Cons. Stato, Sez. IV, 1° febbraio 2024, n. 1048

La facoltà di prevedere specifici requisiti di capacità professionale, riconosciuta dall’art. 10, comma 3, del nuovo codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36), al pari di quanto statuito dal previgente art. 83, comma 2, D. Lgs. 50/2016, è attuazione del principio affermato dalla Corte di giustizia (17 settembre 2002, in causa C-513/99) e trasfuso della direttiva 2014/24/UE secondo cui: “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l'esperienza necessarie per eseguire l'appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4).

A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi di quelli sanciti a livello normativo, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito e, dunque, rispetti i limiti della congruità e della proporzionalità.

 

N. 01048/2024REG.PROV.COLL.

N. 06692/2023 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6692 del 2023, proposto dalla società Progetto Ecologia di Albano A. & C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9609889B44, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Previte e Claudia Parise, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la società Ecologia Oggi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Antonio Caputo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, via Ugo Ojetti, n. 114;

nei confronti

dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Renato Dulbecco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Florenza Russo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione seconda) n. 903/2023, resa tra le parti.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Ecologia Oggi s.p.a. e dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Renato Dulbecco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2023 il consigliere Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale.

 

FATTO e DIRITTO

1. La società odierna appellata, Ecologia Oggi s.p.a., ha partecipato alla procedura indetta dall’Azienda Ospedaliera Pugliese Ciaccio, oggi fusa nell’Azienda Universitaria Dulbecco, per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e conferimento ad impianti dei rifiuti sanitari.

1.1. Con il ricorso di primo grado, la società ha impugnato l’aggiudicazione della gara in favore di Progetto Ecologia di Albano A. & C. s.r.l., odierna appellante, assumendo che tale operatore economico avrebbe dovuto essere escluso dalla gara, non possedendo il requisito di capacità tecnica e professionale richiesta dalla clausola 7.3. del disciplinare di gara.

1.2. Nella resistenza dell’Azienda ospedaliera e dell’odierna appellante, il T.a.r. ha accolto il ricorso, annullato gli atti impugnati e compensato tra le parti le spese di lite.

2. L’appello della società controinteressata, rimasta soccombente, è affidato ai seguenti motivi:

I. Travisamento dei presupposti di fatto. Erronea e travisata interpretazione della clausola 7.3 del disciplinare di gara.

Motivazione erronea, perplessa ed apparente. Contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità della motivazione.

Erronea, travisata ed incompleta istruttoria giudiziale.

Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 83 d. lgs. n. 50/2016.

Violazione e/o falsa interpretazione della clausola di cui al punto 7.3 del disciplinare di gara.

La controversia in primo grado ha avuto esclusivamente ad oggetto l’analisi della clausola 7.3 del disciplinare di gara rubricata “Requisiti di capacità tecnica e professionale” secondo la quale “La capacità tecnica professionale è data dall’aver eseguito nell’ultimo triennio almeno un servizio uguale a quello oggetto dell’appalto, per un importo equivalente a quello stimato annuo a base della presente gara. Per servizio uguale è da intendersi quello avente ad oggetto la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti sanitari allo stato solido e liquido, comprensivo della fornitura di contenitori omologati UN, per svariate tipologie di rifiuti, a favore di strutture sanitarie e/o sociosanitarie pubbliche o private”.

Dalla documentazione di gara emergerebbe che l’aggiudicataria possiede il requisito di cui al punto 7.3 del disciplinare atteso che ha svolto nell’ultimo triennio servizi uguali alle tipologie di cui all’oggetto di appalto e per un importo di molto superiore a quello stimato annuo a base di gara.

Dalla documentazione di gara afferente all’offerta della società Ecologia Oggi s.p.a., visionata solo dopo l’emissione della sentenza del T.a.r., risulterebbe invece che è la società appellata a non possedere il requisito in questione non avendo svolto nel triennio di riferimento 2019-2021 alcun servizio uguale a quello oggetto dell’appalto, atteso che il requisito che ha inteso far valere in corso di gara così come nel corso di giudizio di primo grado è riferito all’anno 2022, che non rientrerebbe nel triennio di riferimento.

Per quanto riguarda il par. 7.3. del disciplinare, l’appellante sostiene che siffatta clausola non richieda lo svolgimento di un unico servizio determinato o specifico ma di almeno un servizio uguale tra quelli indicati nel bando, nel triennio di riferimento fino all’importo stimato annuo a base di gara. I servizi in esame sono infatti di tipologia diversa tra di loro e l’aggettivo annuo compare nella clausola solo con riferimento al metodo di calcolo della soglia di euro 1.171.465,00.

Il par. 7.3 non fa alcun riferimento specifico alla impossibilità d frazionamento, sicché non sarebbe possibile qualificare il servizio richiesto quale requisito “di punta”.

Peraltro, da nessun’altra disposizione di gara potrebbe evincersi che la stazione appaltante abbia richiesto quale requisito di qualificazione tecnico-professionale un servizio di punta.

Anzi, al contrario, il par. 8.6 del disciplinare di gara, avrebbe previsto la possibilità che il concorrente soddisfi la richiesta del requisito di carattere tecnico professionale di cui al punto 7.3 anche mediante ricorso all’avvalimento plurimo, così escludendo la non frazionabilità del requisito stesso poiché, come noto, l’avvalimento plurimo o frazionato non è consentito con riferimento ai cd. requisiti di punta.

Nella lex specialis in esame mancherebbe qualsivoglia motivazione logica o sistemica che possa condurre a ritenere che la clausola 7.3 del disciplinare di gara richieda la dimostrazione del pregresso svolgimento di un servizio “di punta”.

Di fatto, lo svolgimento di molteplici servizi richiede una struttura operativa complessa e articolata soprattutto quando, come sarebbe avvenuto nel caso in esame, i servizi siano stati svolti continuativamente ed anche contestualmente.

La motivazione della sentenza impugnata sarebbe altresì contraddittoria poiché, acclarata l’equivocità della disposizione del disciplinare, il primo giudice avrebbe dovuto escludere l’interpretazione più restrittiva, in ossequio al principio del favor partecipationis.

II. Inammissibilità del ricorso per assoluta mancanza di interesse ad agire da parte della controinteressata.

Il T.a.r. non ha comunque svolto alcuna indagine tesa all’accertamento dell’interesse a ricorrere da parte di Ecologia Oggi s.p.a. avverso il provvedimento di aggiudicazione in questione.

Come sarebbe stato possibile appurare da un accesso agli atti di gara di Ecologia Oggi, consentito solo ex post dall’Amministrazione, l’originaria ricorrente non avrebbe i requisiti richiesti dai paragrafi 7.2. e 7.3 del disciplinare di gara.

2. L’Azienda sanitaria Dulbecco si è costituita in adesione al gravame.

3. Si è costituita, per resistere, la società Ecologia Oggi.

4. Con l’ordinanza cautelare n. 3421 del 28 agosto 2023, l’istanza cautelare è stata respinta.

5. La società appellata ha depositato una memoria conclusionale.

6. L’appello è passato in decisione alla pubblica udienza del 21 dicembre 2023.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

8. La clausola 7.3. del disciplinare di gara, di cui è controversa l’interpretazione, dispone che “la capacità tecnica professionale è data dall’aver eseguito nell’ultimo triennio almeno un servizio uguale a quello oggetto dell’appalto, per un importo equivalente a quello stimato annuo a base della presente gara”.

Inoltre, si prevede che: “Per servizio uguale è da intendersi quello avente ad oggetto la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti sanitari allo stato solido e liquido, comprensivo della fornitura di contenitori omologati UN, per svariate tipologie di rifiuti, a favore di strutture sanitarie e/o socio sanitarie pubbliche o private”.

8.1. Occorre richiamare anche l’art. 7.2, perché l’appellante ha dedotto in sede di gravame rilievi attinenti all’ammissione della società appellata alla gara, che asserisce di non avere potuto articolare in primo grado con ricorso incidentale stante il diniego di accesso oppostole dalla stazione appaltante.

Secondo la citata disposizione, il requisito di capacità economico - finanziaria “è comprovato dall’aver realizzato un fatturato specifico medio annuo nel settore di attività oggetto dell’appalto riferito agli ultimi n. 3 esercizi finanziari (2019-2020-2021) non inferiore all’importo annuale stimato a base d’asta della presente iniziativa (€ 1.171.465,00)” (comma 1).

8.2. Il T.a.r. ha accolto il ricorso sull’assunto che “la stazione appaltante abbia richiesto”, con la clausola di cui all’art. 7.2 “la dimostrazione dello svolgimento di un "servizio di punta", intendendo come tale quel servizio la cui regolare prestazione dimostra l'elevata capacità tecnico-professionale del concorrente, sia economica, che organizzativa, necessaria per l'adempimento dell'obbligo contrattuale conseguente all'aggiudicazione della gara. Al concorrente è stato, dunque, richiesto di dimostrare di essere in grado di svolgere il servizio attraverso la prova dell'averne già espletato uno uguale per un importo almeno pari a quello in gara, con la conseguenza che il requisito non poteva essere ritenuto frazionabile”.

9. Il Collegio ritiene che il significato della clausola sia quello individuato dal T.a.r. e che lo stesso sia inequivocabile già sul piano letterale, in relazione alla connessione logico - sintattica tra l’oggetto del servizio svolto (“almeno uno uguale a quello oggetto dell’appalto”), e l’importo richiesto (“per un importo equivalente [...]”, evidentemente riferito ad un unico “servizio”, così come indicato nella proposizione precedente e non già a più servizi, sommati tra loro, che raggiungano il medesimo importo.

La stazione appaltante ha cioè richiesto, quale requisito di ammissione, la dimostrazione di avere effettuato nel triennio precedente almeno un servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari, per un importo stimato annuo di € 1.171.465,00, non frazionabile.

L’interpretazione letterale è confermata dall’esame logico – sistematico del disciplinare di gara, ed in particolare dal raffronto con la clausola relativa alla dimostrazione della capacità finanziaria, che fa invece riferimento al “fatturato specifico medio annuo nel settore di attività [...] non inferiore all’importo annuale stimato a base d’asta della presente iniziativa (€ 1.171.465,00)”.

Il “settore di attività” è definito dal disciplinare, ai fini di cui trattasi, come “quello relativo alla raccolta, al trasporto e conferimento ad impianti autorizzati dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi”.

In tal senso il primo giudice ha condivisibilmente sottolineato che “se si interpretasse la clausola 7.3. nel senso indicato dall’amministrazione intimata e della controinteressata, è evidente che il requisito di capacità tecnica e professionale sarebbe comprovato sulla base di elementi economici non identici, ma comunque in gran parte sovrapponibili a quelli presi in considerazione ai fini della determinazione dei requisiti di capacità economica e finanziaria”.

Non vi è poi alcuna disposizione della lex specialis idonea ad avvallare l’opposta interpretazione.

Non è, infatti, vero che “il punto 8, 6 cpv., del disciplinare di gara” abbia specificamente “previsto la possibilità che il concorrente possa soddisfare la richiesta del requisito di carattere tecnico professionale di cui al punto 7.3 anche mediante ricorso all’avvalimento plurimo, così escludendo la non frazionabilità del requisito stesso”.

In realtà, la disposizione richiamata ammette in linea generale la possibilità di avvalimento plurimo (“Il concorrente può avvalersi di più imprese ausiliarie”) e deve quindi essere essa stessa coordinata con le disposizioni relative ai requisiti di ammissione.

Quanto alla motivazione della richiesta di un determinato servizio di punta la stessa è logicamente ravvisabile nella finalità di consentire la selezione di un operatore che abbia già espresso la capacità di eseguire un servizio che presenti caratteristiche tecniche analoghe a quello oggetto di affidamento.

Sotto questo profilo, non forma oggetto di idonea contestazione il rilievo del primo giudice, secondo cui “è naturale che la struttura organizzativa necessaria a effettuare un servizio di rilevante entità è diversa dalla struttura operativa necessaria all’operatore economico per svolgere molteplici servizi di dimensione economica più limitata”.

Al riguardo, va infatti evidenziato che l’affermazione secondo cui “la contestualità” e “continuità” nello svolgimento di più servizi sia maggiormente impegnativa rispetto allo svolgimento di un unico servizio è non solo opinabile ma, in ogni caso, non conferente alla fattispecie in cui non vi è prova alcuna del fatto che i servizi dichiarati dalla ricorrente, ai fini delle dimostrazione della capacità professionale, siano stati effettivamente svolti in maniera contestuale e continuativa.

In ogni caso, il par. 7.3. del disciplinare non fa alcun riferimento a “servizi continuativi” o “contestuali”, circostanza che, evidentemente, conferma l’infondatezza dell’esegesi proposta dalla società appellante ed avallata apoditticamente dalla stazione appaltante.

9.1. Quanto, poi, all’applicazione del principio del “favor partecipationis”, lo stesso costituisce un criterio di interpretazione e può trovare applicazione solo a fronte di clausole ambigue, suscettibili di plurime interpretazioni, ipotesi che, come rilevato, non ricorre nella fattispecie concreta in esame.

9..2. Neanche i rilievi sulla “anticoncorrenzialità” della clausola possono essere condivisi.

In disparte il fatto che la stessa non è stata impugnata in primo grado mediante ricorso incidentale, va ricordato che la facoltà della stazione appaltante di prevedere determinati requisiti di capacità professionale, nei limiti di ragionevolezza e proporzionalità, è stabilita sia dal previgente (art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016) che dall’attuale codice dei contratti (art.10, comma 3, d.lgs. n. 36 del 2023), in attuazione del principio, dapprima affermato dalla Corte di giustizia (17 settembre 2002, in causa C-513/99), poi trasfuso della direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l'esperienza necessarie per eseguire l'appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara.

In tal senso, la disposizione testé richiamata ha espressamente stabilito che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere, in particolare, che gli operatori economici dispongano di un livello sufficiente di esperienza comprovato da opportune referenze relative a contratti eseguiti in precedenza”.

A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito (Cons. Stato sez. III, 17 novembre 2020, n.7138; Corte di giustizia, 31 marzo 2022, in causa C-195/21; Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2023, n. 2992).

9.3. Nel caso in esame, sono rispettati sia il limite della congruità con l’oggetto della gara, che quello della proporzione, atteso che l’importo del servizio di “punta” è stato commisurato ad una sola annualità del contratto da affidare.

10. Quanto, poi, alle doglianze circa l’ammissione alla gara della società appellata – in disparte la dubbia ammissibilità di una censura che, anche in questo caso, non ha formato oggetto di ricorso incidentale in primo grado – è agevole rilevare che il disciplinare contiene due diversi riferimenti temporali.

Infatti, mentre ai fini della dimostrazione della capacità finanziaria il par. 7.2. richiama gli “ultimi n. 3 esercizi finanziari (2019-2020-2021)”, il par. 7.3. si riferisce all’ “ultimo triennio”, formulazione che, in assenza di più specifiche indicazioni, non può che riguardare il triennio anteriore alla pubblicazione del bando di gara (cfr., con riferimento agli artt. 41 e 42 del d.lgs. n. 163 del 2006, Cons. Stato, Sez. III, 2 luglio 2015, n. 3285), avvenuta, nel caso in esame, in data 27 febbraio 2023.

È dunque irrilevante che nel 2020 e nel 2021 la società appellata non abbia conseguito un fatturato specifico nel settore oggetto dell’appalto, in quanto relativamente al 2022 può vantare, secondo quanto dichiarato nel DGUE, un fatturato specifico medio annuo pari a euro 2.027.378, molto superiore a quello previsto dall’art. 7.2., pari a euro 1.171.465,00.

11. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.

In ragione della natura interpretativa della questione, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, n. 6692 del 2023 di cui in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Luigi Furno, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere

 

Guida alla lettura

La sentenza n. 1048 dell’1/02/2024 della IV sez. del Consiglio di Stato indugia sulla discrezionalità della Stazione appaltante nella individuazione dei requisiti speciali necessari per la partecipazione a una determinata procedura ad evidenza pubblica. Tematica che involge il delicato equilibrio tra tutela della concorrenza e adeguatezza dell’operatore economico.

La fattispecie concreta vagliata dal Supremo concesso della giurisdizione amministrativa riguardava, in particolare, la clausola della lex specialis di una gara indetta da una Azienda Ospedaliera per il servizio di raccolta, trasporto e conferimento ad impianti di rifiuti sanitari, che ai fini della partecipazione imponeva tra i requisiti di capacità tecnico-professionali l’aver svolto nel triennio precedente almeno un servizio uguale a quello oggetto dell’appalto e di importo equivalente. Previsione ritenuta dall’appellante, controinteressato soccombente in primo grado, illegittima perché “anticoncorrenziale”.

Ebbene, la pronuncia in esame nel confutare l’assunto connotante l’atto di appello ha, innanzitutto, evidenziato che il legislatore sin dal d. lgs. 50/2016 riconosce alla pubblica amministrazione ampia discrezionalità nella individuazione dei requisiti tecnico-professionali e di quelli economico-finanziari di cui devono essere muniti le imprese che intendono partecipare alla procedura ad evidenza pubblica. La scelta legislativa, come osservato nella sentenza, è stata confermata anche dall’art. 10, comma 3, del nuovo codice dei contratti pubblici, che recita: “ (..) le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”.

La ratio legis è rendere la “competizione” pubblicistica propedeutica alla individuazione di un interlocutore contrattuale affidabile e idoneo all’esecuzione del contratto. In tale ottica è del tutto legittima la previsione di criteri partecipativi stringenti, ancorché più severi di quelli statuiti a livello normativo, purché congrui e proporzionali. Va sottolineato che l’art. 10, comma 3, D. Lgs. 36/2023 richiama, innanzitutto, l’“attinenza”. Appare ovvio, infatti, che il bando o il disciplinare di gara non possano richiedere requisiti tecnico-professionali o anche economico-finanziari esulanti dall’alveo applicativo del contratto pubblico oggetto di affidamento. In tal caso, infatti, si assisterebbe a una irragionevole limitazione della concorrenza, ispirata a presupposti del tutto estranei e irrilevanti ai fini dell’esecuzione dell’appalto o della concessione.

Come sopra accennato, in ossequio al dato normativo testé illustrato, il Consiglio di Stato nel definire la controversia richiama quali “parametri” di legittimità dell’esercizio del potere discrezionale della p.a. sia la congruità sia la proporzionalità.

Quanto al primo, ravvisa nella fattispecie concreta l’appropriatezza dei “limiti” partecipativi stabiliti dalla lex specialis. La clausola del disciplinare di gara, infatti, sanciva quale condizione per la partecipazione l’aver svolto nell’ultimo triennio almeno un servizio uguale a quello dell’oggetto dell’appalto, per un importo equivalente a quello annuo stimato a base di gara. Il Collegio sottolinea, in specie, che l’importo del servizio di punta era stato, dunque, commisurato a una sola annualità del contratto da affidare, il che rende la previsione del tutto appropriata alla rilevanza della gara e ragionevole dal punto di vista prettamente “quantitativo”.

Quanto al secondo dei parametri indicati in sentenza, giova rammentare che esso postula che la clausola del disciplinare di gara sia adeguata rispetto allo scopo di carattere pubblicistico che si intende perseguire, non siano riscontrabili misure alternative volte al raggiungimento del risultato anelato e non determini un ingiustificato sacrificio per l’interesse privato. Ebbene, il requisito individuato nel caso concreto scrutinato dalla IV Sezione del Consiglio di Stato soddisfa l’esigenza pubblicistica di affidare la raccolta, il trasporto e il conferimento di rifiuti peculiari, quali quelli sanitari, a soggetti muniti della esperienza e delle professionalità necessarie; la previsione “contestata”, come sottolineato nella pronuncia in esame, rendeva sufficiente lo svolgimento negli ultimi tre anni anche di un solo servizio uguale a quello posto a base di gara e di importo equivalente, il che attesta, dunque, che la gara era strutturata in maniera tale da consentire la partecipazione anche di micro, piccole o medie imprese, purché “munite” di un curriculum professionale tale da assicurare la rapida e corretta esecuzione del contratto.

Occorre, quindi, osservare che la disciplina dei contratti pubblici a livello nazionale sia unionale mira non solo a garantire pari opportunità alle imprese e a scongiurare la costituzione di rendite di potere in favore di un numero limitato di privati e il rischio della chiusura di segmenti di mercato, ma è anche funzionale alla scelta di un interlocutore contrattuale serio e affidabile. È emblematico in tal senso l’art. 1 D. Lgs. 36/2023, che nel positivizzare il principio del risultato impone alla p.a. di perseguire nel rispetto del principio di concorrenza la rapida esecuzione del contratto, all’esito di una celere procedura di affidamento, e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo.

La concorrenza, pertanto, deve rappresentare il presupposto per un confronto competitivo altamente qualitativo e non motivo di indistinta e irragionevole legittimazione “partecipativa”. Per tali ragioni, come statuito dalla giurisprudenza amministrativa anche nella sentenza in commento, le Stazioni appaltanti o gli enti concedenti hanno il potere di fissare requisiti tecnico-professionali e/o economico-finanziari anche più severi di quelli stabiliti dal legislatore, purché l’esercizio della discrezionalità non abbia esiti sproporzionati o incongrui.