Cons. di Stato, sez. VI, 4 maggio 2020, n. 2810
1 .La questione centrale devoluta al presente grado consiste nella qualificazione del servizio di trasporto eseguito dall’odierna appellante come appalto pubblico di servizi oppure come concessione di servizi (incontestato essendo l’oggetto del servizio di trasporto in questione, quale individuato in sede di capitolato e, rispettivamente, di stipula dei vari contratti succedutisi nel tempo).
2. In linea di diritto, occorre premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi, nel senso che un appalto pubblico di servizi comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (CGUE 15 ottobre 2009, nella causa C-196/08; CGUE 13 novembre 2008, nella causa C-437/07); in particolare, una concessione di servizi richiede che l’amministrazione concedente/aggiudicatrice abbia trasferito integralmente o in misura significativa all’operatore privato il rischio di gestione economica connesso all’esecuzione del servizio (v. CGUE 21 maggio 2015, nella causa C-269/14). […] Tale orientamento è, peraltro, stato recepito dall’art. dall’art. 3, comma 1, lettera vv), d.lgs. n. 50/2016, che definisce come «“concessione di servizi” un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi».
3. Anche secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato l’elemento qualificante della concessione di servizi è costituito dal trasferimento del rischio economico/operativo a carico dell’affidatario. In particolare, è stato affermato che, nel campo dei servizi pubblici, si ha concessione, quando l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto, quando l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’amministrazione aggiudicatrice, sicché può affermarsi che è la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi (v. Cons. Stato, Sez. VI , 4 settembre 2012, n. 4682; Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012 n. 2531). Con specifico riferimento ai servizi di trasporto pubblico di passeggeri, la sentenza da ultimo citata ha affermato che le disposizioni del regolamento n. 1370/2007/CE si applicano solamente nel caso in cui i contratti di servizio pubblico per la fornitura e gestione di servizi di trasporto di passeggeri assumono la forma di concessione di servizi, e che gli stessi, diversamente (ossia se i detti contratti assumono la forma dell’appalto pubblico), sono assoggettati alla disciplina delle direttive in materia di appalti pubblici di servizi.
Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3910 del 2018, proposto dall’impresa Autoservizi Fiorino Preite S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Spataro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale di Val Fiorita, n. 90;
contro
l’Università della Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Macrì e Alessandra Greco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune di Rende, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe De Luca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sede di Catanzaro (Sezione Prima), n. 1006/2018, resa tra le parti e concernente: servizio di bus navetta nell’area universitaria nel Comune di Rende, località Arcavacata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2019, il consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Alessandra Greco, per delega dell’avvocato De Luca, e Giovanni Spataro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con bando di gara n. 5019 del 26 settembre 2002, l’Università della Calabria indiceva la procedura aperta per l’affidamento in appalto del «servizio di trasporto passeggeri mediante n. 2 bus navetta» nell’area universitaria, sfociata nell’aggiudicazione in favore dell’impresa Fiorino Preite S.r.l. in a.t.i. con la ditta Savaglio Rolando, cui seguivano la stipula del contratto in data 28 dicembre 2005 e l’autorizzazione, da parte dell’Università, all’immissione in servizio dei mezzi.
Con nota del 30 dicembre 2005, l’Ufficio della Motorizzazione di Cosenza affermava che la competenza ad autorizzare l’immissione in servizio di linea degli autobus utilizzati per il servizio di trasporto de quo spettava al Comune di Rende, chiedendo al Ministero dei trasporti - Direzione generale motorizzazione chiarimenti in merito alla vicenda, resi con nota del 12 aprile 2006 nel senso dell’incompetenza dell’Università. In data 3 ottobre 2006, il Comune di Rende adottava i nulla-osta ex art. 87 Cod. Strad. ai fini del rilascio della carta di circolazione dei mezzi impiegati. Infatti, il servizio di trasporto non era circoscritto alla sola area perimetrale di proprietà dell’Ateneo, ma comprendeva anche settori stradali di uso pubblico, ricadenti nel territorio del Comune di Rende (come da planimetria annessa al contratto).
Il rapporto instauratosi tra l’Università e l’impresa aggiudicataria all’esito della menzionata procedura di evidenza pubblica veniva ripetutamente rinnovato (intercorrendo, dapprima, con la Autoservizi Fiorino Preite in a.t.i. con la ditta Savaglio e, a partire dal 2009, con la sola impresa Autoservizi Fiorino Preite S.r.l.), per complessivi nove anni, da ultimo con scrittura privata del 14 dicembre 2015, in base alla quale l’impresa si impegnava a svolgere l’attività di trasporto per il periodo dal 6 ottobre 2015 al 5 ottobre 2016 verso un corrispettivo da versare dall’Università a cadenza trimestrale, pattuito in ragione del prezzo unitario di euro 44,41 per ogni ora di servizio prestato.
Al fine di pervenire ad una definizione del rapporto con l’impresa affidataria, sia per il perdurante regime di prorogatio sia per i notevoli riflessi economici, l’Università con nota del 22 settembre 2016 formulava apposita richiesta al Comune di Rende in ordine alla qualificazione dell’affidataria Autoservizi Fiorino Preite.
Con nota del 7 ottobre 2016, l’amministrazione locale attestava che «sul territorio comunale non è attivo alcun servizio di trasporto pubblico locale», negando la sussistenza di un concessionario unico. Con la medesima nota, il Comune di Rende ribadiva la propria competenza al solo rilascio del nulla-osta per l’autorizzazione dei mezzi all’espletamento del servizio privato di trasporto, affidato dall’Università nel proprio perimetro territoriale.
L’Ateneo, pur provvedendo ad un’ulteriore proroga del servizio sino al mese di luglio 2017, con note del 26 settembre 2016 e 18 ottobre 2016 manifestava all’impresa comunque l’intento di voler indire una nuova gara, al che quest’ultima confermava la disponibilità dichiarandosi unico operatore legittimato a svolgere il servizio.
1.1. Avverso la determinazione del Comune di Rende del 7 ottobre 2016 e le menzionate note dell’Università l’impresa Autoservizi Fiorino Preite S.r.l. proponeva ricorso al TAR per Calabria, rubricato sub r.g. n. 1529 del 2016 (e definito con la qui appellata sentenza), chiedendone l’annullamento e formulando domande dirette ad accertare:
- che il servizio di navetta affidato nel 2005 dell’Università della Calabria e rinnovato di anno in anno aveva natura di servizio di trasporto pubblico di linea;
- che il Comune di Rende, quale ente territoriale competente, era obbligato a rilasciare il formale titolo abilitativo inerente il servizio in questione;
- che essa ricorrente era titolare del diritto a continuare ad esercitare il servizio sino al 3 dicembre 2019, secondo il regime transitorio previsto dall’art. 8 del regolamento n. 1370/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia.
1.2. Al fine di configurare un servizio consono alle proprie esigenze anche sotto il profilo economico e, soprattutto, conforme alle proprie sfere di competenza e ai crismi della legittimità, gli uffici tecnici della amministrazione universitaria predisponevano i nuovi atti di gara, circoscrivendo, diversamente dalla gara originaria, il trasporto degli studenti alla sola tratta del Ponte Carrabile, ricadente nel territorio esclusivo del campus, ma il consiglio di amministrazione dell’Università con deliberazione n. 16 del 15 giugno 2017 decideva di non indire la gara conferendo, nel contempo, al direttore generale il mandato a valutare l’interruzione del servizio in corso, al che quest’ultimo con nota del 28 luglio 2017 comunicava all’impresa che il rapporto negoziale sarebbe cessato con decorrenza dal 31 luglio 2017.
1.2.1. Tali determinazioni venivano impugnate dall’impresa con ricorso per motivi aggiunti.
1.3. Il TAR adìto, con la qui appellata sentenza n. 1006/2018, respingeva il ricorso e i motivi aggiunti, escludendo che il servizio di trasporto svolto dalla ricorrente fosse riconducibile a una concessione di servizio di trasporto pubblico di passeggeri, ed affermando che si trattasse di un contratto di appalto pubblico di servizi, con la conseguenza che non poteva trovare applicazione la disciplina, europea e regionale, relativa alla concessione del servizio di trasporto pubblico di passeggeri, con la conseguente infondatezza dell’assunto della ricorrente per cui il rapporto sarebbe venuto a scadenza soltanto il 3 dicembre 2019 ai sensi della disciplina transitoria di cui all’art. 8 regolamento n. 1370/2007/CE.
Il TAR riteneva che, invece, fosse applicabile il termine di durata annuale pattuito nel contratto stipulato tra le parti e che quindi a carico dell’Università non gravasse un particolare onere motivazionale circa la volontà di non prorogare il rapporto da tempo scaduto.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria ricorrente, deducendo un unico complesso motivo come di seguito rubricato: «Error in iudicando. Incompetenza assoluta. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 7 l. n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 285/1992 “Codice della Strada”. Violazione e falsa applicazione dell’art. 16 della l.r. n. 15/1986. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del r.d. 1822/1939. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 8 del regolamento comunitario n. 1370/2007. Violazione dell’art. 340 c.p. Violazione e falsa applicazione del regolamento UNICAL a favore degli studenti con disabilità. Violazione degli artt. 16, 33, 34 e 38 Cost. e violazione dell’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Eccesso di potere per presupposto erroneo. Illogicità. Contraddittorietà. Difetto di istruttoria. Travisamento. Manifesto sviamento».
L’appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado.
3. Si costituivano in giudizio, con atti separati, sia l’Università della Calabria sia il Comune di Rende, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
4. Con l’ordinanza cautelare n. 2676 del 14 giugno 2018 è stata accolta la domanda di sospensiva, con esclusivo riguardo al periculum in mora (in particolare, tenuto conto degli effetti conseguenti all’interruzione del servizio di trasposto pubblico in questione).
4.1. Con la successiva ordinanza n. 6174 del 19 dicembre 2018, questa Sezione respingeva l’istanza di esecuzione di detta ordinanza cautelare, proposta dall’odierna appellante ai sensi dell’art. 59 cod. proc. amm. – in impugnazione della nota dell’Università della Calabria trasmessa il 3 agosto 2018, con la quale la stessa aveva comunicato di non versare corrispettivo alcuno per il servizio di trasporto eseguito successivamente al 31 luglio 2017 –, rilevando che:
- la misura cautelare disposta con l’ordinanza n. 2676/2018 era vòlta a garantire la continuità del servizio di trasporto in oggetto e a impedirne l’interruzione, in via interinale nelle more del giudizio di merito;
- la questione attinente all’individuazione del soggetto obbligato a finanziare il servizio de quo dipendeva dalla soluzione della questione relativa all’inquadramento giuridico della fattispecie sub iudice quale servizio di trasporto pubblico locale oggetto di concessione, oppure quale rapporto d’appalto intercorrente con l’Università, e, su tale punto, l’ordinanza cautelare aveva riservato ogni decisione alla sentenza di merito, con la conseguenza che l’impugnata nota dell’Università della Calabria non poteva ritenersi lesiva e/o elusiva del giudicato cautelare.
4.2. All’udienza pubblica del 14 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Premesso che la statuizione affermativa della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, contenuta al punto 17 dell’appellata sentenza, non risulta specificamente impugnata né in via principale né in via incidentale, con la conseguenza che sul punto si è formato il giudicato interno ed ogni relativa questione esula dai limiti oggettivi del devolutum, si osserva nel merito che l’appello è infondato.
5.1. La questione centrale devoluta al presente grado consiste nella qualificazione del servizio di trasporto eseguito dall’odierna appellante come appalto pubblico di servizi oppure come concessione di servizi (incontestato essendo l’oggetto del servizio di trasporto in questione, quale individuato in sede di capitolato e, rispettivamente, di stipula dei vari contratti succedutisi nel tempo).
Il servizio risulta essere stato eseguito sulla base del contratto stipulato in data 28 dicembre 2005 tra l’Università e l’odierna appellante, all’esito dell’aggiudicazione della gara indetta dall’Ateneo con bando del 26 settembre 2002, nonché sulla base dei successi contratti stipulati in rinnovazione. Il contratto, intitolato «Contratto d’appalto - Servizio di bus navetta nella area dell’Università della Calabria in Arcavacata di Rende» (rubrica, tenuta ferma anche in tutti contratti successivi), alla clausola n. 1 indica quale oggetto contrattuale «l’esecuzione del servizio bus-navetta riservato agli studenti dell’Università della Calabria, in Arcavacata di Rende, alle condizioni di cui al capitolato speciale dell’appalto e dell’offerta economica presentata».
5.1.1. In linea di diritto, occorre premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi, nel senso che un appalto pubblico di servizi comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (CGUE 15 ottobre 2009, nella causa C-196/08; CGUE 13 novembre 2008, nella causa C-437/07); in particolare, una concessione di servizi richiede che l’amministrazione concedente/aggiudicatrice abbia trasferito integralmente o in misura significativa all’operatore privato il rischio di gestione economica connesso all’esecuzione del servizio (v. CGUE 21 maggio 2015, nella causa C-269/14). In altri termini, la figura della concessione è connotata dall’elemento del trasferimento all’impresa concessionaria del rischio operativo, inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni di mercato che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, ossia da fattori al di fuori dalla sfera di controllo delle parti (v. il Considerando 20 e l’art. 5, n. 1, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione). Tale orientamento è, peraltro, stato recepito dall’art. dall’art. 3, comma 1, lettera vv), d.lgs. n. 50/2016, che definisce come «“concessione di servizi” un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi».
Anche secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato l’elemento qualificante della concessione di servizi è costituito dal trasferimento del rischio economico/operativo a carico dell’affidatario. In particolare, è stato affermato che, nel campo dei servizi pubblici, si ha concessione, quando l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto, quando l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’amministrazione aggiudicatrice, sicché può affermarsi che è la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi (v. Cons. Stato, Sez. VI , 4 settembre 2012, n. 4682; Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012 n. 2531). Con specifico riferimento ai servizi di trasporto pubblico di passeggeri, la sentenza da ultimo citata ha affermato che le disposizioni del regolamento n. 1370/2007/CE si applicano solamente nel caso in cui i contratti di servizio pubblico per la fornitura e gestione di servizi di trasporto di passeggeri assumono la forma di concessione di servizi, e che gli stessi, diversamente (ossia se i detti contratti assumono la forma dell’appalto pubblico), sono assoggettati alla disciplina delle direttive in materia di appalti pubblici di servizi.
5.1.2. Applicando gli evidenziate coordinate ermeneutiche alla fattispecie sub iudice, deve pervenirsi alla conclusione che si verte in un’ipotesi di appalto pubblico, e non di concessione, del servizio di trasporto di passeggeri.
Infatti, nella lex specialis di gara per l’affidamento del «servizio di trasporto passeggeri mediante bus-navetta nell’area dell’Università degli Studi di Calabria, sita in Arcavacata di Rende» sui percorsi meglio specificati nel capitolato (v. l’art. l del capitolato), il criterio di aggiudicazione era quello del prezzo orario più basso.
Coerentemente, il «corrispettivo» fissato nei contratti di tempo in tempo succedutisi a far tempo dal primo contratto del 28 dicembre 2005 veniva determinato, nella misura stabilita nei singoli contratti, in ragione del prezzo unitario per ogni ora di servizio prestato, moltiplicato per il numero totale delle ore di effettivo servizio prestato, e il relativo pagamento, interamente a carico dell’Università, veniva effettuato su base trimestrale per gli importi come sopra determinati previa presentazione di fattura da parte dell’impresa affidataria (v. le clausole n. 3 e n. 4 dei contratti del 28 dicembre 2005 e del 15 luglio 2009, rispettivamente 3 e 5 delle scritture private del 12 dicembre 2014 e del 14 dicembre 2015).
Ebbene, risulta palese, da quanto sopra, che nella fattispecie concreta dedotta in giudizio manca del tutto il trasferimento del rischio economico a carico dell’impresa affidataria, gravando esso per contro interamente sull’Università in qualità di amministrazione aggiudicatrice, sicché il nomen iuris di contratto di appalto di servizio, usato sia nella lex specialis sia nei successivi contratti intercorsi tra l’Università e l’impresa affidataria, combacia appieno con la sostanza del rapporto intercorso tra le parti, correttamente ricostruito nell’impugnata sentenza come rapporto di appalto pubblico di servizio di trasporto passeggeri, e non già quale rapporto di concessione di trasporto pubblico di linea, con la conseguente corretta esclusione dell’applicazione del regime transitorio di cui all’art. 8 del regolamento n. 1370/2007/CE, applicabile solamente ai contratti di servizio pubblico per la fornitura e gestione di servizi di trasporto di passeggeri che assumano la forma di concessione di servizi (v. Cons. Stato, n. 2531/2012, cit.), e l’altrettanto corretta affermazione che la cessazione del rapporto trova la sua fonte di disciplina nell’assetto convenzionale dei contratti d’appalto e scritture private di rinnovo intercorsi tra le parti.
Inconferente è il richiamo, da parte dell’odierna appellante, ai nulla-osta rilasciati dal Comune ai sensi dell’art. 87 Cod. Strad..Tale articolo si limita a disciplinare il regime delle certificazioni per i mezzi ammessi ai servizi di linea per trasporti di persona, ma nulla dice sul regime giuridico del rapporto intercorrente tra parte pubblica e operatore privato esercente un servizio di trasporto passeggeri. Infatti, il rilascio delle relative certificazioni attiene all’abilitazione dei mezzi impiegati nell’esercizio del servizio di linea quale definito dal comma 1 del citato articolo, che testualmente recita: «Agli effetti del presente articolo un veicolo si intende adibito al servizio di linea quando l’esercente, comunque remunerato, effettua corse per una destinazione predeterminata su itinerari autorizzati e con offerta indifferenziata al pubblico, anche se questo sia costituito da una particolare categoria di persone»; l’art. 87 Cod. Strad. invece nulla dispone sul regime giuridico (appalto pubblico, concessione, o altro) nel cui contesto si svolge il servizio di trasporto, tant’è che la norma dichiara espressamente di prescindere dalla forma di remunerazione svolta (che, nella specie, assume la natura di corrispettivo d’appalto).
Né può configurarsi un’ipotesi di concessione tacita di servizio di trasporto pubblico di linea, risultando il rapporto sub iudice costituito unicamente in forza della gara bandita dall’Università e dei susseguenti contratti stipulati tra l’impresa e l’Università – la quale comunque sarebbe carente di attribuzioni in materia di concessione di servizio di trasporto pubblico di linea, quale disciplinato dalla legislazione europea, statale e regionale –, e mai avendo le amministrazioni a ciò competenti indetto una procedura di evidenza pubblica per la concessione del servizio medesimo, giammai surrogabile da un asserito atto tacito di concessione, comunque non ravvisabile in concreto alla luce delle risultanze istruttorie documentali acquisite al giudizio, con la conseguente inconferenza dei parametri normativi invocati dall’odierna appellante sul presupposto (rivelatosi destituito di fondamento) della sussistenza di un rapporto di concessione.
Irrilevante è, infine, la circostanza che parte del percorso oggetto del servizio di trasporto de quo si sia svolto anche su strade comunali di uso pubblico, non incidendo tale circostanza sulla natura del titolo del servizio espletato dall’odierna appellante, ma, tutt’al più, su aspetti secondari attenenti alle modalità esecutive del servizio medesimo, inidonee ad alterare la natura del relativo titolo costitutivo.
5.3. Per le considerazioni tutte sopra svolte, in reiezione dell’appello merita conferma la statuizione del TAR, con cui è stato respinto il ricorso di primo grado (unitamente ai motivi aggiunti) sulla base della corretta qualificazione della fattispecie all’esame sub specie di rapporto di appalto pubblico di servizi in ragione della mancata traslazione del rischio operativo all’affidataria.
Resta assorbita ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.
6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 3910 del 2018), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere alle amministrazioni appellate le spese del presente grado di giudizio che si liquidano, in favore di ciascuna delle stesse (Università della Calabria e, rispettivamente, Comune di Rende), nell’importo complessivo di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato delinea gli elementi che caratterizzano il contratto di appalto di servizi, differenziandolo dalla fattispecie della concessione di servizi.
La questione all’esame del Collegio, in particolare, attiene alla qualificazione giuridica del servizio di trasporto passeggeri nell’area dell’Università della Calabria.
La decisione stabilisce che il contratto è da inquadrarsi nell’ipotesi dell’appalto di servizi, la cui definizione è rintracciabile nell’art. 3, comma primo, lett. ss), d.lgs. n. 50/2016. In tal modo, dunque, il Collegio sconfessa i motivi del ricorso in appello e conferma la sentenza di primo grado, emessa dal Tar Calabria.
Nel dettaglio, il ricorrente lamentava l’indizione di una nuova gara per l’affidamento dell’appalto avente a oggetto il servizio di navetta, in ragione della sua titolarità a espletare il suddetto servizio quale concessionario. Per la parte soccombente, difatti, il contratto sarebbe scaduto in un periodo successivo all’indizione della gara per il nuovo affidamento, in quanto lo stesso rientrava nell’ipotesi di concessione del servizio di trasporto unico di linea disciplinato dal Reg. 1370/2007/CE. Di conseguenze, tale qualificazione giuridica comportava l’applicazione del regime transitorio del Regolamento sopra indicato, e con esso il rinnovo della concessione.
All’opposto, il Consiglio di Stato, attestandosi sulla decisione dei Giudici di primo grado, esclude l’applicabilità della suddetta disciplina in virtù della riconducibilità del rapporto negoziale nello schema del contratto di appalto di servizi.
La soluzione cui perviene il Collegio poggia sull’analisi degli elementi che caratterizzano in concreto la prestazione, secondo l’interpretazione offerta dalla CGUE e confermata dalla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato.
Dall’esame dei fatti da cui muove la controversia, emerge che è l’Università, quale amministrazione aggiudicatrice, il contraente in capo al quale ricade il rischio economico dell’operazione contrattuale.
Criterio dirimente ai fini della qualificazione giuridica di un contratto in termini di appalto o di concessione è, difatti, l’individuazione del soggetto titolare del diritto di gestione del servizio e della correlata alea tecnica.
Solo qualora il rischio economico ricada sul privato affidatario può configurarsi, anche sulla base dell’art. 3, comma primo, lett. vv), codice dei contratti, una concessione di servizi. In questo caso, infatti, il diritto di gestione in capo al concessionario consente a quest’ultimo di percepire i proventi direttamente dagli utenti, per il tempo di durata della concessione.
Nell’appalto, invece, l’alea tecnica, economica e finanziaria, è sopportata esclusivamente dall’amministrazione aggiudicatrice, che remunera direttamente la parte privata.
Quindi, le due figure sono differenziate sulla base del concetto di rischio collegato alla gestione dell’opera o del servizio, nonché in virtù del rapporto bilaterale, nell’appalto, o trilaterale, nella concessione, stante il coinvolgimento, in quest’ultima ipotesi, dell’utenza da cui il concessionario percepisce direttamente il corrispettivo per il servizio.
Nel caso di specie, chiariscono i Giudici, il servizio di trasporto passeggeri rientra nel tipo “appalto pubblico”.
Centralità assume, ai fini della decisione, la modalità di pagamento. Si legge, infatti, al punto 5.1.2. della sentenza in commento che il corrispettivo, «fissato nei contratti di tempo in tempo succedutisi a far tempo dal primo contratto […] veniva determinato […] in ragione del prezzo unitario per ogni ora di servizio […], e il relativo pagamento, interamente a carico dell’Università, veniva effettuato su base trimestrale […]».
Dal suddetto elemento emerge, dunque, la totale assenza del trasferimento del rischio economico in capo al ricorrente, gravando lo stesso interamente sull’amministrazione aggiudicatrice, quale soggetto gravato dall’obbligo di remunerazione.
Questo elemento è sufficiente per escludere lo schema dell’operazione contrattuale dall’alveo della concessione, anche tacita.
Sul punto, chiarisce il Consiglio di Stato nella decisione in commento che il rapporto contrattuale posto in esame è costituito solo sulla basa della procedura a evidenza pubblica, e quindi «in forza della gara bandita dall’Università […]».
L’amministrazione aggiudicatrice sarebbe, poi, priva del potere di attribuzione in materia di concessione di servizi di trasporto pubblico di linea, spettando l’affidamento di tale servizio agli Enti territoriali individuati dalla legislazione europea, statale e regionale.
Per tali motivi, dunque, il Collegio conferma la decisione di primo grado e rigetta l’appello.
Ferma l’incontestabilità dell’oggetto del servizio di trasporto in questione, pertanto, il contratto stipulato dall’Università della Calabria rientra nel tipo “appalto di servizi”, in ragione dell’alea tecnica sopportata interamente dall’amministrazione aggiudicatrice.
Da ciò deriva l’esclusione dell’estensione del regime transitorio di cui all’art. 8 del Reg. 1370/2007/Ce, con la conseguente applicazione della disciplina derivante dall’assetto convenzionale e dalle scritture private di rinnovo intercorse tar le parti quale fonte regolatrice della cessazione del rapporto, che a sua volta fonda le ragioni a sostegno dell’indizione della nuova gara per l’affidamento del servizio.