Tar Lazio, Roma, sez. V ter,30 aprile 2024, n. 8580

La legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione.

Risulta dunque indimostrato che la legge sull’equo compenso venga a collidere con le disposizioni del codice dei contratti pubblici che assicurano il confronto competitivo tra gli operatori.

La disciplina dell’equo compenso trova applicazione anche per i servizi intellettuali forniti alla p.a. da professionisti in forma associata o societaria.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1076 del 2024, proposto da
Società di ingegneria Litos Progetti s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., in relazione alla procedura CIG A00A2F391F, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Zaccone e Simona Russello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia del demanio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, è domiciliata;

nei confronti

- Benedetti&Partners studio associato di ingegneria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Ferlini e Elisa Orlandini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Y.U.Ppies’ services s.r.l., Franchi Valeriano, Archeomodena ass. prof. Benassi Guandalini Scaruffi;

per l’annullamento

degli atti e delle operazioni concernenti la procedura aperta indetta dall’Agenzia del demanio - Direzione Roma Capitale per “l’affidamento del servizio di vulnerabilità sismica, diagnosi energetica e rilievi da restituire in modalità BIM per taluni beni immobili di proprietà dello Stato siti in Roma” - CUP G86C23000060001 - LOTTO 2 CIG A00A2F391F, nell’ambito della quale, a seguito dello svolgimento del subprocedimento di verifica dell’anomalia, si è disposta l’esclusione della ricorrente, originaria aggiudicataria del servizio, e, in particolare:

- della determina di esclusione, nota prot. n. 14410 del 28 dicembre 2023 dell’Agenzia del demanio, Direzione Roma Capitale, a firma del RUP, comunicata a mezzo pec in pari data;

- della nota prot. n. 12396 del 13 novembre 2023, con la quale la stazione appaltante ha chiesto i giustificativi dell’offerta alla Litos Progetti s.r.l., nonché delle valutazioni e delle attività anche istruttorie svolte dalla stazione appaltante in sede di verifica di congruità;

- degli atti (non conosciuti) di verifica dell’anomalia dell’offerta del RT “Benedetti & Partners studio associato di ingegneria/Y.U.Ppies’ services s.r.l./Franchi Valeriano/Archeomodena ass. prof. Benassi Guandalini Scaruffi”;

- del provvedimento di aggiudicazione del servizio in favore del RT “Benedetti & Partners studio associato di ingegneria/Y.U.Ppies’ services s.r.l./Franchi Valeriano/Archeomodena ass. prof. Benassi Guandalini Scaruffi”, approvato con determina del direttore della Direzione di Roma Capitale dell’Agenzia del demanio prot. n. 406 del 15 gennaio 2024;

- del verbale di verifica n. 6 dell’offerta anomala;

nonché, per quanto di necessità, in quanto lesivi:

- della determina a contrarre prot. n. 9541 del 31 agosto 2023, in particolare nella parte in cui prevede che “sulla base delle disposizioni di cui alla l. 49/2023, alla luce dell’interpretazione da ultimo resa dall’ANAC i compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale attinenti ai servizi di ingegneria e architettura determinati in base agli artt. 2 e ss del suddetto DM, devono ritenersi inderogabili e non ribassabili”, stabilendo altresì che il ribasso è limitato ai costi, al netto dei costi della manodopera, per le attività propedeutiche all’esecuzione dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, quali indagini strutturali distruttive, non distruttive, indagini su solai, saggi in fondazione, indagini geologiche, geotecniche, spese di laboratorio e per rilascio certificati di prova, ecc., nonché per il ripristino post indagine;

- della legge di gara e, in particolare, del disciplinare di gara (ivi inclusi gli allegati e il capitolato prestazionale tecnico) nella parte in cui prevede l’inderogabilità (e la non ribassabilità) dei compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, determinati in base agli artt. 2 e ss. del D.M. 17 giugno 2016;

per la dichiarazione di inefficacia

- del contratto di appalto, ove stipulato nelle more, in relazione al quale la ricorrente, ai sensi degli artt. 122 e 124 c.p.a., formula espressamente domanda di subentro;

e per la condanna

- della stazione appaltante alla reintegrazione in forma specifica, mediante aggiudicazione della gara alla ricorrente e conseguente stipulazione del contratto di appalto;

- ovvero, in subordine, all’integrale risarcimento del danno a titolo di lucro cessante, perdita di chance, danno curriculare e danno emergente, con riserva di precisazione in corso di causa, ove per fatto e/o colpa della stazione appaltante non risulti praticabile la reintegrazione in forma specifica.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia del demanio e di Benedetti&Partners studio associato di ingegneria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2024 la dott.ssa Annalisa Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

FATTO

1. Con ricorso notificato il 26 gennaio 2024 (depositato il successivo 31 gennaio), Litos Progetti s.r.l. ha esposto che:

- con determina a contrarre prot. n. 9541 del 31 agosto 2023, l’Agenzia del demanio - Direzione Roma Capitale ha stabilito di indire una procedura aperta, ai sensi dell’art. 71 d.lgs. n. 36/2023, da espletarsi tramite piattaforma in modalità ASP di Consip s.p.a., per l’affidamento del servizio di verifica della vulnerabilità sismica, diagnosi energetica e rilievi da restituire in modalità BIM per taluni beni immobili di proprietà dello Stato siti in Roma, mediante il sistema informatico nella disponibilità di Consip s.p.a.;

- la gara era suddivisa in due lotti e il servizio oggetto del lotto n. 2, cui ha partecipato la ricorrente, era da eseguirsi su due edifici per un “importo complessivo del servizio a base della procedura” pari a euro 325.806,48, “di cui compensi non soggetti a ribasso” per un importo pari a euro 258.064,54, costi per la manodopera, non soggetti a ribasso, per un importo di euro 6.451,61 e oneri per la sicurezza non ribassabili pari a euro 3.225,81. In definitiva, la quota parte assoggettabile a ribasso era pari a euro 58.064,52 (vi era inoltre la previsione di un servizio opzionale - da svolgere su un ulteriore manufatto 1 - per un importo a base di gara pari a euro 63.013,69 di cui compensi non ribassabili pari a euro 51.783,53, costi della manodopera non ribassabili per euro 1.247,80 e oneri per la sicurezza non ribassabili pari a euro 623,90 - cfr. § 3 del disciplinare);

- il disciplinare indicava altresì che l’importo a base di gara era stato calcolato ai sensi del decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 17 giugno 2016 - recante “Approvazione delle Tabelle dei corrispettivi commisurati a livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2026” - (di seguito, D.M. 17 giugno 2016), e che sulla base delle disposizioni dell’art. 41, comma 15, e dell’All. I.13 del d.lgs. n. 36/2023 e della l. n. 49/2023, in linea con la delibera dell’ANAC n. 343 del 20 luglio 2023, i compensi stabiliti per le prestazioni d’opera intellettuale attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, determinati in base agli artt. 2 e ss. del suddetto D.M., avrebbero dovuto considerarsi inderogabili e non ribassabili;

- il criterio di aggiudicazione prescelto era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell’art. 108, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 36/2023, in base ai seguenti criteri di attribuzione del punteggio (a loro volta articolati in sub-criteri e distinti per fattori ponderali): a) professionalità e adeguatezza dell’offerta; b) caratteristiche tecniche metodologiche dell’offerta; c) ribasso percentuale unico; d) riduzione percentuale unica sui tempi (v. § 18 disciplinare);

- all’esito dell’esame delle offerte economiche, svolto nella seduta del 25 ottobre 2023, la ricorrente risultava aver raggiunto il primo posto, con 95,89 punti e un ribasso del 99,90%;

- peraltro, le offerte classificatesi al primo, secondo e terzo posto in graduatoria risultavano anomale; sicché, superata la fase dell’esame della documentazione amministrativa, il RUP, con nota prot. n. 12396 del 13 novembre 2023, chiedeva alla ricorrente di produrre i giustificativi ai sensi dell’art. 110 del d.lgs. n. 36/2023, in particolare sui seguenti aspetti: “Metodologia utilizzata per effettuare il servizio di verifica di vulnerabilità sismica e delle relative attività di caratterizzazione delle proprietà meccaniche dei materiali e relative indagini diagnostiche, geologiche, geotecniche; Criteri metodologici e strumentazioni utilizzate per effettuare il rilievo geometrico, architettonico e strutturale da restituirsi in BIM grazie anche alle informazioni strutturali, tecnologiche e dei materiali acquisite in sede d’indagine strutturale; Criteri metodologici e strumentazioni utilizzati per svolgere l’attività di Diagnosi Energetica; evidenziando, tra l’altro, gli elementi che comprovino gli obblighi di cui al D.lgs. 36/2023 e il rispetto dei minimi salariali retributivi e ai sensi dell’art. 110 comma 5 lett. d). Si evidenzia la necessità che all’interno della documentazione prodotta vengano scorporati e giustificati i costi della manodopera (così come indicati in sede di offerta), ai fini della verifica del rispetto di quanto previsto all’art. 110, comma 5 lett. d), avendo cura di distinguere la quota parte relativa alle indagini”;

- nella relazione giustificativa, la società ricorrente chiariva di aver considerato il costo orario per ciascun professionista, parte del team di lavoro, in base ai diversi trattamenti salariali applicati nei rapporti con le varie figure professionali: in particolare, il costo lordo complessivo orario dei dipendenti con qualifica di “ingegnere/architetto” e di “geometra” utilizzati ai fini della partecipazione della gara era determinato alla luce del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro per Studi Professionali – Confprofessioni (Consilp). La società ricorrente produceva altresì dei quadri sinottici in cui per ogni prestazione professionale da eseguirsi e per ogni fase del servizio oggetto di gara si dettagliava il calcolo del costo del lavoro relativo alle diverse figure professionali impiegate, distinto per manufatto oggetto del servizio, e si evidenziava, infine, un utile pari a euro 105.842,14, ossia a circa il 23,1% calcolato sul totale dei costi (diretti della commessa e indiretti di gestione aziendale);

- la stazione appaltante disponeva infine l’esclusione della società ricorrente perché avrebbe “operato di fatto un ribasso anche sui compensi determinati sulla base degli artt. 2 e ss del DM 17 giugno 2016 in violazione della lex specialis che li ha qualificati come ‘inderogabili e non ribassabili’ ai sensi delle disposizioni in tema di equo compenso di cui al citato art. 41, comma 15 e dell’all. I.13 del d.lgs. 36/2023 e della L. 49/2023 in linea con la Delibera dell’ANAC n. 343 del 20/07/2023” (det. n. 14410 del 28/12/2023). Ciò in quanto l’operatore economico in questione avrebbe indicato “spese - tra cui € 55.171,20 a titolo di ‘costo indagini e prove strutturali e geognostiche’ documentate con apposito preventivo (all. 4) - per un importo di gran lunga superiore rispetto alla quota risultante per le medesime voci ed attività dall’applicazione del ribasso percentuale unico offerto in sede di gara (pari al 99,9%) all’importo ribassabile (€ 58.064,52)”.

A parere della ricorrente, “dalla riferita sottostima (derivante dal ribasso del 99,9%) delle componenti di costo remunerate dalla quota parte dell’importo a base di gara (€ 58.064,52) assoggettabile a ribasso, la S.A. [avrebbe] inferito apoditticamente, senza alcuna ulteriore istruttoria ed in forza di un indimostrato sillogismo che la Litos avrebbe assoggettato ‘di fatto’ a ribasso anche gli importi esclusi dal medesimo ribasso, ossia i ‘compensi determinati sulla base degli artt. 2 e ss del DM 17 giugno 2016’”.

2. Svolte le premesse illustrate, la ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

“I. Violazione di legge. Violazione degli artt. 1, 8, 41, 44, 91, 95, 108 e 110 del D.Lgs. 36/2023 e dell’art. 69 della Direttiva 2014/24. Violazione delle regole sul giusto procedimento. Eccesso di potere per difetto di esame e di istruttoria e sviamentoGrave travisamentoViolazione del principio del contraddittorio, delle regole che presiedono alla verifica di congruità e delle finalità della verificaContraddittorietà manifesta, illogicità, difetto di motivazione”.

In sintesi, la ricorrente lamenta la violazione del principio del contraddittorio, evidenziando come l’esclusione per incongruità dell’offerta presupponga necessariamente un giudizio assunto all’esito di un subprocedimento, in contraddittorio con l’operatore economico, diretto a valutare la sostenibilità e affidabilità dell’offerta. In particolare, l’amministrazione avrebbe omesso di esaminare le giustificazioni presentate e avrebbe errato nell’applicazione dei principi che governano la verifica di congruità. La semplice considerazione dell’utile esposto in sede di giustificazioni (pari a euro 105.000 circa) avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante a ritenere compensati e remunerati ampiamente e adeguatamente tutti i fattori di costo, sì da rendere l’offerta certamente sostenibile e affidabile ed escludere qualsivoglia violazione delle norme a tutela del lavoro e della professione. Inoltre, il giudizio di anomalia dell’offerta attivato e l’esclusione disposta dalla stazione appaltante sarebbero altresì inficiati da un errore prospettico, consistente dell’equiparare in via automatica il pur elevato ribasso (99,90%) proposto dalla ricorrente sulla sola quota parte dell’importo d’appalto assoggettabile a ribasso (euro 58.064,52) a una violazione del principio dell’equo compenso e delle previsioni recate sul punto dalla legge di gara, assumendo impropriamente che per tale via la Litos Progetti s.r.l. “[avrebbe] operato di fatto un ribasso anche sui compensi determinati sulla base degli artt. 2 e ss del DM 17 giugno 2016”. Al riguardo, la ricorrente adduce di aver ampiamente riferito e documentato in sede di giustificazioni di voler procedere all’esecuzione del servizio mediante la propria organizzazione, facendo applicazione del CCNL di riferimento, senza alcuna lesione per la retribuzione delle figure professionali (dipendenti) coinvolte nell’esecuzione.

Infine, il nuovo codice dei contratti pubblici consentirebbe senz’altro di affidare le prestazioni professionali a fronte di un corrispettivo ribassato rispetto a quello indicato nelle tariffe professionali, pena la violazione del “principio di concorrenzialità” e dell’art. 108, ai sensi del quale “il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione” deve essere perseguito “con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo”.

In aggiunta, la ricorrente rileva che l’articolo 2, comma 1, della l. n. 49/2023 fa riferimento alle prestazioni d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 c.c.; da ciò conseguirebbe che l’ambito di applicazione della disciplina sull’equo compenso non potrebbe che risultare circoscritta alle ipotesi in cui la prestazione professionale trovi fondamento in un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale (in cui il singolo professionista assicuri lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo), non estendendosi all’appalto di servizi;

“II. Illegittimità della legge di gara per contrarietà con gli artt. 1, 8, 41, 44, 91, 95, 108 e 110 del D.Lgs. 36/2023. Violazione delle regole sull’equo compenso. Nullità della legge di gara”.

In via subordinata, la ricorrente censura la lex specialis per contrasto con le disposizioni del d.lgs. n. 36/2023 richiamate, nonché evidenziandone la nullità ai sensi dell’art. 10 dello stesso d.lgs. n. 36/2023 nella parte in cui introdurrebbe una causa di esclusione (l’assoggettamento a ribasso degli importi determinati secondo le tariffe professionali) non prevista dalla legge. Secondo parte ricorrente, in alternativa, la stazione appaltante avrebbe potuto adottare il criterio del cd. “prezzo fisso”, limitando la competizione tra i concorrenti ai soli aspetti qualitativi dell’offerta.

3. La ricorrente ha, pertanto, formulato le domande indicate in epigrafe.

4. Si è costituita l’Agenzia del demanio, depositando memoria e documenti e chiedendo il rigetto del ricorso.

5. Si è costituita altresì la controinteressata Benedetti&Partners studio di ingegneria, depositando memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

6. Con ordinanza 14 febbraio 2024, n. 595, è stata disposta la sospensione degli atti impugnati.

7. All’udienza pubblica del 16 aprile 2024, in vista della quale le parti hanno presentato ulteriori memorie, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. In primo luogo, non meritano accoglimento le censure che si appuntano sulle modalità del giudizio di anomalia.

2.1. Va premesso che per l’art. 110 del d.lgs. n. 36/2023 si possono predicare gli stessi esiti raggiunti dalla giurisprudenza sulla portata del previgente art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, stante la sostanziale coincidenza delle previsioni in materia di procedura di verifica di anomalia che in questa sede rilevano.

Si può, quindi, anche oggi affermare che la nuova disposizione (come quella previgente) “non articola il contraddittorio inerente alla valutazione di anomalia secondo rigide, predeterminate e vincolanti scansioni procedimentali, limitandosi a prevedere […] un’unica richiesta di chiarimenti da parte della Stazione appaltante […] così delineando un procedimento monofasico e non più trifasico (giustificativi, chiarimenti, contraddittorio) come nella precedente disciplina” (Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2021, n. 3472).

2.2. Nel caso in esame, non può sostenersi che vi sia stata assenza di contraddittorio (cfr. pag. 14 del ricorso): la società ricorrente è stata posta nelle condizioni di esporre eventuali giustificazioni, in quanto il RUP (con la menzionata nota prot. n. 12396/2023) ha avviato il sub-procedimento di verifica dell’anomalia, chiedendole giustificativi a comprova della congruità, serietà e realizzabilità dell’offerta presentata, con particolare riferimento alla sostenibilità del ribasso percentuale proposto e al tempo di esecuzione del servizio, ai sensi del citato art. 110 del d.lgs. n. 36/2023. Successivamente, proprio i dati forniti dall’odierna ricorrente in sede di relazione giustificativa dell’offerta (in data 20 novembre 2023) hanno fatto emergere l’incongruenza rispetto al ribasso percentuale unico del 99,90% offerto in sede di gara.

In particolare, va considerato che:

- la somma sulla quale si sarebbe potuto praticare il ribasso in questione era pari, per il contratto principale, a euro 58.064,52, e che, pertanto, sottraendo il ribasso percentuale offerto (99,90 %) da tale somma, si otteneva l’importo di euro 58,06;

- in sede di giustificativi, la ricorrente ha trasmesso un preventivo di euro 55.171,20 per le sole indagini strumentali;

- da ciò l’amministrazione ha desunto che il ribasso offerto andasse necessariamente a erodere i compensi professionali, tuttavia dichiarati dalla disciplina di gara - in applicazione della legge n. 49/2023 - non derogabili e non ribassabili: più nel dettaglio, al netto dei costi - non ribassabili - della sicurezza e della manodopera (pari a complessivi euro 9.677,42), la stazione appaltante ha ritenuto che il decremento dei compensi professionali fosse quantificabile in complessivi euro 55.113,14 (importo ricavato sottraendo il prezzo offerto mediante il ribasso del 99,90%, pari a euro 58,06, dai costi dichiarati in sede di anomalia per sostenere le indagini strumentali, come detto, pari a euro 55.171,20).

La stazione appaltante ha in definitiva ritenuto che la “sovrastima” dei costi per le indagini strumentali emersa in sede di anomalia andasse a esclusivo detrimento dei compensi professionali e ha proceduto con l’esclusione dell’offerta della società in questione, per violazione della lex specialis.

2.3. Sovvengono al riguardo “i consolidati principi giurisprudenziali secondo cui nel procedimento di verifica dell’anomalia non vi è necessità di un’analitica confutazione delle deduzioni opposte dall’impresa, ma è sufficiente a fondare il giudizio finale di incongruità una motivazione che renda nella sostanza percepibile il percorso logico sotteso al loro mancato accoglimento ed esterni le ragioni di inidoneità degli argomenti spesi dall’interessata a superare le criticità dell’offerta” (Cons. Stato n. 3472/2021 cit. e giurispr. ivi richiamata).

Né “può dirsi che la stazione appaltante fosse tenuta, ricevuti i chiarimenti richiesti […], a far precedere l’esclusione da una sorta di preavviso al fine di dare all’impresa la possibilità di replicare. Il contraddittorio procedimentale, infatti, ha funzione meramente istruttoria – serve alla stazione appaltante ad acquisire ogni elemento utile alla miglior valutazione dei dati contenuti nell’offerta sui quale nutre dei dubbi – non a risolvere in via anticipata un contrasto tra differenti posizioni” (Cons. Stato, sez. V, 4 giugno 2020, n. 3508).

2.4. Illustrato il percorso argomentativo svolto dalla stazione appaltante, va altresì condivisa l’affermazione di parte resistente per cui anche “un’istruttoria più estesa sulle altre componenti dell’offerta economica comunque non avrebbe potuto condurre ad un risultato diverso” (pag. 15, memoria depositata il 29 marzo 2024).

Tanto più che, in ogni caso, neanche in sede di giudizio la ricorrente ha fornito elementi utili a superare il motivo su cui la stazione appaltante ha fondato l’esclusione dalla procedura (ovverosia il ribasso operato sui compensi professionali).

Viceversa, sebbene abbia censurato il modus procedendi dell’Amministrazione - che avrebbe “inferito apoditticamente, senza alcuna ulteriore istruttoria ed in forza di un indimostrato sillogismo che la Litos avrebbe assoggettato ‘di fatto’ a ribasso anche gli importi esclusi dal medesimo ribasso, ossia i ‘compensi’” (pag. 8, ricorso) - la stessa ricorrente, nelle proprie deduzioni difensive, ha confermato di aver previsto compensi di importo inferiore rispetto a quelli delle tariffe di cui al D.M. 17 giugno 2016, applicando il CCNL Confprofessioni.

2.5. Di qui, l’infondatezza del mezzo.

3. Passando agli aspetti sostanziali della vicenda, è opportuno dare sinteticamente conto della nuova disciplina dell’equo compenso (per quanto oggi di interesse).

3.1. Come è noto, la legge n. 49/2023, pubblicata nella G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (entrata in vigore il 20 maggio 2023), ha riscritto le regole in materia di corrispettivo per le prestazioni professionali, garantendo la percezione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, ossia - per quanto qui rileva - conforme ai compensi previsti “per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27” (art. 1, co. 1, lett. b).

Ai sensi dell’art. 2, co. 1, tale disciplina “si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”. Le medesime disposizioni “si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175” (art. 2, co. 3).

Il legislatore ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata (art. 3), introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza, per chiedere la rideterminazione del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dal decreto ministeriale relativo alla specifica attività svolta.

3.2. Orbene, a differenza di quanto affermato - con articolate argomentazioni - dalla parte ricorrente, si deve ritenere che non vi sia contrasto tra le disposizioni appena illustrate e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE) (come viceversa sostenuto dalla società istante, cfr. pagg. 13 e ss. e 25, memoria depositata in data 29 marzo 2024), né “ontologica incompatibilità” tra la stessa legge e la disciplina di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 (cfr. pagg. 8 e ss. e pag. 24, memoria depositata in data 29 marzo 2024).

3.3. Con riferimento all’asserita incompatibilità della disciplina dell’equo compenso con il diritto eurounitario, in giurisprudenza si è già condivisibilmente affermato come la prima “non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea […]. Si tratta […] di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, […] sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. […] il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea” (Tar Veneto, sez. III, 3 aprile 2024, n. 632).

Neppure potrebbe giungersi a conclusioni diverse in forza del richiamo fatto dalla ricorrente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare, alla sentenza 4 luglio 2019, nella causa C-377/17 – pronuncia che non afferma, invero, la sussistenza di preclusioni assolute, riconoscendo, viceversa, in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale ex art. 15, par. 3, della direttiva 2006/123/CE – o alla recente sentenza 25 gennaio 2024, nella causa C-438/22 (pag. 14 memoria di parte ricorrente depositata il 29 marzo 2024), che ha affermato l’obbligo di rifiutare l’applicazione di una normativa che fissi importi minimi degli onorari degli avvocati.

Va, infatti, considerato che nel caso oggetto di quest’ultima pronuncia gli importi erano stati determinati dal Consiglio superiore dell’Ordine forense della Bulgaria“in assenza di qualsiasi controllo da parte delle autorità pubbliche e di disposizioni idonee a garantire che esso si comporti quale emanazione della pubblica autorità”: la Corte ha cioè ritenuto come tale organismo agisse alla stregua di “un’associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101 TFUE” (§ 44, sent. cit.), nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale (realizzando un’ipotesi di “determinazione orizzontale di tariffe minime imposte, vietata dall’art. 101, paragrafo 1, TFUE”), in un contesto, quindi, del tutto diverso da quello oggetto del presente giudizio, in cui rilevano norme di carattere generale (la l. n. 49/2023 e gli inerenti decreti ministeriali) adottate da autorità pubbliche e, per questo, non sussumibili nell’ambito (soggettivo e oggettivo) di applicazione dell’art. 101 TFUE (rivolto a vietare “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”).

3.4. Va altresì escluso l’ipotizzato (dalla ricorrente) “disallineamento” tra la legge n. 49/2023 e il d.lgs. n. 36/2023, alla luce dell’indirizzo secondo cui “un’antinomia può configurarsi ‘in concreto’ allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. […] Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici” (Tar Veneto, n. 632/2024, cit.).

3.4.1. In particolare, non merita accoglimento la tesi di parte ricorrente laddove esclude che “la disciplina dettata dalla L. 49/2023 sia idonea a perseguire il proprio obiettivo anche in materia di appalti pubblici”, in quanto nessuna esigenza di protezione vi sarebbe “quando la prestazione avviene istituzionalmente tramite il libero confronto tra gli operatori” alla “presenza di offerte libere e adeguatamente ponderate da parte degli offerenti” e con la garanzia di “adeguati meccanismi atti proprio ad evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse e quindi non sostenibili (anomalia dell’offerta)” (pag. 15, memoria 29 marzo 2024).

Invero, la legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione.

Risulta dunque indimostrato che la legge sull’equo compenso venga a collidere con le disposizioni del codice dei contratti pubblici che assicurano il confronto competitivo tra gli operatori; del resto, analoghe perplessità non nutre il ricorrente in relazione ad altre disposizioni parimenti poste a presidio dell’esatto adempimento, come, appunto, quelle in materia di anomalia (la cui finalità è di evitare che offerte troppo basse espongano l’amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguente concreta probabilità di far sorgere contestazioni e ricorsi”, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2022, n. 8330).

3.4.2. La prospettata incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e il codice dei contratti pubblici è in ogni caso smentita dal dato testuale.

Da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, dall’altro lato, l’art. 8 del d.lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).

3.4.3. Né può condividersi l’ulteriore argomento basato sull’asserita diversità del tenore letterale dei commi 1 e 3 dell’art. 2 della l. n. 49 del 2023.

In particolare, la società ricorrente valorizza la circostanza che, se, da un lato, il comma 1 del predetto art. 2 ha cura di specificare che l’equo compenso si applica ai rapporti aventi a oggetto la prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., regolamentati da convenzioni aventi a oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali prestate a favore di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie, imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, dall’altro lato, il comma 3 si limita a prevedere “lapidariamente” l’applicabilità della legge alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della Pubblica Amministrazione”.

In sintesi, secondo parte ricorrente, nel “declinare la disciplina dell’equo compenso anche in relazione ai servizi intellettuali forniti alla p.a., significativamente, la norma [farebbe] riferimento ai soli professionisti senza estendere il campo di applicazione anche ai servizi forniti dai medesimi in forma associata o societaria” (pag. 25, memoria 29 marzo 2024). Nei rapporti con la P.A., la legge sull’equo compenso sarebbe cioè applicabile esclusivamente alle prestazioni rese da singoli liberi professionisti, che trovino “fondamento in un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale” (“in cui il singolo professionista assicura lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo”, pag. 17, memoria 29 marzo 2024), con l’esclusione, invece, delle prestazioni rese da società e imprese, laddove vi è “una articolata organizzazione di mezzi e risorse e […] assunzione del relativo rischio imprenditoriale” (pag. 17, memoria 29 marzo 2024, e pag. 30, ricorso). Ciò in quanto soltanto il professionista singolo si troverebbe nella condizione del “contraente debole” da tutelare, mentre nei confronti di chi esercita la professione in forma associata o societaria, vi sarebbe un “certo grado di minore dominanza della posizione degli Enti pubblici” (cfr. pag. 25, memoria 29 marzo 2024).

La prospettazione non è condivisibile.

In primo luogo, la scelta di applicare la disciplina sull’equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della P.A. dal singolo professionista, che non necessiti (o comunque non si avvalga) di un’organizzazione di mezzi e risorse, sarebbe difficilmente giustificabile dal punto di vista logico, considerata l’ontologica corrispondenza tra le prestazioni rese dal singolo e quelle rese nell’ambito di una società/impresa (tanto più che per “servizi di natura intellettuale” oggetto di appalto, come i servizi di ingegneria e architettura, si intendono “quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse”; Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2022, n. 1234).

Inoltre, considerato che, da un lato, l’ordinamento lascia libero il professionista di scegliere di svolgere la propria attività come singolo o in forma associata e che, dall’altro, lo stesso art. 66 del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che “[s]ono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nel rispetto del principio di non discriminazione fra i diversi soggetti sulla base della forma giuridica assunta: a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura: i professionisti singoli, associati, le società tra professionisti di cui alla lettera b), le società di ingegneria di cui alla lettera c), i consorzi, i GEIE, i raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti (…)”, imporre il rispetto della norma sull’equo compenso soltanto per le prestazioni rese dal professionista che operi (e partecipi a una procedura a evidenza pubblica) uti singuli avrebbe l’effetto di concretizzare una inammissibile disparità di trattamento tra quest’ultimo e i professionisti che, viceversa, operino (e concorrano) nell’ambito di società, associazioni o imprese, i quali ultimi potrebbero in ipotesi trarre vantaggio dalla mancata applicazione della normativa in materia di equo compenso e quindi praticare ribassi sui compensi (con la presentazione di offerte verosimilmente più “appetibili”).

3.4.4. Né può ravvisarsi un’incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e l’art. 108, co. 2, del codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone l’applicazione del “criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” ai “contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro”.

E invero, la legge n. 49/2023 non preclude l’applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori” (peraltro, anche la delibera ANAC n. 101 del 28 febbraio 2024 non esclude la legittimità delle tre ipotesi contemplate nel bando-tipo n. 2/2023: a) procedura di gara a prezzo fisso in virtù dell’applicazione della l. n. 49/2023 a tutte le voci del corrispettivo posto a base di gara; b) procedura di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’OEPV, con ribasso limitato alle sole spese generali; c) inapplicabilità della disciplina sull’equo compenso, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara).

3.4.5. Infine, non si può ritenere che l’art. 41, comma 15, e l’all. I.13 al d.lgs. n. 36/2023 individuino nelle tariffe professionali i criteri per la determinazione del (solo) importo da porre a base di gara, non precludendo affatto l’applicabilità di un ribasso alla base d’asta così composta (cfr. pag. 23, memoria parte ricorrente 29 marzo 2024).

Delle disposizioni da ultimo menzionate va, infatti, offerta un’interpretazione coerente con il richiamato art. 8 dello stesso d.lgs. n. 36/2023, ai sensi del quale, come detto, le pubbliche amministrazioni debbono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.

3.5. Chiariti la portata delle norme in materia di equo compenso e il rapporto con le norme del d.lgs. n. 36/2023, vanno dunque respinte tutte le censure mosse al gravato provvedimento di esclusione e quelle rivolte, in via subordinata, alla disciplina di gara, la quale, lungi dall’introdurre una clausola di esclusione non prevista dalla legge, ha dettato regole conformi all’esaminata disciplina primaria.

4. Dalla reiezione della domanda caducatoria discende altresì l’infondatezza delle restanti domande.

5. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso non merita accoglimento.

6. La novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Sezione Quinta Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:

Mario Alberto di Nezza, Presidente

Annalisa Tricarico, Referendario, Estensore

Pierluigi Tonnara, Referendario

 

Guida alla lettura

La procedura ad evidenza pubblica sottesa alla sentenza in commento era propedeutica all’affidamento del servizio di verifica della vulnerabilità sismica e della diagnosi energetica di alcuni immobili dello Stato ubicati a Roma. Nell’ambito della stessa la Stazione appaltante aveva disposto l’esclusione dell’originario aggiudicatario in virtù dell’anomalia dell’offerta; provvedimento impugnato dalla società esclusa sulla scorta della-asserita-inapplicabilità in materia di contratti pubblici della disciplina sull’equo compenso ex L. 49/2023, in particolare in caso di professionisti riuniti in forma societaria.

Nella pronuncia in esame, pertanto, si assiste a una puntuale analisi della ratio della L. 49/2023 e una scrupolosa indagine sulla sua compatibilità con il D. Lgs 36/2023.

Si osserva, innanzitutto, che la disciplina sull’equo compenso è perfettamente coerente con il nuovo Codice dei contratti pubblici; la fissazione di un corrispettivo adeguato per i professionisti, infatti, contribuisce a creare i presupposti per un confronto competitivo altamente qualificato, favorendo, dunque, la presentazione di offerte idonee a garantire il miglior rapporto possibile qualità prezzo. Se si aderisse alla tesi dell’inapplicabilità, si finirebbe per “consentire” compensi inferiori ai professionisti, con conseguente probabile riduzione degli standard di qualità della prestazione.

L’impostazione contraria all’attuazione dell’equo compenso è, peraltro, categoricamente smentita dal nuovo Codice, che include tra i principi generali il divieto di prestazioni d’opera intellettuale gratuite e impone alla p.a. di garantire l’equo compenso (art. 8.2).

Parimenti priva di pregio, inoltre, è l’argomentazione secondo cui la L. 49/2023 opererebbe soltanto con riferimento al singolo professionista e non anche laddove esso ricorra alla forma societaria o a quella associata; in particolare, secondo il ricorrente, l’adesione a un modello societario escluderebbe in nuce la qualificazione del prestatore d’opera come contraente debole.

Ebbene, tralasciando che il dato normativo (artt. 1341 e 1342 c.c., L. 192/1998 sulla subfornitura) e gli orientamenti giurisprudenziali recenti attestano che la veste “societaria” non esclude una asimmetria informativa o economica del regolamento contrattuale, il Tar Lazio opina che l’assunto sopra richiamato non è condivisibile per due ordini di ragioni.

In primo luogo, perché non è possibile distinguere ontologicamente le prestazioni d’opera intellettuale del singolo professionista da quelle rese nell’ambito di una impresa o società.

In secondo luogo, qualora si ritenesse attuabile la L. 49/2023 soltanto con riferimento al singolo professionista, si delineerebbe il concreto rischio di una alterazione della concorrenza, in specie del principio di pari opportunità tra gli operatori economici. Il professionista in forma societaria, infatti, potrebbe presentare offerte economicamente di gran lunga più vantaggiose rispetto a quelle del prestatore d’opera persona fisica, viziando il confronto competitivo.

Alla luce di quanto esposto, la sentenza scrutinata attesta che l’applicazione dell’equo compenso nell’ambito dell’affidamento di servizi intellettuali in favore della p.a. è coerente con il D. Lgs. 36/2023, giacché cruciale per garantire la scelta di una offerta dall’elevato standard qualitativo; la sua operatività anche per i professionisti riuniti in forma societaria, inoltre, è imprescindibile per garantire pari condizioni per i concorrenti.