettronico di cui al comma 1, lett. e), che ha novellato l’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992, sia ancora le previsioni in materia di attività delle piattaforme tecnologiche di intermediazione dei servizi pubblici di trasporto non di linea di cui al comma 8.

7.1.1. Come già ampiamente osservato in precedenza, se il legislatore avesse inteso subordinare la piena operatività del Registro – con effetti anche in ordine alla cessazione del regime di moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni – alla coordinata adozione del complesso di tali misure lo avrebbe disposto espressamente.

Al contrario, l’unica condizione esplicitamente posta dal legislatore alla piena operatività del Registro, in quanto direttamente ricavabile dal dato normativo, è data dall’adozione del decreto ministeriale di cui all’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2010, con il quale il Mit è tenuto a individuare le specifiche tecniche di attuazione del Registro, nonché le modalità di registrazione che devono essere osservate dalle imprese destinatarie dell’obbligo di iscrizioni (ovverosia, quelle che erogano i servizi di taxi e di NCC).

7.2. Il Collegio ritiene, sotto altro profilo, che quanto affermato dal Ministero resistente in corso di causa – oltre a costituire una inammissibile integrazione postuma della motivazione posta a fondamento del decreto impugnato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 5401 del 19 luglio 2021; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 2001 del 9 marzo 2021; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 4038 del 24 giugno 2020; Cons. Stato, sez. II, sent. n. 3909 del 18 giugno 2020; Cons. Stato, sez. II, sent. n. 2860 del 6 maggio 2020), per il quale, diversamente da quanto sostenuto dalla Avvocatura erariale, il disposto dell’articolo 3, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 non esclude in termini assoluti l’obbligo di motivazione, atteso che la giurisprudenza amministrativa ha chiarito i termini in cui tale obbligo si applica agli atti normativi e a quelli a contenuto generale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 3475 del 3 maggio 2021) – debba essere esaminato alla luce di una recente pronuncia resa dalla Corte costituzionale sulla legittimità costituzionale di alcuni commi dell’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018.

7.2.1. In particolare, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 56 del 1° aprile 2020, ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018 relativamente al comma 1, lett. e) – previsione che, come già evidenziato, ha sostituito il secondo periodo del comma 4 dell’art. 11 della legge n. 21/1992 – nonché ai commi 1, lett. f), e 9.

Più precisamente, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime le previsioni che obbligavano gli operatori del servizio di NCC a rientrare sempre in rimessa prima di cominciare una nuova prestazione. È stato all’uopo ritenuto che tale obbligo di rientro avrebbe comportato un aggravio organizzativo e gestionale per gli operatori del settore non solo irragionevole, ma anche non proporzionato rispetto all’obiettivo di assicurare che il servizio di NCC sia rivolto a un’utenza specifica e non indifferenziata.

7.2.2. La Corte costituzionale, per ciò che più rileva ai fini del presente giudizio, dopo aver riconosciuto in via generale che “l’estrema facilità con cui possono essere commessi abusi nel settore del trasporto pubblico locale non di linea e, per converso, l’estrema difficoltà dei controlli […] giustificano l’adozione di misure rigorose dirette a prevenire la possibilità di abusi”, ha più specificamente evidenziato come “l’obbligo di ricevere le richieste di prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede […] e l’obbligo di compilare e tenere un ‘foglio di servizio’ […] costituiscono misure non irragionevoli e non sproporzionate”.

7.3. Pertanto, se è vero che anche la Corte costituzionale ha riconosciuto che il settore del trasporto pubblico locale non di linea si caratterizza per la presenza di uno iato tra la facilità nel commettere eventuali abusi e la difficoltà di eseguire gli opportuni controlli con il fine di individuare e reprimere le condotte vietate, è del pari vero che il carattere non irragionevole e non sproporzionato delle misure di prevenzione introdotte dal legislatore è stato riconosciuto in via generale, inter alia, con riguardo agli obblighi compilativi e di tenuta del foglio di servizio – e non, invece, all’adozione tout court di un foglio di servizio in formato elettronico –.

7.4. Dalla posizione assunta dalla Corte costituzionale nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018 possono trarsi ulteriori elementi utili a corroborare l’equivalenza funzionale del transeunte strumento del foglio di servizio cartaceo rispetto a quello, di futura ma stabile introduzione, del foglio di servizio in formato elettronico.

