Cons. Stato., Sez. V, 9 maggio 2024, n. 4161
Più specificamente, muovendo dal presupposto che l’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2026 (nella versione precedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 77 del 2021, convertito con modificazione nella legge n. 108 del 2021) laddove pone il limite generalizzato quantitativo del trenta per cento al subappalto, è incompatibile con il diritto eurounitario e va dunque disapplicato (così Cons. Stato, V, 31 maggio 2021, n. 4150; v; 17 dicembre 2020, n. 8101), occorre valutare se la specifica e motivata limitazione contenuta nella lex specialis possa invece ritenersi legittima.
Il quesito deve avere, ad avviso del Collegio, una soluzione positiva, proprio alla stregua di quanto chiarito dalla più volte richiamata sentenza della Corte di Giustizia, la quale, al punto sub 47, ha evidenziato come non coerente con il diritto europeo una normativa nazionale “che vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto per una quota parte che superi una percentuale fissa dell’importo dell’appalto pubblico di cui trattasi, sicchè tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, della natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un tale divieto generale non lascia spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”. Ciò significa che, al contrario, una limitazione specifica del ricorso al subappalto, assistito da adeguata motivazione, debba ritenersi consentito.
[…]
Né può ritenersi che il contrasto della criminalità organizzata (oggetto di considerazione da parte della Corte di giustizia) costituisca l’unico obiettivo che legittimamente consente, all’esito di una valutazione specifica, la limitazione del subappalto; in senso contrario depongono sia l’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (nel testo novellato nel 2021), che l’art. 119, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici (di cui al d.lgs. n. 36 del 2023). In entrambi i casi sono previste come possibili limiti al subappalto “le specifiche caratteristiche del subappalto” concernente, nel caso di specie, opere impiantistiche.
Peraltro è lo stesso art. 63, par. 2, della direttiva 2014/24/UE che consente all’amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente.
N. 04161/2024REG.PROV.COLL.
N. 05812/2023 REG.RIC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5812 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 8201653A28, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Iacoacci e Toni De Simone, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ente di decentramento regionale di Pordenone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Iuri e Marina Pisani, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Copia s.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia n. 187del 2023, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente di decentramento regionale di Pordenone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Malinconico, in dichiarata delega dell'Avv. De Simone, e Pisani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.-La -OMISSIS-ha interposto appello nei confronti della sentenza 27 maggio 2023, n. 187 del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia che ha respinto il suo ricorso avverso il decreto -OMISSIS- in data 27 marzo 2023, di diniego dell’istanza di subappalto.
L’impugnato provvedimento si inserisce nell’ambito della procedura aperta indetta in data 18 marzo 2020 dall’Unione territoriale intercomunale del Noncello (cui è poi subentrato l’ente di decentramento regionale Pordenone) per “l’appalto dei lavori di realizzazione di un nuovo edificio scolastico in via Interna n. 12 nel Comune di Pordenone”, per un importo complessivo di euro 6.978.000,00, di cui euro 6.823.000,00 per lavori da eseguire a corpo soggetti a ribasso ed euro 155.000,00 per costi della sicurezza non soggetti a ribasso.
All’esito della procedura la società -OMISSIS- di Latina è risultata prima graduata ed è dunque divenuta aggiudicataria con il decreto -OMISSIS-. E’ intervenuta in data 5 marzo 2021 la stipula del contratto che, in coerenza con l’art. 10 del disciplinare e l’art. 40, comma 3, del capitolato speciale, prevedeva limiti quantitativi al subappalto (in particolare, nella misura del 30 per cento del valore delle lavorazioni con riguardo alla categoria OS28-impianti termici e condizionamento).
In sede di esecuzione contrattuale, con istanza del 15 febbraio 2023, l’appellante ha chiesto di poter subappaltare alla Copia s.r.l. parte dei lavori inerenti la realizzazione degli impianti idrico-sanitari, di trattamento dell’aria, di riscaldamento e raffrescamento, ad esclusione delle componenti radianti, inclusi nelle categorie OS3 e OS28, per l’importo di euro 720.000,00.
Il diniego gravato in primo grado risulta motivato nella considerazione che il subappalto può ritenersi consentito nella misura massima di euro 448.559,96; in particolare la categoria OS28 è subappaltabile nell’importo di euro 298.664,21, mentre la categoria OS3 è interamente subappaltabile per euro 149.895,65.
2. - Con il ricorso in primo grado la -OMISSIS-ha impugnato il provvedimento di rigetto dell’istanza di subappalto, oltre alla lex specialis, per quanto di ragione, deducendone l’illegittimità per violazione della sentenza della Corte giust. U.E. 27 novembre 2019, in causa C-402/18 (che ha dichiarato incompatibile con la direttiva 2014/24/UE l’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016) e delle direttive europee in materia di appalti pubblici.
3. - La sentenza appellata, come premesso, ha respinto il ricorso precisando che la Corte di giustizia non ha inteso censurare in assoluto la previsione di limiti quantitativi al subappalto, ma solo la loro fissazione in via generale e astratta ad opera della fonte primaria; in tale prospettiva l’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 è stato ritenuto in contrasto con il principio di proporzionalità, potendosi ipotizzare misure meno restrittive idonee a perseguire l’obiettivo del legislatore di contrasto alla criminalità organizzata. Ciò comporta che non è possibile ricavare un divieto assoluto all’apposizione di limiti quantitativi al subappalto : «nella vicenda in esame, in ogni caso, il limite del 30% contestato (relativo al subappalto dei lavori nella categoria “OS28 Impianti Termici e condizionamento”) è fissato dall’art. 10 del disciplinare di gara non in termini generali, ma con riferimento a una specifica categoria di prestazioni e giustificato da “precise ragioni tecniche”. Esso risulta dunque frutto di una valutazione “in concreto” dell’ente aggiudicatore, espressamente salvaguardata dalla C.G.U.E.».
4. - Con il ricorso in appello la -OMISSIS-ha criticato la sentenza di prime cure, sostanzialmente reiterando, alla stregua di motivi di critica della sentenza, le censure di primo grado, richiamando il precedente della Corte di giustizia 27 novembre 2019, nonché la sopravvenuta novella (di cui al d.l. n. 77 del 2021) all’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, che ha abolito i limiti al subappalto per ogni tipologia di appalto, anche in relazione alle opere superspecialistiche; ha chiesto pertanto la disapplicazione della lex specialis, ribadendo che limiti quantitativi al subappalto siano possibili solo per prevenire fenomeni di infiltrazione mafiosa. In particolare, per l’appellante, la qualificazione “NZEB” non può considerarsi una specifica caratteristica dell’appalto pubblico.
5. - Si è costituito in resistenza l’Ente di decentramento regionale di Pordenone eccependo la tardività del ricorso di primo grado con riguardo all’impugnativa del bando, asseritamente contenente la clausola escludente sul subappalto, e comunque l’improcedibilità e infondatezza nel merito del ricorso in appello.
6. - All’udienza pubblica del 19 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Va preliminarmente esaminata, per ragioni di ordine processuale, l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado, argomentata nella considerazione che le clausole contenute nell’art. 10 del disciplinare di gara e nell’art. 40, comma 3, del capitolato speciale, imponendo limitazioni al subappalto (nella quota del 30 per cento) in contrasto con il diritto europeo, avrebbero dovuto essere subito impugnate, sin dal momento della pubblicazione della lex specialis, avvenuta il 23 marzo 2020, e non già unitamente al diniego di subappalto, costituente atto applicativo.
L’eccezione, seppure concernendo una questione non pacifica in giurisprudenza, può essere prudenzialmente respinta, atteso che le predette clausole della lex specialis non avevano contenuto oggettivamente escludente (nei termini di cui all’elaborazione giurisprudenziale compendiata in Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4) e non si poneva dunque l’esigenza di una loro tempestiva impugnazione. Invero il subappalto non concerne un requisito di partecipazione, riguardando piuttosto l’esecuzione contrattuale, sì che le relative clausole vanno impugnate con l’atto applicativo (differente è l’avvalimento che si caratterizza come modalità di dimostrazione dei requisiti di partecipazione richiesti dalla lex specialis).
2. - Occorre poi farsi carico dell’eccezione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso in appello, argomentata dall’amministrazione resistente nella considerazione del mutamento della situazione di fatto, rappresentata dall’intervenuta risoluzione, con il decreto n. 1131 del 30 agosto 2023, ai sensi dell’art. 108, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, del contratto di appalto intercedente tra le parti.
Anche tale eccezione è infondata.
Il decreto di risoluzione (che l’appellante, nella memoria di replica, assume contestato in sede giudiziale) è stato disposto nell’assunto del grave ritardo nell’esecuzione dei lavori per “negligenza dell’impresa”, desumendosi dallo stesso che alla società appellante è stata essenzialmente addebitata la disorganizzazione, l’insufficiente applicazione in cantiere di maestranze qualificate e l’inosservanza degli ordini di servizio.
Tali condotte sono in potenziale rapporto causale con il diniego di subappalto gravato e dunque non consentono di escludere con certezza che l’appellante abbia perso qualsivoglia utilità, ancorché meramente strumentale o morale, dalla ipotetica decisione di accoglimento del presente ricorso.
3. - Il primo motivo, nucleo tematico dell’appello, critica la sentenza di prime cure in quanto sarebbe incorsa in una lettura parziale, incompleta della sentenza della C.G.U.E. 27 novembre 2019, in causa C-402/18, la quale non consentirebbe alla amministrazione aggiudicatrice di valutare con elasticità i casi in cui non è ammissibile il subappalto, ammettendone in realtà limitazioni solo per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata, considerato dalla Corte come obiettivo legittimo. Tale lettura della sentenza della Corte di giustizia troverebbe conferma, per l’appellante, nell’adeguamento della normativa nazionale, ed in particolare nell’abrogazione del comma 5 dell’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 ad opera del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, con l’effetto dell’eliminazione di ogni limitazione al subappalto, anche in relazione alle opere superspecialistiche. La limitazione al subappalto deve oggi essere adeguatamente motivata nella determina a contrarre ed è consentita solamente per le ragioni enucleate dall’art. 105, comma 2, dello stesso testo normativo (e cioè, per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata, per il rafforzamento del controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro, essenzialmente, dunque, per ragioni di tutela dei lavoratori). Per l’appellante, non vi sarebbero ulteriori legittimi obiettivi di giustificazione della limitazione del subappalto compatibili con il diritto europeo; conseguentemente, dovrebbe ritenersi illegittima la limitazione qualitativa e predefinita per tutte le lavorazioni appartenenti alle categorie OS28 e OS30, subappaltabili solo nella misura del 30 per cento del loro valore, in ragione di una presunta complessità tecnica delle lavorazioni. Inoltre la caratterizzazione “NZEB” non potrebbe essere considerata una specifica caratteristica dell’appalto, in quanto, a mente dell’art. 4-bis del d.lgs. n. 192 del 2005, a fare tempo dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da pubbliche amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli edifici scolastici, devono essere edifici a energia quasi zero; inoltre dall’1 gennaio 2021 (per effetto del d.lgs. n. 48 del 2020) tutti gli edifici nuovi devono essere “NZEB”; si tratta dunque di una caratterizzazione ormai generale.
Il motivo, pur nella sua complessità, è infondato.
Giova premettere che la sentenza della Corte di giustizia predetta ha stabilito che la direttiva 2004/18/CE deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limita al 30 per cento la quota parte dell’appello che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi; in particolare, la pronuncia in questione ha stigmatizzato il fatto che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale imponga in modo generale e astratto che l’offerente realizzi una parte rilevante delle prestazioni autonomamente, anche se tale limite nel ricorso al subappalto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto, rilevando che «l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano potrebbe essere raggiunto da misure meno restrittive», implicanti specifiche valutazioni.
Tale essendo l’ambito del dictum, occorre chiedersi se siano legittime le clausole della lex specialis prevedenti che «è ammesso il subappalto delle lavorazioni appartenenti a tutte le categorie di cui si compone l’appalto, con le limitazioni qualitative e quantitative su specifiche prestazioni essenziali di seguito elencate […]. Le lavorazioni appartenenti alle categorie OS28 e OS30 sono subappaltabili soltanto nella misura del 30% del loro valore. Tale limitazione è imposta in considerazione della rilevante complessità tecnica di tali lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell’appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico, la cui qualità e funzionalità è determinante per la caratterizzazione NZEB del nuovo edificio» (così art. 10 del disciplinare di gara e art. 40 del capitolato speciale d’appalto). Più specificamente, muovendo dal presupposto che l’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 (nella versione precedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 77 del 2021, convertito con modificazione nella legge n. 108 del 2021) laddove pone il limite generalizzato quantitativo del trenta per cento al subappalto, è incompatibile con il diritto eurounitario e va dunque disapplicato (così Cons. Stato, V, 31 maggio 2021, n. 4150; V, 17 dicembre 2020, n. 8101), occorre valutare se la specifica e motivata limitazione contenuta nella lex specialis possa invece ritenersi legittima.
