il punto della situazione
il punto della situazione
Una delle consequenziali declinazioni del principio di effettività della tutela amministrativa è tradizionalmente rappresentato dall’assunto per cui l’accoglimento della azione di annullamento comporterebbe la demolizione con effetti ex tunc del provvedimento risultato illegittimo, con salvezza degli ulteriori provvedimenti della autorità amministrativa.
L’esigenza dell’eliminazione integrale, per il ricorrente, degli effetti dell’atto lesivo risultato difforme dal principio di legalità, ha infatti rappresentato da sempre uno dei fondamenti della giustizia amministrativa.
Tuttavia, una estremizzazione dell’applicazione di tale basilare principio potrebbe condurre ad effetti antinomici ed irrazionali: ciò ha indotto il Consiglio di Stato a ritenere tale regola non ferrea e a propendere, previa valutazione caso per caso, per la limitazione parziale della retroattività degli effetti, per la loro decorrenza ex nunc ovvero per la esclusione pressoché totale degli effetti dell'annullamento, disponendo soltanto gli effetti conformativi.
Ciò assume maggior pregnanza ove si consideri che il giudice amministrativo, “nel determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse, anche le più innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il sistema (e cioè armoniche con i principi generali dell’ordinamento, e in particolare con quello di effettività della tutela) e congruenti (in quanto basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la regula iuris in concreto enunciata)” (Consiglio di Stato, sentenza n. 2755/11).
Invero, il potere del giudice amministrativo nazionale di differire gli effetti di annullamento degli atti impugnati, risultati illegittimi, ovvero non disporli affatto, statuendo solo gli effetti conformativi, tesi a far sostituire il provvedimento illegittimo, trae propria linfa dal dato normativo sostanziale e processuale e, più specificatamente, dalle norme di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e di cui all’art. 34, comma 1, lettera a), c.p.a. Nondimeno, il combinato disposto degli artt. 121 e 122 c.p.a., in tema di rito appalti, legittimano il giudice a calibrare, a seguito dell’annullamento della aggiudicazione definitiva, la portata dell’inefficacia del contratto stipulato, in relazione alle circostanze che attengono, di volta in volta, al caso concreto. Così come, parallelamente, avviene in occasione della demolizione di un atto amministrativo illegittimo.
Alle medesime conclusioni sono giunti di recente i Giudici del Consiglio di Giustizia della Regione Siciliana, i quali, nel confermare il capo impugnato della statuizione che ne ha stabilito l’efficacia demolitoria “ex tunc” – rectius, non ne ha disposto l’efficacia “ex nunc” – hanno ricordato come sulla questione sia altresì intervenuta l’Adunanza Plenaria con sentenza n. 13/2017, sede in cui è stato ribadito come la deroga alla retroattività trovi fondamento, più che nel principio di effettività della tutela giurisdizionale, nel principio di certezza del diritto: difatti, si limita la possibilità per gli interessati di far valere la norma giuridica come interpretata se vi è il rischio di ripercussioni economiche o sociali gravi, dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base di una diversa interpretazione normativa.
Non solo. I Giudici della Consulta hanno parimenti ribadito la propria prerogativa di graduare gli effetti temporali della propria decisione sui rapporti pendenti, atteso che il ruolo affidato alla Corte “come custode della Costituzione nella sua integralità impone di evitare che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una disposizione di legge determini, paradossalmente, «effetti ancor più incompatibili con la Costituzione» (sentenza n. 13 del 2004) di quelli che hanno indotto a censurare la disciplina legislativa. Per evitare che ciò accada, è compito della Corte modulare le proprie decisioni, anche sotto il profilo temporale, in modo da scongiurare che l’affermazione di un principio costituzionale determini il sacrificio di un altro” (C. Cost., sent. n. 10/2015).
I Giudici costituzionali, nondimeno, hanno aggiunto come l’efficacia delle sentenze di accoglimento non retroagisca fino al punto di travolgere le «situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili» ovvero i «rapporti esauriti», poiché altrimenti ne risulterebbe compromessa la certezza dei rapporti giuridici, posto che l’individuazione in concreto del limite alla retroattività, dipendendo dalla specifica disciplina di settore, atta a precludere ogni ulteriore azione o rimedio giurisdizionale, rientra nell’ambito dell’ordinaria attività interpretativa di competenza del giudice comune (principio affermato, ex plurimis, sin dalle sentenze n. 58 del 1967 e n. 49 del 1970).
Infine, non si può non evidenziare, in questa sede, come la possibilità di calibrare la portata temporale delle decisioni giurisdizionali sia un principio graniticamente affermato altresì dalle Corti europee.
Difatti, nell’ambito della giurisdizione di annullamento sugli atti comunitari, il principio dell’efficacia ex tunc dell’annullamento, pur rappresentando la regola, non ha portata assoluta, potendo la Corte dichiarare che l’annullamento di un atto (parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l’atto medesimo conservi i propri effetti fino a che l’istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l’atto impugnato (Cfr., Corte di Giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; 1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). Questa attribuzione, sebbene, prima del Trattato di Lisbona, fosse limitata caso di riscontrata invalidità di un regolamento comunitario, era tuttavia ritenuta esercitabile anche nei casi di impugnazione delle decisioni, delle direttive e di ogni altro atto generale, essendo la Corte titolare anche del potere di statuire la durata, totale o parziale, degli effetti dell’atto illegittimo, per un lasso di tempo che tenga conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza ritenuta rilevante (Cfr., Corte di Giustizia, 10 gennaio 2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07).