Consiglio di Stato, sez.III, 28 luglio 2020, n. 4795
Le gare telematiche si caratterizzano rispetto alle tradizionali gare d’appalto per l’utilizzo di una piattaforma on-line di e-procurement e di strumenti di comunicazione digitali (firma digitale e PEC), che di fatto rendono l’iter più efficiente, veloce e sicuro rispetto a quello tradizionale, basato sull’invio cartaceo della documentazione e delle offerte.
Nella gara telematica la conservazione dell’offerta è affidata allo stesso concorrente, garantendo che questa non venga, nelle more, modificata proprio attraverso l’imposizione dell’obbligo di firma e marcatura nel termine fissato per la presentazione delle offerte. Firma e marcatura corrispondono alla “chiusura della busta”.
-Altrettanto non condivisibile – ed anzi pretestuosa – è la tesi che l’errore commesso sarebbe scusabile perché…… non sarebbe un operatore esperto del settore informatico: sul punto vanno, infatti, richiamati i principi di autoresponsabilità e di diligenza professionale connessi alla partecipazione di un operatore economico ad una procedura di affidamento di contratti pubblici (cfr. C.d.S., Sez. V, 12 marzo 2020, n. 1780, 5 giugno 2018, n. 3384, 7 novembre 2016, n. 4645 e 15 febbraio 2016, n. 627)
La pronuncia del TAR
La vicenda in esame trae spunto dall’esclusione da una gara telematica di un operatore economico causata dall’’introduzione nel sistema di un numero seriale di marcatura temporale indicante la sigillatura dell’offerta economica.
Tale numero risultava essere errato e non corrispondente al codice alfa-numerico dell’offerta economica caricata sul server della stazione appaltante.
A tal proposito il predetto operatore aveva affermato che tale inesattezza era stata determinata a causa dalla formulazione equivoca del bando di gara.
Il Tribunale, nell’argomentare dettagliatamente la questione, aveva concluso negando la validità di quanto affermato dal suddetto operatore economico, evidenziando, allo stesso tempo, che la sicurezza della marcatura temporale non potesse causare in alcun modo errori di comportamento.
La sentenza del Consiglio di Stato
In sintesi il Supremo Consesso fa proprie le risultanze del giudice di primo grado, aggiungendo alle stesse un ulteriore elemento a sfavore dell’appellante: la natura non condivisibile, ed anzi, pretestuosa della tesi prospettata dal ricorrente secondo il quale l’errore commesso sarebbe totalmente scusabile, in quanto il medesimo ricorrente non sarebbe dotato di specifica esperienza nel settore informatico.
Tale ulteriore tesi viene drasticamente rigettata dalla Sezione la quale, nel ricordare la specifica giurisprudenza, afferma come il suddetto operatore economico non possa addurre alcuna giustificazione.
Nello specifico, proprio in relazione alla partecipazione ad una procedura di affidamento di contratti pubblici, il soggetto interessato deve sempre attenersi agli specifici principi di autoresponsabilità e di diligenza professionale.
Alla luce di quanto suesposto il Consiglio di Stato boccia totalmente la tesi sostenuta dall’operatore economico; in particolare secondo la Sezione l’errore commesso non è un semplice refuso, riconoscibile immediatamente e rettificabile successivamente a seguito dell’intervento della stazione appaltante.
Sul punto il Collegio dimostra come l’errore commesso dall’appellante sia prettamente concettuale; al contrario l’errore materiale consiste in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere ictu oculi. In definitiva, conclude la Sezione, “l’errore materiale non esige alcuna attività correttiva del giudizio, che deve restare invariato, dovendosi semplicemente modificare il testo in una sua parte, per consentire di riallineare in toto l’esposizione del giudizio alla sua manifestazione”.
In conclusione il Consiglio di Stato evidenzia l’ulteriore colpa dell’operatore economico: in particolare nell’aver affermato che l’errore fosse di natura scusabile ed avendo la stazione appaltante fornito chiarimenti solamente in un dato conteso; nello specifico nel giorno stesso di scadenza del termine per il trasferimento sul server della documentazione amministrativa e tecnica e del “codice seriale della marcatura temporale apposta”.
Infatti anche tale ultima difesa dell’appellante viene respinta, alla luce dei suddetti principi di autoresponsabilità e di diligenza professionale ai quali devono sempre attenersi gli operatori economici. Nello specifico il soggetto interessato, proprio nel prendere parte ad una qualificata gara telematica, avrebbe dovuto necessariamente dotarsi di personale munito di adeguate conoscenze informatiche.
Indubbiamente tali unità sarebbero stati sicuramente in grado di comprendere il significato del concetto in argomento e di curare gli adempimenti tecnici necessari per la regolare partecipazione alla procedura telematica in oggetto.
LEGGI LA SENTENZA
Pubblicato il 28/07/2020
N. 04795/2020REG.PROV.COLL.
N. 02621/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2621 del 2020, proposto dalla
Dussmann Service S.r.l., in persona dell’amministratore delegato pro tempore, ing. Renato Spotti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Sciolla, Sergio Viale e Mario Sanino, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mario Sanino, in Roma, viale Parioli, n. 180
contro
A.F.M. – Azienda Farmaceutica Municipalizzata di Vercelli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Francesca Dealessi, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Roma, via Porro, n. 8
nei confronti
Serenissima Ristorazione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Mario Putin, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Calgaro ed Andrea Manzi, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Manzi, in Roma, via Confalonieri, n. 5
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Prima, n. 99/2020 del 4 febbraio 2020, resa tra le parti e notificata il 7 febbraio 2020, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. 874/2019 presentato dalla Dussmann Service S.r.l. avverso gli atti della gara telematica per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica, sociale e per altri utenti, indetta dall’A.F.M. di Vercelli e, in specie, avverso il provvedimento con cui la ricorrente è stata esclusa dalla gara e quello di aggiudicazione dell’appalto a Serenissima Ristorazione S.p.A..
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Farmaceutica Municipalizzata (A.F.M.) di Vercelli;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione di Serenissima Ristorazione S.p.A.;
Visti le memorie, i documenti e le repliche delle parti;
Viste le brevi note d’udienza dell’appellante;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 120 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.);
Visto il dispositivo di sentenza;
Visto l’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con l. 24 aprile 2020, n. 27;
Visto, altresì, l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv. con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Relatore nell’udienza del 2 luglio 2020 il Cons. Pietro De Berardinis, in collegamento da remoto in videoconferenza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
Con l’appello in epigrafe la Dussmann Service S.r.l. (d’ora avanti: “Dussmann”) chiede la riforma della sentenza del T.A.R. per il Piemonte, Sez. I^, n. 99/2020 del 4 febbraio 2020, recante reiezione del ricorso R.G. n. 874/2019, proposto dalla medesima Dussmann nei confronti degli atti della gara telematica indetta dall’Azienda Farmaceutica Municipalizzata – A.F.M. di Vercelli (d’ora in avanti: “Azienda” o “A.F.M.”) per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica, asili nido ed altre utenze del Comune di Vercelli per il periodo 1° gennaio 2020-31 agosto 2027.
In punto di fatto, l’appellante – gestore uscente del servizio – espone che alla gara in discorso, avente importo a base d’asta di € 12.611.666,00 e da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, hanno partecipato due concorrenti: la stessa appellante e Serenissima Ristorazione S.p.A. (d’ora in avanti: “Serenissima”).
Trattandosi di gara telematica, la disciplina della stessa prevedeva che in una prima fase le concorrenti caricassero sulla piattaforma telematica predisposta dalla stazione appaltante per il ricevimento delle offerte la documentazione amministrativa, l’offerta tecnica e il numero della marcatura temporale, e cioè – come spiegato dalla sentenza appellata – un protocollo informatico identificativo dell’offerta economica, attestante una data certa. L’offerta economica, invece, avrebbe dovuto restare conservata nel computer dell’offerente e solo in un secondo momento venire caricata anch’essa sulla piattaforma (o sistema) della stazione appaltante.
L’appellante espone di avere seguito la suddetta procedura, caricando sul sistema la documentazione amministrativa, l’offerta tecnica e il numero seriale presente nella propria offerta economica: tuttavia è stata esclusa dalla gara e quest’ultima è stata aggiudicata a Serenissima (unica concorrente rimasta in gara).
Per l’effetto, Dussmann ha impugnato dinanzi al T.A.R. gli atti della procedura ed in particolare il verbale della Commissione recante la propria esclusione dalla gara e la deliberazione dell’A.F.M. di aggiudicazione del servizio a Serenissima.
Nello specifico, con un primo gruppo di censure – rubricate alla lett. B, n. I) – la società ha lamentato l’illegittimità da cui sarebbe stata affetta la predetta esclusione; con un secondo gruppo di censure – rubricate alla lett. C), dal n. I) al n. IV) – ha invece contestato la legittimità dell’aggiudicazione della gara a Serenissima.
Con la sentenza appellata, tuttavia, l’adito Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo infondato sia il primo, sia il secondo gruppo di censure sopra elencate, quest’ultimo quanto ai motivi nn. I), II) e III): ha inoltre considerato inammissibile per genericità il motivo n. IV) del secondo gruppo delle censure proposte dalla ricorrente.
Nell’atto di appello Dussmann formula i seguenti motivi:
1) impugnazione del capo della sentenza di primo grado relativo al rigetto dell’istanza di deposito di documenti ex art. 54 c.p.a. presentata dalla ricorrente: violazione degli artt. 54 c.p.a, 24 e 111 Cost., violazione del giusto processo e del diritto di difesa per avere l’adito Tribunale respinto senza valida motivazione l’istanza di autorizzazione al deposito tardivo di documenti formulata da Dussmann ai sensi dell’art. 54 c.p.a.;
2) impugnazione del capo della sentenza relativo al rigetto del motivo B di ricorso: erroneità della sentenza per contraddittorietà, travisamento, omessa valutazione e carenza motivazionale, violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, violazione degli artt. 30, 58 e 83 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 20 del d.lgs. 82/2005 e dell’art. 19 del disciplinare di gara, nonché dei principi di non discriminazione, di massima concorrenza, legittimo affidamento e di semplificazione e ancora, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, violazione dell’art. 3 c.p.a., perché i giudici di primo grado avrebbero errato nel considerare infondate le censure articolate – sotto tre distinti profili – da Dussmann avverso la propria esclusione dalla gara. Avrebbero errato, altresì, nell’omettere qualsiasi statuizione in ordine alla domanda, proposta in subordine rispetto a quella di annullamento dell’atto di esclusione, di declaratoria di illegittimità dell’intera procedura di gara con condanna alla riedizione della stessa;
3) impugnazione del capo della sentenza relativo al rigetto del motivo C.I di ricorso: erroneità della sentenza per travisamento, difetto di istruttoria, omessa valutazione, carenza motivazionale, nonché per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, degli artt. 59, comma 4, 83, 84 e 94 comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 e degli artt. 6, 6.1 e 6.3.1 del disciplinare di gara, ed inoltre per violazione dei principi non discriminazione e par condicio e violazione dell’art. 3 c.p.a., giacché il T.A.R. avrebbe errato nel respingere la censura con cui Dussmann ha contestato l’ammissione alla gara e l’aggiudicazione dell’appalto a Serenissima, nonostante quest’ultima non avesse dimostrato il possesso dei requisiti di qualificazione di cui agli artt. 6.1 e 6.3.1 del disciplinare, ossia dei requisiti richiesti per le opere di progettazione e per i lavori impiantistici;
4) impugnazione del capo della sentenza relativo al rigetto del motivo C.II di ricorso: erroneità della sentenza per travisamento, difetto di istruttoria, omessa valutazione, carenza motivazionale, nonché per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, degli artt. 30, 59, 80 e 94 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 5 del disciplinare di gara e degli artt. 46, 47, 75 e 76 del d.P.R. n. 445/2000, ed inoltre per violazione dei principi non discriminazione e par condicio e dell’art. 3 c.p.a., in quanto il T.A.R. avrebbe errato nel rigettare il motivo di ricorso con cui Dussmann aveva contestato che la dichiarazione di Serenissima, di non aver violato obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di diritto ambientale, sociale e del lavoro e di non essersi resa colpevole di gravi illeciti professionali, sarebbe non veritiera;
5) impugnazione del capo della sentenza relativo al rigetto del motivo C.III di ricorso: erroneità della sentenza per travisamento, omessa valutazione, carenza motivazionale, violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nonché degli artt. 30, 32, 59, 94 e 100 del d.lgs. n. 50/2016, degli art. 14.3.1 e 15 del disciplinare di gara e degli artt. 8 e 50 del capitolato speciale, violazione dei principi di non discriminazione, par condicio e correttezza e dell’art. 3 c.p.a., in quanto la sentenza avrebbe errato nel rigettare il motivo di ricorso basato sulla mancanza, in capo all’aggiudicataria, del requisito della disponibilità di un centro di cottura alternativo per la preparazione di n. 1.800 pasti al giorno;
6) impugnazione del capo della sentenza relativo al rigetto del motivo C.IV di ricorso: erroneità della sentenza per travisamento, difetto di istruttoria, omessa valutazione, carenza motivazionale, nonché per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, violazione degli artt. 95 e 97 del d.lgs. n. 50/2016, degli artt. 20, 21 e 22 del disciplina, degli obblighi in materia di lavoro e tutela dei lavoratori e dell’art. 3 c.p.a., per non avere il T.A.R. accolto il motivo di ricorso volto a censurare la mancata verifica sulla congruità dell’offerta di Serenissima e sul costo del lavoro ex art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016.
L’appellante reitera, poi, la domanda di subentro nell’aggiudicazione e nell’esecuzione del contratto, previa declaratoria di inefficacia del contratto, nonché, in via subordinata, di condanna al risarcimento del danno per equivalente monetario, a tal fine gravando il capo della sentenza di primo grado che ha respinto la domanda risarcitoria.
Si è costituita in giudizio l’Azienda Farmaceutica Municipalizzata (A.F.M.) di Vercelli, depositando successivamente la delibera di proroga dell’affidamento del servizio a Dussmann Service S.r.l. e una memoria difensiva con cui ha resistito ai motivi di appello.
Si è costituita in giudizio, altresì, Serenissima Ristorazione S.p.A., depositando documenti sui fatti di causa e resistendo anch’essa ai motivi di appello.
Le parti hanno depositato memorie e ulteriori documenti (Dussmann e Serenissima), nonché memorie di replica. Dussmann ha inoltre depositato brevi note d’udienza ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020.
All’udienza del 2 luglio 2020, tenutasi in collegamento da remoto con le modalità di cui all’art. 84 del d.l. n. 18/2020 (conv. con l. n. 27/2020) ed all’art. 4 del d.l. n. 28/2020 (conv. con l. n. 70/2020), la causa è stata trattenuta in decisione
DIRITTO
Forma oggetto di appello la sentenza del T.A.R. Piemonte, Sez. I, n. 99/2020, con cui è stato respinto il ricorso proposto da Dussmann Service S.r.l. avverso gli atti della procedura per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica, sociale e per altri utenti, indetta dall’A.F.M. di Vercelli e, in specie, avverso il provvedimento con cui la ricorrente è stata esclusa dalla gara e quello di aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata Serenissima.
L’esclusione di Dussmann dalla gara – telematica – è dipesa dal fatto che l’impresa ha inserito nel sistema, quale numero seriale di marcatura temporale indicante la sigillatura dell’offerta economica, il codice “125”, mentre poi è emerso che detto codice non corrispondeva al codice alfa-numerico dell’offerta economica caricata sul “server” della stazione appaltante.
La società si è difesa (e lo fa ancora nell’appello) lamentando di essere stata tratta in inganno dalla formulazione equivoca della legge di gara e di aver perciò indicato il numero “125”, quale primo dato che nel certificato di firma è denominato come “seriale”.
Il T.A.R. ha, però, respinto il ricorso, evidenziando preliminarmente come la marcatura temporale sia un procedimento che si attua attraverso la generazione, ad opera di un soggetto terzo, di una firma digitale del documento, cui si associa l’informazione circa la data e l’ora (certe). L’apposizione della marca temporale, perciò, consente di stabilire l’esistenza di un documento informatico a partire da un certo istante, e di garantirne validità e intangibilità nel tempo.
Nella gara per cui è causa, la marcatura temporale consentiva di stabilire che l’offerta economica predisposta dal concorrente sarebbe stata chiusa, sigillata e resa immodificabile alla stessa data in cui anche la documentazione amministrativa e l’offerta tecnica venivano caricate sulla piattaforma della stazione appaltante. Il numero di serie garantiva l’identità di quella data offerta, chiusa e sigillata – ma conservata nel computer del concorrente – con l’offerta che poi il concorrente medesimo avrebbe caricato in un secondo momento sulla piattaforma.
Ma, allora, la difformità tra il numero seriale inserito dalla Dussmann e quello che poi è risultato il codice alfa-numerico di marcatura temporale della sua offerta economica, ha impedito di accertare la prescritta identità tra l’offerta economica “chiusa” e sigillata e l’offerta che poi è stata effettivamente presentata dall’impresa. Ne discende – conclude il T.A.R. – la legittimità dell’esclusione dalla gara dell’offerta di Dussmann, non essendovi alcuna certezza che tale offerta, caricata dall’impresa sulla piattaforma dell’A.F.M. di Vercelli, fosse proprio quella che la ditta aveva chiuso e sigillato alla data indicata dal bando e poi conservato nel suo computer.
Respinte, dunque, le censure mosse da Dussmann alla propria esclusione dalla gara, la sentenza ha, quindi, esaminato i motivi di ricorso volti a contestare la legittimità dell’aggiudicazione dell’appalto a Serenissima, respingendoli integralmente. In particolare:
- il motivo C.I è stato giudicato dal T.A.R. inammissibile, per essersi la ricorrente limitata a dedurre il mancato possesso delle qualificazioni SOA da parte dell’aggiudicataria, nulla deducendo circa il mancato possesso dei requisiti alternativi di cui all’art. 90, comma 1, del d.P.R. n. 207/2010 e senza impugnare sul punto il disciplinare di gara. Il motivo è stato, altresì, considerato infondato, per avere Serenissima dichiarato in sede di gara la sua intenzione di subappaltare integralmente le prestazioni accessorie ed essendo irrilevante la mancata indicazione nominativa del subappaltatore, non richiesta dal disciplinare;
- il motivo C.II è stato ritenuto infondato in fatto, essendo emerso dalla documentazione in atti che gli amministratori di Serenissima avevano dichiarato l’avvenuta emissione, nei propri confronti, di decreti penali di condanna, mai divenuti definitivi in quanto tempestivamente opposti;
- per il motivo C.III l’infondatezza è stata affermata in ragione della disciplina dettata dalla legge di gara, in base alla quale la disponibilità da parte del concorrente di un centro di cottura alternativo ha ad oggetto un centro di cottura da utilizzare soltanto in caso di emergenza e da indicare all’atto della stipula del contratto e non in sede di offerta, né di aggiudicazione: non si tratta, quindi, di requisito di partecipazione – come sostiene Dussmann – bensì di mera esecuzione, la cui eventuale mancanza rileverà al momento della stipula del contratto, che potrà essere rifiutata dalla stazione appaltante, in ragione di detto inadempimento;
- infine, il motivo C.IV, volto a dolersi dell’omissione della verifica di congruità dell’offerta, è stato considerato generico e, dunque, inammissibile, non avendo la ricorrente dedotto alcun dato da cui si potesse trarre evidenza di macroscopiche irrazionalità o illogicità nella valutazione (insindacabile nel merito) compiuta dal R.U.P..
Nell’atto di appello Dussmann – oltre a dolersi della mancata autorizzazione da parte dei giudici di prime cure al deposito documentale tardivo – ripropone, in buona sostanza, i due gruppi di censure sollevati in primo grado, volti a contestare, rispettivamente: A) la propria esclusione dalla gara; B) l’aggiudicazione di questa a Serenissima.
In particolare, quanto al punto A), l’appellante lamenta:
1) la farraginosità e l’artificiosità degli adempimenti procedurali prescritti dalla lex specialis di gara, formulati in modo tale da indurre in trappola il concorrente, portandolo all’errore;
2) la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, non essendo stata prevista da alcuna norma di legge l’esclusione del concorrente incorso in un errore materiale nell’indicazione del numero di marcatura temporale;
3) il difetto di istruttoria, atteso che, se la stazione appaltante avesse correttamente operato, avrebbe consentito la regolarizzazione del numero seriale in una fase antecedente a quella di apertura delle buste. Ed infatti, la Commissione di gara avrebbe dovuto, nella prima seduta pubblica, verificare il numero di serie della marcatura temporale, e se l’avesse fatto, si sarebbe accorta dell’errore materiale ictu oculi percepibile, poiché il numero indicato (“125”) non è un codice alfa-numerico, quali sono, invece, quelli della marcatura temporale. E la regolarizzazione sarebbe stata per certo possibile in un momento simile, anteriore all’apertura delle buste con la documentazione amministrativa e delle buste con le offerte tecniche;
4) che il T.A.R. avrebbe errato nell’escludere la scusabilità dell’errore in cui è incorsa Dussmann, sia perché la società non è un operatore del settore informatico e quindi sarebbe fuorviante insistere sulla sua natura di operatore qualificato (come fa la sentenza di primo grado), sia perché A.F.M. ha fornito dei chiarimenti solamente poche ore prima del termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione, il che avrebbe reso tali chiarimenti inutili, data la loro tardività.
In ordine al punto B), secondo l’appellante:
5) non sarebbe vero che nel ricorso si è censurata solo la carenza, in capo a Serenissima, dei requisiti consistenti nell’iscrizione all’albo per progettisti e nel possesso di SOA, senza contestare il mancato possesso dei requisiti di cui all’art. 90, comma 1, del d.P.R. n. 207/2010, indicati come alternativi ai precedenti dalla legge di gara: in realtà Dussmann avrebbe censurato anche il mancato possesso da parte di Serenissima dei requisiti alternativi alla SOA. Il T.A.R. avrebbe altresì errato lì dove afferma che i lavori edili hanno un valore nettamente inferiore a quello dell’appalto, trattandosi di circostanza irrilevante ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti;
6) l’offerta di Serenissima sarebbe viziata dalla mancata indicazione nominativa del subappaltatore in riferimento al cd. subappalto necessario, ma né la stazione appaltante, né i giudici di primo grado avrebbero rilevato tale carenza;
7) l’aggiudicataria avrebbe reso dichiarazioni non veritiere, sostenendo nel DGUE di non aver violato obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di diritto ambientale, sociale e del lavoro e di non essersi resa colpevole di gravi illeciti professionali. Al contrario, sia il Presidente del Consiglio di amministrazione, sia l’Amministratore delegato, sia il procuratore di Serenissima avrebbero subito condanne nelle materie in questione: la circostanza che i medesimi abbiano dichiarato (in qualità di persone fisiche) le ridette condanne, non avrebbe alcuna rilevanza rispetto al fatto che Serenissima non ha dichiarato le circostanze sottese alle condanne medesime con riferimento alla propria moralità professionale;
8) l’aggiudicataria non avrebbe dimostrato la disponibilità di un centro di cottura alternativo per la preparazione di n. 1.800 pasti al giorno: infatti, le condizioni del centro di cottura ubicato in Vercelli, via Borasio n. 8 (dichiarato da Serenissima come centro da utilizzare per il servizio) non sarebbero compatibili con la disponibilità e operatività dello stesso alla data fissata per la stipula del contratto ed il ripetuto rinvio di tale stipula non potrebbe legittimare lo slittamento del momento della verifica del possesso del requisito da parte della società;
9) la sentenza avrebbe omesso di prendere in esame il motivo di ricorso con cui è stata contestata la mancata verifica sul costo del lavoro; inoltre la ricorrente, producendo un prospetto del calcolo dei costi, avrebbe dimostrato l’esistenza di elementi specifici tali da rendere l’offerta dell’aggiudicataria anormalmente bassa e da giustificare la sua sottoposizione alla verifica di congruità.
Così sintetizzati i motivi di appello, osserva il Collegio che nessuno di essi si mostra suscettibile di positivo apprezzamento.
Va premesso che, nel caso de quo, l’art. 7 del disciplinare telematico, versato in atti nel giudizio di primo grado, scandiva i seguenti passaggi per la formulazione e la trasmissione telematica dell’offerta economica:
a) compilazione dello schema di offerta da parte del concorrente in modalità “off line”, vale a dire direttamente sul computer del concorrente stesso, senza invio di alcun file al sistema (o piattaforma, cioè il server del gestore);
b) apposizione della firma digitale sul foglio “excel” debitamente compilato, quindi apposizione della marca temporale certificata entro il termine previsto dalla legge di gara;
c) inserimento nel sistema – nello specifico campo della sezione “Offerta economica” – del numero identificativo (numero di serie) della marca temporale apposta precedentemente al file dell’offerta economica firmato digitalmente;
d) all’apertura del periodo di “upload” (trasferimento/caricamento dei dati), trasferimento sul sistema (o piattaforma), da parte del concorrente, del file generato e salvato sul suo computer.
Dunque, la procedura oggetto di contenzioso rientrava tra le gare telematiche, le quali – come già ricordato da questa Sezione (3 ottobre 2016, n. 4050) – si caratterizzano rispetto alle tradizionali gare d’appalto per “l’utilizzo di una piattaforma on-line di e-procurement e di strumenti di comunicazione digitali (firma digitale e PEC), che di fatto rendono l’iter più efficiente, veloce e sicuro rispetto a quello tradizionale, basato sull’invio cartaceo della documentazione e delle offerte.
Le fasi di gara seguono una successione temporale che offre garanzia di corretta partecipazione, inviolabilità e segretezza delle offerte: la firma digitale garantisce infatti la certezza del firmatario dell’offerta e la marcatura temporale ne garantisce la data certa di firma e l’univocità della stessa.
Attraverso l’apposizione della firma e marcatura temporale, da effettuare inderogabilmente prima del termine perentorio fissato per la partecipazione, e la trasmissione delle offerte esclusivamente durante la successiva fase di finestra temporale, si garantisce la corretta partecipazione e inviolabilità delle offerte.
I sistemi provvedono, infatti, alla verifica della validità dei certificati e della data e ora di marcatura: l’affidabilità degli algoritmi di firma digitale e marca temporale garantiscono la sicurezza della fase di invio/ricezione delle offerte in busta chiusa.
Nella gara telematica la conservazione dell’offerta è affidata allo stesso concorrente, garantendo che questa non venga, nelle more, modificata proprio attraverso l’imposizione dell’obbligo di firma e marcatura nel termine fissato per la presentazione delle offerte.
Firma e marcatura corrispondono alla “chiusura della busta”.
Il Timing di gara indica all’impresa non solo il termine ultimo perentorio di “chiusura della busta”, ma anche il periodo e relativo termine ultimo di upload (trasferimento dei dati sul server dell’Azienda appaltante).
Alla chiusura del periodo di upload, le offerte in busta chiusa sono disponibili nel sistema; al momento dell’apertura delle offerte il sistema redige in automatico la graduatoria, tenendo conto anche dei punteggi tecnici attribuiti dalla Commissione, graduatoria che viene pubblicata con l’indicazione delle offerte pervenute, del punteggio tecnico ed economico complessivo attribuito e del miglior prezzo.
Inoltre, nessuno degli addetti alla gestione della gara potrà accedere ai documenti dei partecipanti, fino alla data ed all’ora di seduta della gara, specificata in fase di creazione della procedura” (cfr., nello stesso senso, C.d.S., Sez. V, 21 novembre 2017, n. 538; Sez. III, 25 novembre 2016, n. 4990; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 14 giugno 2017, n. 450).
I passi ora riportati del precedente di questa Sezione danno conto dell’infondatezza dei motivi rivolti a censurare l’esclusione di Dussmann dalla procedura: motivi dai quali – per ragioni di opportunità – conviene principiare la disamina e che, per le loro connessioni logiche e giuridiche, è utile trattare congiuntamente.
Ed invero, il T.A.R. ha ben evidenziato quale fosse il rischio che la contestata procedura di marcatura temporale (id est: di attribuzione di un protocollo informatico univoco all’offerta economica, al fine di sigillarne e cristallizzarne i contenuti nelle more del suo caricamento o “upload” nel sistema della stazione appaltante) intendeva evitare: quello che un operatore economico predisponesse una pluralità di offerte economiche, firmandole digitalmente ed apponendo, così, una marca temporale a ciascuna di esse, senza, però, inserire nella piattaforma della stazione appaltante – al momento del caricamento in essa della documentazione amministrativa e dell’offerta tecnica – l’esatto numero seriale di alcuna delle offerte predisposte; quindi, dopo averle conservate tutte nel suo computer, procedesse, all’atto di caricare l’offerta economica sulla piattaforma, a scegliere tra di esse l’offerta che a quel momento meglio gli aggradava.
La procedura di presentazione delle offerte prevista dalla legge di gara, dunque, ha una sua ragione giustificativa tutt’altro che peregrina, e ciò vale di per sé a confutare le doglianze con cui si contesta che detta procedura sarebbe farraginosa ed artificiosa e violerebbe i principi di semplificazione e di efficacia, oltre che quelli del legittimo affidamento dei concorrenti e di proporzionalità, nonché quelli di massima concorrenza e partecipazione alle gare.
La circostanza che si tratti di una procedura complessa – alla cui osservanza, peraltro, sono chiamati operatori qualificati (v.infra) – nulla toglie al fatto che con detta procedura la lex specialis persegue il fine – conforme alla legge – della garanzia della presentazione di offerte inviolabili, immodificabili ed univoche (C.d.S., Sez. III, n. 4050/2016, cit.).
È, infatti, evidente che, in difetto dell’esatta indicazione del numero seriale di marcatura temporale, l’offerta economica del concorrente (qui: l’offerta di Dussmann) risulti affetta da un vizio radicale, non essendo la stessa neppure univocamente identificabile: con il ché, si supera anche il motivo basato sulla violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, dovendo rinvenirsi la norma di legge che in ipotesi del genere impone l’esclusione del concorrente nell’art. 83, comma 9, del Codice, lì dove prevede l’impossibilità del soccorso istruttorio per sanare le irregolarità essenziali dell’offerta economica (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 27 gennaio 2020 n. 680; Sez. VI, 9 aprile 2019, n. 2344; C.G.A.R.S., Sez. Giur., 5 novembre 2018, n. 701); e nel caso in esame ci si trova certamente dinanzi ad un’irregolarità essenziale dell’offerta economica, poiché essa è tale da non consentire neppure di identificare l’offerta medesima.
La maggiore sicurezza nella conservazione dell’integrità delle offerte, la garanzia dell’impossibilità di modificare le offerte stesse, la tracciabilità di ogni operazione compiuta sono, dunque, i vantaggi propri della gestione telematica delle gare pubbliche (C.d.S., Sez. V, n. 5388/2017; cit.; Sez. III, nn. 4990/2016 e 4050/2016, citt.) che nel caso di specie hanno giustificato l’utilizzo, da parte dell’A.F.M. di Vercelli, dell’iter procedurale descritto dall’art. 7 del disciplinare telematico, cosicché sono prive di fondamento le censure sollevate da Dussmann avverso tale iter. Non coglie nel segno nemmeno la doglianza per cui sarebbe illegittimo porre a carico del concorrente l’obbligo di conservare l’offerta economica, essendo agevole obiettare, sul punto, che trattasi di una previsione della legge di gara che avrebbe dovuto essere immediatamente impugnata, ove si fosse ritenuto che la stessa rendesse troppo difficoltosa la partecipazione alla gara, ovvero gravasse la ditta concorrente di un obbligo contra jus (cfr., ex plurimis, C.d.S., A.P., 26 aprile 2018, n. 4; Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1329, 25 novembre 2019, n. 8014 e 18 luglio 2019, n. 5057; Sez. III, 1° giugno 2018, n. 3299).
Peraltro, nel contestare la propria esclusione dalla gara l’appellante incorre nel fraintendimento di un passaggio della sentenza impugnata. Questa, infatti, nel parlare di radicalità del vizio dell’offerta, nemmeno univocamente identificabile, riferisce la mancanza di univoca identificabilità all’offerta: è detta mancanza, cioè, il vizio radicale. Dussmann, invece, sostiene inverosimilmente che l’attributo della non identificabilità riguardi il vizio – nel senso che il vizio dell’offerta non sarebbe identificabile univocamente – e ne trae argomento per tacciare la sentenza di essere sul punto contraddittoria e priva di motivazione. Ma la doglianza è il frutto di un equivoco e non può, perciò, essere in alcun modo condivisa.
Altrettanto non condivisibile – ed anzi pretestuosa – è la tesi che l’errore commesso sarebbe scusabile perché Dussmann non sarebbe un operatore esperto del settore informatico: sul punto vanno, infatti, richiamati i principi di autoresponsabilità e di diligenza professionale connessi alla partecipazione di un operatore economico ad una procedura di affidamento di contratti pubblici (cfr. C.d.S., Sez. V, 12 marzo 2020, n. 1780, 5 giugno 2018, n. 3384, 7 novembre 2016, n. 4645 e 15 febbraio 2016, n. 627: sul principio di autoresponsabilità v. subito infra).
Del pari, è pretestuoso sostenere che la sentenza appellata, lì dove sottolinea i rischi che il sistema di marcatura temporale è rivolto a scongiurare, ipotizzerebbe condotte patologiche e quasi criminose, che non sarebbe giusto porre a carico della concorrente. Si è già visto, infatti, che il T.A.R. delinea, in risposta a una specifica censura di Dussmann, le ragioni per cui il sistema di marcatura approntato dalla stazione appaltante non è un’inutile complicazione procedurale, ma anzi è ragionevole, fornendo esso maggiori garanzie di intangibilità delle offerte.
Ovviamente, trattandosi di vizio dell’offerta economica, per esso – come già detto – l’art. 83, comma 9, del Codice non consentiva l’esperimento del soccorso istruttorio, cosicché anche la doglianza di difetto di istruttoria, per la mancata concessione alla ditta della possibilità di “regolarizzare” il numero seriale in un momento anteriore all’apertura delle buste, è priva di fondamento.
Sul punto va precisato che, secondo la giurisprudenza, il rimedio del soccorso istruttorio è volto sì a dare rilievo ai principi del favor participationis e della semplificazione, all’interno, però, di limiti rigorosamente determinati, come quello discendente dal principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, secondo cui ciascuno di essi sopporta le conseguenze degli eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione: “nelle gare pubbliche la radicalità del vizio dell’offerta non consente l’esercizio del soccorso istruttorio che va contemperato con il principio della parità tra i concorrenti, anche alla luce dell’altrettanto generale principio dell’autoresponsabilità dei concorrenti” (C.d.S., Sez. V, nn. 4645/2016 e 627/2016, citt.).
In particolare, nel caso de quo quello in cui è incorsa Dussmann non è per nulla – contrariamente a quanto la società stessa sostiene – un errore materiale o refuso, riconoscibile ictu oculi e rettificabile a seguito dell’intervento della stazione appaltante.
L’errore materiale, infatti, “consiste in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere ictu oculi”. Insomma, “l’errore materiale non esige alcuna attività correttiva del giudizio, che deve restare invariato, dovendosi semplicemente modificare il testo in una sua parte, per consentire di riallineare in toto l’esposizione del giudizio alla sua manifestazione” (v. C.d.S., Sez. V, n. 627/2016, cit.). Ma quello in cui è incorsa l’appellante è, invece, un errore concettuale.
Infatti, è la stessa Dussmann ad affermare nell’appello di aver inserito il codice “125” per esprimere il “numero di serie della marcatura temporale”, richiesto dal disciplinare telematico, poiché “125” è il primo dato numerico che nel certificato di firma è denominato come “seriale”. L’errore è, dunque, consistito nell’avere inteso per “numero di serie della marcatura temporale” il primo dato numerico definito “seriale” nel certificato di firma.
A questo riguardo, l’appellante torna ad invocare la scusabilità dell’errore commesso, anche in virtù del fatto che solamente nel giorno stesso di scadenza del termine per il trasferimento sul server della documentazione amministrativa e tecnica e del “codice seriale della marcatura temporale apposta”, la stazione appaltante ha chiarito il significato di tale ultimo concetto. Ma neppure sotto questo profilo la tesi della scusabilità dell’errore convince, poiché i già richiamati principi di autoresponsabilità e di diligenza professionale fanno ritenere che Dussmann dovesse dotarsi di personale munito di adeguate conoscenze informatiche e, perciò, in grado di comprendere il significato del concetto in questione e di curare gli adempimenti descritti dall’art. 7 del disciplinare telematico.
In definitiva, dunque, l’esclusione di Dussmann dalla gara si rivela legittima e immune dalle censure contenute nell’atto di appello.
Per quanto riguarda le doglianze sopra riportate sub B) – che reiterano in buona sostanza i motivi da C.I a C.IV del ricorso di primo grado – con esse l’appellante, nell’impugnare l’aggiudicazione della gara a Serenissima, si duole dell’ammissione di questa alla gara (tant’è vero che nel giudizio di primo grado ha impugnato i verbali n. 1 del 22 agosto 2019 e n. 2 del 2 settembre 2019 “nella parte in cui non è stata dichiarata l’esclusione dalla gara di Serenissima Ristorazione S.p.A.”).
Orbene, l’accertamento della legittimità dell’esclusione dalla procedura di Dussmann Service S.r.l. porta a ritenere, sulla scorta della giurisprudenza (C.d.S., A.P., 7 aprile 2011, n. 4), che non permanga ulteriormente in capo alla società la legittimazione al ricorso – nella parte in cui contiene le censure avverso l’aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata – intesa quale titolarità di una situazione giuridica soggettiva, anche nella prospettiva più attenuata dell’interesse strumentale alla ripetizione della gara.
Peraltro, anche ad opinare diversamente ed a scrutinare dette censure, queste si rivelano insuscettibili di condivisione, come già evidenziato dal T.A.R.. Ed infatti:
- nel motivo C.I del ricorso di primo grado Dussmann non ha censurato (per vero, neppure in modo generico) la possibilità, per Serenissima, di dimostrare il possesso dei requisiti ex art. 90, comma 1, del d.P.R. n. 207/2010 (requisiti per lavori pubblici di importo pari o inferiore a € 150.000,00), che il disciplinare di gara, all’art. 6.3.1, prevede come alternativi rispetto al possesso della SOA in categoria OG1 – classifica 1 e OS28 – classifica 1. Si trattava dei requisiti richiesti per prestazioni secondarie ricomprese nell’oggetto dell’affidamento (la progettazione e l’esecuzione di lavori e di interventi di manutenzione: v. art. 2.1 del disciplinare);
- la ricorrente, infatti, si è limitata a contestare la carenza, in capo alla controinteressata, “del possesso dei requisiti di qualificazione di cui agli artt. 6.1 e 6.3.1 del Disciplinare (iscrizione albo per progettisti e SOA)” e la mancata dimostrazione nella gara, ad opera della medesima controinteressata, “di poter subappaltare le prestazioni connesse a tali requisiti ad un soggetto (subappaltatore) qualificato”;
- correttamente, perciò, la sentenza appellata – preso atto che la ricorrente non aveva dedotto alcunché circa il mancato possesso dei requisiti alternativi ex art. 90, comma 1, cit., né impugnato sul punto il disciplinare di gara – ha dichiarato il motivo inammissibile;
- la pretesa illegittimità dell’ammissione di Serenissima nonostante questa abbia omesso l’indicazione nominativa del subappaltatore contrasta con il prevalente orientamento giurisprudenziale, che reputa tale indicazione non necessaria in sede di presentazione dell’offerta (C.d.S., A.P., 2 novembre 2015, n. 9; Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5745, e 23 giugno 2016, n. 2803; Sez. III, 14 febbraio 2017, n. 656, 3 novembre 2016, n. 4617, e 26 novembre 2014, n. 5856);
- va condivisa, inoltre, la declaratoria da parte del T.A.R. dell’infondatezza del motivo di ricorso C.II, poiché il Presidente del Consiglio di amministrazione, l’Amministratore delegato e il procuratore di Serenissima hanno dichiarato l’avvenuta emissione, nei propri confronti, di decreti penali di condanna mai divenuti definitivi in quanto tempestivamente opposti;
- è necessario rammentare, a tal proposito, “che i commi 1 e 5, lett. a), dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, contemplano, rispettivamente, il decreto penale di condanna divenuto “irrevocabile” e le gravi infrazioni “debitamente accertate” alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fattispecie la cui venuta a esistenza è impedita dalla proposta opposizione al decreto penale di condanna (in termini, in riferimento all’art. 38, comma 1, del d.lgs 18 aprile 2006, n. 163, previgente Codice dei contratti pubblici, Cons. Stato, V, 19 settembre 2012, n. 4971)” (così C.d.S., Sez. V, 5 maggio 2020, n. 2850). Ai sensi dell’art. 464, comma 3, c.p.p., infatti, l’opposizione al decreto penale determina la revoca di questo e la conseguente definizione del rapporto processuale con una successiva e distinta sentenza, cosicché i decreti penali opposti non spiegano valore vincolante nell’accertamento del fatto tipico di reato e non sono equiparabili alle sentenze di condanna (C.d.S., Sez. V, n. 2850/2020, cit.; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 26 novembre 2018, n. 697);
- ancora, il disciplinare di gara, all’art. 14.3.1, pone a carico dei concorrenti “l’obbligo di garantire, per il caso di impossibilità di utilizzo del Centro di cottura di via Libano, di (sic) Centro di cottura alternativo con capacità di produzione residua sufficiente a garantire la preparazione di almeno 1.800 pasti al giorno, da indicare all’atto di stipula del contratto”, qualificandolo come requisito di esecuzione del contratto, per il caso in cui il ricorrente diventi aggiudicatario;
- sul punto si applica, perciò, il consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui per i requisiti di esecuzione del contratto non è richiesto il possesso già all’atto della partecipazione alla gara, essendo sufficiente il mero – e vincolante – impegno dichiarativo (cfr. C.d.S., Sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090, 23 agosto 2019, n. 5806, e 29 luglio 2019, n. 5308, relativa proprio a un centro preparazione pasti e che richiama “il diffuso intendimento della disponibilità di un centro di cottura localizzato quale requisito di esecuzione delle prestazioni negoziali e non di partecipazione alla gara: cfr. ex permultis Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2019, n. 2190; Id., 17 luglio 2018, n. 4390; Id. 18 dicembre 2017, n. 5929; Id., 24 maggio 2017, n. 2443”);
- se, pertanto, all’atto della stipula del contratto si accerterà che la disponibilità del suddetto centro manca, la stazione appaltante non potrà addivenire a tale stipula, ma dovrà revocare l’aggiudicazione e regolarsi di conseguenza;
- da ultimo, nella fattispecie per cui è causa non sussisteva alcun obbligo della stazione appaltante di sottoporre l’offerta di Serenissima a verifica di congruità, visto che le domande di partecipazione alla gara erano state due e il concorrente rimasto in gara uno solo (cfr. art. 97, comma 3, del Codice). Per il costo della manodopera, poi, vale quanto evidenziato dalle appellate e cioè che, a fronte di una base d’asta di € 12.611.669,00, con un costo del personale pari al 54,26% e, pertanto, di € 6.843.089,00, la ditta aggiudicataria ha offerto un prezzo di € 11.967.665,18 con un costo della manodopera pari al 55,93%, per € 6.694.437,00.
Terminata la disamina dei motivi sub B), occorre aggiungere che l’infondatezza del motivo avente ad oggetto la contestazione della disponibilità di un centro di cottura alternativo, dimostra, nel contempo, l’infondatezza del primo motivo di appello, la cui disamina era stata posticipata, relativo alla mancata autorizzazione di Dussmann al deposito tardivo di documenti sui fatti di causa, ai sensi dell’art. 54, comma 1, c.p.a.: ciò, in quanto è incontestato tra le parti – ed anzi è ammesso dalla stessa appellante (v. pag. 2 della memoria di replica) – che tale deposito documentale si riferisse al centro di cottura in questione.
In conclusione, l’appello deve essere respinto, meritando l’impugnata sentenza del T.A.R. Piemonte di essere integralmente confermata, anche in relazione alle altre domande (ulteriori rispetto a quella di annullamento) presentate da Dussmann.
Le spese del giudizio di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza (III^), così definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante al pagamento in favore dell’Azienda Farmaceutica Municipalizzata di Vercelli e di Serenissima Ristorazione S.p.A. delle spese del giudizio di appello, che liquida in via forfettaria in € 2.000,00 (duemila/00) per ciascuna di dette controparti, per complessivi € 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli, Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore