Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 aprile 2020, n. 2682 - sentenza non definitiva e contestuale ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria
Ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., si chiede all’Adunanza Plenaria:
a) se la richiesta, da parte di un operatore economico, degli incentivi previsti dal D.M. 5 maggio 2011 e della maggiorazione economica prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d) dello stesso D.M. determini l’avvio di un unico procedimento (nel quale la maggiorazione ha natura non dissimile dall’incentivo base) e, in caso affermativo, se il provvedimento conclusivo dello stesso debba essere considerato plurimo, qualora si dovesse ravvisare una diversità tra gli effetti giuridici derivanti dalla richiesta della tariffa base e quelli derivanti dalla richiesta della relativa maggiorazione;
b) se, ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, riscontrata una dichiarazione falsa finalizzata ad ottenere la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lettera d), del D.M. 5 maggio 2011, la stessa debba intendersi rilevante ai fini della decadenza dalla intera tariffa incentivante, ovvero dalla sola maggiorazione del 10% per ottenere la quale era stata prodotta;
c) se, il provvedimento di decadenza di cui all’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, nell’ipotesi in cui esso riguardi l’intero beneficio, abbia natura sanzionatoria e, quindi, richieda l’accertamento dell’elemento soggettivo della condotta attiva od omissiva in capo all’interessato, oppure se la perdita dell’intero beneficio – e non della sola maggiorazione (perdita da considerare, come si è visto, automatica per l’oggettiva insussistenza del presupposto) - sia anch’essa la conseguenza della oggettiva insussistenza di tutti i presupposti richiesti per ottenere l’importo complessivamente richiesto.
Guida alla lettura
Nell’ambito degli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, di cui al D.M. 5 maggio 2011, è prevista una maggiorazione del 10% per il caso di utilizzo di componenti prodotti nell’Unione Europea e nei paesi dello Spazio Economico Europeo (art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 5 maggio 2011).
La questione centrale è costituita dall’ambito di applicazione dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, secondo cui, a fronte di richieste di incentivi per produzione di energia da fonte rinnovabile, nel caso in cui siano riscontrate nell’ambito dei controlli “violazioni rilevanti” ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate.
Le ‘violazioni rilevanti’ sono indicate nell’allegato 1 al D.M. 31 gennaio 2014 – attuazione dell’articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore dei Servizi Energetici – e, tra esse, alla lettera a), è prevista la presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero alla mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi.
Una volta accertato dal GSE un dato non veritiero ovvero l’omissione di un’informazione indispensabile per l’attribuzione della maggiorazione del 10% risulta integrata la previsione di “violazione rilevante”.
Ciò posto, la questione concerne se ed in che modo tale violazione sia rilevante anche ai fini dell’erogazione degli ‘incentivi base’ ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2001, vale a dire, premesso che tale violazione è senz’altro rilevante ai fini dell’erogazione del 10% di maggiorazione prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d), del D.M. 5 maggio 2011, si chiede se tale rilevanza sussiste anche ai fini dell’erogazione della tariffa incentivante.
LEGGI LA SENTENZA NON DEFINITIVA E CONTESTUALE ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA
Pubblicato il 27/04/2020
N. 02682/2020REG.PROV.COLL.
N. 10221/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
E CONTESTUALE ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA
sul ricorso numero di registro generale 10221 del 2018, proposto dalla Ossanna Luigi S.a.s. di Ossanna Alberto & C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Tita, con domicilio eletto presso l’avvocato Francesco Vannicelli in Roma, via Varrone, n. 9;
contro
il Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluca Maria Esposito, con domicilio eletto in Roma, Lungotevere Arnaldo da Brescia, n. 11;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Terza ter, n. 8838 del 7 agosto 2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio svoltasi in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, commi 4 e 5, del decreto legge n. 18 del 2020, il giorno 16 aprile 2020, il Cons. Roberto Caponigro;
Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante espone di avere installato sull’edificio adibito all’esercizio della propria impresa in Cles (TN) un impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a 16,00 kw, anche in considerazione della possibilità di usufruire delle tariffe incentivanti previste dal D.M. 5 maggio 2011, e di avere incaricato della progettazione ed installazione dell’impianto la Itengei s.r.l., la quale ha utilizzato moduli fotovoltaici in silicio monocristallino prodotti dalla Zuccotti s.r.l., modello ZSM250.
La società soggiunge di avere presentato per il proprio impianto, in data 10 luglio 2012, una domanda corredata della necessaria documentazione e del Factory Inspection Attestation, al fine del riconoscimento delle tariffe incentivanti spettanti, ai sensi del DM 5 maggio 2011, agli impianti ricadenti nella tipologia installativa “impianto su edificio – T2”, e di avere chiesto altresì la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 5 maggio 2011, prevista per il caso di utilizzo di componenti prodotti nell’Unione Europea e nei paesi dello Spazio Economico Europeo.
