Consiglio di Stato, sez. IV, 16 febbraio 2021, n. 1416
In tema di concessioni di aree demaniali marittime, il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati, determina un ostacolo all'ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 2398 del 2019, proposto dalla signora Antonella D’Agostino, rappresentata e difesa dall’avvocato Danilo Lorenzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Comune Porto Cesareo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Quinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione Prima, n. 1176 del 17 luglio 2018, resa tra le parti, concernente la richiesta di una concessione demaniale marittima per il posizionamento di tre pontili galleggianti per ormeggio di imbarcazioni e di un manufatto ad uso guardiania.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune Porto Cesareo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2020, svoltasi in video conferenza ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, il consigliere Nicola D’Angelo;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora Antonella D’Agostino ha chiesto al Comune di Porto Cesareo in data 23 settembre 2015 il rilascio di una concessione per l’occupazione di un’area demaniale marittima per complessivi mq 5.366,40 di cui: mq 4.831,40 di specchio acqueo; mq 519,00 per pontili galleggianti di facile rimozione per ormeggio imbarcazioni; mq 16 per la installazione di una piccola struttura precaria in legno per la guardiania e circa un metro quadro per appoggio basolato delle passerelle di accesso.
1.1. Contro il silenzio serbato dal Comune sulla domanda di concessione, la signora D’Agostino ha proposto ricorso al Tar di Lecce, che con sentenza n. 1412/2016 ha ordinato all’Amministrazione di emanare un provvedimento espresso sulla sua istanza.
1.2. Con successivo provvedimento n. 3139 del 20 febbraio 2017, il Comune di Porto Cesareo ha quindi respinto la domanda di concessione demaniale marittima e il rilascio di permesso di costruire.
1.3. Quest’ultimo provvedimento è stato impugnato dalla signora D’Agostino con ricorso dichiarato inammissibile dal Tar di Lecce con la sentenza indicata in epigrafe.
1.4. In particolare, il Tar ha rilevato la carenza di interesse della ricorrente che non avrebbe mosso alcuna censura sulla ragione principale del diniego, cioè sul richiamo operato dal provvedimento impugnato alla necessità dell’espletamento di una procedura di evidenza pubblica per il rilascio della concessione (procedimento previsto dalla legge regionale della Puglia n. 177/2016 e dai principi affermati in materia di concessioni demaniali marittime dalla Corte di Giustizia con sentenza del 14 luglio 2016).
2. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello la signora D’Agostino sulla base dei seguenti motivi di gravame.
2.1. Errata e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
2.1.1. Il Tar ha ritenuto inammissibile il ricorso con la seguente motivazione:
“Il provvedimento impugnato, fra le ragioni del diniego, ha richiamato quanto rilevato “dal Tar lecce nell’ordinanza 34/2017 del 27.1.2017 con cui, in caso analogo, ha ribadito il necessario ricorso al procedimento ex art. 8 della L.R. 1772016, procedimento a maggior ragione applicabile anche a ipotesi di cui all’art. 9 richiamato dal ricorrente, tenuto conto dei principi affermati in materia di concessioni demaniali marittime dalla Corte di Giustizia con sentenza del 14 luglio 2016. Per quanto sopra, confermate tutte le ragioni ostative così come preannunciate nel preavviso di diniego, si comunica il diniego definitivo delle istanze di che trattasi”.
“In ordine a tale ragione, sufficiente a reggere la legittimità del provvedimento impugnato, parte ricorrente non ha espresso alcuna censura, sicchè la stessa non potrebbe trarre alcuna utilità dall’eventuale accoglimento del ricorso”.
2.1.2. Tale motivazione, secondo l’appellante, sarebbe erronea in quanto tra le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione al diniego non vi sarebbe stato il mancato rispetto della procedura a evidenza pubblica disciplinata dalla legge regionale della Puglia n. 17/2015, sebbene la stessa norma di legge fosse richiamata nel medesimo provvedimento, peraltro incidenter tantum. Nel provvedimento impugnato il Comune ha espressamente esternalizzato gli specifici motivi ostativi all’accoglimento della domanda oggetto di causa con riferimento ad un presunto contrasto della stessa con le prescrizioni del Piano Comunale delle Coste, adottato e non approvato, senza indicare tra gli stessi specifici motivi la mancata pubblicazione di un bando di gara ex art. 8 della citata legge regionale n. 17/15 (quest’ultima disposizione verrebbe richiamata nel suo aspetto generale, e non come motivo autonomo di rigetto della domanda).
2.2. Errata, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
2.a. Violazione di legge, in particolare dell’art. 3 del D.P.R. 509/1997 e degli artt. 5, 6, 18 e 19 del reg. nav. mar.; errata applicazione di norme comunitarie (Direttiva n. 2006/123/CE Servizi).
2.b. Illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge regionale della Puglia n. 17/2015 per violazione degli artt. 3, 117 e 119 Cost.
2.2.1. La sentenza sarebbe comunque erronea laddove afferma che il mancato ricorso a procedure di selezione aperte, pubbliche e trasparenti tra gli operatori economici interessati determinerebbe un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia desumibili esplicitamente dalla direttiva n. 2006/123/CE e da diverse sentenze della Corte di Giustizia UE ed in particolare dalla sentenza n. 40/2017 che ha dichiarato l’illegittimità della proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per finalità turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura trasparente di selezione tra i potenziali candidati.
2.2.2. La ricorrente sostiene innanzitutto di non aver mai chiesto l’assegnazione diretta del bene demaniale. La norma regionale richiamata dal Tar (art. 8 legge regionale n. 17/2015) non avrebbe poi potuto impedire l’applicazione della legge nazionale in materia (cioè del codice della navigazione e del suo regolamento di attuazione).
2.2.3. Quanto ai principi europei, secondo l’appellante, la normativa richiamata sarebbe inconferente con l’argomento trattato, né si porrebbe in contrasto con la disciplina nazionale. La direttiva n. 2006/123/CE Servizi (c.d. direttiva Bolkestein) non attiene, infatti, al rilascio dei titoli concessori (come emerge dal punto n. (12) del preambolo della predetta direttiva, quest’ultima “è volta a creare un quadro giuridico per assicurare la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi tra gli stati membri”).
2.2.4. In sostanza, per l’appellante, il rilascio e l’uso dei beni demaniali marittimi non può essere attratto nell’ambito della circolazione dei servizi, non avendo nessuna attinenza con tale concetto. Invero, da un lato la concessione demaniale non è un bene che può “circolare”, non avendo le caratteristiche tipiche di una merce; dall’altro non può essere qualificata come un servizio poiché non ha simile attitudine. Analogamente, per quanto attiene la libertà di stabilimento (ovvero la possibilità di costituire e gestire un’impresa o intraprendere una qualsiasi attività economica in un paese della Comunità Europea), si tratta di un concetto che, con specifico riferimento alla materia di cui si tratta, è del tutto inconferente non essendo vietata da nessuna norma di legge la possibilità per una impresa europea di richiedere il rilascio di un titolo concessorio di un bene demaniale appartenente allo Stato Italiano.
2.2.5. Il sistema normativo attualmente esistente (in attesa della emanazione del decreto legislativo di riordino della materia) sarebbe dunque già tale da garantire il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e adeguata pubblicità, principi che la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto necessari per il rilascio di nuovi titoli concessori laddove prevede un’articolata e trasparente procedura per il rilascio delle concessioni (es. art. 3 del regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto – artt. 5, 6, 18 e 19 del reg. nav. mar.).
2.2.6. Inoltre, evidenzia parte appellante che con la riforma del Titolo V della Costituzione sono stati trasferiti alle Regioni taluni ben demaniali, ma ciò non ha escluso che lo stesso trasferimento comporti l’automatica attribuzione di tutte le relative funzioni amministrative in capo all’ente titolare, salvaguardando la discrezionalità del legislatore statale. Rimarrebbe quindi da chiarire se le Regioni, alla luce del nuovo riparto di competenze legislative, siano dotate di piena autonomia nella regolamentazione giuridica dei propri beni, ovvero se possa ritenersi plausibile la sussistenza di una disciplina regionale dei beni pubblici, differenziata rispetto a quella statale.
2.2.7. Secondo l’appellante, sulla base del combinato disposto dell’art. 119, ultimo comma, Cost. e 117, comma 2, lettera l), Cost., continuerebbe invece a permanere in capo al legislatore statale la definizione del regime dominicale dei beni pubblici, quantomeno per quanto concerne l’individuazione dei principi generali del sistema, la cui portata sarebbe da ricondursi alla nozione di “ordinamento civile” di cui all’art. 117 comma 2, lettera l), Cost. Di conseguenza, vi sarebbero profili di incostituzionalità relativamente all’art. 8 della legge regionale della Puglia n. 17/2015.
2.3. Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Violazione degli artt. 4 e 15 della legge regionale della Puglia n. 17/2015. Motivazione errata; eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità e legittimo affidamento; irrazionalità e illogicità manifesta.
2.3.1. Il Comune di Porto Cesareo ha respinto la domanda per cui è causa in applicazione di alcuni principi statuiti dall’adottato Piano Comunale delle Coste e in ossequio alla deliberazione di Giunta comunale n. 111/2016. Tale Piano è tuttavia decaduto ed in ogni caso lo stesso era stato solo adottato e non approvato (solo con il provvedimento di approvazione il Piano Comunale delle Coste avrebbe assunto valore giuridico. Prima di tale atto formale e, soprattutto, a seguito della mera adozione, lo stesso non aveva alcuna validità giuridica o efficacia vincolante).
3. Il Comune di Porto Cesareo si è costituito in giudizio il 20 marzo 2019, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato ulteriori memorie il l’8 aprile 2019 e il 21 febbraio 2020.
4. Nella camera di consiglio dell’11 aprile 2019, l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, è stata rinviata al merito.
5. Il Comune di Porto Cesareo e l’appellante hanno infine depositato note di udienza, rispettivamente il 30 novembre e 2 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.L. n. 28 del 2020, così come integrato dall’art. 25 del D.L. n. 137 del 2020, chiedendo il passaggio in decisione della controversia.
6. La causa è stata trattenuta per la definitiva decisione, ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, nell’udienza tenutasi in video conferenza il 3 dicembre 2020, senza che le parti abbiano richiesto l’esame dell’incidente cautelare proposto nel ricorso.
7. L’appello non è fondato.
8. Nel primo motivo di appello, la ricorrente sostiene che tra le ragioni poste a base del diniego del rilascio della concessone demaniale marittima non vi sarebbe, se non incidenter tantum, il richiamo all’art. 8 della legge regionale della Puglia n. 17/2015 sulla necessità di una previa procedura ad evidenza pubblica per il rilascio del medesimo titolo concessorio.
8.1. La tesi dell’appellante non può essere condivisa, a prescindere dall’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune appellato (il profilo di censura non sarebbe stato contestato nel ricorso di primo grado).
8.2. Il provvedimento di diniego (n. 3139 del 20 febbraio 2017) richiama esplicitamente, insieme ad altre ragioni, una decisione del Tar di Lecce (ordinanza n. 34/2017) in cui per un caso analogo è stata affermata la necessità del ricorso al procedimento ex art. 8 della legge regionale n. 17/2015 “procedimento a maggior ragione applicabile anche alle ipotesi di cui all’art. 9 richiamato dalla ricorrente, tenuto conto dei principi affermati in materia di concessioni demaniali marittime dalla Corte di Giustizia con sentenza del 14 luglio 2016”.
8.2. In sostanza, al di là della validità del Piano Comunale Costiero (evenienza evocata nel terzo motivo di appello), che comunque ha costituito un atto di indirizzo generale nel senso della volontà comunale a non rilasciare concessioni nel tratto di costa interessato, il contrasto con la disciplina di cui al citato art. 8 della legge regionale e con i principi dell’Unione europea in materia ha rappresentato il motivo principale e sufficiente a supportare il diniego impugnato
8.3. D’altre parte, nel caso di determinazioni amministrative di segno negativo fondate su una pluralità di ragioni (ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento), è sufficiente che una sola di esse resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti indenne dalle censure articolate (cfr. ex multis, Cons. Stato sez. II, 20 marzo 2018, n. 681).
9. Con il secondo motivo di appello, la ricorrente in modo più radicale, contesta l’applicazione della disciplina sull’evidenza pubblica di cui alla legge regionale n. 17/2015 alle concessioni demaniali marittime, sia per l’estraneità alla materia della direttiva servizi n. 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein), sia per la compresenza nella legislazione nazionale di norme (regolamento recante la disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto) che possono comunque garantire un giusto procedimento di assegnazione dei relativi titoli.
9.1. Quanto prospettato dall’appellante non può essere condiviso, anche in questo caso a prescindere dai profili di inammissibilità derivanti dalla novità della questione non dedotta in primo grado.
9.2. Come ha già avuto modo di rilevare il Consiglio di Stato in un caso del tutto analogo relativo al Comune di Porto Cesareo, quest’ultimo ha fatto corretta applicazione dell’art. 8 della legge regionale n. 17/2015, la quale prevede che il rilascio e la variazione della concessione debbano avvenire nel rispetto, tra gli altri, delle direttive comunitarie in materia, sulla scorta delle sentenze della Corte di Giustizia, con sentenza 14 luglio 2016, cause C-458/14 e C-67/15 sul contrasto con l’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 e con l’art. 49 TFUE, relativi ai servizi nel mercato interno e sull’invalidità di norme nazionali che prevedano proroghe automatiche in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati (cfr. Cons Stato, sez. V, 11 giugno 2019, n. 3912).
9.3. Stante tale pacifico richiamo al principio della necessità della gara pubblica rinveniente dal citato art. 8, la sua omessa rituale contestazione (contestazione di cui non vi è alcuna traccia come si evince dalla lettura del ricorso introduttivo) ha dunque reso corretta la pronuncia impugnata, giacché, anche a voler ammettere, per mera completezza argomentativa, la fondatezza della censura relativa all’inidoneità del PCC adottato a sorreggere il rigetto dell’istanza di concessione, nessuna utilità potrebbe ricavare la ricorrente, dovendo la concessione in ogni caso essere rilasciata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica (bando di gara) e non sulla base dell’iniziativa del privato, ancorché seguita dal confronto concorrenziale.
10. Quanto alla questione di costituzionalità sollevata in ordine all’art. 8 della legge regionale della Puglia n. 17/2015 (disciplina della tutela e dell’uso della costa), va ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza 24 febbraio 2017, n. 40, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 14 della stessa legge che consentiva di confermare a favore degli originari concessionari la titolarità di almeno il 50 per cento delle aree demaniali già attribuite in concessione. Cosicché è del tutto evidente che non può aversi dubbio circa la correttezza dell’art. 8 che invece prescrive il ricorso alle procedure di evidenza pubblica e non l’assegnazione diretta delle aree demaniali. Secondo la giurisprudenza della Corte, infatti, la disciplina relativa al rilascio delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale che regionale. In tale disciplina, particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento delle concessioni, “assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale” (cfr. sentenza n. 213 del 2011), principi nello specifico salvaguardati dalle procedure indicate dal citato art. 8.
10. In definitiva, il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati, determina un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia. Tale principio si estende anche alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative le quali hanno come oggetto un bene/servizio limitato nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali. La spiaggia è infatti un bene pubblico demaniale (art. 822 c.c.) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione (in tal senso si è espressa la Corte di Giustizia Europea che ha affermato che “ l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE(38) osta a una misura nazionale che preveda l’automatica proroga del titolo concessorio, in assenza di qualsiasi procedura selettiva di valutazione degli operatori economici offerenti" – cfr. sentenza 14 luglio 2016).
10.1. Di conseguenza, qualsivoglia normativa nazionale o regionale deve in materia ispirarsi alle regole della Unione Europea sulla indizione delle gare (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 aprile 2017, n. 1763), stante l’efficacia diretta nell’ordinamento interno degli Stati membri delle pronunce della Corte.
11. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
12. Le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. 2398/2019), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese della presente fase di giudizio in favore del Comune di Porto Cesareo nella misura complessiva di euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre agli altri oneri previsti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Con la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato ha evidenziato che, in materia di concessioni di aree demaniali marittime, il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati, determina un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, risultando così invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia. Nel dettaglio, i giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato che tale principio si estende anche alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative le quali hanno come oggetto un bene/servizio limitato nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali. La spiaggia è infatti un bene pubblico demaniale (art. 822 c.c.) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché “proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione”.
Per meglio inquadrare i principi suesposti all’interno del quadro ordinamentale nazionale, pare opportuno effettuare un brevissimo excursus sui principali interventi del legislatore in materia. In sintesi: (i) con la direttiva 123/2006/CE l’Unione Europea ha dettato disposizioni in materia di libertà di stabilimento dei prestatori di servizi, nonché la libera circolazione dei servizi, sancendo (art. 12) che qualora il numero di autorizzazioni disponibili, per una determinata attività, sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri applicano “una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”, con la chiara precisazione che, all’esito della procedura, “l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”; (iii) a livello nazionale, con specifico riferimento alle concessioni demaniali “con finalità turistico ricreative”, il legislatore (art. 3 d. l. n. 400/1993) ha stabilito che queste ultime possono avere durata superiore a sei anni e non superiore a venti; (iv) con d. l. n. 194/2009 (convertito in l n. 25/2010), si è, tuttavia, previsto che “nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative […] il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data”; (v) detto termine di durata delle concessioni in esame è stato, successivamente, più volte prorogato: dapprima “al 31 dicembre 2020” (d. l. n. 179/2012 convertito con l. n. 221/2012), poi al 01 gennaio 2034 (l. n. 145/2018), termine, quest’ultimo, recentemente ribadito con l. n. 77/2020.
Ebbene, con riferimento alla pronuncia in esame, il Consiglio di Stato ha specificato che il rilascio (e la variazione) di concessioni come quelle in esame debba avvenire nel rispetto, tra gli altri, delle direttive comunitarie in materia, anche sulla scorta del filone giurisprudenziale della Corte di Giustizia Europea (v., ex aliis, cause C-458/14 e C-67/15 del 14 luglio 2016), granitica nel dichiarare invalide quelle norme nazionali che prevedano proroghe automatiche in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati (cfr. Cons. Stato, 3912/2019).
Pertanto, stante i principi sopra richiamati, la concessione deve in ogni caso essere rilasciata “all’esito di una procedura ad evidenza pubblica (bando di gara) e non sulla base dell’iniziativa del privato, ancorché seguita dal confronto concorrenziale”.
Per quanto qui di interesse, la pronuncia in commento trova la sua naturale collocazione in quel – prevalente – filone giurisprudenziale che ritiene contraria a principi e norme comunitarie la normativa nazionale che, a più riprese, ha esteso i termini di validità delle concessioni demaniali marittime a uso turistico ricreativo. Da ultimo, i giudici amministrativi hanno proprio evidenziato come la proroga delle concessioni de qua, in assenza di gara, “non può avere cittadinanza nel nostro ordinamento”, perché equivalente a un rinnovo automatico delle concessioni, ostativo a procedure selettive aperte e trasparenti e foriero di preclusioni e ostacoli alla gestione concorrenziale dei beni demaniali oggetto di concessione (TAR Salerno, n. 265/2021).
Per completezza, si evidenzia che altra parte della giurisprudenza amministrativa si è espressa sulla questione in senso diametralmente opposto, affermando, in sintesi, che la direttiva 123/2006/CE non può qualificarsi come direttamente applicabile (c.d. “self-executing”); di conseguenza, data l’inerzia del legislatore nel recepirne integralmente i contenuti, quest’ultima non può esplicare alcun effetto sul territorio nazionale, con salvezza delle proroghe dei titoli concessori (TAR Lecce, n. 1321/2020).