Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 2023, n. 2736

L’individuazione del dies a quo risulta così modulata: a) in via di principio, dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016; b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 50, cit., ma (solo) a condizione che esse consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri, così da consentire la presentazione, non solo dei motivi aggiunti, ma anche del ricorso principale; c) con “dilazione temporale”, nel caso di proposizione dell’istanza di accesso agli atti, fino al momento in cui questo è consentito, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (sempreché, in tal caso, l’istanza di accesso sia tempestivamente proposta nei quindici giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione); d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.

A seguito della più recente giurisprudenza, successiva alla pronuncia della Plenaria n. 12, cit., il criterio della “dilazione temporale” può essere declinato in differenti e più articolati modi, essendosi sul punto formati, pur nel rispetto delle delineate coordinate e premesse esegetiche, tre distinti orientamenti (in ogni caso relativi alla ipotesi di tempestiva formalizzazione della istanza di accesso, per vizi desumibili solo dall’esame della documentazione di gara): a) il primo (immediatamente valorizzato e diffusamente argomentato, per esempio, da Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127) propende, in ogni caso, per il termine “secco” (non modulabile) di 45 giorni (30+15); b) il secondo (sposato da Cons. Stato, Sez. V, 29 novembre 2022, cit.) ritiene, invece, indifferente il periodo di tempo impiegato per presentare l’istanza di accesso, dovendosi, in sostanza, concedere in ogni caso, il termine ordinario di trenta giorni per impugnare gli atti di gara, con decorso dalla evasione dell’istanza ostensiva, purché tempestiva: sicché, in definitiva, il termine massimo finisce per essere spostato al 60° giorno (15+15+30); c) un terzo orientamento (ispirato alla tesi della cd. “sottrazione dei giorni”: in tal senso si veda TAR Lazio, Roma, Sez. III-quater, 15 dicembre 2020, n. 13550: TAR Umbria, Sez. I, 19 ottobre 2021, n. 736) ritiene, invece, che - fermo restando che il rifiuto o il differimento dell’accesso da parte della stazione appaltante non determina la “consumazione” del potere di impugnare - ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame; sicché, in sostanza, al termine ordinario di 30 giorni occorrerebbe: c1) sia sottrarre i giorni che ha impiegato la stazione appaltante per consentire l’accesso agli atti (che non potrebbe essere posto a carico del privato); c2) sia addizionare i giorni “a carico” del ricorrente, pari al tempo impiegato tra  la partecipazione dell’aggiudicazione la domanda di accesso.

Alla luce della più recente (e multipla) ricostruzione, il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento che, in conformità alla soluzione sub a) e in pedissequa adesione alle direttive nomofilattiche della Plenaria, individua come ultimativo dies ad quem il 45° giorno dalla pubblicazione o comunicazione della intervenuta aggiudicazione.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3279 del 2022, proposto da
Istituto di Vigilanza La Torre s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Nilo, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

Provincia di Potenza, non costituita in giudizio;

nei confronti

Cosmopol Vigilanza s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluigi Pellegrino e Arturo Testa, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, sez. I, n. 114/2022, resa tra le parti

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Cosmopol Vigilanza s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Nilo e Labate, in dichiarata delega dell’avvocato Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1.- Con sentenza n. 114 in data 11 febbraio 2022, il TAR per la Basilicata dichiarava irricevibile, per tardività, il ricorso proposto dall’Istituto di vigilanza La Torre s.r.l. avverso la determinazione con la quale la Provincia di Potenza aveva disposto, in favore della controinteressata Cosmopol Basilicata s.r.l., l’aggiudicazione della procedura aperta, indetta, giusta determinazione n. 2042 del 7.8.2019, per l’affidamento del servizio di vigilanza armata e di portierato degli Uffici provinciali.

A sostegno della decisione, che disponeva altresì la reiezione della pedissequa domanda risarcitoria, il primo giudice osservava:

a) che il termine decadenziale (di trenta giorni) per l’impugnazione, ex art. 120, comma 5 cod. proc. amm. decorresse dal giorno di pubblicazione, nell’albo pretorio on line della stazione appaltante, del provvedimento di aggiudicazione (assunto con determinazione n. 1306 del 17 giugno 2021, pubblicata in pari data);

b) che – pur avendo l’odierna appellante formalizzato (peraltro solo in data 28 giugno 2021) una prima istanza di accesso alla documentazione amministrativa della impresa aggiudicataria, positivamente riscontrata il successivo 14 luglio – il ricorso (con il quale si lamentava l’omessa dichiarazione, nel documento di gara, di gravi illeciti professionali) era stato notificato solo in data 13 settembre 2021 (vale a dire 57 giorni dopo la ridetta pubblicazione), laddove – pur tenendo conto della sospensione feriale dei termini processuali nel periodo dal 1° al 31 agosto – avrebbe dovuto essere notificato entro il 1° settembre 2021, vale a dire entro 45 giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione;

c) che parimenti tardive dovevano ritenersi le (distinte) censure con le quali era stata criticamente dedotta l’anomalia dell’offerta formulata dall’aggiudicataria: e ciò in quanto solo con una seconda istanza ostensiva (proposta il 16 luglio, dopo 29 giorni dalla pubblicazione dell’aggiudicazione) era stato chiesto l’accesso agli atti del relativo subprocedimento esperito dalla commissione valutatrice (non essendo, sul punto, praticabile alcuna dilazione temporale).

2.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, l’Istituto di Vigilanza La Torre s.r.l. impugna la ridetta statuizione, di cui lamenta la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma.

Nella resistenza della controinteressata Cosmopol Vigilanza s.r.l., alla pubblica udienza dell’11 novembre 2022 la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello non è fondato e va respinto.

2.- Importa premettere, in termini generali, che la questione della esatta individuazione del termine di impugnazione dei provvedimenti in materia di affidamento dei contratti pubblici è stata, nelle sue linee di fondo, affrontata ed esaminata dalla decisione della Adunanza plenaria n. 12/2020 e, quindi, affinata dalla successiva elaborazione giurisprudenziale.

Si tratta di una problematica che origina da un quadro regolatorio non del tutto omogeneo, nell’ambito del quale a disposizioni normative di ordine processuale e di valenza generale (artt. 41, comma 2, e 120 cod. proc. amm.) si sovrappone, con effetto di concorrenza, una disciplina sostanziale e speciale (artt. 53 e 76, d. lgs. n. 50/2016).

2.1.- In siffatto contesto normativo, la richiamata decisione dell’Adunanza plenaria, in prospettiva nomofilattica, ha esaminato la questione sotto due concorrenti aspetti:

a) l'idoneità della “pubblicazione generalizzata” degli atti di gara sul profilo Internet della stazione appaltante a far senz’altro decorrere il termine di impugnazione, in relazione a quei vizi percepibili direttamente ed immediatamente dai provvedimenti oggetto di pubblicazione;

b) la corretta individuazione del termine per proporre il ricorso introduttivo nelle ipotesi di vizi conoscibili solo in esito all'accesso agli atti di gara.

Se ne è desunta, nella prospettiva di adeguata e proporzionata conciliazione del diritto di difesa del concorrente pregiudicato e della celerità dell’azione amministrativa, una articolata e cadenzata scansione temporale, puntualmente ancorata ai diversi momenti di possibile conoscenza degli atti di gara, ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione, in base alla considerazione, di carattere generale, per la quale l’individuazione di quest’ultima dipenda dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’”accesso informale” con una “richiesta scritta”, nel termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, 2° comma, del d .lgs. n. 50/2016.

In dettaglio, l’individuazione del dies a quo risulta così modulata (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 2022 n. 10470):

a) in via di principio, dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016;

b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 del d .lgs. cit., ma (solo) a condizione che esse consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri, così da consentire la presentazione, non solo dei motivi aggiunti, ma anche del ricorso principale;

c) con “dilazione temporale”, nel caso di proposizione dell’istanza di accesso agli atti, fino al momento in cui questo è consentito, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (sempreché, in tal caso, l’istanza di accesso sia tempestivamente proposta nei quindici giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione);

d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2525; Id, 19 gennaio 2021, n. 575).