L’interessata rappresenta inoltre che:
- i moduli fotovoltaici utilizzati per l’impianto erano stati prodotti nella fabbrica di Limbiate (MB) dell’impresa Zuccotti s.r.l. e che, al fine di certificarne la provenienza di origine europea, era stato rilasciato il relativo Factory Inspection Attestation n. 11;
- la società produttrice Zuccotti, tuttavia, aveva pubblicato sul proprio sito internet una copia del Factory Inspection Attestation n. 11 non del tutto conforme a quella rilasciata dall’Ente certificatore, in quanto riportava alla voce “Annual Capacity” la dicitura “XX”, invece che “15 MW” come nella versione effettivamente emessa dall’ente certificatore;
- la Ossanna Luigi s.a.s. ha presentato al GSE copia della certificazione scaricata dal sito internet della Zuccotti, in allegato alla domanda di incentivo.
Il Gestore Servizi Energetici (GSE) – in relazione al procedimento di verifica, ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 e del D.M. 31 gennaio 2014, relativo all’impianto fotovoltaico denominato “Negozio Ossanna” - ha comunicato alla società interessata, con atto del 2 marzo 2017, la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti per l’impianto in oggetto, disponendo il recupero integrale degli incentivi percepiti.
Il provvedimento è stato adottato, ritenuto che:
- i controlli posti in essere dal GSE hanno rilevato che, con particolare riferimento all’attestazione dell’origine, è stato presentato un documento (Factory Inspection Attestation) il quale, a seguito di specifici controlli eseguiti con l’Organismo di certificazione, è risultato non conforme a quello che lo stesso ente aveva originariamente emesso;
- il GSE, nel corso del procedimento di verifica documentale, ha accertato le seguenti violazioni rilevanti di cui all’allegato 1 del D.M. 31 gennaio 2014, lettera a): “presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi”.
Il T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Terza ter, con la sentenza n. 8838 del 2018, ha respinto il ricorso proposto dalla Ossanna Luigi s.a.s. avverso tale atto, sicché la società ha interposto il presente gravame, articolato nelle seguenti doglianze:
- il Gestore potrebbe disporre la decadenza dagli incentivi inizialmente concessi soltanto laddove accerti la non rispondenza delle caratteristiche dell’impianto realizzato rispetto ai dati contenuti nella documentazione trasmessa dal soggetto responsabile o, comunque, laddove accerti fatti nuovi e sopravvenuti, ma non potrebbe rimettere più in discussione l’esito dell’istruttoria già espletata;
- il GSE non aveva riscontrato alcuna irregolarità, ma, al contrario, aveva rilevato la sussistenza di tutte i presupposti per poter riconoscere la tariffa incentivante maggiorata del 10% prevista per gli impianti realizzati all’interno dell’Unione Europea, sicché avrebbe esercitato illegittimamente il potere di verifica e di controllo ad esso attribuito dall’art. 42, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 28 del 2011;
- il GSE, nel momento in cui ha ricevuto la comunicazione ed ha istruito la pratica, non aveva riscontrato alcuna irregolarità o anomalia; in caso contrario, l’appellante, resa edotta della problematica, si sarebbe attivata al fine di integrare la produzione documentale ed il Gestore avrebbe successivamente omesso di prendere in considerazione la produzione documentale integrativa;
- il provvedimento del GSE sarebbe sproporzionato, in quanto l’attestazione sarebbe priva di incompletezze sostanziali, ma, al più, sarebbe inficiata da una mera irregolarità di carattere formale, rientrante nelle irregolarità sanabili;
- alla Società dovrebbe essere riconosciuta la spettanza almeno dell’incentivo al netto della maggiorazione del 10%;
- la condotta della Società è stata connotata da buona fede, in quanto il documento non risulterebbe essere né falso, né mendace, né contraffatto, ma presenterebbe semplicemente un errore di riproduzione della voce “Annual Capacity”, essendo per il resto conforme al certificato originale rilasciato dall’organismo di attestazione e successivamente prodotto dalla Società nel corso del procedimento di verifica documentale;
- l’errore nella produzione della copia del Factory Inspection Attestation non potrebbe definirsi rilevante, perché non avrebbe in alcun modo favorito l’erogazione dell’incentivo, risultando i pannelli prodotti in Italia, e, in ogni caso, avrebbe inciso al più sul solo riconoscimento della maggiorazione del 10% dell’incentivo;
- la provenienza europea dei moduli fotovoltaici sull’impianto della Società non sarebbe in discussione, atteso che essi sono stati prodotti nello stabilimento italiano dell’impresa Zuccotti s.r.l., per cui la dichiarazione di provenienza degli stessi sarebbe del tutto veritiera.
Il GSE ha analiticamente controdedotto, concludendo per il rigetto del gravame.
Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive ragioni.
Questa Sezione, con ordinanza 24 ottobre 2019, n. 7220, ha ritenuto opportuno, ai fini del decidere, che il GSE depositasse in giudizio una dettagliata e documentata relazione attestante la provenienza geografica di produzione dei componenti che costituiscono l’impianto per il quale l’appellante ha chiesto il beneficio.
L’incombente istruttorio è stato disposto in quanto:
“L’art. 14 del D.M. 5 maggio 2011 stabilisce che la componente incentivante della tariffa individuata sulla base dell’allegato 5 è incrementata con le modalità di cui all’art. 12, comma 3, del 10% per gli impianti il cui costo di investimento di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), per quanto riguarda i componenti diversi dal lavoro, sia per non meno del 60% riconducibile ad una produzione realizzata all’interno della Unione Europea.
L’appellante, nel ricorso, ha posto in rilievo che “la provenienza europea dei moduli fotovoltaici montati sull’impianto della Società non è in discussione: essi sono effettivamente stati prodotti nello stabilimento italiano dell’impresa Zuccotti S.r.l. e, pertanto, la dichiarazione di provenienza degli stessi è del tutto veritiera”.
Nella memoria di replica, la società ha ribadito che “l’errore nella produzione della copia del Factory Inspection Attestation non può senz’altro definirsi rilevante perché non ha in alcun modo favorito il riconoscimento dell’incentivo, risultando effettivamente i pannelli prodotti in Italia”.
Il GSE, in riscontro alla ordinanza istruttoria, ha depositato una relazione sulla conformità dei moduli fotovoltaici dell’impianto n. 752597 della società Ossanna.
Le parti hanno prodotto altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive difese.
Alla camera di consiglio del 16 aprile 2020, svoltasi in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, comma 4 e 5, del decreto legge n. 18 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il quadro normativo in materia, per quanto di maggiore interesse ai fini della delibazione della presente controversia, può così riassumersi.
L’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, in attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, dispone, al primo comma, che l’erogazione di incentivi nel settore elettrico e termico, di competenza del GSE, è subordinata alla verifica dei dati forniti dai soggetti responsabili che presentano istanza; la verifica è effettuata attraverso il controllo della documentazione trasmessa, nonché con controlli a campione sugli impianti.
Il successivo terzo comma prevede che, nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza degli incentivi, nonché il recupero delle somme già corrisposte.
Il comma 4-bis dell’art. 42, inserito dall’art. 57-quater, comma 1, del d.l. n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, prevede che, al fine di salvaguardare la produzione di energia elettrica derivante da impianti fotovoltaici, agli impianti di potenza superiore a 3 kw - nei quali, a seguito di verifiche o controlli, risultano installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento e per i quali il soggetto beneficiario della tariffa incentivante abbia intrapreso le azioni consentite dalla legge nei confronti dei soggetti responsabili della non conformità dei moduli - si applica, su istanza del medesimo beneficiario, una decurtazione del 20% (ora del 10%, come da modifica disposta dall’art. 13-bis, comma 1, lett. c), del d.l. n. 101 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2019) della tariffa incentivante base per l’energia prodotta dalla data di decorrenza della convenzione con il GSE, mentre non si applicano comunque le maggiorazioni di cui all’articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto del Ministero dello sviluppo economico 5 maggio 2011 e all’articolo 5, comma 2, lettera a), del decreto del Ministero dello sviluppo economico 5 luglio 2012.
L’art. 14, comma 1, lett. d), stabilisce che la componente incentivante della tariffa individuata sulla base dell’allegato 5 è incrementata del 10% per gli impianti il cui costo di investimento, per quanto riguarda i componenti diversi dal lavoro, sia per non meno del 60% riconducibile ad una produzione realizzata all’interno dell’Unione europea.
Il GSE, ai sensi dell’art. 11, comma 1, del D.M. 31 gennaio 2014, dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi con l’integrale recupero delle somme già erogate, qualora, in esito all’attività di controllo o di verifica documentale, vengano accertate le violazioni rilevanti di cui all’allegato 1, parte integrante del decreto stesso.
L’allegato 1 al D.M. 31 gennaio 2014 individua le “violazioni rilevanti” e, tra queste, indica alla lettera a), la “presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi”.
3. Il GSE, nel provvedimento in contestazione, ha premesso, tra l’altro, che l’impianto in oggetto ricade nell’ambito di applicazione del D.M. 5 maggio 2011, recante criteri e modalità per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta dagli impianti solari fotovoltaici, e che, con comunicazione in data 11 luglio 2012, la Società ha presentato una richiesta di riconoscimento delle tariffe incentivanti spettanti, ai sensi del D.M. 5 maggio 2011, agli impianti ricadenti nella tipologia installativa “impianto su edificio-T2”, richiedendo altresì il premio del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lettera d), del decreto, per l’utilizzo di componenti prodotti nell’Unione europea e nei paesi dello Spazio economico europeo.
Il provvedimento di decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti e di recupero integrale degli incentivi percepiti è stato disposto, ritenuto che:
- i controlli posti in essere dal GSE hanno dato evidenza che, con particolare riferimento all’attestazione dell’origine, è stato presentato un documento (Factory Inspection Attestation) che, a seguito di specifici controlli eseguiti con l’Organismo di certificazione, è risultato non conforme a quello che lo stesso ente aveva originariamente emesso;
- il GSE, nel corso del procedimento di verifica documentale, ha accertato le seguenti violazioni rilevanti di cui all’Allegato 1 del D.M. 31 gennaio 2014, lettera a): “presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità degli incentivi”.
In particolare, il Factory Inspection Attestation, n. 11-PPI-0006209/03-L01-TIC, presentato dalla Società, reca, in corrispondenza del campo “Annual Capacity”, identificativo della capacità produttiva annuale, una dicitura “XX”, mentre la versione effettivamente emessa dall’ente certificatore TUV InterCert GmbH alla Zuccotti S.r.l., come confermato dal medesimo Ente alla Società a seguito di specifica interlocuzione, riporta espressamente un valore della capacità produttiva pari a “15 MW”.
4. La relazione prodotta dal GSE, in esito al disposto incombente istruttorio, ha ribadito come la legislazione abbia garantito un particolare favor agli impianti realizzati con componenti di origine europea, prevedendo le maggiorazioni tariffarie di cui all’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 5 maggio 2011 e all’art. 5, comma 2, lett. a), del D.M. 5 luglio 2012 e che l’origine europea dei moduli deve essere dimostrata attraverso la presentazione di un Attestato di ispezione di fabbrica (Factory Inspection Attestation), che permetta di identificare il sito produttivo a partire dal numero di matricola del modulo.
Il Tuv InterCert GmbH, responsabile del rilascio delle certificazioni e attestazioni dei moduli della Zuccotti s.r.l., ha confermato che la versione del Factory Inspection Attestation effettivamente rilasciata alla Zuccotti s.r.l. reca espressamente un valore della capacità produttiva pari a “15 MW” e, nel contempo, ha dapprima sospeso le certificazioni ancora efficaci, per poi ritirarle a decorrere dal 1° luglio 2013.
Per quanto attiene all’impianto n. 752597 della società Ossanna Luigi s.a.s. di Ossanna Alberto e c., nella relazione è indicato che, “dall’analisi della documentazione fotografica trasmessa dal Soggetto Responsabile nell’ambito del procedimento di verifica i moduli installati presso l’impianto, recanti sull’etichetta apposta sul retro modello “ZSM250” di potenza nominale pari a 250 w, sono moduli realizzati in silicio monocristallino e identificati da numeri di matricola aventi struttura del tipo “ANNNNNNN” e che “i predetti numeri di matricola sembrano apposti al di sotto del vetro sul lato frontale del modulo e, pertanto, su un sistema di etichettatura conforme alla norma CEI EN 50380 e sono caratterizzati da una struttura che trova riscontro nella regola sequenziale di cui al Factory Inspection Attestation … rilasciato dalla TUV Intercert Gmbh alla Zuccotti s.r.l. al fine di identificare l’origine dei moduli”.
Il GSE, con riferimento ai predetti moduli, ha specificato che, in carenza dei rapporti di prova alla base del certificato di conformità alla norma tecnica di settore, non è tuttavia possibile accertare che gli stessi siano stati realizzati con i medesimi componenti e materiali dei moduli certificati; il GSE, peraltro, ha richiesto copia della medesima documentazione al TUV InterCert GmbH, senza riuscire ad ottenerla per ragioni di riservatezza.
Il Gestore, inoltre, circa la “rilevanza” della informazione omessa, ha rappresentato che, in carenza della stessa, “non è in grado di effettuare i dovuti controlli e rilevare eventuali irregolarità quali, ad esempio, la commercializzazione di moduli fotovoltaici asseritamente provenienti da una linea produttiva con sede in un paese membro dell’UE/SEE ma di fattura extra-europea”.
In definitiva, la relazione prodotta in sede istruttoria dal Gestore dei Servizi Energetici ha confermato la oggettiva sussistenza dell’omissione informativa nella produzione del certificato, ha rappresentato che l’informazione omessa è rilevante al fine di accertare la provenienza dei componenti dall’Unione Europea ed ha sottolineato che non è possibile accertare che i moduli siano stati realizzati con i medesimi componenti e materiali dei moduli certificati.
5. L’appellante, con una cospicua serie di doglianze, ha contestato la legittimità dell’esercizio del potere di verifica e di controllo di cui all’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, sia per il mancato accertamento di fatti nuovi e sopravvenuti, non potendo essere più messo in discussione l’esito dell’istruttoria già espletata, sia perché il GSE non aveva riscontrato alcuna irregolarità, accertando tutte i presupposti per il riconoscimento della tariffa incentivante maggiorata del 10%, laddove, se la società fosse stata resa edotta della problematica, si sarebbe attivata per integrare la produzione documentale.
La società Ossanna ha altresì dedotto la sproporzione del provvedimento del GSE, in quanto l’attestazione sarebbe priva di incompletezze sostanziali e la condotta della Società sarebbe connotata da buona fede, e che, comunque, la provenienza europea dei moduli fotovoltaici sul proprio impianto non sarebbe messa in discussione.
5.1. Tali censure non possono essere condivise.
La circostanza che il certificato Factory Inspection Attestation prodotto dall’impresa richiedente al fine di fruire della maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lettera d), del D.M. 5 maggio 2011 contenesse un dato non veridico o, più propriamente, non contenesse un’informazione necessaria ad accertare la spettanza della chiesta maggiorazione è un fatto oggettivo e non efficacemente contestabile.
Al regime di incentivazione tariffaria è sotteso il principio di autoresponsabilità, secondo il quale costituisce onere dell’interessato ad ottenere il beneficio il fornire la prova di tutti i presupposti per l’ammissione all’incentivo, ricadendo sullo stesso eventuali carenze che incidano sul perfezionamento della fattispecie agevolativa (ex multis, in tal senso, Cons. Stato, IV, 24 dicembre 2019, n. 8808; Cons. Stato, IV, 2 ottobre 2019, n. 6583).
La giurisprudenza della Sezione è altresì consolidata nel ritenere che l’atto emesso dal Gestore ai sensi dell’art. 42 d.lgs. n. 28 del 2011 non costituisce manifestazione del potere di autotutela ‘di secondo grado’, ma è esercizio di un potere immanente di verifica, accertamento e controllo ed è volto ad acclarare lo stato dell’impianto e ad accertarne la corrispondenza rispetto a quanto dichiarato dall’interessato in sede di richiesta di ammissione (cfr., ex multis: Cons. Stato, IV, 12 dicembre 2019, n. 8442; Cons. Stato, IV, 9 settembre 2019, n. 6118, ed i precedenti conformi ivi richiamati).
In altri termini, il Gestore è titolare di un potere intrinseco di verifica della spettanza degli incentivi alla produzione di energia elettrica, potere la cui sussistenza è giustificata dalla mera pendenza del rapporto di incentivazione e che può essere esercitato per tutta la durata dello stesso.
Il provvedimento di decadenza, una volta accertata da parte dell’Autorità procedente la rilevanza della violazione riscontrata, assume di conseguenza natura di atto vincolato di decadenza accertativa dell’assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l’ammissione al finanziamento pubblico.
L’esercizio di tale potere, cioè, esaurito l’accertamento della rilevanza della violazione, è privo di spazi di discrezionalità e, viceversa, ha natura doverosa ed esito vincolato, sicché non è volto al riesame della legittimità di una precedente determinazione amministrativa di carattere provvedimentale, ma è finalizzato al controllo circa la veridicità e la completezza delle dichiarazioni formulate da un privato nell’ambito di un procedimento volto ad attribuire sovvenzioni pubbliche, esulando in radice le caratteristiche proprie degli atti di autotutela e l’applicabilità dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990.
Di contro, non è configurabile alcun affidamento in capo al privato che abbia formulato dichiarazioni incomplete o non rispondenti all’effettivo stato dell’impianto e delle sue componenti, pur in assenza di ogni valenza penalistica di tale condotta.
D’altra parte, il legislatore è già intervenuto al fine di limitare i pregiudizi subiti da titolari che abbiano installato impianti rivelatisi privi del necessarie caratteristiche tecniche, consentendo agli stessi di ottenere, a certe condizioni, in alternativa alla decadenza, una tariffa decurtata (art. 42, comma 4-bis, del d.lgs. n. 28 del 2011, in precedenza richiamato).
5.2. In definitiva, sulla base delle esposte considerazioni, in presenza di una ‘violazione rilevante’ - attribuibile in ragione del principio di autoresponsabilità all’impresa richiedente, in quanto consistente nella omissione di un’informazione necessaria ad accertare la provenienza europea dei componenti utilizzati e, quindi, necessaria ad accertare la spettanza della maggiorazione prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d), del D.M. 5 maggio 2011 - le doglianze in esame devono ritenersi infondate e devono essere respinte per la parte in cui contestano la legittimità della decisione del Gestore di disporre la decadenza, ed il conseguente recupero, con riferimento alla maggiorazione dell’incentivo.
6. La società, con ulteriori doglianze, ha dedotto che si sarebbe dovuta riconoscere la spettanza almeno dell’incentivo base, al netto della maggiorazione del 10%, atteso che l’errore nella produzione della copia del Factory Inspection Attestation, in ogni caso, avrebbe al più inciso sul solo riconoscimento della maggiorazione del 10% dell’incentivo.
6.1. L’esame di tali doglianze costituisce il “cuore” della controversia, in quanto, dal loro esito, discende la legittimità o meno dell’atto impugnato per la parte di maggiore valore economico, e cioè quella che dispone la decadenza dal diritto alle tariffe base incentivanti.
In ragione della controvertibilità delle questioni, del considerevole numero e anche del notevole valore delle controversie pendenti, ed al fine di prevenire ogni possibilità di contrasti giurisprudenziali, il Collegio ritiene di rimettere, in parte qua, il ricorso all’esame dell’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a.
6.2. La questione centrale è costituita dall’ambito di applicazione dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, secondo cui, nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli “siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi”, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate.
Le ‘violazioni rilevanti’, come innanzi riportato, sono indicate nell’allegato 1 al D.M. 31 gennaio 2014 – attuazione dell’articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore dei Servizi Energetici – e, tra esse, alla lettera a), è indicata la presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero alla mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi.
Nel caso di specie, è indubbio che l’impresa abbia presentato al GSE un dato non veritiero o, più propriamente, abbia omesso un’informazione indispensabile, contenuta nel Factory Inspection Attestation, per l’attribuzione della maggiorazione del 10%, sicché, quantomeno a tali fini, risulta integrata la previsione di “violazione rilevante”.
La questione, pertanto, concerne se ed in che modo tale violazione sia rilevante anche ai fini dell’erogazione degli ‘incentivi base’ ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2001, vale a dire, premesso che tale violazione è senz’altro rilevante ai fini dell’erogazione del 10% di maggiorazione prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d), del D.M. 5 maggio 2011, se tale rilevanza sussiste anche ai fini dell’erogazione della tariffa incentivante al netto della maggiorazione.
6.3. In linea generale, occorre osservare che la procedura tesa all’erogazione di incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili ha tratti prettamente pubblicistici, caratterizzati anche dallo svolgimento di una procedura selettiva, in quanto:
- vi è caratterizzata la predeterminazione normativa dei requisiti e dei criteri di priorità;
- è gestita da un soggetto a totale partecipazione pubblica, avente il compito di perseguire fini pubblici;
- è volta ad individuare gli operatori economici meritevoli di percepire una risorsa scarsa, quale è l’ausilio finanziario pubblico;
- è fondata sull’autoresponsabilità dei candidati, chiamati a formulare le proprie domande anche con il ricorso al meccanismo della dichiarazione sostitutiva;
- è tesa alla redazione di una graduatoria degli impianti ammessi all’iscrizione nell’apposito Registro.
6.4. La giurisprudenza, come già sopra esposto, ha da tempo chiarito che, nelle procedure volte al riconoscimento delle tariffe incentivanti, ha particolare rilievo il principio di autoresponsabilità nella produzione di dichiarazioni e di documenti, al di là dell'elemento soggettivo sottostante (e quindi dell'eventuale buona fede del dichiarante), insieme a quello della non configurabilità del c.d. falso innocuo, con conseguente emersione, per ciò solo, di un'ipotesi di violazione rilevante, ostativa all'erogazione degli incentivi.
È, pertanto, sufficiente, per disporre il ritiro degli incentivi ovvero il loro diniego, che, in sede di istanza di concessione dei benefici energetici, sia stata resa una dichiarazione non veritiera, ovvero sia stata fornita una rappresentazione difforme da quella effettivamente esistente.
Secondo tale prospettazione, non potrebbe rilevare a vantaggio del privato la circostanza che la dichiarazione non veridica si sia rivelata in concreto innocua o priva di effettivi vantaggi concreti, poiché la normativa di riferimento (di cui, in particolare, alle Regole applicative per l'iscrizione ai Registri e per l'accesso alle tariffe incentivanti, varate dal GSE), ispirata ad un rigore giustificato dalla peculiare materia (si tratta di incentivi pubblici di rilevante entità), pone particolare enfasi sull'attestazione della sussistenza dei presupposti costituenti criteri di priorità o sulle differenze e difformità in ordine alle informazioni rilevanti ai fini della ammissione al beneficio.
In definitiva, si ritiene che il quadro normativo possa assolvere ai suoi scopi e funzionare correttamente (attraverso la destinazione delle risorse agli effettivi aventi titolo) solo se i dati forniti siano conformi alla situazione reale, indipendentemente dalle condizioni soggettive dei dichiaranti, essendo il meccanismo appunto incentrato sul principio di autoresponsabilità. (Cons. Stato, IV, 12 dicembre 2019, n. 8442; Cons. Stato, IV, n. 3014 del 2016).
6.5. Ove il procedimento avviato dall’operatore economico con la richiesta di riconoscimento delle tariffe incentivanti, sebbene sia stata contestualmente richiesta anche la maggiorazione, sia da qualificare come unico e produttivo di univoci effetti (e comunque qualora sia ritenga che la ‘maggiorazione’ abbia una natura non dissimile dall’incentivo-base), la naturale conseguenza sarebbe che la violazione riscontrata nella richiesta presentata dalla società appellante, anche se relativa ad una certificazione prodotta al solo fine di ottenere la maggiorazione del 10% della tariffa incentivante, sia tale da determinare la decadenza dall’intero beneficio e non dalla sola maggiorazione.
Seguendo tale esegesi normativa, peraltro, sarebbe più coerente ritenere che la ratio della estensione della decadenza anche all’incentivo-base non sia individuabile nel mero accertamento della violazione riscontrata (di per sé senz’altro sufficiente per la decadenza del diritto alla maggiorazione), quanto piuttosto nella determinazione di prevenire radicalmente – con la regola della non spettanza dell’incentivo – la condotta della parte che, avendo prodotto una documentazione non veridica o avendo omesso un’informazione essenziale, si appalesa immeritevole di qualunque beneficio, con conseguente esigenza di accertare la responsabilità, almeno a titolo di colpa, del soggetto al quale andrebbe imputata la condotta, attiva o omissiva, idonea a ledere il rapporto fiduciario che deve intercorrere tra il beneficiario e l’Ente che eroga l’ausilio pubblico.
Viceversa, la Sezione, come emerge anche dal precedente capo 6.4, ha ritenuto che il provvedimento di decadenza dai benefici de quibus non abbia natura sanzionatoria, non presupponendo, quindi, il dolo o la colpa del destinatario, mentre, al contrario, esso è un atto vincolato di decadenza accertativa dell’assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l’ammissione al finanziamento pubblico (Cons. Stato, IV, 12 gennaio 2017, n. 50).
Infatti, è stato rilevato che una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell'elemento soggettivo sottostante, è falsa o incompleta, deve ritenersi già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma (Cons. Stato, IV, 9 settembre 2019, n. 6117).
Pertanto, si potrebbe affermare che la non spettanza della maggiorazione comporta la non spettanza dell’intero beneficio, anche perché, da un lato, non sembra che la ‘maggiorazione’ abbia una natura diversa dall’incentivo-base, dall’altro – a differenza di altri casi qui non rilevanti – la conseguenza della ‘decadenza’ è stata senz’altro disposta dalla normativa vigente, senza alcun richiamo ad una possibile ‘decadenza parziale’.
6.6. Alla tesi secondo cui la violazione riscontrata nella richiesta andrebbe comunque a detrimento dell’intero beneficio economico accordato, si contrappone la tesi della rilevanza della violazione riscontrata ai soli fini della maggiorazione del 10%.
A tale conclusione la Sezione è pervenuta con la sentenza n. 2006 del 18 maggio 2016 che, in proposito, ha ritenuto quanto segue:
“Allo stesso modo, l’art. 42, c. 3 D.Lgs. n. 28/2011 statuisce espressamente che il GSE possa disporre il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi “nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi”.
Ne deriva, con ragionamento a contrario, che qualora le violazioni rilevate dal Gestore per i Servizi Energetici non risultino rilevanti ai fini dell’ottenimento delle tariffe incentivanti, le stesse non possano essere oggetto di procedura repressiva.
Erra, pertanto, l’Ente appellato, laddove ritiene che nella normativa sopra descritta possa rinvenirsi una sorta di “automatismo” tra la presentazione di dati o documenti falsi ovvero non veritieri, da parte del soggetto istante, e la decadenza dello stesso dalle tariffe incentivanti.
Tantomeno possono ritenersi corrette le conclusioni cui giunge il giudice di prime cure, nella parte in cui afferma addirittura che la non veridicità delle dichiarazioni rese in merito alla provenienza europea dei moduli fotovoltaici, rilevanti esclusivamente per l’ottenimento del bonus previsto dall’art. 14, c. 1 lett. d) D.M. 5/5/2011, “porta con sé la decadenza tout court della concessione tariffaria per falsa dichiarazione ai sensi dell’art. 42 co. 3 D. lgs. 28/2011”.
Invero, dalla normativa sopra citata appare sufficientemente chiaro che il Gestore per i Servizi Energetici, qualora riscontri, in sede di verifica ai sensi dell’art. 42 D.Lgs. n. 28/2011, inesattezze dei dati forniti dai soggetti partecipanti alle procedure per riconoscimento di incentivi per la produzione di energia, dovrebbe procedere ad una apposita valutazione – nel caso di specie, non svolta – sulla rilevanza di tali violazioni e non procedere direttamente e automaticamente al rigetto della relativa istanza (ovvero, alla decadenza del soggetto dagli incentivi e al recupero delle somme eventualmente già erogate)”.
Sul ricorso per revocazione proposto avverso detta sentenza, la Sezione si è recentemente pronunciata, dichiarando in parte inammissibile il ricorso ed in parte disponendo incombenti istruttori, con la sentenza 24 marzo 2020, n. 2047, nella quale ha evidenziato che:
“Sotto il quarto profilo, la sentenza non ha mai affermato che le dichiarazioni fossero due, ovvero una per il beneficio ordinario, l’altra invece per la maggiorazione; essa ha soltanto evidenziato che all’interno dell’unico modello di dichiarazione erano presenti due distinte richieste: una di attribuzione del beneficio della tariffa incentivante, erogabile anche in presenza di installazione di pannelli prodotti all’esterno dell’Unione europea, purché conformi alle norme da essa stabilite; l’altra di riconoscimento dell’ulteriore incentivo per l’uso di pannelli solari costruiti invece all’interno dell’Unione. … È evidente come la sentenza abbia ben chiaro che la richiesta era effettivamente unica, anche se ritiene – ma il punto in questa sede non rileva - di poterne scindere gli effetti giuridici.”
Ed è proprio quest’ultimo il punto essenziale, che il Collegio ritiene di sottoporre all’esame dell’Adunanza Plenaria, vale a dire se, a fronte di una richiesta contenuta in unico documento cartaceo volta ad ottenere sia la tariffa base incentivante che la maggiorazione, sia possibile scinderne gli effetti, in modo tale da poter configurare due distinti procedimenti, ovvero due distinti provvedimenti conclusivi, sia pure contenuti in un provvedimento plurimo.
In altri termini, va accertato se, pur a fronte di una domanda unitaria, il provvedimento conclusivo del procedimento, o dei procedimenti, sia scindibile in distinte ed autonome determinazioni, l’una avente ad oggetto l’incentivo di base, l’altra avente ad oggetto la sua maggiorazione.
Infatti, qualora ci si trovi in presenza di un provvedimento unitario non solo nella forma, ma anche nella sostanza, sembra consequenziale ritenere che la violazione riscontrata determini la decadenza, al contempo, dal beneficio base e dalla sua maggiorazione, laddove, ove si sia in presenza di determinazioni distinte, sebbene contenute in un unico involucro formale, si potrebbe concludere nel senso della scissione dei relativi effetti giuridici e, quindi, che la violazione riscontrata, se afferente alla sola maggiorazione, sia ritenuta “rilevante” per la stessa, ma non anche per la tariffa base incentivante, che resterebbe in questo caso dovuta.
6.7. Peraltro ove dovesse ritenersi che la violazione riscontrata sia rilevante ai fini dell’erogazione dell’intero beneficio, comprensivo della tariffa base e della maggiorazione, e che, quindi, la decadenza debba essere pronunciata, così come effettuato dal Gestore, per l’intero importo corrisposto, considerato che, come in precedenza esposto, la ratio alla base della previsione decadenziale sembra essere l’immeritevolezza dell’operatore economico richiedente e la conseguente compromissione del rapporto fiduciario che deve intercorrere tra il beneficiario e l’Ente erogante, occorrerebbe individuare la natura, sanzionatoria o meno, dell’atto, al fine di accertare se sull’Autorità procedente gravi l’obbligo di motivare in ordine alla presenza dell’elemento soggettivo della condotta, attiva o omissiva, che ha generato la violazione riscontrata.
7. In conclusione, nella consapevolezza del carattere di massima delle questioni coinvolte, il Collegio ritiene di formulare i seguenti quesiti all’Adunanza Plenaria, la cui soluzione è determinante per la definizione in parte qua del giudizio:
a) se la richiesta, da parte di un operatore economico, degli incentivi previsti dal D.M. 5 maggio 2011 e della maggiorazione economica prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d) dello stesso D.M. determini l’avvio di un unico procedimento (nel quale la maggiorazione ha natura non dissimile dall’incentivo base) e, in caso affermativo, se il provvedimento conclusivo dello stesso debba essere considerato plurimo, qualora si dovesse ravvisare una diversità tra gli effetti giuridici derivanti dalla richiesta della tariffa base e quelli derivanti dalla richiesta della relativa maggiorazione;
b) se, ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, quando la violazione riscontrata riguardi una certificazione prodotta al fine di ottenere la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 5 maggio 2011, la violazione stessa debba intendersi rilevante ai fini della decadenza dalla intera tariffa incentivante, ovvero dalla sola maggiorazione del 10% per ottenere la quale era stata prodotta;
c) se, il provvedimento di decadenza di cui all’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, nell’ipotesi in cui esso riguardi l’intero beneficio, abbia natura sanzionatoria e, quindi, richieda l’accertamento dell’elemento soggettivo della condotta attiva od omissiva in capo all’interessato, oppure se la perdita dell’intero beneficio – e non della sola maggiorazione (perdita da considerare, come si è visto, automatica per l’oggettiva insussistenza del presupposto) - sia anch’essa la conseguenza della oggettiva insussistenza di tutti i presupposti richiesti per ottenere l’importo complessivamente richiesto.
8) L’Adunanza Plenaria valuterà se definire in parte qua il secondo grado del presente giudizio o se formulare i principi di diritto ritenuti rilevanti, con la restituzione degli atti alla Sezione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, non definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe (R.G.10221 del 2018), così provvede:
- respinge i motivi di appello con cui è stata contestata la legittimità della determinazione del GSE di disporre la decadenza, ed il conseguente recupero, con riferimento alla maggiorazione dell’incentivo;
- dispone, in relazione agli altri motivi di appello, la rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente pronuncia al segretario incaricato di assistere all’Adunanza Plenaria.
Ordina che la presente sentenza non definitiva sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore