Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882

La decorrenza del termine per ricorrere continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una richiesta scritta per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, comma 2, del secondo codice applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale.

La proposizione dell’istanza d’accesso agli atti di gara comporta una dilazione temporale del termine per ricorrere quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

L’entità della suddetta dilazione temporale è determinata dall’Adunanza plenaria nella misura di quindici giorni.

Il termine per proporre ricorso, fermo il dies a quo, viene incrementato, in generale, nella misura di quindici giorni, così pervenendo a un’estensione complessiva pari a quarantacinque giorni.

Presupposto per l’applicazione della dilazione temporale è a sua volta la tempestività dell’istanza d’accesso, avanzata cioè entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione.

In tale contesto, a fronte del descritto regime di ordine generale, trova applicazione un diverso nuovo termine qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara e dei relativi allegati e cioè in presenza di eventuali comportamenti dilatori della stessa amministrazione, che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti, tenuto conto d’altra parte che l’amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti; in tal caso, infatti, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti.

Siffatto nuovo termine si applica, in particolare, laddove l’amministrazione non dia immediata conoscenza degli atti di gara, in specie mediante tempestiva risposta alla anch’essa tempestiva richiesta d’accesso, da evadere entro il termine di quindici giorni, e coincide con l’ordinario termine d’impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti dall’interessata

 

N. 02882/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00139/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso in appello numero di registro generale 139 del 2024, proposto da
Servizi Energia Trasporti s.r.l., in sigla S.En.Tra., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 93551577C6, rappresentata e difesa dall’avvocato Lodovico Visone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

contro

 

Poste Italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Paolo Clarizia e Flavia Speranza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2; Geddo Paolo e Geddo Roberto s.r.l., in persona del legale appresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

 

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 18449/2023, resa tra le parti

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Poste Italiane s.p.a. e di Geddo Paolo e Geddo Roberto s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 Cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 febbraio 2024 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Visone, Sticchi Damiani e Clarizia Angelo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

 

1. È controversa la procedura di gara indetta da Poste Italiane s.p.a. per la stipula di accordi quadro per il servizio di traporti postali e attività collegate afferenti alla rete locale, ambito territoriale del centro-nord (lotto 1), di cui risultava aggiudicataria la Geddo Paolo e Geddo Roberto s.r.l.

Avverso l’aggiudicazione e gli altri atti di gara proponeva ricorso, integrato da motivi aggiunti, la seconda classificata Servizi Energia Trasporti s.r.l. deducendo, in sintesi: che il bando non era conformato ai criteri CAM in relazione ai tipi di veicolo previsti; che, in tale contesto, l’offerta dell’aggiudicataria prevedeva esclusivamente l’impiego di mezzi bi-fuel e alimentati con combustibili fossili non convenzionali, in termini complessivamente difformi dai suddetti CAM, e il che ne avrebbe reso necessaria l’esclusione dalla gara; l’illegittimità dell’attribuzione dei punteggi, atteso che una consistente quota del punteggio conseguito dalla controinteressata (pari a 75/90) derivava da veicoli bi-fuel indisponibili sul mercato; inoltre, pur avendo la ricorrente offerto tre veicoli ibridi, non le era stato consentito in fase di gara spuntare la corrispondente casella; la gara era stata dunque aggiudicata illegittimamente alla luce della possibilità data a una concorrente di offrire veicoli non disponibili sul mercato ma appannaggio appunto della stessa sola concorrente, come noto a Poste Italiane, che aveva in tal guisa predisposto un “bando fotografia” illegittimo.

Con motivi aggiunti la ricorrente proponeva le ulteriori censure con cui deduceva, in sintesi: che l’offerta sui veicoli era generica, non indicandone specificamente la tipologia; che l’aggiudicataria aveva conseguito 30 punti in sede di valutazione per veicoli di cui non aveva la disponibilità, neppure al tempo dell’aggiudicazione; che le schede tecniche per i mezzi bi-fuel offerti dalla controinteressata non erano conformi alle regole di gara.

2. Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza di Poste Italiane e della Geddo Paolo e Geddo Roberto s.r.l., dichiarava irricevibile il ricorso in quanto tardivamente proposto, considerato che la comunicazione dell’aggiudicazione era avvenuta il 10 luglio 2023, l’interessata aveva presentato istanza d’accesso il 22 luglio 2023, esitata il 4 agosto 2023, mentre il ricorso era stato proposto solo il successivo 26 settembre 2023, oltre il termine di 45 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, e dunque tardivamente (considerata la “dilazione temporale” di 15 giorni a seguito di un accesso tempestivamente richiesto ed evaso).

3. Avverso la sentenza ha proposto appello la Servizi Energia Trasporti deducendo la violazione di legge: art. 41 Cod. proc. amm.; eccesso di potere giurisdizionale: denegata giustizia; omissione di motivazione su di un punto fondamentale della decisione.

Conseguentemente l’appellante ripropone tutti i motivi di ricorso e motivi aggiunti già formulati in primo grado.

4. Resistono al gravame Poste Italiane (che ripropone anche, ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., le eccezioni non esaminate in primo grado) e la Geddo Paolo e Roberto, chiedendone la reiezione.

5. All’udienza pubblica del 29 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

 

  1. Con unico motivo di gravame l’appellante deduce che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente dichiarato l’irricevibilità del ricorso sulla base di una norma processuale (i.e., necessaria impugnazione entro il termine di 45 giorni, a seguito di esperito accesso) in realtà non esistente.

In ogni caso lo stesso avrebbe trascurato che, nella specie, la stazione appaltante non aveva, in origine, dato integrale ostensione agli atti richiesti dall’interessata, sicché tanto il ricorso (atteso il comportamento ostruzionistico tenuto dall’amministrazione in sede d’accesso), quanto a maggior ragione i motivi aggiunti (fondati su profili esclusivamente emergenti dai documenti prodotti in giudizio da Poste Italiane) avrebbero dovuto essere considerati tempestivi.

Tra l’altro, al tempo di presentazione dell’istanza, neppure esistevano ancora gli ulteriori documenti prodotti in giudizio dall’amministrazione, sicché alcuna omissione nella richiesta ostensiva poteva imputarsi all’interessata, e senz’altro il ricorso per motivi aggiunti era da ritenersi tempestivo.

Anche rispetto al ricorso dovrebbe poi ravvisarsi la tempestività, considerato il comportamento ostruzionistico dell’amministrazione (che taceva in radice gli allegati all’offerta tecnica) e la trasmissione di successivi preventivi e schede in epoca posteriore all’istanza d’accesso.

Ad ogni modo, la norma processuale applicata dal giudice di primo grado avrebbe una genesi “pretoria” come tale priva di copertura normativa, e neppure riconducibile ai principi affermati dall’Adunanza plenaria n. 12 del 2020 di questo Consiglio di Stato, considerato d’altra parte che la sua applicazione finirebbe per richiedere la proposizione del ricorso entro il termine sostanziale di 15 giorni dall’ostensione documentale, mentre, sotto altro profilo, finirebbe per attribuire all’amministrazione l’arbitrio nel dilatare o restringere il termine di proposizione del ricorso.

  1. Alla luce di ciò l’appellante ripropone i motivi aggiunti in primo grado, con cui deduce che al momento dell’offerta Geddo non aveva indicato i veicoli che avrebbe utilizzato nell’appalto (pur conseguendo al riguardo 30 punti in sede valutativa, valsi a farle ottenere l’aggiudicazione), mentre comunque al tempo dell’aggiudicazione non disponeva né dei veicoli né delle schede tecniche, essendo dunque impossibilitata a svolgere il servizio.

Di qui la necessaria decurtazione del punteggio conseguito per mezzi promessi ma in realtà mai concretamente offerti; in particolare, la mancata individuazione del mezzo offerto varrebbe di per sé a viziare l’offerta.

A ciò si aggiunga poi, come anticipato, che l’assenza di preventivi vincolanti al tempo dell’offerta faceva sì che alcuna disponibilità dei veicoli fosse ravvisabile in capo alla controinteressata al tempo dell’aggiudicazione.

Sotto altro profilo, i mezzi previsti non sarebbero conformi alle specifiche tecniche prescritte ai fini della gara.

In tale contesto, anche la lex specialis richiedeva peraltro la comprova del possesso dell’effettiva flotta dichiarata, pena l’annullamento dell’aggiudicazione: nella specie, Geddo non possedeva la flotta dichiarata al tempo dell’offerta, né ha dimostrato di averne la disponibilità al momento dell’aggiudicazione.

1.2. L’appellante ripropone inoltre, a seguire, i motivi dell’originario ricorso.

1.3. L’appello va respinto, nei termini e per le ragioni che seguono.

1.3.1. Occorre premettere l’esatta sequenza dei fatti rilevanti e la loro collocazione temporale, in sé sostanzialmente pacifica fra le parti.

L’aggiudicazione veniva comunicata a Servizi Energia il 10 luglio 2023; Servizi Energia presentava istanza d’accesso il 21 luglio 2023, che veniva evasa il 3 (o 4, come affermato dalla sentenza e dall’appellante, il che è indifferente) agosto 2023. Il ricorso veniva notificato in data 26 settembre 2023.

Dalla sequenza degli atti come sopra riportata risulta confermata l’irricevibilità del ricorso di primo grado, sulla base dei principi affermati da questo Consiglio di Stato, dai quali non v’è ragione per discostarsi.

1.3.2. Come noto, con sentenza n. 12 del 2020 l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha affrontato e risolto la questione della decorrenza del termine d’impugnazione degli atti delle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici, e ha valorizzato al riguardo l’individuazione di momenti diversi di possibile conoscenza degli atti di gara, ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine d’impugnazione dell’aggiudicazione; il tutto nella cornice della considerazione, di carattere generale, per la quale l’individuazione della decorrenza del termine per ricorrere “continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla ‘informazione’ e alla ‘pubblicizzazione’ degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una ‘richiesta scritta’ per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12, par. 27; cfr. al riguardo, anche per la disamina della tassonomia elaborata in relazione ai diversi casi ipotizzabili, Cons. Stato, V, 5 aprile 2022, n. 2525; 16 aprile 2021, n. 3127; 19 gennaio 2021, n. 575).

In tale contesto, l’Adunanza plenaria ha chiarito, ad esempio, che la proposizione dell’istanza d’accesso agli atti di gara comporta una “dilazione temporale” del termine per ricorrere “quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 12 del 2020, cit., sub par. 32; cfr. al riguardo anche Id., III, 27 ottobre 2021, n. 7178, che esclude dilazioni temporali nel caso in cui il vizio risulti già percepibile a prescindere dall’acquisizione di ulteriore documentazione).

L’entità della suddetta dilazione temporale è determinata dalla stessa Adunanza plenaria nella misura di 15 giorni, termine previsto dal vigente art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, cit., sub par. 19, richiamato dal par. 22): il che vale a dire che il termine per proporre ricorso, fermo il dies a quo (coincidente, per fattispecie quali quella in esame, con la data di comunicazione del provvedimento d’aggiudicazione ex art. 120, comma 5, Cod. proc. amm.), viene incrementato, in generale, nella misura di 15 giorni, così pervenendo a un’estensione complessiva pari a 45 giorni (Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, cit., spec. sub par. 19, che richiama il par. 14; Cons. Stato, n. 3127 del 2021, cit.; Id., V, 15 marzo 2023, n. 2736).

Presupposto per l’applicazione della dilazione temporale è a sua volta (oltreché la natura del vizio da far valere, il quale non deve essere evincibile se non all’esito dell’acquisizione documentale) la tempestività dell’istanza d’accesso, avanzata cioè entro 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione (cfr. ancora Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, par. 27; cfr. anche Corte cost., 28 ottobre 2021, n. 204, ove si correla espressamente “la dilazione temporale” all’esercizio dell’accesso “nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente ‘secondo’ cod. dei contratti pubblici”; cfr. ancora Cons. Stato, V, 29 novembre 2022, n. 10470).

In tale contesto, a fronte del descritto regime di ordine generale, trova applicazione un diverso (nuovo) termine “qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara (e dei relativi allegati)” (e cioè “in presenza di eventuali […] comportamenti dilatori” della stessa amministrazione, “che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti”, tenuto conto d’altra parte che “L’Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti”): in tal caso, infatti, “il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, cit., par. 25.2).

Siffatto nuovo termine si applica, in particolare, laddove l’amministrazione non dia “immediata conoscenza” degli atti di gara, in specie mediante tempestiva risposta alla (anch’essa tempestiva) richiesta d’accesso, da evadere entro il termine di 15 giorni (cfr. Cons. Stato, V, 20 marzo 2023, n. 2796; 7 febbraio 2024, n. 1263; III, 15 marzo 2022, n. 1792; V, 4 ottobre 2022, n. 8496), e coincide con l’ordinario termine d’impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti dall’interessata (cfr. Cons. Stato, IV, 11 novembre 2020, n. 6392; V, n. 8496 del 2022, cit.; cfr. anche, per il decorso del termine dall’evasione dell’istanza d’accesso, Id., n. 575 del 2021, cit.; 26 aprile 2022, n. 3197, cit.; 29 aprile 2022, n. 3392).

1.3.3. Nel caso di specie, pur ritenendo che le ragioni di doglianza mosse dalla ricorrente nei confronti dell’aggiudicazione alla controinteressata originassero dalla visione dei documenti richiesti, rimane il fatto che, come dato conto dalla stessa appellante, i corrispondenti documenti erano stati ostesi dalla stazione appaltante il 4 agosto 2023.

In tale contesto, a fronte di un’istanza d’accesso tempestivamente proposta dall’interessata il 21 luglio 2023 (i.e., entro 15 gg. dalla comunicazione dell’aggiudicazione), anche la stazione appaltante, come anticipato, evadeva tempestivamente detta istanza (i.e., il 3 o 4 agosto 2023).

Per questo, alla luce di una tempestiva ostensione da parte della stazione appaltante dei documenti necessari all’interessata per cogliere i vizi di legittimità fatti valere, Servizi Energia, a mente dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria ben applicabili anche al caso di specie, godeva di un termine complessivo pari a 45 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione.

Alla luce di ciò, il termine per la proposizione del ricorso scadeva nella specie il 25 settembre 2023, considerata la sospensione feriale durante il mese di agosto e il fatto che il 45° giorno utile (i.e., 24 settembre 2023) coincideva con una domenica (cfr., su tutto quanto sin qui esposto, anche Cons. Stato, V, 30 giugno 2023, n. 6382).

Di qui la chiara tardività del ricorso, rispetto a cui non vale invocare, in senso contrario, la condotta ostruzionistica dell’amministrazione, che avrebbe consegnato il 4 agosto solo una parte della documentazione richiesta: in senso opposto è sufficiente osservare che, comunque, a seguito dell’ostensione della documentazione il 4 agosto 2023, la ricorrente è ben riuscita a formulare (quanto meno) le doglianze di cui al ricorso. Rispetto ad esse, dunque, non ha rilievo l’invocare una condotta ostruzionistica dell’amministrazione, considerato appunto che i documenti messi a disposizione dalla stessa erano ben sufficienti alla formulazione delle censure proposte con ricorso, che dunque andavano introdotte - come di regola - entro il termine di 45 giorni (salvo peraltro quanto infrasub §

1.3.5, sull’assenza di condotte ostruzionistiche da parte della stazione appaltante)

Né sono condivisibili le critiche e le ricostruzioni alternative proposte dall’appellante in ordine alla determinazione del dies a quo e del termine per la proposizione del ricorso, stante la piana applicabilità nel caso di specie dei suesposti principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

1.3.4. Allo stesso modo, non è nella specie rilevante né conducente la prospettata questione pregiudiziale concernente la compatibilità coi principi del diritto europeo della suddetta regola per la proposizione del ricorso entro il termine di 45 giorni.

La stessa Adunanza plenaria n. 12 del 2020, dalla cui elaborazione deriva l’interpretazione nei suesposti termini delle pertinenti regole processuali, ha tenuto conto e fatto riferimento al riguardo ai principi affermati dalla Corte di giustizia, e nella specie proprio di quello per cui “i termini imposti per proporre i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando ‘il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione’” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, cit., spec. par. 28.2, che richiama al riguardo Cgue, 14 febbraio 2019, in causa C-54/18 e Id., 8 maggio 2014, in causa C-161/13).

Il che avviene nella specie, nell’interpretazione dell’Adunanza plenaria, proprio a mezzo del suddetto meccanismo: sommare al termine ordinario di 30 giorni quello (integrale) di 15 giorni previsto per il riscontro dell’istanza d’accesso (con applicazione di tale termine, peraltro, pure nell’ipotesi in cui l’amministrazione evada preventivamente la suddetta istanza, come avvenuto nel caso di specie, e dunque a vantaggio dell’interessato), e salvo il decorso di nuovo integrale termine in caso di condotte ostruzionistiche (incluse quelle di non immediata ostensione, cioè successiva al 15° giorno), garantisce effettivamente il rispetto del suddetto principio.

Né rileva, in senso contrario, la dedotta “compressione” del termine in dipendenza dei giorni impiegati dall’interessato nel promuovere l’istanza d’accesso, valendo in ogni caso il principio generale per cui si deve “comunque tenere conto anche di quando l’impresa avrebbe potuto avere conoscenza degli atti, con una condotta ispirata alla ordinaria diligenza” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, cit., par. 28.3), di guisa che la minor solerzia dell’interessata nel richiedere l’accesso non può che rimanere a suo carico (cfr. Cons. Stato, n. 2736 del 2023, cit., che, nel seguire la suddetta regola dei 45 giorni, “fermo il limite minimo della tempestività”, valorizza proprio “la solerzia del concorrente che, venuto a conoscenza degli esiti sfavorevoli della procedura evidenziale, si attivi sollecitamente alla presentazione della istanza di accesso”; cfr. anche, in generale, Corte di giustizia, in causa C-161/13, cit., par. 37).

Alla luce di ciò, dunque, i suesposti principi affermati dall’Adunanza plenaria sono volti proprio ad attuare quelli elaborati in sede europea, e producono un effetto finale (i.e., termine per la proposizione del ricorso di - almeno - 30 giorni dalla discovery documentale, salvo i giorni impiegati dallo stesso interessato nel richiedere l’accesso) non incoerente con gli stessi (cfr., ad es., Cgue, in causa C-54/18, cit., par. 32), né irragionevole nel quadro degli spazi di autonomia propri di ciascun ordinamento, in un contesto in cui peraltro il vigente art. 2-quater direttiva n. 89/665/CEE prescrive al riguardo un termine minimo per la proposizione del ricorso di 10 giorni civili dalla ricezione del provvedimento lesivo accompagnato «da una relazione sintetica dei motivi pertinenti» (e prescindendo, ovviamente, dal fatto che nella specie il periodo trascorso è stato ben più lungo, stante l’inclusione della sospensione feriale).

Né rileva, in senso contrario, la segnalazione operata dall’Adunanza plenaria alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito del par. sub 21 della sentenza n. 12 del 2020, cit., atteso che la stessa attiene semplicemente al mancato coordinamento tra il previgente codice di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 e il successivo di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, profili cui (ferma la detta segnalazione) la stessa Adunanza plenaria ha offerto soluzione attraverso l’interpretazione accolta e fatta propria nei termini suindicati.

1.3.5. Considerazioni analoghe valgono peraltro anche per i motivi aggiunti (proposti il 17 novembre 2023), salve le precisazioni che seguono.

Si osserva anzitutto che, con l’istanza d’accesso, la Servizi Energia richiedeva “l’offerta tecnica (completa di allegati) presentata dalla Società Geddo Paolo e Geddo Roberto nei lotti n. 1 e 2; - i giustificativi presentati dal medesimo operatore, in riferimento alla propria offerta ed i verbali e/o le decisioni e/o le interlocuzioni tra operatore economico e S.A, riferibili al procedimento di anomalia; - gli eventuali ulteriori atti e/o comunicazioni riferibili a tale operatore economico, nessuno escluso ed ivi compresa la documentazione amministrativa, eventuali procedimenti di soccorso istruttorio e/o di richiesta di chiarimenti e/o integrazioni; - i verbali di valutazione dell’offerta tecnica dell’esponente, in riferimento al lotto 1; - eventuali atti riferibili all’omessa attribuzione di punteggio per i mezzi ibridi offerti dall’esponente, mediante allegazione all’offerta tecnica (atteso che non era consentito spuntare la voce nella scheda di offerta tecnica)”.

I documenti versati in atti dall’amministrazione, e dai quali la ricorrente desume la condotta ostruzionistica di Poste Italiane, consistono invece in preventivi (e correlati libretti di circolazione) trasmessi da Geddo che, come la stessa appellante afferma, ed emerge del resto dalle produzioni in atti, non esistevano al tempo dell’istanza (e, a maggior ragione, al tempo della gara).

Per questo, la suddetta documentazione non rientrava fra gli “allegati” all’offerta tecnica, né tanto meno fra gli altri documenti richiesti, appunto perché atti certamente non esistenti al tempo della stessa istanza, che non poteva peraltro valere de futuro, come la stessa appellante ammette.

Alla luce di ciò, difetta in radice un qualsivoglia comportamento ostruzionistico dell’amministrazione in relazione alla documentazione trasmessa.

1.3.6. A ciò si aggiunga, in ogni caso, che la censura inerente all’omessa (precisa) individuazione dei veicoli in sede d’offerta, tanto da rendere quest’ultima generica e non circostanziata, prescindeva dalla documentazione (successivamente) prodotta dall’amministrazione, e dunque ben poteva essere avanzata sin dall’origine dalla ricorrente, in una al primigenio ricorso, a seguito di mera consultazione dell’offerta tecnica.

1.3.7. Anche in relazione alla dedotta carenza dei veicoli in capo all’aggiudicataria al tempo dell’offerta e a quello dell’aggiudicazione, poi, egualmente la ricorrente avrebbe potuto, mediante apposita istruttoria (i.e., attraverso pertinente istanza d’accesso) acquisire tempestiva evidenza degli elementi contestati così da farli valere ben prima del deposito in giudizio, il 6 novembre 2023, della documentazione da parte dell’amministrazione (e della stessa istanza ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. proposta in una al ricorso di primo grado), sicché anche su tali profili i motivi aggiunti vanno ritenuti tardivi (cfr. ancora Cons. Stato, n. 2736 del 2023, cit., che pone in risalto la rilevanza della “solerzia del concorrente”).

1.3.8. A ciò si aggiunga peraltro, nel merito, come la lex specialis di gara prevedesse, per quanto di rilievo, che “In sede di offerta ciascuna Impresa dovrà dichiarare la Classe ambientale di omologazione dei veicoli che saranno utilizzati per l’espletamento dei servizi su ciascun lotto di interesse. […] Resta in capo all’Impresa partecipante il reperimento sul mercato e la scelta dei veicoli più idonei per la formulazione dell’offerta tecnica - in funzione dei veicoli effettivamente commercializzati al momento dell’offerta - fermo restando il rispetto dei requisiti relativi alla volumetria ed alla portata indicati nelle relative schede tecniche. A comprova di quanto dichiarato nell’offerta tecnica, in fase di aggiudicazione, l’Impresa/Consorzio o R.T.I. aggiudicatario dovrà trasmettere copia dei contratti di acquisto/leasing/noleggio/comodato d’uso o copia delle carte di circolazione per i veicoli dichiarati in sede di offerta. Qualora l’Impresa non produca nei termini previsti la documentazione comprovante il possesso dell’effettiva flotta dichiarata in sede di offerta l’aggiudicazione si intenderà annullata” (art. 4.1, requisito sub C)).

Emerge dal tenore letterale della previsione che non era prescritto il possesso dei veicoli già al tempo dell’offerta, essendo richiesto al concorrente di “dichiarare la Classe ambientale di omologazione dei veicoli” che “saranno utilizzati [i.e., sarebbero stati utilizzati] per l’espletamento dei servizi”, con precisazione che “Resta[va] in capo all’Impresa partecipante il reperimento sul mercato e la scelta dei veicoli più idonei per la formulazione dell’offerta tecnica - in funzione dei veicoli effettivamente commercializzati al momento dell’offerta […]”, e previsione di automatico “annulla[mento]” dell’aggiudicazione (quale dunque ipotesi ex se prevista e regolata dalla lex specialis) qualora “in fase di aggiudicazione” l’impresa non avesse prodotto “la documentazione comprovante il possesso dell’effettiva flotta dichiarata in sede di offerta”.

In tale contesto, era dunque la stessa lex specialis a modulare la richiesta dei veicoli nel senso che spettava al concorrente “dichiarar[li]” in sede di gara, autonomamente “reperi[rli]” sul mercato, e “comprova[rli]” al tempo dell’aggiudicazione, nei termini fissati dall’amministrazione, con previsione di automatico “annullamento”, in mancanza, dell’aggiudicazione (cfr., peraltro, anche l’ultima parte dell’art. 4.1 della lettera d’invito, ove si legge che “In fase di esecuzione contrattuale e per tutta la durata dell’appalto, l’Impresa/Consorzio/R.T.I. aggiudicatario, dovrà dimostrare periodicamente il possesso di quanto dichiarato in sede di offerta in ordine ai requisiti C, D ed E”; cfr. anche l’art. 6 del Capitolato, che prevedeva una comunicazione dell’elenco dei veicoli da eseguire successivamente alla firma dell’accordo quadro).

