Cons. Stato, Ad. Plen., 2 luglio 2020, n. 12
Il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale.
La proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.
La pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione.
Sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sull’appello recante il n.r.g. n. 9 del 2020 dell’Adunanza Plenaria (e il n.r.g. 2690 del 2019 della Sezione Quinta del Consiglio di Stato), proposto dalla s.p.a. Miorelli Service, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimiliano Brugnoletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 26/B;
contro
la s.p.a. Gestore dei Servizi Energetici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fienga e Marco Trevisan, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Sergio Fienga in Roma, Piazzale delle Belle Arti, n. 8;
nei confronti
la s.c.r.l. Co.L.Ser., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Michiara, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del signor Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
la s.p.a. Consip, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Terza, n. 3552/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.p.a. Gestore dei Servizi Energetici e della s.c.r.l. Co.L.Ser.;
Vista l’ordinanza della Sezione Quinta n. 2215 del 2020, con cui l’appello è stato sottoposto all’esame dell’Adunanza Plenaria;
Viste le memorie difensive successivamente depositate dalle parti, integrate da memorie di replica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 24 giugno 2020 il pres. Luigi Maruotti e rilevato che gli avvocati Sergio Fienga e Paolo Michiara hanno chiesto che la causa sia decisa, ai sensi dell'art. 4, comma 1, ultimo periodo, del decreto legge n. 28 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In data 5 dicembre 2017, la s.p.a. G.S.E. (Gestore servizi energetici) ha pubblicato sul proprio sito istituzionale il bando di una procedura di gara, per l’aggiudicazione - col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - del “servizio di pulizia negli uffici delle società del gruppo” siti in Roma, mediante il sistema dinamico di acquisizione della pubblica amministrazione (s.d.a.p.a.), ai sensi dell’art. 55 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per la durata di cinque anni e del valore di € 6.618.118,90.
2. All’esito della gara, la s.c.r.l. Co.l.se.r. ha ottenuto il punteggio più alto di 99,678 punti, precedendo la s.p.a. Miorelli Service, che ha ottenuto 99,268 punti.
A seguito della verifica di congruità dell’offerta, la s.p.a. G.S.E. - con un atto di data 26 ottobre 2018, pubblicato il 29 ottobre 2018 sul s.d.a.p.a. e, per estratto, sul sito istituzionale - ha aggiudicato la gara alla s.c.r.l. Co.l.se.r..
3. Con il ricorso di primo grado n. 15102 del 2018 (proposto al TAR per il Lazio, Sede di Roma, e notificato il 6 dicembre 2018), la s.p.a. Miorelli Service ha impugnato l’atto di aggiudicazione della gara e ne ha chiesto l’annullamento per violazione dell’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 7.2. del capitolato d’oneri, nonché per profili di eccesso di potere.
La ricorrente, in particolare, ha dedotto che all’offerta dell’aggiudicataria, che ha potuto esaminare in data 13 novembre 2018, è stato erroneamente attribuito un punteggio per l’utilizzo di aspirapolveri con potenza sonora interiore a sessanta decibel.
4. Il TAR, con la sentenza n. 3552 del 2019, ha dichiarato irricevibile il ricorso della s.p.a. Miorelli Service, in accoglimento di una eccezione formulata dalla s.p.a. G.S.E., per la quale la notifica di data 6 dicembre 2018 sarebbe tardiva, perché effettuata il trentottesimo giorno successivo alla pubblicazione dell’atto di aggiudicazione sul ‘portale acquisti in rete PA nel sistema s.d.a.p.a.’, avvenuta in data 29 ottobre 2018 e seguita dalla visione da parte della ricorrente il giorno successivo.
Il TAR, con la sua ratio decidendi, ha richiamato l’art. 120, comma 5, del c.p.a. ed ha ritenuto che:
- tali disposizioni vanno interpretate in coerenza con i principi generali sul decorso del termine di decadenza per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi e sulla rilevanza della loro effettiva conoscenza;
- il termine per impugnare gli atti delle procedure di affidamento di appalti pubblici decorre, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto e ciò anche se non siano rispettate le forme della sua comunicazione, previste dall’art. 79 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, poiché il comma 5 attribuisce rilievo alla loro piena conoscenza;
- nel caso in esame, l’Amministrazione aggiudicatrice ha fornito la prova certa della conoscenza da parte della ricorrente della delibera di aggiudicazione.
5. Con l’appello n. 2690 del 2019, la s.p.a. Miorelli Service ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia dichiarato ricevibile e sia accolto, perché fondato.
Con il primo motivo, l’appellante ha contestato la statuizione del TAR sulla inammissibilità del ricorso di primo grado, deducendo la violazione degli articoli 41 e 120 del c.p.a. e degli articoli 52, 53 e 76 del d.lgs. n. 50 del 2016.
L’appellante ha dedotto che:
a) mancherebbe la prova certa che vi sia stata l’effettiva ‘piena conoscenza’ della aggiudicazione in data 30 ottobre 2018 e non rileverebbe la copia della pagina web tratta dal sistema s.d.a.p.a. (che riporta il 29 ottobre 2018 come data di invio e di ricezione della comunicazione dell’atto di aggiudicazione e il 30 ottobre 2018 come data di lettura della comunicazione), poiché:
- non vi sarebbe la prova dell’invio di tale comunicazione (non essendo stato allegato, né indicato, l’indirizzo mail della società al quale essa sarebbe stata spedita);
- neppure vi sarebbero elementi per ritenere che alla “Miorelli Service a socio unico” era effettivamente associato un suo indirizzo mail;
b) in ogni caso, la comunicazione dell’aggiudicazione con il sistema s.d.a.p.a. non poteva far decorrere il termine di impugnazione (poiché, per l’art. 120, comma 5, del c.p.a., l’unica forma di comunicazione rilevante ai fini processuali sarebbe solo quella a mezzo PEC, tanto più che le parole “in ogni altro caso”, contenute alla fine del medesimo comma, si riferirebbero alla conoscenza della aggiudicazione ottenuta dal ricorrente aliunde rispetto alla sua comunicazione), sicché la notifica del ricorso di primo grado, di data 6 dicembre 2018, sarebbe tempestiva, rispetto alla comunicazione della aggiudicazione, effettuata via PEC il 6 novembre 2018;
c) per di più, la mera conoscenza della emanazione della aggiudicazione non poteva fare decorrere il termine per la proposizione della censura sul punteggio attribuito all’aggiudicataria, poiché solo con l’accesso agli atti di gara, consentito dalla s.p.a. G.S.E. il 13 novembre 2018, sarebbe stato possibile avere cognizione dei vizi dei relativi atti.
6. La s.p.a. G.S.E. e la s.c.r.l. Co.l.s.er. si sono costituite in giudizio, chiedendo che l’appello sia respinto.
7. Con l’ordinanza di rimessione n. 2215 del 2020, la Sezione Quinta ha osservato che le questioni controverse tra le parti riguardano l’individuazione:
a) delle forme e delle modalità delle comunicazioni dell’atto di aggiudicazione di un appalto;
b) della data di inizio della decorrenza del termine per impugnare tale atto;
c) dei casi in cui rilevi la sua piena ed effettiva conoscenza, quando ne manchi la formale comunicazione.
La Sezione Quinta ha evidenziato le esigenze della certezza dei rapporti giuridici e della stabilità dell’atto di aggiudicazione ed ha richiamato il principio di effettività della tutela giurisdizionale, segnalando che su tali questioni non si è formata una giurisprudenza univoca.
Di conseguenza, la Quinta Sezione ha sottoposto all’esame della Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:
“a) se il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione possa decorrere di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
b) se le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentano la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica – con le ovvie conseguenze anche ai soli fini di eventuali responsabilità erariale – della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal già citato articolo 29;
c) se la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara non sia giammai idonea a far slittare il termine per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che decorre dalla pubblicazione ex art. 29 ovvero negli altri casi patologici dalla comunicazione ex art. 76, e legittima soltanto la eventuale proposizione dei motivi aggiunti, ovvero se essa comporti la dilazione temporale almeno con particolare riferimento al caso in cui le ragioni di doglianza siano tratte dalla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero dalle giustificazioni da questi rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
d) se dal punto di vista sistematico la previsione dell’art. 120, comma 5, c.p.a. che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex art. 78 del d.lgs. n. 50 del 2016) ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, debba intendersi nel senso che essa indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare;
e) se in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara ex art, 29 del d.lgs. n. 50 del 2016 debba considerarsi rientrante in quelle modalità di conoscenza aliunde;
f) se idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione debbano considerare quelle forme di comunicazione e pubblicità individuate nella lex specialis di gara e accettate dagli operatori economici ai fini della stessa partecipazione alla procedura di gara’.
8. Le parti hanno depositato memorie difensive e memorie di replica, illustrando le questioni controverse ed insistendo nelle già formulate conclusioni.
9. Ritiene l’Adunanza Plenaria che le questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione vadano risolte tenendo conto dei dati testuali delle vigenti disposizioni normative, nonché dei principi enunciati in materia dalla Corte di Giustizia della Unione Europea.
10. Per quanto riguarda la decorrenza del termine di impugnazione degli atti amministrativi, il c.p.a. contiene regole generali all’art. 41, comma 2, e regole speciali, tra cui quelle previste dall’art. 120, comma 5, in tema di impugnazione degli atti delle gare d’appalto.
Le regole generali contenute nell’art. 41, comma 2, prima parte, sono le seguenti: ‘qualora sia proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge’.
In tema di impugnazione degli atti delle gare d’appalto, l’art. 120, comma 5, dispone che ‘per l'impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all'articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell'atto’.
11. La ratio delle disposizioni speciali contenute nell’art. 120, comma 5, prima parte, è composita.
11.1. Prima dell’entrata in vigore del c.p.a. - e con riferimento alle tradizionali disposizioni sulla proponibilità anche in materia di appalti del ricorso al TAR o al Presidente della Repubblica entro i consueti termini di decadenza, rispettivamente, di sessanta o di centoventi giorni - la giurisprudenza riteneva che anche in tale materia si applicavano i principi generali sulla decorrenza del termine di impugnazione.
Pertanto, si affermava che il dies a quo decorreva dalla comunicazione della aggiudicazione o dalla conoscenza della sua portata lesiva e che non rilevava la distinzione tra i vizi desumibili dall’atto comunicato e gli altri vizi percepibili aliunde, poiché sussisteva l’onere della immediata impugnazione dell’atto lesivo, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti a seguito della conoscenza degli atti impugnati e degli eventuali loro profili di illegittimità (Cons. Stato, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3298; Sez. V, 2 aprile 1996, n. 381; Sez. V, 4 ottobre 1994, n. 1120; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giuris., 20 aprile 1998, n. 261).
11.2. In attuazione della direttiva n. 66 del 2007 e dell’art. 44 della legge delega n. 88 del 2009, il d.lgs. n. 53 del 2010 ha tra l’altro modificato l’art. 245 del ‘primo codice’ dei contratti pubblici, inserendovi il comma 2 quinquies, lett. a), che ha previsto il termine di trenta giorni per proporre il ricorso giurisdizionale (termine connesso alla disciplina sullo stand still di cui all’art. 11 dello stesso ‘primo codice’, che ha richiamato gli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 79).
A sua volta, l’art. 120 del c.p.a.
- al comma 1, ha introdotto la disposizione innovativa della esclusione della proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ancora espressamente ammesso dall’art. 245 del ‘primo codice’;
- al comma 2, ha ribadito la regola – introdotta dal d.lgs. n 53 del 2010 - della proponibilità del ricorso entro il termine di trenta giorni, dimezzato rispetto a quello ordinariamente previsto per la proposizione di un ricorso al TAR;
- al comma 5, ha introdotto ulteriori disposizioni sulla rilevanza della pubblicazione degli atti, da effettuare ai sensi dell’art. 79 del ‘primo codice’ sui contratti pubblici.
In particolare, tale comma 5 – ispirandosi al principio della effettività della tutela giurisdizionale delle imprese interessate – ha disposto che il termine per l’impugnazione comincia a decorrere da una ‘data oggettivamente riscontrabile’, da individuare:
- da un lato, sulla base degli ‘incombenti formali ex lege’ cui è tenuta l’Amministrazione aggiudicatrice (connessi alla disciplina sullo stand still, contenuta dapprima nell’art. 11 del ‘primo codice’ e poi nell’art. 32, comma 9, del ‘secondo codice’);
- dall’altro lato, sulla base del criterio della normale diligenza per la conoscenza degli atti, cui è tenuta l’impresa che intenda proporre il ricorso.
Sulla base di tali innovative disposizioni, la giurisprudenza – con riferimento agli atti emanati prima dell’entrata in vigore del ‘secondo codice’ – ha escluso la necessità di proporre ricorsi ‘al buio’, con salvezza di motivi aggiunti, nei giudizi ‘concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture’.
12. Per la determinazione della ‘data oggettivamente riscontrabile’ quale dies a quo, l’art. 120, comma 5, del c.p.a. ha infatti fissato tre regole:
a) per la impugnazione degli atti ‘concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture’, incluse le aggiudicazioni, si è richiamata la data di ‘ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163’ (recante il titolo ‘informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’), attribuendo, dunque, rilievo decisivo al rispetto delle previsioni dell’art. 79;
b) per l’impugnazione dei bandi e degli avvisi ‘con cui si indice una gara, autonomamente lesivi’, si è richiamata la data di ‘pubblicazione di cui all'articolo 66, comma 8’ del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006, attribuendo, dunque, analogo rilievo a tale pubblicazione;
c) ‘in ogni altro caso’, va accertata la ‘conoscenza dell'atto’.
Per i casi previsti dalle lettere a) e b), l’art. 120 ha attribuito dunque rilievo decisivo al compimento delle ‘informazioni’ e delle ‘pubblicazioni’ che l’Amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad effettuare.
13. Come si desume dall’ordinanza di rimessione, per le aggiudicazioni disposte nel vigore dell’art. 245 del ‘primo codice’ dei contratti pubblici (come modificato con il d.lgs. n. 53 del 2010) e del sostanzialmente corrispondente art. 120 del c.p.a., si erano consolidati i seguenti orientamenti giurisprudenziali.
14. Qualora l’Amministrazione aggiudicatrice avesse inviato una ‘comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione’ (con l’esposizione delle ragioni di preferenza per l’offerta dell’aggiudicatario), si affermava che il ricorso era proponibile nel termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione della aggiudicazione ai sensi dell’art. 79 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (richiamato dall’art. 120, comma 5, del c.p.a. e recante il titolo ‘Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’).
Dovendosi coordinare l’art. 120, comma 5, del c.p.a. con l’art. 79 del d.lgs. n. 50 del 2006 (richiamato dal medesimo comma 5), la sopra citata giurisprudenza riteneva che:
- aveva un rilievo centrale il comma 5 quater dell’art. 79 (come introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 53 del 2010), per il quale, ‘Fermi i divieti e differimenti dell'accesso previsti dall'articolo 13, l'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'articolo 13’;
- il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione si doveva incrementare di un numero di giorni (massimo dieci) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non fossero oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione (Cons. Stato, Sez. III, 28 agosto 2014, n. 4432; Sez. V, 5 febbraio 2018, n. 718; Sez. III, 3 luglio 2017, n. 3253; Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1953; Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 851; Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 592; Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 864);
- qualora l’Amministrazione aggiudicatrice avesse però rifiutato illegittimamente l’accesso o avesse avuto ‘comportamenti dilatori’, il termine per l’impugnazione cominciava a decorrere dalla data in cui l’accesso era stato effettivamente consentito (Cons. Stato, sez. III, 22 luglio 2016, n. 3308; sez. III, 3 marzo 2016, n. 1143; sez. V, 7 settembre 2015, n. 4144; sez. V, 6 maggio 2015, n. 2274; sez. III, 7 gennaio 2015, n. 25; sez. V, 13 marzo 2014, n. 1250).
15. Qualora fosse invece mancata la ‘comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione’ (avendo l’Amministrazione aggiudicatrice comunicato soltanto l’avvenuta aggiudicazione ed il nominativo dell’aggiudicatario), si affermava che si doveva tenere conto della esigenza per l’interessato di conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e, in generale, gli atti della procedura di gara, per poter esaminare compiutamente il loro contenuto e verificare la sussistenza di eventuali vizi (Cons. Stato, Sez. V, 26 luglio 2017, n. 3675; Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1953; Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 592; Sez. V, 26 novembre 2016, n. 4916; Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 408; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisd., 8 giugno 2017, n. 274).
16. Su questo articolato, ma consolidato, quadro normativo e giurisprudenziale, ha inciso l’entrata in vigore del ‘secondo codice’ dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 50 del 2016.
Tale codice non ha testualmente modificato l’art. 120, comma 5, del c.p.a., ma ha con esso interferito sotto un duplice aspetto.
16.1. In primo luogo, l’art. 217 del ‘secondo codice’ ha abrogato il d.lgs. n. 163 del 2006, di approvazione del ‘primo codice’, incluso l’art. 79 (che però continua ad essere richiamato dal medesimo art. 120, comma 5, del c.p.a.).
Già tale discrasia di per sé implica la necessità di chiarire il significato da attribuire all’art. 120, comma 5, giacché esso richiama un articolo che è stato ormai espressamente abrogato nel 2016.
16.2. In secondo luogo, gli articoli 29 e 76 del ‘secondo codice’ in materia di accesso, di informazioni e di pubblicazione degli atti contengono ben diverse disposizioni, rispetto a quelle contenute nell’abrogato art. 79, le quali – come si è prima osservato - avevano anche la funzione di delimitare la portata applicativa dell’art. 120, comma 5, del c.p.a., sulla individuazione del dies a quo per l’impugnazione delle diverse tipologie degli atti di gara.
Il vigente art. 29 – in applicazione del principio di trasparenza – ha disposto al comma 1 che tutti gli atti del procedimento “devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”, aggiungendo che, “Fatti salvi gli atti a cui si applica l’articolo 73, comma 5, i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”.
Il vigente art. 76 – sulla “Informazione dei candidati e degli offerenti” – ha disposto che:
- ‘Le stazioni appaltanti, nel rispetto delle specifiche modalità di pubblicazione stabilite dal presente codice, informano tempestivamente ciascun candidato e ciascun offerente delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto o all’ammissione di un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi dell’eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione’ (comma 1);
- ‘Su richiesta scritta dell’offerente e del candidato interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta: a) ad ogni offerente, i motivi del rigetto della sua offerta, inclusi, per i casi di cui all’articolo 68, commi 7 e 8, i motivi della decisione di non equivalenza o della decisione secondo cui i lavori, le forniture o i servizi non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali; a bis) ad ogni candidato escluso, i motivi del rigetto della sua domanda di partecipazione; b) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro; c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, lo svolgimento e l’andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli offerenti’ (comma 2);
- ‘Le stazioni appaltanti comunicano d’ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni: a) l’aggiudicazione, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera d’invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva; b) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi; c) la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati; d) la data di stipula del contratto con l’aggiudicazione, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma’ (comma 5).
17. Con l’entrata in vigore del ‘secondo codice’ degli appalti, sono dunque sorte le questioni interpretative, conseguenti in primo luogo al mantenimento nell’art. 120, comma 5, del c.p.a. del richiamo all’art. 79 del ‘primo codice’ ormai abrogato, e in secondo luogo alla diversità di disciplina in materia di accesso, informazioni e pubblicità degli atti, contenuta nei due codici dei contratti pubblici susseguitisi nel tempo.
18. Come ha osservato l’ordinanza di rimessione, tali questioni interpretative hanno condotto ai contrapposti orientamenti giurisprudenziali, che l’Adunanza Plenaria è in questa sede chiamata a risolvere.
19. Per una prima impostazione, va data continuità – con inevitabili adattamenti - agli orientamenti giurisprudenziali sopra sintetizzati ai §§ 14 e 15, pur dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016 (malgrado il mancato coordinamento del ‘secondo codice’ dei contratti pubblici con il c.p.a. e malgrado il mutamento della disciplina sull’accesso agli atti della gara).
Si è infatti affermata la perdurante rilevanza del richiamo ancora contenuto nell’art. 120, comma 5, del c.p.a., ma da intendere rivolto non più all’art. 79 (‘Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni’) del ‘primo codice’ ormai abrogato, ma all’art. 76 (‘Informazione dei candidati e degli offerenti’) del ‘secondo codice’ (Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 2019, n. 3879; Sez. V, 27 novembre 2018, n. 6725).
In considerazione del diverso contenuto dell’art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, si è precisato che la ‘dilazione temporale’ prima fissata in dieci giorni per l’accesso informale ai documenti di gara (disciplinato dall’art. 79, comma 5 quater , del ‘primo codice’, ma non più disciplinato dal ‘secondo codice’) si debba ora ragionevolmente determinare in quindici giorni, termine previsto dal vigente art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato (Cons. Stato, Sez. V, 20 settembre 2019, n. 6251; Sez. V, 2 settembre 2019, n. 6064; Sez. V, 13 agosto 2019, n. 5717, Sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).
Similmente a quanto deciso in giurisprudenza in sede di interpretazione dell’art. 120, comma 5, del c.p.a. nel periodo di vigenza dell’art. 79 del ‘primo codice’, si è altresì ribadito che, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti (Cons. Stato, Sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).
20. Per una seconda impostazione, l’abrogazione dell’art. 79 del ‘primo codice’ comporta che non abbia più rilievo il richiamo ad esso operato dall’art. 120, comma 5, del c.p.a., con le seguenti conseguenze:
- il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione decorre in ogni caso dalla ricezione della comunicazione della aggiudicazione ovvero, in mancanza, dalla conoscenza dell’aggiudicazione che l’interessato abbia comunque acquisito aliunde;
- non rileva più la distinzione (prima basata sull’art. 120, comma 5, dell’art. 79 del ‘primo codice’, ma divenuta irrilevante) tra i vizi desumibili dall’atto comunicato, per il quale il dies a quo decorrerebbe dalla comunicazione dell’aggiudicazione, e gli altri vizi percepibili aliunde, per i quali il dies a quo decorrerebbe dal momento dell’effettiva conoscenza (Cons. Stato, Sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7384; Sez. IV, 23 febbraio 2015, n. 856; Sez. V, 20 gennaio 2015, n. 143);
- la conoscenza dei vizi dell’aggiudicazione, successiva alla sua comunicazione, consente la proponibilità dei motivi aggiunti.
21. Prima di esaminare le questioni sulla tempestività del ricorso di primo grado, l’Adunanza Plenaria:
- premette che, per la pacifica giurisprudenza della Corte di Giustizia, ‘gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile, onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi’ (Corte di Giustizia, 14 febbraio 2019, in C-54/18, punto 29; 7 novembre 1996, in C-221/94, punto 22; 10 maggio 1991, in C-361/88);
- rileva che le questioni sulla tempestività del ricorso di primo grado non riguardano la singola controversia in esame, ma attengono alla ricostruzione del quadro normativo dell’ordinamento nazionale, conseguente ad un mancato coordinamento tra le modifiche introdotte con il ‘secondo codice’ dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e le preesistenti disposizioni del c.p.a.;
- nel decidere sui quesiti sollevati dall’ordinanza di rimessione, in applicazione dell’art. 58 del regio decreto n. 444 del 1942 ritiene di dover trasmettere copia della presente sentenza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la doverosa segnalazione di tale mancato coordinamento, affinché sia disposta una modifica legislativa ispirata alla necessità che vi sia un ‘sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile’, disciplinato dalla legge con disposizioni di immediata lettura da parte degli operatori cui si rivolgono le direttive dell’Unione Europea.
22. Passando all’esame delle questioni rilevanti in questa sede, ritiene l’Adunanza Plenaria che, tra le due soluzioni sino ad ora prospettate dalla giurisprudenza, vada seguita quella sopra esposta al § 19.
23. Innanzitutto, va rimarcato come il legislatore non abbia modificato l’art. 120, comma 5, del c.p.a., per quanto riguarda il suo richiamo all’art. 79 del ‘primo codice’, il quale – come si è sopra osservato – ha dato rilievo ad una ‘data oggettivamente riscontrabile’, da individuare in considerazione degli incombenti formali cui è tenuta ex lege l’Amministrazione aggiudicatrice e del rispetto della regola della diligenza cui è tenuta l’impresa interessata.
In altri termini, in sede di emanazione del ‘secondo codice’ degli appalti, non vi è stata alcuna determinazione del conditor iuris di modificare la regola speciale contenuta nel c.p.a., sul rilievo decisivo da attribuire – ai fini processuali - agli incombenti formali informativi cui è tenuta l’Amministrazione aggiudicatrice, indispensabili per individuare il dies a quo.
Come evidenziato dalle sentenze sopra richiamate al § 19, le incongruenze conseguenti al mancato coordinamento del ‘secondo codice’ con l’art. 120, comma 5, del c.p.a. si possono allora superare ritenendo che non vi è stato il necessario coordinamento del richiamo effettuato dal medesimo comma 5: il riferimento alla formalità previste dall’art. 79 del ‘primo codice’ deve ora intendersi effettuato alle formalità previste dall’art. 76 del ‘secondo codice’.
24. Tale constatazione non esaurisce però la definizione dei quesiti sollevati dall’ordinanza di rimessione.
Infatti, l’art. 76 del ‘secondo codice’ non contiene specifiche regole sull’accesso informale, in precedenza consentito per le procedure di gara dall’art. 79, comma 5 quater, del ‘primo codice’ (che contribuiva a dare un compiuto e prevedibile significato all’art. 120, comma 5, del c.p.a.).
25. Ritiene l’Adunanza Plenaria che – a seguito della mancata riproduzione nel ‘secondo codice’ di specifiche disposizioni sull’accesso informale agli atti di gara – rilevano le disposizioni generali sull’accesso informale, previste dall’art. 5 del regolamento approvato con il d.P.R. n. 184 del 2006.
25.1. Queste sono divenute applicabili per gli atti delle procedure di gara in questione a seguito della abrogazione delle disposizioni speciali, previste dall’art. 79, comma 5 quater, del ‘primo codice’.
25.2. L’Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti, sicché - in presenza di eventuali suoi comportamenti dilatori (che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti) - va ribadito quanto già affermato dalla giurisprudenza sopra richiamata al § 19, per la quale, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara (e dei relativi allegati), il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti.
26. Ritiene inoltre l’Adunanza Plenaria che, per la individuazione della decorrenza del termine per l’impugnazione, rileva anche l’art. 29, comma 1, ultima parte, del ‘secondo codice’, per il quale “i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”.
L’impresa interessata – che intenda proporre un ricorso - ha l’onere di consultare il ‘profilo del committente’, dovendosi desumere la conoscenza legale degli atti dalla data nella quale ha luogo la loro pubblicazione con i relativi allegati (data che deve costantemente risultare dal sito).
27. In considerazione dell’immutato testo dell’art. 120, comma 5, del c.p.c., degli articoli 29, comma 1, e 76 del ‘secondo codice’, nonché dell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006, ritiene l’Adunanza Plenaria che per determinare il dies a quo per l’impugnazione va riaffermata la perdurante rilevanza della ‘data oggettivamente riscontrabile’, cui ancora si riferisce il citato comma 5.
La sua individuazione, dunque, continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla ‘informazione’ e alla ‘pubblicazione’ degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una ‘richiesta scritta’, per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’, applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale.
28. Le considerazioni che precedono sono corroborate dall’esame dell’art. 2 quater della direttiva n. 665 del 1989 e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
28.1. L’art. 2 quater della direttiva n. 665 del 1989 ha disposto che il termine ‘per la proposizione del ricorso’ – fissato dal legislatore nazionale – comincia ‘a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dell’Amministrazione aggiudicatrice è stata inviata’ al partecipante alla gara, ‘accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti’.
Da tale disposizione, si desume che la direttiva ha fissato proprio il principio posto a base dapprima dell’art. 245 del ‘primo codice’ e poi dell’art. 120, comma 5, del c.p.a., e cioè che la decorrenza del termine di impugnazione dipenda dall’accertamento di una ‘data oggettivamente riscontrabile’, riconducibile al rispetto delle disposizioni sulle informazioni dettagliate, spettanti ai partecipanti alla gara.
28.2. Inoltre, come ha evidenziato l’ordinanza di rimessione, in sede di interpretazione dell’art. 1, § 1, della direttiva n. 665 del 1989, la Corte di Giustizia ha evidenziato che:
- i termini imposti per proporre i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando ‘il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione” (Corte di Giustizia, Sez. IV, 14 febbraio 2019, in C-54/18, punto 21 e anche punti 32 e 45, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante il comma 2 bis dell’art. 120 del c.p.a., poi abrogato dalla legge n. 55 del 2019; Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, punto 37, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante proprio l’art. 79 del ‘primo codice’ e l’art. 120, comma 5, del c.p.a.);
- “una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare «motivi aggiunti» nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso” (Corte di Giustizia, Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, cit., punto 40).
28.3. Anche l’art. 2 quater della direttiva n 665 del 1989 e tale giurisprudenza inducono a ritenere che la sopra riportata normativa nazionale vada interpretata nel senso che il termine di impugnazione degli atti di una procedura di una gara d’appalto non può che decorrere da una data ancorata all’effettuazione delle specifiche formalità informative di competenza della Amministrazione aggiudicatrice, dovendosi comunque tenere conto anche di quando l’impresa avrebbe potuto avere conoscenza degli atti, con una condotta ispirata alla ordinaria diligenza.
29. In altri termini e in sintesi, l’Adunanza Plenaria ritiene che – ai fini della decorrenza del termine di impugnazione - malgrado l’improprio richiamo all’art. 79 del ‘primo codice’, ancora contenuto nell’art. 120, comma 5, del c.p.a. – rilevano:
a) le regole che le Amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare in tema di ‘Informazione dei candidati e degli offerenti’ (ora contenute nell’art. 76 del ‘secondo codice’);
b) le regole sull’accesso informale (contenute in termini generali nell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006), esercitabile – anche quando si tratti di documenti per i quali la legge non prevede espressamente la pubblicazione - non oltre il termine previsto dall’art. 76, prima parte del comma 2, del ‘secondo codice’;
c) le regole (contenute nell’art. 29, comma 1, ultima parte, del ‘secondo codice’) sulla pubblicazione degli atti, completi dei relativi allegati, ‘sul profilo del committente’, il cui rispetto comporta la conoscenza legale di tali atti, poiché l’impresa deve avere un comportamento diligente nel proprio interesse.
30. I principi che precedono risultano conformi alle ‘esigenze di celerità dei procedimenti di aggiudicazione di affidamenti di appalti pubblici’, sottolineate dall’ordinanza di rimessione.
Tali esigenze:
- sono state specificamente valutate dal legislatore in sede di redazione dapprima dell’art. 245 del ‘primo codice’ (come modificato dal d.lg. n. 53 del 2010) e poi dell’art. 120, commi 1 e 5, del c.p.a. (con le connesse regole sopra richiamate della esclusione della proponibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e della fissazione del termine di trenta giorni, ancorata per quanto possibile ad una ‘data oggettivamente riscontrabile’);
- sono concretamente soddisfatte – anche nell’ottica della applicazione dell’art. 32, comma 9, del ‘secondo codice’ sullo stand still - in un sistema nel quale le Amministrazioni aggiudicatrici rispettino i loro doveri sulla trasparenza e sulla pubblicità, previsti dagli articoli 29 e 76 del ‘secondo codice’, fermi restando gli obblighi di diligenza ricadenti sulle imprese, di consultare il ‘profilo del committente’ ai sensi dell’art. 29, comma 1, ultima parte, dello stesso codice e di attivarsi per l’accesso informale, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006, da considerare quale ‘normativa di chiusura’ anche quando si tratti di documenti per i quali l’art. 29 citato non prevede la pubblicazione (offerte dei concorrenti, giustificazioni delle offerte).
31. L’ordinanza di rimessione ha posto anche una ulteriore specifica questione (concretamente rilevante per la definizione del caso di specie), sul se il ‘principio della piena conoscenza o conoscibilità’ (per il quale in materia il ricorso è proponibile da quando si sia avuta conoscenza del contenuto concreto degli atti lesivi o da quando questi siano stati pubblicati sul ‘profilo del committente’) si applichi anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerga dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta.
Ritiene l’Adunanza Plenaria che il ‘principio della piena conoscenza o conoscibilità’ si applichi anche in tale caso, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del ‘secondo codice’ (come sopra rilevato ai punti 19 e 27).
Poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un ricorso ‘al buio’ [‘in abstracto’, nella terminologia della Corte di Giustizia, e di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell’art. 40, comma 1, lettera d), del c.p.a.], cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti.
32. Sulla base delle considerazioni che precedono, l’Adunanza Plenaria ritiene di affermare i seguenti principi di diritto:
“a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati’.
33. A seguito dell’enunciazione di questi principi di diritto, sussistono i presupposti per rimettere l’esame dell’appello alla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, la quale ne valuterà le concrete ricadute al fine di deciderlo con la sentenza definitiva, con ogni conseguenza anche in ordine alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), pronunciando sull'appello n.r.g. 9 del 2020 Ad.Plen., enuncia i principi di diritto di cui al punto 32 della motivazione e restituisce gli atti alla Sezione Quinta, per la definizione dell’appello n.r.g. 2690 del 2019, anche in ordine alle spese del giudizio.
Dispone, ai sensi dell’art. 58 del regio decreto n. 444 del 1942, che a cura della Segreteria vada trasmessa copia della presente sentenza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per le ragioni indicate al punto 21 della motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, con sede in Roma, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2020.
Con ordinanza n. 2215 del 2020 la V Sezione del Consiglio di Stato ha deferito all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni di diritto: “a) Se il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione possa decorrere di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016; b) se le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentano la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica – con le ovvie conseguenze anche ai soli fini di eventuali responsabilità erariale – della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal già citato articolo 29; c) se la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara non sia giammai idonea a far slittare il termine per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che decorre dalla pubblicazione ex art. 29 ovvero negli altri casi patologici dalla comunicazione ex art. 76, e legittima soltanto la eventuale proposizione dei motivi aggiunti, ovvero se essa comporti la dilazione temporale almeno con particolare riferimento al caso in cui le ragioni di doglianza siano tratte dalla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero dalle giustificazioni da questi rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta; d) se dal punto di vista sistematico la previsione dell’art. 120, comma 5, c.p.a. che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex art. 78 del d.lgs. n. 50 del 2016) ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, debba intendersi nel senso che essa indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare; e) se in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara ex art, 29 del d.lgs. n. 50 del 2016 debba considerarsi rientrante in quelle modalità di conoscenza aliunde; f) se idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione debbano considerarsi quelle forme di comunicazione e pubblicità individuate nella lex specialis di gara e accettate dagli operatori economici ai fini della stessa partecipazione alla procedura di gara”.
L’Adunanza Plenaria ritiene che le questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione vadano risolte tenendo conto dei dati testuali delle vigenti disposizioni normative nonché dei principi enunciati in materia dalla Corte di Giustizia della Unione Europea.
Va al riguardo precisato che le prescrizioni di legge inserite nel codice del processo hanno, sia pure indirettamente e formalmente, subito una modifica a seguito dell’intervento nel nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) che, com’è noto, ha recepito le nuove direttive appalti nn. 23, 24 e 25 del 2014, novellando il precedente Codice del 2006, al quale le disposizioni di rito facevano (invero, come meglio di seguito vedremo, ancora fanno) riferimento.
Tanto premesso il Supremo Consesso amministrativo avvia la propria analisi dal dato letterale degli artt. 41, comma 2 - che contiene le regole generali in materia di decorrenza del termine di impugnazione, a parere del quale “qualora sia proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge” - e 120, comma 5 c.p.a. - che, invece, individua talune regole speciali valide esclusivamente per i casi di impugnazione degli atti delle gare d’appalto, ai sensi delle quali: “per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto”.
Doveroso, invero, un passo indietro. Precedentemente alla entrata in vigore del codice del processo, la giurisprudenza riteneva che anche nella materia appalti trovassero piena applicazione i principi generali sulla decorrenza del termine di impugnazione. In specie, si affermava che il dies a quo decorreva dalla comunicazione dell’aggiudicazione o dalla conoscenza della sua portata lesiva e che non rilevava la distinzione tra i vizi desumibili dall’atto comunicato e gli altri vizi percepibili aliunde, poiché sussisteva l’onere della immediata impugnazione dell’atto lesivo, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti a seguito della conoscenza degli atti impugnati e degli eventuali loro profili di illegittimità (in termini, Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3298; Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 1996, n. 381; id., 4 ottobre 1994, n. 1120; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giuris., 20 aprile 1998, n. 261).
In attuazione della direttiva n. 66 del 2007 e dell’art. 44 della legge delega n. 88 del 2009, il d.lgs. n. 53 del 2010 ha modificato l’art. 245 dell’originario codice dei contratti pubblici, inserendovi il comma 2-quinquies, lett. a), così prevedendo il termine di trenta giorni per proporre il ricorso giurisdizionale (termine connesso alla disciplina sullo stand still di cui all’art. 11 dello stesso codice appalti allora vigente, che ha richiamato gli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 79).
Con successivo d.lgs. n. 104/2010, di attuazione dell’art. 44 l. n. 69/2009, il Legislatore ha introdotto nell’ordinamento amministrativo un apposito codice del processo, prevedendo - per quanto qui di rilievo - all’art. 120 la disciplina per i giudizi in materia appalti. Il comma 1 dell’indicato art. 120 c.p.a. ha, così, introdotto l’innovativa disposizione dell’esclusione della proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (ancora espressamente ammessa sotto la vigenza dell’art. 245 d.lgs. n. 163/2006); il successivo comma 2, invece, ha ribadito la regola - introdotta dal d.lgs. n 53 del 2010 - della proponibilità del ricorso entro il termine di trenta giorni, dimezzato rispetto a quello ordinariamente previsto per la proposizione di un ricorso al TAR (art. 41, comma 2 cit.); il comma 5, infine, ha introdotto ulteriori disposizioni sulla rilevanza della pubblicazione degli atti, da effettuare ai sensi dell’art. 79 del “vecchio codice dei contratti pubblici”, in specie statuendo che il termine per l’impugnazione comincia a decorrere da una “data oggettivamente riscontrabile”, in tal modo esaltando il principio di effettività di tutela giurisdizionale delle imprese interessate.
Soffermando l’attenzione sulla disposizione da ultimo citata, va detto che la stessa, al fine di determinare la data “oggettivamente riscontrabile” quale dies a quo, fissa tre regole: a) per la impugnazione degli atti “concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture”, incluse le aggiudicazioni, si è richiamata la data di “ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163” (recante il titolo “Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni”), attribuendo, dunque, rilievo decisivo al rispetto delle previsioni dell’art. 79; b) per l’impugnazione dei bandi e degli avvisi “con cui si indice una gara, autonomamente lesivi”, si è richiamata la data di “pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8” del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006, attribuendo, dunque, analogo rilievo a tale pubblicazione; c) “in ogni altro caso”, va accertata la “conoscenza dell’atto”.
Per le ipotesi di cui alle lett. a) e b), dunque, il Legislatore ha attribuito rilievo decisivo al compimento delle “informazioni” e delle “pubblicazioni” che l’Amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad effettuare.
Ora, sotto la vigenza dell’originario codice dei contratti pubblici, in giurisprudenza si erano consolidati i seguenti orientamenti.
Qualora l’Amministrazione aggiudicatrice avesse inviato una “comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione” (con l’esposizione delle ragioni di preferenza per l’offerta dell’aggiudicatario), si affermava che il ricorso era proponibile nel termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione della aggiudicazione ai sensi dell’art. 79 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (richiamato dall’art. 120, comma 5 c.p.a. e recante il titolo “Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni”). Inoltre, dovendosi coordinare l’art. 120, comma 5 del c.p.a. con l’art. 79 del d.lgs. n. 50 del 2006 (richiamato dal medesimo comma 5), la sopra citata giurisprudenza riteneva che: i) aveva un rilievo centrale il comma 5-quater dell’art. 79 (come introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 53 del 2010), per il quale, “fermi i divieti e differimenti dell’accesso previsti dall'articolo 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'articolo 13”; ii) il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione si doveva incrementare di un numero di giorni (massimo dieci) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non fossero oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione; iii) qualora l’Amministrazione aggiudicatrice avesse però rifiutato illegittimamente l’accesso o avesse avuto “comportamenti dilatori”, il termine per l’impugnazione cominciava a decorrere dalla data in cui l’accesso era stato effettivamente consentito.
Nelle opposte ipotesi in cui fosse invece mancata la “comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione” (avendo l’Amministrazione aggiudicatrice comunicato soltanto l’avvenuta aggiudicazione e il nominativo dell’aggiudicatario), si affermava che si doveva tenere conto della esigenza per l’interessato di conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e, in generale, gli atti della procedura di gara, per poter esaminare compiutamente il loro contenuto e verificare la sussistenza di eventuali vizi.
Su questo articolato, ma consolidato, quadro normativo e giurisprudenziale, ha inciso l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 50 del 2016.
Tale codice non ha testualmente modificato l’art. 120, comma 5 cit., ma ha con esso interferito sotto un duplice aspetto. In primo luogo, l’art. 217 del nuovo codice ha abrogato il d.lgs. n. 163 del 2006, incluso, dunque, l’art. 79 (che però continua ad essere richiamato dal medesimo art. 120, comma 5 cit.). In secondo luogo, gli articoli 29 e 76 d.lgs. n. 50/2016, in materia di accesso, di informazioni e di pubblicazione degli atti, contengono disposizioni ben differenti rispetto a quelle contenute nell’abrogato art. 79, le quali - come innanzi osservato - avevano anche la funzione di delimitare la portata applicativa del più volte citato art. 120, comma 5, quanto all’individuazione del dies a quo per l’impugnazione delle diverse tipologie degli atti di gara.
Nel dettaglio, l’attuale art. 29 - in applicazione del principio di trasparenza - ha disposto al comma 1 che tutti gli atti del procedimento “devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”, aggiungendo che, “fatti salvi gli atti a cui si applica l’articolo 73, comma 5, i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”.
Il successivo art. 76 cit., poi, - sulla “Informazione dei candidati e degli offerenti” - ha disposto che: “1. Le stazioni appaltanti, nel rispetto delle specifiche modalità di pubblicazione stabilite dal presente codice, informano tempestivamente ciascun candidato e ciascun offerente delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto o all’ammissione di un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi dell’eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione. 2. Su richiesta scritta dell’offerente e del candidato interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta: a) ad ogni offerente, i motivi del rigetto della sua offerta, inclusi, per i casi di cui all’articolo 68, commi 7 e 8, i motivi della decisione di non equivalenza o della decisione secondo cui i lavori, le forniture o i servizi non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali; a bis) ad ogni candidato escluso, i motivi del rigetto della sua domanda di partecipazione; b) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro; c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, lo svolgimento e l’andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli offerenti. (…) 5. Le stazioni appaltanti comunicano d’ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni: a) l’aggiudicazione, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera d’invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva; b) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi; c) la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati; d) la data di stipula del contratto con l’aggiudicazione, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma”.
L’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti ha, dunque, comportato il sorgere di talune questioni interpretative, conseguenti (in primo luogo) al mantenimento nell’art. 120, comma 5 c.p.a. del richiamo all’art. 79 d.lgs. n. 163/2006, ormai abrogato, e (in secondo luogo) alla diversità di disciplina in materia di accesso, informazioni e pubblicità degli atti contenuta nei due codici dei contratti pubblici susseguitisi nel tempo.
Sono, così, sorti due contrapposti filoni giurisprudenziali, posti al vaglio della Plenaria.
Per una prima impostazione, nonostante le (indirette) modifiche arrecate dall’introduzione del nuovo codice dei contratti pubblici, devono considerarsi tuttora vigenti gli innanzi indicati orientamenti pretori, sia pure con taluni inevitabili adattamenti. Si è così affermata la perdurante rilevanza del richiamo ancora contenuto nell’art. 120, comma 5 c.p.a., ma da intendere rivolto non più all’art. 79 (“Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni”) dell’originario codice dei contratti pubblici, ma all’art. 76 (“Informazione dei candidati e degli offerenti”) del nuovo codice (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3879; id., 27 novembre 2018, n. 6725). In sostanza il rinvio di cui all’art. 120, comma 5 cit. andrebbe qualificato come “mobile”, sia pure “atipico”, ovvero non riferito all’effettiva disposizione (ancora erroneamente) richiamata, ma alla differente e attuale corrispettiva previsione di cui al nuovo codice appalti.
Tenuto conto del diverso contenuto dell’art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 76 d.lgs. n. 50 del 2016, poi, la giurisprudenza ha precisato che la “dilazione temporale” prima fissata in dieci giorni per l’accesso informale ai documenti di gara (disciplinato dall’art. 79, comma 5-quater cit. e non più individuato dal nuovo codice) si debba ora ragionevolmente determinare in quindici giorni, termine previsto dal vigente art. 76, comma 2 cit. per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato (così, Cons. Stato, sez. V, 20 settembre 2019, n. 6251; Id., 2 settembre 2019, n. 6064; Id., 13 agosto 2019, n. 5717, Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).
Similmente a quanto deciso in giurisprudenza in sede di interpretazione dell’art. 120, comma 5 c.p.a. nel periodo di vigenza dell’art. 79 cit., si è altresì ribadito che, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti (Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019 cit.).
Non è mancata una differente ricostruzione dell’articolata materia, secondo la quale l’abrogazione dell’art. 79 cit. comporta che non abbia più rilievo il richiamo ad esso operato dall’art. 120, comma 5 c.p.a., con le seguenti conseguenze: i) il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione decorre in ogni caso dalla ricezione della comunicazione della aggiudicazione ovvero, in mancanza, dalla conoscenza dell’aggiudicazione che l’interessato abbia comunque acquisito aliunde; ii) non rileva più la distinzione tra i vizi desumibili dall’atto comunicato, per il quale il dies a quo decorrerebbe dalla comunicazione dell’aggiudicazione, e gli altri vizi percepibili aliunde, per i quali il dies a quo decorrerebbe dal momento dell’effettiva conoscenza; iii) la conoscenza dei vizi dell’aggiudicazione, successiva alla sua comunicazione, consente la proponibilità dei motivi aggiunti (in termini, Cons. Stato, sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7384; Cons. Stato, sez. IV, 23 febbraio 2015, n. 856; Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2015, n. 143).
La Plenaria, nel prendere posizione in merito alle plurime, ma connesse, questioni innanzi indicate, premette che, per pacifica giurisprudenza della Corte di Giustizia, “gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile, onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi” (Corte Giust. UE, 14 febbraio 2019, in causa C-54/18; Id., 7 novembre 1996, in causa C-221/94; Id., 10 maggio 1991, in causa C-361/88). Rileva, inoltre, che le questioni sulla tempestività del ricorso di primo grado non riguardano la singola controversia in esame, ma attengono alla ricostruzione del quadro normativo dell’ordinamento nazionale, conseguente a un mancato coordinamento tra le modifiche introdotte con il “secondo codice” dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e le preesistenti disposizioni del codice del processo amministrativo; conseguentemente, in applicazione dell’art. 58 del regio decreto n. 444 del 1942, ritiene di dover trasmettere copia della sentenza oggetto di commento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la doverosa segnalazione di tale mancato coordinamento, affinché sia disposta una modifica legislativa ispirata alla necessità che vi sia un “sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile”, disciplinato dalla legge con disposizioni di immediata lettura da parte degli operatori cui si rivolgono le direttive dell’Unione Europea.
Tanto sostenuto, la Plenaria avalla il filone giurisprudenziale per primo indicato, in sostanza dando seguito alla posizione che non individua nell’introduzione del nuovo codice dei contratti pubblici un elemento idoneo a produrre una modificazione del quadro normativo e interpretativo quanto all’individuazione del dies a quo del termine di impugnazione dell’aggiudicazione della gara pubblica.
Va rilevato, infatti, come in sede di emanazione del nuovo codice degli appalti, non vi è stata alcuna determinazione atta a modificare la regola speciale contenuta nel c.p.a., sul rilievo decisivo da attribuire - ai fini processuali - agli incombenti formali informativi cui è tenuta l’Amministrazione aggiudicatrice, indispensabili per individuare il dies a quo. Ne consegue che “le incongruenze conseguenti al mancato coordinamento del “secondo codice” con l’art. 120, comma 5 c.p.a. possono essere superate ritenendo che non vi è stato il necessario coordinamento del richiamo effettuato dal medesimo comma 5: il riferimento alla formalità previste dall’art. 79 del ‘primo codice’ deve ora intendersi effettuato alle formalità previste dall’art. 76 del ‘secondo codice’”
Tale constatazione, continua la Corte, non esaurisce però la definizione dei quesiti sollevati dall’ordinanza di rimessione. Infatti, come innanzi già rilevato, l’art. 76 d.lgs. n. 50/2016 non contiene specifiche regole sull’accesso informale, in precedenza consentito per le procedure di gara dall’art. 79, comma 5 quater cit., e che contribuiva a dare un compiuto e prevedibile significato all’art. 120, comma 5 c.p.a.
Ritiene l’Adunanza Plenaria che “a seguito della mancata riproduzione nel ‘secondo codice’ di specifiche disposizioni sull’accesso informale agli atti di gara, rilevano le disposizioni generali sull’accesso informale, previste dall’art. 5 del regolamento approvato con il d.P.R. n. 184 del 2006”.
Ancora, i Giudici del Supremo Consesso sostengono che, per l’individuazione della decorrenza del termine per l’impugnazione, “rileva anche l’art. 29, comma 1, ultima parte, del ‘secondo codice’, per il quale “i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”. L’impresa interessata – che intenda proporre un ricorso - ha l’onere di consultare il ‘profilo del committente’, dovendosi desumere la conoscenza legale degli atti dalla data nella quale ha luogo la loro pubblicazione con i relativi allegati (data che deve costantemente risultare dal sito”.
Le considerazioni che precedono risultano altresì corroborate dall’esame dell’art. 2-quater della direttiva n. 665 del 1989 (ai sensi del quale il termine “per la proposizione del ricorso” – fissato dal legislatore nazionale – comincia “a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dell’Amministrazione aggiudicatrice è stata inviata’ al partecipante alla gara, ‘accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti”) e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Dall’indicata disposizione, infatti, è possibile desumere che il Legislatore europeo ha fissato proprio il principio posto a base dapprima dell’art. 245 d.lgs. n. 163/52006 e poi dell’art. 120, comma 5 c.p.a., e cioè che la decorrenza del termine di impugnazione dipenda dall’accertamento di una “data oggettivamente riscontrabile”, riconducibile al rispetto delle disposizioni sulle informazioni dettagliate, spettanti ai partecipanti alla gara.
Inoltre, come ha correttamente evidenziato l’ordinanza di rimessione, in sede di interpretazione dell’art. 1, § 1 della direttiva n. 665 del 1989, la Corte di Giustizia ha evidenziato che: ii) i termini imposti per proporre i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando “il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione” (Corte giust. UE, sez. IV, 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, punto 21 e anche punti 32 e 45, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante il comma 2-bis dell’art. 120 del c.p.a., poi abrogato dalla legge n. 55 del 2019; Corte giust. UE, sez. V, 8 maggio 2014, in causa C-161/13, punto 37, che ha deciso una questione pregiudiziale riguardante proprio l’art. 79 d.lgs. n. 163/2006 e l’art. 120, comma 5 c.p.a.); ii) “una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare «motivi aggiunti» nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso” (Corte giust. UE, sez. V, 8 maggio 2014, in causa C-161, cit., punto 40).
In chiusura la Plenaria si occupa di un’ulteriore e specifica (in quanto concretamente rilevante per la definizione del caso di specie) questione avanzata nell’ordinanza di rimessione consistente sul se il “principio della piena conoscenza o conoscibilità” (per il quale in materia il ricorso è proponibile da quando si sia avuta conoscenza del contenuto concreto degli atti lesivi o da quando questi siano stati pubblicati sul “profilo del committente”) si applichi anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerga dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta.
La Corte ritiene che il “principio della ‘piena conoscenza o conoscibilità’ si applichi anche in tale caso, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del secondo codice. Poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un ricorso ‘al buio’ [‘in abstracto’, nella terminologia della Corte di Giustizia, e di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell’art. 40, comma 1, lettera d), del c.p.a.], cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti”.
Sulla base delle considerazioni che precedono, l’Adunanza Plenaria ritiene di affermare i seguenti principi di diritto: “a) Il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016. b) Le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale. c) La proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta. d) La pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione. e) Sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.