Cons. Stato, sez. V, 4 giugno 2020, n. 3507

Se la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9437 del 2019, proposto da
Repin s.r.l. in proprio e nella qualità di mandantaria dell’associazione temporanea di imprese con Ponteggi Tubolari s.r.l. come mandante, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Bivona e Marianna Capizzi, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Vittoria, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Monica Lo Piccolo e Angela Bruno, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carmelo Giurdanella in Roma, via dei Barbieri, 6;
C.U.C. - Centrale Unica Committenza Trinakria Sud - Comuni di Comiso, Mazzarrone Vittoria Acate, non costituita in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS- resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ANAC e del Comune di Vittoria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2020 il Cons. Federico Di Matteo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando di gara pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 21 luglio 2017 la C.U.C. – Centrale unica di committenza Trinakria – Sezione di Vittoria indiceva una procedura di gara per l’affidamento, con il metodo del prezzo più basso, dei “Lavori relativi agli interventi migliorativi al Mercato Ortofrutticolo di Vittoria”, per un importo netto a base di asta pari ad € 868.208,67.

1.1. Espletate le operazioni di gara, nel verbale del 29 gennaio 2018 l’a.t.i. – associazione temporanea di imprese tra Repin s.r.l. come mandataria e Ponteggi tubolari s.r.l. come mandante era individuata come aggiudicataria per l’importo complessivo di € 665.795,32 pari ad un ribasso a base d’asta del 25,6800%; verificato il possesso dei requisiti generali la stazione appaltante adottava la determinazione di aggiudicazione definitiva 29 marzo 2018, n. 659.

1.2. Trascorsi diversi mesi dall’aggiudicazione definitiva e dovendo procedere alfine alla stipulazione del contratto, l’amministrazione effettuava una nuova verifica del possesso dei requisiti generali in capo alle imprese associate; acquisiva, così, il certificato dei carichi pendenti dell’-OMISSIS- socio della Repin s.r.l. e suo procuratore, da cui risultava l’annotazione a suo carico di una sentenza non definitiva del Tribunale di Catania di condanna per il reato di turbata libertà degli incanti a mesi 8 di reclusione e € 400,00 di multa.

1.3. La C.U.C., con determinazione 12 marzo 2019 n. 506, disponeva la revoca in autotutela dell’aggiudicazione a favore dell’a.t.i. Repin per essere incorsa nella causa di esclusione del grave illecito professionale di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) codice dei contratti pubblici da interpretarsi secondo le indicazioni fornite dalle Linee guida dell’ANAC n. 6 adottate con delibera del 16 novembre 2016, n. 1293 ed aggiornate con successiva delibera 11 ottobre 2017, n. 1008.

2. La Repin s.r.l. impugnava al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il provvedimento di revoca unitamente al paragrafo III “Ambito soggettivo” delle predette Linee guida dell’ANAC.

L’impresa articolava due motivi di ricorso: con il primo motivo contestava le Linee guida per aver indebitamente esteso la causa di esclusione dalla procedura di gara del “grave illecito professionale” di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice dei contratti pubblici dall’operatore economico concorrente agli altri soggetti che al suo interno rivestono una delle cariche richiamate dal comma 3 del medesimo articolo 80 del codice, in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione; in virtù di siffatta estensione la stazione appaltante aveva disposto la revoca dell’aggiudicazione benchè l’illecito professionale non fosse stato commesso dalla società, ma dalla socia per interesse personale.

Con il secondo motivo Repin s.r.l. contestava il provvedimento di revoca per inesistenza degli oneri informativi ritenuti violati come pure degli elementi sintomatici dell’inaffidabilità professionale della società.

2.1. Nella resistenza dell’ANAC e del Comune di Vittoria, il giudice di primo grado, con la sentenza sez. I, 21 ottobre 2019, n. 12106, respingeva il ricorso ponendo le spese di lite a carico della ricorrente.

A parere del tribunale le Linee guida dell’ANAC correttamente distinguono, nell’ambito dei gravi illecito professionali, tra quelli imputabili direttamente all’operatore economico persona giuridica (es. le risoluzioni contrattuali, le penali, le annotazioni nel casellario informatico) e quelli che consistono in comportamenti posti in essere da persone fisiche ma riferibili all’impresa sulla base del principio di immedesimazione organica, per il quale sono imputate all’ente le azioni poste in essere dai propri organi nel suo interesse e, tra queste, in particolare, le condotte penalmente rilevanti, altrimenti mai utili per decidere dell’affidabilità dell’operatore ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del codice poichè la responsabilità penale riguarda le sole persone fisiche e non anche le imprese, ma che, se realizzate da quegli esponenti di cui l’impresa si serve per operare sul mercato, incidono necessariamente sulla sua affidabilità.

Nel caso di specie l’-OMISSIS-era socia e procuratrice della società, munita di poteri di rappresentanza e, dunque, per quanto in precedenza ricordato, la sua condanna ben poteva essere apprezzata dalla stazione appaltante per valutare l’affidabilità dell’impresa.

2.2. Precisa, poi, la sentenza che la circostanza che la -OMISSIS- fosse stata condannata per fatti realizzati a titolo personale e non per conto della società non assumeva rilevanza dato che la decisione della revoca era stata assunta non solo per inaffidabilità dell’impresa in ragione del grave illecito professionale commesso dalla socia ma anche per l’omessa comunicazione di detta condanna, con conseguente impedimento ad una valutazione consapevole sull’affidabilità dell’operatore concorrente.

3. Propone appello Repin s.r.l. nella veste in epigrafe indicata; si sono costituite l’ANAC e il Comune di Vittoria. Il Comune di Vittoria ha depositato memoria ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., cui è seguita replica di Repin s.r.l.

All’udienza del 21 maggio 2020 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancata impugnazione di capo autonomo della sentenza (il capo 4.1) formulata dal Comune di Vittoria nella sua memoria difensiva: a prescindere dalla dichiarazione dell’appellante sui capi impugnati (tra i quali, effettivamente, manca il capo 4.1.), il motivo di appello proposto dalla Repin s.r.l. è diretto a contestare integralmente il ragionamento svolto dal giudice di primo grado per respingere il ricorso e, dunque, anche le sue premesse contenute proprio nel capo 4.1..

2. Nell’unico articolato motivo di appello (privo di rubrica ma ammissibile per essere chiaramente esposte le critiche alla sentenza di primo grado) Repin s.r.l. ripropone la tesi secondo cui la condotta illecita della persona fisica che riveste una carica sociale può rilevare in punto di affidabilità della società solo se sia stata realizzata per finalità di vantaggio di questa e non anche se risponda ad un interesse meramente personale dell’autore dell’illecito.

La sentenza impugnata ha respinto detta tesi ritenendo applicabile il principio dell’immedesimazione organica, ma l’appellante ne evidenzia un profilo di illogicità nella parte in cui, una volta impostato il ragionamento in detti termini, non ha, poi, tenuto conto che i fatti per i quali la socia era stata condannata non erano attività svolte in rappresentanza dell’ente e, per questo, si collocavano fuori dalla situazione dell’immedesimazione organica.

Aggiunge, poi, che il tribunale avrebbe dovuto considerare che l’-OMISSIS-era solamente una dei soci della società, laddove nei precedenti giurisprudenziali su casi identici il giudizio di inaffidabilità della società era stato formulato per reati commessi dai soci di maggioranza sulla ritenuta esistenza di una vera e propria identità soggettiva tra il socio e la società.

2.1. In via subordinata l’appellante censura anche il capo di sentenza in cui è giudicata legittima l’esclusione per mancato rispetto degli obblighi dichiarativi in capo al concorrente; evidenzia, infatti, di aver assolto ad ogni suo onere informativo con la presentazione del D.G.U.E. – documento di gara unico europeo, considerato che la sentenza di condanna era successiva di quasi un anno alla presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara.

Aggiunge, poi, che, superata la questione del mancato assolvimento agli obblighi informativi, restava non esaminata la censura con la quale si doleva che la stazione appaltante non aveva motivato sulle ragioni per le quali la sentenza penale di condanna dovesse essere giudicata sintomatica della sua inaffidabilità visto che, in forza delle medesime Linee guida dell’ANAC, avrebbe dovuto compiere un parallelo tra fatto oggettivo imputato all’interessato e specifica prestazione contrattuale in affidamento.

2.2. Da ultimo, nella memoria di replica Repin s.r.l. allega che con dispositivo di sentenza 20 febbraio 2020, n. 512 la Corte d’appello di Catania ha annullato la sentenza del Tribunale di Catania “perché il fatto non sussiste”.

3. Il motivo è infondato; la sentenza di primo grado merita conferma sia pur con le precisazioni che seguono.

3.1. Preliminarmente va precisato che l’intervenuto annullamento della sentenza del Tribunale di Catania pronunciata a carico della socia e procuratrice della società appellante è irrilevante per la decisione del presente appello, poichè la legittimità del provvedimento impugnato va valutata alla luce delle circostanze di fatto esistenti al momento della sua adozione e non in base a vicende sopravvenute (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 7 maggio 2020, n. 2869; VI, 6 aprile 2020, n. 2254).

3.2. Non v’è dubbio che una società possa essere esclusa da una procedura di gara ex art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per un grave illecito professionale commesso da un suo esponente; ma questo non tanto in virtù del principio di immedesimazione organica – destinato ad operare propriamente nell’ambito negoziale come modalità di imputazione all’ente della volontà manifestata dalla persona fisica cui ne è affidata la rappresentanza – quanto, piuttosto, per altro principio già definito del “contagio” (proprio da Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 2018, n. 6866 ampiamente citata dall’appellante)

Secondo siffatta impostazione se la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni.

È dato in questo modo seguito a quanto affermato dall’Adunanza plenaria 6 novembre 2013, n. 24 già in relazione al vecchio codice dei contratti pubblici (ove la medesima disposizione ora in esame era contenuta all’art. 38, comma 1, lett. b) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), secondo cui la finalità della normativa sui requisiti di idoneità morale è quella di “assicurare che non partecipino alle gare, né stipulino contratti con le amministrazioni pubbliche, società di capitali con due o tre soci per le quali non siano attestati i previsti requisiti di idoneità morale in capo ai soci aventi un potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione della società; dovendosi accedere ad un'interpretazione teleologica delle disposizioni de qua che, senza fermarsi al dato meramente letterale, si armonizzi con la ratio specifica della normativa sugli appalti pubblici, per la quale è ostativo il mancato possesso dei requisiti morali da parte di soci idonei a influenzare, in termini decisivi e ineludibili, le decisioni societarie”.

3.3. Se questa è la ragione del giudizio di inaffidabilità dell’ente, è del tutto irrilevante stabilire se la condotta sanzionata in sede penale sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la società di appartenenza, quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale; accertata questa condizione, quale che fosse il beneficiario del reato, l’aver riportato una condanna penale è indice di carenza di integrità e di affidabilità morale che la stazione appaltante può apprezzare per decidere se tenere in gara l’operatore economico ovvero escluderlo (in tal senso Corte di Giustizia dell’Unione europea, 20 dicembre 2017 nella causa C-178/16 Impresa di costruzioni ing. E. Mantovani s.p.a., cfr. par. 34: “ il diritto dell’Unione muove dalla premessa che le persone giuridiche agiscono tramite i propri rappresentanti. Il comportamento contrario alla moralità professionale di questi ultimi può quindi costituire un elemento rilevante ai fini della valutazione della moralità professionale di un’impresa.” nonchè Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649).

In definitiva, il tentativo dell’appellante di distinguere tra la condotta riprovevole del socio persona fisica e quella integerrima della società non coglie nel segno perché, quando l’illecito professionale è portato da una condanna penale, la valutazione di inaffidabilità morale è effettuata a carico dell’ente in virtù di una fictio iuris essendo essa indirizzata, in realtà, verso coloro che ne hanno la direzione o sono capaci di orientarne le scelte (in tal senso Cons. Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702 per la quale: “Verificare il possesso dei requisiti di moralità in capo al socio di maggioranza in grado di condizionare le decisioni della società significa, quindi, verificare detto possesso in capo all'operatore economico concorrente.”).

3.4. A questo punto resta da specificare meglio per quali ruoli societari vale il discorso fino a questo momento svolto ovvero stabilire per quali tra le varie persone fisiche titolari o membri di organi societari è possibile ipotizzare una capacità di contagio della società di appartenenza se inaffidabili per pregressi illeciti professionali.

La risposta è nello stesso codice dei contratti pubblici che, all’art. 80, comma 3, indicando le persone fisiche che se raggiunte da sentenza (o da un decreto) di condanna per uno dei reati di cui al comma 1 ovvero da una misura interdittiva di cui al comma 2 obbligano la stazione appaltante all’esclusione del concorrente, enuncia i ruoli di direzione e controllo nell’ambito delle varie tipologie societarie rilevanti per l’operatività delle due cause di esclusione.

La logica sottesa alle disposizioni è infatti perfettamente simmetrica: sono le persone fisiche nei ruoli elencati dal legislatore, che, con la loro condotta, sono in grado di influenzare le decisioni della società ed è questa la ragione per la quale se condannati in sede penale (o se destinatari di una misura interdittiva) impongono all’amministrazione l’esclusione (automatica o per scelta discrezionale) della società dalla procedura di gara.

Coerentemente, la sentenza di questa Sezione n. 6866 del 2018, citata dall’appellante a supporto delle sue ragioni, riteneva illegittima l’esclusione della società perché la persona fisica colpita da condanna penale, per essere membro supplente del collegio sindacale, non svolgeva una funzione di vigilanza ed era privo di poteri di controllo.

3.5. In conclusione, le Linee guida dell’ANAC, paragrafo 3.1., stabilendo che “I gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice” non operano un’estensione soggettiva della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice dei contratti pubblici dall’operatore economico – persona giuridica alle persone fisiche componenti o titolari di organi sociali, ma specificano, in adesione alla logica fin qui esposta, che proprio per il loro ruolo di componenti o titolari di organi sociali le condotte illecite commesse dalle persone fisiche incidono sull’affidabilità dell’operatore economico concorrente.

L’esclusione disposta dalla stazione appaltante nella vicenda di cui è causa è, dunque, immune da censura in quanto l’-OMISSIS-nella sua veste di socia e procuratrice della Repin s.r.l. rivestiva uno dei ruoli societari indicati dall’art. 80, comma 3, del codice dei contratti pubblici come rilevanti ai fini del giudizio di affidabilità morale dell’impresa (allo stesso modo giudica legittima l’esclusione di una società per inidoneità morale di un suo procuratore, Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2020, n. 728).

3.6. Né è mancato il giudizio di affidabilità della società nella motivazione del provvedimento impugnato. Il punto va approfondito per dar risposta alle censure proposte dall’appellante in via subordinata e correggere, così, il passaggio della sentenza che se ne occupa.

3.6.1. Dalla lettura del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione si evince chiaramente che la stazione appaltante non ha dubitato dell’integrità della concorrente solo per il fatto di non averle prontamente comunicato il provvedimento di condanna subito dalla socia – peraltro intervenuto a distanza dall’aggiudicazione definitiva – ma, più a fondo, per il contenuto e le motivazioni della sentenza penale tali da far venir meno il vincolo fiduciario che costituisce legame indispensabile tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico.

Si legge, infatti, al punto 6.4. del provvedimento: “La valutazione dell’idoneità del comportamento a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente attiene all’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante ed è stata effettuata in riferimento alla tipologia di violazione (condanna non definitiva per il reato di cui all’art. 353 c.p. – turbata libertà degli incanti) e di epoca recentissima (inferiore a cinque anni dalla data di pubblicazione del bando di gara) ai sensi del punto 5.1.”.

3.6.2. Erra, dunque, la sentenza di primo grado ad affermare che la violazione degli obblighi dichiarativi autonoma sia stata autonoma ragione di esclusione della società, ma non può altresì accogliersi la doglianza dell’appellante sulla carenza di motivazione del giudizio di inaffidabilità, poiché la C.U.C., sia pur sinteticamente, ha esaminato la rilevanza dei fatti ed ha fissato quali elementi decisivi per il giudizio di inaffidabilità del concorrente il tipo di reato accertato nella sentenza e la vicinanza temporale dei fatti con la procedura di gara.

3.6.3. Le altre circostanze che riferisce l’appellante come apprezzabili dall’amministrazione, vale a dire l’intervenuta revoca della procura alla socia dal 2 maggio 2018, prima che fosse avviato il procedimento di revoca ed anche il carattere non definitivo della sentenza avente ad oggetto i medesimi fatti già considerati inidonei ad integrare il reato contestato in relazione ad altro imputato, non presentano quella carica persuasiva che potrebbe indurre a ritenere il giudizio dell’amministrazione manifestamente illogico, arbitrario o travisato (tali essendo i limiti del sindacato del giudice amministrativo nei confronti della valutazione discrezionale dell’amministrazione).

L’-OMISSIS-era, infatti, al momento della presentazione della domanda ed anche al tempo dell’aggiudicazione procuratrice della società (essendo stata revocata, come dichiarato dall’appellante, il 2 maggio 2018) e, d’altra parte, una condanna non definitiva può certo essere apprezzata per formulare un giudizio di inaffidabilità dell’operatore.

3.7. In conclusione l’appello va respinto e la sentenza di primo grado confermata.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Repin s.r.l. al pagamento delle spese del presente grado del giudizio che liquida in € 2.000,00 oltre accessori e spese di legge a favore di ANAC e in € 4.000,00 oltre accessori e spese di legge a favore del Comune di Vittoria.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

GUIDA ALLA LETTURA

Al fine di meglio parametrare il thema tractandum del pronunciamento in commento, giova sinteticamente richiamare le circostanze fattuali della vicenda portata al vaglio della V sezione del Consiglio di Stato.

Nella fattispecie evidenziale dedotta, la società ricorrente ha contestato la valutazione d’inaffidabilità professionale formulata a suo carico dalla stazione appaltante attesa la condanna per il reato di turbata libertà degli incanti exart. 353 c.p. inflitta al singolo socio.

A dire dell’appellante, così operando la p.a. avrebbe indebitamente attribuito rilevanza escludente alla condotta riprovevole posta in essere da un componente della compagine sociale per interesse personale, in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione.

Ebbene, i Giudici di Palazzo Spada hanno respinto il gravame, confermando che l’operatore economico persona giuridica può essere esclusa dalla garaai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 anche alla luce dei pregressi illeciti professionali commessi da un suo esponente.

L’argomentare che precede è stato motivato in forza del c.d. “principio del contagio” per cui gli errori professionali commessi dalla persona fisica che riveste una determinata carica sociale possono riverberare effetti escludenti in capo alla società di appartenenza, al ricorrere dei presupposti elaborati in via giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 2018, n. 6866).

Specificamente, la condizione primariaa tal fine si estrinseca nel fatto materiale che la condotta penalmente rilevante venga posta in essere dal socio nell’esercizio dell’attività professionale.

In tale prospettiva, il Collegio ha chiarito che non assume rilevanza alcuna l’indagine soggettiva in merito all’effettivo beneficiario del reato, considerando censurabile il comportamento riprovevole che abbia avuto luogo nel perseguimento di un interesse tanto meramente personale dell’autore dell’illecito quanto dell’ente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649).

La condizione secondariaper la rilevanza della condotta illecita della persona fisica in punto di affidabilità della persona giuridica si rinviene nella carica da questi rivestita all’interno della compagine sociale, la quale deve essere contraddistinta dal potere di influenzare le decisioni sociali, in termini decisivi e ineludibili. 

Attraverso una lettura sistematica della normativa dettata in materia di appalti pubblici, il Consiglio di Stato ha individuato in maniera specifica le cariche spetto ai quali è predicabile siffatta capacità di “contagio” per pregressi illeciti professionali, mediante rinvio ai ruoli di direzione e controllo nell’ambito delle varie tipologie societarie stabiliti nell’art. 80, comma 3 del D. Lgs. n. 50/2016.

In adesione alla logica sin qui esposta, secondo l’argomentare del Supremo Consesso Amministrativo, del tutto correttamente le Linee guida A.N.A.C. n. 6 statuiscono che “i gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3 e comma 5, del Codice.

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto dunque esente da censure la valutazione d’inaffidabilità della società a causa dell’illecito commesso dal socio nella pregressa attività professionale, attesa la carica di procuratore e rappresentate legale da questi rivestita e in virtù dell’idoneità del comportamento contestato a porre in dubbio l’integrità professionale del concorrente.