Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 681, 27/01/2020
La giurisprudenza appare consolidata nel ritenere che l’affidamento in house di servizi è illegittimo nel caso in cui non ci sia convenienza economica rispetto alla esternalizzazione dello stesso; l’in house providing riveste infatti carattere eccezionale rispetto all’ordinaria modalità di scelta del contraente ed è possibile solo qualora sussista per l’amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato (in termini, tra le tante, Cons. Stato, III, 17 dicembre 2015, n. 5732).
L’art. 192, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che «ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto ed al valore della prestazione, dando atto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
La sentenza in argomento affronta la rilevante tematica in merito alla convenienza economica che ogni amministrazione deve valutare nel far ricorso all’istituto dell’in house providing; ciò a scapito dell’esternalizzazione del servizio e quindi, di conseguenza, con l’inevitabile restrizione del principio di tutela della concorrenza.
A tal proposito l’intervento della sezione è molto chiaro sul punto, con l’espresso richiamo, da parte della stessa, della normativa e della giurisprudenza.
“In ogni caso,- precisa, infatti, il Collegio- la giurisprudenza appare consolidata nel ritenere che l’affidamento in house di servizi è illegittimo nel caso in cui non ci sia convenienza economica rispetto alla esternalizzazione dello stesso; l’in house providing riveste infatti carattere eccezionale rispetto all’ordinaria modalità di scelta del contraente ed è possibile solo qualora sussista per l’amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato (in termini, tra le tante, Cons. Stato, III, 17 dicembre 2015, n. 5732).
In tale senso anche l’art. 192, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che «ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto ed al valore della prestazione, dando atto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
Dall’esame dei passaggi fondamentali della pronuncia si possono ricavare interessanti spunti circa i motivi che hanno indotto l’amministrazione a ricorrere all’autoproduzione dei servizi.
Nel caso di specie vengono in rilievo le disposizioni che si occupano di definire, in via generale ed indipendentemente dalla specifica modalità di affidamento individuata dagli enti locali competenti, i presupposti amministrativi. Quest’ultimi, infatti, devono necessariamente sussistere affinchè l’affidamento risulti legittimo. Pertanto la citata legittimità non è giustificata dalla contemporanea presenza dei requisiti ordinamentali inerenti il rapporto di affidamento interno tra la pubblica autorità e la società in house.
Infatti, come rilevato, l’amministrazione procedente deve dimostrare anche la sussistenza dei presupposti di convenienza economica rispetto ad altri possibili modelli gestionali, posizione del resto chiarita in vari interventi giurisprudenziali. In particolare il giudice amministrativo ha spesso sostenuto che l’ente locale, al fine di essere legittimato all’erogazione di un pubblico servizio in forma societaria, deve sempre procedere ad una accurata analisi costi-benefici. Tale analisi consiste nel rilevare le differenze di qualità e di efficienza del servizio reso da un’azienda pubblica locale o da una concessionaria; la medesima analisi deve verificare l’opportunità della costituzione o della partecipazione a società con i privati, quando sia necessario l’apporto di determinate capacità tecnico-amministrative e di risorse finanziarie; infine lo studio deve altresì essere indirizzato alla reale presenza di un’adeguata motivazione della scelta effettuata. Tale motivazione deve essere presente nella deliberazione di avvio della procedura di costituzione o di partecipazione in società, tale da giustificare la scelta adottata in alternativa alle altre possibili modalità di gestione dei servizi pubblici.
Quanto sopra sempre nel rispetto delle esigenze di pubblico interesse e, come detto, della convenienza economica della scelta effettuata.
In tale contesto risulta fondamentale anche l’apporto delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, deputate a garantire che l’ente possa procedere ad una valutazione attenta dei costi e dei benefici dell’affidamento del servizio informatico regionale alla società; la citata valutazione è effettuata in termini di efficienza, efficacia ed economicità della gestione, in un’ottica di benefici nei confronti dei cittadini e delle imprese.
In conclusione fondamentale compito dell’amministrazione consisterà nell’individuare scrupolosamente le necessarie condizioni di economicità e di convenienza comparativa, rispetto alla scelta di altri modelli gestionali maggiormente aperti alla concorrenza.
Naturalmente sempre nel rispetto dei principi costituzionali e comunitari di efficienza, economicità e di efficacia concorrenziale dell’opzione amministrativa e gestionale prescelta e con la contestuale conferma delle argomentazioni trattate nell’ambito dei documenti programmatori relativi allo stesso servizio.
