TAR Lecce, Sez. II, 5 agosto 2021, decreto cautelare n. 480/2021

Il Tar Lecce interviene, in via cautelare, sulla impugnazione di una delibera dell'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Brindisi avente ad oggetto la sospensione dell'esercizio professionale di un sanitario per la mancata osservanza dell’obbligo di vaccinazione Covid, espressa con D.L. n. 44/21, convertito in L. n. 76/21.

Il Tar Lecce interviene, in via cautelare, sulla impugnazione di una delibera dell'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Brindisi avente ad oggetto la sospensione dell'esercizio professionale di un sanitario per la mancata osservanza dell’obbligo di vaccinazione Covid, prevista con D.L. n. 44/2021, convertito con L. n.76/2021.

Anzitutto, il Collegio si sofferma sulla giurisdizione, ritenendo che ricorra la giurisdizione del giudice amministrativo anche con riferimento alla sospensione dall’esercizio della professione “per difetto di presupposto ex lege (art. 4, comma 1, D.L. n. 44/2021), essendo tale sospensione del tutto atipica ed estranea a finalità disciplinari o sanzionatorie (per le quali ricorre invece speciale giurisdizione della C.C.E.P.S.)”.

L’anodina espressione per cui spetterebbe al TAR la giurisdizione per via della atipicità della sanzione rispetto a finalità disciplinari, se basta a escludere la giurisdizione speciale della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni sanitarie, non pare cogliere nel segno in ordine a un rapporto di lavoro che, anche allorché svolto alle dipendenze dell’amministrazione pubblica, risulta ormai governato dal diritto privato, ex D.lgs. 165/01.

In base, anzi, al criterio generale di riparto, la causa petendi parrebbe imporre piuttosto un’attrazione alla giurisdizione del giudice ordinario, posto che si fa indubitabile questione di un diritto soggettivo (al lavoro e alla retribuzione).

Anche in relazione alla considerazione del tipo di atto, preme notare come la sospensione dall’ordine di appartenenza non sia affatto prevista dalla legge, la quale si limita a prevedere l’immediata comunicazione all’Ordine di appartenenza dei provvedimenti sospensivi adottati dalla azienda sanitaria, ma non anche ulteriori cancellazioni e/o sospensioni dagli albi (art.4, comma7, del decreto citato).

Parrebbe, quindi, legittimo concludere per una applicazione delle prescrizioni normative da parte dell’amministrazione operata praeter legem, dunque in modo inammissibile; illegittimità di cui, tuttavia, non si avvede il Collegio, laddove invero asserisce “che gli atti sopramenzionati (rectius: impugnati) risultano diretta conseguenza delle disposizioni legislative richiamate e, in specie, del D.L. n. 44 del 1° aprile 2021, convertito con L. n.76/2021 “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19…”, dimenticando che i sospesi ben potrebbero svolgere altro tipo di attività professionale per cui l’iscrizione agli albi di appartenenza è comunque necessaria.

La ratio normativa, infatti, è ricavabile direttamente dal dato legale, che prevede la necessità di impedire contatti interpersonali che comportino, in qualsiasi forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2, ragion per cui è ragionevole ritenere che qualsiasi forma di svolgimento della professione che ciò non comporti è da ritenere ammessa e comunque praticabile, anche in assenza di osservanza dell’obbligo.

Inoltre, la legge assegna all’amministrazione di riferimento, chiamata ad agire in concreto, un importante margine di apprezzamento, ancorché non lo si voglia ritenere potere in senso stretto.

Essa, infatti, come anche rileva il TAR, è facoltizzata nell’adozione del provvedimento dalla tripartizione sanzionatoria individuata dal dato legale, il quale -con un aggravamento modulare- prevede, in prima battuta, la ricollocazione a mansioni che non implichino “contatti interpersonali

o comportino, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2” (art.4, comma 6); in via di subordine, tratta il demansionamento, con corrispondente retribuzione, e solo infine dispone la sospensione dal servizio, come ricavabile dal dettato normativo espresso nel comma 8 del medesimo art.4 (“il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni,  anche  inferiori, diverse  da  quelle  indicate  al  comma  6,   con   il   trattamento corrispondente  alle  mansioni  esercitate,  e  che,  comunque,   non implicano rischi di diffusione del contagio”).

Il termine anche evidenzia come tale ricerca di nuova collocazione debba essere condotta, dapprima, in riferimento a mansioni pari livello e solo secondariamente tra quelle inferiori e tanto in omaggio a un criterio di ragionevolezza e di legittimità, soprattutto costituzionale, dell’adozione del provvedimento sanzionatorio.

Venendo, quindi, a considerare la natura giuridica del D.L. n. 44/2021, introduttivo dell’obbligo di vaccinazione per i professionisti di interesse sanitario, di cui si occupa la pronuncia in commento, il TAR ritiene trattarsi di una legge-provvedimento, “determinandosi ex lege l’effetto lesivo della posizione della ricorrente direttamente ed in via automatica, come peraltro reso evidente dalla natura degli atti impugnati, meramente ricognitivi o di presa d’atto della sospensione ex lege.

Tuttavia, anche in parte qua la pronuncia non appare condivisibile, posto che l’effetto lesivo della posizione del ricorrente non riviene in senso assoluto dalla legge, proprio in base alla descritta modularità scalare delle sanzioni individuata dal legislatore e laddove fosse, il giudice peccherebbe nel confondere le categorie amministrative dell’atto vincolato e della legge-provvedimento.

Invero, il persistente margine di apprezzamento riservato alla azienda sanitaria contribuisce, in uno ad altri argomenti, a non ritenere accoglibile la tesi della natura combinata della legge richiamata e conforta, semmai, la tesi della natura vincolata dell’atto amministrativo a valle: la dirigenza sanitaria non ha altra scelta che adottare uno dei provvedimenti prescritti dal legislatore, potendo però apprezzare in concreto il tipo sanzionatorio, alla luce delle peculiarità fattuali che la singola posizione soggettiva involge.

Conforta l’assunto della natura puramente legislativa e non ibrida del D.L. n. 44/2021 anche la considerazione per cui simili atti sono ammissibili, e dunque costituzionalmente legittimi, solo ove non incidano direttamente su diritti fondamentali, teoria sostenuta in dottrina (A. Barbera, C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, 2010, Il Mulino, 10).

Tuttavia, va dato altresì atto di come la sentenza della Corte costituzionale n. 275/2013 sostenga la soluzione adottata dal TAR Lecce in commento. A mente della pronuncia citata, “nel senso dell’ascrivibilità della disposizione oggetto di scrutinio alla categoria delle leggi-provvedimento depone, in primo luogo, la sua ratio”. Nel caso di specie, scopo dichiarato della norma è la tutela della salute pubblica e di mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza (art.4, comma 1).

Sebbene resti dubbio il secondo presupposto di legittimità della legge-provvedimento, espresso dalla medesima sentenza della Consulta, cioè il “normale affidamento all’autorità amministrativa” della definizione dei rapporti controversi (si vedano sul punto anche le sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008 Cort. cost.), posto che la correlazione tra disposizioni in materia di salute e conseguenze disciplinari non appare ambito di operatività amministrativa, in via generale, il legislatore ha comunque deciso di attrarre alla propria competenza la determinazione del contenuto delle misure sanzionatorie; e tale circostanza che appare legittima in astratto.

Anche in relazione al dato soggettivo, occorre rilevare come la platea dei destinatari sia determinata e limitata, considerato che la disposizione si rivolge esclusivamente ai professionisti sanitari e agli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie     e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali, intervenendo ancora a suffragio delle conclusioni del TAR ivi in commento.

 

All’oscuro di eventuali impugnazioni, al momento, che consentano di sciogliere le rilevate riserve, preme soffermarsi anche su un ulteriore aspetto trattatovi.

Si fa riferimento alla valutazione della sussistenza del periculum in mora prospettato, ovvero alla omessa ricollocazione lavorativa della ricorrente ai sensi dell’art. 4, comma 10, del citato D.L. n. 44/2021.

Ancora una volta il TAR pare eccedere nella interpretazione del dato letterale della legge: la riserva d’adibizione d’ufficio ad altre e diverse mansioni non è affatto limitata alle sole ipotesi di soggetto per il quale sia stata dichiarata ed accertata l’esenzione o il differimento della vaccinazione, come sopra precisato, ragion per cui è evidente la censurabilità della pronuncia in questa parte.

Infine, appare opinabile anche la scelta di postergare alla fase di merito la questione di legittimità costituzionale, già ritenuta fondata (sic: “Ritenuta pertanto l’ammissibilità del ricorso, in ragione dei vari profili di presunta incostituzionalità della normativa di cui trattasi, cosi come prospettati e dedotti specificamente dalla ricorrente”), sull’assunto che la rimessione può ben essere disposta nella fase cautelare, senza che occorra attendere la perseveranza negli effetti incostituzionali di una norma, non sussistendo alcun limite decisionale in tal senso, connesso  “alla fase cautelare monocratica -nel giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi”.

Diversamente, si sarebbe potuto argomentare il mancato rinvio alla Consulta in base alla natura claudicante del decreto legge che, in pendenza di conversione, non è atto a stabilizzare i propri effetti nell’ordinamento.

Giustificarne, invece, la postergazione con il carattere recessivo della posizione del singolo a fronte dell’interesse pubblico, confligge con l’opposto interesse, anch’esso a carattere generale, volto a impedire la reiterazione di effetti non conformi al dettato costituzionale, almeno ove il giudice se ne avveda, come accade, in effetti, nella pronuncia del Tar Lecce. In casi simili è ragionevole ritenere sussistente un onere di rinvio tempestivo in capo al giudice medesimo, funzionalmente tenuto a impedire la perpetrazione di conseguenze negative diffuse derivanti da atti normativi della cui compatibilità costituzionale abbia a dubitare.

 

LEGGI IL DECRETO

 

Pubblicato il 05/08/2021

N. 00480/2021 REG.PROV.CAU.

N. 01161/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

 

Il Presidente

ha pronunciato il presente

DECRETO

sul ricorso numero di registro generale 1161 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Edoardo Polacco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Sanitaria Locale di Brindisi, non costituita in giudizio;
Ordine del Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Brindisi, rappresentato e difesa dall’Avv. Adriano Tolomeo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio con domicilio digitale come da Registri di Giustizia;

per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,

della delibera prot. n. -OMISSIS- dell'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Brindisi avente ad oggetto la sospensione dell'esercizio professionale della Dott.ssa -OMISSIS- e dell'assorbita comunicazione /sospensione prot. n. -OMISSIS- della ASL di Brindisi, con la quale si sospendeva dal servizio senza retribuzione la ricorrente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista l'istanza di misure cautelari monocratiche proposta dal ricorrente, ai sensi dell'art. 56 cod. proc. amm.;

Considerato che l’atto impugnato è costituito dalla nota dell’Ordine del Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Brindisi prot. -OMISSIS-, recante “presa d’atto” della sospensione ex lege, ivi compresa la presupposta comunicazione/sospensione della ASL Brindisi di cui alla nota -OMISSIS-;

Considerato che i predetti atti costituiscono atti di mera comunicazione della Delibera di presa d’atto da parte del C.D. dell’O.M.C.E.O. di Brindisi di cui al verbale della seduta del -OMISSIS- e, rispettivamente, della Deliberazione del D.G. della ASL Brindisi n. -OMISSIS-;

Considerato che gli atti sopramenzionati risultano diretta conseguenza delle disposizioni legislative richiamate e, in specie, del D.L. n.44 dell’1/4/2021 convertito in L. n.76/2021 “ Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19…”;

Considerato che la normativa richiamata riveste carattere eccezionale e derogatorio e si inscrive dunque nell’ambito della legislazione connessa all’emergenza e finalizzata al contenimento della diffusione del contagio da SARS-COVID-19;

Considerato che in particolare l’art. 4 del D.L. citato prevede una dettagliata articolazione del solo procedimento volto all’accertamento dei presupposti in fatto (mancato adempimento dell’obbligo di vaccinazione), determinando viceversa in via automatica e diretta gli effetti e le conseguenze del mancato adempimento dell’obbligo vaccinale, senza alcuna discrezionalità dell’amministrazione datoriale di riferimento, salvo che con riferimento all’eventuale adibizione del dipendente a diverse mansioni, prevedendo testualmente:

1. In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attivita' nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La vaccinazione e' somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorita' sanitarie competenti, in conformita' alle previsioni contenute nel piano.

2. Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non e' obbligatoria e puo' essere omessa o differita.

3. Entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascun Ordine professionale territoriale competente trasmette l'elenco degli iscritti, con l'indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma in cui ha sede. Entro il medesimo termine i datori di lavoro degli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attivita' nelle strutture sanitarie, sociosanitarie, socio-assistenziali, pubbliche o private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali trasmettono l'elenco dei propri dipendenti con tale qualifica, con l'indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio operano.

4. Entro dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi di cui al comma 3, le regioni e le province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificano lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi. Quando dai sistemi informativi vaccinali a disposizione della regione e della provincia autonoma non risulta l'effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle

modalita' stabilite nell'ambito della campagna vaccinale in atto, la regione o la provincia autonoma, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, segnala immediatamente all'azienda sanitaria locale di residenza i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati.

5. Ricevuta la segnalazione di cui al comma 4, l'azienda sanitaria locale di residenza invita l'interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell'invito, la documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione, l'omissione o il differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l'insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al primo periodo, l'azienda sanitaria locale, successivamente alla scadenza del predetto termine di cinque giorni, senza ritardo, invita formalmente l'interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalita' e i termini entro i quali adempiere all'obbligo di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l'azienda sanitaria locale invita l'interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l'adempimento all'obbligo vaccinale.

6. Decorsi i termini di cui al comma 5, l'azienda sanitaria locale competente accerta l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorita' competenti, ne da' immediata comunicazione scritta all'interessato, al datore di lavoro e all'Ordine professionale di appartenenza. L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

7. La sospensione di cui al comma 6, e' comunicata immediatamente all'interessato dall'Ordine professionale di appartenenza.

8. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 6, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l'assegnazione a mansioni diverse non e' possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9, non e' dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.

9. La sospensione di cui al comma 6 mantiene efficacia fino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

10. Salvo in ogni caso il disposto dell'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 e' omessa o differita e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui al comma 2 a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”;

Considerato che ricorre la giurisdizione del giudice amministrativo anche con riferimento alla sospensione dall’esercizio della professione, per difetto di presupposto ex lege (art. 4 comma 1 DL citato), essendo tale sospensione del tutto atipica ed estranea a finalità disciplinari o sanzionatorie (per le quali ricorre invece speciale giurisdizione della C.C.E.P.S.);

Considerato che sotto tale profilo, ovvero quello relativo alla sospensione dall’esercizio della professione, la normativa di cui trattasi si configura come legge-provvedimento, determinandosi ex lege l’effetto lesivo della posizione della ricorrente direttamente ed in via automatica, come peraltro reso evidente dalla natura degli atti impugnati, meramente ricognitivi o di presa d’atto della sospensione ex lege;

Considerato l’orientamento giurisprudenziale in tema di mezzi di tutela offerti al cittadino avverso leggi-provvedimento e richiamato in proposito specifico precedente di questo Tribunale:

Secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, deve escludersi l’impugnabilità diretta della legge provvedimento dinanzi al Giudice amministrativo, atteso che i mezzi di tutela predisposti dall’ordinamento sono ancorati al criterio formale e, quindi, risultando riservata solo al giudice della leggi la possibilità di determinare la caducazione della norma di legge; correlativamente, il giudizio di costituzionalità deve conservare il proprio carattere incidentale e quindi muovere pur sempre dall’impugnazione di un atto amministrativo.

Sulla base delle chiare indicazioni della Corte, la giurisprudenza amministrativa è pervenuta da tempo ad una differente e peculiare qualificazione con riferimento all’ammissibilità dell’impugnazione, al fine di realizzare un sistema coerente con i principi costituzionali a garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale, affermando chiaramente che – nell’ ipotesi di legge provvedimento - l’unica possibilità di tutela per i cittadini è quella consiste nella possibilità impugnare gli atti applicativi delle stesse, anche se di contenuto vincolato e privi di autonoma lesività, deducendo tuttavia - a motivo di impugnazione - l’incostituzionalità della norma presupposta (ex multis: C.d.S Sezione Sesta 8.10.2008 n. 4933; C.d.S Sezione Quarta 22.3.2021 n. 2409).

Qualora pertanto la norma citata dovesse qualificarsi come legge provvedimento, come peraltro il Collegio ritiene, dovrebbe necessariamente – in deroga ai principi generali - ritenersi ammissibile l’impugnazione di qualunque atto, ancorché non lesivo ed anche se di mera comunicazione, in quanto unico mezzo di tutela offerto al cittadino, cui è ovviamente preclusa la possibilità di diretta impugnazione della legge provvedimento.

Logico corollario di quanto sopra é costituito dal fatto che il ricorso in tal caso, qualora ritenuto fondato, non può essere definito attraverso l’accoglimento della domanda, risultando necessaria e imprescindibile la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.

Ed invero, individuata la norma di legge come fonte diretta ed immediata della dedotta lesione della sfera giuridica del ricorrente, l’accoglimento del ricorso avverso un mero atto, di per sé sfornito del tutto di qualsivoglia profilo di lesività, non risulterebbe in linea con le chiare indicazioni che emergono dal peculiare sistema di tutela delineato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato” (TAR Puglia Lecce Sez. I sent. N.981/2021 del 29/6/2021);

Ritenuta pertanto l’ammissibilità del ricorso, in ragione dei vari profili di presunta incostituzionalità della normativa di cui trattasi, cosi come prospettati e dedotti specificamente dalla ricorrente;

Considerato, con riferimento alla fattispecie concretamente in esame e al periculum in mora prospettato, ovvero alla omessa ricollocazione lavorativa della ricorrente, che l’art. 4 co. 10 del citato D.L. 44/2021 riserva l’adibizione d’ufficio ad altre e diverse mansioni solo all’ipotesi di soggetto per il quale sia stata dichiarata ed accertata l’esenzione o il differimento della vaccinazione, ipotesi del tutto differente dal quella in esame, in quanto caratterizzata da atteggiamento di leale collaborazione da parte del dipendente;

Considerato che la ricorrente ha viceversa tenuto una condotta dilatoria e certamente non collaborativa, tale da precludere all’amministrazione la possibilità di accertare eventuali situazioni non compatibili con l’obbligo vaccinale;

Considerato che il fatto che l’attestazione dell’incompatibilità sia attribuita al medico di medicina generale, non esclude ma anzi presuppone il potere dovere dell’amministrazione sanitaria di verificarne l’attendibilità e l’effettività;

Considerato che comunque l’Amministrazione ha espressamente valutato la possibilità di ricollocazione lavorativa della ricorrente con adibizione della stessa ad altre e diverse mansioni non comportanti contatti con gli utenti e con restante personale sanitario, concludendo in senso negativo con una motivazione condivisibile e supportata da adeguata istruttoria;

Considerato che è comunque in facoltà della ricorrente conseguire la cessazione di tutti i lamentati effetti pregiudizievoli adempiendo all’obbligo vaccinale, adempimento espressamente previsto dalla legge come presupposto necessario ed imprescindibile per l’esercizio della professione ex art. 4 comma 1 D.L. citato;

Considerato che - entro i limiti decisionali connessi alla presente fase cautelare monocratica -nel giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi, la posizione della ricorrente e il diritto dell’individuo, sotto i vari profili evidenziati, debbono ritenersi decisamente recessivi rispetto all’interesse pubblico sotteso alla normativa di cui trattasi, nel contesto emergenziale legato al rischio di diffusione della pandemia da COVID-19, che deve costituire il parametro di lettura della normativa medesima.

 

P.Q.M.

Respinge l’istanza di cautela monocratica.

Fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 15 settembre 2021.

Il presente decreto sarà eseguito dall'Amministrazione ed è depositato presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Lecce il giorno 4 agosto 2021.


Il Presidente 

Antonio Pasca