7.5. Ne discende, quindi, come la ratio che il Ministero resistente ha trattato di assegnare all’impugnato decreto ministeriale ne esacerba il carattere illegittimo, in quanto pone in luce come la sospensione dell’efficacia del decreto ministeriale istitutivo del Registro sia stata disposta elevando strumentalmente uno dei nuovi meccanismi di contrasto all’abusivismo, nella sua esclusiva vertente elettronica, a condicio sine qua non della piena operatività del registro informatico pubblico nazionale di cui all’art. 10-bis, comma 3, del d.l. n. 135/2018.

Quindi, la scelta operata dal Ministero resistente in sede di attuazione della disciplina primaria, lo si ribadisce, non trova alcun riscontro nel dato normativo, né può essere giustificata in via esegetica, nei termini prospettati dal Mit nel corso del presente giudizio, sulla scorta del complessivo impianto normativo desumibile dall’art. 10-bis del d.l. n. 135/2018, tenuto peraltro conto delle univoche indicazioni ritraibili dalla sentenza n. 56/2020 della Corte costituzionale.

7.5.1. Peraltro, pur volendo teoricamente assumere (quod non) che lo strumento del foglio di servizio in formato elettronico abbia originariamente potuto costituire un fattore differenziale nella lotta all’abusivismo – ossia, in vigenza dell’obbligo, per gli operatori del servizio di NCC, di rientrare in rimessa prima di effettuare un nuovo servizio – successivamente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale delle previsioni normative che avevano introdotto tale obbligo, non può più essere in alcun modo sostenuto che il foglio di servizio in formato elettronico costituisca, ai fini del contrasto alle condotte abusive, un presidio superiore al foglio di servizio cartaceo.

Di conseguenza, risulta del tutto ingiustificato che il Ministero, a fronte dell’intervenuto mutamento del quadro normativo di riferimento, abbia comunque tenuto ferma la sospensione dell’efficacia del decreto ministeriale n. 4/2020, vieppiù considerando che ciò ha comportato un indebito prolungamento della fase di moratoria legale al rilascio di nuove autorizzazioni, che il legislatore aveva invece fissato in un solo anno, giusto quanto previsto dall’art. 10-bis, comma 6, del d.l. n. 135/2018, in combinato disposto con il comma 3, nel quale è stato espressamente stabilito che l’istituzione del Registro sarebbe dovuta avvenire entro un anno dalla entrata in vigore di tale decreto-legge.

7.6. Il Collegio evidenzia, inoltre, come a fronte di un dato normativo chiaro nel non riconnettere ovvero subordinare l’operatività del Registro all’adozione del decreto sulle specifiche tecniche del Foglio, il Ministero resistente non abbia in alcun modo chiarito in che misura (solo) il foglio di servizio in formato elettronico sia “agevolmente collegabile con il registro e con i dati in esso contenuti”, pur risultando ciò rilevante a supportare la propria prospettazione difensiva, nonché strumentale a dimostrare la fondatezza delle asserzioni formulate in ordine alla ratio sottesa al gravato decreto ministeriale.

7.6.1. In proposito, vale innanzitutto evidenziare che il Registro e il Foglio costituiscono due strumenti che assolvono funzioni diverse tra loro, in quanto il Foglio consente di verificare la liceità dell’attività svolta dagli operatori nell’erogazione di un singolo servizio di NCC, mentre il Registro è funzionale ad assicurare la regolarità della posizione degli esercenti.

7.6.2. Giova, poi, rilevare che la Corte costituzionale, con l’anzidetta sentenza n. 56/2020, ha ritenuto non irragionevole la moratoria al rilascio di nuove autorizzazione unicamente in considerazione del suo atteggiarsi quale misura circoscritta al “tempo tecnico strettamente necessario ad adottare in concreto il nuovo registro”.

Più in dettaglio, la Corte costituzionale ha affermato che “Nemmeno la censurata previsione del comma 6 dell’art. 10-bis, che vieta temporaneamente il rilascio di nuove autorizzazioni per il servizio di NCC fino alla piena operatività del registro informatico pubblico nazionale delle imprese del settore, introdotto al comma 3 dello stesso art. 10-bis, risulta superare gli indicati limiti. Essa è giustificata da ragioni di opportunità, avendo il fine di bloccare il numero delle imprese operanti nel settore per il tempo tecnico strettamente necessario ad adottare in concreto il nuovo registro”.

7.6.3. Tuttavia, lungi dal restare confinato nei precisi limiti della cornice temporale individuata dal legislatore, la moratoria si è indebitamente protratta (e continua tuttora a protrarsi) per circa 5 anni, con conseguente illegittima compressione della libertà di iniziativa economica – sub specie di organizzazione e gestione del servizio – degli operatori economici attivi nel mercato dei servizi di NCC.

7.6.4. Infine, il Collegio evidenzia come il Ministero resistente si sia limitato solo parzialmente ad adempiere all’incombente istruttorio disposto dalla Sezione con l’ordinanza n. 18948/2023, in quanto non sono stati forniti gli specifici chiarimenti richiesti in ordine alla circostanza per cui l’istituzione del Registro avrebbe comportato un aggravio per le imprese del settore, nonché ai termini e alle modalità con le quali sarebbe stato possibile collegare il Registro al foglio di servizio in formato elettronico.

Il Collegio, da tale condotta processuale, ritiene di poter desumere, ai sensi dell’art. 64, comma 4, c.p.a. e tenuto conto di tutte le considerazioni sin qui esposte, argomenti di prova atti a corroborare ulteriormente l’illegittimità dell’operato ministeriale.

Pertanto, a fronte di tale contegno processuale risultano destituite di fondamento le tesi difensive propugnate nel corso del presente giudizio per dimostrare l’asserita correttezza dell’agere amministrativo ministeriale di cui si tratta, non essendo state chiarite le presunte ragioni tecniche sulle quali le stesse si fondano.

8. Il Collegio ritiene che anche il secondo motivo di ricorso sia meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni di diritto.

8.1. In particolare, con tale mezzo di gravame i ricorrenti hanno contestato la legittimità del gravato decreto ministeriale n. 86/2020 per “Violazione di legge con riferimento all’art. 41 e all’art. 4 Cost.”.

Più in dettaglio, i ricorrenti hanno lamentato che il Ministero resistente, con l’adozione dell’impugnato decreto, abbia illegittimamente protratto il regime di moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni, introducendo un vincolo alla libertà di iniziativa economica delle imprese del settore che non trova giustificazione alcuna in ragioni di utilità sociale. Secondo la prospettazione dei ricorrenti, la sospensione dell’efficacia del decreto ministeriale n. 4/2020 risulterebbe illegittima in quanto priva di giustificazione, sproporzionata e, dunque, in contrasto con gli artt. 4 e 41 della Costituzione.

8.2. Al Collegio preme innanzitutto evidenziare che laddove le disposizioni dei regolamenti e degli atti amministrativi generali si pongano in contrasto con le norme costituzionali, le stesse risulteranno illegittime per violazione di legge ex art. 21-octies, comma 1, della legge n. 241/1990. Ciò in ossequio al principio di legalità, essendo pacifico che il riferimento alla legge contenuto nell’art. 21-octies, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo debba essere interpretato in senso ampio, comprensivo quindi non solo della legge ordinaria, ma anche e prima di tutto delle fonti di rango costituzionale, come peraltro ribadito in un recente precedente di questa Sezione (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, sent. n. 7222 del 27 aprile 2023, passata in giudicato).

8.2.1. Ciò, in ogni caso, trova un diretto riscontro nella giurisprudenza costituzionale, atteso che la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che “Il pieno esplicarsi della garanzia della Costituzione nel sistema delle fonti […] non è comunque pregiudicato dall’anzidetta limitazione della giurisdizione del giudice costituzionale. La garanzia è normalmente da ricercare, volta a volta, a seconda dei casi, o nella questione di costituzionalità sulla legge abilitante il Governo all’adozione del regolamento, ove il vizio sia a essa riconducibile (per avere, in ipotesi, posto principi incostituzionali o per aver omesso di porre principi in materie che costituzionalmente li richiedono); o nel controllo di legittimità sul regolamento, nell’ambito dei poteri spettanti ai giudici ordinari o amministrativi, ove il vizio sia proprio ed esclusivo del regolamento stesso” (cfr. C. cost., sent. n. 427/2000).

8.3. Quanto al merito delle censure proposte con il secondo motivo di gravame, il Collegio ritiene che le stesse siano fondate per ciò che concerne la prospettata violazione dell’art. 41, comma 1, della Costituzione ad opera del gravato decreto ministeriale.

8.4. Vale innanzitutto evidenziare che, in termini generali, è stato affermato che la libertà di iniziativa economica, come enuncia il primo comma dell’art. 41 Cost., è “oggetto di una libertà garantita, nella cui protezione si esprime, quale principio generale di ispirazione liberista, la tutela costituzionale dell’attività d’impresa, pur nel rispetto dell’«utilità sociale» con cui non può essere in contrasto” (cfr. C. cost., sent. n. 113/2022).

Le possibili limitazioni di tale libertà devono avere una base legale, stante la regola della riserva di legge nel campo delle private libertà nella materia economica (cfr. C. cost., sent. n. 40/1964), ed essere il risultato di un bilanciamento tra lo svolgimento dell’iniziativa economica privata e la salvaguardia dell’utilità sociale, da effettuare, in ogni caso, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3, comma 1, Cost.

Come chiarito dalla Corte costituzionale si tratta di una “«complessa operazione di bilanciamento» per la quale vengono in evidenza «il contesto sociale ed economico di riferimento», «le esigenze generali del mercato in cui si realizza la libertà di impresa», nonché «le legittime aspettative degli operatori»” (cfr. C. cost., sent. n. 218/2021).

Oltretutto, se da un lato è stato affermato che “non è configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all’utilità sociale” (cfr. C. cost., sent. n. 218/2021), è stato del pari chiarito che l’individuazione dell’utilità sociale non deve essere arbitraria e gli interventi del legislatore non possono perseguirla con misure palesemente incongrue (cfr., ex multis, C. cost. sentt. nn. 85/2020, 151/2018, 47/2018 e 16/2017) o mediante la previsione di prescrizioni eccessive, tali da “condizionare le scelte imprenditoriali in grado così elevato da indurre sostanzialmente la funzionalizzazione dell’attività economica […], sacrificandone le opzioni di fondo o restringendone in rigidi confini lo spazio e l’oggetto delle stesse scelte organizzative” (cfr. C. cost., sent. n. 548/1990).

8.4.1. Pertanto, così come non è configurabile una lesione della libertà di iniziativa economica privata nel caso in cui l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda a ragioni di utilità sociale (cfr., ex plurimis, C. cost., sentt. nn. 150/2022 e 556/2015), è di contro configurabile una siffatta lesione quando tale libertà viene limitata per ragioni che esulano dal perseguimento dell’utilità sociale.

8.4.2. Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui la misura della sospensione dell’efficacia del decreto ministeriale istitutivo del Registro risulta, in ragione del lasso di tempo trascorso dall’entrata in vigore del d.l. n. 135/2018 e della previsione di una moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni, del tutto sganciata dal soddisfacimento degli interessi della collettività.

Tale misura, invero, appare tesa a perseguire uno scopo di tipo protezionistico, risolvendosi in una misura adottata appannaggio degli interessi economici di una specifica e ben individuata categoria di operatori, attiva in un mercato merceologico contiguo a quello nel quale operano le imprese esercenti il servizio di NCC.

8.4.3. Ad avviso del Collegio, dunque, risulta incongrua, irragionevole e non proporzionata la misura della sospensione del decreto istitutivo del Registro, adottata dal Ministero resistente con l’impugnato decreto ministeriale n. 86/2020.

Ciò in quanto, come più volte sottolineato, all’operatività di tale Registro è collegata la cessazione del regime di moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni per lo svolgimento dell’attività di NCC. Di conseguenza, la protrazione di tale regime per un periodo di gran lunga superiore a quello originariamente previsto dal legislatore (cinque anni a fronte di uno) e senza che vi siano valide ragioni, neppure di ordine tecnico, che giustifichino il perdurare di tale situazione, rende la misura introdotta dal decreto ministeriale oggetto di impugnazione incongrua, non proporzionata, irragionevole e arbitraria, rendendola completamente sganciata dal perseguimento di un fine di utilità sociale.

Il gravato decreto ministeriale n. 86/2020, in definitiva, risulta illegittimo anche per contrasto con l’art. 41, comma 1, della Costituzione, essendosi risolto nella introduzione di un limite ingiustificato, non proporzionato, irragionevole, incongruo e arbitrario all’esercizio della libertà di iniziativa economica delle imprese esercenti il servizio di NCC, che a causa della situazione di stallo nel rilascio di nuove autorizzazioni hanno subito una ingiustificata compressione delle prerogative correlate al pieno esercizio di tale libertà costituzionale, quantomeno sul versante della autonomia organizzativa e gestionale del servizio da rendere all’utenza.

9. In definitiva, sulla scorta delle precedenti considerazioni il ricorso in esame deve essere accolto, siccome fondato, con conseguente annullamento del decreto del Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 86 del 20 febbraio 2020.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il decreto prot. n. 86 del 20 febbraio 2020 del Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Condanna il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla rifusione delle spese di lite in favore dei ricorrenti, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Sapone, Presidente

Luca Biffaro, Referendario, Estensore

Marco Savi, Referendario

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento sottende il tema del rilascio di nuove autorizzazioni per lo svolgimento del servizio di noleggio con conducente. Il Collegio, in particolare, indugia sugli aspetti processuali e sostanziali afferenti alla legittimità – anche di matrice costituzionale- del decreto n. 86 del 20 febbraio 2020 del Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (“Mit), che, sospendendo l’efficacia del precedente decreto prot. n. 4 del 19 febbraio 2020 emesso dal medesimo Capo Dipartimento, aveva prorogato il momentaneo divieto di nuove licenze per gli NCC.

L’art. 10 bis D.L. 135/2018, infatti, ha stabilito l’istituzione di un registro informatico degli esercenti i servizi di taxi e noleggio con conducenti, statuendo solo per la seconda delle due categorie citate una moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni sino alla piena operatività del Registro. Ebbene, il decreto ministeriale impugnato aveva sospeso proprio il decreto istitutivo del Registro, i.e. d,m. 19 febbraio 2020 n. 4. Il Ministero, in particolare, riteneva che l’efficacia del registro fosse subordinata all’introduzione del foglio di servizio in formato elettronico, non ancora adottato, il che, secondo la prospettazione del Dicastero, inibiva la concessione di nuovi provvedimenti autorizzativi.

Quanto agli aspetti processuali, il TAR osserva, innanzitutto, che, ai fini della legittimazione ad agire di una associazione di NCC, non assume rilievo la circostanza che molti dei componenti della predetta categoria professionale siano favorevoli a una cristallizzazione della platea dei concorrenti e, dunque, al “blocco” delle autorizzazioni. Il potere rappresentativo delle associazioni è limitato ai suoi iscritti e, pertanto, l’elemento dell’omogeneità dell’interesse fatto valere in giudizio deve essere necessariamente apprezzato nell’ambito della sola base associativa e non con riferimento a tutti gli operatori economici della categoria. Nel caso concreto, in specie, non vi erano allegazioni o prove tali da far ritenere sussistente una diversità di vedute nell’ente associativo ricorrente.

Il Giudice soggiunge che può riconoscersi, altresì, l’interesse ad agire in capo alla persona fisica, titolare di una impresa individuale operante nel settore degli NCC, già munita di apposita licenza, poiché potrebbe avere in ogni caso interesse ad ottenere nuovi provvedimenti autorizzativi per poter ampliare la propria offerta e per raggiungere una utenza maggiore.

Quanto ai profili sostanziali, la sentenza evidenzia, dal punto di vista normativo, che l’art. 10 bis D.L. 135/2018 non prevede un nesso tra l’istituzione del Registro e l’introduzione del foglio informatico; il primo, infatti, è funzionale ad assicurare la regolarità della posizione degli esercenti, il secondo, invece, la liceità del singolo “trasporto”. La condizione per il rilascio di nuove autorizzazioni, pertanto, è esclusivamente la creazione del registro e, a tal fine, alcun rilievo assume il foglio in formato elettronico.

Sul versante teleologico, si sottolinea, poi, che il foglio elettronico è surrogabile con l’utilizzo di quello cartaceo, la cui idoneità ad evitare illeciti si evince implicitamente anche dalla sentenza della Corte Costituzionale con sentenza 56 dell’1 aprile 2020. In essa, infatti, il Giudice delle Leggi nel respingere la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 bis D.L. 135/2018, fondata sulla presunta irragionevolezza e sproporzione della misura, ha valorizzato proprio il foglio di servizio cartaceo, riconoscendone di fatto l’adeguatezza rispetto allo scopo: assicurare controlli idonei a reprimere condotte vietate.

Da ciò si desume, dunque, una sostanziale equivalenza tra il foglio elettronico e quello cartaceo.

Alla luce di quanto esposto la moratoria ex d.m. 86/2020 non solo trovava un proprio fondamento nel dato normativo, ma risultava del tutto irragionevole stante la possibilità di coniugare il Registro degli esercenti con il foglio di servizio cartaceo, strumento del tutto equipollente a quello informatico.

È opportuno osservare che la sentenza in oggetto ha statuito la contrarietà dell’atto impugnato non solo alla legge ordinaria, ma anche a quella costituzionale, ravvisando, in particolare, la violazione l’art. 41 Cost.

Il d.m. annullato, infatti, prevedeva una limitazione della libertà di iniziativa economica priva di ragioni di utilità sociale. Il Ministero aveva di fatto introdotto una causa di proroga del diniego al rilascio di nuovi provvedimenti autorizzativi non solo fondata su un requisito, i.e. il foglio in formato elettronico, estraneo alla volontà legislativa, ma anche del tutto sproporzionato e irragionevole, atteso che lo scopo della moratoria, ossia debellare possibili abusi del servizio, poteva e può essere garantito con uno strumento alternativo già attuato dagli esercenti: il foglio cartaceo.