Cons. St., Sez. V, ord. 11 maggio 2020, n. 2929
Devono essere sottoposti alla Corte di giustizia UE i seguenti quesiti pregiudiziali ai fini della decisione della controversia:
1) se sia conforme al diritto eurounitario ed alla corretta interpretazione dei considerando 14 e 32, nonché degli articoli 12 e 18 della Direttiva n. 24/2014/UE e 30 della Direttiva n. 23/2014/UE, anche con riferimento all’art. 107 TFUE, che, ai fini della individuazione del limite minimo del 30% della partecipazione del socio privato ad una costituenda società mista pubblico-privata, limite ritenuto adeguato dal legislatore nazionale in attuazione dei principi eurounitari fissati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, debba tenersi conto esclusivamente della composizione formale/cartolare del predetto socio ovvero se l’amministrazione che indice la gara possa – o anzi debba – tener conto della sua partecipazione indiretta nel socio privato concorrente;
2) in caso di soluzione positiva del precedente quesito se sia coerente e conforme con i principi eurounitari, ed in particolare con il principio di concorrenza, proporzionalità e adeguatezza, che l’amministrazione che indice la gara possa escludere dalla gara il socio privato concorrente, la cui effettiva partecipazione alla costituenda società mista pubblico privata, per effetto della accertata partecipazione pubblica diretta o indiretta, sia di fatto inferiore al 30%.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5663 del 2019, proposto da
Roma Multiservizi s.p.a., in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del costituendo Rti con Rekeep s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana, Patrizio Leozappa, Fabio Baglivo e Tommaso Edoardo Frosini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi D'Ottavi, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
nei confronti
Autorità Nazionale Anticorruzione, Corte dei Conti - Procura Regionale per il Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
C.N.S. - Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola, Aristide Police e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6020 del 2019, proposto da
Rekeep s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Lirosi, Marco Martinelli, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi D'Ottavi, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
nei confronti
Autorità Nazionale Anticorruzione, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Corte dei Conti - Procura Regionale per il Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
C.N.S. - Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola, Aristide Police e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;
per la riforma
quanto al ricorso n. 5663 del 2019:
della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 07893/2019, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 6020 del 2019:
per la riforma della sentenza semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 07891/2019, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in entrambi i giudizi di Roma Capitale;
Visti gli atti di intervento ad opponendum in entrambi i giudizi di C.N.S. - Consorzio Nazionale Servizi soc. coop.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto il dispositivo di ordinanza n. 1214 del 17 febbraio 2020;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Leozappa, Sbrana, Baglivo, Frosini, D'Ottavi, Tangari, in dichiarata delega di Notarnicola, Lirosi, Vercillo e Cintioli;
I. FATTO
I.1. Con delibera consiliare n. 99 del 31 luglio 2018, avente ad oggetto “Nuovi indirizzi per l’indizione di gara a doppio oggetto per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio scola stico integrato di competenza di Roma Capitale a società Spa mista pubblico privata”, Roma Capitale ha individuato quale migliore modello operativo per la gestione del predetto servizio la società mista pubblico – privata prevista dall’art. 17 del d.lgs. 19 agosto 2006, n. 175 e s.m.i., fissando al 51% la partecipazione di Roma Capitale ed al 49% quella del socio privato e stabilendo che a carico di quest’ultimo fosse posto l’intero rischio operativo.
I.2. Alla procedura aperta successivamente bandita (di importo complessivo pari ad euro 277.479.616,21, di cui euro 553.851,53 per oneri della sicurezza da interferenza non soggetti a ribasso, da aggiudicare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) ha partecipato, tra gli altri, il costituendo raggruppamento tra Roma Multiservizi s.p.a. e Rekeep s.p.a. a socio unico.
Per quanto d’interesse, nella lex specialis della gara sono stati precisamente indicati i limiti di partecipazione del socio pubblico (51%) e di quello privato (49%) alla costituenda società mista pubblico - privata (cfr. par. 2 del disciplinare di gara; artt.1, 6 e 7 dello statuto della newco).
Il costituendo raggruppamento tra Roma Multiservizi s.p.a. e Rekeep s.p.a. a socio unico è stato escluso, giusta determinazione n. 435 del 1° marzo 2019: ciò in considerazione del fatto che Roma Multiservizi s.p.a. è partecipata al 51% da AMA s.p.a., il cui capitale è interamente detenuto da Roma Capitale, così che quest’ultima avrebbe finito per possedere nella costituenda società pubblico - privata una partecipazione effettiva pari al 73,5%, superiore pertanto al limite del 51% fissato negli atti di gara (ed in particolare nella ricordata delibera consiliare n. 99 del 31 luglio 2018).
II. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
II.1. Con due distinti ricorsi Multiservizi s.p.a. e Rekeep s.p.a. hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale del Lazio l’annullamento di detto provvedimento.
II.2. Roma Multiservizi s.p.a. ne ha sostenuto l’illegittimità per: 1) Violazione, falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 175/2016 – Violazione, falsa applicazione degli articoli 5, comma 9, 3 e 180 del d.lgs. n. 50/2016 – Travisamento dei presupposti di diritto e grave carenza di istruttoria; 2) Violazione, falsa applicazione di tutti gli atti della lex specialis e della deliberazione n. 99/2018 dell’assemblea capitolina – Violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 83 del codice dei contratti e del principio del clare loqui; violazione, falsa applicazione dell’art. 41 Cost.; 3) Eccesso di potere per sviamento – illogicità, contraddittorietà manifesta, travisamento dei presupposti e carenza di istruttoria; 4) Violazione, falsa applicazione, dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 – difetto assoluto di motivazione.
In via subordinata ha anche prospettato la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE circa la corretta interpretazione della normativa nazionale in tema di scelta del socio privato di una costituenda società mista pubblico privata ovvero della rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 d.lgs. n. 175 del 2016, il tutto sulla base delle argomentazioni precisate negli atti difensivi.
II.3. Rekeep s.p.a. ha affidato le sue doglianze ai seguenti motivi: 1) Erronea interpretazione della lex specialis del rapporto tra quota pubblica e quota privata della NewCo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, co. 2 lett. c) e 17 D.Lgs. 175/16, dell’art. 2359 cod.civ., degli artt. 5, 4, 45, 83 e 180 D.Lgs. 50/2016, dell’art. 2, §1, n. 10, 18 e 57 Direttiva 24/2014/UE, dell’art. 5, §1, n. 2 e 30 Direttiva 23/2014/UE. Violazione dell’art. 5 del Disciplinare di Gara. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza, di concorrenza negli affidamenti, par condicio e non discriminazione; 2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 D.Lgs. 175/16, 2359 cod.civ., degli artt. 4, 45 e 83 D.Lgs. 50/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza. Contraddittorietà dell’azione amministrativa.
Anche Rekeep s.p.a. ha chiesto in subordine il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE della questione esposta in ricorso, sostanzialmente identica a quella prospettata da Roma Multiservizi.
II.4. Nella resistenza di Roma Capitale, che ha insistito per il rigetto degli avversi ricorsi, l’adito tribunale con le sentenze n. 7891 (pronunciata sul ricorso di Rekeep) e 7893 (pronunciata sul ricorso di Roma Multiservizi) del 18 giugno 2019, di identico tenore, ha respinto i ricorsi, ritenendolo infondati.
Secondo il tribunale:
- quanto ai limiti della partecipazione alla newco (51% di Roma Capitale, 49% del socio operativo privato), si doveva dar rilievo esclusivamente al rapporto diretto tra socio privato e Comune, senza considerare la partecipazione indiretta di Roma Capitale in Roma Multiservizi s.p.a. per il tramite di AMA;
- non poteva poi dubitarsi della legittimità della scelta di Roma Capitale di limitare la propria partecipazione alla nuova società mista pubblico - privata nella misura del 51%;
- ugualmente non poteva contestarsi la legittimità della conseguente esclusione dalla gara di un concorrente che, quale possibile futuro socio operativo, nella propria sociale già presentasse una significativa partecipazione della stessa amministrazione aggiudicatrice in modo che di fatto fosse effettivamente superato il limite del 51% della partecipazione pubblica (di Roma Capitale) alla costituenda newco;
- né una simile esclusione integrava la violazione dei principi di tassatività delle clausole di esclusione e di parità di trattamento e trasparenza o era sintomatica di eccesso di potere in relazione alle concrete modalità di svolgimento del procedimento di gara e delle decisioni in esso assunte.
III. IL GIUDIZIO DI APPELLO
III.1. Con due separati appelli Roma Multiservizi s.p.a. e Rekeep s.p.a. hanno chiesto la riforma delle rispettive decisione, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia.
III.1.1. Roma Multiservizi ha in particolare lamentato: 1) Erroneità della sentenza per erronea applicazione del principio di tassatività delle cause di esclusione previsto dall’art. 83, comma 8, del Codice – Erronea applicazione degli articoli 5, comma 9, 3 e 180 del d.lgs. n. 50/2016, nonché dell’art. 17 del d.lgs. n. 175/2016 – Mancata considerazione dell’obbligo di clare loqui – Contraddittorietà manifesta della motivazione – Violazione dei principi di trasparenza, par condicio e massima concorrenza; 2) In particolare: erroneità della sentenza per erronea applicazione degli artt. 1338, 1343, 1362, 1366, 1369, 1370 Cod. civ.; 3) Erroneità della sentenza per omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia e, in ogni caso, per mancata considerazione, o comunque erronea valutazione, del profilo di eccesso di potere per sviamento e per manifesta illogicità dedotto nel ricorso di primo grado; 4) Erroneità della sentenza per travisamento delle risultanze istruttorie e per omesso approfondimento in ordine ad un profilo considerato centrale nella stessa motivazione.
L’appellante in estrema sintesi ha sostenuto che:
a) la gara, nel prevedere la costituzione di una newco partecipata al 51% da Roma Capitale e al 49% da privati, quanto a questi ultimi non avrebbe operato alcuna discriminazione tra socio operativo e socio finanziario e non avrebbe espressamente stabilito che la quota del 49% non potesse essere raggiunta anche con una partecipazione pubblica indiretta (in questo caso di AMA s.p.a.);
b) il provvedimento di esclusione sarebbe stato in ogni caso inficiato dalla violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione e del principio del clare loqui;
c) le motivazioni con le quali il tribunale aveva respinto le censure sollevate in primo grado sarebbe state l’effetto di una inammissibile interpretazione finalistica degli atti di gara (lex specialis e provvedimento di esclusione) che si poneva in insanabile contrasto con il canone fondamentale dell’interpretazione letterale;
d) la preoccupazione del superamento del limite del 51% della partecipazione di Roma Capitale alla newco e del conseguente aumento del rischio (per la maggiore quantità del capitale pubblico interessato), sarebbe stato inesistente quanto al c.d. rischio da carenza di domanda (stante la peculiarità del servizio che avrebbe dovuto svolgere la newco, costituito dal servizio integrato scolastico) e privo della necessaria istruttoria e valutazione quanto al rischio eventualmente derivante dall’aumento delle spese del personale.
L’appellante ha anche reiterato la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE prospettando la necessità di accertare se “il diritto europeo e i principi di concorrenza e di tutela della libertà economica e della libera competizione nell’ambito dei mercati ostino ad una normativa interna che preveda una disposizione volta a non consentire ad una società mista di partecipare ad una gara a doppio oggetto per l’affidamento di un servizio per il sol fatto di essere indirettamente partecipata da capitale pubblico, ovvero, da capitale riconducibile all’Ente pubblico che bandisce la medesima gara”.
III.1.2. Rekeep s.p.a. a propria volta ha dedotto: 1) Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, co. 2 lett. c) e 17 d.lgs. 175/16, dell’art. 2359 Cod. civ., degli artt. 5, 4, 45 e 180 d.lsg. 50/2016, dell’art. 2, §1, n. 10, 18 e 57 Direttiva 24/2014/UE, dell’art. 5, §1, n. 2 e 30 Direttiva 23/2014/UE. Violazione e falsa applicazione della le specialis di gara e dell’art. 5 del disciplinare. Contraddittorietà intrinseca della motivazione. Erronea valutazione degli atti e dei documenti di causa; 2) Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione della lex specialis e dell’art. 5 del disciplinare – Violazione e falsa applicazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e del principio del favor partecipationis – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362-1369 Cod. civ. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, co. 9 ccp e dell’art. 57 della Direttiva n. 24/2014/UE; 3) Error in iudicando – Erronea valutazione degli atti e dei documenti di causa – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2497 Cod. civ. – Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità e del divieto di soccorso istruttorio; 4) Error in iudicando – Erronea valutazione degli atti e documenti di causa – Omesso approfondimento in ordine ad un profilo considerato centrale della motivazione della sentenza.
Anch’essa ha chiesto che sia rimesso alla Corte di giustizia UE di accertare: a) “se gli articoli 2 § 1 n. 10), 18 e 57 della Direttiva n. 24/2014/UE, ed i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che gli Stati membri devono rispettare per l’affidamento degli appalti pubblici e, in particolare, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano di parità di trattamento e di non discriminazione, ostano ad una normativa degli Stati membri che non consenta ad una società mista a partecipazione pubblico-privata di partecipare ad una gara a doppio oggetto indetta per l’affidamento di un appalto di servizi per il sol fatto di essere tale società indirettamente partecipata dall’amministrazione aggiudicatrice che indice la gara”; b) se “gli artt. 5 § 2 n. 1 e 30 della Direttiva n. 23/2014/UE ed i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che gli Stati membri devono rispettare per l’affidamento degli appalti pubblici e, in particolare, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano di parità di trattamento e di non discriminazione, ostano ad una normativa degli Stati membri che non consenta ad una società mista a partecipazione pubblico-privata di partecipare ad una gara a doppio oggetto indetta per l’affidamento di un appalto di servizi per il sol fatto di essere tale società indirettamente partecipata dall’amministrazione aggiudicatrice che indice la gara”.
III.2. In entrambi i giudizi:
- si è costituita Roma Capitale, deducendo l’infondatezza degli appelli, di cui ha chiesto il rigetto;
- è intervenuto ad opponendum il C.N.S. – Consorzio Nazionale Servizi, che nel frattempo è stato dichiarato aggiudicatario della gara.
III.3. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione le parti hanno depositato memorie illustrative delle proprie tesi difensive ed hanno replicate a quelle avversarie.
III.4. All’udienza pubblica del 13 febbraio 2020 le cause sono state riservate per la decisione.
III.5. Le cause devono essere preliminarmente riunite in ragione delle evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva.
IV. LA QUESTIONE CONTROVERSA.
IV.1. Come esposto in precedenza, Roma Capitale ha indetto una gara a doppio oggetto per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio scolastico integrato di competenza di Roma Capitale a società per azioni mista pubblico – privata, fissando al 51% la partecipazione di Roma Capitale e al 49% quella del socio privato e stabilendo che a carico di quest’ultimo fosse posto l’intero rischio operativo.
IV.2. Posto che non è stata contestata (dalle ricorrenti/appellanti) la legittimità dei predetti limiti della partecipazione pubblica (51%) e privata (49%), la controversia concerne invece la legittimità della decisione dell’amministrazione giudicatrice che, ai fini del rispetto del limite del 51% della sua partecipazione alla costituenda newco, ha ritenuto di dover tener conto della propria partecipazione al 100% in AMA s.p.a., a sua volta facente parte al 51% di Roma Multiservizi s.p.a., che in ATI con Rekeep s.p.a. ha partecipato alla gara in questione e, per l’effetto, ha escluso quest’ultima dalla gara, essendo stato in tal modo (cioè attraverso la partecipazione diretta e indiretta) superato il limite del 51% (raggiungendosi il 73,5%) di partecipazione di Roma Capitale alla costituenda nuova società mista pubblico – privata.
V. LA NORMATIVA NAZIONALE DI RIFERIMENTO
V.1. La materia delle società miste pubblico – private è disciplinata dal d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (“Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”).
V.1. L’art. 4 stabilisce che le finalità perseguibili dalle pubbliche amministrazioni col ricorso alla costituzione di società partecipate soggiacciono ad un “doppio vincolo di scopo”: da un lato, deve trattarsi di società aventi ad oggetto attività strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente; dall’altro le attività da svolgersi devono rientrare tra quelle espressamente indicate dal secondo comma della medesima norma, ossia: a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi; b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016; c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del d.lgs. n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento; e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.
V.2. L’art. 7, comma 5, prescrive che i soci privati vengano previamente individuati attraverso procedure di evidenza pubblica, a norma dell’art. 5, comma 9 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), mentre il comma 2 dell’art. 17 prescrive che “Il socio privato deve possedere i requisiti di qualificazione previsti da norme legali o regolamentari in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita”, requisiti di qualificazione (generali e speciali, di carattere tecnico ed economico-finanziario) che devono essere specificati nel bando di gara.
V.3. L’art. 17, comma 1, prevede che “Nelle società a partecipazione mista pubblico-privata la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al trenta per cento e la selezione del medesimo si svolge con procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e ha a oggetto, al contempo, la sottoscrizione o l'acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e l'affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell'attività della società mista”.
V.4. La accennata normativa, nella dichiarata (ex art. 1) prospettiva di garantire un’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, di tutelare e promuovere la concorrenza ed il mercato, nonché di razionalizzare e ridurre la spesa pubblica, ha previsto che la pubblica amministrazione possa scegliere per la gestione delle attività indicate (art. 4) tra la gestione in house mediante società totalmente partecipata e la costituzione di una società mista, dettando una disciplina analitica per quest’ultimo modello per renderlo compatibile con il diritto eurounitaria.
In tal modo si è inteso anche superare i rilievi sollevati dalla giurisprudenza comunitaria alla precedente normativa nazionale che riservava alle società a prevalente o totale partecipazione statale o pubblica, diretta o indiretta, la possibilità di concludere con la pubblica amministrazione – in assenza di gara – convenzioni inerenti attività o servizi.
A fondamento dei rilievi era stato infatti osservato che l’affidamento diretto del servizio alla società mista può prestarsi ad eludere il principio della libera concorrenza: quest’ultima, che costituisce la regola generale e l’asse portante del diritto comunitario, può subire eccezioni solo se esse siano adeguatamente giustificate dalla necessità di adempiere una missione di interesse economico generale, nell’ottica cioè di un proficuo partenariato pubblico-privato, come indicato nel “Libro Verde” della Commissione europea del 30 aprile 2004.
Al riguardo nel predetto “Libro Verde” (par. 3, punti 53ss.), in ordine all’ipotesi della «Attuazione di un partenariato che implica la creazione di un'entità ad hoc detenuta congiuntamente dal settore pubblico e dal settore privato», è precisato che la “cooperazione diretta tra il partner pubblico ed il partner privato, nel quadro di un ente dotato di personalità giuridica propria […]” è legittima se “permette al partner pubblico di conservare un livello di controllo relativamente elevato sullo svolgimento delle operazioni, che può adattare nel tempo in funzione delle circostanze, attraverso la propria presenza nella partecipazione azionaria e in seno agli organi decisionali dell'impresa comune”, aggiungendosi che tale compartecipazione permette “al partner pubblico di sviluppare un’esperienza propria riguardo alla fornitura del servizio in questione […]” e che la creazione della società mista “non solleva generalmente problemi riguardo al diritto comunitario applicabile, qualora costituisca una modalità d'esecuzione dell’incarico affidato nel quadro di un contratto ad un partner privato. Occorre tuttavia che le condizioni relative alla creazione dell'impresa siano chiaramente stabilite in occasione della pubblicazione del bando relativo agli incarichi che si desiderano affidare al partner privato”.
Il tutto, fermo restando che le varie ipotesi di partenariato, pur non essendo disciplinate direttamente dal diritto comunitario degli appalti, dovrebbero comunque essere assoggettate al rispetto delle norme e dei principi in materia, non potendo la partecipazione dell'organismo aggiudicatore all'impresa mista giustificare la mancata applicazione del diritto dei contratti e delle concessioni in occasione della selezione del partner privato e che “la scelta di un partner privato destinato a svolgere tali incarichi nel quadro del funzionamento di un'impresa mista non può […] essere basata esclusivamente sulla qualità del suo contributo in capitali o della sua esperienza, ma dovrebbe tenere conto delle caratteristiche della sua offerta – che economicamente è la più vantaggiosa – per quanto riguarda le prestazioni specifiche da fornire” (punto 58).
V.5. Resta da aggiungere che la società mista pubblico-privata con socio privato individuato con gara a doppio oggetto è frutto dell’elaborazione giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato (parere Sez. II, 18 aprile 2007, n. 456), riconosciuta corretta dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea (con sentenza 15 ottobre 2009, C-196/08).
Qualora tali società abbiano ad oggetto (art. 4, comma 2, lett. c del d.lgs. n. 175 del 2016) “la realizzazione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2”, la quota di partecipazione del soggetto privato (art. 17, comma, del d.lgs. n. 175 del 2016) non può essere inferiore al 30 per cento e la selezione del medesimo socio privato si svolge con procedure di evidenza pubblica a norma dell’art. 5, comma 9 del d.lgs. n. 50 del 2016 (attuativo delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE).
A mente di tali previsioni, l’affidamento diretto di un servizio ad una società mista non è di per sé incompatibile con il diritto comunitario, a condizione che la gara per la scelta del socio privato della società affidataria sia condotta nel rispetto degli artt. 43 CE e 49 CE, nonché dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, e che i criteri di scelta del socio privato si riferiscano non solo al capitale da quest'ultimo conferito, ma altresì alle capacità tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, in guisa da potersi ritenere che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo (così, ex multis, Cons. Stato, V, 28 luglio 2011, n. 4527).
VI. LA NORMATIVA EUROPEA DI RIFERIMENTO
VI.1. Sebbene non esista una specifica normativa eurounitaria in materia di società pubbliche, la tematica di queste ultime incrocia tuttavia trasversalmente quella degli affidamenti degli appalti pubblici, con particolare riguardo al rispetto del principio di concorrenza.
VI.2. Il Considerando 14 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (che istituisce un quadro normativo unitario comune per gli appalti pubblici, abrogando contestualmente la Direttiva 2004/18/CE) precisa che “la nozione di operatori economici dovrebbe essere interpretata in senso ampio, in modo da comprendere qualunque persone e/o ente che offre sul mercato la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi, a prescindere dalla forma giuridica nel quadro della quale ha scelto di operare. Pertanto imprese, succursali, filiali, partenariati, società cooperative, società a responsabilità limitata, università pubbliche e private e altre forme di enti diverse dalle persone fisiche dovrebbero rientrare nella nozione di operatore economico, indipendentemente dal fatto che siano persone giuridiche o meno in ogni circostanza”.
VI.3. Il successivo Considerando 32 prevede “Gli appalti pubblici aggiudicati a persone giuridiche controllate non dovrebbero essere soggetti all’applicazione delle procedure previste dalla presente direttiva qualora l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, a condizione che la persona giuridica controllata svolga più dell’80 % delle proprie attività nell’esecuzione di compiti a essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice che esercita il controllo o da altre persone giuridiche controllate da tale amministrazione aggiudicatrice, a prescindere dal beneficiario dell’esecuzione dell’appalto”. Aggiunge poi che “L’esenzione non dovrebbe estendersi alle situazioni in cui vi sia partecipazione diretta di un operatore economico privato al capitale della persona giuridica controllata poiché, in tali circostanze, l’aggiudicazione di un appalto pubblico senza una procedura competitiva offrirebbe all’operatore economico privato che detiene una partecipazione nel capitale della persona giuridica controllata un indebito vantaggio rispetto ai suoi concorrenti. Tuttavia, date le particolari caratteristiche degli organismi pubblici con partecipazione obbligatoria, quali le organizzazioni responsabili della gestione o dell’esercizio di taluni servizi pubblici, ciò non dovrebbe valere nei casi in cui la partecipazione di determinati operatori economici privati al capitale della persona giuridica controllata è resa obbligatoria da una disposizione legislativa nazionale in conformità dei trattati, a condizione che si tratti di una partecipazione che non comporta controllo o potere di veto e che non conferisca un’influenza determinante sulle decisioni della persona giuridica controllata. Si dovrebbe inoltre chiarire che l’unico elemento determinante è la partecipazione privata diretta al capitale della persona giuridica controllata. Perciò, in caso di partecipazione di capitali privati nell’amministrazione aggiudicatrice controllante o nelle amministrazioni aggiudicatrici controllanti, ciò non preclude l’aggiudicazione di appalti pubblici alla persona giuridica controllata, senza applicare le procedure previste dalla presente direttiva in quanto tali partecipazioni non incidono negativamente sulla concorrenza tra operatori economici privati”.
VI.4. L’art. 12 della medesima Direttiva stabilisce che “Un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.
VI.5. L’art. 18 della stessa Direttiva prevede ancora che “Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata. La concezione della procedura di appalto non ha l’intento di escludere quest’ultimo dall’ambito di applicazione della presente direttiva né di limitare artificialmente la concorrenza. Si ritiene che la concorrenza sia limitata artificialmente laddove la concezione della procedura d’appalto sia effettuata con l’intento di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici”.
Previsione sostanzialmente analoga è contenuta nell’art. 3 della Direttiva n. 23/2014/UE.
VI.6. Secondo l’elaborazione giurisprudenziale comunitaria (C. Giust. CE, 15 ottobre 2009, in C-196/08, Acoset; 22 dicembre 2010, in C – 215/09, Mehilainen Oy) ciò che legittima una società mista pubblico - privata è, fra l’altro, proprio il ruolo operativo del socio privato in ragione del ruolo preliminarmente che esso è chiamato ad assumere ai fini dell’attuazione dell’oggetto sociale.
In tal senso sono da ricordare anche le considerazioni contenute nella Comunicazione interpretativa del 12 aprile 2008 della Commissione Europea, secondo cui per Partenariato pubblico – privato istituzionalizzato (PPPI) s’intende la cooperazione tra partners pubblici e privati che può avvenire mediante la costituzione di “un’entità a capitale misto per l’esecuzione di appalti pubblici e concessioni” in cui l’apporto del partner non è limitato al conferimento di capitale e/o di beni, ma si qualifica “nella partecipazione attiva nell’esecuzione di compiti assegnati all’entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità”.
VI.7. Sotto altro concorrente profilo si deve altresì tener conto anche delle disposizioni specifiche in tema di concorrenza.
In particolare l’art. 106 TFUE stabilisce:
“1.Gli Stati membri non emanano né mantengono, nel confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei tratti, specialmente a quelle contemplante negli articoli 18 e da 101 a 109.
Le imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole della concorrenza nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compresso in misura contraria agli interessi dell’Unione”.
VII. LA RILEVANZA DEI PRINCIPI EUROUNITARI AI FINI DELLA SOLUZIONE DELLA QUESTIONE CONTROVERSA E LA NECESSITA’ DEL RINVIO PREGIUDIZIALE.
VII.1. Alla stregua delle osservazioni svolte può assumersi che:
a) la scelta di una pubblica amministrazione di costituire una società mista pubblico - privata è tipica manifestazione della discrezionalità che la legge attribuisce alla stessa amministrazione per il raggiungimento degli interessi pubblici attribuiti alla sua tutela;
b) la legittimità di tale scelta postula il perseguimento di finalità di interesse pubblico o generale una gara a doppio oggetto, la scelta del socio privato a mezzo di gara ad evidenza pubblica;
c) il socio privato deve essere operativo e non un mero socio di capitale, stante la specificità del ruolo che deve assumere nell’attuazione dell’oggetto sociale: del resto, il coinvolgimento del socio privato per il perseguimento di fini di interessi generali si giustifica proprio per la carenza in seno alla amministrazione pubblica delle competenze necessarie di cui ha la disponibilità il socio privato;
d) per quanto sub c) la partecipazione del socio privato operativo deve essere adeguata, idonea cioè a rendere possibile l’attuazione dell’oggetto sociale; tale adeguatezza è stata fissata dal legislatore nazionale, proprio ai fini del rispetto dei principi eurounitari, nella soglia minima di partecipazione del 30%; con la conseguenza che una partecipazione inferiore a tale soglia, secondo la valutazione insindacabile e non irragionevole del legislatore, è di per sé inidonea a rendere effettivamente conseguibile il perseguimento dell’oggetto sociale cioè lo scopo che giustifica la stessa costituzione della società mista pubblico - privata;
e) correlativamente a quanto sub d), la partecipazione pubblica alla società mista pubblico - privata non deve superare il 70%.
VII.2. Sotto altro profilo deve osservarsi che la società mista pubblico - privata è destinata a svolgere servizi di interesse generale (ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 175 del 2016), in realtà un’attività di impresa, da erogare dietro corrispettivo e capace di produrre lucro.
Tuttavia al riguardo occorre (precisare e) distinguere lo scopo (di lucro) della società mista pubblico - privata da quello dall’amministrazione pubblica che è indiscutibilmente pubblico, con la conseguenza che l’attività della società mista pubblico - privata ed i servizi che essa offre sono sottoposti a condizioni di accessibilità che un soggetto di natura esclusivamente privata riterrebbe non vantaggiose.
Il limite massimo del 70% della partecipazione pubblica alla società mista pubblico - private finisce in definitiva con l’individuare il punto oltre il quale l’attività della predetta società altererebbe la concorrenza sul mercato, poiché non solo renderebbe inappetibile quel determinato settore del mercato, ma consentirebbe al socio privato della società mista pubblico - privata di limitare eccessivamente (al di sotto del 30%) il rischio economico della partecipazione all’impresa stessa.
VII.3. Così fissate le coordinate della controversia, per la sua soluzione occorre stabilire se, ai fini del rispetto della giusta soglia di partecipazione alla costituenda società mista pubblico - privata (non più del 70% per quanto riguarda la partecipazione pubblica, non meno del 30% per la partecipazione del socio privato) debba farsi riferimento alla sola natura giuridica del socio privato oppure, qualora esso sia partecipato da capitale pubblico, se debba tenersi conto anche di quest’ultima.
Com’è intuitivo la questione non riveste un carattere meramente formale.
Se si tiene conto infatti della sola veste giuridica del socio privato in quanto tale, privilegiando, come in definitiva sostengono nella fattispecie in esame le appellanti, la parità di trattamento dei concorrenti (al procedimento di scelta del socio privato della costituenda società mista pubblico - privata) ed il principio di non discriminazione, oltre che il più generale principio di libertà dell’iniziativa economica privata, sarebbe da ritenere rilevante e decisivo il solo fatto che nel caso di specie Roma Multiservizi s.p.a., in quanto società per azioni è un soggetto privato, indipendentemente dalla effettiva composizione della sua compagine sociale e dalla natura del suo capitale.
Considerando al contrario l’aspetto sostanziale della configurazione sociale di Roma Multiservizi s.p.a. ed in particolare il fatto che essa è partecipata al 51% da AMA s.p.a., che a sua volta è interamente detenuta da Roma Capitale, si giunge a considerare che nella costituenda società mista pubblico - privata la partecipazione pubblica sarebbe solo formalmente pari al 51%, ma di fatto ascenderebbe al 73,5%, e correlativamente la partecipazione del socio privato, formalmente del 49%, si attesterebbe al 26,5%, inferiore al limite di legge del 30%: ciò non solo eluderebbe il dettato normativo nazionale (oltre alla stessa effettiva previsione della lex specialis), per quanto – e soprattutto – realizzerebbe o potrebbe realizzare una situazione di inefficienza del mercato e violerebbe il principio di concorrenza, in quanto consentirebbe ad un socio privato (della costituenda società mista pubblico - privata) di godere ingiustamente dei vantaggi della partecipazione pubblica, dando vita ad una sostanziale rendita di posizione capace di impedire l’accesso proficuo di altri soggetti allo specifico segmento del mercato concernente la stessa attività economica.
VII.4. D’altra parte sotto tale ultimo profilo dovrebbe ritenersi coerente con i principi di legalità (sostanziale), imparzialità e buon andamento, predicati dall’art. 97 della Costituzione, e con quelli di efficienza, efficacia, adeguatezza e proporzionalità, in relazione al principio di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione, propugnati dai principi eurounitari, la decisione di una pubblica amministrazione (quale nella specie Roma Capitale) che, dando puntuale applicazione ed attuazione ai fondamentali indirizzi stabilità dal proprio organo di indirizzo politico-amministrativo (l’Assemblea capitolina), valuti in concreto la composizione dei partner che intendano concorrere alla selezione per la scelta del socio di una costituenda società mista pubblico - privata e decida motivatamente di escludere un concorrente, di cui la stessa amministrazione partecipi al capitale in misura significativa, tale da superare il limite della partecipazione pubblica ammessa nella costituenda newco, correlativamente limitando di fatto la partecipazione del privato ad una soglia inferiore al 30% ritenuta dal legislatore nazionale adeguata per il rispetto dei ricordati principi eurounitari.
VII.5. La scelta dell’una o dell’altra opzione interpretativa è idonea a determinare la soluzione della controversia in un modo, ovvero nel suo esatto opposto e ciò rende rilevante la questione di interpretazione pregiudiziale da sottoporre alla Corte di giustizia.
VIII. LA FORMULAZIONE DEI QUESITI
Devono essere pertanto sottoposti alla Corte di giustizia UE i seguenti quesiti pregiudiziali ai fini della decisione della controversia:
1) se sia conforme al diritto eurounitario ed alla corretta interpretazione dei considerando 14 e 32, nonché degli articoli 12 e 18 della Direttiva n. 24/2014/UE e 30 della Direttiva n. 23/2014/UE, anche con riferimento all’art. 107 TFUE, che, ai fini della individuazione del limite minimo del 30% della partecipazione del socio privato ad una costituenda società mista pubblico – privata, limite ritenuto adeguato dal legislatore nazionale in attuazione dei principi eurounitari fissati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, debba tenersi conto esclusivamente della composizione formale/cartolare del predetto socio ovvero se l’amministrazione che indice la gara possa – o anzi debba – tener conto della sua partecipazione indiretta nel socio privato concorrente;
2) in caso di soluzione positiva del precedente quesito se sia coerente e conforme con i principi eurounitari, ed in particolare con il principio di concorrenza, proporzionalità e adeguatezza, che l’amministrazione che indice la gara possa escludere dalla gara il socio privato concorrente, la cui effettiva partecipazione alla costituenda società mista pubblico privata, per effetto della accertata partecipazione pubblica diretta o indiretta, sia di fatto inferiore al 30%.
P.Q.M.
Visto l’art. 267 del TFUE;
Visto l’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea;
Visto l’art. 3 della l. 13 marzo 1958, n. 204;
Viste le “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” pubblicate sulla G.U.C.E. del 6 novembre 2012;
DISPONE la rimessione alla Corte di giustizia dell’Unione europea delle questioni pregiudiziali indicate in motivazione;
DISPONE, nelle more, la sospensione del giudizio;
RISERVA la liquidazione delle spese di lite al definitivo;
MANDA alla Segreteria della Sezione tutti gli adempimenti di competenza ed in particolare:
- la comunicazione della presente ordinanza alla Corte di giustizia dell’Unione europea;
- l’invio, in plico raccomandato, alla Cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea (L-2925, Lussemburgo) della presente ordinanza, insieme a copia di tutti gli atti contenuti nel fascicolo di causa, relativi al primo e al secondo grado di giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020.
Guida alla lettura
Con l’ordinanza in commento, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, dopo aver ricostruito la genesi e l’evoluzione delle società miste pubblico-private, nonché la disciplina attuale della gara a doppio oggetto, affronta il tema del ruolo del socio privato, sotto il profilo del limite minimo di partecipazione dello stesso al capitale della società mista e della rilevanza delle partecipazioni societarie indirette dell’Amministrazione ai fini del rispetto di tale limite, sottoponendo, sotto tale ultimo profilo, la questione all’attenzione della Corte di Giustizia.
I fatti di causa
Roma Capitale ha indetto una gara a doppio oggetto per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio scolastico integrato di competenza dell’amministrazione comunale a società per azioni mista pubblico-privata, fissando al 51% la partecipazione di Roma Capitale e al 49% quella del socio privato.
Alla stessa ha preso parte Roma Multiservizi S.p.A., in RTI con Rekeep S.p.A; il costituendo RTI è tuttavia stato escluso, in ragione della partecipazione maggioritaria in Roma Multiservizi S.p.A. di AMA S.p.A., società di cui l’Amministrazione comunale detiene l’intero capitale sociale; tenendo conto di ciò infatti, la partecipazione, in via diretta e indiretta, dell’Amministrazione nella costituenda società mista avrebbe raggiunto il 73,5% del capitale, in luogo del 51% previsto lex specialis di gara e comunque oltre la soglia di partecipazione prevista dall’art. 17, co. 1, del TUSP.
In sintesi, la controversia concerne la legittimità della decisione dell’Amministrazione di tenere conto anche delle proprie partecipazioni indirette ai fini del rispetto delle quote sociali previste dagli atti di gara e del limite di cui all’art. 17 comma 1, TUSP, nonché la legittimità della conseguente esclusione del RTI.
La società mista e il ruolo del socio privato
Il Collegio ricostruisce innanzitutto la genesi – giurisprudenziale – della società mista pubblico-privata e della gara a doppio oggetto, per la scelta del partner privato e per l’affidamento del servizio, quale soluzione ritenuta idonea ad evitare pregiudizi al principio di libera concorrenza, atta al contempo, a non disincentivare la costituzione di partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (Cons. St., Parere, Sez. II, n. 456/2007, Ad. Plen., n. 1/08, C. Giust. CE, 15 ottobre 2009, in C-196/08, Acoset; 22 dicembre 2010, in C – 215/09, Mehilainen Oy).
La scelta della Pubblica Amministrazione di costituire una società mista pubblico-privata rappresenta, ad avviso del Collegio, una «tipica manifestazione della discrezionalità che la legge attribuisce alla stessa amministrazione per il raggiungimento degli interessi pubblici attribuiti alla sua tutela», la cui legittimità postula tuttavia, l’indizione di una gara per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio, di modo da considerare insieme la qualità del contributo del socio nel capitale, la sua esperienza e le caratteristiche dell’offerta con riferimento alle prestazioni da fornire.
Difatti, la procedura per la scelta del partner privato e per l’affidamento del servizio è stata ritenuta legittima dalla Corte di Giustizia a condizione che «i criteri di scelta del socio privato si riferiscano non solo al capitale da quest’ultimo conferito, ma altresì alle capacità tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire» e qualora al partner privato sia affidata la gestione del servizio, di modo che «la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario» (C. Giust. CE, in C-196/08, Acoset, §61).
Pertanto, anche alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale europea, il Collegio osserva che il socio privato, tenuto conto della specificità del ruolo nell’attuazione dell’oggetto sociale, «deve essere operativo e non un mero socio di capitale». Il suo coinvolgimento nella costituzione della nuova società infatti «si giustifica proprio per la carenza in seno alla amministrazione pubblica delle competenze necessarie di cui ha la disponibilità il socio privato».
E affinché il socio privato possa avere un ruolo operativo, la sua partecipazione alla società «deve essere adeguata», deve essere cioè «idonea a rendere possibile l’attuazione dell’oggetto sociale»; tale adeguatezza è stata individuata, «secondo la valutazione insindacabile e non irragionevole del legislatore», nella soglia minima del 30% del capitale sociale (art. 17, co.1, TUSP). Con la conseguenza che una partecipazione inferiore deve considerarsi di per sé inidonea a garantire il perseguimento dell’oggetto sociale e rende, di conseguenza, non giustificata la stessa costituzione della società mista.
in definitiva, la soglia del 30% per il socio privato e il correlato limite massimo del 70% della partecipazione pubblica alla società mista pubblico-private individua «il punto oltre il quale l’attività della predetta società altererebbe la concorrenza sul mercato, poiché non solo renderebbe inappetibile quel determinato settore del mercato, ma consentirebbe al socio privato della società mista pubblico - privata di limitare eccessivamente (al di sotto del 30%) il rischio economico della partecipazione all’impresa stessa»
La questione controversa
Orbene, per la soluzione della controversia è necessario stabilire se, ai fini del rispetto della giusta soglia di partecipazione dei soci alla newco (non più del 70 l’Amministrazione, non meno del 30% il socio privato), si debba avere riguardo esclusivamente della natura giuridica dell’offerente oppure se si debba tenere conto delle eventuali partecipazioni pubbliche nel capitale dello stesso.
Infatti privilegiando il principio di parità di trattamento e il principio di non discriminazione, oltre al, più generale, principio di libertà dell’iniziativa economica privata, si dovrebbe tenere conto «della sola veste giuridica del socio privato», ritenendo di conseguenza, Roma Multiservizi S.p.A. un soggetto privato, indipendentemente dalla effettiva composizione della compagine sociale e dalla natura del suo capitale.
Tuttavia, non considerare l’aspetto sostanziale della configurazione sociale di Roma Multiservizi S.p.A., ed in particolare la partecipazione indiretta di Roma Capitale nella stessa, potrebbe dar luogo, ad avviso del Collegio, a «una situazione di inefficienza del mercato e [potrebbe violare] il principio di concorrenza, in quanto consentirebbe ad un socio privato (della costituenda società mista pubblico-privata) di godere ingiustamente dei vantaggi della partecipazione pubblica, dando vita ad una sostanziale rendita di posizione capace di impedire l’accesso proficuo di altri soggetti allo specifico segmento del mercato concernente la stessa attività economica».
Accedendo alla seconda opzione interpretativa, dovrebbe inoltre ritenersi coerente con i principi di legalità (sostanziale), imparzialità e buon andamento, nonché con quelli di efficienza, efficacia, adeguatezza e proporzionalità, in relazione al principio di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione, la decisione dell’Amministrazione di valutare in concreto la composizione dei partner che concorrono per diventare socio della newco e di escludere un offerente che, in ragione della partecipazione indiretta della stessa amministrazione, non rispetti la soglia del 30%, ritenuta dal legislatore nazionale adeguata per il rispetto dei ricordati principi eurounitari.
I quesiti
Alla luce di tali dubbi interpretativi, considerata la indubbia rilevanza della normativa e della giurisprudenza eurounitarie nella disciplina della materia, il Consiglio di Stato ha sottoposto due quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia.
Con il primo quesito, il Collegio domanda se «se sia conforme al diritto eurounitario ed alla corretta interpretazione dei considerando 14 e 32, degli articoli 12 e 18 della Direttiva n. 24/2014/UE e 3 della Direttiva n. 23/2014/UE, anche con riferimento all’art. 107 TFUE, che, ai fini della individuazione del limite minimo del 30% della partecipazione del socio privato ad una costituenda società mista pubblico-privata, limite ritenuto adeguato dal legislatore nazionale in attuazione dei principi eurounitari fissati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, debba tenersi conto esclusivamente della composizione formale/cartolare del predetto socio ovvero se l’amministrazione che indice la gara possa – o anzi debba – tener conto della sua partecipazione indiretta nel socio privato concorrente».
Mentre con il secondo quesito, subordinato al primo, il Collegio sottopone alla Corte il tema della legittimità dell’esclusione, chiedendo, in particolare «se sia coerente e conforme con i principi eurounitari, ed in particolare con il principio di concorrenza, proporzionalità e adeguatezza, che l’amministrazione che indice la gara possa escludere dalla gara il socio privato concorrente, la cui effettiva partecipazione alla costituenda società mista pubblico privata, per effetto della accertata partecipazione pubblica diretta o indiretta, sia di fatto inferiore al 30%».