Consiglio di Stato sez. IV, 14 dicembre 2021 n. 8330
- In termini generali è noto che l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, nelle varie classi e categorie, è condizione di legittimità per svolgere materialmente i servizi corrispondenti, ma non individua di per sé un requisito di partecipazione alle gare corrispondenti indette dalle amministrazioni aggiudicatrici: sul punto, per tutte, C.d.S., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303.
- La fissazione dei requisiti per partecipare alla gara rientra nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, la quale ben può prevedere, nell’esercizio di essa e in relazione alla specifica attività oggetto dell’appalto, requisiti diversi da quelli che conseguirebbero ad una meccanica applicazione di quelli ricavabili dalle categorie di iscrizione all’albo, con il solo limite della necessità di individuare requisiti adeguati rispetto agli scopi perseguiti, e quindi non manifestamente arbitrari, sproporzionati o lesivi della concorrenza fra aziende (sul punto, v. Tar Napoli, sez. VII, 11 maggio 2016, n. 2393; Cons.St., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303).
- Il criterio non è di per sé pretestuoso, perché conduce comunque a individuare imprese in grado di trattare i quantitativi di rifiuto in gioco, fermo restando che la ditta così individuata potrà solo operare presso i punti di raccolta, e non certo presso le singole utenze domestiche, per le quali è imprescindibile la classe corrispondente alla popolazione effettiva.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8926 del 2020, proposto dalla società OMISSIS S.r.l. in proprio e quale mandataria del costituendo RTI- raggruppamento temporaneo di imprese con OMISSIS S.p.a. e OMISSIS S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Leonardo Filippucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Macerata, via Velluti, 19,
contro
la società OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Litta e Stefano Scicolone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia,
nei confronti
della OMISSIS S.r.l. in proprio e quale mandataria del RTI con la società OMISSIS S.r.l. e della stessa OMISSIS S.r.l. in proprio, non costituite in giudizio,
per la riforma, previa sospensione
della sentenza del T.A.R. Lazio, sede di Roma, sez. II ter, 3 novembre 2020, n. 11340, che ha respinto il ricorso n. 4814/2020 R.G. proposto per l’annullamento dei seguenti atti di OMISSIS relativi alla procedura d’asta ad evidenza pubblica per cessione dei rifiuti classificati con CER 20.01.25 – oli vegetali esausti – provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche presso i centri di raccolta OMISSIS e altri punti di conferimento ubicati nel Comune di Roma Capitale da prelevare, trasportare e valorizzare in impianto di recupero, per un periodo di 24 (ventiquattro) mesi:
a) della nota 29 maggio 2020, prot. n. 28221, trasmessa lo stesso giorno, di comunicazione dell’esito di gara;
b) della determinazione 21 maggio 2020, n. 22, trasmessa con pec del 13 giugno 2020, con la quale l’Amministratore unico ha disposto l’assegnazione della procedura al raggruppamento temporaneo di imprese- RTI costituendo fra la OMISSIS S.r.l. e la OMISSIS S.r.l.;
c) della determinazione 23 luglio 2018, n. 30, con cui il Presidente ha indetto la procedura;
d) del disciplinare di asta, quanto al punto 6.1.1., lettera b);
e) del capitolato tecnico, quanto agli artt. 3 e 11;
e di ogni atti conseguente, presupposto e conseguenziale, in particolare:
dei verbali di gara;
e per la dichiarazione di inefficacia
del contratto eventualmente stipulato;
nonché per l’accertamento
del diritto della OMISSIS S.r.l. alla aggiudicazione della procedura, se del caso mediante subentro.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2021, il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
FATTO e DIRITTO
1. L’intimata appellata, società pubblica che gestisce il servizio rifiuti del Comune di Roma, con determinazione del Presidente 23 luglio 2018, n. 30, ha indetto una procedura d’asta ad evidenza pubblica per la cessione dei rifiuti classificati con CER 20.01.25, ovvero degli oli vegetali esausti provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche, in altri termini dell’olio residuato della frittura degli alimenti presso le famiglie (doc. 1 dell’appellante, determinazione citata).
2. L’oggetto della procedura è individuato con precisione all’art. 1 del relativo capitolato: si tratta di ritirare l’olio usato appunto “proveniente dalla raccolta differenziata nel Comune di Roma tramite conferimenti da parte delle utenze domestiche” sia presso i centri di raccolta di cui l’appaltante già notoriamente dispone, sia presso altri “punti di conferimento”, alcuni già esistenti presso le scuole ed altri “da individuare, intercettare e servire tramite la fornitura e posa in opera di contenitori a carico del vincitore”, il tutto “ per un periodo di 24 mesi”. Il capitolato precisa che l’assegnatario “sarà tenuto a prelevare il rifiuto” presso i punti di raccolta e a trasportarlo e valorizzarlo – dato che esso ha un certo valore economico, potendo essere utilizzato, ad esempio, come combustibile - presso un impianto di recupero autorizzato nelle forme di legge (doc. 3 dell’appellante, capitolato).
3. Per partecipare, l’art. 6.1.1., lettera b), del disciplinare di gara prevede a pena di esclusione, con previsione ripresa all’art. 11 del capitolato, il “possesso dell’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, di cui all’art. 212 del d. lgs. n. 152/2006, per le attività di trasporto di cui al D.M. n. 406/1998 oggetto della presente procedura e, segnatamente, per le seguenti categorie e classi di rifiuti: Categoria 1, classe D e/o Categoria 4 classe F” (doc. 2 dell’appellante, disciplinare; doc. 3 dell’appellante, cit.).
4. Per chiarezza, vanno rese esplicite le ragioni della previsione in via alternativa di questi requisiti di partecipazione.
4.1. Come è noto, l’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali è prevista dall’art. 212 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per tutti gli enti e le imprese attivi nel settore, in quanto, ai sensi del comma 5 dello stesso articolo, “L’iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”.
4.2. Come è pure noto, l’iscrizione all’Albo, ai sensi del regolamento attuativo D.M. 3 giugno 2014, n. 120, avviene anzitutto per categorie, che corrispondono ai diversi tipi di attività nell’ambito del settore; per quanto qui interessa, in particolare la categoria 1 corrisponde alla “raccolta e trasporto di rifiuti urbani”, mentre la categoria 4 corrisponde alla “raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi”.
4.3. Nell’ambito di ciascuna categoria, l’iscrizione avviene poi per classi, che corrispondono, in ordine decrescente, alla maggiore o minore importanza economica dell’azienda, ovvero al volume di operazioni maggiore o minore che essa è abilitata a svolgere. Nell’ambito della categoria 1, le classi si distinguono per “popolazione servita”; per quanto qui interessa poi la classe A corrisponde ad una popolazione servita superiore o uguale a 500 mila abitanti; la classe C ad una popolazione servita inferiore a 100 mila abitanti e superiore o uguale a 50 mila abitanti; la classe D di cui al disciplinare ad una popolazione servita inferiore a 50 mila abitanti e superiore o uguale a 20 mila abitanti. Nell’ambito delle altre categorie, e quindi anche della categoria 4, le classi si distinguono invece per quantità annua di rifiuti complessivamente gestita dall’impresa; sempre per quanto qui interessa, la classe E corrisponde ad una quantità annua gestita superiore o uguale a 3.000 tonnellate e inferiore a 6.000 tonnellate; la classe F ad una quantità annua gestita inferiore a 3.000 tonnellate.
4.4. Ciò posto, gli oli vegetali esausti provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche sono rifiuti urbani, ai sensi dell’art. 184 del d. lgs. n. 152/2006 citato; a riprova, l’iscrizione in categoria 1 consente all’operatore di eseguire la raccolta e il trasporto anche dei rifiuti corrispondenti alla Sottocategoria D2 – nota comunemente come “piccola differenziata” –tra cui appunto gli oli e grassi commestibili contraddistinti con il codice CER 20.01.25 qui rilevante. In questi termini, si spiega la scelta del bando di consentire la partecipazione agli operatori iscritti in categoria 1.
4.5. Nell’ambito della categoria 1, la scelta di richiedere per la partecipazione l’iscrizione in classe D, che all’evidenza corrisponde ad una popolazione molto inferiore a quella del Comune di Roma, si spiega con un ragionamento ulteriore, contenuto nell’art. 3 del capitolato. In sintesi, l’impresa appaltante, sulla base di stime del consorzio degli operatori di settore, ha valutato in 3 kg all’anno per abitante il “quantitativo stimato intercettabile per le utenze domestiche”, ovvero la quantità di olio esausto che prevede di raccogliere; dividendo per questo coefficiente il quantitativo annuo complessivo di olio che prevede di raccogliere e cedere all’affidatario, ha determinato una popolazione virtuale ad esso corrispondente, e ha determinato la classe richiesta per la partecipazione in rapporto a detta popolazione virtuale (doc. 3 dell’appellante, cit., la circostanza comunque è pacifica).
4.6. D’altra parte, gli oli vegetali esausti considerati in generale sono rifiuti speciali non pericolosi, ai sensi dell’art. 184 del d.lgs. n. 152/2006: in questi termini, si spiega la scelta del bando di consentire, in via alternativa, la partecipazione agli operatori iscritti in categoria 4. Nell’ambito della categoria 4 poi, la classe richiesta è determinata all’evidenza in rapporto al quantitativo da trattare.
5. Alla procedura hanno partecipato la ricorrente appellante, in RTI costituendo con altre imprese estranee a questo processo, e le controinteressate appellate, in RTI costituendo fra di loro. La ricorrente appellante, indicata come preposta alle attività di trasporto, è iscritta all’Albo gestori alla categoria 1 e per la piccola differenziata alla classe A (doc. 11 dell’appellante, certificato). La controinteressata appellata OMISSIS, pure indicata come preposta alle attività di trasporto, è invece iscritta all’Albo alla categoria 1, classe C, e alla categoria 4, classe E.
6. Il RTI costituendo fra le controinteressate è risultato aggiudicatario, come da determinazione dell’amministratore 21 maggio 2020, n. 22 (doc. 4 dell’appellata).
7. Contro quest’esito di gara, e contro gli atti presupposti, come in epigrafe, l’impresa non aggiudicataria ha presentato ricorso in primo grado, contenente un unico complesso motivo di violazione degli artt. 184 e 212 del d.lgs. n. 152/2006, nel quale sostiene in sintesi che il RTI aggiudicatario si sarebbe dovuto escludere dalla procedura per illegittimità delle previsioni del disciplinare sopra riportate: sostiene infatti che sarebbe stato legittimo consentire la partecipazione unicamente alle imprese che, come essa stessa, fossero in possesso dell’iscrizione all’Albo per la categoria 1, classe A, per le ragioni che ora si espongono in ordine logico.
7.1. In primo luogo, la ricorrente ha sostenuto che i rifiuti oggetto del servizio, ovvero gli oli vegetali esausti provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche, si potrebbero classificare unicamente come rifiuti urbani, e non come rifiuti speciali non pericolosi genericamente intesi, sulla base dell’art. 184 d. lgs. n. 152/2006 citato. Da ciò, ha sostenuto l’illegittimità della previsione del disciplinare che consente di partecipare all’operatore fornito anche soltanto dell’iscrizione in categoria 4, iscrizione di cui come si è detto il RTI aggiudicatario pacificamente dispone. Sempre da ciò, ha sostenuto che alla procedura avrebbero potuto legittimamente partecipare solo gli operatori in possesso dell’iscrizione in categoria 1.
7.2. Ciò posto, ha pure sostenuto che, pur in presenza di un’iscrizione in categoria 1, sarebbe stata necessaria comunque in questo ambito l’iscrizione in classe A, e non quella inferiore richiesta dal bando. In tal senso, ha sostenuto anzitutto che il percorso logico svolto dall’appaltante per determinare la popolazione equivalente al quantitativo di oli da raccogliere sarebbe illegittimo, perché sarebbe un modo surrettizio di applicare alla categoria 1 il criterio di divisione delle classi quantitativo, previsto per le altre categorie.
7.3. In via logicamente subordinata, ha poi sostenuto che, anche ammessa l’astratta legittimità del ragionamento descritto, esso avrebbe condotto ad un risultato illegittimo in concreto. Ciò anzitutto perché il quantitativo di oli avviato alla raccolta differenziata per ciascun abitante sarebbe molto inferiore ai 3 kg anno citati, e ciò condurrebbe a determinare una popolazione equivalente superiore. Ciò poi perché il quantitativo di oli da ritirare sarebbe destinato ad aumentare, dato l’obbligo dell’aggiudicatario di creare nuovi punti di raccolta.
8. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso.
8.1. Nella motivazione, in ordine logico, ha anzitutto ritenuto legittima la previsione del disciplinare che consente la partecipazione alle imprese iscritte in categoria 1 per la sola classe D nei termini indicati. Ha infatti osservato che oggetto dell’affidamento è non l’attività di raccolta e trasporto rifiuti presso la popolazione, ma il prelievo del rifiuto stesso presso i centri raccolta di cui si è detto; da ciò la possibilità che l’individuazione dell’operatore non fosse “effettuata con criteri altrettanto rigorosi”, posto che si era comunque individuato “un criterio di partecipazione tale da assicurare che l’aggiudicataria disponesse delle strutture e dei mezzi sufficienti ed idonei ad assicurare regolarmente la raccolta”.
8.2. Ciò posto, il TAR ha ritenuto non illogica la stima dei quantitativi da raccogliere, fatta come si è detto in base a dati del consorzio di settore, e solo ipotetica la possibilità di un loro futuro aumento, si intende tale da rendere inadeguata la classe di iscrizione posseduta dall’operatore.
8.3. Tanto premesso in termini logici, il TAR ha dichiarato il difetto di interesse quanto alla censura rivolta alla possibilità di partecipazione per le imprese iscritte in categoria 4, atteso che il RTI vincitore è comunque in possesso dell’iscrizione in categoria 1 ritenuta sufficiente.
9. Contro questa sentenza, la ricorrente ha proposto impugnazione, con appello che con due distinte censure ripropone il motivo di primo grado, e critica la sentenza impugnata per non averlo accolto. Sempre in ordine logico, l’appellante ribadisce che l’iscrizione nella sola categoria 4 è insufficiente, perché oggetto del contratto è un rifiuto urbano. Sostiene poi che la previsione della semplice classe E nell’ambito della categoria 1 è illegittima perché in sintesi “per “popolazione servita” si intende il numero degli abitanti che possono conferire i rifiuti al servizio pubblico di raccolta svolto su un determinato territorio”, e nel caso di specie l’olio vegetale esausto oggetto del contratto “viene conferito (nei centri di raccolta, nei plessi scolastici e nei contenitori di futura installazione) dall’intera popolazione residente sul territorio di Roma” (appello, p. 16). Sostiene poi, per le ragioni già esposte, che anche ammettendo la legittimità del criterio, i quantitativi di olio da raccogliere sarebbero stimati in modo errato.
10. L’appaltante si è costituita con memoria 18 dicembre 2020, in cui ha chiesto la reiezione dell’appello, evidenziando (doc. ti 7-9 dell’appellata) che il relativo contratto è stato stipulato nel novembre 2020 e che il servizio è in corso di svolgimento; le controinteressate non si sono invece costituite.
11. Con memoria sempre del 18 dicembre 2020, l’appellante ha ribadito le proprie asserite ragioni.
12. Con ordinanza 24 dicembre 2020, n. 7401, la Sezione ha respinto la domanda cautelare.
13. Con memorie 12 ottobre 2021, le parti hanno infine confermato le rispettive difese.
14. Alla pubblica udienza del giorno 28 ottobre 2021, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
15. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
16. In primo luogo, non va condiviso quanto afferma la ricorrente appellante nella prima censura in cui ha articolato il motivo di appello.
16.1. È sicuramente vero che l’olio vegetale esausto, nel momento in cui viene raccolto presso le famiglie nell’ambito della “piccola differenziata” di cui si è detto costituisce un rifiuto urbano, e si può convenire con la ricorrente appellante che esso mantenga questa qualificazione giuridica anche quando viene immagazzinato nei punti di raccolta presso ciascun Comune, analoghi a quelli presenti a Roma di cui si è detto, perché ne rimane intatta la provenienza dalle utenze domestiche.
16.2. Non si conviene però con l’ulteriore deduzione della ricorrente appellante, secondo la quale l’olio in questione, una volta immagazzinato nei citati punti di raccolta, non potrebbe essere considerato altro che un rifiuto urbano. È infatti evidente che esso in quel momento assume anche un’altra caratteristica, non in contraddizione con la precedente, ovvero diviene un rifiuto speciale non pericoloso ai sensi dell’art. 184, comma 3, lettera f), in quanto prodotto “nell’ambito delle attività di servizio”, quale è all’evidenza quella di raccolta in esame.
16.3. Ne consegue che l’iscrizione in categoria 4, che appunto abilita al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, va considerata requisito sufficiente per svolgere il servizio, e che la controinteressata, quindi, poteva validamente aggiudicarsi il contratto solo con questo requisito.
17. Per completezza, vanno però esaminate anche le ulteriori deduzioni della ricorrente appellante, che contestano la scelta di consentire la partecipazione agli operatori iscritti in categoria 1, ma ad una classe inferiore alla classe A, deduzioni che sono a loro volta infondate.
18. Della possibilità di consentire legittimamente la partecipazione alla gara alle imprese iscritte in categoria 1, già si è detto, ricordando che la raccolta dell’olio vegetale esausto è compresa nella raccolta dei rifiuti urbani.
19. Si deve però ritenere legittima, perché razionale, anche la scelta dell’Amministrazione intimata appellata, di richiedere un’iscrizione in classe inferiore a quella che corrisponderebbe alla popolazione del Comune di riferimento.
19.1. In termini generali è noto che l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, nelle varie classi e categorie, è condizione di legittimità per svolgere materialmente i servizi corrispondenti, ma non individua di per sé un requisito di partecipazione alle gare corrispondenti indette dalle amministrazioni aggiudicatrici: sul punto, per tutte, C.d.S., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303. Ciò si comprende, per altro verso, anche considerando che gli operatori i quali trattano rifiuti potrebbero muoversi esclusivamente nel mercato privato, senza mai entrare in rapporto con amministrazioni aggiudicatrici, da cui la necessità di fissare, appunto, i requisiti per svolgere il servizio, a prescindere dalle modalità con cui esso viene affidato.
19.2. La fissazione dei requisiti per partecipare alla gara rientra invece nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, la quale ben può prevedere, nell’esercizio di essa, requisiti diversi da quelli che conseguirebbero ad una meccanica applicazione di quelli ricavabili dalle categorie di iscrizione all’albo. In proposito, l’amministrazione, secondo i principi, incontra un solo limite, ovvero la necessità di individuare requisiti adeguati rispetto agli scopi perseguiti, e quindi non manifestamente arbitrari, sproporzionati o lesivi della concorrenza fra aziende: sul punto, esplicitamente, TAR Campania, Napoli, sez. VII, 11 maggio 2016, n. 2393, confermata per implicito in appello da C.d.S., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303.
19.3. Nel caso di specie, si deve ritenere che l’intimata appellata si sia conformata a questi criteri, richiedendo l’iscrizione in categoria 1 per la classe di popolazione “virtuale” di cui si è detto. In primo luogo, il criterio non è di per sé pretestuoso, perché conduce comunque a individuare imprese in grado di trattare i quantitativi di rifiuto in gioco, fermo restando che la ditta così individuata potrà solo operare presso i punti di raccolta, e non certo presso le singole utenze domestiche, per le quali è imprescindibile la classe corrispondente alla popolazione effettiva.
19.4. Si tratta poi di una scelta che amplia la platea di imprese che possono concorrere, e quindi amplia la concorrenza a vantaggio del mercato. Infine, non sono manifestamente arbitrari nemmeno i criteri a partire dai quali la popolazione “virtuale” è stata individuata, bastando a ciò rilevare che l’Amministrazione si è basata su uno studio del consorzio di settore, che deve presumersi sino a prova contraria, qui nemmeno offerta, aggiornato sulle problematiche corrispondenti.
19.5. Infine, la previsione per cui l’aggiudicataria deve incrementare il numero dei punti di raccolta va interpretata in senso conforme alla normativa, nel senso che essa è legittima in tanto in quanto non si superi la capacità di trattamento dell’impresa aggiudicataria determinata in base alla categoria e classe di iscrizione.
20. In conclusione, l’appello va respinto. La particolarità del caso deciso, sul quale non constano precedenti editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 8926/2020), lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Il caso di specie affronta il tema dell’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali quale requisito obbligatorio per tutti gli enti e le imprese attivi in taluni settori connessi all’ambiente, come quello dei rifiuti, che viene in rilevo nella sentenza in commento.
L’iscrizione all’Albo dei gestori ambientale è infatti prevista all’art. 212 D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il quale prescrive, al comma 5, che “l’iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”. La disciplina è altresì compendiata dal regolamento attuativo D.M. 3 giugno 2014, n. 120, il quale suddivide l’iscrizione anzitutto in categorie, che corrispondono ai diversi tipi di attività nell’ambito del settore (per quanto qui interessa, in particolare la categoria 1 corrisponde alla “raccolta e trasporto di rifiuti urbani”, mentre la categoria 4 corrisponde alla “raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi”) oltre che, poi, in classi, che riflettono, in ordine decrescente, la maggiore o minore importanza economica dell’azienda, ovvero il volume di operazioni maggiore o minore che essa è abilitata a svolgere (sempre a titolo esemplificativo, nell’ambito della categoria 1, le classi si distinguono per “popolazione servita”; per quanto qui interessa poi la classe A corrisponde ad una popolazione servita superiore o uguale a 500 mila abitanti; la classe C ad una popolazione servita inferiore a 100 mila abitanti e superiore o uguale a 50 mila).
Trattasi, di un requisito personalissimo dell’impresa per il soddisfacimento del quale, dunque, ai sensi dell’articolo 89, co. 10, del Codice dei Contratti, non è permesso il ricorso all’istituto dell’avvalimento e ciò in considerazione dell’importanza che lo stesso assume in termini di esperienza, affidabilità e qualità della prestazione.
In termini generali è noto che l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, nelle varie classi e categorie, è condizione di legittimità per svolgere materialmente i servizi corrispondenti alle gare indette dalle amministrazioni aggiudicatrici: sul punto, per tutte, C.d.S., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303. Invero, come affermato da ormai unanime giurisprudenza “l’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali è un requisito di natura soggettiva relativo alla idoneità professionale degli operatori a norma dell’art. 83, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016, e costituisce titolo indispensabile per l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporti dei rifiuti pericolosi e non, sì che “il relativo possesso determina quindi l’abilitazione soggettiva all’esercizio della professione e costituisce pertanto, un requisito che si pone a monte dell’attività di gestione dei rifiuti, pacificamente rientrando nell’ambito dei requisiti di partecipazione e non di esecuzione” (Consiglio di Stato, Sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6032), risultando la presenza soggettiva di siffatto requisito titolo per poter concorrere a gare aventi ad oggetto dette attività “conforme all’immanente principio di ragionevolezza e di proporzionalità – in specie, quanto a necessarietà e adeguatezza” (Cons. di Stato, V, 19 aprile 2017, n. 1825)”( Consiglio di Stato sez. V 16/12/2019 n. 8517, Consiglio di Stato sez. V 3/6/2019 n. 3727). Trattasi perciò di un requisito speciale di idoneità professionale che, comunque, va posseduto già alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, non già al mero momento di assumere il servizio, per cui i bandi di gara devono indicarne l’adeguata categoria e classe richieste ai fini della partecipazione.
Relativamente a tale ultimo aspetto, veniva in rilievo nel caso di specie la prescritta richiesta del possesso dell’iscrizione all’albo dei gestori ambientali per una determinata categoria e classe che la ricorrente contestava in quanto, a suo avviso, sarebbe stata inferiore rispetto alla categoria corrispondente all’attività e prestazione effettivamente richiesta dalla Stazione Appaltante e perciò illegittima in quanto non compatibile con l’oggetto effettivo del futuro contratto.
La ricorrente sindacava dunque la prescrizione contenuta nella lex specialis di gara e la relativa aggiudicazione fondata sul presupposto requisito.
Sul punto in sede di argomentazione giuridica il Consiglio di Stato ha ritenuto di non dover aderire alla tesi della ricorrente rilevando, invero, la piena legittimità, razionalità, sostenibilità e non manifesta illogicità della scelta effettuata dall’Ente appaltante. Ha ricordato il Supremo Consesso come la predisposizione del bando, dei requisiti richiesti ai partecipanti rientri nella più ampia discrezionalità amministrativa, sindacabile dal giudice nei soli casi di illogicità manifesta, palese irrazionalità e insostenibilità delle scelte compiute rispetto all’oggetto del contratto, non essendo al contrario ammessa una valutazione nel merito delle scelte, e quindi l’opportunità delle stessa al fine della tutela in concreto dell’interesse pubblico, pena un’irrimediabile lesione e violazione del principio di separazione dei poteri.
Con riferimento specifico alle richieste di iscrizione ad albi, ha precisato il Giudice di Secondo grado che la “fissazione dei requisiti per partecipare alla gara rientra […] nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, la quale ben può prevedere, nell’esercizio di essa, requisiti diversi da quelli che conseguirebbero ad una meccanica applicazione di quelli ricavabili dalle categorie di iscrizione all’albo. In proposito, l’amministrazione, secondo i principi, incontra un solo limite, ovvero la necessità di individuare requisiti adeguati rispetto agli scopi perseguiti, e quindi non manifestamente arbitrari, sproporzionati o lesivi della concorrenza fra aziende: sul punto, esplicitamente, TAR Campania, Napoli, sez. VII, 11 maggio 2016, n. 2393, confermata per implicito in appello da C.d.S., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303”.
Si è ritenuto dunque perfettamente coerente con la logica sottesa alla commessa chiedere l’appartenenza ad una categoria e classe dell’Albo che, seppur non perfettamente corrispondente al carico della prestazione oggetto di appalto, sia stata valutata (discrezionalmente) in grado di assicurare la corretta esecuzione della stessa. Tale scelta, in luogo di rappresentare nocumento ai principi in materia di pubblici appalti, ne garantisce la piena soddisfazione e valorizzazione atteso che la scelta di richiedere una categoria “inferiore” costituisce “una scelta che amplia la platea di imprese che possono concorrere, e quindi amplia la concorrenza a vantaggio del mercato” in ossequio al principio di massima partecipazione in gara, il quale garantisce non solo l’interesse del privato ma altresì quello pubblico al reperimento della miglior prestazione esistente sul mercato.
La scelta compiuta dall’Amministrazione si comprende, per altro verso, anche considerando che gli operatori i quali trattano rifiuti potrebbero muoversi esclusivamente nel mercato privato, senza mai entrare in rapporto con amministrazioni aggiudicatrici, da cui la necessità di fissare, appunto, i requisiti per svolgere il servizio, a prescindere dalle modalità con cui esso viene affidato.
Il requisito di iscrizione all’Albo dei gestori, dunque, si pone perfettamente in linea con obiettivi, scopi e interessi sottesi alla procedura di gara.