Consiglio di Stato, sez. III, 28 maggio 2020 n. 3374
Le regole del bando devono essere interpretate, alla stregua dei generali criteri ermeneutici previsti in materia negoziali e applicabili, nei limiti della compatibilità, anche ai provvedimenti amministrativi, in modo tale da dare ad esse, ove possibile, un significato conforme a legge anziché un senso con questa contrastante, appunto magis ut valeat quam ut pereat (art. 1367 c.c.), essendo tale canone interpretativo espressione del più generale principio di conservazione degli atti giuridici anche in relazione ai bandi e alle procedure concorsuali.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1332 del 2020, proposto da Bioseven s.r.l. a socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Emanuela A. Barison e dall’Avvocato Manuela Caporale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180;
contro
A. Menarini Diagnostics s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Domenico Iaria e dall’Avvocato Ivan Marrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Ivan Marrone in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
nei confronti
Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti – ARIA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Viviana Fidani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri, n. 5;
per la riforma
della sentenza n. 2774 del 31 dicembre 2019 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. IV, resa tra le parti, concernente gli atti di gara per la fornitura di dispositivi medici per pazienti diabetici con caratteristiche complesse.
visto l’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. n. 18 del 2020, conv. con mod. in l. n. 27 del 2020;
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio dell’appellata Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti – ARIA s.p.a. e della controinteressata A. Menarini Diagnostics s.r.l.;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza del giorno 14 maggio 2020 il Consigliere Massimiliano Noccelli e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18 del 2020;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante, Bioseven s.r.l. con socio unico (di qui in avanti, per brevità, Bioseven), ha preso parte alla procedura indetta dall’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti – ARIA s.p.a. (di qui in avanti ARIA s.p.a.) per l’affidamento, tramite accordo quadro ai sensi dell’art. 54, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, della «fornitura di dispositivi medici per pazienti con caratteristiche complesse», in una gara articolata in due lotti, il primo avente ad oggetto la fornitura di glucometri e strisce e il secondo, invece, la fornitura degli stessi dispositivi dotati, altresì, di funzione counting e suggeritore di bolo.
1.1. La lex specialisha previsto quale criterio di aggiudicazione, ai sensi dell’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.
1.2. Menarini Diagnostics s.r.l. (di qui in avanti, per brevità, Menarini) ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, gli atti di gara, lamentando, tra l’altro, l’illegittimità della procedura, che avrebbe impedito la presentazione dell’offerta stante l’asserita mancanza di proporzione dei criterî minimi individuati per entrambi i lotti.
1.3. In particolare, la ricorrente in prime cure ha dedotto che il capitolato tecnico indicava una caratteristica tecnica prevista a pena di esclusione dagli atti di gara – la visualizzazione dei dati in forma grafica sul displaydel glucometro – sproporzionata rispetto all’oggetto della gara, con la conseguente riduzione dei possibili offerenti e, quindi, una irragionevole limitazione della concorrenza.
1.4. Il ricorso è stato iscritto al R.G. n. 810/2019 e nel primo grado del giudizio si è costituita ARIA s.p.a. per chiedere la reiezione del ricorso, ma le operazioni di gara, in pendenza del giudizio così instaurato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sono proseguite sino all’aggiudicazione del lotto n. 1 all’odierna appellante nonché unica partecipante al lotto n. 1, Bioseven, mentre il lotto n. 2 è andata ricorso.
1.5. Menarini ha quindi proposto motivi aggiunti avanti al medesimo Tribunale avverso l’aggiudicazione della gara, avvenuta con determina n. 561 del 18 giugno 2019, e nel primo grado del giudizio si è costituita anche la controinteressata sopravvenuta Bioseven s.r.l. con socio unico (di qui in avanti, per brevità, Bioseven), la quale ha sostenuto che la legge di gara non precludeva la partecipazione anche a Menarini.
1.6. Con l’ordinanza n. 1108 del 2019 il primo giudice ha respinto l’istanza cautelare, articolata con i motivi aggiunti, per l’insussistenza del periculum in mora.
1.7. Con un secondo atto per motivi aggiunti, Menarini ha impugnato l’aggiudicazione rilevando anche che lo strumento di Bioseven non consentiva di visualizzare graficamente i dati direttamente sul dispositivo, così come invece imponeva, a suo avviso, la legge di gara.
1.8. All’esito del giudizio, con la sentenza n. 2774 del 31 gennaio 2020, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, ha accolto il ricorso e i motivi aggiunti proposti da Menarini e ha annullato tutti gli atti impugnati e, in particolare, anche l’aggiudicazione di Bioseven e ha dichiarato inefficace il contratto medio temporeda questa stipulato con la stazione appaltante.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello Bioseven e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con la conseguente riforma della sentenza impugnata e la reiezione del ricorso e dei successivi motivi aggiunti proposti in primo grado.
2.1. Si è costituita ARIA per chiedere l’accoglimento dell’appello, mentre Menarini si è costituita per chiederne la reiezione e ha riproposto altresì nella propria memoria difensiva, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi assorbiti dal primo giudice.
2.2. Con il decreto n. 1401 del 26 marzo 2020 il consigliere delegato ai sensi dell’art. 84, comma 1, del d.l. n. 18 del 2020, conv. con mod. in l. n. 27 del 2020, ha accolto l’istanza cautelare dell’appellante e ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
2.3. Con l’ordinanza n. 1993 del 17 aprile 2020 il Collegio, nel confermare tale decreto, ha ritenuto che le esigenze dell’appellante potessero essere soddisfatte dalla sollecita fissazione dell’udienza pubblica e ha fissato tale udienza alla data del 14 maggio 2020.
2.3. Le parti hanno depositato nei termini le rispettive memorie difensive e di replica ai sensi dell’art. 73 c.p.a.
2.5. Infine, nell’udienza del 14 maggio 2020 fissata dall’ordinanza n. 1193 del 17 aprile 2020, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. n. 18 del 2020, conv. con mod. in l. n. 27 del 2020.
3. L’appello va accolto.
4. Il primo giudice ha condiviso la tesi della ricorrente in prime cure, secondo cui la previsione del capitolato tecnico, alla stregua della quale il concorrente avrebbe dovuto presentare un dispositivo che garantisse la possibilità di elaborare i dati imputati (ad esempio i grafici) “ovvero” – così, testualmente, si legge – la possibilità, per l’utilizzatore, di visualizzare i dati di misurazione tramite rappresentazioni grafiche direttamente sul dispositivo, si dovesse intendere nel senso che la congiunzione “ovvero” avesse un significato esplicativo e che, quindi, la possibilità di visualizzare i dati fosse prevista non come alternativa rispetto a quella di elaborare ma come specificativa della prima e, quindi, come requisito tecnico minimo indispensabile per la partecipazione alla gara.
4.1. Così intesa, però, la previsione del capitolato, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ne ha stigmatizzato l’illegittimità per la violazione degli artt. 30, comma 2, e 95, comma 6, del d. lgs. n. 50 del 2016, per l’indebita e irragionevole restrizione della concorrenza che ne conseguirebbe.
4.2. Il primo giudice ha premesso che l’interpretazione dei bandi ed in genere dellalex specialisdi gara deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni di cui agli articoli 1362 e ss. c.c. e, quindi, tenendo conto del «senso letterale delle parole», pur non avendo tale canone ermeneutico un valore assoluto e dovendosi, quindi, indagare anche il comportamento delle parti ed il senso complessivo delle clausole contrattuali (art. 1363 c.c.).
4.3. Ciò premesso, la stessa difesa di ARIA s.p.a. in prime cure avrebbe ammesso, richiamando sul punto l’orientamento di un autorevole testo di linguistica, che nell’uso corrente la parola “ovvero” ha una funzione soprattutto esplicativa e non disgiuntiva.
4.4. Inoltre, ha ancora argomentato la sentenza impugnata, se si volesse prediligere la funzione disgiuntiva della locuzione “ovvero”, il requisito contestato – vale a dire la visualizzazione dei dati direttamente sul dispositivo mediante rappresentazioni grafiche – sarebbe sostanzialmente irrilevante, posto che la “possibilità di elaborazione dei dati imputati” comprende in sé la visualizzazione dei dati sul dispositivo, secondo un rapporto di genus ad speciem, per cui la legge di gara si sarebbe dovuta limitare a chiedere la sola elaborazione dei dati imputati, senza altro aggiungere.
4.5. A conferma della bontà della tesi, sostenuta da Menarini, il primo giudice ha esaminato anche i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante ai partecipanti alla procedura; chiarimenti che, come noto, non possono modificare in alcun modo la disciplina di gara, ma soltanto meglio spiegare la medesima.
4.6. Nei citati chiarimenti (cfr. doc. 13 fasc. parte ricorrente in primo grado, pp. 2-3), a fronte della domanda dell’operatore che ha messo in luce il carattere limitante e privo di valore aggiunto per il paziente del criterio di cui è causa e ne ha chiesto di conseguenza l’eliminazione, l’amministrazione ne ha ribadito al contrario l’asserita utilità, rimarcando che i pazienti dovevano avere la possibilità di acquisire i dati della glicemia mediante lo strumento, sicché è stato confermato quanto riportato nella lex specialis.
4.7. Una simile risposta dimostrerebbe in maniera inequivoca, secondo il primo giudice, che per ARIA s.p.a. il requisito di cui è causa avrebbe avuto carattere essenziale e sarebbe dovuto quindi essere posseduto dai dispositivi offerti in gara.
4.8. Se si fosse trattato di un requisito meramente alternativo a quello più generale della mera elaborazione dei dati – come sostenuto dalla difesa di ARIA s.p.a. – la stazione appaltante si sarebbe determinata in modo diverso, evidenziando chiaramente al partecipante la non obbligatorietà del requisito ai fini della partecipazione alla procedura.
4.9. A diversa conclusione non indurrebbe, secondo la sentenza qui impugnata, neppure la lettura del disciplinare di gara sui criteri di valutazione dell’offerta tecnica, laddove prevede quale criterio di assegnazione del punteggio quello dei «dati visualizzabili sul dispositivo (numero di dati visualizzati, organizzazione del dato sul display)» (cfr. il doc. 2 fasc. parte ricorrente in primo grado, p. 59 e p. 62).
4.10. Tale criterio valutativo non sarebbe incompatibile con l’essenzialità del requisito in discussione, posto che, ferma restando la necessità della visualizzazione, è attribuito un punteggio premiale ai “grafici” ovvero alle “altre informazioni” risultanti dal dispositivo.
5. Le considerazioni del primo giudice, sin qui riportate e riassunte, non sono tuttavia condivisibili.
6. Occorre anzitutto muovere proprio dall’interpretazione letterale del capitolato tecnico perché, secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, nell’esegesi dei precetti che compongono la disciplina di gara va privilegiato anzitutto il criterio dell’interpretazione letterale, non essendo consentito rintracciarvi significati ulteriori e procedere con estensione analogica (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 9 marzo 2020, n. 1711).
6.1. Come di recente questo Consiglio di Stato ha ribadito (v. sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090), infatti, nell’interpretazione dei bandi di gara assume carattere preminente la regola collegata all’interpretazione letterale – con l’esclusione di ogni ulteriore procedimento ermeneutico in caso di clausole assolutamente chiare (così Cons. St., sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307) – ma parimenti è altrettanto consolidato orientamento che, in caso di omissioni o di ambiguità delle singole clausole non superabili con il criterio letterale, sia necessario fare ricorso ad altri canoni ermeneutici, tra cui rilevano quelli dettati dall’art. 1363 c.c. (c.d. interpretazione complessiva delle clausole le une per mezzo delle altre: v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 24 settembre 2019, n. 6378) e dall’art. 1367 c.c. (c.d. interpretazione conservativa che, in ossequio al principio di conservazione degli atti giuridici, nel dubbio impone di seguire l’interpretazione che consente di mantenerne gli effetti anziché quella che ne determini la privazione: v., inter multas, Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2019, n. 8820).
6.2. Nella vicenda qui controversa il capitolato tecnico prevede espressamente la «possibilità di elaborazione dei dati imputati (es grafici, etc.) ovvero possibilità per l’utilizzatore di visualizzare i dati di misurazione tramite rappresentazioni grafiche (ad es. Istogrammi) direttamente sul dispositivo».
6.3. Ora, come ben ricorda la sentenza impugnata, la possibilità di visualizzare i dati mediante rappresentazioni grafiche sul dispositivo – e, cioè, il glucometro per pazienti diabetici – è una caratteristica ormai abbandonata dai dispositivi di ultima generazione, i quali semmai consentono di elaborare i dati mediante un’applicazione (c.d. app) su tablet, computer o smartphone, con l’impiego delle più moderne tecnologie, che attraverso l’applicazione danno al paziente anche la possibilità di condividere immediatamente i risultati anche con il proprio medico curante.
6.4. Cionondimeno la stazione appaltante, con una scelta forse opinabile ma non manifestamente irragionevole, ha ritenuto la persistente utilità anchedella visualizzazione dei dati di misurazione tramite rappresentazioni grafiche direttamente sul dispositivo.
6.5. In sede di chiarimenti, a fronte della domanda di un operatore economico che metteva in luce il carattere limitante di tale specifica modalità, sottolineando che sarebbero pochi gli strumenti presenti sul mercato italiano dotati di tale funzionalità e che, anche per le ridotte dimensioni dei displaydel glucometro, tale funzionalità, limitata a piccoli istogrammi o altre rappresentazioni in bianco e nero, non apporterebbe alcun particolare vantaggio al paziente nella lettura del dato glicemico, la stazione appaltante ne ha ribadito, al contrario, l’utilità – e si badi, come meglio si chiarirà, l’utilità e non la necessità – per i pazienti che avessero voluto visualizzare i grafici direttamente sul dispositivo.
7. La questione centrale del presente giudizio è comprendere se la stazione appaltante, nel prevedere e nel ribadire con i chiarimenti questa possibilità per la sua affermata utilità, abbia inteso con ciò escludere dalla gara i concorrenti che non presentassero glucometri capaci di visualizzare direttamente i grafici sul dispositivo.
8. La risposta è negativa, per molteplici ragioni.
9. Anzitutto, sul piano letterale, la congiunzione “ovvero” usata dalla stazione appaltante non ha una funzione esplicativa, come ha ritenuto il primo giudice, ma disgiuntiva.
9.1. Mai come nel caso presente le insidie del linguaggio giuridico hanno ingenerato un equivoco foriero d’errore.
9.2. Giova qui richiamare, sia per l’autorevolezza della fonte che per la rilevanza della questione ai fini del presente giudizio, le risposte dell’Accademia della Crusca nella sua preziosa attività di consulenza linguistica a due specifici quesiti postile sull’uso della congiunzione “ovvero” (19 febbraio 2004 e 4 giugno 2004).
9.3. La congiunzione “ovvero” può svolgere la funzione di congiunzione disgiuntiva oppure può avere valore esplicativo.
9.4. Nel primo caso la congiunzione “ovvero” (formatasi dall’unione di “o vero”, poi “overo”, varianti ormai in disuso) ha la funzione di unire diversi elementi di una proposizione o diverse proposizioni coordinate, attribuendo alla correlazione un valore di scelta equivalente, di alternanza indifferente, quindi come perfetto sinonimo di “o” e di “oppure”.
9.5. In questa prima accezione, la congiunzione può funzionare sia come disgiuntiva-esclusiva, nei casi in cui sia prevista un’esclusione di uno dei due elementi correlati, ma può avere anche valore di congiunzione disgiuntiva-inclusiva corrispondente a “o anche”, nei casi in cui non si preveda un’alternativa tra due elementi in cui la scelta per uno escluda l’altro e, invece, si lasci aperta la possibilità di una scelta multipla.
9.6. La seconda funzione di “ovvero” è quella esplicativa e, cioè, quella attraverso cui si introduce la spiegazione, la parafrasi, il chiarimento di un concetto precedentemente espresso o si collegano sinonimi o espressioni equivalenti, come “ossia”, “vale a dire”, “per meglio dire”.
9.7. Con la consueta sagacia l’Accademia della Crusca chiarisce che «sono quindi i diversi contesti a suggerire di volta in volta la funzione che svolge la congiunzione all’interno della frase» e ammonisce che «sarà opportuno, per chi la utilizza, evitare ambiguità e, se necessario alla piena comprensione della frase, scegliere una congiunzione che non presenti duplicità o molteplicità di funzioni».
10. Nel linguaggio giuridico l’impiego di ovvero come congiunzione è assai frequente e, si direbbe, dominante e, come nota la stessa Accademia nella sua risposta ad un quesito del 4 giugno 2004 citando peraltro numerosi esempi, il linguaggio amministrativo sembra «addirittura avere una certa predilezione per “ovvero”» nella sua valenza disgiuntiva.
10.1. Ora, proprio secondo l’accezione in uso nel lessico tecnico-giuridico e, in particolare, nel linguaggio amministrativo, per quanto attiene alla presente controversia la stazione appaltante ha sicuramente richiesto, a pena di esclusione, che il glucometro dia almeno la possibilità di elaborare i dati imputati, quale minimo standardprestazionale, ma ha anche ritenuto di volere richiedere, in aggiunta (“ovvero”, nel senso di “oppure”, “o anche”), la possibilità di visualizzare i dati sul dispositivo.
10.2. Proprio perché, come ha rilevato la sentenza impugnata, esiste un rapporto di genere a specie tra l’elaborazione dei dati e la visualizzazione di questi (sullo stesso o su diverso dispositivo), se non avesse specificato per aggiunta questa ulteriore qualità – la visualizzazione diretta sullo stesso e non su altro dispositivo o con altro sistema – dandole un ulteriore risalto (e premiandola, come si dirà, con un maggior punteggio), la scelta di privilegiare i dispositivi con visualizzazione diretta non avrebbe avuto alcuna evidenza e convenienza per i concorrenti interessati a presentare lo specifico prodotto (capace di visualizzazione dei grafici sul display del glucometro), mentre è chiaro che alla stazione appaltante interessava conferire un particolare “peso” a tale funzionalità, peraltro ormai rara.
10.3. L’impiego della congiunzione “ovvero” ha quindi avuto in questo caso, per ricordare le parole della Crusca nella risposta del 16 febbraio 2004, un valore di congiunzione disgiuntiva-inclusiva corrispondente a “o anche”, con riferimento a tutti i casi in cui non si preveda un’alternativa tra due elementi in cui la scelta per uno escluda l’altro e, invece, si lasci aperta la possibilità di una scelta multipla, conformemente, del resto, al principio del favor partecipationis che qui va applicato.
10.4. Con questa previsione, dunque, la stazione appaltante non ha inteso escludere dalla gara i concorrenti che non presentassero questa funzionalità aggiuntiva perché, se questo avesse voluto fare peraltro – in ciò solo condividendosi la valutazione del primo giudice – in modo irragionevole, anacronistico e anticoncorrenziale, avrebbe senz’altro formulato la previsione nel seguente modo e, cioè, la «possibilità di elaborazione dei dati imputati (es grafici, etc.) mediante possibilità per l’utilizzatore di visualizzare i dati di misurazione tramite rappresentazioni grafiche (ad es. Istogrammi) direttamente sul dispositivo».
10.5. Invece l’alternativa lasciata al concorrente con l’“ovvero” è stata proprio finalizzata, in una logica competitiva e, si direbbe, con una grammatica concorrenziale, a favorire la partecipazione sia col prodotto indicato nel genusche con quello individuato nella species, alla quale ultima certo andava la preferenza, non però esclusiva, dell’amministrazione.
11. Prova ne sia il fatto che – secondo una interpretazione sistematica dell’atto amministrativo ai sensi dell’art. 1363 c.c. (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 30 luglio 2018, n. 4640; Cons. St., sez. III, 18 ottobre 2016, n. 4333), necessaria, come si è detto, ove quello lessicale appaia ambiguo od insufficiente, come ricorda il primo giudice – il disciplinare di gara ha riservato un punteggio più elevato ai glucometri dotati di visualizzazione diretta, ciò che, evidentemente, sarebbe stato illogico e irragionevole se la visualizzazione diretta sul display del glucometro fosse stata una qualità essenziale minima richiesta a pena di esclusione dalla legge di gara.
11.1. Nel disciplinare di gara, alle pp. 59-62, viene infatti individuato il punteggio premiante che la Commissione avrebbe attribuito all’offerta tecnica in presenza di alcune caratteristiche, non essenziali, mediante un metodo definito “tabellare”, per alcuni elementi (in base a frazioni di punteggio predefinite), o “discrezionale” (secondo la valutazione numerica della Commissione).
11.2. Ebbene, quanto «ai dati visualizzabili sul dispositivo (numero di dati visualizzati, organizzazione del dato sul display», vengono assegnati 2,5 punti per i grafici e 5 punti per i grafici e le altre informazioni.
11.3. Se realmente la possibilità di visualizzazione grafica sul dispositivo stesso fosse stata una qualità minima essenziale a pena di esclusione, come assume la sentenza impugnata, il disciplinare di gara non avrebbe previsto 2,5 punti aggiuntivi per la visualizzazione dei grafici e 5 per la visualizzazione dei grafici e di altri elementi.
11.4. E tanto, sul piano logico-sistematico, comprova al di là di ogni dubbio semantico che l’uso dell’“ovvero” abbia avuto ed abbia una funzione disgiuntiva-inclusiva, indicando un’alternativa e non, come ha ritenuto il primo giudice, un’esplicazione.
11.5. L’argomento di Menarini, secondo cui tra i requisiti minimi vi è anche la «possibilità esportazione dei dati» e, nondimeno, la citata tabella del disciplinare assegna 1,5 punti per la capacità di integrazione con un sistema operativo e 3 punti per la capacità di integrazione con più di un sistema operativo, sicché lo stesso requisito viene assunto a criterio di ammissione e a criterio di valutazione, non convince perché la capacità di esportazione dei dati non implica necessariamente la capacità di integrazione con differenti piattaforme, che costituisce un quid plurisrispetto alla funzionalità minima richiesta.
12. In senso contrario a quanto sin qui si è rilevato non depongono i chiarimenti, di cui sopra si è detto, poiché essi, diversamente da quanto assume la sentenza impugnata, nella risposta n. 4 hanno semplicemente ribadito che «la Stazione Appaltante ha valutato di utilità, per categorie di pazienti diabetici con caratteristiche complesse, la possibilità di poter acquisire in modo rapido ed immediato, tramite lo strumento stesso, una visione “grafica” dei propri dati glicemici medianti grafici o istogrammi di facile consultazione», ove è evidente che utilità non sta certo per necessità di acquisizione dei dati con immediata visualizzazione sul dispositivo stesso.
12.1. Sarebbe stato forse auspicabile che, almeno in sede di chiarimenti, la risposta della stazione appaltante fosse ancora più netta, specificando a chiare lettere che la visualizzazione era solo una qualità aggiuntiva e non selettiva del prodotto richiesto, ma nondimeno il riferimento alla semplice utilità e alla mera possibilità e non già alla necessità od obbligatorietà di tale visualizzazione dimostra, ancora una volta, l’assenza di qualsivoglia requisito a carattere escludente dalla gara e non può affermarsi, come deduce l’appellata Menarini, che la stazione appaltante con i chiarimenti abbia tratto in inganno tutti i potenziali aspiranti alla gara, ad eccezione di Bioseven.
12.2. Pare evidente infatti che il riferimento all’utilità della visualizzazione sul displaynei chiarimenti non possa significare evidentemente, sul piano logico ancor prima che lessicale, necessità esclusiva di questo, ai fini di gara, e non può concordarsi con Menarini quando afferma che un simile argomento sarebbe un paralogismo, perché se può essere equivoco il significato di “ovvero” nel capitolato non altrettanto può essere l’impiego di utile anziché necessario od obbligatorio, nei chiarimenti, rispetto al requisito in questione, con la conseguente conferma, in questo solo senso di “utile”, della previsione del capitolato, di fronte alla richiesta di un operatore, essa sì irricevibile perché manifestamente manipolativa della legge di gara in sede di chiarimenti, di espungere dai criteri di partecipazione la previsione anche di tale funzionalità, si ripete, meramente aggiuntiva e per questo ritenuta utile dalla stazione appaltante.
12.2. E poco o nulla rileva che nella richiesta dell’operatore si facesse riferimento, erroneamente, a tale funzionalità come criterio minimo di partecipazione perché, nella sua risposta, la stazione appaltante mai ha affermato che tale requisito fosse necessario a pena di esclusione, confermando il presupposto da cui partiva, erroneamente, la domanda di chiarimenti.
12.3. E del resto, tra i requisiti tecnici minimi del capitolato (p. 4), in nessuna parte è prevista la visualizzazione dei dati sul display del glucometro, sicché l’interpretazione del primo giudice, oltre che anticoncorrenziale perché limitativa del favor partecipationis, si rivela anche antiletterale nella presupposizione di un requisito tecnico minimo escludente non compreso in quelli tassativi richiesti dal capitolato stesso.
13. La sentenza qui impugnata deve essere perciò riformata in quanto la legge di gara consentiva la partecipazione alla gara di A. Menarini Diagnostics s.r.l., odierna appellata, che invece, sulla scorta di una erronea interpretazione di questa e dei chiarimenti resi dalla stessa stazione appaltante, ha ritenuto a torto che le fosse preclusa la partecipazione.
13. Certamente sarebbe stato raccomandabile e sarà raccomandabile per il futuro, ad evitare equivoci ai quali può prestarsi, come nel presente caso, la formulazione ambigua del capitolato controverso, che la stazione appaltante segua il monito di«evitare ambiguità e, se necessario alla piena comprensione della frase, scegliere una congiunzione che non presenti duplicità o molteplicità di funzioni», poiché l’ambiguità, come nuoce alla chiara comprensione del testo, così nuoce alla certa applicazione del diritto, «data l’importanza di una formulazione senza equivoci nei testi giuridici», come i linguisti più attenti al lessico giuridico e la stessa Accademia della Crusca, nelle risposte ai quesiti del 19 febbraio 2004 e del 4 giugno 2005, hanno evidenziato.
13.1. In ogni caso, deve essere qui ribadito sul piano interpretativo e in funzione nomofilattica, di fronte ad un testo ambiguo l’interprete e, in particolare, il giudice amministrativo deve ispirarsi al criterio ultimo di una ermeneutica salvifica e, dunque, della c.d. interpretazione conservativa (art. 1367 c.c.), tesa, cioè, ad estrapolare dall’enunciato linguistico la costruzione di un significato prescrittivo che porti alla validazione anziché all’invalidazione dell’atto, magis ut valeat quam ut pereat,ciò che il primo giudice, nell’interpretare l’ambigua congiunzione “ovvero”, non sembra correttamente aver fatto.
13.2. In particolare le regole del bando devono essere interpretate, alla stregua dei generali criteri ermeneutici previsti in materia negoziali e applicabili, nei limiti della compatibilità, anche ai provvedimenti amministrativi, in modo tale da dare ad esse, ove possibile, un significato conforme a legge anziché un senso con questa contrastante, appunto magis ut valeat quam ut pereat(art. 1367 c.c.), essendo tale canone interpretativo espressione del più generale principio di conservazione degli atti giuridici anche in relazione ai bandi e alle procedure concorsuali (cfr., sul punto, Cons. St., sez. III, 10 dicembre 2013, n. 5917; Cons. St., sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364; Cons. St., sez. VI, 12 giugno 2008, n. 2909).
14. Devono ora essere esaminati, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi assorbiti dal primo giudice e riproposti da A. Menarini Diagnostics s.r.l. (pp. 17-23 della memoria difensiva).
14.1. Assume l’appellata che, al di là del motivo di esclusione sopra esaminato e, come detto, rivelatosi non sussistente, un’ulteriore ragione impeditiva della partecipazione alla gara sarebbero i prezzi posti a base d’asta eccessivamente bassi e, in particolare, € 0,11 per ogni striscia ed € 1,00 per ogni glucometro, nonché da un’errata stima dei fabbisogni, inficiata, a dire dell’appellata, da un macroscopico errore di fatto.
14.2. Si tratterebbe di prezzi talmente bassi, deduce l’appellata, che essi precluderebbero la partecipazione alla gara degli operatori del settore, mentre una adeguata istruttoria sui prezzi medi di mercato avrebbe consentito di individuare, come è emerso da una recente indagine conoscitiva condotta dall’ANAC e pubblicata nel settembre del 2018 («Indagine conoscitiva sul mercato dei dispositivi medici per l’autocontrollo e l’autogestione del diabete»), che il prezzo medio delle strisce per il controllo della glicemia, in Italia, ammonta ad € 0,46 e quello medio delle strisce acquistate con gara pubblica ad € 0,231.
14.3. Inoltre, assume ancora l’appellata con un secondo motivo qui riproposto, il fabbisogno delle strisce sarebbe stato sottostimato perché tra i destinatari della fornitura vi sono le gestanti che, per via del diabete gravidico, non utilizzano le strisce per i tre anni dell’appalto, ma solo per pochi mesi.
14.4. Entrambi i motivi sono infondati.
14.5. L’indagine conoscitiva svolta dall’ANAC non tiene conto, per ragioni temporali, della procedura ARCA 92.1_2016 e dei prezzi di aggiudicazione con essa ottenuti, in quanto l’istruttoria dell’ANAC si è svolta sui dati del 2017 e, quindi, prima della conclusione della procedura ARCA, avvenuta nel 2018.
14.6. La procedura ARCA 92.1_2016 costituisce un riferimento di benchmarkdi assoluto rilievo sia per i volumi che per i risultati ottenuti e ha posto a base d’asta proprio il prezzo di € 0,117 per ogni striscia e di € 1,00 per ogni glucometro.
14.7. Proprio l’ANAC aveva evidenziato, invero, che i prezzi applicati in Lombardia in epoca anteriore alla procedura ARCA – € 0,445 per ogni striscia – erano invero troppo elevati e la predetta procedura, nel conseguire la riduzione dei prezzi auspicata dalla stessa ANAC, ha assicurato un approvvigionamento delle strisce del tutto in linea con i prezzi di mercato, come dimostra l’analisi di benchmarkcompleta e aggiornata, utilizzata da ARIA s.p.a. con riferimento ad altre centrali di committenza ed aggregatori nazionali, quali ESTAR Toscana e INTERCENT-ER Emilia Romagna, la quale ultima ha stipulato un accordo quadro con Johnson & Johnson ad un prezzo di € 0,008 per lancetta.
14.8. L’avere fissato come prezzo di riferimento il prezzo di aggiudicazione di una procedura precedente, attiva e senza alcuna problematica esecutiva di sorta da parte del fornitore, non è dunque sinonimo di irragionevolezza da parte della stazione appaltante, ma di una ponderata valutazione, preceduta nel caso di specie da una attenta analisi di mercato.
14.9. È poi del tutto infondata la contestazione relativa al prezzo di base per il glucometro, atteso che, come è ben noto all’appellata, storicamente il glucometro veniva fornito in comodato d’uso gratuito, a costo zero, mentre ora, con una significativa innovazione, viene previsto il prezzo di € 1,00, che segue le regole di mercato e di benchmark, essendo riassorbito nel prezzo delle strisce, determinato sulla base di un fabbisogno che, come ora si dirà, è stato correttamente stimato da ARIA s.p.a.
15. Quanto, infine, alla contestazione del quantitativo dei pazienti interessati (4500), la stima di ARIA s.p.a. si fonda sui databaseregionali gestiti da apposita società dedicata al monitoraggio dei flussi in sanità (Lombardia Informatica s.p.a. – oggi ARIA s.p.a.) ed essa non può dirsi inficiata dal numero delle gestanti, che si mantiene costante nel tempo e non mostra significative fluttuazioni ed è, comunque, talmente ridotto, rispetto al totale dei pazienti diabetici, da non poter essere considerato una variante suscettibile di incidere sulle quantità ragionevolmente richieste.
15.1. È noto infatti che le gestanti costituiscono una percentuale intorno al 5-7% dei pazienti diabetici con caratteristiche complesse e, se anche si voglia prescindere dal rilievo che il loro numero è un macrodato pubblico facilmente reperibile da un operatore del settore come Menarini, la loro incidenza sul dato totale della fornitura, nel corso del triennio previsto, è davvero minima, non avendo Menarini dimostrato che esso sia in grado di incidere significativamente sulla stima del fabbisogno complessivo.
16. Ne segue che anche i due motivi assorbiti, e qui riproposti da Menarini, sono da ritenersi infondati.
17. Da tutte le ragioni sin qui esposte discende che, in integrale riforma della sentenza impugnata, il ricorso e i successivi motivi aggiunti proposti in primo grado da Menarini, in quanto infondati sotto tutti i profili, debbano essere respinti, poiché Menarini ben avrebbe potuto partecipare alla gara senza che lalex specialisin qualsivoglia modo glielo impedisse, con la conseguente legittimità degli atti di gara e, quanto al lotto n. 2, anche dell’aggiudicazione conseguita dall’odierna appellante, Bioseven, che ha presentato un’offerta ammissibile alla gara.
18. Le spese del doppio grado del giudizio, attesa la non perspicua formulazione della lex specialise, comunque, la complessità tecnica della lite, possono essere interamente compensate tra tutte le parti.
18.1. Rimane definitivamente a carico dell’odierna appellata per la soccombenza il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado, mentre essa deve essere condannata a rimborsare il contributo unificato richiesto a Bioseven per la proposizione dell’appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da Bioseven s.r.l. a socio unico, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge in tutte le sue censure, anche quelle assorbite e qui riproposte, il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, proposto in primo grado da A. Menarini Diagnostics s.r.l.
Compensa interamente tra tutte le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Pone definitivamente a carico di A. Menarini Diagnostics s.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso e dei due successivi motivi aggiunti proposti in primo grado.
Condanna A. Menarini Diagnostics s.r.l. a rimborsare il contributo unificato versato da Bioseven s.r.l. a socio unico per la proposizione dell’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
GUIDA ALLA LETTURA
Mai come in questo caso, come evidenzia la Terza Sezione del Consiglio di Stato, nella pronuncia in esame, le insidie del linguaggio giuridico hanno ingenerato “un equivoco foriero d’errore” per le società coinvolte nella gara pubblica. Una questione “giuridica” e al tempo stesso “linguistica”, tant’è che è stato necessario l’autorevole consulenza dell’Accademia della Crusca.
Nella specie, il problema interpretativo principale si è posto in riferimento a un requisito previsto nella lex specialis: il capitolato tecnico indicava, infatti, una caratteristica tecnica ritenuta dalla ricorrente in prime cure a pena di esclusione, che, sempre secondo quest’impostazione, risultava sproporzionata rispetto all’oggetto della gara; con la conseguente riduzione dei possibili offerenti e, quindi, un’irragionevole limitazione della concorrenza.
Tale tesi è stata condivisa dal primo giudice, ed è stata invece avversata, per quel che ivi interessa, dal Consiglio di Stato; risulta dirimente, a tal fine, la diversa soluzione esegetica cui il Collegio perviene in ordine alla formulazione del requisito controverso.
Per la Corte di secondo grado, di fatti, “occorreanzitutto muovere proprio dall’interpretazione letterale del capitolato tecnico perché, secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio,nell’esegesi dei precetti che compongono la disciplina di gara va privilegiato anzitutto il criterio dell’interpretazione letterale, non essendo consentito rintracciarvi significati ulteriori e procedere con estensione analogica (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 9 marzo 2020, n. 1711)”.
Anche di recente il Consiglio di Stato ha infatti ribadito (v. sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090) che, nell’interpretazione dei bandi di gara, assume carattere preminente la regola collegata all’interpretazione letterale, con l’esclusione di ogni ulteriore procedimento ermeneutico in caso di clausole assolutamente chiare (così Cons. St., sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307).
In caso di omissioni o di ambiguità delle singole clausole non superabili con il criterio letterale, è invece necessario fare ricorso ad altri canoni ermeneutici, tra cui rilevano quelli dettati dall’art. 1363 c.c. (c.d. interpretazione complessivadelle clausole le une per mezzo delle altre: v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 24 settembre 2019, n. 6378) e dall’art. 1367 c.c. (c.d. interpretazione conservativache, in ossequio al principio di conservazione degli atti giuridici, nel dubbio impone di seguire l’interpretazione che consente di mantenerne gli effetti anziché quella che ne determini la privazione: v., inter multas, Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2019, n. 8820).
Quanto alla formulazione del bando di gara da parte della stazione appaltante, il problema esegetico ha avuto ad oggetto, più in particolare, la congiunzione “ovvero”.
Ebbene, secondo il Collegio, nella formulazione del requisito tecnico, tale temine non ha avuto una funzione esplicativa (come ha invece ritenuto il primo giudice) ma una funzione disgiuntiva.
Come anticipato, a fondamento della ricostruzione argomentativa della Corte, ha avuto rilievo, sia per l’autorevolezza della fonte che per la rilevanza della questione ai fini del presente giudizio, le risposte dell’Accademia della Cruscanella sua preziosa attività di consulenza linguistica.
In altre parole, nel caso controverso, l’impiego della congiunzione “ovvero” ha avuto un valore di congiunzione disgiuntiva-inclusiva corrispondente a “o anche”, con riferimento a tutti i casi in cui non si preveda un’alternativa tra due elementi in cui la scelta per uno escluda l’altro e, invece,si lasci aperta la possibilità di una scelta multipla, conformemente, del resto, al principio del favor partecipationis.
Con questa previsione, dunque, la stazione appaltante non ha inteso escludere dalla gara i concorrenti che non presentassero la funzionalità aggiuntiva prevista dal capitolato speciale; invece l’alternativa lasciata al concorrente con l’“ovvero” è stata proprio finalizzata a favorire la partecipazione sia col prodotto indicato nel genusche con quello individuato nella species.
Da un punto di vista semantico, dunque, l’uso dell’“ovvero” ha avuto, nella fattispecie esaminata, una funzione disgiuntiva-inclusiva, indicando un’alternativa non escludente; e non, come ha ritenuto il primo giudice, un’esplicazione.
Sicché, secondo il Collegio, l’interpretazione del primo giudice, oltre che anticoncorrenziale perché limitativa del favor partecipationis, si rivela anche anti-letterale nella presupposizione di un requisito tecnico minimo escludente non compreso in quelli tassativi richiesti dal capitolato stesso.
Del resto, l’ambiguità nella formulazione del bando e del capitolato nuoce alla chiara comprensione del testo e, di conseguenza, alla certa applicazione del diritto, «data l’importanza di una formulazione senza equivoci nei testi giuridici», come i linguisti più attenti al lessico giuridico e la stessa Accademia della Crusca hanno evidenziato.
In ogni caso, osserva la Sezione, di fronte ad un testo ambiguo, l’interprete e, in particolare,il giudice amministrativo deve ispirarsi al criterio ultimo di una ermeneutica salvifica e, dunque, della c.d. interpretazione conservativa (art. 1367 c.c.), tesa, cioè, ad estrapolare dall’enunciato linguistico la costruzione di un significato prescrittivo che porti alla validazione anziché all’invalidazione dell’atto.
Pertanto – conclude così il Collegio – le regole del bando devono essere interpretate, alla stregua dei generali criteri ermeneutici previsti in materia negoziali e applicabili, nei limiti della compatibilità, anche ai provvedimenti amministrativi; e dunque ad esse, ove possibile, deve essere dato un significato conforme a legge anziché un senso con questa contrastante (art. 1367 c.c.); tale canone interpretativo è invero espressione del più generale principio di conservazione degli atti giuridici, e vale anche – come nella controversia in esame – in relazione ai bandi e alle procedure concorsuali (cfr., sul punto, Cons. St., sez. III, 10 dicembre 2013, n. 5917; Cons. St., sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364; Cons. St., sez. VI, 12 giugno 2008, n. 2909).