Cons. Stato, Sez. V, 7 giugno 2022, n. 4650
(…) mentre la nomina del collegio tecnico consultivo è obbligatoria per gli appalti di lavori sopra la soglia comunitaria, per quelli sotto soglia è soltanto facoltativa (...). Chiaramente dispone nel senso appena detto l’art. 6, commi 1 e 4, del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020 e succ. mod. (...).
(...) il collegio consultivo tecnico previsto dagli artt. 5 e 6 del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020, interviene con funzione consultiva nelle sole ipotesi previste dall’art. 5, comma 1, lett. a) – d), tra le quali non rientra quella del grave inadempimento dell’appaltatore ad obblighi contrattuali (...), nonché nell’ipotesi dello stesso art. 5, comma 4, quando “la prosecuzione dei lavori … non possa procedere con il soggetto designato” (la cui interpretazione preferibile, malgrado l’inciso “per qualsiasi motivo”, induce ad escludere la fattispecie della risoluzione per grave inadempimento dell’appaltatore).
Allo stesso collegio consultivo tecnico, poi, l’art. 6, comma 1, riserva “funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso”, con il compito di adottare delle “determinazioni” volte appunto a risolvere tali dispute e controversie.
Queste “determinazioni” vanno tenute distinte dai “pareri” di cui al precedente art. 5, malgrado negli scritti della parte qui appellante le fattispecie vengano sovrapposte (in particolare quanto agli effetti delle “determinazioni” di cui all’art. 6, concernenti la responsabilità del r.u.p. per danno erariale, che l’appellante riferisce alla mancata acquisizione o all’inosservanza dei pareri di cui all’art. 5).
Alle “determinazioni” del collegio consultivo tecnico il comma 3 dell’art. 6 attribuisce, infatti, la natura di “lodo contrattuale previsto dall’articolo 808 ter del codice di procedura civile, salva la diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse”. Si tratta, cioè, di un arbitrato irrituale che, salvo tale diversa volontà delle parti (e salvo ricorra una delle cause di annullabilità dell’art. 808 ter, comma 2, c.p.c.), sottrae la controversia alla giurisdizione ordinaria.
(...) il provvedimento di risoluzione contrattuale non vede modificata la propria natura di esercizio di diritto soggettivo di natura contrattuale e non di potere autoritativo. L’art. 5, comma 4, ne disciplina le modalità di esercizio nei casi ivi previsti e l’art. 6 prevede che la controversia tra le parti nella fase esecutiva sia comunque rimessa al “lodo contrattuale” del collegio consultivo tecnico, ma l’eventuale violazione di tali norme andrebbe fatta valere dinanzi al giudice ordinario.