Cons. Stato, sez. III, 1 giugno 2021, n. 4201

“Nelle procedure negoziata d’urgenza, indette ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50/2016, è legittima la valutazione della stazione appaltante di inaffidabilità di un operatore economico già inadempiente in altra procedura di gara per non aver rispettato i termini contrattuali di consegna dei prodotti e, quindi, la conseguente esclusione dalla procedura di gara.

Non rileva la circostanza che i fatti contestati siano risalenti nel tempo poiché gli attuali commi 10 e 10-bis vanno interpretati nel senso che il limite temporale triennale decorrente dalla data della risoluzione non opera nel caso in cui il provvedimento sia contestato in giudizio”.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1309 del 2021, proposto dalla società Car Abbigliamento s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Sauchella, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia,

contro

la Società Regionale per la Sanità s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Fidanza, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia,
la Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, nonché

nei confronti

della Tecno Hospital s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio D'Avino, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. I, 17 novembre 2020, n. 5297, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso la determinazione n. 189 del 17 aprile 2020 dell’amministratore delegato della Società Regionale per la Sanità s.p.a., che ha disposto l’aggiudicazione della procedura negoziata ex art. 63, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 per la stipula di un accordo quadro per la fornitura di mascherine filtranti necessarie per la gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19 e di contestuale esclusione dalla procedura della Car Abbigliamento s.r.l..

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Regionale per la Sanità s.p.a.;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Tecno Hospital s.r.l;

Viste le memorie depositate dalla Car Abbigliamento s.r.l. in date 29 aprile 2021 e 6 maggio 2021;

Viste le memorie depositate dalla Società Regionale per la sanità s.p.a. in date 21 febbraio 2021 e 3 maggio 2021;

Vista la memoria di costituzione depositata dalla Tecno Hospital s.r.l in data 5 marzo 2021;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 20 maggio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società Car Abbigliamento s.r.l. ha impugnato (ricorso n. 1580 del 2020) innanzi al Tar Campania, sede di Napoli, la determinazione n. 189 del 17 aprile 2020, con la quale l’amministratore delegato della Società Regionale per la Sanità s.p.a. (d’ora in poi, Soresa) ha disposto l’aggiudicazione della procedura negoziata ex art. 63, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 per la stipula di un accordo quadro per la fornitura di mascherine filtranti necessarie per la gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19 nonché la sua esclusione dalla procedura ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) e lett. f bis), dello stesso Codice dei contratti pubblici.

L’esclusione è stata disposta dalla stazione appaltante in considerazione di una precedente risoluzione per grave inadempimento (ritardo nella fornitura), intervenuta nel 2016 ed iscritta nel casellario dell’Anac, di un contratto stipulato fra la società ricorrente ed il Ministero dell’interno per la fornitura di capi di abbigliamento (tute da ginnastica). La risoluzione del contratto è stata impugnata ed il giudizio non si è ancora concluso.

2. Con sentenza 17 novembre 2020, n. 5297, la sez. I del Tar Napoli ha respinto il ricorso sul rilievo che la disciplina applicabile ratione temporis alla controversia fosse il comma 10 bis dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici, che stabilisce che il termine dei tre anni dalla risoluzione comincia a decorrere dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che decide il giudizio proposto avverso la risoluzione.

3. La sentenza del Tar Napoli 17 novembre 2020, n. 5297 è stata impugnata con appello notificato e depositato in data 4 febbraio 2021.

Il giudice di prime cure avrebbe erroneamente applicato il comma 10 bis dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 che si pone in aperto contrasto con la direttiva europea e che, pertanto, rende illegittima la decisione oggetto di gravame.

4. L’appellante ha chiesto altresì il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in forma specifica e, in subordine, per equivalente, sia dell’interesse positivo (vale a dire il guadagno che la società avrebbe conseguito a seguito della stipula del contratto) che del danno curriculare patito a seguito dell’esclusione illegittima dalla gara.

4. Si è costituita in giudizio la Società Regionale per la Sanità s.p.a., che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello

5. Si è costituita in giudizio la Tecno Hospital s.r.l., che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello.

6. La Regione Campania non si è costituita in giudizio.

7. All’udienza del 20 maggio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, è impugnata la sentenza del Tar Napoli, n. 5297 del 17 novembre 2020, che ha respinto il ricorso, proposto dalla Car Abbigliamento s.r.l. (d’ora in poi, Car) avverso la determinazione n. 189 del 17 aprile 2020 dell’amministratore delegato della So.Re.Sa. s.p.a. (d’ora in poi, Soresa), che ha disposto l’aggiudicazione della procedura negoziata, ex art. 63, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 per la stipula di un accordo quadro per la fornitura di mascherine filtranti necessarie per la gestione dell’emergenza sanitaria “Covid-19” ed ha contestualmente escluso dalla gara la Car ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), e lett. f bis) dello stesso Codice dei contratti.

La gara prevedeva l’aggiudicazione in base al criterio del minor prezzo ex art. 95, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, in virtù della deroga prevista dall’art. 3, comma 3, dell’Ordinanza del Capo Dipartimento della protezione civile n. 630 per 2020 per assicurare tempi rapidi di definizione delle procedure d’acquisto. La lettera di invito prevedeva la stipula di un accordo quadro multi-fornitore con tutti gli operatori economici ammessi alla graduatoria in possesso dei requisiti di partecipazione fino al raggiungimento del quantitativo massimo stimato previsto.

L’appellante era stata ammessa con riserva perché dal Casellario informatico dell’Anac è risultata una risoluzione di contratto, disposta dal Ministero dell’interno per grave inadempimento consistente nel “mancato avvio della produzione (di materiali di abbigliamento) e nel mancato rispetto dei termini di consegna contrattualmente stabiliti”, in relazione alla quale pende un giudizio dinanzi al Tribunale civile di Roma. Con provvedimento n. 189 del 17 aprile 2020 è stata esclusa sul presupposto che l’inadempimento risultante dal Casellario assume particolare rilievo nella procedura oggetto di causa, nella quale il rispetto dei tempi di consegna era essenziale; inoltre la mancata dichiarazione dell’iscrizione nel Casellario rileva quale omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis), del codice dei contratti pubblici.

2. L’appello è infondato.

Non è assecondabile l’assunto dell’appellante in ordine alla carenza di motivazione a supporto dell’esclusione.

Nel verbale di gara n. 2 – richiamato nel provvedimento di esclusione – il seggio di gara ha chiarito che pende procedimento dinanzi al Tribunale civile di Roma avverso tale risoluzione ma ha ritenuto detta circostanza non derimente nel caso di specie, non essendoci certezza in ordine alla affidabilità dell’operatore economico.

Il Collegio ritiene la motivazione tutt’altro che “laconica” e ben coerente con l’oggetto della gara, bandita nel periodo emergenziale Covid-19 per la fornitura di dispositivi di protezione individuale (DPI). L’urgenza di rifornire la Regione delle mascherine filtranti ha giustificato l’adozione di una procedura in deroga per l’approvvigionamento dei dispositivi, nei ristretti termini indicati nella lex specialis, e ben giustifica altresì l’esclusione di un concorrente che non offra certezza di affidabilità.

La riprova della correttezza di tale conclusione è nel punto 2.1 della lettera di invito, che tra le condizioni oggettive, ex art. 54, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016, necessarie per individuare l’operatore economico (o gli operatori) al quale affidare la commessa, indica, prima ancora del prezzo offerto, la “tempistica di consegna” e il “quantitativo disponibile offerto”. E’, quindi, giustificata l’esclusione dell’offerta di un operatore economico che ha subito una risoluzione del contatto, sebbene risalente al 2016, proprio per “mancato rispetto dei termini di consegna contrattualmente stabiliti” atteso che ciò che caratterizza la fornitura in oggetto sono i tempi brevissimi per effettuare l’approvvigionamento. Il solo dubbio che la fornitura delle mascherine potesse arrivare in ritardo giustifica, dunque, la decisione della stazione appaltante che si era posta come obiettivo l’acquisizione, in tempi strettissimi, dei dispositivi.

Correttamente, pertanto, la gravità dell’addebito è stato connesso alla peculiarità della gara bandita da Soresa e di tale circostanza è stato dato atto con motivazione succinta ma sufficiente ad esternare le ragioni dell’esclusione.

Tale rilievo rende priva di pregio la circostanza che la società appellante, successivamente alla risoluzione disposta dal Ministero dell’interno, ha stipulato contratti di fornitura con il Ministero della difesa, atteso che è proprio la particolarità sottesa alla gara bandita da Soresa a giustificare il massimo rigore nella scelta dell’affidatario, che deve garantire la puntualità nella consegna dei prodotti oggetto dell’appalto.

Vale peraltro aggiungere, richiamando giurisprudenza consolidata intervenuta sul punto (Cons. St., sez. V, 12 aprile 2021, n. 2922; id. 21 luglio 2020, n. 4668), che l’obbligo, in capo alla stazione appaltante, di motivare l’esclusione di un concorrente dalla gara pubblica è formalmente rispettato se l'atto reca l'esternazione del percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione adottata e se il destinatario è in grado di comprendere le ragioni di quest'ultimo e, conseguentemente, di accedere utilmente alla tutela giurisdizionale; non è invece richiesto che la motivazione del provvedimento di esclusione sia articolata in punti separati, ciascuno dei quali dedicato ad uno specifico aspetto di rilievo della pregressa vicenda, e così alla sua “gravità”, al “tempo trascorso dalla violazione” e, infine, alla “inaffidabilità” dell’operatore, purchè emerga che ciascuno di tali profili sia stato considerato dalla stazione appaltante.

Alle argomentazioni sopra esposte giova ancora aggiungere che la valutazione di inaffidabilità dell’operatore economico in ragione di precedenti inadempimenti dai quali siano conseguiti provvedimenti di risoluzione è espressione di apprezzamento discrezionale della stazione appaltante che può essere censurata per i consueti vizi di irragionevolezza, illogicità manifesta, arbitrarietà e travisamento dei fatti (Cons. St., sez. V, 12 aprile 2021, n. 2922; id., sez. III, 7 dicembre 2020, n. 7730), non configurabili nel caso sottoposto all’esame del Collegio.

Né potrebbe ritenersi, come afferma l’appellante, che l’esclusione è viziata per essere stata assunta dal seggio di gara e non dall’amministratore delegato, unico con poteri di rappresentanza, atteso che, con il provvedimento del 17 aprile 2020, l’Amministratore delegato ha fatto proprie le proposte di esclusione del seggio di gara.

3. Non è suscettibile di positiva valutazione neanche il secondo motivo, con il quale si deduce l’erroneità del capo di sentenza che ha interpretato l’art. 1, comma 20, lett. o), n. 5), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, (applicabile ratione temporis), che ha sostituito il comma 10 dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 con gli attuali commi 10 e 10-bis, nel senso che il limite temporale triennale decorrente dalla data della risoluzione non opera nel caso in cui il provvedimento sia contestato in giudizio.

La tesi dell’appellante, secondo cui il dies a quo dei tre anni decorre dalla data della risoluzione, non è condivisibile, alla luce dell’orientamento del giudice di appello.

Giova premettere che il comma 10 bis dell'art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016, inserito dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito in l. 14 giugno 2019, n. 55 (c.d. sblocca cantieri), è stato introdotto per dare risposta all'esigenza di delimitare il periodo nel quale una pregressa vicenda professionale negativa possa comportare l'esclusione di un operatore economico dalle procedure di gara, nella consapevolezza che, con il passare del tempo, le pregresse vicende professionali perdono il loro disvalore ai fini dell'apprezzamento dell'affidabilità del concorrente e possono ritenersi superate dalla regolare continuazione dell'attività di impresa (Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2020, n. 6635). Simmetricamente a quanto previsto dal primo periodo del comma 10 bis dell'art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 in relazione alle sentenze penali di condanna (per i casi di cui alle lettere b) e c) del comma 10 dell'art. 80), qualsiasi altra situazione/provvedimento o vicenda - in definitiva qualsiasi "fatto" - che possa dar luogo ad un provvedimento di esclusione ai sensi del comma 5 dell'art. 80 conserva tale valenza per una durata non superiore al triennio. Un provvedimento di risoluzione per inadempimento di un precedente contratto d'appalto può fondare una valutazione di inaffidabilità e non integrità dell'operatore per un periodo che non superi il triennio. In definitiva, allora, laddove il legislatore utilizza l'espressione "durata dell'esclusione" e fa riferimento ai "casi di cui al comma 5", è come se dicesse "la durata del periodo in cui è possibile disporre l'esclusione in base al medesimo fatto rilevante ai sensi del comma 5", corrisponde al triennio.

Ciò premesso, il giudice di appello si è soffermato sull’individuazione del dies a quo per il computo del triennio, che il legislatore ha fissato alternativamente nella “data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione” ovvero, se contestato in giudizio, “dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”.

Per esse si impone un’interpretazione adeguatrice con la lettura in precedenza data dell’ambito applicativo della norma: i riferimenti normativi debbono essere intesi, pertanto, al “fatto” che può dar luogo al provvedimento amministrativo di esclusione, con la conseguenza di fissare il dies a quo nella data in cui lo stesso sia accertato giudizialmente, con il passaggio in giudicato della relativa pronuncia, nel caso in cui il fatto (nella specie, la risoluzione) sia stato impugnato.

Così, riprendendo il caso del provvedimento di risoluzione, il triennio decorrerà dal momento dell’adozione del provvedimento di risoluzione, ovvero, se contestato in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che ha definito la causa.

Rileva il Collegio che la portata della norma non sembra lasciare spazio a diversa interpretazione, non solo facendo riferimento alla data di passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso il contenzioso sulla impugnazione del provvedimento (nella specie la risoluzione contrattuale) ma anche stabilendo che nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l'operatore economico che l'abbia commesso.

4. La legittimità della rilevanza data alla pregressa risoluzione di un contratto di fornitura rende possibile l’assorbimento degli ulteriori vizi dedotti in appello, che non potrebbero comunque portare ad un diverso esito, essendo sufficiente tale ragione per l’esclusione dalla gara.

In ogni caso, quanto al peso dato alla omessa dichiarazione della intervenuta risoluzione, si rileva che la motivazione è intrinseca nel richiamo alle ragioni che hanno determinato l’esclusione, id est l’importanza che ha, nel caso di specie, la celerità e la correttezza dell’adempimento contrattuale.

Vale richiamare le puntuali riflessioni del giudice di appello (sez. V, 8 aprile 2021, n. 2838) in ordine alla distinta previsione, operata dal Codice, in termini di specifico, legittimo ed autonomo motivo di esclusione, che testimonia la sua attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale: nel qual caso, il necessario nesso di strumentalità rispetto alle valutazioni rimesse alla stazione appaltante finisce per dislocarsi dal piano del concreto apprezzamento delle circostanze di fatto, rimesso alla mediazione valutativa della stazione appaltante, al piano astratto di una illiceità meramente formale e presunta, operante de jure.

Deve, a tal fine, distinguersi tra due vicende che il Codice ha cura di tenere distinte: a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico; b) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui di regola consegue, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso).

La distinzione va precisata con l’osservazione che l’ordito normativo – peraltro frutto di vari interventi correttivi, integrativi e, nel caso della lettera c), anche diairetici stratificati nel tempo – fa variamente riferimento: a) alla falsità di “informazioni” fornite (lettera c-bis), di “dichiarazioni” rese e di “documentazione” presentata (lettere f-bis, f- ter e g, nonché il comma 12), talora, peraltro, dando rilevanza alla mera (ed obiettiva) “non veridicità”, talaltra ai profili di concreta “rilevanza o gravità” ovvero ai profili soggettivi di imputabilità (evocati dal riferimento alla negligenza, alla colpa, anche grave, o addirittura al dolo); b) alla attitudine “fuorviante” delle informazioni (intesa quale suscettibilità di influenzare il processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione); c) alla mera “omissione” (di informazioni dovute).

Inoltre, si distingue, con esclusivo riguardo alle falsità dichiarative e documentali, secondo che le stesse rimontino a condotte (attive od omissive), a loro volta poste in essere (cfr. comma 6), prima ovvero nel corso della procedura.

In altri termini, è un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali).

E se si considera che la reticenza corrisponde, in definitiva, alla c.d. mezza verità (la cui attitudine decettiva opera, quindi, in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale), le informazioni fuorvianti sono quelle che manifestano attitudine decettiva in positivo, per il contenuto manipolatorio di dati reali: una sorta di mezza falsità).

La distinzione è, già sul ridetto piano normativo, legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’Anac gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 dell’art. 80 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione).

Con il che la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano.

Risulta evidente che in siffatta prospettiva ermeneutica l’omissione e la reticenza dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili - a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità - di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.

Alla luce delle considerazioni che precedono, deve allora evidenziarsi, in coerenza alle puntualizzazioni offerte dall’Adunanza plenaria n. 16 del 2020: a) che la reticenza dichiarativa – seppure non legittimi di per sé l’attivazione di un automatismo espulsivo – può e deve essere apprezzata dalla stazione appaltante in quanto si riveli idonea ad occultare “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” in ordine alle valutazioni “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (art. 80, comma 5, lettera c-bis), d.lgs. n. 50 del 2016), risultando sintomaticamente, nella sua attitudine decettiva ed in relazione alla posizione dell’operatore economico, idonea a “rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (comma 5, lettera c); b) che l’ipotesi va, perciò, tenuta distinta dalla più grave falsità dichiarativa o documentale di cui alla lettera f-bis, correlata alla obiettiva (e perciò verificabile e sindacabile) non veridicità dei fatti allegati a supporto della domanda di partecipazione: che, in quanto espressiva di inaffidabilità in re ipsa, costituisce ragione di automatica esclusione, sottratta al concreto e motivato vaglio di rilevanza; c) che, sotto distinto profilo, entrambe le ipotesi – in ogni caso riferite ad illeciti dichiarativi endoprocedimentali, vale a dire maturati “nella procedura di gara in corso” (comma 5, lettera f-bis) – vanno tenute separate dall’ulteriore fattispecie escludente di cui all’art. 80, comma 12 (in correlazione alle lettere f-ter e g del comma 5), che si riferisce alla eventualità – operante pro futuro ed in relazione a procedure diverse e successive a quelle in cui sia maturato l’illecito – che l’Anac, su segnalazione delle stazioni appaltanti, abbia accertato l’imputabilità soggettiva (in termini di “dolo o colpa grave”) e la concorrente gravità obiettiva dei fatti oggetto “di falsa dichiarazione o falsa documentazione”, procedendo alla “iscrizione nel casellario informatico”, di per sé obiettivamente ed automaticamente preclusiva, sia pure ad tempus e cioè “fino a due anni”, di ulteriori partecipazioni.

Nella specie è stato ritenuto che l’omessa dichiarazione in ordine alla precedente risoluzione assumesse una valenza di gravità tale da determinare motivo di esclusione, che si aggiunge al fatto in sé della risoluzione, gravità da ricollegarsi all’importanza della fornitura oggetto di gara, e cioè l’approvvigionamento urgente di dispositivo di protezione per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19.

Giova aggiungere che il peso dato dalla stazione appaltante ad una mancanza di un operatore economico in occasione di un precedente appalto con una Pubblica amministrazione è espressone di valutazione di merito, insindacabile da questo giudice salvo che non sia manifestamente irragionevole, vizio questo certamente non presente nel caso in esame.

5. Quanto al riferimento, effettuato dalla Car, alla circostanza che le mascherine che avrebbe fornito sarebbero le uniche certificate, vale chiarire che tale annotazione era stata effettuata in primo grado al solo fine di corroborare l’affidabilità della società e non per effettuare una comparazione con le offerte degli altri concorrenti al precipuo fine di farli escludere.

Aveva infatti rilevato che “A mero titolo di conforto sulla bontà dei prodotti offerti dalla ricorrente, si rappresenta peraltro che la Car Abbigliamento s.r.l. è stata autorizzata alla produzione e commercializzazione delle mascherine facciali in TNT a 2 strati, Tipo I, con provvedimento dell’Istituto Superiore della Sanità comunicato con nota del 09.04.2020 prot. 11947/ON373/ON.12, la qual cosa avrebbe davvero dovuto indurre ad una maggiore ponderazione della S.A. nel procedere all’incauta esclusione (in periodo di emergenza), nonché da ultimo è stata anche autorizzata, dall’Istituto Superiore della Sanità con nota del 15/04/2020 prot. 12971/ON373/ON.12, alla commercializzazione e produzioni anche di mascherine di Tipo 2 (v. perizia ing. Borrelli). Il Tutto a conferma della comprovata qualificazione del concorrente ingiustamente escluso! La S.A. ha preferito affidare addirittura a soggetti che non avevano ricevuto analoga autorizzazione da parte dell’I.S.S.!”

In questo senso deve essere inteso anche il riferimento effettuato in appello e non anche come volto a far escludere gli altri concorrenti dalla gara, atteso che, diversamente opinando, sarebbe inammissibile per violazione del divieto di nova in appello.

6. La ragione posta a base dell’esclusione comporta, altresì, l’inapplicabilità dell’istituto del soccorso istruttorio e l’inconferenza del richiamo alla “bontà dei prodotti offerti” dalla Car, essendo sufficiente a supportare il provvedimento gravato – che non fa alcun riferimento alla qualità delle mascherine offerte – la non affidabilità della società in un appalto nel quale l’elemento “tempestività della consegna” assume un ruolo primario rispetto ad ogni altro.

7. L’infondatezza nel merito del ricorso comporta il rigetto della domanda di risarcimento del danno atteso che l'illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il ristoro richiesto; la reiezione della parte impugnatoria del gravame impedisce, infatti, che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall'Amministrazione.

8. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

9. Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità della vicenda contenziosa, per compensare tra le parti in causa le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:

Michele Corradino, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

Raffaello Sestini, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere

 

 

 

Guida alla lettura

Vale la pena di richiamare tutte le questioni giuridiche che vengono in rilievo nella sentenza in commento.

In primo luogo, si tratta di una procedura negoziata d’urgenza, ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 per l’acquisto di materiale sanitario (mascherine filtranti) in occasione dell’emergenza pandemica da Covid-19.

La procedura negoziata d’urgenza senza previa pubblicazione di un bando di gara costituisce una ipotesi derogatoria rispetto alle procedure aperte e ristrette, pienamente disponibili (e fungibili) per la stazione appaltante. La ragione di tale deroga, di cui la stazione appaltante dovrà dar conto con adeguata motivazione, viene individuata dall’art. 63, d.lgs. n. 50/2016, dalla ricorrenza di presupposti specifici. Il richiamato art. 63 disciplina le varie ipotesi di procedura negoziata senza bando indicando per quali tipologie di appalti (se per tutte ovvero per alcune tra lavori, forniture, servizi) trovano applicazione.

Nel caso di specie la procedura veniva indetta in ragione della ricorrenza di “ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice”, quali, appunto, l’urgente ed estrema necessità di dotarsi di materiale sanitario (mascherine filtranti) nella primavera del 2020.

Nel corso della fase di verifica sul possesso dei requisiti di partecipazione, la stazione appaltante veniva a conoscenza di un’iscrizione nel Casellario Informatico dell’ANAC per una precedente risoluzione contrattuale in ragione di un grave inadempimento dovuto al mancato rispetto dei tempi di consegna della società ricorrente.

L’inadempimento dovuto al mancato rispetto dei tempi contrattuali, pur ancora sub judice, e l’omessa dichiarazione dell’iscrizione nel Casellario facevano disporre l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara. Esclusione che veniva impugnata unitamente all’aggiudicazione della procedura.

Su tale profilo si innesta la portata applicativa del comma 10bis dell'art. 80, d.lgs. n. 50/2016, inserito dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito in l. 14 giugno 2019, n. 55 (c.d. sblocca cantieri). Per quanto rileva in questo contesto, secondo tale norma alla commissione di un grave illecito professionale segue un periodo di esclusione della partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica. Si deve anche considerare che il comma 10bis dell'art. 80, d.lgs. n. 50/2016, è stato introdotto per dar risposta all'esigenza di delimitare il periodo nel quale una pregressa vicenda professionale negativa possa comportare l'esclusione di un operatore economico dalle procedure di gara, nella consapevolezza che col passar del tempo le pregresse vicende professionali perdono il loro disvalore ai fini dell'apprezzamento dell'affidabilità del concorrente e possano ritenersi superate dalla regolare continuazione dell'attività di impresa.

Nel caso di specie, il ricorrente veniva escluso dalla procedura di gara perché un precedente contratto veniva risolto per suo inadempimento, realizzandosi così l’ipotesi di grave illecito professionale di cui al comma 5, lett. c-ter, dell'art. 80, d.lgs. n. 50/2016. Nella vicenda che ci occupa la risoluzione del precedente contratto era ancora sub judice, pur essendo trascorsi i tre anni dalla data di adozione del provvedimento amministrativo. E sul punto il Consiglio di Stato si è soffermato sull’individuazione del dies a quo per il computo del triennio, fissato alternativamente nella “data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione” ovvero, se contestato in giudizio, “dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”.

Nel primo caso, si sarebbe dovuto ritenere illegittimo il provvedimento di esclusione; nel secondo, al contrario, il provvedimento di esclusione sarebbe pienamente legittimo.

La questione della decorrenza del termine triennale, se dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza, è stata già scrutinata dalla giurisprudenza amministrativa con interpretazioni ondivaghe.

In un precedente, ad esempio, si è ritenuto che la data dell'accertamento definitivo debba intendersi quella in cui è stato adottato il provvedimento amministrativo che ha accertato la violazione degli obblighi contrattuali ed ha quindi contestato la risoluzione in danno, e ciò a prescindere dalla eventuale impugnazione dello stesso provvedimento e dalla pendenza del relativo giudizio. In tal senso è dirimente l'art. 57, co. 7, della direttiva 2014/24/UE, nella parte in cui stabilisce che il periodo di esclusione non deve superare i tre anni dalla "data del fatto", ciò che evidentemente non consente di attribuire rilevanza ai fini della decorrenza del termine ad accadimenti successivi all'accertamento dell'inadempimento da parte dell'amministrazione.

Di diverso avviso il Consiglio di Stato che ha rilevato che la portata della norma non sembra lasciare spazio a diversa interpretazione, non solo facendo riferimento alla data di passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso il contenzioso sulla impugnazione del provvedimento (nella specie la risoluzione contrattuale) ma anche stabilendo che nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l'operatore economico che l'abbia commesso. In sede di gara pubblica, dunque, gli attuali commi 10 e 10-bis dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 vanno interpretati nel senso che il limite temporale triennale decorrente dalla data della risoluzione non opera nel caso in cui il provvedimento sia contestato in giudizio.

Si conclude osservando come nel caso di specie un’interpretazione più restrittiva dei commi 10 e 10-bis dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 è stata giustificata sulla scorta dell’estrema urgenza che connotava la necessità di approvvigionamento pubblico: estendere tale interpretazione restrittiva dei commi 10 e 10-bis dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 in ogni circostanza, potrebbe sollevare dubbi di legittimità costituzionale (oltre che di conformità ai principi europei) atteso che una simile interpretazione finisce per danneggiare quegli operatori economici che, nell’esercizio di un proprio diritto, agiscono per ottenere l’illegittimità della risoluzione contrattuale disposta e che si vedono esclusi, per anni, dalla partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica.