Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2020, n. 2850
1. L’operatore economico concorrente in una gara pubblica è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, gli è stata contestata una condotta illecita o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti; la violazione di tali obblighi informativi può integrare, a sua volta, il “grave illecito professionale” endoprocedurale, indicato, nell’elencazione esemplificativa del predetto art. 80, comma 5, lett. c), come “omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare tale omissione o reticenza ai fini della sua attendibilità e integrità.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3384 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Zo. e La. Pe., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, quale stazione unica appaltante, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Ro. e Ga. Pa., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Sa., Pa. Ca. e Ma. Fe., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Ma. e Pa. Ca., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
del dispositivo n. -OMISSIS-e della connessa sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (sezione prima), resi tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i motivi aggiunti;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della -OMISSIS-;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 27 febbraio 2020 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Ma. Zo., Ga. Pa. e An. Ma.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
La -OMISSIS-, stazione unica appaltante per conto del -OMISSIS-, indiceva l’11 giugno 2018 una procedura aperta, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, volta all’affidamento per un triennio, rinnovabile per ulteriori due anni, del servizio di ristorazione scolastica a ridotto impatto ambientale per le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado; la decorrenza dell’affidamento, inizialmente stabilita al 1° settembre 2018, era differita in corso di gara al 1° dicembre 2018, a causa del prolungarsi della procedura e a fronte della proroga tecnica del contratto in corso di esecuzione concessa a -OMISSIS-., subentrata alla -OMISSIS- per cessione di ramo d’azienda.
La gara si concludeva con l’aggiudicazione a -OMISSIS-, dopo la positiva verifica di congruità della sua offerta.
-OMISSIS-, seconda classificata, gravava l’aggiudicazione e gli atti presupposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte; domandava l’annullamento degli atti impugnati nonché il risarcimento del danno in forma specifica, con richiesta di subentro nel contratto eventualmente stipulato nelle more previa declaratoria della sua inefficacia, ovvero, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente.
A sostegno di tali domande la ricorrente sosteneva con i due primi motivi di ricorso l’illegittimità dell’ammissione alla gara di -OMISSIS-, in applicazione dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), e per il mancato possesso di un requisito di capacità tecnico-professionale prescritto dal bando (possesso di un centro alternativo di cottura per la preparazione dei pasti in caso di emergenze); con il terzo motivo sosteneva l’illegittimità dell’aggiudicazione, per non essersi la stazione appaltante avveduta dell’insostenibilità dell’offerta in sede di verifica dell’anomalia.
Nel giudizio così proposto il -OMISSIS-, la -OMISSIS- e -OMISSIS-si costituivano in resistenza, eccependo la tardività delle censure rivolte avverso l’ammissione alla gara della contro-interessata e comunque l’infondatezza del gravame; nelle more, il -OMISSIS- disponeva una ulteriore proroga del pregresso contratto.
L’adito Tribunale, con sentenza della prima sezione n. -OMISSIS-preceduta dal dispositivo n. -OMISSIS-, riteneva l’ammissibilità e l’infondatezza di tutte le proposte censure; indi respingeva il ricorso e condannava -OMISSIS- alle spese del giudizio in favore del Comune e di -OMISSIS-, compensandole quanto alla -OMISSIS-.
-OMISSIS- ha gravato il dispositivo mediante atto di appello, riproduttivo delle censure di primo grado; ha poi gravato la sentenza a mezzo di motivi aggiunti, con cui ha dedotto: 1) Erroneità della sentenza in relazione al primo motivo di ricorso: violazione dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 50/2016; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, difetto di istruttoria e illogicità manifesta; 2) Erroneità della sentenza in relazione al secondo motivo di ricorso: mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato; violazione dell’art. 105, comma 4, e dell’art. 89, d.lgs. 50/2016; violazione dell’art. 9 del disciplinare di gara; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta; 3) erroneità della sentenza in relazione al terzo motivo di ricorso: illegittimità dell’aggiudicazione per comprovata insostenibilità dell’offerta e manifesta inadeguatezza della verifica di anomalia; violazione dell’art. 97 del d.lgs. 50/2016; eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta. Ha concluso per la riforma della sentenza appellata e l’accoglimento del ricorso di primo grado, di cui ha riformulato tutte le domande.
Il -OMISSIS-, la -OMISSIS- e -OMISSIS-si sono costituiti in resistenza, formulando censure di rito e di merito e domandando la reiezione del gravame; pendente l’appello, il Comune ha disposto una ulteriore proroga del pregresso contratto a favore di -OMISSIS-.
Con ordinanza 26 luglio 2019, n. 3811, la Sezione ha respinto la domanda cautelare avanzata dall’appellante; sono indi intervenuti la determina comunale n. 21 del 31 luglio 2019 e il contratto di appalto n. 6165 del 13 settembre 2019, con cui il servizio è stato affidato a -OMISSIS-a far data dal 1° agosto 2019.
Nel prosieguo, tutte le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive e la confutazione di quelle avverse.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 27 febbraio 2020, anche preso atto della conforme richiesta congiunta delle parti, depositata il 26 febbraio 2020 a fronte dell’Avviso del Presidente del Consiglio di Stato n. 5430 del 24 febbraio 2020, relativo alla situazione determinatasi a seguito della situazione epidemiologica da COVID-19 e della conseguente normativa emergenziale e alle sue ricadute sul processo amministrativo.
DIRITTO
1. Il primo motivo dell’appello e dei mezzi aggiunti, con cui -OMISSIS-si duole della reiezione del primo motivo del suo ricorso di primo grado, sono infondati e vanno respinti.
1.1. -OMISSIS- ha sostenuto in primo grado che -OMISSIS-doveva essere esclusa dalla gara, affermando a sostegno di tale conclusione che: A) -OMISSIS-non aveva dichiarato, ai sensi dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), tre decreti penali di condanna con irrogazione di ammenda emessi negli anni dal 2016 al 2018 a carico del suo amministratore delegato, il primo per violazione del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, i restanti per violazione dell’art. 5, comma 1, lett. d), della l. 30 aprile 1962, n. 283, “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”; B) le vicende sottese a tali decreti, ancorchè opposti dall’interessato in sede penale, erano certamente rilevanti ai sensi del detto art. 80, comma 5, rientrando la prima nell’ipotesi della lett. a), quale grave infrazione debitamente accertata alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, le restanti nella ipotesi della lett. c), quali gravi illeciti professionali, vieppiù recenti e reiterati; C) era stata pretermessa qualsiasi valutazione da parte della stazione appaltante circa la rilevanza delle vicende in parola sull’affidabilità dell’offerente, che era invece necessaria, a prescindere dalla definitività o meno delle condanne, stante la evidente connessione delle condotte sanzionate con l’oggetto del servizio posto a gara; D) un siffatto scrutinio, non emergente dagli atti di gara, non avrebbe potuto essere ricondotto a una motivazione “implicita” di irrilevanza delle vicende ai fini della partecipazione alla gara de qua, sia perché era mancata a monte qualsiasi attività valutativa, sia perché l’omessa motivazione circa le ragioni dell’ammissione impedisce il controllo giurisdizionale, determinando una incidenza negativa rispetto alla tutela sostanziale invocabile dagli operatori concorrenti e una ingiustificata diversità di trattamento, ai danni del terzo pretermesso, tra atti di esclusione e atti di ammissione alla gara, né avrebbe potuto essere svolto dal giudice amministrativo, stante il principio di separazione dei poteri.
Il primo giudice ha respinto la censura rilevando, in estrema sintesi e non nel seguente ordine:
– quanto all’asserita omissione dichiarativa, che -OMISSIS-aveva dichiarato i predetti decreti penali in sede di gara, come attestato dalla dichiarazione allegata al DGUE, e rappresentato che essi erano stati opposti;
– quanto all’asserita pretermissione delle valutazioni inerenti tali decreti, che il corretto e fedele adempimento degli oneri informativi aveva messo la stazione appaltante nelle condizioni di effettuare le verifiche sull’affidabilità della concorrente, ove ritenute necessarie, e che la circostanza che nessuna specifica verifica fosse stata espletata non si traduceva nell’illegittimità dell’ammissione;
– quanto alla mancata esternazione delle ragioni dell’ammissione, il prevalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui in caso di ammissione di un operatore economico, a differenza che nell’ipotesi della sua esclusione, la stazione appaltante che non consideri idoneo il precedente penale dichiarato a incidere sulla sua moralità professionale non è gravata da un puntuale onere motivazionale;
– quanto alla rilevanza “oggettiva” dei tre decreti penali, che: non ricorreva la causa di esclusione di cui al detto comma 5, lett. a) dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici, in quanto il decreto penale di condanna opposto, ai sensi dell’art. 464, comma 3, Cod. proc. civ., non spiega alcun valore vincolante nell’accertamento del fatto tipico di reato, demandato al successivo giudizio di opposizione, destinato a concludersi con una sentenza adottata in seguito all’accertamento del fatto in contraddittorio, e la proposizione dell’opposizione lo priva, anzi, dei suoi effetti tipici, cagionandone la revoca automatica e rendendolo tamquam non esset, a differenza di una sentenza di condanna non definitiva, da cui la sua inutilizzabilità ai fini del giudizio di inaffidabilità dell’operatore economico, per l’impossibilità di ricollegare effetti vincolanti ad un accertamento sommario e privo di contraddittorio, quale è quello posto alla base del decreto penale di condanna; che non ricorreva neanche la causa di esclusione prevista dalla successiva lett. c), in quanto l’accertamento dei gravi illeciti professionali attinenti alla violazione delle regole di sicurezza alimentare, per essere pendente la fase dell’opposizione a decreto penale di condanna, non risultava sfociato nell’applicazione di una sanzione penale o in una condanna al risarcimento del danno.
1.2. Nessuna delle contrarie argomentazioni qui svolte da -OMISSIS- è idonea a sovvertire le predette conclusioni.
In particolare, non si ravvisano né le carenze dichiarative né l’omissione valutativa nuovamente denunziate dalla parte appellante nei mezzi in esame.
1.3. Quanto alle carenze dichiarative, vale premettere che il bando della gara per cui è causa è stato pubblicato l’11 giugno 2018, sicchè l’art. 80 del Codice dei contratti pubblici applicabile ratione temporis è quello risultante dal testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 5, comma 1, del d. l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12: la disposizione transitoria dello stesso art. 5, comma 2, prevede infatti, che “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indicono le gare, sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto […]”, cioè successivamente al 15 dicembre 2018.
Ciò posto, per le norme qui in rilievo, ovvero per le lett. a) e c) del detto art. 80, le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico che abbia posto in essere “gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza” o “si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità “, rientrando in quest’ultima fattispecie: “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
Nel vigore di tale disposizione, che individua condotte da qualificarsi ex lege “gravi illeciti professionali”, la giurisprudenza ha ritenuto che l’individuazione fosse solo esemplificativa, potendo la stazione appaltante desumere il loro da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (ex multis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; V, 25 gennaio 2019, n. 591; V, 3 gennaio 2019, n. 72; III, 27 dicembre 2018, n. 7231) se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità .
Tale conclusione è rimasta valida dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, realizzata con il già citato art. 5 d.-l. n. 135 del 2018, che ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c) la previsione di portata generale sopra trascritta (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).
In tale quadro regolatorio, salve limitate eccezioni che non merita qui approfondire, è stato affermato che l’incompletezza delle dichiarazioni derivante da una consapevole omissione in sede di partecipazione alle gare pubbliche lede di per sé il principio di buon andamento dell’amministrazione, perché inficia ex ante la possibilità di una celere e affidabile decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla procedura (Con. Stato, V, 15 aprile 2019, n. 2430; 27 dicembre 2018, n. 7271; V, 19 maggio 2016, n. 2106; IV, 8 giugno 2017, n. 2771), mentre in relazione all’estensione dell’obbligo informativo che la legge pone a carico dell’offerente per consentire alla stazione appaltante l’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità del medesimo (Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 3 settembre 2018, n. 5142; V, 17 luglio 2017, n. 3493; V, 5 luglio 2017, n. 3288) sono state rilevate in linea di massima due fattispecie tipiche:
– l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);
– la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, dove si rappresenta una circostanza in fatto diversa dal vero, cui consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico, mentre ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407).
Ne deriva che, in linea generale, l’operatore economico concorrente in una gara pubblica è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, gli è stata contestata una condotta illecita o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti; la violazione di tali obblighi informativi può integrare, a sua volta, il “grave illecito professionale” endoprocedurale, indicato, nell’elencazione esemplificativa del predetto art. 80, comma 5, lett. c), come “omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare tale omissione o reticenza ai fini della sua attendibilità e integrità (Cons. Stato, V, 17 aprile 2019, n. 2511; 3 settembre 2018, n. 5142; III, 23 agosto 2018, n. 5040).
1.3.1. Tanto chiarito, il Collegio ritiene che, come bene ha rilevato il primo giudice, -OMISSIS-abbia adempiuto correttamente agli obblighi informativi di cui trattasi, avendo indicato in sede di partecipazione alla gara i decreti penali non definitivi su cui si appuntano le doglianze di -OMISSIS-.
Di contro, è priva di pregio la tesi di -OMISSIS-che l’adempimento, in quanto effettuato non nel DGUE, che dichiarava l’insussistenza di fattispecie rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, bensì in un allegato allo stesso e ai soli fini del comma 1 della stessa disposizione, sarebbe da considerarsi tendenzioso, ovvero volto a dissimulare la rilevanza dei fatti nei confronti della stazione appaltante.
La pretesa di -OMISSIS- a che -OMISSIS-dichiarasse tali decreti nel DGUE come possibili motivi di esclusione è infatti destituita di fondamento, trattandosi, come pure osservato dal primo giudice, di decreti penali di condanna opposti ai sensi dell’art. 464, comma 3, Cod. proc. civ., che, in quanto tali, non spiegano valore vincolante nell’accertamento del fatto tipico di reato.
Si rammenta al riguardo che i commi 1 e 5, lett. a), dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, contemplano, rispettivamente, il decreto penale di condanna divenuto “irrevocabile” e le gravi infrazioni “debitamente accertate” alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fattispecie la cui venuta a esistenza è impedita dalla proposta opposizione al decreto penale di condanna (in termini, in riferimento all’art. 38, comma 1, del d.lgs 18 aprile 2006, n. 163, previgente Codice dei contratti pubblici, Cons. Stato, V, 19 settembre 2012, n. 4971), e che la successiva lett. c) riconduce i “gravi illeciti professionali” a quelli che hanno comportato “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio”, ipotesi che nel caso di specie non sono rinvenibili: non risulta infatti che per effetto dei due decreti penali di condanna opposti in tema di violazione delle regole di sicurezza alimentare, -OMISSIS-sia stata destinataria di risoluzioni contrattuali o di altre forme di penalizzazione nell’ambito di rapporti contrattuali pubblici.
La modalità con cui -OMISSIS-ha dato contezza dei predetti decreti sfugge pertanto alla censura di violazione dell’art. 80, comma 5, lett. a) e c), del d.lgs. n. 50 del 2016.
Inoltre, la dichiarazione di -OMISSIS-ha esposto compiutamente tutti gli elementi di rilevo delle relative vicende (quanto ai decreti penali: estremi; autorità giudiziaria emanante; tipologia di reato e relativa condanna; quanto all’opposizione pendente: estremi; indicazione dell’autorità giudiziaria competente): l’affermata incapacità della stazione appaltante di percepirne l’esatto contenuto ai fini di ogni valutazione di competenza, in quanto priva di qualsiasi supporto probatorio, si rivela una mera illazione, insuscettibile come tale di una positiva valutazione in questa sede.
Infine, la modalità dichiarativa in parola non è sussumibile nelle fattispecie negativamente vagliate da questa Sezione nelle sentenze invocate da -OMISSIS-, che attengono a casi di omessa o incompleta dichiarazione (Cons. Stato, V, 15 aprile 2019, n. 2430; 27 dicembre 2018, n. 7271; 19 maggio 2016, n. 2106), qui palesemente insussistenti, avendo -OMISSIS-dichiarato i decreti penali opposti nella misura richiesta dal carattere sommario e non definitivo del sottostante accertamento.
Va in definitiva escluso che, come sostiene -OMISSIS-, -OMISSIS-, in violazione dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, abbia reso indicazioni incomplete e fuorvianti, che comportavano la sua esclusione dalla gara.
1.4. Quanto alla denunziata omissione valutativa da parte della stazione appaltante delle vicende sottese ai decreti penali opposti, -OMISSIS-la rinviene da due elementi: a) la carenza dichiarativa di -OMISSIS-; b) la mancata motivazione specifica in sede di ammissione di -OMISSIS-alla gara.
Entrambi i rilievi non sono però accoglibili, il primo per le ragioni indicate al capo che precede, il secondo alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, cui ha aderito il primo giudice, che non richiede la puntuale motivazione dei provvedimenti di ammissione alle gare pubbliche.
Il Collegio può pertanto al riguardo limitarsi a rammentare il principio secondo cui la stazione appaltante, che non ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente incisivo della sua moralità professionale, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa, mentre è la valutazione di gravità, semmai, che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale: la stazione appaltante deve indi motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2622; III, 24 dicembre 2013, n. 6236; V, 30 giugno 2011, n. 3924; III, 11 marzo 2011, n. 1583; VI, 24 giugno 2010, n. 4019).
Di contro, non può condurre a un diverso avviso il precedente invocato da -OMISSIS- (Cons. Stato, V, 6 novembre 2015, n. 5070), che, lungi dallo sconfessare il citato orientamento, espressamente valutato come meritevole di continuità, lo ha tuttavia ritenuto inapplicabile al caso di specie, in quanto la stazione appaltante aveva in un primo momento ritenuto “quanto meno potenzialmente rilevante” la condanna penale subita dalla concorrente, avanzando richiesta formale circa la definitività o meno della stessa e disponendo un’ammissione sottoposta a riserva, ciò comportando necessariamente “una specifica pronuncia sul punto”; indi, in quel caso, l’obbligo di motivazione dell’ammissione non è riconducibile all’atto in sé, ma si ricollega alla necessità di sciogliere quello stato di incertezza derivante dalla pregressa ammissione con riserva.
Alla luce di tutto quanto sopra, deve ribadirsi che la carenza di motivazione del provvedimento di ammissione a una gara pubblica di un concorrente, in difetto di contestazioni endoprocedimentali, non è ex se indicativa di un deficit istruttorio sulla valenza delle dichiarazioni rese dal medesimo ai sensi dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, né si traduce in un ostacolo alla piena tutela giudiziale degli altri concorrenti, cui non è impedito di far valere le proprie ragioni avverso l’ammissione, come dimostrano proprio le questioni introdotte con l’odierno contenzioso; mentre il fatto che il giudice amministrativo dia atto del richiamato orientamento giurisprudenziale in ordine alla non necessità di una puntuale motivazione del provvedimento di ammissione, al contempo accertando, come richiesto dal tenore delle specifiche censure sollevate dal soggetto che agisce in giudizio avverso l’amissione stessa, se sussistano o meno cause di esclusione, non refluisce, nell’ipotesi negativa, in una non consentita sostituzione dell’autorità giudiziaria alla stazione appaltante, in quanto si tratta dell’ordinario scrutinio di legittimità che tale giudice esercita sulle determinazioni amministrative, in tal caso implicite.
Ancora, non giova all’appellante il richiamo, peraltro generico, alle Linee guida Anac n. 6 “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”; esse stabiliscono che le stazioni appaltanti devono verificare l’eventuale sussistenza delle cause di esclusione previste dal ridetto art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 anche mediante accesso al casellario informatico di cui all’art. 213, comma 10, dello stesso d.lgs., nel quale non risulta che le vicende invocate dal -OMISSIS- siano state annotate.
Infine, non coglie nel segno, perché frutto di una lettura incompleta o comunque distorta della sentenza appellata, la censura di -OMISSIS- secondo cui il primo giudice sarebbe incorso in contraddizione affermando che la mancata effettuazione di una specifica verifica sulla affidabilità di -OMISSIS-non ha integrato una omissione inficiante.
Il primo giudice ha affermato con ogni chiarezza, per un verso, che -OMISSIS-ha assolto correttamente i propri obblighi informativi, ponendo in tal modo la stazione appaltante nelle condizioni di valutare la sua affidabilità, e che la stazione appaltante ha reso al riguardo un giudizio positivo, implicitamente emergente dall’ammissione della concorrente alla procedura; per altro verso, che non ricorrevano le cause di esclusione invocate da -OMISSIS-: in tale contesto argomentativo, la pretesa di -OMISSIS- a che lo stesso giudice dovesse stigmatizzare la carenza di ulteriori verifiche istruttorie, peraltro non meglio individuate, è priva di qualsiasi fondamento.
1.5. Deve aggiungersi, a meri fini di completezza, che -OMISSIS-ha fatto constare con deposito del 5 febbraio 2020 che uno dei due decreti penali di cui sopra, afferente alla violazione dell’art. 5, comma 1, lett. d), della l. n. 283 del 1962, è stato revocato con sentenza n. 1128 del 13 novembre 2019 del Tribunale Penale di Treviso, che ha disposto l’assoluzione dell’incolpato “perché il fatto non sussiste”.
2. Il secondo motivo dell’appello e dei mezzi aggiunti, con cui -OMISSIS-si duole della reiezione del secondo motivo del suo ricorso di primo grado, sono parimenti infondati e vanno respinti.
2.1. -OMISSIS- ha sostenuto in primo grado che -OMISSIS-doveva essere esclusa dalla gara per non aver dimostrato il requisito di capacità tecnico-professionale richiesto dall’art. 9, lett. d, del disciplinare di gara, costituito dal “possesso, in alternativa ai centri di cottura comunali, in caso di emergenza, di un proprio centro di cottura in proprietà o in locazione adeguatamente attrezzato e dimensionato a norma di legge e dotato di autorizzazioni sanitarie che prevedano anche la veicolazione dei pasti”.
Il primo giudice ha respinto la censura rilevando, in sintesi:
– che la prescrizione era stata oggetto di un chiarimento interpretativo da parte della stazione appaltante, che, rispondendo a un quesito posto dagli operatori economici, aveva affermato che l’indicazione contenuta nel disciplinare dei titoli giuridici legittimanti il possesso del centro alternativo di cottura (proprietà, locazione) aveva finalità meramente esemplificativa, “in quanto ai fini dello svolgimento del servizio rileva unicamente il fatto che le Ditte partecipanti alla gara dimostrino di avere la disponibilità (da provare attraverso idonea documentazione) di un centro di cottura per tutta la durata del servizio utilizzabile al verificarsi di situazioni di emergenza”;
– che tale chiarimento interpretativo era indenne da mende, perché “richiedere già dalla fase della partecipazione un titolo giuridico comprovante il possesso effettivo del centro sarebbe troppo gravoso e non proporzionato all’oggetto dell’appalto”;
– che l’effettiva disponibilità del centro cottura doveva essere pertanto richiesta solo all’aggiudicataria del servizio, come condizione per la stipulazione del contratto;
– che -OMISSIS-aveva ben comprovato il possesso del requisito ai fini della partecipazione alla gara, da intendersi per quanto sopra non in senso civilistico ma in senso atecnico, come astratta disponibilità dello stesso, allegando una dichiarazione dell’amministratore delegato di altra società, condizionata all’aggiudicazione e valevole per tutta la durata del contratto, incluse le eventuali proroghe, con la quale quest’ultima si è impegnata a concedere alla concorrente “l’utilizzo dei propri locali ubicati in […] quale centro di cottura per la gestione delle situazioni di emergenza relative all’appalto di cui all’oggetto secondo le prescrizioni contenute nei documenti di gara”;
– che la censura di -OMISSIS- in ordine al mancato rilascio delle autorizzazioni sanitarie in capo a -OMISSIS-era inconferente, in quanto l’art. 9 del disciplinare riferiva le stesse al centro di cottura posto a disposizione, sicchè correttamente -OMISSIS-aveva allegato quelle rilasciate alla società proprietaria del centro;
– che il futuro accordo da stipularsi tra -OMISSIS-e la società proprietaria del centro non integrava un subappalto non dichiarato.
2.2. Le predette conclusioni, seppur con alcune precisazioni, vanno confermate, dovendosi, corrispondentemente, respingere le censure con cui -OMISSIS- ne ha sostenuto sotto vari profili l’erroneità .
2.3. Per -OMISSIS-, il primo giudice non si sarebbe avveduto: a) che il disciplinare, con clausola non impugnata da -OMISSIS-, richiedeva un centro di cottura di emergenza “proprio” dell’offerente; b) che la dichiarazione di -OMISSIS-non attesta tale condizione, non contenendo alcun reale impegno della società proprietaria di mettere il centro a disposizione di -OMISSIS-pel caso di aggiudicazione; c) che il centro in parola era del resto indisponibile, per essere impegnato in altro appalto; d) che -OMISSIS-non ha dimostrato di poterne fare uso esclusivo, con proprio personale e sotto la propria disponibilità, oltre che con la voltura dei relativi titoli autorizzativi; e) che, in sostanza, il primo giudice, soffermandosi su questioni inconferenti, quali la atecnicità dell’originaria previsione del disciplinare, non ha affrontato la reale questione posta in ricorso, ovvero l’inammissibilità della dichiarazione presentata dalla stessa -OMISSIS-nel suo complesso, che manifestava che non sarebbe stata la società a preparare i pasti; f) che la stessa dichiarazione non dimostrava la disponibilità di un centro cottura utilizzabile come “proprio”, lasciando nella esclusiva responsabilità di -OMISSIS-solo il trasporto dei pasti; g) che non vi era la previsione della volturazione delle autorizzazioni in capo a -OMISSIS-; h) che, tanto considerato, e non essendo stato indicato il tipo di rapporto che sarebbe intercorso tra le due società, si è al cospetto di un subappalto o di un avvalimento non dichiarato; i) che la soluzione di tali questioni, riguardanti un requisito di partecipazione, non potevano essere rimesse alla fase esecutiva.
2.4. I predetti rilievi non sono convincenti.
2.5. Quanto alle censure sub a) e i), vale rilevare che la clausola del bando di gara in parola ricollegava la condizione del possesso di un centro di cottura alternativo a due soli titoli legittimanti (proprietà e affitto), in tal modo introducendo non tanto un requisito di partecipazione, quanto piuttosto un elemento materialmente necessario per l’esecuzione del servizio di mensa scolastica posto a gara, e, indi, una condizione esigibile solo all’atto della stipulazione del contratto, perché, come già rilevato dalla Sezione, è solo in quel momento che si attualizza per l’amministrazione l’interesse a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio in ipotesi di malfunzionamento di quella ordinariamente prevista per la preparazione dei pasti; mentre “prima dell’aggiudicazione, considerata l’alea della gara, è in realtà sufficiente, anche ai fini del rispetto della par condicio, che vi sia una formale dichiarazione di impegno del concorrente a procurarsi tempestivamente un centro di cottura per le emergenze, sulla cui base la stazione appaltante possa poi pretendere a pieno diritto che sia acquisita la disponibilità effettiva della struttura, ai fini della stipula e della successiva esecuzione del contratto d’appalto” (Cons. Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5929; conformi, V, 29 luglio 2019, n. 5308; 3 aprile 2019, n. 2190; 17 luglio 2018, n. 4390; 18 dicembre 2017, n. 5929; 24 maggio 2017, n. 2443; 17 ottobre 2016, n. 4242; III, 10 gennaio 2020, n. 249). Il chiarimento reso al riguardo, come osservato dal primo giudice, ha indi integrato una sorta di interpretazione autentica del requisito, chiarendo la finalità meramente esemplificativa dei predetti titoli, in linea con la predetta giurisprudenza e a tutela del favor partecipationis e della par condicio dei concorrenti. Ai sensi di tale complessiva regolazione (art. 9, lett. d, del disciplinare e relativi chiarimenti), che, come pure sottolineato dalla deducente, non è stata contestata in giudizio, ai concorrenti era richiesto non di disporre di un centro di cottura alternativo al momento della presentazione dell’offerta, bensì di garantirne il possesso in caso di esito favorevole della gara mediante idonea documentazione.
-OMISSIS-, contrariamente a quanto afferma -OMISSIS- nel rilievo sub b), ha dato adeguata dimostrazione di siffatta disponibilità ; in particolare, ha speso in gara la dichiarazione della società proprietaria del prescelto centro di cottura alternativo, resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, di concedere a -OMISSIS-l’utilizzo della struttura per la gestione di ipotesi di emergenza relative all’appalto, in caso di aggiudicazione e per tutta la durata del contratto, incluse eventuali proroghe.
Non rileva di contro che, come sottolineato da -OMISSIS-con la censura sub c), tale centro di cottura alternativo fosse già impegnato in altro appalto. La doglianza in primo luogo dà per scontato un fatto meramente ipotetico e afferente alla fase esecutiva, cioè il futuro co-utilizzo del centro di cottura alternativo. Inoltre, la legge di gara non ha richiesto il possesso di un centro in via esclusiva, nè una tale prescrizione è connaturale alla proprietà o alla legittima detenzione a qualsiasi titolo di un bene, condizioni giuridiche che, in astratto, tollerano il suo uso da parte di più soggetti. Vieppiù, la Sezione ha precisato, seppur in un diverso contesto fattuale, che anche laddove la legge di gara richieda la “esclusiva disponibilità ” di un centro di cottura alternativo, la prescrizione “deve essere ragionevolmente intesa come necessità di un titolo giuridico per la sua disponibilità, e non come uso esclusivo dello stesso da parte dell’aggiudicatario” (Cons. Stato, V, 16 gennaio 2020, n. 389). Sicchè, in definitiva, nessun impedimento è ipotizzabile all’utilizzo di uno stesso centro di cottura alternativo, dotato di capacità produttiva sufficiente per l’esecuzione di più servizi di ristorazione (Cons. Stato, V, n. 2443/2017, cit.), restando solo da osservare che -OMISSIS-non comprova, e per vero neanche afferma, che la struttura indicata da -OMISSIS-non possieda tale caratteristica.
-OMISSIS-non doveva pertanto dimostrare, come pretende la censura sub d), di poter fare uso esclusivo del centro alternativo di cui trattasi, mentre la possibilità di utilizzarlo mediante la dislocazione di proprio personale è insita nell’impegno a conferire la disponibilità della struttura assunto dalla proprietà . Infine, è generico e assertivo, e in quanto tale privo di qualsiasi fondamento, il rilievo che il contemporaneo utilizzo da parte di due soggetti diversi dello stesso centro di cottura concreti ex se una “gravissima violazione alle norme in materia igienico-sanitaria”.
Consegue che ai fini dello scrutinio della legittimità dell’ammissione di -OMISSIS-alla gara per cui è causa è indifferente che, come rappresentato da -OMISSIS- con lo stesso rilievo in esame e con quello sub g), all’atto della gara le autorizzazioni del centro di cottura fossero nella titolarità della società proprietaria, che non si è impegnata a consentire la volturazione in favore di -OMISSIS-: rileva invece che tali autorizzazioni attestano la conformità della struttura sul piano sanitario, e che la loro volturazione in capo a -OMISSIS-, in carenza dell’aggiudicazione, sarebbe stata priva di qualsiasi causa. E la circostanza che la dichiarazione della società proprietaria della struttura non si soffermi sulla volturazione dei titoli sanitari non esclude la possibilità che -OMISSIS-se ne munisca successivamente, una volta intervenuta l’aggiudicazione e stipulati i patti successivi cui la stessa dichiarazione rimanda: la titolarità di tale autorizzazione in capo al concorrente è infatti elemento indispensabile per l’esecuzione dell’appalto e non per la partecipazione alla gara (Cons. Stato, V, n. 2443/2017, cit.).
Non è corretta la convinzione di -OMISSIS-, sub e) ed f), che la dichiarazione della società proprietaria del centro spesa in gara da -OMISSIS-manifesti che quest’ultima non intende utilizzare il centro alternativo per la preparazione dei pasti. La deducente la desume, a contrario, dalla precisazione di cui al punto c) della predetta dichiarazione che recita, “la veicolazione dei pasti di cui al punto che precede rimarrà di competenza e sotto la piena responsabilità ” di -OMISSIS-: ma tale precisazione – anche al di là delle difese formulate sul punto dalla contro-interessata – non può essere letta atomisticamente, come fa l’appellante. L’art. 1363 Cod. civ., Interpretazione complessiva delle clausole, dispone, con un principio avente portata generale (da ultimo Cons. Stato, VI, 24 settembre 2019, n. 6378), e comunque destinato a trovare applicazione nell’interpretazione di una dichiarazione unilaterale propedeutica alla stipula di un successivo contratto, quale quella in esame, che “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto”; una interpretazione che non si fondi sul predetto criterio logico-sistematico non è pertanto, di regola, sufficiente a ricostruire la volontà delle parti. Ciò a maggior ragione laddove la clausola oggetto di interpretazione richiami espressamente un’altra clausola, come nel caso di specie, in cui la dichiarazione in esame rimanda “al punto che precede”, costituito dalla lett. b), che prevede un futuro accordo delle parti volto a regolare “le specifiche modalità operative delle attività da svolgere presso il centro”. Sicchè, alla luce del predetto criterio interpretativo legale e dell’espresso richiamo appena menzionato, i punti b) e c) in parola vanno letti congiuntamente, e le uniche conclusioni che è lecito trarne sono che la dichiarazione: rimette a futuri patti tra -OMISSIS-e la società proprietaria del centro alternativo di cottura la individuazione delle modalità di svolgimento nella struttura dell’attività di specifico interesse della dichiarazione stessa, che è quella della preparazione dei pasti nell’ambito dell’appalto de quo; chiarisce invece sin da subito che la veicolazione degli stessi, rientrando nella esclusiva responsabilità di -OMISSIS-, è esclusa da tale futuro accordo. Si tratta di previsioni che non manifestano alcun contrasto, diretto o indiretto, con la legge di gara: esse, in particolare, non possono far presumere che nei casi di emergenza, ovvero nell’utilizzazione del centro alternativo di cottura, -OMISSIS-abbia trasferito a terzi le attività oggetto di gara.
Per le stesse ragioni appena esposte, vanno respinti anche i rilievi sub h), che, sempre sull’erronea interpretazione di cui sopra, ipotizzano la sussistenza tra le due società di un subappalto o un avvalimento non dichiarato.
3. Non meritano favorevole considerazione il terzo motivo dell’appello e dei mezzi aggiunti, con cui -OMISSIS-si duole della reiezione del terzo motivo del suo ricorso di primo grado.
3.1. -OMISSIS- ha sostenuto in primo grado l’erroneità sotto vari profili dell’esito positivo della verifica di congruità effettuata dalla stazione appaltante sull’offerta di -OMISSIS-.
Il primo giudice ha respinto la doglianza, osservando: l’esaustività delle giustificazioni presentate da -OMISSIS-; la ragionevolezza del criterio da questa utilizzato per la formulazione dell’offerta economica (calcolo del costo del servizio in relazione al numero dei pasti da garantire); la rispondenza del costo unitario per pasto offerto alla media dei prezzi praticati nel settore dello specifico mercato di riferimento; la rispondenza del calcolo del costo del personale alle tabelle ministeriali aggiornate di riferimento; l’adeguata specificazione e giustificazione dei costi per le materie prime e per le spese generali e, all’interno di queste ultime, l’avvenuto conteggio di costi specifici; la rispondenza dell’offerta a un calcolo prudenziale dei costi, considerato dalla stazione appaltante come indice di attendibilità e di congruità . Ha concluso che i rilievi mossi da -OMISSIS- non dimostravano la sussistenza di incongruenze idonee e a incidere sul giudizio di complessiva affidabilità dell’offerta di -OMISSIS-.
Con le censure in esame la società contesta tale conclusione.
3.2. Sul tema, è necessario premettere che, per consolidata giurisprudenza:
– il procedimento di verifica dell’anomalia di cui all’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016 non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, e che pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (tra tante, Cons. Stato, III, 29 gennaio 2019, n. 726; V, 23 gennaio 2018, n. 430; 30 ottobre 2017, n. 4978);
– il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte; la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 23 gennaio 2018, n. 230). La verifica mira, quindi, in generale, “a garantire e tutelare l’interesse pubblico concretamente perseguito dall’amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere” (C. Stato, V, n. 230 del 2018, cit.);
– il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (ex multis, Cons. Stato, V, 22 dicembre 2014, n. 6231; 18 febbraio 2013, n. 974; 19 novembre 2012, n. 5846; 23 luglio 2012, n. 4206; 11 maggio 2012, n. 2732).
3.3. Ciò posto, le conclusioni del primo giudice vanno confermate, in quanto nessuna delle censure qui svolte da -OMISSIS- si rivela idonea a sovvertire l’accertamento del primo giudice in ordine alla carenza nel giudizio di congruità di errori macroscopici e di palesi illogicità .
In particolare, seguendo l’ordine delle censure dei motivi aggiunti, il generico rilievo di -OMISSIS-di aver dimostrato in primo grado la presenza di extracosti tali da azzerare l’utile di impresa è stato adeguatamente confutato dal primo giudice, che ha rilevato come i costi specifici fossero stati conteggiati nelle spese generali.
Non è accoglibile la tesi di -OMISSIS- che il primo giudice avrebbe erroneamente validato la tesi di -OMISSIS-secondo cui l’unico elemento da prendere in esame ai fini della formulazione dell’offerta economica era il costo del servizio in relazione al numero dei pasti da garantire presso i diversi plessi plessi scolastici e per tutta la durata del servizio (criterio previsto nel bando), mentre esso, ai fini della verifica di congruità, va contemperato con la durata del calendario scolastico e del funzionamento dei centri estivi; con la conseguenza che, considerando il dato temporale complessivo in tal modo conteggiato, i costi del personale da impiegare nel servizio indicati da -OMISSIS-non sarebbero congrui.
Infatti, proprio accedendo a tale osservazione, non è corretto equiparare, come fa -OMISSIS-, il costo del personale per l’anno scolastico e per i centri estivi senza dimostrare che vi sia una perfetta coincidenza – qui non comprovata – tra il numero dei pasti da servire nelle due diverse occasioni. Detto numero, infatti, contrariamente a quanto affermato da -OMISSIS-, non può non incidere, oltre che sui costi delle materie prime, anche sull’impegno delle risorse umane destinate alla loro lavorazione e alla conseguente distribuzione dei pasti. Nulla muta considerando che l’offerta di -OMISSIS-prevedeva un determinato numero di ore di servizio settimanali, che, in tesi, sarebbero quindi da “spalmare” sull’intero periodo in questione: la legge di gara non ha infatti previsto un monte ore minimo da rispettare, e -OMISSIS-, come emerge dal paragrafo “Tempi e modalità di esecuzione” dell’offerta tecnica, ha espressamente ragguagliato il proprio timing operativo, che non costituiva uno specifico elemento di valutazione dell’offerta, a “una giornata a pieno regime”. Sicchè -OMISSIS- non può essere seguita neanche quando sostiene che le giustificazioni rese sul punto da -OMISSIS-involvono in una modifica dell’offerta.
-OMISSIS- attacca la conclusione del primo giudice che il costo del servizio indicato da -OMISSIS-era in linea con i prezzi mediamente praticati nel settore dello specifico mercato di riferimento, sostenendo che non è dato comprendere su quali basi essa sia stata raggiunta, e rilevando ulteriormente che l’affermazione è apprezzamento tecnico estraneo alle competenze del giudice amministrativo. Afferma infine che l’offerta tecnica di -OMISSIS-non era nella media del settore.
Quanto alla prima doglianza, l’appellante non dimostra che gli atti del fascicolo di primo grado non consentivano di pervenire alla contestata conclusione. Può aggiungersi sul punto come emerga dagli atti di questo giudizio che il prezzo per pasto offerto da -OMISSIS-, al netto del ribasso, non si discosta in maniera significativa da quello praticato da -OMISSIS- quale gestore uscente in regime di proroga (Euro 4,50 versus Euro 4,34). Quanto alla seconda osservazione, si rileva che nelle censure svolte in primo grado -OMISSIS- ha lamentato l’incongruità del “ribasso sul presso unitario a pasto” offerto da -OMISSIS-rispetto a quello delle altre concorrenti, sicchè la stessa conclusione: da un lato, appare perfettamente rispondente al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunziato di cui all’art. 112 Cod. proc. civ., pacificamente applicabile anche al processo amministrativo, che preclude al giudice di individuare un vizio invalidante non dedotto in giudizio, ma non di esporre una valutazione giuridica autonoma, quale quella di cui si discute, che si collochi nell’ambito della situazione fattuale allegata dal ricorrente (Cons. Stato, V, 19 febbraio 2003, n. 906); dall’altro, si colloca perfettamente nel perimetro dello scrutinio “estrinseco” affidato in materia al giudice amministrativo, rientrando la valutazione in esame nella verifica che il giudizio di congruità dell’offerta reso dalla stazione appaltante non è affetto da manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza. Infine, il merito della questione è sostanzialmente l’affermazione dell’astratta incompatibilità tra i profili qualitativi dell’offerta di -OMISSIS-, che si riferisce essere particolarmente elevata, tanto da essere stata premiata con “un punteggio prossimo a quello massimo”, e i termini dell’offerta economica, che, in quanto di mero principio, nulla dice in concreto sull’asserita insostenibilità dell’offerta complessivamente intesa.
L’accertamento del primo giudice della rispondenza del calcolo dei costi del personale di -OMISSIS-alle tabelle ministeriali aggiornate di riferimento è rimasto sostanzialmente incontestato, essendosi al riguardo -OMISSIS- limitata a critiche, di carattere peraltro estremamente generico e asserivo, attinenti non a questo accertamento bensì alle difese a suo tempo svolte da -OMISSIS-.
Infine, -OMISSIS- torna sui costi specifici (tra cui dotazioni informatiche, migliorie strutturali del servizio e degli arredi, formazione del personale, qualità dei cibi offerti in misura superiore all’impegno minimo), esponendo la loro insuscettibilità a essere considerati ricompresi nelle spese generali, stimate peraltro in una percentuale inferiore a quella di legge (6,81%, pari a Euro 20.760,67 annui) e non tutti specificamente elencati.
I rilievi non sono accoglibili; essi presuppongono una ulteriore e autonoma verifica in sede giudiziale della congruità di singole voci dell’offerta, in contrasto con le coordinate ermeneutiche sopra citate e con il principio secondo cui “la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto, essendo per contro sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole e attendibile” (Cons. Stato, V, 10 ottobre 2017, n. 4680); involvono inoltre in una personale ricostruzione dei costi, non considerando la specifica organizzazione di impresa dell’offerente, che ben può far valere in relazione ai costi stessi le particolari condizioni di favore di cui essa gode nel mercato di riferimento.
4. Le memorie difensive depositate dall’appellante non aggiungono elementi di rilievo rispetto alle questioni come sopra trattate.
5. Per tutto quanto precede, assorbita ogni altra difesa svolta dalle parti resistenti, l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte appellante alla refusione in favore delle tre parti resistenti delle spese di giudizio del grado, che liquida nell’importo pari a Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre oneri di legge, per ciascuna di esse.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
GUIDA ALLA LETTURA
La sentenza in esame affronta la tematica dell’affidamento ingenerato nella Stazione Appaltante da parte dall’operatore economico che dichiari di possedere i requisiti di partecipazione alla gara.
All’operatore economico è richiesta una rappresentazione, quanto più dettagliata possibile, delle proprie pregresse vicende professionali, in cui gli è stata contestata una condotta illecita.
Detta circostanza ha una ratio ben precisa.
L’amministrazione non vuole instaurare rapporti contrattuali con soggetti che siano stati coinvolti in vicende criminali di spessore e che potrebbero comportare delle infiltrazioni malavitose nell’apparato statale. Dunque, la violazione di specifici obblighi informativi integra “un grave illecito professionale”, ex art. 80, comma 5, lett. c), D.Lgs. 50/2016, nonché l’esclusione dalla gara.
L’esclusione, però, non è asettica ed automatica.Da un lato, perchè si lederebbe il principio di libera concorrenza; dall’altro, ci sarebbero delle ricadute anche sull’Amministrazione che non potrebbe contare su un variegato ventaglio di offerte di servizi o prodotti competitivi.
Per tale motivo, alcune violazioni comportano l’esclusione automatica dalla gara, altre violazioni, invece, sono rimesse al prudente apprezzamento dell’Amministrazione.
Pertanto,la falsità delle dichiarazioni, in cui si rappresenta una circostanza in fatto diversa dal vero, comporta l’automatica esclusione dalla procedura di gara. Tanto perché, la condotta artificiosa e truffaldina, depone in maniera inequivocabile sull’inaffidabilità, mancanza di buona fede, correttezza e non integrità dell’operatore economico. Le dichiarazioni menzognere inficianoex antela possibilità di una celere e affidabile decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla procedura.
Diversa è la circostanza di informazioni omissive o reticenti.
L’incompletezza delle informazioni potrebbe riguardare aspetti secondari o non essenziali, tali da non intaccare minimamente il rapporto di fiducia instauratosi tra l’operatore economico e la stazione appaltante. Pertanto, l’omissione o la reticenza di alcune informazioni non metterebbero in discussione l’affidabilità. In tal caso, l’esclusione non sarebbe automatica, ma rimessa al prudente apprezzamento dell’Amministrazione.
Sulla scorta di tali argomentazioni, il Consiglio di Stato, nella pronuncia in commento, ha ritenuto che l’operatore economico aggiudicatario, il quale era destinatario di tre decreti penali di condanna, correttamente non era stato escluso dalla gara.
In primo luogo, tutti gli obblighi informativi erano stati assolti, avendo indicato in sede di partecipazione i decreti penali di condanna non definitivi. In secondo luogo, i decreti penali non sono, al pari delle sentenze, provvedimenti adottati a seguito dell’accertamento del fatto di reato reso in contraddittorio tra le parti. Si tratta di un accertamento sommario. Questo vaglio è soltanto successivo ed è demandato al giudizio di opposizione, destinato a concludersi con una sentenza adottata in seguito all’accertamento del fatto, secondo i canoni del giusto processo. Nel caso oggetto dei fatti di causa, infatti, al momento della partecipazione alla gara, pendeva la fase dell’opposizione a decreto penale di condanna.
L’affidamento che la stazione appaltante ripone nei requisiti personali dell’operatore, investe anche l’offerta presentata. Difatti, nella sentenza in commento, il Consiglio di Stato, in risposta a una delle censure, precisa il concetto di congruità dell’offerta.
Durante il procedimento di verifica dell’anomalia di cui all’art. 97 D.Lgs. 50/2016 non si tiene conto di singole e specifiche inesattezze dell’offerta economica, ma piuttosto si mira ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto. Dunque, la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo.
Tirando le fila del discorso si può concludere affermando che l’operatore economico, in sede di gara, è tenuto a fornire, in maniera minuziosa, le pregresse esperienze professionali, in cui gli è stata contestata una condotta illecita. La violazione di tale obbligo costituisce un “grave illecito professionale”, ma non comporta l’esclusione automatica, in quanto la stazione appaltante dovrà valutare se, siffatta omissione o reticenza, compromettano l’attendibilità e l’integrità dell’operatore, con conseguente inficiamento del rapporto di fiducia.