Consiglio di Stato, sez. V, 22 luglio 2021, n. 5510
Il riparto di competenze professionali fra architetti e ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dalla legge, pertanto esso non può essere derogato – afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali – dalla lex specialis di gara; ne consegue che, in relazione alle opere esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto, quest’ultimo non è abilitato alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte progettuali migliorative o varianti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8994 del 2020, proposto da
Delpi Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Di Lieto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Casalbore, non costituito in giudizio;
nei confronti
La Castellese Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Rossella Matarazzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 01547/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio de La Castellese Costruzioni s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza del giorno 15 luglio 2021 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti, con modalità da remoto, gli avvocati Di Lieto e Matarazzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando spedito per la pubblicazione sulla Guri il 23 ottobre 2019, il Comune di Casalbore (AV) indiceva procedura di gara per l’affidamento dell’appalto dei lavori di consolidamento del Costone Fontaniello.
La gara veniva aggiudicata alla Delpi Costruzioni s.r.l.
2. Avverso il provvedimento d’aggiudicazione e gli atti correlati proponeva ricorso la seconda classificata in graduatoria La Castellese Costruzioni s.r.l., che presentava anche motivi aggiunti avverso il successivo verbale di conferma dell’aggiudicazione.
3. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza del Comune di Casalbore e della Delpi Costruzioni - che proponeva a sua volta ricorso incidentale invocando l’esclusione o la deteriore collocazione in graduatoria della ricorrente, con conseguente inammissibilità del ricorso principale - accoglieva il ricorso principale annullando i provvedimenti gravati, dichiarava inammissibili i motivi aggiunti e respingeva il ricorso incidentale.
4. Ha proposto appello avverso la sentenza la Delpi Costruzioni deducendo:
I) vizio in iudicando ed in procedendo: violazione dell’art. 88 Cod. proc. amm.;
II) vizio in iudicando: violazione del bando di gara e dell’annesso disciplinare; violazione dell’art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016 s.m.i.; eccesso di potere per carenza istruttoria, travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti e di motivazione;
III) vizio in iudicando: motivazione erronea; violazione degli artt. 51 e 52 r.d. n. 2537 del 1925 s.m.i. e degli artt. 15, 16, 46 e 47 d.P.R. n. 328 del 2001;
IV) vizio in iudicando: motivazione erronea; violazione degli artt. 51 e 52 r.d. n. 2537 del 1925 s.m.i. e degli artt. 15, 16, 46 e 47 d.P.R. n. 328 del 2001 sotto altro profilo.
5. Resiste all’appello La Castellese Costruzioni s.r.l., chiedendone la reiezione, mentre non s’è costituita in giudizio l’amministrazione pur regolarmente intimata.
6. Sulla discussione delle parti all’udienza del 15 luglio 2021, tenuta con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Può prescindersi dallo scrutinio delle eccezioni preliminari sollevate da La Castellese Costruzioni stante il rigetto nel merito dell’appello.
2. Allo stesso modo, può prescindersi dall’esame del primo motivo di gravame, relativo all’illegittimo esame prioritario del ricorso principale, stante l’infondatezza nel merito delle doglianze relative al rigetto del ricorso incidentale di primo grado.
3. Col secondo motivo l’appellante si duole proprio del rigetto delle doglianze formulate con il ricorso incidentale, inerenti ai dedotti vizi dell’offerta de La Castellese Costruzioni, che andava esclusa o peggio posizionata in graduatoria in quanto avente a oggetto interventi su aree estranee a quelle ricomprese nel progetto a base di gara, dalle quali le singole offerte non potevano esorbitare.
3.1. Il motivo non è condivisibile.
3.1.1. Occorre premettere che il bando di gara ammetteva espressamente le varianti progettuali (sub punto II.1.8), e il disciplinare considerava appositamente a fini valutativi gli interventi di carattere aggiuntivo o migliorativo (cfr., in particolare, l’art. 16, in cui si precisa anche che “sono considerate proposte sostitutive/migliorative quelle che prevedono di sostituire lavorazioni o parti d’opera del progetto con lavorazioni o parti d’opera ritenute migliorative rispetto alle prestazioni richieste. Sono considerate proposte aggiuntive quelle che prevedono l’aggiunta di lavorazioni o parti d’opera non comprese nel progetto base”).
In tale contesto, il grado di modifica proposto dai concorrenti rispetto alle previsioni progettuali di base poteva essere anche consistente, giungendo sino a rendere necessari nuovi atti di assenso o pareri, che in tal caso l’offerente avrebbe dovuto procurare (cfr. lo stesso art. 16 del disciplinare).
Alla luce di ciò, le modifiche offerte da La Castelle Costruzioni oggetto di contestazione senz’altro non possono ritenersi causa d’esclusione in sé della concorrente, essendo previsti dalla lex specialis ampi margini modificativi dell’offerta rispetto ai documenti a base di gara, non solo in termini di migliorie, bensì anche di vere e proprie varianti od opere aggiuntive (cfr., in relazione alle differenze fra l’una e l’altra tipologia di intervento modificativo, inter multis, Cons. Stato, V, 5 febbraio 2021, n. 1080; 12 maggio 2020, n. 2969; 8 ottobre 2019, n. 6793; 14 settembre 2018, n. 5388).
Né può peraltro ritenersi che le opere aggiuntive nella specie offerte possano condurre di per sé, come dedotto dall’appellante, all’azzeramento dei relativi punteggi riconosciuti a La Castellese Costruzioni.
Va considerato preliminarmente, al riguardo, che l’offerta reca vari interventi aggiuntivi e migliorativi per un totale di n. 18 capitoli, dei quali l’appellante contesta specificamente solo quattro (i.e., n. 14-17/18: cfr. al riguardo la relazione all’offerta tecnica, sub documento “OFFTEC 1”, prevista dall’art 16 del disciplinare): per questo, non si ha evidenza di se e come le critiche formulate possano (utilmente) incidere sul punteggio assegnato a La Castellese, non potendo in particolare trovare conferma, sic et simpliciter, la pretesa dell’appellante di azzerare punteggi ricevuti da La Castellese; e ciò senza considerare peraltro che la stessa offerente riconduceva le migliorie e le opere aggiuntive a vari e distinti criteri valutativi previsti nel disciplinare di gara (cfr. la suddetta relazione tecnica, spec. capitoli sub 14-16/18).
A ciò si aggiunga comunque, in via assorbente sia riguardo all’esclusione sia in relazione all’azzeramento dei punteggi, che - come rilevato dalla sentenza - si tratta nella specie di interventi di per sé non avulsi dall’opera prevista, e che dunque non possono essere ritenuti estranei al complessivo oggetto dell’affidamento, anche a mente di alcuni dei criteri valutativi, fra cui quelli stabiliti dai punti sub A.5 (“validità delle proposte di opere accessorie e complementari, che, nell’ambito delle specifiche finalità del progetto, conferiscano all’intervento maggiore efficacia complessiva”) e A.6 (“validità delle proposte relative alla organizzazione del cantiere volte alla riduzione, nel corso dei lavori, dell’impatto ambientale e dei disagi alla popolazione residente e delle proposte di rifunzionalizzazione ed adeguamento della viabilità per l’accesso al cantiere anche ai fini della successiva manutenzione delle opere oggetto di intervento”) della sezione IV del bando di gara.
In tal senso, l’offerta qualifica gli interventi sub capitolo n. 14/18 (i.e., realizzazione di “nuovo tappetino su via Carrara, via XXIV maggio, corso V. Emanuele III e piazza degli Scalpellini inclusa segnaletica orizzontale”), in termini di “miglioramento viabilità limitrofa per migliorare l’accessibilita”, nella prospettiva dunque, da un lato, della “riqualificazione complessiva e ciò con beneficio anche rispetto all’efficacia dell’intervento rispetto alla stabilità delle aree strettamente interessate”, prevedendo potenziali esternalità positive derivanti dai miglioramenti delle zone limitrofe, dall’altro di procurare un accesso alle aree d’intervento “ancora più semplice ed immediato” con “una maggiore durabilità delle opere tutte in quanto facilmente gestibili e manutenibili”.
Entrambi i profili possono ben essere presi in considerazione, in termini non irragionevoli, nell’ambito dell’apprezzamento dell’offerta rimesso alla discrezionalità della stazione appaltante, non potendo gli elementi proposti ritenersi a priori estranei all’oggetto dell’affidamento e agli interessi con lo stesso perseguiti, tanto più alla luce dei suddetti criteri valutativi sub A.5 e A.6 del bando di gara.
Lo stesso è a dirsi per il capitolo sub 15/18, relativo alla “pulizia piazza Scalpellini”, che pure è proposto in termini di valorizzazione delle zone limitrofe nella prospettiva di “ottene[re] più elevati livelli di efficacia complessiva in termini di usabilità, fruibilità e manutenibilità”, profili che ben possono formare oggetto del discrezionale apprezzamento della stazione appaltante nel quadro dei criteri valutativi previsti dalla lex specialis.
Il che parimenti vale per il capitolo sub 16/18, inerente alla “sicurezza stradale viabilità limitrofa”, con riguardo in specie alla “pubblica illuminazione e telecamere di sorveglianza per la sicurezza stradale su via Carrara, via XXIV maggio, corso V. Emanuele III e piazza degli Scalpellini”, potenzialmente apprezzabile dall’amministrazione sia nella prospettiva della “efficacia complessiva” del progetto, che in quella dell’accesso ai luoghi e a fini di manutenzione (cfr. la relazione tecnica, che evidenzia entrambi i profili, ponendo in risalto fra l’altro che “la presenza di punti illuminati e videosorvegliati costituisce una facilitazione per il personale dell’Amministrazione nel sorvegliare e decidere quando intervenire per la manutenzione delle opere”).
Analoghe considerazioni valgono infine per l’intervento sub capitolo 17/18, di “riqualificazione piazza degli Scalpellini”, anch’esso potenzialmente considerabile dall’amministrazione in termini di efficacia complessiva dell’intervento.
Alla luce di ciò, gli interventi contestati dall’appellante non si appalesano dunque estranei ed esorbitanti dall’opera prevista, così da implicare sic et simpliciter l’azzeramento del punteggio tecnico assegnato a La Castellese (o l’esclusione di quest’ultima): trattasi invero di interventi che, in quanto relativi ad aree limitrofe a quelle direttamente interessate dall’opera e potenzialmente impattanti anche sull’accesso a queste ultime, ben possono, non irragionevolmente, essere considerati e valutati dalla stazione appaltante sulla base dei suindicati criteri previsti dalla lex specialis, nel perimetro dell’apprezzamento discrezionale rimesso alla stessa stazione appaltante per la valutazione dell’offerta tecnica.
In tale contesto, peraltro, la sola natura eventualmente privata dell’area interessata dagli interventi non vale a escludere di per sé, in assenza di diverse evidenze offerte dall’appellante, i proposti benefici per l’opera, e dunque la valutabilità delle migliorie od opere aggiuntive ai fini dell’attribuzione del punteggio tecnico.
Allo stesso modo, quanto alla dedotta necessità che le opere aggiuntive o migliorative recassero - nella relazione tecnica prodotta dai concorrenti - il riferimento al numero d’ordine del computo metrico dell’offerta tecnica e ai grafici od altra documentazione d’offerta, essa si appalesa nella specie irrilevante nella prospettiva censoria evocata dell’appellante, atteso che la previsione attiene a richiami didascalici che, per le opere migliorative o aggiuntive, afferiscono non già ai documenti di gara predefiniti, bensì ai contenuti dell’offerta del singolo concorrente (cfr. art. 16 disciplinare, sub “OFFTEC.1”), e che nella fattispecie risultano effettivamente presenti nelle schede relative ai capitoli della relazione tecnica de La Castellese (sub lett. g), quali “n. ord.”), insieme ai prescritti riferimenti ad allegati e grafici (sub lett. h) delle schede della relazione).
Per tali ragioni, il secondo motivo di doglianza risulta infondato.
4. Col terzo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui ha accolto il primo motivo di ricorso principale in primo grado.
Deduce al riguardo la Delpi Costruzioni che le opere oggetto di affidamento ben rientrano nelle competenze del professionista architetto, cui compete l’intero ambito dell’edilizia civile; peraltro nel caso di specie non è prevista alcuna attività di progettazione esecutiva, bensì la mera presentazione di migliorie, varianti od opere aggiuntive, sicché le competenze dell’architetto risultano ben conformi ed appropriate alle opere previste.
A ciò si aggiunga che gli interventi programmati coincidono con opere di mitigazione del rischio frane a protezione degli edifici a monte dell’abitato, e ben rientrano perciò nel perimetro di competenza (anche) degli architetti ai sensi dell’art. 52 r.d. n. 2537 del 1925; né rilevano al riguardo le categorie Soa di pertinenza (i.e., OG8 e OS21) che riguardano piuttosto l’opera nel suo complesso.
In tale contesto, la riqualificazione degli interventi nel senso che essi non rientrerebbero fra le opere di edilizia civile riconducibili alle competenze (anche) del professionista architetto costituisce un vulnus allo spazio riservato alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.
4.1. Col quarto motivo l’appellante prosegue nel dolersi dell’accoglimento del primo motivo di ricorso principale deducendo che, in ogni caso, il professionista firmatario dei documenti d’offerta è nella specie in possesso di laurea in “Architettura e Ingegneria Edile” (cod. “4/S”), che lascia libero il titolare di scegliere a quale dei due ordini professionali iscriversi.
Al riguardo la “abilitazione” richiamata dal disciplinare di gara è da ritenersi connessa alla competenza professionale posseduta, non già all’iscrizione a un albo piuttosto che a un altro; e d’altra parte l’art. 16 d.P.R. n. 328 del 2001 elenca fra le competenze dell’architetto iscritto al “settore architettura” - qual è il professionista firmatario dei documenti della Delpi Costruzioni - anche attività di collaborazione rispetto a quelle di progettazione di opere edilizie, comprese le opere pubbliche, così includendovi senz’altro gli interventi oggetto dell’affidamento controverso.
4.2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.
4.2.1. In termini generali, il riparto di competenze professionali fra architetti e ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dal r.d. n. 2537 del 1925, in particolare dagli artt. 51 , 52 e 54, non superati dal d.P.R. n. 328 del 2001 (recante Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti, incluse le professioni di ingegnere ed architetto ex art. 1), anche alla luce dei richiami di cui ai relativi artt. 16, comma 1 e 46 comma 2, che lasciano ferme «le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa» (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 11 febbraio 2021, n. 1255; 17 luglio 2019, n. 5012).
Il riparto di competenze fra l’una e l’altra professione è dunque stabilito ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato - afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali - dalla lex specialis di gara (cfr. Cons. Stato, V, 15 dicembre 2020, n. 8027).
In tale contesto, la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato riconosce, in chiave generale, che “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. Cons. Stato, IV, 22 maggio 2000, n. 2938; id., V, 6 aprile 1998, n. 416; id., IV, 19 febbraio 1990, n. 92)” (Cons. Sato, n. 5012 del 2019, cit.).
In questa prospettiva, “nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico”, fra cui quelle “di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale” (cfr. Cons. Stato, V, 27 settembre 2018, n. 6552; VI, 15 marzo 2013, n. 1550).
Alla luce del riparto di competenze così tracciato, in relazione alle opere esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto quest’ultimo non è abilitato alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte progettuali migliorative o varianti (cfr. Cons. Stato, n. 1255 del 2021, cit.).
D’altra parte, solo in presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle edili è ammissibile un’abilitazione estensiva in capo al professionista architetto (Cons. Stato, V, 12 marzo 2015, n. 1692; n. 1255 del 2021, cit.), atteso che “il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estend[e] sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici” se “a corredo del fabbricato” (Cons. Stato, n. 1550 del 2013, cit.; n. 6552 del 2018, cit.); occorre quindi che vi sia un nesso di precipua accessorietà fra l’intervento e l’edificio, e cioè che il primo risulti “strettamente servente un’opera di edilizia civile” per poter rientrare nel perimetro di competenza (anche) dell’architetto (Cons. Stato, n. 1692 del 2015, cit.).
Alla luce di ciò, questa V Sezione ha affermato chiaramente che “Il r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54 comma 3 senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche" (Cons. Stato, V, 19 maggio 2016 n. 2095).
Allo stesso modo, s’è affermato come “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 51, 52 e 54 r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537. Infatti, il discrimine tra le professioni di ingegnere e di architetto è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. 328 cit.; pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di ‘edilizia civile’, interpretabile estensivamente, restano di pertinenza della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune competenza. In particolare, le opere idrauliche, specialmente se interferenti con fiumi e corsi d’acqua, richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico); per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, che ai sensi dell’art. 16 d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia (Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6593; cfr. anche Id., III, 1° luglio 2020, n. 4208).
4.2.2. Facendo applicazione dei suesposti principi alla caso in esame, va escluso che possa ravvisarsi nella specie una competenza in capo al professionista architetto per le opere oggetto dell’affidamento.
4.2.2.1. Va premesso anzitutto che lo stesso disciplinare di gara richiedeva, all’art. 16, che la documentazione d’offerta fosse sottoscritta da “tecnici abilitati”, quali “ingegneri, architetti, geometri” o altri, “per le rispettive competenze”.
4.2.2.2. In tale contesto, sotto un primo generale profilo, va rilevato come le categorie di opere previste dalla lex specialis coincidano con la OG8 (i.e., «Opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica») e la OS21 («Opere strutturali speciali», categoria cd. “super-specialistica” che afferisce alla «costruzione di opere destinate a trasferire i carichi di manufatti poggianti su terreni non idonei a reggere i carichi stessi, di opere destinate a conferire ai terreni caratteristiche di resistenza e di indeformabilità tali da rendere stabili l’imposta dei manufatti e da prevenire dissesti geologici, di opere per rendere antisismiche le strutture esistenti e funzionanti»).
Trattasi all’evidenza di opere che non rientrano nella nozione di «edilizia civile» di cui all’art. 52, comma 1, r.d. n. 2537 del 1925 (a tenore del quale «Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative»), e che esulano pertanto dalla competenza degli architetti.
4.2.2.3. D’altra parte, le opere migliorative su cui la sentenza si sofferma evidenziandone la eccentricità rispetto agli interventi di competenza degli architetti si collocano effettivamente al di fuori delle opere di edilizia civile ex art. 52 r.d. n. 2537 del 1925, né configurano opere accessorie o strumentali a edifici civili; si tratta, piuttosto, di opere di carattere essenzialmente idraulico quali la “Realizzazione di dreni sub orizzontali”, di cui al capitolo 2/18 della relazione tecnica (“Si offre la realizzazione di dreni sub orizzontali tra i pali in numero di 64 per una lunghezza di 6.00. L’offerta prevede la perforazione e la posa in opera di tubo dreno del diametro di 125 mm avvolto in uno speciale tessuto che ne garantisce l’efficienza nel tempo”), oppure l’opera aggiuntiva consistente nella “Realizzazione canaletta in trenchmat a valle della paratia”, sub capitolo 4/18 (“La canaletta che verrà eseguita con tecniche di ingegneria naturalistica raccoglierà tutte le acque di drenaggio a tergo della paratia per convogliarle alla tubazione anch’essa offerta come ulteriore proposta migliorativa. La canaletta è costituita da una geogriglia tridimensionale ottenuta per l’accoppiamento di uno strato impermeabile inferiore ed una geogriglia superiore che evita l’erosione del terreno. Per la stabilizzazione del telo è prevista la posa in opera di pali di castagno nella sezione trasversale e longitudinale […]”).
Lo stesso è a dirsi per opere aggiuntive quali la “Realizzazione sistema di smaltimento delle acque di drenaggio” (sub capitolo 5/18), coincidenti con la “realizzazione di una condotta in polietilene da 315 mm SN8 lunga 140 m che, percorrendo la strada vicinale Fontaniello, recapita le acque dei drenaggi posti alle varie quote, per sversarli nel canale a valle dell’area d’intervento”; o la “Realizzazione canaletta in trenchmat a monte della terra rinforzata” (sub capitolo 7/18), consistente anch’essa in una “canaletta che verrà eseguita con tecniche di ingegneria naturalistica raccoglierà tutte le acque di drenaggio superficiali che sul versante raggiungeranno la terra rinforzata. La canaletta è costituita da una geogriglia tridimensionale ottenuta per l’accoppiamento di uno strato impermeabile inferiore ed una geogriglia superiore che evita l’erosione del terreno. Per la stabilizzazione del telo è prevista la posa in opera di pali di castagno nella sezione trasversale e longitudinale […]”.
Si tratta all’evidenza di opere nient’affatto riconducibili all’edilizia civile, e che neppure risultano di carattere accessorio rispetto ad edifici civili.
Né una siffatta valutazione impinge del resto nella sfera di giudizio tecnico-discrezionale rimessa alla competenza della stazione appaltante, afferendo piuttosto alla cognizione dei profili di riparto funzionale secundum legem fra le varie figure professionali a norma del r.d. n. 2537 del 1925, così come interpretato e applicato dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.
Allo stesso modo, non assume rilievo di per sé la circostanza che il progetto esecutivo risultasse nella specie predisposto dall’amministrazione, atteso che - come già posto in risalto (retro, sub § 4.2.1) - neppure le singole varianti o proposte migliorative possono essere sottoscritte dal professionista non legittimato ratione materiae (cfr. Cons. Stato, n. 1255 del 2021, cit.; n. 6552 del 2018, cit.).
Né ancora può rilevare che lo scopo ultimo degli interventi fosse quello di assicurare la stabilità di edifici, atteso che tale rilievo, di carattere meramente finalistico, non vale a qualificare l’intervento - avente un diverso e ben definito oggetto strutturale - alla stregua di “edilizia civile”.
4.2.3. In tale contesto, a diversa conclusione non conduce neanche il richiamo alla circostanza che il professionista firmatario dei documenti fosse in possesso di laurea in “Architettura e Ingegneria Edile” sub cod. “4/S”, che prevede insegnamenti anche in materia ingegneristica consentendo l’iscrizione all’uno o all’altro albo professionale.
Come correttamente rilevato dalla sentenza, infatti, i documenti d’offerta andavano sottoscritti da professionisti abilitati allo svolgimento della professione riservata, non rilevando al riguardo il solo possesso del diploma di laurea, ancorché in materie pertinenti all’oggetto dell’affidamento: nel caso di specie, il professionista firmatario non risulta abilitato alla professione d’ingegnere né iscritto al relativo albo, e il che è sufficiente all’esclusione dell’offerta per mancata sottoscrizione dei relativi documenti da un professionista all’uopo abilitato.
Allo stesso modo, non valgono a superare le previsioni di legge relative al riparto di competenze fra architetti e ingegneri le solo esperienze professionali nel settore concretamente sviluppate dal singolo professionista.
Quanto al richiamo delle previsioni dell’art. 16 d.P.R. n. 238 del 2001 in ordine alle competenze dell’architetto iscritto al “settore architettura”, queste non valgono a superare il riparto funzionale fra ingegneri e architetti come sopra ricostruito sulla base della vigente normativa, e dunque a radicare la competenza dell’architetto per le opere qui in rilievo pur al di fuori degli ambiti riconosciutigli dal r.d. n. 2537 del 1925.
Per tali ragioni, entrambi i motivi di doglianza risultano infondati.
5. In conclusione, per i suesposti motivi l’appello è infondato e va respinto.
5.1. La peculiarità della fattispecie e la complessità di alcune delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;
Compensa le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha chiarito come il riparto di competenze professionali fra architetti e ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dal R.D. n. 2537/1925, in particolare dagli artt. 51 , 52 e 54, norme, peraltro, nemmeno superate dal d.P.R. n. 328 del 2001 recante “Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti, incluse le professioni di ingegnere ed architetto ex art. 1”), anche alla luce dei richiami di cui ai relativi artt. 16, comma 1, e 46 comma 2, che lasciano ferme «le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa» (sul punto, recentemente, anche Cons. Stato, 1255/2021).
Ebbene, secondo i giudici di Palazzo Spada, il riparto di competenze fra l’una e l’altra professione è dunque stabilito ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato – afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali – dalla lex specialis di gara.
In tale contesto, la costante giurisprudenza ha più volte evidenziato, in chiave generale, che «la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D» (ex multis, Cons. Stato, 5012/2019, 2938/2000, 416/1998). Più nel dettaglio, nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 del richiamato regio decreto n. 2537/1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento in ordine alla ricomprensione «nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico», fra cui quelle di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale (Cons. Stato, 6552/2018).
I giudici di seconde cure, in particolare, hanno rilevato come solo in presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle edili è ammissibile un’abilitazione estensiva in capo al professionista architetto, atteso che il concetto di “opere di edilizia civile” si estende «oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici” se “a corredo del fabbricato”» (Cons. Stato, n. 1550/2013); in buona sostanza, occorre, quindi, che vi sia un nesso di precipua accessorietà fra l’intervento e l’edificio, e cioè che il primo risulti “strettamente servente un’opera di edilizia civile” per poter rientrare nel perimetro di competenza (anche) dell’architetto.
Alla luce di ciò, il Consiglio di Stato, nel richiamare i propri precedenti sul punto, ha affermato lucidamente che il R.D. n. 2537/1925 – recante, come detto, il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere – esclude, per via degli artt. 51 e 54 comma 3, senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche (Cons. Stato, n. 2095/2016).
Allo stesso modo, i giudici amministrativi hanno rilevato come, nel dettaglio, la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia tout court di pertinenza degli ingegneri, alla luce delle disposizioni normativa già richiamate. Infatti, il discrimine tra le professioni di ingegnere e di architetto è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. 328 cit.; pertanto, «se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di “edilizia civile”, interpretabile estensivamente, restano di pertinenza della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune competenza». In particolare, con riferimento alle opere idrauliche, specialmente se interferenti con fiumi e corsi d’acqua, «richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico); per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, che ai sensi dell’art. 16 d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia» (Cons. Stato, n. 6593/2018).
Alla luce del riparto di competenze così tracciato, quindi, in relazione alle opere esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto, il Consiglio di Stato ha chiarito che quest’ultimo non è abilitato alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte progettuali migliorative o varianti. Ne consegue che è illegittima l’offerta sottoscritta da un architetto ove attenga a opere di ingegneria idraulica o di competenza di ingegneri.