2.2.- L’ipotesi che, nel caso in esame, occorre considerare è quella di cui supra, sub c) –trattandosi di vizi correlati alla regolarità della documentazione amministrativa ed alla valutazione di anomalia dell’offerta – in ordine alla quale occorre allora, nei sensi chiariti, dare concorrente rilievo, per un verso, alla diligenza dell’operatore economico nella tempestiva formalizzazione della istanza ostensiva e, per altro verso, alla correttezza della stazione appaltante nell’altrettanto tempestiva evasione della stessa.

Ne segue, perciò, che:

a) se l’istanza di accesso è tempestiva (in quanto proposta, come vale ribadire, entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) e parimenti tempestivo è il riscontro ostensivo da parte della stazione appaltante, il termine per impugnare (di trenta giorni) subisce una “corrispondente dilazione temporale” (di quindici giorni): di tal che, in definitiva, il ricorso deve essere proposto entro il termine massimo (certo ed obiettivo) di 45 giorni (dalla comunicazione o pubblicazione);

b) se, per contro, l'istanza di accesso è tardiva (quindi, di nuovo, successiva al quindicesimo giorno dalla comunicazione o pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) non opera, a pro del ricorrente, la ridetta “dilazione temporale”: e ciò in ragione di un bene inteso canone di auto-responsabilità dell'operatore economico che concorre a gare pubbliche e della correlata necessità di evitare che il termine di impugnazione possa rimanere aperto o modulato ad libitum;

c) nel caso, invece, di comportamenti ostruzionistici e dilatori imputabili alla stazione appaltante (che non dia puntuale riscontro alla tempestiva istanza di accesso, ovvero la evada successivamente al termine di quindici giorni dalla ricezione), il termine per impugnare (trattandosi di vizi conoscibili solo in esito all'accesso) non inizia a decorrere se non dal momento dell'ostensione della documentazione richiesta (sicché, più che di vera e propria “dilazione temporale”, in tal caso finisce per operare una autonoma e nuova decorrenza del termine).

2.3.- In verità, va dato atto – alla luce della successiva e non del tutto omogenea elaborazione giurisprudenziale – di una diversa, e più articolata, declinazione del riassunto criterio della “dilazione temporale”: essendosi, sul punto, formati, pur nel rispetto delle delineate coordinate e premesse esegetiche, tre diversi orientamenti (in ogni caso relativi alla ipotesi di tempestiva formalizzazione della istanza di accesso, per vizi desumibili solo dall’esame della documentazione di gara):

a) il primo (immediatamente valorizzato e diffusamente argomentato, per esempio, da Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127) propende in ogni caso per il termine “secco” (non modulabile) di 45 giorni (30+15);

b) il secondo (sposato da Cons. Stato, sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792 e, da ultimo, da Id., sez. V, 29 novembre 2022, n. 10470) ritiene, per contro, indifferente il periodo di tempo impiegato per presentare l'istanza di accesso, dovendosi, in sostanza, concedere in ogni caso il termine ordinario di trenta giorni per impugnare gli atti di gara, con decorso dalla evasione dell’istanza ostensiva, purché tempestiva: sicché, in definitiva, il termine massimo finisce per essere spostato al 60° giorno (15+15+30);

c) un terzo orientamento (ispirato alla tesi della c.d. “sottrazione dei giorni”: in tal senso, per esempio, essenzialmente nella elaborazione giurisprudenziale di prime cure, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-quater,15 dicembre 2020, n. 13550; T.A.R. Umbria, Sez. I, 19 ottobre 2021, n. 736) ritiene, invece, che – fermo restando che il rifiuto o il differimento dell'accesso da parte della stazione appaltante non determina la "consumazione" del potere di impugnare – ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame: sicché, in sostanza, al termine ordinario di 30 giorni occorrerebbe: c1) sia sottrarre i giorni che ha impiegato la stazione appaltante per consentire l'accesso agli atti (che non potrebbe essere posto a carico del privato); c2) sia addizionare i giorni 'a carico' del ricorrente, pari al tempo impiegato tra la partecipazione dell’aggiudicazione e la domanda di accesso.

2.4.- Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento che – in conformità alla soluzione sub a) ed in pedissequa adesione alle direttive nomofilattiche della Adunanza plenaria – individua come (ultimativo) dies ne ultra quem il 45° giorno dalla pubblicazione (o comunicazione) della intervenuta aggiudicazione.

2.4.1.- Invero, come diffusamente chiarito da Cons. Stato, sez. V, n. 10470/2022 cit., non può, anzitutto, essere condiviso l’assunto (che alimenta l’orientamento sub c) secondo cui dai 45 giorni complessivi debbano essere sottratti i giorni che l’impresa ha atteso per effettuare l’accesso, in quanto, diversamente, si lascerebbe il concorrente arbitro di determinare ad libitum la decorrenza del termine.

Si tratta anzitutto, in effetti, per un verso di un portato non necessario dei principî affermati dall’Adunanza plenaria e, per altro verso, di soluzione non del tutto compatibile con il canone dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici.

Sostenere, infatti, che dal complessivo termine di 45 giorni, individuato per la c.d. dilazione temporale, debbano essere sottratti i giorni che l’impresa concorrente ha impiegato per chiedere l’accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare: laddove la stessa Amministrazione, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti, al di là dell’eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie od ostruzionistiche.

Vero è che, occorre ammettere, il “ritardo” (ma meglio dovrebbe dirsi, in realtà, l’”indugio”, dato che la obiettiva tempestività non è in discussione) nella formalizzazione della istanza ostensiva verrebbe, in certo modo, algebricamente “compensato” dalla correlativa tempistica del riscontro amministrativo: e, nondimeno, il meccanismo si presta alla introduzione di un inutile fattore di incertezza, che contraddice alla logica – alla quale è necessario far capo – della ragionevole conciliazione del diritto di difesa con la certezza dell’azione amministrativa, in materia di attribuzione di pubbliche commesse.

2.4.2.- Non ne discende, tuttavia, l’accoglimento della prospettiva intermedia, che – in una pur plausibile logica di riconoscimento al concorrente di un “congruo termine” per la formalizzazione della richiesta di accesso documentale – finisce per riconoscere in ogni caso (quindi, indipendentemente dalla sollecitudine nella presentazione della istanza ostensiva) il termine di trenta giorni decorrenti dalla (sia pure, in ogni caso, tempestiva) evasione dell’istanza.

Per contro, appare corretto, in una logica di astratto e ragionevole bilanciamento degli interessi, premiare – fermo il limite minimo della tempestività – la solerzia del concorrente che, venuto a conoscenza degli esiti sfavorevoli della procedura evidenziale, si attivi sollecitamente alla presentazione della istanza di accesso, atta ad integrare il materiale documentale, per quanto non già desumibile dalla prescritta pubblicazione generalizzata dei rilevanti dati evidenziali.

Deve, per tal via, ribadirsi – in conformità ad un correlativo e bene inteso canone di certezza, che, nella prospettiva assunta dall’Adunanza plenaria, compendia le esigenze difensive con un qualificato principio di buon andamento dell’azione amministrativa in subiecta materia – la regola per cui, “una volta avuta conoscenza del provvedimento di aggiudicazione, in una delle diverse modalità possibili […] il concorrente pregiudicato è tenuto nel termine di quarantacinque giorni a presentare istanza di accesso ai documenti e a proporre impugnazione, salvo l’ipotesi eccezionale di comportamento ostruzionistico tenuto dall’amministrazione” (Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2525).

2.5.- Ciò posto, nel caso in esame, a fronte della pubblicazione dell’aggiudicazione sull’albo pretorio on line della Provincia di Potenza in data 17 giugno 2021, l’appellante ha presentato istanza di accesso agli atti il successivo 28 giugno (cioè: tempestivamente, avuto riguardo al termine di quindici giorni), vedendosela evadere (in termini parimenti tempestivi) il successivo 14 luglio 2021: con la conseguenza che, applicando il principio della “dilazione temporale”, il ricorso avrebbe dovuto essere proposto entro il 45° giorno (maggiorato della sospensione feriale dei termini), vale a dire entro il 1° settembre 2021, mentre risulta notificato solo il successivo 13 settembre, vale a dire allo scadere del 57° giorno.

Non giova, in diversa direzione, l’assunto difensivo (rimasto – a fronte delle avverse contestazioni – privo del necessario riscontro probatorio) secondo cui, in realtà, la richiesta di accesso sarebbe stata effettuata già in data 17 giugno (vale a dire lo stesso giorno della pubblicazione), con conseguente tardività della relativa evasione; né appare pertinente, alla luce delle ribadite coordinate ermeneutiche, l’aggancio temporale alla (successiva e non rilevante) data della comunicazione personale della intervenuta aggiudicazione (del 23 giugno 2021), stante la non contestata completezza informativa correlata alla pubblicazione sul sito della stazione appaltante.

Correttamente, perciò, la sentenza appellata ne ha tratto (anche relativamente alla successiva istanza di accesso, addirittura intempestiva, in quanto proposta al ventinovesimo giorno dalla pubblicazione) il corollario della irricevibilità del ricorso, che merita di essere, perciò, confermata.

3.- In definitiva, l’appello deve essere complessivamente respinto.

Sussistono, peraltro, in ragione delle evidenziate oscillazioni giurisprudenziali, giustificate ragioni per disporre, tra le parti costituite, l’integrale compensazione di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2022.

 

 

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 2736 dello scorso 15 marzo, la V Sezione del Supremo Consesso amministrativo è ritornata sul tema dell’esatta individuazione del termine di impugnazione dei provvedimenti in materia di affidamento dei contratti pubblici.

Al riguardo preme rilevare che la questione è stata affrontata ed esaminata dalla Plenaria n. 12/2020 e, successivamente, affinata dalla giurisprudenza seguente.

La problematica nasce da un quadro regolatorio non del tutto omogeneo, nell’ambito del quale a disposizioni normative di ordine processuale e di valenza generale (artt. 41, comma 2 e 120 c.p.a.) si sovrappone, con effetto di concorrenza, una disciplina sostanziale e speciale (artt. 53 e 76, d.lgs. n. 50/2016).

In siffatto contesto normativo, la richiamata decisione dell’Adunanza Plenaria, in prospettiva nomofilattica, ha esaminato la questione sotto due concorrenti aspetti: a) l’idoneità della “pubblicazione generalizzata” degli atti di gara sul profilo Internet della stazione appaltante a far senz’altro decorrere il termine di impugnazione, in relazione a quei vizi percepibili direttamente ed immediatamente dai provvedimenti oggetto di pubblicazione; b) la corretta individuazione del termine per proporre il ricorso introduttivo nelle ipotesi di vizi conoscibili solo in esito all’accesso agli atti di gara.

Se ne è desunta, nella prospettiva di adeguata e proporzionata conciliazione del diritto di difesa del concorrente pregiudicato e della celerità dell’azione amministrativa, una articolata e cadenzata scansione temporale, puntualmente ancorata ai diversi momenti di possibile conoscenza degli atti di gara, ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione, in base alla considerazione, di carattere generale, per la quale l’individuazione di quest’ultima dipenda dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’”accesso informale” con una “richiesta scritta”, nel termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016.

In dettaglio, l’individuazione del dies a quo risulta così modulata (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 2022 n. 10470): a) in via di principio, dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016; b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 50, cit., ma (solo) a condizione che esse consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri, così da consentire la presentazione, non solo dei motivi aggiunti, ma anche del ricorso principale; c) con “dilazione temporale”, nel caso di proposizione dell’istanza di accesso agli atti, fino al momento in cui questo è consentito, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (sempreché, in tal caso, l’istanza di accesso sia tempestivamente proposta nei quindici giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione); d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2525; Id., 19 gennaio 2021, n. 575).

L’ipotesi nuovamente al centro dell’analisi del Collegio è quella innanzi indicata al punto sub c) -trattandosi di vizi correlati alla regolarità della documentazione amministrativa e alla valutazione di anomalia dell’offerta - in ordine alla quale occorre allora, nei sensi chiariti, dare concorrente rilievo, per un verso, alla diligenza dell’operatore economico nella tempestiva formalizzazione della istanza ostensiva e, per altro verso, alla correttezza della stazione appaltante nell’altrettanto tempestiva evasione della stessa.

Ne segue, perciò, che: a) se l’istanza di accesso è tempestiva (in quanto proposta, come vale ribadire, entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) e parimenti tempestivo è il riscontro ostensivo da parte della stazione appaltanteil termine per impugnare (di trenta giorni) subisce una “corrispondente dilazione temporale” (di quindici giorni): di tal che, in definitiva, il ricorso deve essere proposto entro il termine massimo (certo ed obiettivo) di 45 giorni (dalla comunicazione o pubblicazione); b) se, per contro, l’istanza di accesso è tardiva (quindi, di nuovo, successiva al quindicesimo giorno dalla comunicazione o pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) non opera, a favore del ricorrente, la ridetta “dilazione temporale”: e ciò in ragione di un bene inteso canone di auto-responsabilità dell’operatore economico che concorre a gare pubbliche e della correlata necessità di evitare che il termine di impugnazione possa rimanere aperto o modulato ad libitum; c) nel caso, invece, di comportamenti ostruzionistici e dilatori imputabili alla stazione appaltante (che non dia puntuale riscontro alla tempestiva istanza di accesso, ovvero la evada successivamente al termine di quindici giorni dalla ricezione), il termine per impugnare (trattandosi di vizi conoscibili solo in esito all’accesso) non inizia a decorrere se non dal momento dell’ostensione della documentazione richiesta (sicché, più che di vera e propria “dilazione temporale”, in tal caso finisce per operare una autonoma e nuova decorrenza del termine).

Così affermato “in termini generali” (rectius tralatizi, come da ricostruzione elaborata a seguito della decisione della Plenaria n. 12/2020), i Giudici hanno cura di precisare che, invero, a seguito della più recente giurisprudenza, successiva alla pronuncia della Plenaria n. 12, cit., il criterio della “dilazione temporale” può essere declinato in differenti e più articolati modi, essendosi sul punto formati, pur nel rispetto delle delineate coordinate e premesse esegetiche, tre distinti orientamenti (in ogni caso relativi alla ipotesi di tempestiva formalizzazione della istanza di accesso, per vizi desumibili solo dall’esame della documentazione di gara): a) il primo (immediatamente valorizzato e diffusamente argomentato, per esempio, da Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127) propende, in ogni caso, per il termine “secco” (non modulabile) di 45 giorni (30+15); b) il secondo (sposato da Cons. Stato, Sez. V, 29 novembre 2022, cit.) ritiene, invece, indifferente il periodo di tempo impiegato per presentare l’istanza di accesso, dovendosi, in sostanza, concedere in ogni caso, il termine ordinario di trenta giorni per impugnare gli atti di gara, con decorso dalla evasione dell’istanza ostensiva, purché tempestiva: sicché, in definitiva, il termine massimo finisce per essere spostato al 60° giorno (15+15+30); c) un terzo orientamento (ispirato alla tesi della cd. “sottrazione dei giorni”: in tal senso si veda TAR Lazio, Roma, Sez. III-quater, 15 dicembre 2020, n. 13550: TAR Umbria, Sez. I, 19 ottobre 2021, n. 736) ritiene, invece, che - fermo restando che il rifiuto o il differimento dell’accesso da parte della stazione appaltante non determina la “consumazione” del potere di impugnare - ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame; sicché, in sostanza, al termine ordinario di 30 giorni occorrerebbe: c1) sia sottrarre i giorni che ha impiegato la stazione appaltante per consentire l’accesso agli atti (che non potrebbe essere posto a carico del privato); c2) sia addizionare i giorni “a carico” del ricorrente, pari al tempo impiegato tra  la partecipazione dell’aggiudicazione la domanda di accesso.

Alla luce della più recente (e multipla) ricostruzione, il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento che, in conformità alla soluzione sub a) e in pedissequa adesione alle direttive nomofilattiche della Plenaria, individua come ultimativo dies ad quem il 45° giorno dalla pubblicazione o comunicazione della intervenuta aggiudicazione.

Come diffusamente chiarito da Cons. Stato, Sez. V, 29 novembre, cit., non può essere, anzitutto, condiviso l’assunto (che alimenta l’orientamento sub c), secondo cui dai 45 giorni complessivi devono essere sottratti i giorni che l’impresa ha atteso per effettuare l’accesso, in quanto, diversamente, si lascerebbe il concorrente arbitro di determinare ad libitum la decorrenza del termine.

Si tratta anzitutto, in effetti, per un verso di un portato non necessario dei principî affermati dall’Adunanza Plenaria e, per altro verso, di soluzione non del tutto compatibile con il canone dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici. Sostenere, infatti, che dal complessivo termine di 45 giorni, individuato per la c.d. dilazione temporale, debbano essere sottratti i giorni che l’impresa concorrente ha impiegato per chiedere l’accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare: laddove la stessa Amministrazione, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti, al di là dell’eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie od ostruzionistiche.

Vero è che, occorre ammettere, il “ritardo” (ma meglio dovrebbe dirsi, in realtà, l’”indugio”, dato che la obiettiva tempestività non è in discussione) nella formalizzazione della istanza ostensiva verrebbe, in certo modo, algebricamente “compensato” dalla correlativa tempistica del riscontro amministrativo: e, nondimeno, il meccanismo si presta alla introduzione di un inutile fattore di incertezza, che contraddice alla logica – alla quale è necessario far capo – della ragionevole conciliazione del diritto di difesa con la certezza dell’azione amministrativa, in materia di attribuzione di pubbliche commesse.

Non ne discende, tuttavia, l’accoglimento della prospettiva intermedia, che – in una pur plausibile logica di riconoscimento al concorrente di un “congruo termine” per la formalizzazione della richiesta di accesso documentale – finisce per riconoscere in ogni caso (quindi, indipendentemente dalla sollecitudine nella presentazione della istanza ostensiva) il termine di 30 giorni decorrenti dalla (sia pure, in ogni caso, tempestiva) evasione dell’istanza.

Per contro, appare corretto, in una logica di astratto e ragionevole bilanciamento degli interessi, premiare – fermo il limite minimo della tempestività – la solerzia del concorrente che, venuto a conoscenza degli esiti sfavorevoli della procedura evidenziale, si attivi sollecitamente alla presentazione della istanza di accesso, atta ad integrare il materiale documentale, per quanto non già desumibile dalla prescritta pubblicazione generalizzata dei rilevanti dati evidenziali.

Deve, per tal via, ribadirsi - in conformità ad un correlativo e bene inteso canone di certezza, che, nella prospettiva assunta dall’Adunanza plenaria, compendia le esigenze difensive con un qualificato principio di buon andamento dell’azione amministrativa in subiecta materia - la regola per cui, “una volta avuta conoscenza del provvedimento di aggiudicazione, in una delle diverse modalità possibili […], il concorrente pregiudicato è tenuto nel termine di quarantacinque giorni a presentare istanza di accesso ai documenti e a proporre impugnazione, salvo l’ipotesi eccezionale di comportamento ostruzionistico tenuto dall’amministrazione” (Cons. Stato, Sez. V, 5 aprile 2022, cit.).