In funzione di tali previsioni (e non di altre, non rispondenti a tale formulazione della lex specialis; cfr. al riguardo, su tutte, Cons. Stato, V, 2 febbraio 2022, n. 722 - citata anche dall’appellante - che dà rilievo primario, in proposito, alla lex specialis, appunto; per le varie fattispecie sulla natura e caratterizzazione dei requisiti, fra momento partecipativo ed esecutivo, cfr. Id., V, 30 dicembre 2022, n. 11722 e richiami ivi) va dunque vagliata la posizione della Geddo: in proposito, il solo fatto che i preventivi prodotti risalgano, rispettivamente, al 19, 23 e 27 luglio 2023 non vale a dimostrare una carenza in capo alla Geddo tale da rendere illegittima l’aggiudicazione; come chiarito, infatti, non al tempo dell’offerta - sulla base della lex specialis qui applicabile - dovevano essere posseduti i veicoli, ma in fase d’aggiudicazione, nei termini fissati per la comprova.

Il che non è provato essere stato disatteso dalla Geddo, considerato appunto che l’aggiudicazione avveniva il 10 luglio e i preventivi datavano 19, 23 e 27 luglio.

1.3.9. Quanto ai profili di lamentata difformità dei veicoli rispetto alla lex specialis, infine, in realtà gli stessi non sono conducenti, essendo assorbente rilevare che - come l’appellante ha posto in risalto - l’offerta presentata dalla Geddo non individuava in dettaglio le tipologie di veicoli (ciò che, come già rilevato, non era censurabile dalla Servizi Energia con motivi aggiunti), sicché, da un lato alcuna difformità tra tali veicoli e l’offerta è prospettabile, dall’altro, nel suddetto contesto, le eventuali incongruenze tra tali specifici veicoli e la lex specialis attengono alla fase esecutiva (su cui cfr. anche l’art. 11 CSA), e non alle vicende della procedura di gara.

2. In conclusione, per le suesposte ragioni e con le precisazioni che precedono, l’appello va respinto.

2.1. La particolarità della fattispecie e le complessità di alcune delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Compensa integralmente le spese di lite fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:

 

Francesco Caringella, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere, Estensore

Gianluca Rovelli, Consigliere

 

Guida alla lettura

Con la decisione in epigrafe il giudice della nomofilachia amministrativa di ultima istanza dello Stato italiano ha definito il giudizio allibrato al n. 139/2024 r.g. respingendo il ricorso in appello, con un portato logico-motivazionale di condivisione dei principi di diritto enunciati nell’interesse della legge dall’Adunanza plenaria in sede giurisdizionale (art. 99 c.p.a.), con la sentenza n. 12/2020, in tema di termini d’impugnazione degli atti di gara, per il caso delle procedure di evidenza pubblica disciplinate dal secondo codice degli appalti, di cui d.lgs. n. 50/2016 ed in omaggio alla locuzione regit tempus actum di esercizio della potestà amministrativa, per il periodo transitorio fino al 31/12/2023 previsto dagli artt. 225 e 226, co. 1, del d.lgs. n. 36/2023.

Sul punto i principi di diritto, a quel tempo enunciati dal giudice amministrativo nella sua massima composizione dell’Adunanza plenaria (2020) e fatti propri dall’esegesi in trattazione, sono i seguenti: “(…): a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016; b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale; c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta; d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione; e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati. (…)” (Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, sentenza n. 12/2020, § 32 della parte in fatto e diritto).

Ed invero, l’impostazione pretoria su cui poggia anche la recentissima giurisprudenza dei giudici di Palazzo Spada, di cui alla sentenza n. 2882/2024 r.p.c., valorizza il principio della piena conoscenza o conoscibilità, sia in ordine al compimento delle dovute “informazioni” e delle “pubblicazioni” da parte dell’autorità pubblica sia dei principi di certezza dei rapporti giuridici, di stabilità dell’atto/provvedimento amministrativo e di effettività della tutela giurisdizionale.

Del resto, la tesi sostenuta dal giudicante di seconde cure conferma che il termine d’impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti (artt. 41, co. 2 e 5, e 120 c.p.a.), tenuto conto che l’eventuale proposizione di un ricorso cosiddetto al buio è foriera di una eventuale dichiarazione d’inammissibilità, ai sensi dell’art. 40, co. 2, c.p.a., in caso di violazione della regola sulla specificazione dei motivi, su cui si fonda lo stesso ricorso.

Pertanto, essendo stata accertata, in sede giurisdizionale, per la fattispecie concreta delibata la comunicazione dell’aggiudicazione e la presentazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, oltre il termine, però, dei quarantacinque giorni dalla sua conoscenza, lo stesso è stato ritenuto irricevibile, essendo intervenuta l’ostensione sufficiente dei documenti reclamati, che hanno consentito alla ricorrente di formulare (quanto meno) le doglianze.

Va da sé, tuttavia, che la surriferita posizione ermeneutica, in materia di tempestività del ricorso, riposa altresì sulla pacifica giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, che postula come gli Stati membri hanno l’obbligo d’istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi (ex plurimis Corte di giustizia dell’EU, Quarta Sezione, ordinanza del 14/02/2019 nella causa C-54/18, § n. 29).

Sennonché, nel peculiare caso in questione la contestazione dell’operatore economico (rectius parte ricorrente) muove proprio dalla suggestiva preliminare eccezione che il giudice di prima cure ha dichiarato erroneamente irricevibile il ricorso introduttivo del giudizio nonostante l’inesistenza di una puntuale norma processuale nell’ordinamento giuridico domestico, che non può ritenersi essere integrata dalla sentenza n. 12/2020 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

In particolare, poiché la stessa è solo di derivazione pretoria di necessaria impugnazione entro il termine di quarantacinque giorni, a seguito dell’esperito esercizio del diritto di accesso, il quale può essere, inoltre, condizionato pure da un comportamento ostruzionistico dell’amministrazione in sede di accesso, così come è stato assertivamente sostenuto nella non persuasiva prospettazione di parte ricorrente nella fattispecie concreta.

Ebbene, il collegio giudicante ha, tuttavia, stigmatizzato l’irrilevanza della questione pregiudiziale concernente la compatibilità con l’ordinamento euro-unitario, pur prendendo atto che la tesi sostenuta nella surriferita doglianza s’instilla sul dato grafico letterale dell’art. 76 del d.lgs. n. 50/2016, in relazione all’art. 120, co. 5, c.p.a., ratione temporis applicabili, i quali non prevedono, con tassatività e determinatezza, il complessivo termine d’impugnazione di quarantacinque giorni.

Segnatamente, perché l’elaborazione dei principi di diritto enunciati dalla più volte richiamata Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ed enucleabili dalla sua sentenza n. 12/2020 e che hanno dato la stura all’elaborazione accessibile e prevedibile di stretta interpretazione dei termini delle pertinenti regole processuali in esame, ha tenuto conto e fatto riferimento proprio a quelli affermati dalla Corte di giustizia dell’UE: nella specie ai termini imposti, ai fini della proposizione dei ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento, che cominciano a decorrere solo quando il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione.

Conseguentemente, l’esegesi dell’Adunanza plenaria (sentenza n. 12/2020) è stata ritenuta orientata proprio ad attuare i principi elaborati in sede europea.

Sicché, il Collegio giudicante ha stimato che gli stessi principi producono l’effetto finale di perimetrare il termine di proposizione dell’azione di cognizione di annullamento, con ricorso al giudice amministrativo, prima del termine comune d’impugnazione di sessanta giorni (art. 29 c.p.a.); ma, comunque, entro quello di almeno trenta giorni dalla discovery documentale, a cui devono essere aggiunti i termini impiegati dall’avente diritto nel richiedere l’accesso (id est quindici giorni), la cui somma algebrica concorre a definire il periodo complessivo generale dei quarantacinque giorni; e fatto salvo, comunque, il decorso di un nuovo integrale termine, coincidente con la dilazione temporale di trenta giorni dall’ostensione dei documenti, in caso di condotte ostruzionistiche dell’amministrazione.

Termine generale di quarantacinque giorni che, nella sua interezza, non appare, per l’ermeneutica in illustrazione, né incoerente, né irragionevole nel quadro degli spazi di propria autonomia rimessi al prudente apprezzamento discrezionale del legislatore di ciascuno Stato membro dell’UE da parte del diritto euro-unitario, nella misura in cui la direttiva del Consiglio del 21/12/1989, n. 89/665/CEE, all’art. 2-quater prevede il solo termine minimo di dieci giorni civili, per la proposizione del ricorso, a decorrere dalla ricezione del provvedimento lesivo accompagnato da una relazione sintetica dei motivi pertinenti.

Per le ragioni che precedono, la V Sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha dichiarato il ricorso in appello respinto, perché giudicato infondato anche nel merito dei motivi aggiunti impropri, con la compensazione integrale delle spese di lite fra le parti, attesa la giustificazione di particolarità della fattispecie e della complessità di alcune delle questioni trattate.