Cons. Stato, sez. III, 28 settembre 2020, n. 5705
Quanto alla portata e al valore dei chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso della procedura di gara, si osserva, in generale, che essi sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza alcuna incidenza in termini di modificazione o integrazione delle condizioni della procedura selettiva.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4422 del 2020, proposto dalla società Sapio Life s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Rosaria Ambrosini e Roberto Giansante, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giansante in Roma, via Raffaele Caverni, n. 16,
contro
l’Azienda Socio-Sanitaria Territoriale (ASST) Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Maurizio Zoppolato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, nonché
nei confronti
delle ASST di Lodi, Melegnano Martesana, Monza, Ovest Milanese, Rhodense e Pavia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio,
della società Aria s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tar Lombardia, sede di Milano, sez. II, n. 709 del 29 aprile 2020, notificata in data 30 aprile 2020, che ha dichiarato improcedibile l’atto introduttivo del giudizio e inammissibile il successivo atto di motivi aggiunti, concernenti l’impugnazione della legge di gara diretta all’affidamento del contratto quinquennale di fornitura di sistemi a noleggio full-service per il servizio di ventiloterapia meccanica domiciliare.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, depositata in data 9 giugno 2020;
Viste le memorie difensive dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, depositate in date 30 giugno 2020 e 1° settembre 2020;
Vista la memoria difensiva della Sapio Life s.r.l., depositata in data 31 agosto 2020;
Vista la memoria di replica dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, depositata in data 4 settembre 2020;
Vista la memoria di replica della Sapio Life s.r.l., depositata in data 4 settembre 2020;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando di gara pubblicato in GUCE in data 14 agosto 2019, l’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda (d’ora in poi, ASST Niguarda), in qualità di Azienda capofila, ha indetto una gara in forma aggregata, nell’interesse proprio e delle ASST di Lodi, Melegnano Martesana, Monza, Ovest Milanese, Rhodense e Pavia, per l’affidamento del contratto quinquennale, con un ulteriore rinnovo di 24 mesi e un’ulteriore proroga tecnica di 12 mesi, della fornitura di sistemi a noleggio full-service per il servizio di ventiloterapia meccanica domiciliare.
La procedura, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è suddivisa in 9 lotti, di cui il lotto 6 suddiviso in 3 sub-lotti, distinti in relazione alle apparecchiature che ne costituiscono oggetto.
2. Con atto introduttivo del giudizio proposto innanzi al Tar Lombardia, sede di Milano, sez. II, la Sapio Life s.r.l. (d’ora in poi, Sapio) ha impugnato la legge di gara, sostenendo l’impossibilità di presentare un’offerta ponderata sotto il profilo della sua convenienza economica e tecnica a causa delle clausole escludenti in essa contenute.
Con successivo atto di motivi aggiunti ha impugnato gli avvisi di rettifica del bando di gara e i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante.
Nelle more della definizione del giudizio, la ricorrente ha presentato offerta, rappresentando di non voler con ciò rinunciare all’impugnazione.
3. Con sentenza n. 709 del 29 aprile 2020 il Tar Milano ha dichiarato improcedibile l’atto introduttivo del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse e inammissibile il successivo atto di motivi aggiunti per carenza di interesse.
In particolare, il primo giudice ha ritenuto dirimente la circostanza che Sapio avesse inoltrato la domanda di partecipazione alla gara dando prova, per facta concludentia, di essere nella condizione di presentare un’offerta congrua e remunerativa, smentendo implicitamente le contestazioni mosse alla legge di gara.
4. La citata sentenza n. 709 del 29 aprile 2020 è stata impugnata con appello notificato in data 27 maggio 2020 e depositato il successivo 5 giugno.
In particolare, il Tar avrebbe errato:
a) nell’enfatizzare la partecipazione alla gara di Sapio ove, per contro, tale circostanza sarebbe ininfluente ai fini della sussistenza dell’interesse a ricorrere, consistente nell’interesse strumentale alla rinnovazione della gara emendata dei vizi dedotti. L’offerta presentata, in presenza di clausole escludenti, come quelle oggetto di impugnazione, confermerebbe la sussistenza dell’interesse;
b) nel non esaminare nel merito i motivi di impugnazione, che sono stati ritualmente riproposti in questa sede.
La legge di gara presenterebbe una disciplina incerta e mutevole, in grado di alterare le regole del confronto competitivo, di inibire all’offerente la possibilità di calcolarne la convenienza sia sul piano tecnico che economico e di rendere, pertanto, aleatoria la portata degli impegni cui il concorrente sarà esposto.
In particolare, la stazione appaltante avrebbe apportato, tramite chiarimenti, significative modifiche alla disciplina di gara, senza permettere ai concorrenti di poterli adeguatamente esaminare; le opzioni di rinnovo, estensione e proroga tecnica avrebbero irragionevolmente determinato il prolungamento del contratto, senza consentire un adeguamento del prezzo e con conseguenti basi d’asta incongrue; sarebbero previste caratteristiche dei macchinari non disponibili attualmente nelle apparecchiature richieste, sicché sarebbe impossibile superare la soglia di sbarramento; ciascun offerente potrebbe offrire più modelli di dispositivi, indicando il prodotto di punta sul quale verrà eseguita la valutazione da parte della Commissione giudicatrice, eludendo il divieto della c.d. offerta plurima; la fornitura avrebbe ad oggetto dispositivi “nuovi di fabbrica”, rendendo il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso; sarebbe previsto un recesso ad nutum con un preavviso di trenta giorni, senza alcun indennizzo.
5. L’Azienda Socio-Sanitaria Territoriale (ASST) Grande Ospedale Metropolitano Niguarda si è costituita in giudizio, sostenendo l’improcedibilità e, comunque, l’infondatezza dell’appello.
6. Le ASST di Lodi, Melegnano Martesana, Monza, Ovest Milanese, Rhodense e Pavia non si sono costituite in giudizio.
7. La società Aria s.p.a. non si è costituita in giudizio.
8. Alla camera di consiglio del 2 luglio 2020, convocata per l’esame dell’istanza cautelare, la causa è stata rinviata al merito.
9. All’udienza pubblica del 17 settembre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, è impugnata la sentenza del Tar Milano che ha dichiarato il difetto di interesse in ordine all’impugnazione del bando di gara con la quale l’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda (d’ora in poi, ASST Niguarda), in qualità di Azienda capofila, ha indetto una gara in forma aggregata, nell’interesse proprio e delle ASST di Lodi, Melegnano Martesana, Monza, Ovest Milanese, Rhodense e Pavia, per l’affidamento del contratto quinquennale della fornitura di sistemi a noleggio full-service per il servizio di ventiloterapia meccanica domiciliare. La procedura è suddivisa in 9 lotti, di cui il lotto 6 suddiviso in 3 sub-lotti, distinti in relazione alle apparecchiature che ne costituiscono oggetto.
Il giudice di primo grado ha dichiarato il difetto di interesse sul rilievo che la concorrente ha comunque presentato la domanda di partecipazione alla gara.
Il Collegio ritiene di poter prescindere dal porsi d’ufficio la questione relativa al mancato coinvolgimento nel giudizio degli aggiudicatari dei diversi lotti, medio tempore individuati, essendo i motivi dedotti privi di pregio perché inammissibili o infondati.
2. Con il primo motivo l’appellante deduce l’erronea definizione, in rito, della controversia in primo grado, dichiarata dal Tar Milano improcedibile ed inammissibile per difetto di interesse, avendo la concorrente presentato la domanda di partecipazione.
Rileva in Collegio che il Tar, pur essendosi obiettivamente dilungato sugli effetti della partecipazione alla gara da parte della ricorrente, ha altresì fatto un rapido riferimento ai casi in cui la giurisprudenza del giudice amministrativo ha ritenuto ammissibile l’immediata impugnazione del bando. Il Tar ha affermato che non può ravvisarsi la natura escludente delle clausole del bando, visto che qualche operatore ha presentato la domanda di partecipazione alla procedura selettiva. “A maggior ragione” se questo operatore è proprio il ricorrente, che ha presentato una offerta ammessa al confronto competitivo.
Ciò premesso, il Collegio ricorda che alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nel recente arresto (26 aprile 2018, n. 4) - richiamando propri precedenti in termini (29 gennaio 2003, n. 1; id. 7 aprile 2011, n. 4) - si deve procedere all’immediata impugnazione del bando quando si contestano clausole immediatamente escludenti o che impediscono la partecipazione alla gara e la presentazione di un'offerta, dovendo tutte le altre essere impugnate, a valle e all'esito della gara, unitamente all'atto lesivo dell'interesse azionato (Cons. St., sez. V, 27 luglio 2020, n. 4758; id. 22 novembre 2019, n. 7978). Non sono quindi immediatamente impugnabili – contrariamente a quanto afferma l’appellante – le clausole che rendono difficile, ma non impossibile, presentare l’offerta.
È stato altresì chiarito che la lesione lamentata deve conseguire in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale, alle determinazioni dell’amministrazione e all’assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti (Cons. St., sez. V, 20 gennaio 2020, n. 441).
Alla luce di tali principi possono farsi rientrare nel genus delle clausole immediatamente escludenti” le fattispecie di: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. St., sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671); b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. St., A.P., n. 3 del 2001); c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (Cons. St., sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980); d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. St., sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135; id., sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293); e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. St., sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222); f) bandi contenenti gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" pt.); g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (Cons. St., sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421).
A fronte dell’esistenza di tali presupposti diventa irrilevante la circostanza che l’operatore economico abbia o meno presentato la domanda di partecipazione alla gara, essendo soltanto l’immediata lesione della posizione giuridica qualificata a legittimare l’impugnazione del bando. Non è dunque condivisibile l’assunto del giudice di primo grado secondo cui l’aver partecipato alla gara preclude la proposizione del ricorso, potendo al più essere la dimostrazione – in punto di fatto e non di diritto – che non era materialmente preclusa la presentazione di una offerta seria.
Nella specie, la circostanza che oltre alla appellante hanno presentato domanda di partecipazione alla gara altri dieci operatori del settore della ventilopatia domiciliare e che la stessa Sapio Life s.r.l. (d’ora in poi, Sapio) è risultata aggiudicataria dei lotti 3 e 4 e si è collocata al secondo posto nella graduatoria relativa ad altri due lotti per i quali ha partecipato, offre un primo principio di prova in ordine alla possibilità di formulare una offerta seria. Ed infatti, su dieci operatori economici solo tre hanno impugnato il bando della procedura selettiva, avendo i restanti sette ritenuto non solo possibile ma anche non eccessivamente aleatoria e gravosa la partecipazione alla gara. Ciò costituisce, se non la prova inequivocabile della serietà della lex specialis, quanto meno un serio indizio atteso che su dieci operatori del settore solo una netta minoranza ha giudicato non possibile la presentazione di una offerta congrua e remunerativa. Giova peraltro aggiungere che uno dei due operatori ricorrenti dinanzi al Tar Milano e in appello poi si è aggiudicato due dei nove lotti in gara.
In altri termini, e per concludere sul punto, l’aver presentato la domanda di partecipazione alla gara non è – come ha affermato il Tar Milano – ex se preclusivo della proposizione del gravame, costituendo una sorta di acquiescenza alle regole che presiedono la procedura – ma è la prova, in punto di fatto, che era ben possibile presentare una offerta remunerativa.
Applicando tali principi, il Collegio ritiene, esemplificativamente, che non sono immediatamente impugnabili – con conseguente inammissibilità dei motivi avverso le stesse dedotti – le clausole che prevedono l’indicazione del c.d. “prodotto di punta” tra i diversi offerti, trattandosi di una mera facoltà che potrebbe non essere esercitata dagli operatori in gara, con la conseguenza che l’eventuale lesività è verificabile solo all’esito della procedura. Aggiungasi che la previsione appare tutt’altro che illogica, potendo il medico curante dover scegliere, per fronteggiare le esigenze del paziente, un prodotto, anch’esso di alta qualità ma diverso da quello c.d. di punta.
Indimostrato, e quindi parimenti inammissibile, il motivo relativo alla asserita incongruità della base di gara, prova quest’ultima tanto più necessaria ove si consideri che dieci operatori economici sono riusciti a presentare l’offerta, e sette di essi, come già chiarito, senza nulla dedurre.
Inammissibile, infine, perché non immediatamente lesivo né preclusivo della possibilità di formulare una offerta “consapevole”, il motivo con il quale si afferma l’illegittima previsione della possibilità di rinegoziare il canone giornaliero individuato nel contratto in caso di sopravvenuta attivazione di una convenzione Consip s.p.a. e/o Aria s.p.a..
Più in generale, va rilevato come in ogni gara il concorrente sia chiamato ad operare un proprio calcolo di adeguatezza nel presentare l’offerta, considerando che la stazione appaltante detterà regole che mirano a raggiungere il prezzo più conveniente sfruttando il regime di competitività tra i concorrenti che si muovono nel libero mercato. Il valore dimostrato dall’operatore economico all’atto della presentazione di una offerta in sede di gara pubblica è proprio quello di saper trovare il perfetto punto di equilibrio tra una offerta che sia altamente competitiva per la stazione appaltante e che, nel contempo, consenta un margine di guadagno.
3. E’ altresì inammissibile il motivo sulla possibile proroga del contratto da cinque a otto anni, non essendo immediatamente lesiva ma potendo, anzi, risolversi in una previsione favorevole per il concorrente che vede prolungato il rapporto contrattuale con la stazione appaltante. E’ di immediata evidenza come, nei fatti, gli affidatari di un appalto non siano quasi mai restii ad un prolungamento del contratto mentre a dolersene sono altri operatori del settore che vedono sfumata la chances di aggiudicarsi una gara; doglianza questa che può essere sollevata con gravame proposto all’atto del prolungamento dell’affidamento della gara di cui è causa.
Giova aggiungere, richiamando un precedente della Sezione (15 febbraio 2018, n. 982) che “il criterio orientativo di base, elaborato dalla giurisprudenza, vuole che una clausola estensiva in tanto possa essere ammessa, in quanto soddisfi i requisiti, in primis di determinatezza, prescritti per i soggetti e l’oggetto della procedura cui essa accede (Cons. St., sez. V, 11 febbraio 2014, n. 663): infatti, l’appalto oggetto di estensione, in questa prospettiva, non viene sottratto al confronto concorrenziale, a valle, ma costituisce l’oggetto, a monte, del confronto tra le imprese partecipanti alla gara, poiché queste nel prendere parte ad una gara, che preveda la c.d. clausola di estensione, sanno ed accettano (…) che potrebbe essere loro richiesto di approntare beni, servizi o lavori ulteriori, rispetto a quelli espressamente richiesti dalla lex specialis, purché determinati o determinabili a priori, al momento dell’offerta, secondo requisiti né irragionevoli né arbitrari, tanto sul piano soggettivo - per caratteristiche e numero delle amministrazioni eventualmente richiedenti - che su quello oggettivo - per natura, tipologia e quantità dei beni o delle prestazioni aggiuntive eventualmente richieste entro un limite massimo (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2016, n. 442).
La necessità di assicurare il rispetto dei principi ispiratori delle procedure di evidenza pubblica costituisce del resto il paradigma interpretativo cui la giurisprudenza si affida ogniqualvolta la concreta fattispecie non trovi una espressa e puntuale regolamentazione normativa (cfr., ad esempio, in tema di affidamento diretto di servizi ad una società mista, Cons. St., sez. V, n. 1028 del 15 marzo 2016, secondo la quale esso è ammissibile a condizione che si sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l’individuazione del determinato servizio da svolgere, delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all’oggetto…La Corte di Giustizia ha, infatti, ritenuto l’ammissibilità dell'affidamento di servizi a società miste, a condizione che si svolga in unico contesto una gara avente ad oggetto la scelta del socio privato e l’affidamento del servizio già predeterminato con obbligo della società mista di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione. La chiave di volta del sistema è rappresentato dal fatto che l’oggetto sia predeterminato e non genericamente descritto, poiché altrimenti, è evidente, sarebbe agevole l’aggiramento delle regole pro-competitive a tutela della concorrenza)”.
4. I motivi dedotti dall’appellante sono dunque inammissibili.
Fanno eccezione solo alcuni vizi dedotti che - oltre che, o invece che, inammissibili - sono infondati.
Quanto alla portata e al valore dei chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso della procedura di gara, si osserva, in generale, che essi sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza alcuna incidenza in termini di modificazione o integrazione delle condizioni della procedura selettiva (Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978; id., sez. III, 13 gennaio 2016, n. 74; id. 20 aprile 2015, n. 1993; id., sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154). I chiarimenti della stazione appaltante possono, infatti, costituire interpretazione autentica con cui l'Amministrazione spiega la propria volontà provvedimentale (Cons. St., sez. III, 7 febbraio 2018, n. 781), meglio delucidando le previsioni della lex specialis (Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 290; id., sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 341): ciò è tuttavia consentito soltanto nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le delucidazioni fornite dall'Amministrazione ed il tenore delle clausole chiarite (Cons. St., sez. IV, 14 aprile 2015, n. 1889), in caso di contrasto dovendo darsi prevalenza alle clausole della lex specialis e al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono.
Come condivisibilmente affermato dall’appellante, i chiarimenti non sono invece ammissibili allorquando, mediante l'attività interpretativa, si giunga ad attribuire a una disposizione del bando un significato e una portata diversa o maggiore rispetto a quella che risulta dal testo, in quanto in tema di gare d'appalto le uniche fonti della procedura sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati: ne consegue che i chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle né integrarle, assumendo le previsioni della legge di gara carattere vincolante per la Commissione giudicatrice (Cons. St., sez. V, 23 settembre 2015, sent. n. 4441); dette fonti devono essere interpretate e applicate per quello che oggettivamente prescrivono, senza che possano acquisire rilevanza atti interpretativi postumi della stazione appaltante.
Con i chiarimenti non sono, dunque, possibili operazioni manipolative, potendo essi solo contribuire, con un'operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato o la ratio, violandosi altrimenti il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all'art. 97 Cost. (Cons. St., sez. V, 2 settembre 2019, n. 6026).
Nella specie, peraltro, risulta incontrovertibilmente che a seguito dei chiarimenti che avrebbero potuto in parte intervenire sull’offerta la stazione appaltante ha riaperto i termini per la presentazione delle domande, assegnando ulteriori trenta giorni (facendo slittare il termine ultimo dal 4 novembre 2019 al 4 dicembre 2019), in questo modo ripristinando la par condicio tra i concorrenti. Di tale proroga è stata data comunicazione sulla Gazzetta Ufficiale per notiziare tutti gli operatori interessati, senza che fosse necessario motivare alcunchè.
Lo slittamento dei termini di presentazione delle offerte è avvenuto in pieno ossequio a quanto richiede l’art. 79, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per l’ipotesi di modifica significativa della lex specialis di gara. A fronte di tale evenienza, infatti, il nuovo Codice dei contratti pubblici non prevede la riscrittura del bando, con conseguente rinnovamento della intera procedura, ma la pubblicazione, in Gazzetta Ufficiale, dei nuovi termini per presentare l’offerta. Dispongono, infatti, i commi tre e quattro dell’art. 79 che “3. Le stazioni appaltanti prorogano i termini per la ricezione delle offerte in modo che gli operatori economici interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie alla preparazione delle offerte nei casi seguenti: a) se, per qualunque motivo, le informazioni supplementari significative ai fini della preparazione di offerte adeguate, seppur richieste in tempo utile dall'operatore economico, non sono fornite al più tardi sei giorni prima del termine stabilito per la ricezione delle offerte. In caso di procedura accelerata ai sensi degli articoli 60, comma 3, e 61, comma 6, il termine è di quattro giorni; b) se sono effettuate modifiche significative ai documenti di gara. 4. La durata della proroga di cui al comma 3 è proporzionale all'importanza delle informazioni o delle modifiche.”.
Le regole dettate dal Codice dei contratti sono state seguite dalla stazione appaltante; aggiungasi che l’appellante avrebbe potuto dolersi di tali chiarimenti solo se avesse dimostrato che, per effetto degli stessi, non era stata posta in grado di presentare l’offerta. Non solo, invece, l’offerta è stata presentata, ma la Sapio si è aggiudicata due lotti su nove.
I chiarimenti, dunque, non hanno distorto la procedura di gara ingenerando una lesione nella sfera giuridica dei concorrenti. Né tale eventuale lesione avrebbe potuto essere originata dalla mancata conoscenza delle ragioni sottese ai chiarimenti (e, dunque, alla proroga) bensì solo dalla proroga stessa, ove non conoscibile; ma, come si è detto, tale proroga è stata resa conoscibile ed in ogni caso era stato fatto obbligo ai concorrenti, dalla lex specialis di gara, di prendere visione del sito istituzionale della stazione appaltante per verificare eventuali pubblicazioni di chiarimenti.
Ne consegue l’infondatezza del motivo dedotto avverso i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante e comunque l’inammissibilità, non avendo inibito la presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
5. Parimenti infondato è il motivo con il quale si afferma l’illegittimità della previsione del requisito del c.d. “nuovo di fabbrica”, dovendosi tale dizione intendere come riferita ad apparecchi “messi a nuovo” dopo l’utilizzo, id est controllati nella loro perfetta funzionalità, e non certo alla necessità di fornire ogni volta un prodotto “nuovo”.
6. Parimenti infondato è altresì il motivo relativo al recesso che, al di là del nomen juris utilizzato nella lex specialis, è riferito ad ipotesi di risoluzione per fatto e colpa dell’appaltatore.
7. E’, infine, privo di pregio il motivo relativo ai criteri di valutazione dell’offerta e alle caratteristiche che i prodotti devono avere. La possibilità, negata dall’appellante, di presentare l’offerta a fronte della contestata previsione della lex specialis di gara è dimostrata dalla circostanza che la stessa Sapio si è aggiudicata due lotti e tutti gli altri sono stati comunque affidati, non essendo la procedura andata deserta nei confronti di nessuno di essi.
A tale rilievo, che ha di per se carattere assorbente, si aggiunge che ai sensi del comma 11 bis dell’art. 120 c.p.a. “Nel caso di presentazione di offerte per più lotti l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto”. Tale norma, introdotta dall’art. 204, comma 1, lett. i), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha in effetti codificato un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza del giudice amministrativo (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2016, n. 449; id., sez. V, 26 giugno 2015, n. 3241), secondo cui l’ammissibilità del ricorso cumulativo degli atti di gara pubblica resta subordinata all’articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della Commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.) alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti e, quindi, a caducare le pertinenti aggiudicazioni; in questa situazione, infatti, si verifica una identità di causa petendi e una articolazione del petitum che risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria che, a sua volta, ne legittima la trattazione congiunta.
Il cumulo di azioni è quindi ammissibile solo a condizione che le domande si basino sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e/o siano riconducibili nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale.
Tale essendo la ratio sottesa alla novella del 2016, il Collegio ritiene inammissibili – oltre che, come si è detto, infondate – le censure volte a denunciare l’illegittima previsione, contenuta nella lex specialis, di requisiti richiesti per le offerte dei singoli lotti.
Il bando di gara, che era suddivisa in nove lotti, costituisce, infatti un atto ad oggetto plurimo e determina l'indizione non di un'unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un’autonoma procedura, che si conclude con un'aggiudicazione.
8. Per tutte le questioni sopra esposte l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata, con parziale diversa motivazione, la sentenza di primo grado, dichiarando il ricorso in parte infondato e in parte inammissibile.
9. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
10. L’infondatezza nel merito del ricorso comporta il rigetto della domanda di risarcimento del danno atteso che l'illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il risarcimento richiesto; la reiezione della parte impugnatoria del gravame impedisce infatti che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall'Amministrazione (Cons. St., sez. V, 1 ottobre 2015, n. 4588; id., sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6417; id., sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6013; id. 27 agosto 2014, n. 4382; id. 13 gennaio 2014, n. 85; id., sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4628; id., sez. V, 15 gennaio 2013, n. 176).
11. Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità della vicenda contenziosa, per compensare tra le parti in causa le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma con parziale diversa motivazione la sentenza di primo grado, dichiarando il ricorso in parte infondato e in parte inammissibile.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
GUIDA ALLA LETTURA
Con il pronunciamento in commento, la III sezione del Consiglio di Stato ha avuto modo di affrontare la tematica relativa ai limiti di legittimità dei c.d. “chiarimenti auto-interpretativi”, forniti dalla stazione appaltante in merito alla disciplina di gara, confermandone la natura di operazione di mera ermeneutica del testo.
Al fine di compiutamente esaminare la tematica in rassegna, giova premettere che il bando, il capitolato e il disciplinare, unitamente agli eventuali allegati, rappresentano notoriamente le fonti del singolo procedimento evidenziale, compendiando in maniera intangibile ladisciplina di riferimento nell’iterdi svolgimento della procedura.
Le fonti in parola assumono efficacia cogente nei confronti tanto dell’ente banditore quanto degli operatori economici, e non possono essere modificate o disapplicate rispetto alla versione cristallizzata nell’atto dell’indizione della competizione, ciò a garanzia del corretto esplicarsi del meccanismo competitivo e a tutela dell’imparzialità dell’attività amministrativa (cfr., tra le numerosissime, Consiglio di Stato, sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978; idem sez. III, 13 gennaio 2016, n. 74; 3 febbraio 2014, n. 471).
Può accadere tuttavia che insorgano dubbi interpretativi rispetto all’esatta portata delle prescrizioni della lex specialis, tali da rendere opportuno un intervento chiarificatore della stazione appaltante, d’ufficio o a richiesta dei concorrenti.
In siffatte circostanze, l’amministrazione è legittimata a dissipare le incertezze ermeneutiche insorte mediante adozione di c.d. chiarimenti auto-interpretativi.
Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, tali atti rappresentano uno strumento d’interpretazione autenticadella normativa di gara mediante il quale l’organo amministrativo può chiarire la propria volontà provvedimentale, riconducendo a sistema le contraddizioni presenti nella disciplina della procedura selettiva (cfr., tra le numerosissime, Cons. Stato, sez. III, 7 febbraio 2018, n. 781).
Appare evidente che delucidazioni di siffatto genere non possono essere illimitatamente rese dall’ente nel corso della procedura, ostandovi i principi fondamentali in tema di evidenza pubblica, come sopra richiamati.
In conformità alle statuizioni rese dal Consiglio di Stato nel pronunciamento in commento, l’attività interpretativa in tal senso può essere posta in essere dall’Amministrazione unicamente al ricorrere del seguente triplice ordine di condizioni:
a. in primo luogo, l’emersione d’incertezze e dubbi in merito alla portata di una clausola di gara dal tenore oscuro o ambiguo;
b. in secondo luogo, la formulazione del chiarimento in un determinato arco temporale, identificato con la fase che precede le operazioni di valutazione delle offerte formulate dai concorrenti;
c. da ultimo, sotto il versante contenutistico, l’interpretazione resa dalla stazione appaltante deve sostanziarsi in una mera illustrazione del significato delle clausole interpretate, nei limiti oggettivi rappresentati dal loro tenore testuale.
Mediante l’esercizio del potere di chiarimento, dunque, l’amministrazione non può attribuire alla prescrizione di gara una portata diversa o maggiore rispetto a quella che risulta dal relativo testo.
Tale operazione di mera ermeneutica, in sostanza, deve limitarsi a fugare i dubbi interpretativi insorti, senza incidere in termini modificativi o integrativi sulla disciplina cristallizzata negli atti d’indizione della gara.
In definitiva, secondo il granitico orientamento pretorio, cui si allinea la sentenza in rassegna, qualora le suddette condizioni non risultino integrate nel caso di specie, il chiarimento configura un intervento manipolativo illegittimo e, in quanto tale, non vincolante per la commissione giudicatrice(cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 settembre 2015, n. 4441).