LEGGI LA SENTENZA
Pubblicato il 27/01/2020
N. 00681/2020REG.PROV.COLL.
N. 06928/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6928 del 2019, proposto da
Molise Dati s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Ruta, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
PA Digitale Adriatica s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuliano Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso la Regus Business Centres Italia s.r.l. in Roma, piazza del Popolo, 18;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) n. 00201/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise e di PA Digitale Adriatica s.r.l.;
Visto l’appello incidentale di PA Digitale Adriatica s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Ruta, Giuliano Di Pardo e dello Stato Antonio Grumetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- La Molise Dati s.p.a. ha interposto appello nei confronti della sentenza 31 maggio 2019, n. 201 del Tribunale amministrativo regionale per il Molise, che ha in parte respinto ed in parte dichiarato irricevibile il suo ricorso (rispettivamente con riguardo all’impugnativa della determina direttoriale n. 300 in data 24 settembre 2018, successivamente rettificata con determina n. 308 del 2018, di revoca dell’affidamento del servizio inerente la manutenzione del “sistema di gestione delle delibere e determine integrato con il sistema Archiflow in uso presso il Consiglio”, e della determina n. 293 in data 21 settembre 2018, con la quale il direttore del Consiglio regionale del Molise ha affidato direttamente, mediante emissione di un “ordine di acquisto” su MEPA, alla PA Digitale Adriatica s.r.l. il “sistema informativo gestionale contabile, nonché economico-patrimoniale” per un importo pari ad euro 30.744,00).
La Molise Dati è una società regionale in house (qualità, questa, contestata da PA Digitale Adriatica s.r.l.) interamente partecipata dalla Regione Molise, preposta alla gestione di tutti i servizi informatici regionali, in forza della l.r. Molise n. 3 del 1999 e della l.r. n. 34 del 1999; è anche amministrazione aggiudicatrice per i servizi informativi automatizzati di interesse regionale; risulta dunque affidataria della gestione diretta ed indiretta dei servizi informatici di interesse regionale.
2. - Con il ricorso in primo grado la società Molise Dati ha impugnato i predetti provvedimenti, deducendo anzitutto la violazione delle garanzie partecipative, l’incompetenza del dirigente procedente, sia nella prospettiva che l’art. 1, comma 3, della l.r. n. 3 del 1999 attribuisce alla Molise Dati s.p.a. le funzioni di amministrazione aggiudicatrice ai fini dell’affidamento all’esterno dei servizi informativi automatizzati, sia nella prospettiva che spetterebbe comunque al Consiglio regionale la modifica delle società pubbliche da destinare a scopi istituzionali ai sensi dell’art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007, nonché dell’art. 16 dello statuto regionale, residuando altresì anche una competenza del Segretario generale del Consiglio regionale, la carenza di istruttoria e di motivazione, nonché lo sviamento di potere nell’assunto che gli atti impugnati comportano uno svuotamento di contenuti della società e ad una sua sostanziale soppressione.
3. - La sentenza appellata ha ritenuto irricevibile il ricorso, notificato in data 29 ottobre 2018, relativamente all’impugnativa della determina n. 293 del 2018, pubblicata nell’albo pretorio regionale in data 24 settembre 2018, mentre lo ha respinto con riguardo all’impugnativa della determina n. 300 del 2018, notificata alla ricorrente in data 1 ottobre 2018; ha altresì respinto il ricorso proposto ex art. 116 Cod. proc.amm. dalla società PA Adriatica Digitale avverso il diniego all’istanza ostensiva incidentale di cui alla nota regionale del 25 febbraio 2018 per l’assorbente ragione che l’accesso riguardava documenti non connessi con l’oggetto del ricorso principale.
4.- Con il ricorso in appello la Molise Dati s.p.a. ha dedotto l’erroneità della sentenza di prime cure, censurandone il difetto motivazionale in relazione alle censure svolte in primo grado, che sono, in parte, riproposte in questa sede.
5. - Si è costituita in resistenza la Regione Molise chiedendo la reiezione del ricorso.
6. - Si è altresì costituita in resistenza la PA Digitale Adriatica s.r.l. esperendo altresì appello incidentale in relazione alle statuizioni di primo grado reiettive delle eccezioni di irricevibilità ed inammissibilità/improcedibilità del ricorso introduttivo, nonché con riguardo alla statuizione di reiezione della domanda di ostensione concernente “tutta la documentazione inerente la trattativa privata che intercorre tra codesto Ente e la Molise Dati, a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, tutta la corrispondenza inerente dette trattative, la proposta formulata dalla Molise Dati contenente le condizioni contrattuali nonché le prestazioni offerte per l’espletamento del servizio (schede tecniche, etc.), eventuali richieste di chiarimenti avanzate da codesto Ente”.
7. - All’udienza pubblica del 7 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Principiando dalla disamina dell’appello principale, con il primo motivo viene dedotta la carenza motivazionale della sentenza di prime cure per avere ritenuto legittima la determina n. 300 del 2018, di revoca dell’affidamento del servizio informatico alla società Molise Dati, laddove l’assetto legislativo ed amministrativo prefiguravano, nel contesto di una scadenza al 31 dicembre 2018 del servizio gestito dalla PA Digitale, un potenziamento dell’attività dell’appellante, e non già un’esternalizzazione dello stesso; il riferimento è, in particolare, all’art. 13 della l.r. Molise 29 settembre 1999, n. 34 (Norme sulla ripartizione delle funzioni e dei compiti amministrativi tra la Regione e gli Enti locali, in attuazione dell’art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112), nonché agli artt. 1/3 della l.r. Molise 27 gennaio 1999, n. 3 (Interventi in favore dell’informatizzazione degli uffici e dei servizi regionali), da cui si evince l’esistenza di un rapporto giuridico qualificato tra Molise Dati s.p.a. e Regione Molise, reso operativo dalla delibera di G.R. n. 306 del 2017, allo scopo precipuo di garantire un uniforme servizio informatico (vale a dire, le esigenze di interconnessione ed integrazione, in vista della costituzione di una “rete unitaria della PA”).
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha condivisibilmente rilevato che «in nessuna delle norme sopra citate può rinvenirsi una qualche sorta di esclusiva in favore della Molise Dati nella gestione dei servizi informatici della Regione Molise né la ricorrente, per il fatto stesso di essere una società in house interamente partecipata dalla Regione, potrebbe rivendicare una simile prerogativa obliterando i poteri decisori e gestionali propri dell’ente regionale. Nella specie, dunque, nulla impediva alla Regione Molise di procedere, da un lato, direttamente con ordine di acquisto al MEPA -in cui, tra l’altro, la ricorrente non risulta presente- e, dall’altro, di revocare il servizio precedentemente affidato alla ricorrente, una volta rinvenute sul mercato condizioni più favorevoli e vantaggiose».
Osserva il Collegio come infatti le norme invocate dell’appellante, pur affidando alla Molise Dati s.p.a. il compito della realizzazione dei programmi poliennali di sviluppo dell’informatizzazione degli uffici e dei servizi della Regione, all’uopo qualificandola come “amministrazione aggiudicatrice” per gli appalti che non possa effettuare direttamente, non sono preclusive del ricorso all’esternalizzazione del servizio, nel rispetto delle regole dell’evidenza pubblica applicabili alle singole fattispecie.
Come anche rilevato dalla Regione Molise nei propri scritti difensivi, la disciplina regionale invocata risulta in parte superata da quella sopravvenuta statale espressiva di un favor per gli acquisti centralizzati mediante il ricorso alle centrali di committenza, attuata anche nella Regione Molise con l’art. 22 della l.r. Molise 4 maggio 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali).
In ogni caso, la giurisprudenza appare consolidata nel ritenere che l’affidamento in house di servizi è illegittimo nel caso in cui non ci sia convenienza economica rispetto alla esternalizzazione dello stesso; l’in house providing riveste infatti carattere eccezionale rispetto all’ordinaria modalità di scelta del contraente ed è possibile solo qualora sussista per l’amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato (in termini, tra le tante, Cons. Stato, III, 17 dicembre 2015, n. 5732).
In tale senso anche l’art. 192, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che «ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto ed al valore della prestazione, dando atto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
Nella fattispecie in esame la revoca dell’affidamento del servizio di gestione delle delibere e determine rinviene il proprio fondamento nel principio di economicità, stante l’offerta proposta da PA Digitale di attivare gratuitamente l’intera Area Affari Generali, comprensiva del servizio di conservazione digitale a norma, sul database del sistema informativo gestionale e direzionale URBI Smart 2020 (peraltro in uso presso tutte le strutture della Regione), servizio per il quale, al contrario, Molise Dati percepiva un canone annuale pari ad euro 1.500,00 (oltre IVA) per la sola manutenzione.
Gova ulteriormente precisare che la gestione del “sistema informativo gestionale contabile nonché economico patrimoniale” affidata con la determinazione direttoriale n. 293 in data 21 settembre 2018 alla PA Digitale Adriatica s.r.l. non rientra tra i servizi esperibili direttamente dalla Molise Dati, sì che, anche per tale ragione, non appare dubbia la legittimità dell’affidamento diretto, mediante MEPA, dell’appalto sotto soglia in questione, nonché della revoca dell’affidamento del servizio alla Molise Dati.
2. - Il secondo motivo deduce l’incompetenza dirigenziale ad adottare il provvedimento di estromissione della Molise Dati dalle procedure di affidamento e gestione, essendo peraltro la stessa società amministrazione aggiudicatrice nell’ipotesi in cui non possa assolvere direttamente il servizio.
Anche tale motivo è infondato, alla stregua di un ordine di argomenti conseguenziale a quello sviluppato nel punto sub 1), con riferimento all’apprezzamento spettante all’amministrazione circa il non necessitato ricorso alla società in house Molise Dati, in favore della quale il descritto quadro normativo non enuclea un’esclusiva ai fini della gestione dei servizi informatici della Regione. Così contestualizzata, la determinazione n. 300 del 2018, recante revoca dell’affidamento della manutenzione del servizio inerente il sistema di gestione delibere e determine integrato con il sistema Archiflow alla Molise Dati e contestuale affidamento alla PA Digitale Adriatica s.r.l., assume la connotazione di atto gestionale e non già di indirizzo, con il corollario che non è ravvisabile un’incompetenza assoluta e neppure relativa del dirigente. Quanto alla posizione del Segretario generale del Consiglio regionale, ad esso compete essenzialmente una funzione di coordinamento generale dei direttori di servizio (art. 17 della l.r. Molise 23 marzo 2010, n. 10), spettando al direttore di servizio, tendenzialmente, l’esercizio dei poteri di spesa e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali (art. 18 della predetta l.r. n. 10 del 2010).
3. - Con il terzo motivo la società Molise Dati critica la diversa decorrenza del termine per la proposizione del ricorso con riguardo alle due determinazioni gravate (la n. 293 del 2018 dalla pubblicazione nell’albo pretorio e la n. 300 del 2018, di revoca del servizio, dalla comunicazione del provvedimento) nell’assunto che anche la determinazione n. 293 del 2018, recante determina a contrarre con affidamento diretto ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.lgs. n. 50 del 2016, doveva essere comunicata alla Data Servizi, in ragione del suo ruolo istituzionale, di società preposta per legge al sistema informativo regionale, individuando in quel momento il dies a quo del termine per il ricorso.
Anche tale motivo è infondato.
Non è in contestazione la modalità di pubblicazione della determina n. 293 del 2018 (avvenuta in data 24 settembre 2018), se cioè sia rispettosa o meno della previsione di cui all’art. 120 Cod. proc. amm. (salvo qualche irrituale argomento svolto per la prima volta da Molise Dati con la memoria in data 20 ottobre 2019), ma si lamenta la mancata comunicazione dell’affidamento diretto all’appellante, in quanto soggetto istituzionalmente interessato, e dunque un adempimento ulteriore, non previsto da alcuna norma, e peraltro concernente un provvedimento non lesivo per Molise Dati, atteso che, precedentemente, era in uso il software BFO, appartenente ad altra società.
Corretta è dunque la differente decorrenza del termine per impugnare individuata dalla sentenza appellata, rispettivamente per l’affidamento diretto ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.lgs. n. 50 del 2016, e per la revoca del precedente affidamento del servizio, richiedente la comunicazione individuale.
4. - La reiezione dell’appello principale rende improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse l’appello incidentale di PA Digitale Adriatica s.r.l., volto a contestare le statuizioni di reiezione delle sue eccezioni in rito (di totale irricevibilità del ricorso di primo grado in relazione al momento di piena conoscenza del provvedimento lesivo, di inammissibilità/improcedibilità per vizio di rappresentanza della ricorrente in considerazione del fatto che il mandato alle liti è stato conferito dal legale rappresentante senza previa autorizzazione del C.d’A., per difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere, essenzialmente in connessione alla contestata natura di società in house) nonché del suo ricorso sul diniego di ostensione documentale.
Non sussiste l’interesse neppure sull’istanza ostensiva incidentale in data 11 dicembre 2018, atteso che con la medesima la società PA Digitale Adriatica intendeva acquisire, tra l’altro, la documentazione inerente una trattativa intercedente tra Molise Dati e la Regione Molise, dalla odierna appellante evocata a dimostrazione che l’affidamento controverso rientrasse in una convenzione preesistente intercorrente tra l’amministrazione regionale e la stessa società Molise Dati.
Anche a prescindere dall’inerenza dei documenti oggetto dell’istanza di accesso con l’oggetto del ricorso, l’interesse all’ostensione, dichiaratamente finalizzata al diritto di difesa in giudizio, è venuto meno in conseguenza della conferma della sentenza di primo grado, che ha visto vittoriosa la società PA Digitale Adriatica.
5. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello principale va respinto, mentre va dichiarato improcedibile l’appello incidentale.
La complessità delle questioni trattate integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Raffaele Prosperi, Consigliere
Angela Rotondano, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore