Consiglio di Stato, sez. V, 26.08.2020 n. 5228

[…] Deve escludersi che la condotta dell’appellante – riferita ad una pregressa risoluzione negoziale anteriore al triennio ed oltretutto sub judice – potesse costituire, come ritenuto dal primo giudice, ragione di automatica estromissione dalla procedura di gara. Invero, la mancata ostensione di un pregresso illecito è rilevante – a fini espulsivi – non già in sé, bensì in funzione dell’apprezzamento della stazione appaltante, il quale va a sua volta eseguito in considerazione anzitutto della consistenza del fatto omesso.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9906 del 2019, proposto da
Falbo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Oreste Morcavallo, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via Arno, n. 6;

contro

Eurocostruzioni S.r.l. e Appaltitaly Consorzio Stabile C.S. R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall'avvocato Giovanni Spataro, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
Comune di Rose, Centrale Unica di Committenza Asmel Consortile s.c. a r.l., non costituiti in giudizio;

per la riforma

per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro, sez. I, , n. 1941/2019, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Eurocostruzioni S.r.l. e di Appaltitaly Consorzio Stabile C.S. R.L.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020 il Cons. Giovanni Grasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- In data 30.4.2019 il Comune di Rose indiceva una gara per l'appalto dei lavori di “adeguamento sismico, efficientamento energetico e messa in sicurezza della scuola primaria e dell’infanzia «Don Milani» loc. Stio", per un importo pari ad € 363.000,00, da tenersi mediante procedura aperta e da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, determinato mediante ribasso sull’importo dei lavori posto a base di gara, ai sensi dell’art. 82 comma 2 lett. b) del D.Lgs 163/2006.

Alla gara venivano ammessi il Consorzio Stabile Appalitaly, che indicava quale consorziata esecutrice la Eurocostruzioni srl, nonché la Falbo S.r.l., che, avendo proposto un ribasso maggiore, si aggiudicava il contratto con determina del 17.09.2019.

2.- L’aggiudicazione veniva impugnata dal Consorzio Appaltitaly, sull’assunto che la controinteressata non avesse dichiarato, sia in sede di DGUE che nelle dichiarazioni sostitutive del legale rappresentante, una pregressa risoluzione contrattuale disposta, in suo danno, dal Comune di Cosenza: con il che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 80 d. lgs. n. 50/2016 e dell’art. 75 D.P.R. 445/2000, avrebbe dovuto essere estromessa dalla procedura.

3.- Nel rituale contraddittorio delle parti, con sentenza n. n. 1941/19, resa in forma semplificata, il TAR adito accoglieva il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati e dichiarando inefficace il provvedimento di consegna anticipata dei lavori nelle more emesso.

A sostegno della decisione, riteneva:

a) che la lett. c-ter), nel testo rilevante ai fini del giudizio, prevedeva che dovesse essere escluso “l'operatore economico [avesse] dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne [avessero] causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante [avrebbe dovuto motivare] anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”;

b) la norma non prevedeva più, come in passato, che la risoluzione dovesse essere “non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio”, sicché assumevano rilevanza anche i casi in cui fosse sorta controversia sulla risoluzione disposta dall’amministrazione, salva la motivata valutazione della stazione appaltante;

c) che, d’altro canto, l’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici, [dovesse] essere interpretato nel senso che osta[va] a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedis[sse] all’amministrazione aggiudicatrice che [avesse indetto] una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferis[sse] (CGUE, Sez. IV, sentenza 19 giugno 2019 in causa C-41/19);

d) che, per l’effetto, i fatti non dichiarati fossero potenzialmente idonei a integrale l’ipotesi di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-ter) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sicché, spettando solo all’amministrazione – e non alla parte – valutare la loro rilevanza, l’omissione integrasse la causa di esclusione di cui alla successiva lett. f-bis).

4.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Falbo s.r.l. impugna la ridetta statuizione, di cui assume la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma.

Nella resistenza del Consorzio controinteressato, alla pubblica udienza del 2 luglio 2020 la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato e va accolto.

Vale premettere, in termini generali, che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2019, n. 8480) ha già posto in risalto come, ai sensi dell’art. 80, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, “il periodo di esclusione per grave illecito professionale consistito nelle significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, in applicazione diretta della direttiva 2014/24/UE, art. 57, § 7, ha durata triennale dalla data del fatto, vale a dire dalla data di adozione della determinazione dirigenziale di risoluzione unilaterale” con la precisazione che “il triennio va computato a ritroso, dalla data del bando alla data del fatto” (Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2018, n. 6576; in senso diverso, cfr. peraltro Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2018, n. 6530).

Il principio risulta affermato anche in relazione a fattispecie anteriori all’entrata in vigore del d. lgs. n. 56 del 2017 – che ha reso esplicito detto limite triennale – valorizzando la suindicata previsione della direttiva europea ed evidenziando la “violazione della normativa eurounitaria” che si sarebbe consumata se la disciplina interna “avesse inteso non porre alcun limite temporale alla rilevanza della portata escludente della pregressa risoluzione contrattuale”.

Ciò posto, avuto riguardo alle conseguenze ed agli effetti della omessa dichiarazione, la Sezione ha recentemente chiarito la generale distinzione fra le omesse, reticenti e false dichiarazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, d. lgs. n. 50 del 2016, rilevando che “v’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come ‘grave illecito professionale’; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (Cons. Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; 22 luglio 2019, n. 5171; 28 ottobre 2019, n. 7387).

In relazione all’omissione comunicativa si è poi precisato che essa “costituisce violazione dell’obbligo informativo, e come tale va apprezzata dalla stazione appaltante”, la quale è chiamata a soppesare non il solo fatto omissivo in sé, bensì anche – nel merito – “i singoli, pregressi episodi, dei quali l’operatore si è reso protagonista, e da essi dedurre, in via definitiva, la possibilità di riporre fiducia nell’operatore economico ove si renda aggiudicatario del contratto d’appalto” (Cons. Stato, n. 2407/2019, cit.).

Alla luce dei riassunti principi, nel caso di specie deve escludersi che la condotta dell’appellante – riferita ad una pregressa risoluzione negoziale anteriore al triennio ed oltretutto sub judice – potesse costituire, come ritenuto dal primo giudice, ragione di automatica estromissione dalla procedura di gara.

Invero, come si è evidenziato, la mancata ostensione di un pregresso illecito è rilevante – a fini espulsivi – non già in sé, bensì in funzione dell’apprezzamento della stazione appaltante, il quale va a sua volta eseguito in considerazione anzitutto della consistenza del fatto omesso.

Nel caso di specie, coincidendo il fatto omesso con una pregressa condotta in sé non rilevante a fini escludenti, difettano senz’altro i presupposti dell’illecito in relazione alla corrispondente omissione nella prospettiva – qui in esame – della «falsa dichiarazione o falsa documentazione» ovvero della esibizione di «dati o documenti non veritieri».

Naturalmente, resta fermo il potere della stazione appaltante di apprezzare autonomamente la condotta dell’operatore economico concorrente, ai fini della valutazione di affidabilità dell’offerta: ma si tratta, appunto, di valutazione sottratta a qualunque automatismo, che postula la valorizzazione di idonei elementi probatori od indiziari, nel contraddittorio con l’interessato.

2.- Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono i presupposti (anche in considerazione della circostanza che l’apprezzamento della rilevanza degli obblighi informativi è oggetto di perduranti contrasti giurisprudenziali, da ultimo rimessi all’apprezzamento nomofilattico dell’adunanza plenaria) per disporre, tra le parti costituite, l’integrale compensazione delle spese del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

GUIDA ALLA LETTURA

La presente pronuncia della Quinta Sezione del Consiglio di Stato precisa il rilievo che assume l’omissione negli atti di garadella dichiarazione di una pregressa risoluzione contrattuale, disposta in danno dell’operatore economico, ai fini dell’adozione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, di un automatico provvedimento di estromissione dalla procedura, adottato sul presupposto del mero accertamento dell’omissione dichiarativa, in virtù del combinato disposto dell’art. 80 d. lgs. n. 50/2016 – nell’ipotesi contemplata dal comma 5, lett. c-ter – e dell’art. 75 D.P.R. 445/2000.

In realtà, come ha evidenziato il Collegio nella sentenza in esame, richiamando un recente precedente della giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2019, n. 8480) «ai sensi dell’art. 80, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, “il periodo di esclusione per grave illecito professionale consistito nelle significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, in applicazione diretta della direttiva 2014/24/UE, art. 57, § 7, ha durata triennale dalla data del fatto, vale a dire dalla data di adozione della determinazione dirigenziale di risoluzione unilaterale” con la precisazione che “il triennio va computato a ritroso, dalla data del bando alla data del fatto” (Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2018, n. 6576; in senso diverso, cfr. peraltro Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2018, n. 6530).

Il principio è stato affermato esplicitamente dal d. lgs. n. 56 del 2017 sul presupposto che si sarebbe verificata la “violazione della normativa eurounitaria” qualora la disciplina interna “avesse inteso non porre alcun limite temporale alla rilevanza della portata escludente della pregressa risoluzione contrattuale”.

Peraltro, la Sezione ha recentemente chiarito la generale distinzione fra le omesse, reticenti e false dichiarazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, d. lgs. n. 50 del 2016, rilevando che “v’è omessa dichiarazionequando l’operatore economiconon riferisce di alcuna pregressa condotta professionalequalificabile come ‘grave illecito professionale’v’èdichiarazione reticentequando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazioneconsiste in una immutatio veriricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (Cons. Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; 22 luglio 2019, n. 5171; 28 ottobre 2019, n. 7387).

La Corte osserva altresì che, nel caso di specie, si è verificata, in relazione all’omissione comunicativa, solo la “violazione dell’obbligo informativo”; pertanto, “deve escludersi che la condotta dell’appellante – riferita ad una pregressa risoluzione negoziale anteriore al triennio ed oltretutto sub judice – potesse costituire, come ritenuto dal primo giudice, ragione di automatica estromissione dalla procedura di gara”.

Infatti, secondo il Collegio, “la mancata ostensionedi un pregresso illecito è rilevante – a fini espulsivi – non già in sé, bensì in funzione dell’apprezzamento della stazione appaltante, il quale va a sua volta eseguito inconsiderazione anzitutto della consistenza del fatto omesso”.

La Corte, nel caso in esame, ritiene dunque che “difettano senz’altro i presupposti dell’illecito in relazione alla corrispondente omissione”, sul presupposto della coincidenza del fatto omesso con una pregressa condotta in sé non rilevante a fini escludenti.

In ogni caso, conclude il Consiglio di Stato, “resta fermo il potere della stazione appaltante di apprezzare autonomamente la condotta dell’operatore economico concorrente, ai fini della valutazione di affidabilità dell’offerta”; in tal caso si tratta, tuttavia, di una valutazione sottratta a qualunque automatismo; essa postula al contrario la valorizzazione di idonei elementi probatori od indiziari, nel contraddittorio con l’interessato.