Il quesito deve avere, ad avviso del Collegio, una soluzione positiva, proprio alla stregua di quanto chiarito dalla più volte richiamata sentenza della Corte di Giustizia, la quale, al punto sub 47, ha evidenziato come non coerente con il diritto europeo una normativa nazionale «che vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto per una quota parte che superi una percentuale fissa dell’importo dell’appalto pubblico di cui trattasi, sicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, della natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un tale divieto generale non lascia spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore». Ciò significa che, al contrario, una limitazione specifica del ricorso al subappalto, assistito da adeguata motivazione, debba ritenersi consentito.
Nella fattispecie controversa vi è la chiara esternazione delle ragioni della limitazione del subappalto nelle categorie OS28 e OS30, ravvisabile “nella complessità tecnica delle lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell’appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico”.
Questa è la motivazione del limite quantitativo al subappalto per le due lavorazioni sopra indicate, e non già la caratterizzazione NZEB del nuovo edificio.
Né può ritenersi che il contrasto della criminalità organizzata (oggetto di considerazione da parte della Corte di giustizia) costituisca l’unico obiettivo che legittimamente consente, all’esito di una valutazione specifica, la limitazione del subappalto; in senso contrario depongono sia l’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (nel testo novellato nel 2021), che l’art. 119, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici (di cui al d.lgs. n. 36 del 2023). In entrambi i casi sono previste come possibile limite del subappalto “le specifiche caratteristiche del subappalto” concernente, nel caso di specie, opere impiantistiche.
Peraltro è lo stesso art. 63, par. 2, della direttiva 2014/24/UE che consente all’amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente.
4. – Le considerazioni ora esposte relative alla legittimità della lex specialis di gara inducono a disattendere anche il secondo motivo di appello, con il quale si critica la statuizione secondo cui, essendo il diniego impugnato diretta applicazione del disciplinare e del capitolato speciale che contemplano un limite quantitativo al subappalto, l’eventuale disapplicazione della norma primaria (per contrasto con la sentenza della Corte di giustizia) non sarebbe in grado di incidere sulla legge di gara e neppure sul contratto, privando di efficacia le relative prescrizioni.
Non occorre infatti indugiare ad esaminare la sorte della lex specialis di gara e del contratto in caso di contrasto con il diritto unionale, atteso che tale contrasto, idoneo a determinare un vulnus al primato dello stesso, non è ravvisabile nella fattispecie in esame.
5. - Alla stregua di quanto esposto, l’appello va respinto.
La complessità delle questioni giuridiche trattate integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere
Guida alla lettura
Con la pronuncia n. 4161 dello scorso 9 maggio, la V Sezione del Consiglio di Stato si è occupata della tematica relativa alla possibilità da parte della stazione appaltante di porre limiti quantitativi al subappalto all’interno della lex specialis.
Infatti, l’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella versione precedente alle modifiche apportate dalla legge n. 108 del 2021, al comma 5, prevedeva che “per le opere di cui all’art. 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l’eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell’importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso”.
Il legislatore aveva scelto di inserire un limite percentuale generalizzato al subappalto mosso dalla necessità di salvaguardare interessi di rango primario quali la prevenzione della corruzione, la lotta alle mafie, la trasparenza, i valori ambientali e sociali.
Tuttavia, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nel 2019 ha affermato il seguente principio: “La direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.”.
La Corte, pur ritenendo un obiettivo legittimo il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, ha qualificato come eccessivo ed inadeguato il limite generalizzato del 30% per il raggiungimento del citato obiettivo, anche perché un tale divieto generale non lascia spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore.
In seguito a tale pronuncia, il citato comma 5 è stato abrogato e sia l’art. 105 d.lgs. n. 50 del 2016 (nel testo novellato nel 2021), che l’art. 119, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici prevedono che, previa adeguata motivazione nella decisione di contrarre, le stazioni appaltanti, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto in ragione dell’esigenza di rafforzare, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali.
Pertanto, come ribadito dalla V Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in argomento, non è più previsto un limite generalizzato quantitativo alla possibilità di subappalto, ma è lasciata alla stazione appaltante la possibilità di prevedere una tale limitazione purchè sorretta da adeguata motivazione e per le ragioni sopra riportate. D’altronde, è lo stesso art. 63, par. 2, della direttiva 2014/24/UE che consente all’amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente.