Cons. Stato, Sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4479

La Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno ha effetti diretti nell’ordinamento degli Stati Membri, è self-executing ed è immediatamente applicabile, secondo quanto è stato chiarito sia dalla Corte di Giustizia UE, nella sentenza Promoimpresa del 14 luglio 2016, in C-458/14 e in C-67/15 e, da ultimo, nella sentenza Comune di Ginosa del 20 aprile 2023, in C-348/22, sia dalla giurisprudenza amministrativa, a partire dalle sentenze n. 17 e n.18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria e da ultimo nella sentenza della VII sezione del Consiglio di Stato del 19 marzo 2024, n. 2679.

Tutte le proroghe delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreativa sono illegittime per contrasto con l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE e con l’art. 49 T.F.U.E. e devono essere disapplicate dalla pubblica amministrazione ad ogni livello, compreso quello comunale, poiché introducono una sistematica violazione del diritto dell’Unione.

Il provvedimento concessorio può essere rilasciato solo all’esito di una procedura di gara trasparente, imparziale e non discriminatoria, che preveda un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

In merito alla scarsità della risorsa naturale in questione, in assenza di risultati, ancorché parziali e provvisori, che dimostrino in modo serio e attendibile, sia a livello nazionale che a livello locale, che le spiagge non rappresentino una risorsa scarsa sulla base di criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati e secondo una valutazione non meramente quantitativa ma qualitativa della risorsa, si deve riaffermare la sicura scarsità della spiagge, da cui discende l’applicabilità della previsione di cui all’art. 12 della Dir. 2006/123/CE dato che la scarsità, per le caratteristiche stesse delle concessioni, è da presumersi finché non venga acclarato invece, sulla base di apposita istruttoria e illustrato con specifica motivazione, che il territorio costiero presenti una quantità di spiagge adeguate e sufficienti, nel rispetto dei principi di tutela dell’ambiente e del paesaggio.


 

N. 04479/2024REG.PROV.COLL.

N. 01975/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1975 del 2021, proposto dal Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Laura Astuto e dall’Avvocato Silvestro Lazzari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Andrea Caretto, rappresentato e difeso dall’Avvocato Francesco Vetrò, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Luigi Bellotti Bon, n. 10;
Federbalneari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Federico Massa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l’intervento di

ad adiuvandum rispetto all’appello proposto dal Comune di Lecce:
Comune di Castrignano del Capo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Angelo Vantaggiato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ad opponendum rispetto all’appello proposto dal Comune di Lecce:
Summertime s.a.s. di Robert Van Den Berg, in persona del legale rappresentante pro tempore, A&P s.r.l.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Susanna Ceccovecchi, P.E.M. s.a.s. di Bonaldo Stella & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato Massimo Carlin, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Boldrini Gabriele e C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Vincenzo De Michele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Cooperativa Balnearia Servizi a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Diego De Carolis, dall’Avvocato Eugenio Galassi e dall’Avvocato Carlo Mirabile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comitato Coordinamento Concessionari Demaniali Pertinenziali Italiani, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Bartolo Ravenna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
S.I.B. – Sindacato Italiano Balneari Confcommercio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Antonio Capacchione, dall’Avvocato Maria Alessandra Sandulli, dall’Avvocato Stefania Frandi e dall’Avvocato Bartolo Ravenna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Il Lido s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giovanni Luigi Machiavelli, dall’Avvocato Francesco Cocco Ortu e dall’Avvocato Giulio Steri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Chiarappa Investimenti a r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Francesco Muscatello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Alessandro Manzoni, n. 21;
Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Gianluca Brancadoro, dall’Avvocato Vincenzo Cerulli Irelli, dall’Avvocato Stefania Valeri, dall’Avvocato Alessia Frattale e dall’Avvocato Silvia Felicetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Gianluca Brancadoro in Roma, via Borgognona, n. 47;
Asso.N.A.T. – Associazione Nazionale Approdi e Porti Turistici, in persona del legale rappresentante pro tempore, e Confindustria Nautica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’Avvocato Marco Machetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
CNA Balneatori Puglia e Lidi del Salento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Danilo Lorenzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Alaggi e Vari Rapallo s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Colonia Marina Padri Somaschi di Baraldo Simone, Consorzio Nautica da diporto Rapallo, in persona del legale rappresentante pro tempore, C.A.R.C.O. Consorzio, in persona del legale rappresentante pro tempore, Nautica Sport s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Leu.Do s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Lido Azzurro s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Nautica San Michele di Pagana s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Agenzia Motonautica Ligure s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Ar.Do.Pa. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Matteo Tortarolo, Bianchi Monica e Denicolai Federica s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Valentina Macchiavello, Giorgio Gnecco, La Marinella s.n.c. di Giuseppe Santacroce & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Silvano di Nichel Anna & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Baia dei Sogni – Sambu s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Ariston di Perrone Patrizia & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Tigullio di Gentoso Patrizia & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Pagana di Canestro Lorenzo, Kevin Cussadie, Bagni Bristol s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Vittoria di Mazzadi Franca & C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Tiffany di Ferraresi Paolo e Maurizio & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Stella s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Enrica di Barale Tommaso & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Marinella S.a.s. di Sivori Marina e Graziella & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, Baraonda Beach s.a.s. di Landi Andrea, in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Nini s.a.s. di Gatti Simona, in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Milano di Bertolone Stefano & David s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Mignon & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Gestione Bagni Marini s.n.c. di Boggiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, Alborada Beach s.a.s. di Mauricio Ghiggeri, in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Giovanni di Bogtrstra Rudy & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bardilio s.a.s. di Ghio Massimo & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Sporting s.a.s. di Sanguineti G. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Baia Azzurra s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Albergo Celeste di Repetto Franco, Bagno Sempione s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Tigù Beach di Aries s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Ciccio s.n.c. di Felletti Verenicia, in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Esperia di Perasso e Castagnino Francesca ed Enrico s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Nino di Papi Nadia s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Orchidea di Lucchini Francesca & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni La Secca di Migliaro Claudia & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, Cala Elte s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Motonautica Pagliettini di Pagliettini Pietro, Arcobaleno s.a.s. di Bertucci Angelo & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, Consorzio Ormeggiatori San Michele, in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato Cristina Pozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Martino Barberi, Fedele Bocassini, Donato Gallotta, Massimo Perin, Ginevra s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Casa del Gourmet di Figliomeni Dominick & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, Nautica S. Anna s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Lido Labs s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Bagni Edi s.a.s. di Edgardo Perino, in persona del legale rappresentante pro tempore, Alfreda Fracassini & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocato Alfonso Celotto, dall’Avvocato Massimo Baldini e dall’Avvocato Francesco Paolo Tronca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Francesco Paolo Tronca in Roma, via Lazio, n. 9;
Sabina Cardinali, Bagni Tino di Cardinali Sabina & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, CNA Balneari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocato Roberto Righi e dall’Avvocato Ettore Nesi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Assobalneari Italia – Associazione Imprenditori Turistici Balneari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Pierantonio Lisi, dall’Avvocato Nicolò Maellaro e dall’Avvocato Vito Fabio Colonna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Nicolò Maellaro in Bari, via Calefati, n. 147.

per la riforma

della sentenza n. 73 del 15 gennaio 2021 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. I, resa tra le parti, che ha annullato il diniego di proroga di concessione demaniale per finalità turistico-ricreative, di cui alla delibera n. 342 dell’11 novembre 2020 del Comune di Lecce, emesso nei confronti dell’odierno appellato nonché ricorrente in prime cure, Andrea Caretto.

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

vista la sentenza n. 32559 del 23 novembre 2023 delle Sezioni Unite della Cassazione, che ha annullato la sentenza n. 18 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria, e vista l’ordinanza n. 786 del 9 gennaio 2024 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha annullato la sentenza n. 4072 del 23 maggio 2022;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Andrea Caretto e di Federbalneari e di Cooperativa Balnearia Servizi a r.l.;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 maggio 2024 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per il Comune di Lecce, odierno appellante, l’Avvocato Laura Astuto e l’Avvocato Silvestro Lazzari, per Federbalneari, interventrice ad opponendum, l’Avvocato Ugo De Luca in sostituzione dell’Avvocato Federico Massa, per l’appellato Andrea Caretto l’Avvocato Francesco Vetrò, per Boldrini Gabriele e C. s.n.c., interventrice ad opponendum, l’Avvocato Vincenzo De Michele, per CNA Balneatori Puglia e Lidi del Salento, interventrice ad opponendum, l’Avvocato Danilo Lorenzo, per la Cooperativa Balnearia Servizi a r.l., interventrice ad opponendum, l’Avvocato Giovanni Corbyons per delega dell’Avvocato Diego De Carolis, per Asso.N.A.T. – Associazione Nazionale Approdi e Porti Turistici e per Confindustrina Nautica, interventrici ad opponendum, l’Avvocato Nicola D’Ippolito per delega dell’Avvocato Marco Machetta, per S.I.B. – Sindacato Italiano Balneari Confcommercio, interventore ad opponendum, l’Avvocato Antonio Capacchione, l’Avvocato Maria Alessandra Sandulli e l’Avvocato Stefania Frandi e l’Avvocato Bartolo Ravenna, che rappresenta e difende anche il Comitato Coordinamento Concessionari Demaniali Pertinenziali Italiani, pure esso interventore ad opponendum, per la Regione Abruzzo, interventrice ad opponendum, l’Avvocato Vincenzo Cerulli Irelli, l’Avvocato Stefania Valeri e l’Avvocato Silvia Felicetti e per Assobalneari Italia – Associazione Imprenditori Turistici Balneari, interventrice ad opponendum, l’Avvocato Nicolò Maellaro;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la legittimità del provvedimento adottato dal Comune di Lecce, che nel 2020 ha denegato la proroga della concessione demaniale marittima fino al 2033 in forza dell’allora vigente art. 1, comma 682, della l. n. 145 del 2018 richiesta dall’odierno appellato, Andrea Caretto, titolare di detta concessione, il quale esercita l’attività di stabilimento balneare in Lecce, località Spiaggiabella.

1.1. In prossimità della scadenza del titolo concessorio alla data del 31 dicembre 2020, l’interessato ha infatti proposto una istanza al Comune di Lecce al fine di conseguire la proroga fino al 31 dicembre 2033 ai sensi del già richiamato art. 1, comma 682, della l. n. 145 del 2018.

1.2. Con la delibera n. 342 dell’11 novembre 2020 della Giunta, il Comune di Lecce ha deliberato di esprimere diniego sull’istanza di proroga di cui alla l. n. 145 del 2018 e di rivolgere formale interpello al concessionario al fine di conoscere se lo stesso intendesse avvalersi della facoltà di prosecuzione dell’attività di cui all’art. 182 del d.l. n. 34 del 2020 convertito in l. n. 77 del 2020, con contestuale pagamento del canone per l’anno 2021 oppure, in via alternativa, di non avvalersi di tale facoltà e di accettare una proroga tecnica della concessione per la durata di anni tre.

1.3. In tale delibera, più precisamente, il Comune di Lecce ha previsto:

1. che, nel caso di scelta per la prima opzione, la proroga annuale risulterebbe limitata al titolo concessorio, con l’esclusione pertanto degli aspetti edilizi, attesa la scadenza di quelli in essere alla data del 31 dicembre 2020, ponendosi a carico del concessionario l’obbligo di effettuare monitoraggio delle aree demaniali nei modi e nei tempi previsti dall’art. 17 delle NTA annesse al Piano comunale delle coste – di qui in avanti, per brevità, anche PCC – in via di approvazione.

2. che, nel caso di scelta per la seconda opzione, la proroga tecnica triennale comporterebbe anche il rilascio del titolo edilizio per uguale periodo, il tutto subordinato tuttavia alla formale dichiarazione di rinuncia all’utilizzazione dell’area alla scadenza e fermo restando l’obbligo del monitoraggio dell’erosione dell’area demaniale.

1.4. Alla delibera citata hanno fatto seguito i provvedimenti dirigenziali con cui è stata respinta l’istanza di proroga e l’istanza di annullamento in autotutela della delibera medesima.

2. L’interessato, non avendo espresso preferenza per alcuna delle due opzioni offerte dal Comune e ritenendo di avere diritto alla proroga della concessione fino al 2033 ai sensi della l. n. 145 del 2018, ha proposto ricorso avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale), impugnando la delibera di Giunta succitata nonché i provvedimenti dirigenziali conseguenti, chiedendone l’annullamento in una con la domanda di accertamento del diritto al conseguimento della proroga del titolo, deducendo i motivi di censura che, per la comunanza delle questioni proposte, possono sinteticamente rappresentarsi come segue:

1, 2 e 3: la violazione dell’art. 1, comma 682, della l. n. 145 del 2018 e dell’art. 182, comma 2, della l. n. 77 del 2020 nonché l’eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto, difetto di motivazione e di istruttoria;

4 e 5: la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 90, la violazione dell’art. 12, paragrafi 1 e 2, della Dir. 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 nonché la violazione dell’art. 49 del T.F.U.E. nonché la violazione del legittimo affidamento;

6: la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto vari profili, in particolare con riferimento alla mancata previsione di proroga anche dei titoli edilizi nel caso di scelta per l’opzione n. 1;

7: la violazione della l. n. 241 del 1990 per l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della stessa l. n. 241 del 1990.

2.1. Il ricorrente in prime cure ha chiesto, altresì, l’accertamento del diritto al rilascio della proroga nonché l’accertamento del diritto al mantenimento delle strutture di facile amovibilità.

2.2. Si è costituito nel primo grado del giudizio il Comune di Lecce contestando le avverse deduzioni e chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ovvero, in subordine, pervenirsi alla reiezione dello stesso.

2.3. La Federazione Imprese Balneari ha spiegato nel primo grado del giudizio atto di intervento ad adiuvandum, chiedendo l’accoglimento del ricorso, con vittoria delle spese di lite.

2.4. In sede di memoria conclusiva il Comune di Lecce ha eccepito, altresì, l’inammissibilità dell’atto di intervento ad adiuvandum.

2.5. Con il decreto presidenziale n. 819/2020 è stata accordata tutela cautelare monocratica alla parte ricorrente.

2.6. Alla camera di consiglio del 13 gennaio 2021, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il Presidente del Tribunale ha reso edotte le parti dell’intendimento del Collegio di definire il ricorso nel merito con sentenza ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

3. Infine, con la sentenza n. 73 del 15 gennaio 2021, il Tribunale ha accolto in parte il ricorso, dichiarandolo in parte inammissibile per alcuni limitati profili, non contestati in sede di appello, relativi al termine di validità del permesso di costruire e al mantenimento delle strutture amovibili.

3.1. Secondo il primo giudice, in sintesi, la delibera n. 342 dell’11 novembre 2020 sarebbe illegittima perché adottata in palese violazione della l. n. 145 del 2018 e cioè, a suo dire, l’unica normativa che possa applicarsi nella specie, attesa la prevalenza della legge nazionale sulla Dir. 2006/123/CE, che non sarebbe self-executing e pertanto non sarebbe suscettibile di diretta ed immediata applicazione per difetto dei presupposti, necessitando di apposita normativa nazionale attuativa e di riordino del settore e traducendosi in tal modo la c.d. disapplicazione in evidente mera violazione della legge (disapplicazione in senso assoluto).

3.2. Né potrebbe avere rilevanza in senso contrario la palese violazione da parte dello Stato Italiano degli obblighi derivanti dalla sua adesione al Trattato U.E., atteso che la fattispecie in esame attiene al rapporto Stato/cittadino, diverso e parallelo rispetto al rapporto Stato/Unione europea.

3.3. Dalle ragioni sin qui ricordate ad avviso del Tribunale discenderebbe l’illegittimità degli impugnati provvedimenti sia con riferimento al diniego della proroga ex lege sia con riferimento alla cd. proroga tecnica condizionata, dovendosi conseguentemente accertare e dichiarare il diritto della parte ricorrente di conseguire la proroga del titolo concessorio in essere per la durata prevista dalla l. n. 145 del 2018 e, cioè, fino al 31 dicembre 2033, atteso che il diritto alla proroga risulta direttamente sancito dall’art. 1, commi 682 ss., della stessa l. n. 145 del 2018.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Comune di Lecce, lamentandone l’erroneità per avere essa ritenuto, erroneamente, che la Dir. 2006/123/CE non fosse immediatamente applicabile, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma.

4.1. Si è costituito l’appellato Andrea Caretto per chiedere la reiezione dell’appello.

4.2. Con l’ordinanza n. 1980 del 15 aprile 2021 la V sezione di questo Consiglio di Stato ha respinto la domanda cautelare del Comune appellante.

5. Con il successivo decreto n. 160 del 24 maggio 2021 il Presidente del Consiglio di Stato, nel ritenere che le questioni dibattute nel presente giudizio, come in quello analogo avente R.G. n. 311 del 2011 e pendente avanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, fossero della massima importanza, ai sensi dell’art. 99, comma 2, c.p.a., ha fissato l’udienza del 13 ottobre 2021 avanti alla Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato per la trattazione di questa causa e di quella appena indicata e ha statuito di deferire alla medesima Adunanza le seguenti questioni:

1) se sia doverosa, o no, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e, in particolare, se, per l’apparato amministrativo e per i funzionari dello Stato membro sussista, o no, l’obbligo di disapplicare la norma nazionale confliggente col diritto dell’Unione europea e se detto obbligo, qualora sussistente, si estenda a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in genere e i soggetti ad essi equiparati, nonché se, nel caso di direttiva self-excuting, l’attività interpretativa prodromica al rilievo del conflitto e all’accertamento dell’efficacia della fonte sia riservata unicamente agli organi della giurisdizione nazionale o spetti anche agli organi di amministrazione attiva;

2) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito, se, in adempimento del predetto obbligo disapplicativo, l’amministrazione dello Stato membro sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell’Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies della l. n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto un giudicato favorevole costituisca ostacolo all’annullamento d’ufficio;

3) se, con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, del d.l. n. 34 del 2020, come modificato in sede di conversione dalla l. n. 77 del 2020, qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto col diritto dell’Unione europea, debbano intendersi quali «aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri nel disposto dell’art. 1, commi 682 e seguenti, della l. n. 145 del 2018.

5.1. È successivamente intervenuto ad opponendum rispetto all’appello del Comune, con l’atto depositato il 26 agosto 2021, il Comitato Coordinamento Concessionari Demaniali Pertinenziali Italiani.

5.2. Sono altresì intervenuti ad opponendum sempre rispetto all’appello del Comune, con l’atto depositato il 2 settembre 2021, Summertime s.a.s. di Robert Van Den Berg, A&P s.r.l.s, Ceccovecchi Susanna Ceccovecchi e P.E.M. S.a.s. di Bonaldo Stella & C.

5.3. È intervenuto sempre ad opponendum, con l’atto depositato il 2 settembre 2021, il S.I.B. – Sindacato Italiano Balneari.

5.4. È intervenuta sempre ad opponendum, con l’atto depositato il 7 settembre 2021, il Lido s.r.l.

5.5. È intervenuta sempre ad opponendum, con l’atto depositato il 10 settembre 2021, Chiarappa Investimenti a r.l.

5.6. È intervenuta ancora ad opponendum, con l’atto depositato l’11 settembre 2021, la Regione Abruzzo.

5.7. È altresì intervenuta ad opponendum, con l’atto depositato il 13 settembre 2021, Asso.N.A.T. – Associazione Nazionale Approdi e Porti Turistici.

5.8. È intervenuta ad opponendum, con l’atto depositato il 13 settembre 2021, CNA Balneatori Puglia e Lidi del Salento.

5.9. Sono altresì intervenuti ad opponendum, con l’atto depositato il 17 settembre 2021, Alaggi e Vari Rapallo s.r.l. e altri numerosi concessionari, titolari di stabilimenti balneari sulla costa ligure, meglio in epigrafe indicati.

5.10. È intervenuto ad adiuvandum rispetto all’appello del Comune di Lecce, con l’atto depositato il 28 settembre 2021, il Comune di Castrignano del Capo.

5.11. È intervenuta ad opponendum rispetto all’appello del Comune di Lecce, con l’atto depositato il 18 ottobre 2021, la Cooperativa Balnearia Servizi a r.l.

6. Con la successiva sentenza n. 18 del 9 novembre 2021 – e con la coeva sentenza gemella n. 17 pronunciata nel citato giudizio avente R.G. n. 311 del 2011 e pendente avanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana – l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha affermato nel presente giudizio i seguenti principî di diritto:

1) le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, del d.l. n. 34 del 2020, convertito in l. n. 77 del 2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 T.F.U.E. e con l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE e tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione;

2) ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla pubblica amministrazione (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari e, comunque, vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata: la non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam si non essent, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla pubblica amministrazione o l’esistenza di un giudicato giacché, venendo in rilievo un rapporto di durata, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto;

3) al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedura di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.

6.1. In ragione di tanto, e delle diffuse motivazioni che si leggono nella sentenza n. 18 (come in quella n. 17) del 2021, senza definire il giudizio nel merito ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a., l’Adunanza plenaria:

a) ha dichiarato inammissibili gli interventi, estromettendoli dal giudizio, del Sindacato italiano balneari (S.I.B.), dell’Associazione nazionale approdi e porti turistici, dell’Associazione CNA Balneatori Puglia e Lidi del Salento, del Comitato coordinamento concessionari demaniali pertinenziali italiani, della Regione Abruzzo, del Comune di Castrignano del Capo, dei concessionari demaniali indicati in epigrafe nonché, in parziale riforma della sentenza appellata, della Federazione italiana imprese demaniali, intervenuta nel primo grado del giudizio ad adiuvandum rispetto al ricorso di Andrea Caretto;

b) ha enunciato i principi di diritto di cui sopra, al § 6, appena menzionati;

c) ha restituito gli atti alla V Sezione del Consiglio di Stato per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel merito nonché sulle spese del giudizio.

7. Con la successiva istanza di prelievo depositata il 30 novembre 2021 il Comune di Lecce ha chiesto la fissazione dell’udienza pubblica per la discussione dell’appello.

7.1. Essendo stata istituita nel frattempo la VII sezione giurisdizionale di questo Consiglio di Stato, alla quale è stata assegnata, tra le altre, anche la materia delle concessioni demaniali marittime, la causa è stata fissata per l’udienza del 19 aprile 2022 avanti al Collegio di questa Sezione.

7.2. È intervenuta ad opponendum, con l’atto depositato il 17 marzo 2022, Assobalneari Italia – Associazione Imprenditori Turistici Balneari, insieme con tutti gli altri concessionari meglio in epigrafe indicati.

7.3. Sono intervenute sempre ad opponendum, con l’atto depositato il 18 marzo 2022, CNA Balneari e della Soc. Bagni Tino di Cardinali Sabina & C. s.n.c.

7.4. È altresì intervenuta sempre ad opponendum, con l’atto depositato sempre il 18 marzo 2022, Confindustria Nautica.

7.5. È nuovamente intervenuto sempre ad opponendum, con l’atto depositato il 18 marzo 2022, S.I.B. – Sindacato Italiano Balneari.

7.6. All’esito dell’udienza pubblica del 19 aprile 2022, con la sentenza n. 4072 del 23 maggio 2022 questa Sezione, dopo avere dichiarato inammissibili gli interventi di Assobalneari Italia – Associazione imprenditori turistici balneari e dagli operatori del settore con essa collettivamente costituitisi, di CNA Balneari e Bagni Tino di Cardinali Sabina & C. s.n.c. e di Cooperativa Balnearia Servizi a r.l., ha accolto l’appello proposto dal Comune di Lecce e, in riforma della sentenza impugnata, ha respinto il ricorso proposto in primo grado da Andrea Caretto.

7.7. In sintesi, secondo tale sentenza, che ha fatto propri, e ha dato ad essi seguito nel definire il presente giudizio, i vincolanti principi affermati dall’Adunanza plenaria, il ricorrente in prime cure, nonché odierno appellato, Andrea Caretto non poteva beneficiare della proroga della propria concessione ai sensi dell’art. 1, comma 682, della l. n. 145 del 2018, giudicata in sede nomofilattica contraria al diritto dell’Unione europea e dunque disapplicabile, anche dall’amministrazione concedente e, in questa linea, il diniego impugnato avanti al Tribunale, fondato proprio sulla prevalenza del diritto sovranazionale, è pertanto legittimo.

7.8. Il Collegio giudicante ha ritenuto anche di respingere le censure assorbite dal primo giudice e riproposte da Andrea Caretto ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., rilevando, in particolare, che il diritto di ottenere la proroga in base alla legislazione emergenziale e, in particolare, in base all’art. 182, comma 2, del d.l. n. 34 del 2020, conv. in l. n. 77 del 2020, è anch’esso, al pari della normativa di cui alla l. n. 145 del 2018, contrastante con il diritto dell’Unione, che deve condurre alla disapplicazione anche di tutta la legislazione emergenziale medesima, come ha statuito sempre l’Adunanza plenaria.

7.9. Infine, con riguardo a quanto da ultimo dedotto dal concessionario e, cioè, sulla necessità di svolgere una valutazione «caso per caso» dell’interesse transfrontaliero della scarsità della risorsa naturale, la quale nello specifico caso del Comune di Lecce porterebbe ad una accertamento negativo, per l’ampiezza di superfici libere, la Sezione ha invece ribadito che l’Adunanza plenaria ha considerato che i due presupposti in questione sono integrati in relazione al patrimonio costiero nazionale nella sua interezza, come risulta chiaramente riportati passaggi motivazionali della sentenza resa in sede nomofilattica.

8. Successivamente, a seguito di ricorso per cassazione proposto sia contro la sentenza n. 18 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria che contro la sentenza n. 4072 del 23 maggio 2022 di questa Sezione, le Sezioni Unite della Cassazione:

a) con la sentenza n. 32559 del 23 novembre 2023 hanno dapprima accolto il primo motivo di ricorso proposto da S.I.B. e, in via incidentale adesiva, da Asso.N.A.T. e dalla Regione Abruzzo e hanno annullato la sentenza n. 18 del 2021 della medesima Adunanza plenaria per avere essa «omesso qualsiasi valutazione degli statuti delle associazioni ricorrenti (SIB e ASSONAT), i cui interventi sono stati globalmente dichiarati inammissibili, con conseguente loro estromissione dal giudizio, al pari degli interventi di altre associazioni ed enti eterogenei, anche istituzionali, come la Regione Abruzzo, non già all’esito di una verifica negativa in concreto delle condizioni di ammissibilità dei loro interventi (indicate dalla giurisprudenza amministrativa), ma come effetto di un aprioristico diniego di giustiziabilità dell’interesse collettivo proprio delle stesse associazioni ed enti»;

b) con l’ordinanza n. 786 del 9 gennaio 2024 hanno poi annullato, conseguentemente, anche la sentenza n. 4072 del 23 maggio 2022 di questa Sezione, per avere estromesso dal giudizio Confindustria Nautica e la stessa Asso.N.A.T.

9. Con l’atto depositato il 22 febbraio 2024 l’appellato Andrea Caretto ha provveduto a riassumere il giudizio dopo le due pronunce annullatorie della Cassazione, riproponendo altresì, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., le censure già articolate in primo grado e assorbite dal Tribunale.

9.1. Con l’atto depositato il 23 febbraio 2024 la Regione Abruzzo ha egualmente provveduto a riassumere il giudizio avanti a questa Sezione VII – e, ove occorra, anche avanti all’Adunanza plenaria – dopo l’annullamento disposto dalle Sezioni Unite.

9.2. Con l’atto depositato il 23 febbraio 2024 anche il S.I.B. – Sindacato Italiano Balneari ha provveduto a riassumere il giudizio in funzione di intervento opponendum, in particolare, avanti all’Adunanza plenaria dopo l’annullamento della sentenza n. 18 del 2021 della medesima Adunanza.

9.3. È intervenuta ad adiuvandum rispetto al ricorso proposto in primo grado da Andrea Caretto, con l’atto depositato il 2 marzo 2024, Boldrini Gabriele e C. s.n.c.

9.4. Si è costituita il 25 marzo 2024 anche Federazione Imprese Balneari, per chiedere la reiezione dell’appello.

9.5. È intervenuta ad opponendum rispetto all’appello del Comune, con l’atto depositato il 6 maggio 2024, Cooperativa Balnearia Servizi a r.l.

9.6. È infine intervenuta ad opponendum sempre rispetto all’appello del Comune, con l’atto depositato il 7 maggio 2024, anche Assobalneari Italia – Associazione imprenditori turistici Balneari.

9.7. Le parti hanno depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 73 c.p.a. (e, in particolare, Asso.N.A.T. e Confindustria Nautica il 5 aprile 2024 e S.I.B. la memoria di replica il 16 aprile 2024).

9.8. Nell’udienza pubblica del 7 maggio 2024 il Collegio, dato atto dei depositi documentali effettuati dalla Regione Abruzzo e dal Comune di Lecce, riservandosi ogni provvedimento sull’ammissibilità e rilevanza di tali atti, sentiti tutti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione all’esito di ampia discussione orale.

10. L’appello del Comune è fondato.

11. In via preliminare, quanto alla procedibilità, è sufficiente rilevare che permane l’interesse del Comune di Lecce a ottenere l’annullamento della sentenza impugnata, che, oltre ad avere annullato atti del Comune, ha accertato il diritto del ricorrente a conseguire la proroga del titolo concessorio fino al 31 dicembre 2033.

11.1. Ancora in via preliminare, quanto all’ammissibilità degli interventi spiegati nel presente giudizio (e, in particolare, nella pregressa fase avanti all’Adunanza plenaria), questa Sezione, prendendo atto di quanto hanno statuito le Sezioni Unite con la citata sentenza n. 32559 del 23 novembre 2023 nonché con la citata ordinanza n. 786 del 9 gennaio 2024, deve disporre l’ammissibilità degli interventi di tutte le associazioni (S.I.B., Asso.N.A.T., Confindustria Nautica, ma anche CNA Balneari) o enti (la Regione Abruzzo, ad opponendum rispetto all’appello, ma anche, si deve qui aggiungere, e specularmente il Comune di Castrignano del Capo, ad adiuvandum rispetto alle ragioni fatte valere dal Comune di Lecce appellante), portatori di interessi collettivi di rilievo rispetto alle questioni dibattute nel presente giudizio.

11.2. Le Sezioni Unite hanno infatti chiarito che l’estromissione di tali associazioni o enti portatori di interessi collettivi ha concretato «un diniego o rifiuto della tutela giurisdizionale sulla base di valutazioni che, negando in astratto la legittimazione degli enti ricorrenti a intervenire nel processo, conducono a negare anche la giustiziabilità degli interessi collettivi (legittimi) da essi rappresentati, relegandoli in sostanza al rango di interessi di fatto», sicché questo Collegio, tenuto conto di quanto statuito con efficacia di giudicato dalle Sezioni Unite e avuto riguardo alle finalità statutarie di tutte tali associazioni o a quelle generali perseguite dagli enti (come ad esempio la Regione Abruzzo), non può che ammettere i relativi interventi nel presente giudizio, dove gli interventori hanno potuto esercitare, dopo l’annullamento delle Sezioni Unite, ampiamente le proprie facoltà difensive, depositare memorie e atti nonché interloquire, nel contraddittorio tra le parti, all’udienza pubblica del 7 maggio 2024.

11.3. Va infatti ricordato – come sopra si è visto (v. § 6.1.) – che l’Adunanza plenaria, dopo avere estromesso gli interventori e affermato i principî di diritto di cui si è detto, ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a. ha restituito per il resto il giudizio alla Sezione, che era ed è stata nuovamente investita della questione.

11.4. Solo quanto all’intervento spiegato da Confindustria Nautica e da Asso.N.A.T., e con esclusivo riferimento alle concessioni per la nautica da diporto, ferme le finalità statutarie perseguite dalle interventrici e la loro non più qui discutibile legittimazione, sul piano soggettivo, ad intervenire, in ossequio al dictum delle Sezioni Unite nella sentenza n. 32559 del 23 novembre 2023 e nell’ordinanza n. 786 del 9 maggio 2024, si deve rilevare che la richiesta, da queste formulata, di differenziare i principi di diritto affermabili in relazioni alla concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative rispetto a quelle portuali non può ritenersi ammissibile nel presente giudizio sul piano oggettivo, con riferimento alla causa petendi, non essendo consentito, nemmeno con l’intervento proposto ai sensi dell’art. 28 c.p.a., ampliare il thema decidendum, sul piano oggettivo, perché, comunque, per valutare l’interesse all’intervento l’indagine deve essere condotta dal giudice in astratto, in base alla effettiva causa petendi quale si desume dal complesso delle affermazioni del soggetto che agisce in giudizio, e non già in concreto all’esito del giudizio (Cons. St., sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5596), sicché la pretesa dell’interventore di ottenere una pronuncia su una questione che non è oggetto nemmeno del giudizio non può essere ammessa nel presente giudizio.

11.5. In applicazione del criterio della “ragione più liquida” e della peculiarità del caso di specie, in cui le Sezioni unite hanno fornito una (qui vincolante) interpretazione particolarmente ampia dell’istituto dell’intervento nel processo amministrativo, oltre che dei motivi inerenti la giurisdizione (v., sul punto, le condivisibili considerazioni di Cons. St., sez. VII, 19 febbraio 2024, n. 1653, in relazione anche alle ricadute applicative sull’art. 105 c.p.a.), si prescinde dall’esame di ogni ulteriore eccezione, anche d’ufficio, sulle parti intervenienti, potendo la controversia essere decisa, tenuto conto di tutte le difese svolte, sulla base dei principi che verranno di seguito esposti e fermo restando che non si intende in questa sede affrontare (e quindi mettere in discussione) i principi che regolano il processo amministrativo e che precludono la possibilità di spiegare l’intervento volontario a fronte della sola analogia fra le quaestiones iuris.

12. Il Collegio deve ora scrutinare sempre in via preliminare le richieste di rimessione della causa all’Adunanza plenaria, alla Corte costituzionale e alla Corte di Giustizia UE formulate, in particolare, dall’interveniente S.I.B. e dalla Regione Abruzzo e, in via adesiva, anche dall’appellato Andrea Caretto, come è emerso anche nel corso della discussione orale dei difensori svoltasi all’udienza pubblica del 7 maggio 2024.

12.1. Quanto alla rimessione della causa all’Adunanza plenaria, S.I.B. e la Regione Abruzzo insistono per la rimessione delle questioni all’Adunanza plenaria perché, esse sostengono, dopo la sentenza n. 18 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria, annullata dalle Sezioni Unite, vi sono state rilevanti sopravvenienze normative e, soprattutto, la sentenza della Corte di Giustizia UE del 20 aprile 2023 in C-348/22 (Comune di Ginosa), che ha posto l’accento, ai fini, sulla scarsità della risorsa, e tali circostanze, in sintesi, non solo giustificherebbero, ma persino imporrebbero una rimeditazione dell’intera materia da parte dell’Adunanza plenaria, una volta ammessi gli interventi illegittimamente esclusi dalla stessa Adunanza e, successivamente, anche da questa Sezione con le due sentenze annullate dalla Cassazione.

12.2. Più in particolare, anche il S.I.B., nella memoria di replica depositata il 16 aprile 2024, ha sostenuto che il vulnus di giustizia rilevato dalla Corte di Cassazione debba essere rimediato dal medesimo supremo consesso – e, cioè, l’Adunanza plenaria – che ha delibato la pronuncia cassata, ripronunciandosi sulle questioni deferitegli con il decreto n. 160/2021 del Presidente del Consiglio di Stato alla luce dei contributi difensivi degli interventori ingiustamente pretermessi.

12.3. Va da sé, sostiene S.I.B., che qualora ciò non avvenisse, e l’odierno giudizio fosse direttamente deciso da questa Sezione, vi sarebbe un nuovo e ulteriore diniego di giustizia e/o di giurisdizione, in violazione di quanto statuito dalle Sezioni Unite, tanto più che l’Adunanza plenaria è stata a suo tempo investita delle questioni de quibus con la procedura straordinaria del decreto presidenziale di cui all’art. 99, comma 2, c.p.a., proprio per la loro particolare rilevanza economico-sociale, che rende insostituibile la pronuncia del supremo consesso amministrativo, tenendo conto dei contributi processuali di tutti gli interventori che esso, invece, aveva pregiudizialmente escluso, nella sede in cui sono enunciati principi nomofilattici vincolanti per le sezioni semplici.

12.4. Analoghe argomentazioni, anche per via dell’importanza delle questioni trattate nel presente giudizio, sono state ribadite da altre parti – e, in particolare, dalla difesa dell’appellato Andrea Caretto – in sede di discussione orale all’udienza pubblica del 7 maggio 2024.

12.5. La richiesta di rimessione all’Adunanza plenaria è tuttavia priva di fondamento non solo e non tanto perché, come pure hanno ricordato le stesse parti richiedenti, la coeva e gemella sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria mantiene ad oggi per le ragioni che ora si diranno tutta la sua efficacia sul piano nomofilattico, nonostante la proposizione “postuma” di un ulteriore ricorso per cassazione anche contro tale sentenza da parte di molti concessionari – che non furono parti di quel giudizio – nel marzo di quest’anno, ma soprattutto perché la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 32559 del 23 novembre 2023, ha statuito che l’arretramento della giurisdizione rispetto alla cognizione giurisdizionale debba comportare la giustiziabilità degli interessi collettivi rappresentati dagli interventori ingiustamente esclusi avanti al Consiglio di Stato e ha annullato la sentenza dell’Adunanza con rinvio della causa avanti a questo Consiglio, senza ulteriori precisazioni (che del resto non avrebbe potuto fare) in ordine alla composizione del Collegio giudicante (sezione semplice o Adunanza plenaria), affermando che – così, testualmente – «spetterà al Consiglio di Stato pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti».

12.6. La riprova che le Sezioni Unite non abbiano inteso (né avrebbero potuto) rimettere la causa direttamente avanti all’Adunanza plenaria – che non costituisce, del resto, un organo decidente separato e differenziato dal Consiglio di Stato, ma proprio l’espressione massima della collegialità del Consiglio stesso – sta proprio, del resto, nella successiva ordinanza n. 826 del 9 gennaio 2024 laddove le Sezioni Unite hanno cassato anche la sentenza n. 4072 del 2022 di questa Sezione, rinviando la causa sempre avanti a questo Consiglio di Stato, senza ulteriore specificazione.

12.7. È evidente che i due rinvii si riferiscono e non possono che riferirsi alla medesima causa e, cioè, a questa avente R.G. n. 1975 del 2021, che non può essere stata rimessa dalle Sezioni Unite che avanti alla Sezione competente a deciderla e, cioè, la Sezione VII di questo Consiglio di Stato, salvo che essa, investita del giudizio in seguito alla riassunzione, non ritenga che sussistano i presupposti per rimettere la questione all’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99 c.p.a., come era stato fatto a suo tempo dal Presidente del Consiglio di Stato con il decreto n. 160 del 24 maggio 2021 (v., supra, § 5).

12.8. L’art. 99 del codice del processo amministrativo prevede due sole modalità di deferimento alla Adunanza plenaria: mediante ordinanza della sezione cui è assegnato il ricorso (comma 1) o con deferimento da parte del Presidente del Consiglio di Stato (comma 2) ed è pacifico che dopo i due interventi delle Sezioni unite non vi sia stato alcun nuovo deferimento alla Adunanza plenaria da parte del Presidente del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 99, comma 2, c.p.a., sicché solo questa Sezione può provvedere a un nuovo deferimento in presenza dei presupposti di cui al comma 1 dello stesso citato art. 99 («se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali»).

13. E questi presupposti anche dopo l’annullamento (per ragioni che esulano dal merito dei principi allora affermati) della sentenza n. 18 del novembre 2021 non sussistono perché la giurisprudenza del Consiglio di Stato è pacifica nell’affermare i principi di cui si dirà oltre senza che vi sia alcun contrasto tra sezioni o all’interno di questa sezione e, inoltre, né le sopravvenienze normative né la sentenza della Corte di Giustizia del 20 aprile 2023 in C-348/22 (Comune di Ginosa) hanno inciso sulla rilevante attualità di quei principi, a tutt’oggi validi, che devono condurre all’immediata disapplicazione delle proroghe in favore dei concessionari, anche laddove esse si fondino sulle illegittime e disapplicabili sopravvenienze normative di cui alla l. n. 118 del 2022 o di cui al d.l. n. 198 del 2022, conv. in l. n. 14 del 2023, e all’altrettanto immediata indizione delle gare.

13.1. La permanente efficacia della coeva sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria costituisce, quindi, solo uno degli elementi che confermano l’assenza dei presupposti per un deferimento della presente controversia all’Adunanza plenaria, al quale si aggiungono le numerose sentenze che proprio con riferimento alle sopravvenienze normative richiamate dalla Cassazione hanno in modo granitico confermato la necessità di disapplicare le varie proroghe e di procedere all’indizione delle gare, come verrà meglio precisato oltre (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 1° marzo 2023, n. 2192, Cons. St., sez. VI, 28 agosto 2023, n. 7992, Cons. St., sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493 e, ancor più di recente, Cons. St., sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11200, C.G.A.R.S., sez. giurisd., 21 febbraio 2024, n. 119, Cons. St., sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679 e Cons. St., sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940, Cons. St., sez. VII, 2 maggio 2024, n. 3963).

13.2. Si tratta peraltro di sentenze che hanno tutte affrontato le modifiche normative sopravvenute rispetto alle decisioni dell’Adunanza plenaria e in relazione alle quali, oltre a non sussistere alcun vincolo derivante dal contenuto delle due sentenze dell’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 3, c.p.a., non si è formato alcun contrasto giurisprudenziale, essendo stata sempre seguita la tesi della disapplicazione delle proroghe anche sopravvenute.

13.3. Né si opponga che la mancata trattazione della causa avanti alla Plenaria lederebbe in ipotesi ancora una volta il diritto degli interventori a rappresentare gli interessi di cui sono enti esponenziali avanti all’organo della nomofilachia amministrativa perché non esiste e non è mai esistito – né mai esisterà – nel processo amministrativo uno specifico, e privilegiato o addirittura incondizionato e assoluto, interesse degli interventori ad adiuvandum a far valere gli interessi collettivi, di cui si fanno portatori, e a cooperare alla formazione della regola del giudizio, con il loro apporto processuale, avanti ad una sezione “semplice” del Consiglio di Stato anziché avanti all’Adunanza plenaria – quando pure esso sia asceso, per usare le parole delle Sezioni Unite, al «massimo grado» avanti all’Adunanza plenaria – e, dunque, per absurdum a vantare una posizione processuale e, di riflesso, anche sostanziale maggiore e ben più incidente di quella che possono vantare, e difendere in giudizio, le stesse parti adiuvate direttamente coinvolte dal giudizio.

13.4. Spetta al Collegio della Sezione giurisdizionale di questo Consiglio investito della potestas iudicandi anche dopo l’annullamento della sentenza dell’Adunanza plenaria – che non abbia definito il giudizio nel merito, secondo quanto prevede l’art. 99, comma 4, c.p.a., ma abbia “solo” esercitato il proprio potere di «di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente» – valutare se la questione debba essere nuovamente scrutinata dall’Adunanza plenaria per l’enunciazione di nuovi (o, in ipotesi, degli stessi) principi di diritto e gli interventori, anche laddove siano stati illegittimamente estromessi dall’Adunanza stessa, non possono pretendere di esautorare il Collegio giudicante dall’esercizio del proprio compito spettante anzitutto a detta Sezione competente ratione materiae anche nel valutare dei presupposti di cui all’art. 99 c.p.a. e di sostituirsi, finanche dopo l’annullamento della sentenza da parte delle Sezioni Unite, al preliminare vaglio di questa sulla sussistenza o, come in questo caso, sulla persistenza di tali presupposti che, lo si vedrà tra breve, non sussistono.

13.5. E dunque la posizione degli interventori nel rappresentare e difendere gli interessi collettivi di cui assumono essere portatori nel giudizio da cui sono stati estromessi – al di là di ogni dubbio o riserva, ormai irrilevanti e superati in questa sede di riassunzione ex art. 392 c.p.c., sull’assunto per il quale questa estromissione, come ritenuto dalle Sezioni Unite, sia un arretramento della giurisdizione e non, a rigore, un mero error in procedendo (v., sul punto, la già richiamata Cons. St., sez. VII, 19 febbraio 2024, n. 1653, in relazione anche alle ricadute applicative sull’art. 105 c.p.a.) – al fine di non subire gli effetti indiretti della pronuncia – o, comunque, nel rappresentare la complessità del reale avanti al giudice per fargli cogliere la complessità della vicenda e, in essa e con essa, delle situazioni sostanziali ad essa correlate – ben è tutelata anche dall’esercizio delle facoltà difensive, ampiamente esercitata, nel presente giudizio e, all’esito di questo, dalla pronuncia di questa Sezione, come di ogni altro organo giurisdizionale amministrativo, laddove non sussistano i presupposti per la pronuncia dell’Adunanza plenaria, senza che ciò – e, cioè, la decisione della Sezione “semplice” – possa costituire in nessun modo una deminutio tutelae per la parte interventrice.

13.6. D’altro canto, merita qui solo ricordare, le stesse Sezioni Unite della Cassazione hanno già riconosciuto che, sebbene il perimetro delle ipotesi tipiche che consentono il sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione sia stato, da tempo (Cass., S.U., n. 3008/1952), ampliato per annettervi anche l’ipotesi di illegittima composizione dell’organo giurisdizionale, ciò è consentito a condizione che il vizio di costituzione del collegio giudicante sia di particolare gravità, come nei casi di alterazione strutturale dell’organo giudicante, per vizi di numero o di qualità dei suoi membri, che ne precludono l’identificazione con quello delineato dalla legge, mentre, diversamente, si verte in tema di violazione di norme processuali, esorbitante dai limiti del sindacato delle Sezioni Unite.

13.7. A questo vizio «di particolare gravità», hanno in più occasioni sancito le Sezioni Unite in sede di ricorso per cassazione promosso contro le sentenze di questo Consiglio di Stato, «non è affatto riconducibile la pronuncia resa in difformità da quanto disposto dall’art. 99 c.p.a., comma 3 da collegio delle Sezioni semplici del Consiglio di Stato ritualmente costituito e quale organo della giurisdizione appartenente non solo al medesimo plesso giurisdizionale, ma anche allo stesso grado di giudizio di pertinenza dell’Adunanza plenaria», sicché «non si viene a configurare un’ipotesi di esorbitanza dai limiti della giurisdizione amministrativa, tantomeno sotto il profilo del vizio radicale di costituzione del giudice» (Cass., Sez. Un., 26 marzo 2021, n. 8569, ord., ma v. anche Cass., Sez. Un., 29 novembre 2018, n. 30869, ord. nonché, più dettagliatamente, Cass., Sez. Un., 5 dicembre 2016, n. 24742).

13.8. Di qui la reiezione delle istanze di rimessione della causa nuovamente all’Adunanza plenaria, formulate da diversi interventori e dall’appellato Andrea Caretto, dato che, come qui si ribadisce e si evince dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite appena richiamata, la fase di cognizione che si apre (e si chiude) avanti all’Adunanza plenaria non costituisce un separato giudizio né un incidente processuale avanti a un giudice diverso dal Consiglio di Stato medesimo, ma il momento di massima collegialità decisionale da parte del medesimo Consiglio in peculiari casi che spetta alle sezioni semplici vagliare ai sensi dell’art. 99 c.p.a. per evitare ogni abuso, anzitutto, della funzione nomofilattica, tanto più incisiva quanto meno inflazionata.

14. Egualmente, e in estrema sintesi, ritiene anche questo Collegio che non sussistano i presupposti per il rinvio della causa né alla Corte costituzionale né alla Corte di Giustizia UE.

14.1. Quanto alla prima richiesta di sollevare l’incidente di costituzionalità, formulata dal S.I.B. nella memoria depositata il 18 marzo 2022 (p. 27) e ribadita nel proprio atto di riassunzione, anzitutto, si deve qui osservare che l’interpretazione da questo Consiglio di Stato nella propria consolidata giurisprudenza consente un recepimento interno della Dir. 2006/123/CE non solo compatibile con principi fondamentali e irrinunciabili della Costituzione italiana quali il diritto di proprietà, l’impresa e il lavoro nelle imprese familiari, ma anzi costituzionalmente imposto dalla necessità di esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea (art. 117, comma primo, Cost.).

14.2. Né può essere invocata una tutela costituzionale del legittimo affidamento degli attuali concessionari, dato che, come ora si dirà, l’applicazione della Dir. 2006/123/CE e/o dell’art. 49 T.F.U.E. al settore delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative impone l’immediata apertura del mercato, laddove la risorsa risulti scarsa o laddove, quando pure la risorsa non sia scarsa, la singola concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, e ogni esigenza correlata all’affidamento degli attuali concessionari non può certo giustificare proroghe automatiche o il rinvio delle procedure di gara, ma al massimo può essere valutata al momento di fissare le regole per la procedura di gara ai sensi del paragrafo 3 dell’art. 12 della stessa Dir. 2006/123/CE (v. Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, nelle cause C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa, par. 52-56).

14.3. Parimenti non sussistono i presupposti per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E. in quanto va ricordato che la Corte di Giustizia ha in più occasioni chiarito che l’articolo 267 T.F.U.E. deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale di ultima istanza deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi (v. Corte Giust. 6 ottobre 1982, C-283/81, Cilfit e 6 ottobre 2021, C-561/19, Consorzio Italian Management).

14.4. In applicazione di tali principi si rileva, anzitutto, che la questione relativa agli indennizzi e, in particolare, alla compatibilità dell’art. 49 cod. nav. con l’ordinamento unionale non assume rilievo nel presente giudizio perché, proprio in un contenzioso analogo nel quale era stata proposta dal giudice nazionale la medesima questione, la già richiamata sentenza della Corte di Giustizia UE del 20 aprile 2023, Comune di Ginosa, in C-348/22, punto 83, ha chiarito che «la controversia di cui trattasi nel procedimento principale riguarda la proroga delle concessioni e non già la questione del diritto, in capo a un concessionario, di ottenere, alla scadenza della concessione, un qualsivoglia compenso per le opere inamovibili che esso abbia costruito sul terreno affidatogli in concessione».

14.5. In ogni caso questa stessa Sezione, con l’ordinanza n. 8010 del 15 settembre del 2022 (a cui ha fatto seguito, dopo i chiarimenti richiesti dalla Corte di Giustizia UE, anche l’ordinanza 8184 del 6 settembre 2023), resa nel giudizio R.G. n. 8915 del 2021, ha già sollevato innanzi alla Corte di Giustizia UE, ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E., la questione pregiudiziale di interpretazione «se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo» e, conseguentemente, risulta incardinata presso la Corte di Giustizia UE la causa C-598/22, tuttora pendente (v., da ultimo, Cons. St., sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3943, ord., ma v. anche, per analoga questione, Cons. St., sez. VII, 6 novembre 2023, n. 9570, ord. nonché, per la portata estensiva del principio relativo agli indennizzi, Cons. St., sez. VII, 17 gennaio 2024, n. 138, ord.).

14.6. Tale questione – si ripete – è del tutto estranea all’oggetto del presente giudizio e quindi non è rilevante, con la conseguenza che nessun rilievo pregiudiziale potrà avere la sentenza della Corte di Giustizia UE, risultando in tal modo infondate anche le richieste di attendere tale decisione, eventualmente con un provvedimento di c.d. sospensione impropria.

14.7. Quanto alla seconda richiesta di rinvio per questione pregiudiziale formulata da S.I.B. (ma anche da altre parti intervenute, come ad esempio la Regione Abruzzo), si rileva che non sussistono i presupposti per un nuovo rinvio in quanto la questione della applicabilità della Dir. 2006/123/CE e della incompatibilità delle proroghe automatiche disposte dal legislatore nazionale è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte di Giustizia con più decisioni che hanno indicato la corretta interpretazione del diritto dell’Unione senza che residuino ulteriori dubbi.

14.8. Infatti, la Corte di Giustizia, dapprima con la sentenza del 14 luglio 2016 (C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa) e, più di recente, con la sentenza del 20 aprile 2023 (C-348/22, Comune di Ginosa) ha già dissipato in maniera chiara ogni ulteriore dubbio o perplessità sull’applicazione dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE alle concessioni demaniali marittime, senza che sia necessario, a fronte di una giurisprudenza europea ormai chiara, uniforme e puntuale, sollevare nuovamente ulteriori questioni interpretative, che sarebbero dilatorie prima ancor che superflue.

14.9. Chiarita dalla Corte di Giustizia la corretta interpretazione del diritto dell’Unione europea sulle questioni che costituiscono l’oggetto del presente giudizio, spetta a questo Collegio, quale giudice nazionale, dare applicazione al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di Giustizia, alla fattispecie in esame.

15. Nel merito l’appello del Comune è fondato.

15.1. Diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, infatti, la Dir. 2006/123/CE ha effetti diretti, è self-executing ed è immediatamente applicabile, come aveva chiarito la Corte di Giustizia UE nella sentenza Promoimpresa del 14 luglio 2016, in C-458/14 e in C-67/15 – e, sulla sua scia, la sentenza n. 17 del 2021 dell’Adunanza plenaria e le altre già menzionate sentenze del Consiglio di Stato – e come la stessa Corte ha riconfermato decisamente, laddove ve ne fosse stato bisogno (e non ve ne era), nella sentenza Comune di Ginosa del 20 aprile 2023, in C-348/22.

15.2. Questo Consiglio non può che ribadire, sulla scia della giurisprudenza della Corte di Giustizia, dell’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 2021 e di tutta la menzionata giurisprudenza successiva (v., supra, § 13.1. nonché, infra, § 16.1.), che tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – anche quelle in favore di concessionari che avessero ottenuto il titolo in ragione di una precedente procedura selettiva laddove il rapporto abbia esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata prima del 31 dicembre 2023 (Cons. St, sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679: v. comunque, infra, § 20.4.) – sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni ad ogni livello, anche comunale, imponendosi, anche in tal caso, l’indizione di una trasparente, imparziale e non discriminatoria procedura selettiva.

15.3. La Corte di Giustizia nella sentenza del 20 aprile 2023 in C-348/22 (Comune di Ginosa) ha (ri)affermato che risulta dallo stesso tenore letterale dell’articolo 12, paragrafo 1, della Dir. 2006/123/CE che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

15.4. Quanto all’art. 12, paragrafo 2, di tale direttiva, esso dispone in particolare che un’autorizzazione, quale una concessione di occupazione del demanio marittimo, sia rilasciata per una durata limitata adeguata e non possa prevedere la procedura di rinnovo automatico.

15.5. Tale disposizione, ha precisato ancora la Corte di Giustizia UE nella citata sentenza, ha effetto diretto in quanto vieta, «in termini inequivocabili», agli Stati membri, senza che questi ultimi dispongano di un qualsivoglia margine di discrezionalità o possano subordinare tale divieto a una qualsivoglia condizione e senza che sia necessaria l’adozione di un atto dell’Unione o degli Stati membri, di prevedere proroghe automatiche e generalizzate di siffatte concessioni.

15.6. Dalla giurisprudenza della Corte risulta peraltro che un rinnovo automatico di queste ultime è escluso dai termini stessi dell’art. 12, paragrafo 2, della Dir. 2006/123/CE (v., in tal senso, la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 50).

15.7. L’art. 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva impone quindi agli Stati membri l’obbligo di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali e vieta loro di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività, in termini incondizionati e sufficientemente precisi.

15.8. Nel punto 71 della sentenza del 20 aprile 2023 in C-348/22 ancora la Corte di Giustizia ha precisato, a chiare lettere, che «la circostanza che tale obbligo e tale divieto si applichino solo nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, le quali devono essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale, non può rimettere in discussione l’effetto diretto connesso a tale articolo 12, paragrafi 1 e 2» e, di conseguenza, ogni questione sulla scarsità delle risorse e sugli eventuali criteri fissati per accertare tale scarsità non può costituire ragione, come sostenuto da alcune parti del presente giudizio, per determinare la non applicabilità della Dir. 2006/123/CE nelle more della fissazione dei menzionati criteri.

15.9. Come chiarito dalla Corte di Giustizia, la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’art. 12, paragrafi 1 e 2, della Dir. 2006/123/CE e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali, senza che ciò possa essere condizionato o impedito da interventi del legislatore.

16. Devono, quindi, essere disapplicate perché contrastanti con l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE e comunque con l’art. 49 del T.F.U.E., tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano ad introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e in particolare:

a) le disposizioni di proroga previste in via generalizzata e automatica, e ormai abrogate dall’art. 3, comma 5, della l. n. 118 del 2002 (art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018; art. 182, comma 2, del d.l. n. 34 del 2020, conv. in l. n. 77 del 2020; art. 100, comma 1, del d.l. n. 104 del 2020, conv. in l. n. 126 del 2020);

b) le più recenti proroghe introdotte dagli articoli 10-quater, comma 3 e 12, comma 6-sexies, del d.l. n. 198 del 2022, inseriti dalla legge di conversione n. 14 del 2023 e dall’art. 1, comma 8, della stessa l. n. 14 del 2023, che ha introdotto il comma 4-bis all’art. 4 della l. n. 118 del 2022.

16.1. Con riferimento a tali ultime disposizioni, che – unitamente agli artt. 3 e 4 della legge 5 agosto 2022 n. 118 – costituiscono le sopravvenienze legislative menzionate dalle citate decisioni delle Sezioni unite, si osserva che anche esse si pongono in palese contrasto con il diritto unionale, come già riconosciuto dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 1° marzo 2023, n. 2192, Cons. St., sez. VI, 28 agosto 2023, n. 7992, Cons. St., sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493 e, ancor più di recente, Cons. St., sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11200, C.G.A.R.S., sez. giurisd., 21 febbraio 2024, n. 119, Cons. St., sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679 e Cons. St., sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940, Cons. St., sez. VII, 2 maggio 2024, n. 3963; v. anche per l’analoga questione della applicazione dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE alle concessioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, Cons. St., sez. VII, 19 ottobre 2023, n. 9104).

16.2. Infatti, mentre l’originaria versione dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022, nell’abrogare le precedenti e già disapplicate disposizioni di proroga, aveva previsto in via transitoria il termine del 31 dicembre 2023 con possibilità di differimento con atto motivato fino al 31 dicembre 2024 «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva», le modifiche apportate dalla l. n. 14 del 2023 di conversione del d.l. n. 198 del 2022 hanno nuovamente stravolto il quadro normativo con nuove proroghe rese indeterminate da una serie di disposizioni palesemente contrastanti con i descritti principi dell’ordinamento dell’U.E.

16.3. La l. n. 14 del 2023, oltre a spostare in avanti di un anno i due termini sopraindicati (al 31 dicembre 2024 quello di efficacia delle concessioni e al 31 dicembre 2025 la possibilità di differimento), ha previsto che:

a) «le concessioni e i rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 5 agosto 2022, n. 118, continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori» (art. 10-quater, comma 3, del d.l. n. 198 del 2022);

b) «fino all’adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b)» (comma 4-bis dell’art. 4 della l. n. 118 del 2022, introdotto dall’art. 1, comma 8, della l. n. 14 del 2023).

16.4. Il complesso delle disposizioni introdotte dalla l. n. 14 del 2023 determina una nuova proroga automatica e generalizzata delle concessioni balneari, non più funzionale alle (non più) imminenti gare (come previsto dalla originaria versione degli artt. 3 e 4 della l. n. 118 del 2022), ma anzi resa indeterminata e potenzialmente illimitata nella durata dal contestuale divieto di procedere all’emanazione dei bandi di gara posto fino all’adozione dei decreti legislativi di cui all’art. 4 della l. n. 118 del 2022 (adozione non più possibile perché la delega è scaduta il 27 febbraio 2023, solo qualche giorno dopo l’entrata in vigore della l. n. 14 del 2023).

16.5. Se a ciò si aggiunge che le concessioni mantengono efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori, il quadro che ne deriva è del mantenimento delle attuali concessioni balneari italiane senza termine in contrasto con i più volte richiamati principi dell’Unione, nella costante interpretazione datane dalla Corte di Giustizia.

16.6. Ciò impone al giudice nazionale e alle amministrazioni di disapplicare tali disposizioni nella loro interezza, costituita da tutte le modifiche apportate alla l. n. 118 del 2022 dalla l. n. 14 del 2023, comprese quelle di cui all’art. 10-quater, comma 3, e all’art. 12, comma 6-sexies, del d.l. n. 198 del 2022, che hanno spostato in avanti i termini previsti dalla originaria versione dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022.

16.7. Tale disapplicazione si impone prima e a prescindere dall’esame della questione della scarsità delle risorse, che verrà trattata nei paragrafi successivi, in quanto, anche qualora si dimostrasse che in alcuni casi specifici non vi sia scarsità di risorse naturali, le suddette disposizioni, essendo di natura generale e assoluta, paralizzano senza giustificazione alcuna l’applicazione della Dir. 2003/126/CE e precludono in assoluto lo svolgimento delle gare.

17. Può ora essere affrontato il tema della scarsità delle risorse, sul quale tanto insistono sia l’appellato Andrea Caretto che gli interventori.

17.1. La Corte di Giustizia UE nella già citata sentenza Promoimpresa del 14 luglio 2016 ha affermato che «per quanto riguarda, più specificamente, la questione se dette concessioni debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali, spetta al giudice nazionale verificare se tale requisito sia soddisfatto» (punto 43) e con la anche più volte citata sentenza del 20 aprile 2023, Comune di Ginosa, in C-348/22 ha rilevato che l’art. 12, paragrafo 1, della Dir. 2006/123/CE conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali e che «tale margine di discrezionalità può condurli a preferire una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l’accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci» (punto 46).

17.2. Tale più recente sentenza non si è posta in contraddizione o comunque non ha voluto superare i principi espressi nella precedente sentenza Promoimpresa, che anzi viene più volte richiamata a conferma del rapporto di continuità tra le due decisioni della Corte.

17.3. Nel caso Comune di Ginosa, nel rispondere a uno specifico quesito posto dal giudice del rinvio, la Corte ha evidenziato che, nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali, il legislatore nazionale può preferire una valutazione generale e astratta valida sull’intero territorio nazionale oppure un approccio di tipo locale caso per caso o una combinazione dei due approcci che anche può risultare equilibrata, concludendo che l’approccio definito combinato, così come le altre due opzioni, non sono incompatibili con il diritto dell’Unione europea.

17.4. In ogni caso, è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati (punto 48 della stessa sentenza), fermo restando che – come già detto – la valutazione sulla scarsità delle risorse in alcun modo può ritenersi pregiudiziale o comunque non può rimettere in discussione l’effetto diretto connesso all’art. 12, paragrafi 1 e 2, della Dir. 2006/123/CE.

17.5. È evidente che la valutazione che ha ad oggetto la scarsità delle risorse naturali, per basarsi su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati, postula una ricognizione del territorio costiero, o a livello nazionale o a livello locale (anche eventualmente nella combinazione dei due approcci, generale e caso per caso), che deve essere non solo quantitativa, ma anzitutto qualitativa, come ha già chiarito l’Adunanza plenaria e la più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, perché deve avere riguardo ad un concetto funzionale di scarsità e, cioè, ad un concetto che tiene conto della funzione economica della risorsa pubblica in questione, dovendo valutarsi, in concreto, la collocazione geografica, le caratteristiche morfologiche, il pregio ambientale e paesaggistico, il valore “commerciale”, il pregio di quella particolare tipologia di concessione in rapporto al bene pubblico (il tratto di costa) oggetto di sfruttamento economico e non tutto il tratto costiero in ipotesi balneabile come se fosse un unico eguale ed indifferenziato, non potendo ritenersi non discriminatorio un criterio che tratti e consideri e calcoli in modo eguale situazioni costiere estremamente diverse sul territorio nazionale.

17.6. In questa prospettiva, il Comune di Lecce ha prodotto in giudizio, con l’all. 2 depositato il 25 marzo 2024, e richiamato il parere motivato della Commissione europea del 16 novembre 2023, in cui è stato evidenziato che non possono essere prese in considerazione le risultanze, peraltro ancora parziali e incomplete, del Tavolo tecnico istituito dall’art. 10-quater del d.l. n. 198 del 2022 secondo cui, in sintesi, «la quota di aree occupate dalle concessioni demaniali equivale, attualmente, al 33 per cento delle aree disponibili», perché:

1) non riflettono una valutazione qualitativa delle aree in cui è effettivamente possibile fornire servizi di ‘concessione balneare’, dato che prendono in considerazione, ad esempio, tutte le parti di costa rocciosa, dove è ben difficile, se non impossibile, insediare uno stabilimento balneare e, addirittura, inseriscono nel calcolo per la stima della percentuale «il totale delle aviosuperfici, il totale dei porti con funzioni commerciali, il totale delle aree industriali relative ad impianti petroliferi, industriali e di produzione di energia, le aree marine protette e parchi nazionali»;

2) non tengono conto delle situazioni specifiche a livello regionale e comunale.

17.7. A prescindere da ogni considerazione sul valore (certamente in alcun modo vincolante) di quanto affermato dalla Commissione nel prodotto parere motivato, sulle successive interlocuzioni tra Governo e Commissione (del tutto estranee al presente giudizio) e sull’esito dei lavori del menzionato Tavolo tecnico, di cui si dirà oltre, si osserva che, sulla scorta di quanto già statuito da questo Consiglio di Stato, in molte Regioni è previsto un limite quantitativo massimo di costa che può essere oggetto di concessione, che nella maggior parte dei casi – a conferma del carattere scarso della risorsa – coincide o consuma ampiamente la percentuale già assentita, come ad esempio, proprio nella Regione Puglia dove, con la legge regionale 23 giugno 2006, n. 17 (“Disciplina della tutela e dell’uso della costa”), la Regione, nell’attribuire ai Comuni l’esercizio di tutte le funzioni amministrative relative alla materia del demanio marittimo, ha stabilito le aree in cui il rilascio, il rinnovo e la variazione di concessione demaniale sono vietati (art. 16, comma 1) nonché ha predisposto che «allo scopo di garantire il corretto utilizzo delle aree demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative, una quota non inferiore al 60 per cento del territorio demaniale marittimo di ogni singolo comune costiero è riservata a uso pubblico e alla libera balneazione» (art. 16, comma 4).

17.8. Tale inequivocabile elemento non può essere superato offrendo in concessione aree necessariamente rientranti nelle percentuali di spiagge libere e sarebbe del resto in contrasto con i principi costituzionali di solidarietà economica e sociale e di tutela dell’ambiente e del paesaggio consumare in modo non proporzionato i già ormai limitati tratti di spiaggia libera, rendendo le coste italiane sempre più difficilmente accessibili in modo libero e gratuito anche ai soggetti meno abbienti.

18. Va aggiunto che l’art. 10-quater, comma 2, del d.l. n. 198 del 2023 ha previsto che il predetto Tavolo tecnico definisca i criteri tecnici per la sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto anche della “rilevanza economica transfrontaliera” e, al riguardo, tale elemento non può essere rilevante ai fini della valutazione della scarsità dato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte europea, il capo III della Dir. 2006/123/CE – compreso, dunque, anche il suo articolo 12 – si applica anche a situazioni puramente nazionali, senza che sia necessaria una valutazione della rilevanza transfrontaliera come quella suggerita dalla disposizione in questione (Corte di Giustizia UE, 30 gennaio 2018, Visser Vastgoed Beleggingen, nelle C-360/15 e C-31/16, punti 98 e segg.; nonché la già citata sentenza del 20 aprile 2023 in C-348/22, Comune di Ginosa, punto 40), avendo la Corte chiarito che l’art. 12, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva deve essere interpretato nel senso che «esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo», applicandosi le disposizioni del capo III della Dir. 2006/123/CE «non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro».

18.1. In questa prospettiva, dunque, deve essere disapplicato anche l’art. 10-quater, comma 2, del d.l. n. 198 del 2022, laddove, nel prevedere che «il tavolo tecnico di cui al comma 1, acquisiti i dati relativi a tutti i rapporti concessori in essere delle aree demaniali marittime, lacuali e fluviali, elaborati ai sensi all’articolo 2 della legge 5 agosto 2022, n. 118, definisce i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale che di quello disaggregato a livello regionale, e della rilevanza economica transfrontaliera», dispone che nella determinazione della scarsità della risorsa debba considerarsi la rilevanza economica transfontaliera della concessione, che non è un presupposto per l’applicazione dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE ma semmai, laddove non si applichi l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, del solo art. 49 del T.F.U.E.

18.2. In assenza di risultati, ancorché parziali e provvisori, che dimostrino in modo serio e attendibile, tanto a livello nazionale che a livello locale, che le concessioni non siano una risorsa scarsa, secondo i criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati, indicati dalla Corte, e in forza di una valutazione che deve essere anzitutto necessariamente qualitativa della risorsa, questo Consiglio di Stato, a cui compete nell’ordinamento italiano il controllo giurisdizionale sulla valutazione della scarsità delle risorse (che devono «essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale»: Corte di Giustizia UE, 20 aprile 2023, Comune di Ginosa, in C-348/22, punto 71), non può che riaffermare, allo stato, la sicura scarsità della risorsa (v., da ultimo, Cons. St., sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940 nonché Cons. St., sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679 nonché Cons. St., sez. VII, 6 settembre 2023, n. 8184, ord., secondo cui «la risorsa materiale è scarsa»), dovendo concordarsi con quelle tesi secondo cui, ove all’operazione di mappatura fosse associata la finalità di eludere l’assoggettamento alle procedure competitive ad evidenza pubblica, si riesumerebbe un diritto di insistenza per gli attuali concessionari, non più esistente, come si dirà, nemmeno nell’ordinamento interno.

18.3. D’altro canto, diversamente da quanto assumono S.I.B. e la Regione Abruzzo, l’applicabilità dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE è piena, diretta, incondizionata e non è né può essere subordinata dal legislatore in nessun modo alla mappatura, in sede nazionale, della “scarsità” della risorsa o a qualsiasi riordino, pur atteso, dell’intera materia, pena il frontale contrasto di questa subordinazione con il diritto dell’Unione e la conseguente disapplicazione delle norme che ciò prevedano (come, ad esempio, il già citato divieto di bandire le gare fino all’entrata in vigore di tale riordino: art. 4, comma 4-bis, della l. n. 118 del 2022, introdotto dall’art. 1, comma 8, lett. b), della l. n. 14 del 2023), dato che tale scarsità, in riferimento alle caratteristiche stesse delle concessioni, è evidente, per le ragioni già bene illustrate dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 17 del 2021 e dalle già richiamate ulteriori decisioni del Consiglio di Stato, e si presume finché dall’autorità amministrativa competente (a cominciare dai Comuni) non venga acclarato invece, sulla base di apposita istruttoria, e illustrato, con specifica motivazione, che il territorio costiero di interesse presenti una quantità di risorsa adeguata e sufficiente, nel rispetto dei fondamentali valori quali la tutela dell’ambiente e del paesaggio (v. Corte cost., 23 aprile 2024, n. 70, su cui anche infra al § 26), all’obiettivo dello sfruttamento economico della costa per le finalità turistico-ricreative proprie di queste concessioni.

18.4. Per tali ragioni risultano prive di fondamento le tesi che conferiscono natura pregiudiziale rispetto all’oggetto del presente giudizio e alla stessa indizione delle gare le conclusioni del Tavolo tecnico, le quali, oltre al già rilevato profilo di incompatibilità con il diritto dell’Unione, in alcun modo possono condizionare o sospendere l’effetto diretto dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE.

19. In ogni caso, rileva ancora il Collegio, quando pure l’autorità amministrativa competente, sulla scorta di quanto appena precisato al § 17.5. e sotto il controllo dell’autorità giurisdizionale, ritenga non applicabile l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE che, come ha ricordato la Corte, già provvede a un’armonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel suo campo di applicazione (Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 61), deve comunque trovare applicazione l’art. 49 del T.F.U.E. sulla libertà di stabilimento, laddove la singola concessione presenti un interesse transfrontaliero certo.

19.1. A tale riguardo, infatti, non può sottacersi che, qualora siffatta concessione riguardi in alcuni limitati e circoscritti casi una risorsa legittimamente ritenuta non scarsa ma presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione e una siffatta disparità di trattamento è, in linea di principio, vietata dall’articolo 49 del T.F.U.E.

19.2. Per quanto riguarda, anzitutto, l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, occorre ricordare che, secondo la Corte, quest’ultimo deve essere valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione (Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 66).

19.3. Ebbene, l’autorità amministrativa, quando pure ritenga che la risorsa naturale destinabile alla concessione per lo sfruttamento economico a fini turistico-ricreativi non sia scarsa, deve valutare comunque, per rispettare la libertà di stabilimento, se la singola concessione abbia o meno interesse transfrontaliero e, nel fare ciò, deve avere riguardo alle caratteristiche specifiche del singolo stabilimento che, anche solo per le sue caratteristiche (storiche, geografiche, ecc.), può esercitare una attrattiva per gli operatori economici stranieri, interessati a concorrere.

19.4. Compete dunque alla singola autorità amministrativa un’attenta valutazione, anch’essa soggetta all’indefettibile controllo giurisdizionale, di questo interesse, che anche in questo caso non può essere solo quantitativa – in termini, qui, di sola importanza economica – ma deve essere anzitutto qualitativa, dato che le concessioni come quella in esame, come ha rilevato la Corte, in linea di principio «riguardano un diritto di stabilimento nell’area demaniale finalizzato a uno sfruttamento economico per fini turistico‑ricreativi, di modo che le situazioni considerate nei procedimenti principali rientrano, per loro stessa natura, nell’ambito dell’articolo 49 T.F.U.E.» (Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 63, ma v. anche le considerazioni, espresse in termini generali, dell’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 sulla «eccezionale capacità attrattiva che da sempre esercita il patrimonio costiero nazionale, il quale per conformazione, ubicazione geografica, condizioni climatiche e vocazione turistica è certamente oggetto di interesse transfrontaliero, esercitando una indiscutibile capacità attrattiva verso le imprese di altri Stati membri» nonché, da ultimo, Cons. St., sez. VII, 6 settembre 2023, n. 8184, ord., resa in seguito ai chiarimenti richiesti dalla Corte di Giustizia, con la quale è stato evidenziato che il mercato di riferimento «attrae gli investimenti sia degli operatori economici nazionali, sia di quelli degli altri Stati membri»).

20. Dalla consolidata giurisprudenza della Corte si traggono dunque i seguenti principi, che sono vincolanti non solo per ogni giudice nazionale – a cominciare dai giudici amministrativi, che non devono seguire eccentriche o arbitrarie interpretazioni delle norme in materia che hanno l’effetto di non applicare il diritto dell’Unione – ma anche per tutte le autorità amministrative, non ultime, in ragione della prossimità territoriale, quelle comunali:

a) le pubbliche amministrazioni, al fine di assegnare le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, devono applicare l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, costituendo la procedura competitiva, in questa materia, la regola, salvo che non risulti, sulla base di una adeguata istruttoria e alla luce di una esaustiva motivazione, che la risorsa naturale della costa destinabile a tale di tipo di concessioni non sia scarsa, secondo quanto sopra si è precisato in base ad un approccio che può essere anche combinato e deve, comunque, essere qualitativo (v. supra § 17.5.);

b) anche quando non ritengano applicabile l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, esse devono comunque applicare l’art. 49 del T.F.U.E. e procedere all’indizione della gara, laddove la concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, da presumersi finché non venga accertato che la concessione difetti di tale interesse, sulla scorta di una valutazione completa della singola concessione.

20.1. Pertanto, l’obbligo di applicare l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE o l’art. 49 del T.F.U.E. potrebbe in ipotesi ritenersi insussistente soltanto in assenza di entrambe tali imprescindibili condizioni: la scarsità della risorsa e l’interesse transfrontaliero della concessione, la cui valutazione è comunque soggetta al controllo del giudice, che ha già rilevato come sia in concreto difficilmente riscontrabile la contemporanea assenza delle due condizioni, tenuto anche conto dell’importanza e della potenzialità economica del patrimonio costiero nazionale.

20.2. Certamente tale assenza non ricorre nel caso di specie, relativo a una concessione demaniale marittima, in relazione alla quale l’appellante comune di Lecce ha efficacemente dedotto, senza essere adeguatamente contrastato sul punto, che si tratta di un tratto di arenile che per la sua collocazione strategica costituisce una delle parti del litorale leccese maggiormente fruibile e accessibile e assume una evidente rilevanza competitiva, risultando obiettivamente molto appetibile per gli operatori economici e quindi in grado di generare la domanda di una pluralità di concorrenti (v. memoria del comune di Lecce del 4 aprile 2024).

20.3. Tali elementi conducono a ritenere che nel caso oggetto del giudizio la risorsa sia oggettivamente scarsa, senza quindi neanche necessità di accertare l’interesse transfrontaliero certo, peraltro anche sussistente.

20.4. In ogni caso e per completezza va precisato che i commi 1 e 3 dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022 nella originaria versione – disapplicate le modifiche apportate dalla l. n. 14 del 2023 che prorogano le scadenze di un ulteriore anno – prevedono, come meglio chiarito oltre, che la scadenza delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive, disposta al 31 dicembre 2023, possa essere differita fino al 31 dicembre 2024 solo «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva» (v., infra, § 25) e, dunque, presuppongono e impongono per tutte le concessioni scadute l’obbligo di assegnarle con gara in applicazione dei sovraesposti principi dell’Unione europea e dei principi del diritto nazionale di cui al successivo § 21 e senza quindi richiedere alle autorità amministrative alcuna ulteriore valutazione.

20.5. Inoltre, secondo il successivo comma 2 dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022 nella originaria versione (disapplicate le modifiche apportate dalla l. n. 14 del 2023), a parte le concessioni il cui titolo originario, assegnato o prorogato in base a procedura competitiva, non è ancora scaduto, l’altra sola eccezione era costituita dalle concessioni, «affidat[e] o rinnovat[e] mediante procedura selettiva con adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza e, in particolare, con adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento», le quali «continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 31 dicembre 2023 se il termine previsto è anteriore a tale data».

20.6. Per escludere la scadenza e il correlato obbligo di procedere con gara si doveva trattare, quindi, di concessioni affidate con una procedura selettiva che prevedeva la durata della concessione stessa, non rientrando in tale ipotesi il caso delle concessioni affidate con gara e alla scadenza del relativo termine di durata prorogate in modo automatico o comunque senza adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza e, in particolare, senza adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

20.7. Mentre il citato comma 2 resta efficace per la parte in cui stabilisce che le concessioni affidate con gara continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo, che ha formato oggetto della procedura selettiva, l’eccezione in parola ha ormai esaurito la propria efficacia con lo spirare del 31 dicembre 2023, dopo il quale torna a riprendere vigore la regola della necessaria procedura competitiva inderogabile (salvo quanto si dirà per la proroga tecnica proprio in funzione della gara, v. infra, § 25. e ss.), una volta scaduto il precedente titolo concessorio anche se assegnato o prorogato all’esito di precedente procedura selettiva, non solo in base al diritto europeo, ma anche secondo il diritto nazionale.

21. Sempre per completezza va infatti sottolineato che non esiste, nemmeno nell’ordinamento interno, il c.d. diritto di insistenza, essendo le concessioni, comunque, provvedimenti per loro natura limitati nel tempo, soggetti a scadenza, e comunque non automaticamente rinnovabili in favore al concessionario uscente, ma da assegnarsi, anche secondo le norme nazionali, secondo procedura comparativa ispirata ai fondamentali principî di imparzialità, trasparenza e concorrenza, dando prevalenza alla proposta di gestione privata del bene che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e risponda a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico (Cons. St., sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3377).

21.1. Non è fuor di luogo ricordare infatti che, anche prescindendo dall’applicabilità del diritto europeo, la giurisprudenza costante di questo Consiglio aveva chiarito che il concessionario di un bene demaniale non può vantare alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, sicché il relativo diniego, comunque esplicitato, nei limiti ordinari della ragionevolezza e della logicità dell’agire amministrativo, non necessita di ulteriore motivazione e non implica alcun “diritto d’insistenza” allorché la pubblica amministrazione intenda procedere a un nuovo sistema d’affidamento mediante gara pubblica o comunque procedura comparativa.

22. Pertanto, in sede di rinnovo, il precedente concessionario va posto sullo stesso piano di qualsiasi altro soggetto richiedente lo stesso titolo, senza necessità di particolare motivazione con riferimento al diniego della richiesta di rinnovo e alla indizione di una gara (Cons. St., sez. V, 25 luglio 2014, n. 3960, Cons. St., sez. V, 21 novembre 2011, n. 6132; Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3145).

23. In conclusione, anche nelle eccezionali ipotesi di risorsa non scarsa e di contestuale assenza dell’interesse transfrontaliero certo, da provarsi in modo rigoroso, il diritto nazionale impone in ogni caso di procedere con procedura selettiva comparativa ispirata ai fondamentali principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza e preclude l’affidamento o la proroga della concessione in via diretta ai concessionari uscenti.

24. Sulla base delle considerazioni sin qui svolte, previa disapplicazione delle disposizioni nazionali che hanno introdotto le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative (richiamate ai precedenti § 16. e § 16.6.) e precisato quanto sopra circa l’elemento della scarsità delle risorse naturali, la pretesa del ricorrente di primo grado ad ottenere l’accertamento della spettanza della proroga della durata della concessione demaniale marittima fino al 2033 è priva di fondamento e non può essere invocata la normativa sopravvenuta per le ragioni sopra esposte.

25. Si può ritenere compatibile con il diritto dell’Unione la sola proroga “tecnica” – funzionale allo svolgimento della gara – prevista dall’art. 3, commi 1 e 3, della l. n. 118 del 2022 nella sua originaria formulazione, prima delle modifiche dei termini apportate dal d.l. n. 198 del 2022, laddove essa fissa come termine di efficacia delle concessioni il 31 dicembre 2023 e consente alle autorità amministrative competenti di prolungare la durata della concessione, con atto motivato, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura competitiva e, comunque, non oltre il termine del 31 dicembre 2024 «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa».

25.1. Affinché possano legittimamente giovarsi di tale proroga tecnica senza violare o eludere il diritto dell’Unione e la stessa l. n. 118 del 2022, però, le autorità amministrative competenti – e, in particolare, quelle comunali – devono avere già indetto la procedura selettiva o comunque avere deliberato di indirla in tempi brevissimi (come fatto, ad esempio, proprio della Giunta comunale di Lecce con la delibera n. 453 del 14 dicembre 2023, illustrata e oggetto di discussione all’udienza pubblica del 7 maggio 2024), emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi.

25.2. L’art. 3, comma 3, della l. n. 118 del 2022 – lo si ricorda – consente infatti la proroga tecnica, testualmente, solo per il tempo strettamente necessario «alla conclusione della procedura», che deve essere stata avviata e può ritenersi avviata, secondo una interpretazione ispirata a ragionevolezza, in presenza quantomeno di un atto di indirizzo volto ad indire, finalmente, le gare, non essendo consentito comunque, sul piano logico prima ancor che cronologico, disporre una proroga tecnica finalizzata alla conclusione di una procedura di gara che nemmeno sia stata avviata, quantomeno a livello programmatico, pur di fronte a vicende contenziose o a difficoltà legate all’espletamento della procedura stessa, nell’assenza, ad oggi, di un più volte auspicato riordino sistematico dell’intera materia, dove confluiscono e trovano composizione, come ha ricordato la Corte costituzionale, molteplici e rilevanti interessi, pubblici e privati.

25.3. Tale soluzione consente di evitare le incertezze prospettate dalle parti in relazione all’imminente avvio della stagione balneare e richiede una decisione dell’ente competente in favore della indizione delle gare con conseguente possibilità di differimento del termine di scadenza delle concessioni con atto motivato, in virtù del quale fino alla data sopra indicata – il 31 dicembre 2024 – l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente, laddove prorogata alle condizioni appena chiarite, è comunque legittima anche in relazione all’art. 1161 cod. nav., come chiarisce lo stesso art. 3, comma 3, della l. n. 118 del 2022.

26. È compito – e ragion stessa d’essere – di questo Consiglio di Stato, quale giudice chiamato dalla Costituzione ad assicurare la tutela nei confronti della pubblica amministrazione (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204), garantire, in relazione ai giudizi amministrativi, la piena attuazione, da parte di tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte (a cominciare da quelle comunali) nell’esercizio dei loro poteri, dei principi sin qui sanciti, che sono alla base sia del diritto europeo che dell’ordinamento costituzionale, non solo annullando gli atti illegittimi da queste poste in essere, ma anche disapplicando la normativa nazionale contrastante con il diritto dell’Unione, mentre compete al legislatore fissare le regole che presiedono allo svolgimento delle procedure competitive nel generale riordino della materia al crocevia, come di recente ha chiarito la stessa Corte costituzionale, di fondamentali valori e di molteplici «interessi […], che sono legati non solo alla valorizzazione dei beni demaniali, al fine di ricavare da essi una maggiore redditività (in tesi corrispondente a quella ritraibile sul libero mercato), ma anche alla tutela di tali beni pubblici, in ambiti che incrociano altri delicati interessi di rilievo costituzionale, quali la tutela del paesaggio e dell’ambiente marino» (Corte cost., 23 aprile 2024, n. 70).

27. Questa materia infatti non può essere sottratta all’applicazione dei principi e delle regole immediatamente applicabili nell’ordinamento interno fissate dal legislatore europeo nemmeno per il tempo necessario all’indizione delle gare e alla predisposizione delle relative regole, attinenti alla materia della concorrenza, da parte del legislatore nazionale (con conseguente disapplicazione, come detto, anche dell’art. 4, comma 4-bis, della l. n. 118 del 2022, considerato, peraltro, che la delega è ormai scaduta), salva l’adozione nell’immediato, come detto, della c.d. proroga tecnica per la stagione balneare ormai avviata e, comunque, nei limiti sopra precisati.

28. Stante la necessità non più procrastinabile di procedere alle gare, nell’attesa di questo riordino, non sono solo le singole previsioni delle leggi regionali a poter fornire un’utile cornice normativa, ma soccorrono certamente per una disciplina uniforme delle procedure selettive di affidamento delle concessioni, al fine di indirizzare nell’esercizio delle rispettive competenze l’attività amministrativa delle Regioni e dei Comuni, i principi e i criteri della delega di cui all’art. 4, comma 2 della l. n. 118 del 2022, anche se poi essi non hanno trovato attuazione essendo la delega scaduta senza esercizio.

29. Si deve infatti considerare che, allorché la legge di delega li abbia posti, i principi e i criteri della stessa entrano senz’altro a comporre il quadro dei referenti assiologici che permeano l’ordinamento vigente e concorrono pure essi a disciplinare direttamente la materia alla quale afferiscono, se il loro contenuto prescrittivo possegga i necessari requisiti, anche quando il Governo abbia infruttuosamente lasciato scadere la delega e fino a che, ovviamente, il legislatore non provveda direttamente ad abrogarli e/o a disciplinare diversamente la materia.

30. Tali principi e criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori per una disciplina uniforme della concorrenza in questa materia – tra i quali, ad esempio, si possono qui ricordare l’adeguata considerazione degli investimenti, del valore aziendale dell’impresa e dei beni materiali e immateriali, della professionalità acquisita anche da parte di imprese titolari di strutture turistico-ricettive che gestiscono concessioni demaniali (lett. c), l’individuazione di requisiti di ammissione che favoriscano la massima partecipazione di imprese, anche di piccole dimensioni (lett. d), la considerazione della posizione dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, hanno utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, nei limiti definiti anche tenendo conto della titolarità, alla data di avvio della procedura selettiva, in via diretta o indiretta, di altra concessione o di altre attività d’impresa o di tipo professionale del settore (lett. e), 5.2.), la definizione di criteri per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante (lett. i), ma v. anche Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 54, in riferimento all’art. 12, paragrafo 3, della Dir. 2006/123/CE – saranno presi in considerazione dai Comuni, in particolare, nella predisposizione dei bandi per l’affidamento delle concessioni «sulla base di procedure selettive, nel rispetto dei princìpi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità, da avviare con adeguato anticipo rispetto alla loro scadenza» (art. 4, comma 2, lett. b), l. n. 118 del 2022).

31. Dalle ragioni sin qui esposte, senza indulgere ad ulteriori considerazioni contrarie al doveroso principio di sinteticità prescritto dal codice di rito (art. 3, comma 2, c.p.a.), discende che debba essere accolto l’appello del Comune, in quanto finalizzato ad ottenere la riforma della sentenza impugnata che, erroneamente, ha negato la diretta, immediata, incondizionata applicabilità della Dir. 2006/123/CE e, altrettanto erroneamente, ha accertato il diritto del ricorrente a conseguire una durata della proroga addirittura sino al 2033 sulla scorta delle illegittime previsioni di cui all’art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018, immediatamente disapplicabili dalla pubblica amministrazione, come nel caso di specie ha fatto correttamente il Comune di Lecce con il provvedimento impugnato in primo grado ed esente da qualsivoglia censura.

32. Il ricorso proposto in primo grado da Andrea Caretto, infatti, doveva e deve essere respinto, anche nei motivi assorbiti e qui riproposti dall’appellato ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. dato che, in sintesi, si può rilevare per ciascuno di essi quanto segue:

a) il primo motivo riproposto (pp. 2-4 dell’atto di riassunzione) è palesemente infondato, perché la disapplicazione della proroga di cui all’art. 1, comma 682, della l. n. 145 del 2018 compete anzitutto, come ha chiarito la Corte di Giustizia UE nella più volte citata sentenza del 20 aprile 2023, Comune di Ginosa, in C-348/22, alle autorità amministrative comunali e dunque legittimamente il Comune di Lecce ha disapplicato la medesima l. n. 145 del 2018;

b) il secondo motivo riproposto (pp. 4-8 dell’atto di riassunzione) è pure esso infondato, dato che il provvedimento comunale muove dal presupposto, che non può da questo Consiglio non essere condiviso, per il quale le due proroghe – sia quella della l. n. 145 del 2018 che quella del d.l. n. 34 del 2020 – sono l’effetto di due leggi-provvedimento che – al di là della loro illegittimità – presuppongono comunque la sicura scadenza del titolo concessorio, mentre la c.d. proroga tecnica in vista della gara costituisce un provvedimento interinale finalizzato all’indizione della procedura selettiva per la scelta del nuovo concessionario, secondo quanto impone la corretta applicazione del diritto europeo nei termini sopra precisati;

c) il terzo motivo riproposto (pp. 8-10 dell’atto di riassunzione) è anche esso infondato, in quanto le contestazioni mosse dall’appellato alle condizioni poste dal Comune alla “seconda opzione” della proroga tecnica (il termine di tre anni, l’obbligo di effettuare il monitoraggio, la rinuncia, alla scadenza, ad utilizzare ulteriormente l’area), invero, appaiono meramente ipotetiche dato che egli ha fatto valere l’interesse ad ottenere la proroga prevista ex lege ai sensi della l. n. 145 del 2018 e non già ad accettare l’altra opzione e, cioè, quella della proroga tecnica, a cui si riferiscono le condizioni imposte dal Comune, condizioni che, comunque, non appaiono illegittime perché non aggravano il concessionario in proroga “tecnica” di oneri sproporzionati e contrari alla legge;

d) il quarto motivo riproposto (pp. 10-17 dell’atto di riassunzione) è anche esso infondato perché esso, nel negare l’applicabilità del diritto europeo, contesta sia la scarsità della risorsa che la sussistenza dell’interesse transfrontaliero, ma trascura – e si richiamano per sintesi sempre le osservazioni sopra svolte al § 20.2. – che la scarsità della risorsa non è un mero dato quantitativo, ma soprattutto qualitativo, come ha osservato anche la Commissione europea nel già richiamato motivato del novembre 2023, sicché il fatto che, in base al Piano Comunale Coste vi siano ulteriori aree concedibili non è in sé decisivo (a prescindere dal contestato esatto numero di queste), dovendo considerarsi la tipologia di coste effettivamente concedibili e analoghe, per caratteristiche, collocazione, ecc. a quella di cui è causa, e comunque, anche se per ipotesi si volesse ammettere che la risorsa non sia scarsa (con conseguente inapplicabilità dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE), l’altro fondamentale requisito per l’applicabilità dell’art. 49 del T.F.U.E. e, cioè, l’interesse transfrontaliero non può essere negato solo per la posizione geografica perché Lecce si trova lontana dai confini di altri Stati europei, come assume l’appellante, dovendosi commisurare tale interesse non solo alla situazione geografica, in sé non dirimente, ma anche ad altri fattori socio-economici, quali le caratteristiche salienti della concessione e la sua rilevanza economica, come del resto ha rilevato anche l’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 seppure in riferimento all’intero “blocco” delle concessioni demaniali marittime di tipo turistico-ricreativo in Italia (le considerazioni svolte in precedenza supra, al § 20.2., dimostrano sia la scarsità della risorsa oggetto della richiesta di proroga sia l’interesse transfrontaliero certo e, dunque, escludono che si possa venire meno all’obbligo di indire una gara per l’assegnazione della concessione);

e) il sesto motivo riproposto (pp. 17-18 dell’atto di riassunzione) è divenuto improcedibile per difetto di interesse, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a., dato che il periodo emergenziale è ormai scaduto da tempo (30 giugno 2022) e, dunque, non è dato comprendere quale interesse sorregga ancora la censura, al di là del fatto che l’Adunanza plenaria, con la già citata sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 e la successiva giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, hanno dichiarato illegittima, perché contrastante con il diritto unionale, ogni proroga, anche quella sancita in pendenza e per via dell’emergenza epidemiologica, e pertanto la censura, anche laddove ancora procedibile, sarebbe comunque infondata anche nel merito;

f) il settimo motivo riproposto (pp. 18-19 dell’atto di riassunzione) è anche esso infondato perché il provvedimento di diniego della proroga, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241 del 1990, era ed è vincolato in ossequio alla primazia del diritto europeo e il motivo – anche tenendo in considerazione il terzo periodo della disposizione introdotto dal d.l. n. 76 del 2020 – si palesa evidentemente formalistico perché il ricorrente in prime cure non ha dimostrato quali elementi in sede procedimentale, ove tempestivamente rappresentati – in quel momento e non, si badi, successivamente, come quelli fatti valere nel presente giudizio – dopo la comunicazione di cui all’art. 10-bis di cui lamenta la mancanza, avrebbero potuto modificare l’esito del procedimento il cui esito, nel caso di specie, in nessun modo sarebbe potuto essere diverso da quello che, poi, in effetti è stato, con la conseguente reiezione dell’istanza.

33. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, in seguito all’annullamento disposto dalle Sezioni Unite, questo Collegio, accoglie l’appello proposto dal Comune di Lecce e, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge integralmente il ricorso proposto in primo grado da Andrea Caretto, anche nei motivi assorbiti e qui riproposti, confermando la piena legittimità della delibera n. 342 dell’11 novembre 2020 della Giunta comunale di Lecce.

34. Le spese del doppio grado del giudizio, per la complessità delle questioni trattate, possono essere interamente compensate tra tutte le parti.

34.1. Rimane definitivamente a carico di Andrea Caretto il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo grado, mentre egli deve rimborsare al Comune di Lecce il contributo unificato corrisposto per la proposizione dell’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto dal Comune di Lecce, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge integralmente, anche nei motivi assorbiti e qui riproposti, il ricorso proposto in primo grado da Andrea Caretto.

Compensa interamente tra tutte le parti costituite e intervenute nel presente giudizio le spese del doppio grado del giudizio.

Pone definitivamente a carico di Andrea Caretto il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo grado.

Condanna Andrea Caretto a rimborsare in favore del Comune di Lecce il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2024, con l’intervento dei magistrati:

Roberto Chieppa, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Daniela Di Carlo, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere

L’ESTENSORE
Massimiliano Noccelli

IL PRESIDENTE
Roberto Chieppa

 

Guida alla lettura

Con la sentenza n. 4479 del 20/05/2024 (che si accompagna alle sentenze gemelle nn. 4480 e 4481 del 20 maggio 2024), all’esito del giudizio di appello, proposto dalla Autorità Antitrust ai sensi dell’art. 21-bis della L. n. 287 del 1990, avverso la decisione del Tar Lecce n. 1224 del 2/11/2023, il Consiglio di Stato ribadisce i principi già espressi con la Plenaria n. 17 del 2021 e con le successive statuizioni, in conformità a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia con le sentenze Promoimpresa del 14/07/2016 e Comune di Ginosa del 20/04/2023 della Corte di Giustizia Europea.

Il Consiglio di Stato sancisce, ancora una volta, l’efficacia diretta della direttiva 2006/123/CE e la sua immediata applicabilità nell’ordinamento nazionale, come già chiarito dalla Corte di Giustizia UE, nella innanzi citata sentenza Promoimpresa e, sulla sua scia, dall’Adunanza plenaria, nella sentenza n. 17 del 2021, nonché nelle successive sentenze del Consiglio di Stato, e della Corte di Lussemburgo (sentenza Comune di Ginosa del 20 aprile 2023, in C-348/22).

Alla luce di tale preliminare precisazione, il Supremo Consesso, nella sentenza in commento, conferma l’assoggettabilità delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative all’art. 49 del T.F.U.E. (divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento) nonché all’art. 12 capo III della Direttiva 2006/123/CE.  

Tale ultima disposizione impone, infatti, agli Stati membri di applicare, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, una procedura di selezione, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza, nonché un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

In ogni caso, chiarisce la Corte, anche qualora non si ritenesse applicabile l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, lo sarebbe, comunque, l’art. 49 del T.F.U.E., con conseguente obbligo di procedere all’indizione della gara, presumendosi l’interesse transfrontaliero certo delle concessioni balneari a scopo turistico-ricreativo, salvo diversa valutazione completa della singola concessione.

Pertanto, viene rimarcato il contrasto delle normative nazionali, che stabiliscono proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime, attualmente in scadenza, con la normativa europea, ed il conseguente obbligo di disapplicazione delle stesse da parte del Giudice amministrativo, il quale dovrà decidere le relative controversie tamquam non essent, e da parte della Pubblica Amministrazione.

Il Collegio ribadisce con forza la necessità di procedere all’applicazione dei principi e delle regole,  immediatamente applicabili nell’ordinamento interno,  fissate dal legislatore europeo, e alla indizione delle gare nel rispetto del principio della concorrenza,  con conseguente disapplicazione anche dell’art. 4, comma 4-bis, della l. delega n. 118 del 2022 (nel frattempo scaduta, senza che siano intervenuti i decreti di attuazione), facendo salva l’adozione, nell’immediato, della sola  proroga tecnica per la stagione balneare ormai avviata.

Afferma infine il Collegio che l’obbligo di applicare l’art. 12 della Dir.2006/123/CE o l’art. 49 del T.F.U.E. potrebbe in ipotesi ritenersi insussistente soltanto in assenza di entrambe le imprescindibili condizioni della scarsità della risorsa e dell’interesse transfrontaliero della concessione.

Fermo restando l’acclarato interesse transfrontaliero delle concessioni balneari a scopo turistico ricreativo, il punto di novità della sentenza sta nel richiamo, ai fini della individuazione dei criteri di valutazione da adottare nell’accertamento della scarsità della risorsa, a quanto previsto dalla Corte di Giustizia nella sentenza Comune di Ginosa del 20/04/2023.

La Corte di Giustizia, infatti, nell’affermare che: “L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali; margine di discrezionalità che può condurre a una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un criterio che ponga l’accento sulla situazione esistente in un territorio costiero circoscritto o, addirittura, a combinare tali due metodi, sembra dare la stura, nella valutazione del requisito della “scarsità”,  ad una soluzione diversa rispetto a quella, pur valida,  sostenuta sinora nelle statuizioni che si sono susseguite.

In particolare, nella sentenza in commento, il Consiglio di Stato afferma che: “In merito alla scarsità della risorsa naturale in questione, in assenza di risultati, ancorché parziali e provvisori, che dimostrino in modo serio e attendibile, sia a livello nazionale che a livello locale, che le spiagge non rappresentino una risorsa scarsa sulla base di criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati e secondo una valutazione non meramente quantitativa ma qualitativa della risorsa, deve riaffermarsi la scarsità della risorsa”, aprendo in tal modo ad un criterio di valutazione della “scarsità” parcellizzato, potendo riferirsi anche ad un limitato ambito territoriale e non, come sinora sostenuto,  alla complessività del territorio costiero, fermo restando il rispetto dei principi di non discriminazione, proporzionalità e trasparenza.