Consiglio di Stato, sez. V,11 settembre 2019, n. 6135
1. Il principio della separazione tra chi predispone il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente applicarlo rappresenta una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta.
2. Il requisito delle competenze nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto che i componenti della Commissione di gara debbono possedere va interpretato nel senso che la competenza ed esperienza richieste ai commissari debbono essere riferite ad aree tematiche omogenee, e non anche alle singole e specifiche attività oggetto del contratto
3. Il principio di conservazione dei valori giuridici porta ad escludere che l’atto deliberativo possa essere viziato per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad esso preordinate, salvo i casi (nella fattispecie in esame neppure evidenziati) in cui puntuali regole dettate dall’Amministrazione indichino il contenuto essenziale del verbale.
4. Il principio di continuità e concentrazione delle operazioni di gara seppure funzionale ad assicurare l’imparzialità, la trasparenza e la speditezza dell’azione amministrativa, ha un valore tendenziale (Cons. Stato, III, 5 marzo 2018, n. 1335), nel senso che deve tenere conto del numero delle offerte da giudicare, ovvero (come nel caso di specie) della complessità della valutazione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9297 del 2018, proposto da
Equo e Non Solo s.c. a. r.l. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Bagnoli ed Antonella Ida Roselli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
- Comune di Fasano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ottavio Carparelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Associazione Dante Alighieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sante Nardelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
nei confronti
Ecipa, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 01504/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fasano e dell’Associazione Dante Alighieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Alberto Bagnoli, Vito Pappalepore, su delega dell'avv. Carparelli, e Sante Nardelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - La Equo e non solo soc. coop. sociale a r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 15 ottobre 2018, n. 1504 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Lecce, sez. I, che ha respinto il suo ricorso avverso una pluralità di provvedimenti, tra cui la determinazione dirigenziale 14 marzo 2018, n. 444 del Comune di Fasano con la quale sono stati approvati i verbali e la graduatoria della gara indetta per la concessione, per un periodo di cinque anni, della gestione del Laboratorio Urbano nell’ambito del progetto regionale “Bollenti Spiriti”, ubicato in Corso Vittorio Emanuele 76, con aggiudicazione in favore della associazione Dante Alighieri.
L’appellante ha gestito sino al 8 ottobre 2018, in forza di convenzione prorogata, il Laboratorio Urbano nell’immobile comunale ristrutturato con fondi regionali, nell’ambito del programma per le politiche giovanili denominato “Bollenti Spiriti” per l’attuazione del progetto denominato “Con i giovani per i giovani”.
Ha partecipato, a seguito dell’avviso pubblico in data 31 gennaio 2017 per la “concessione in comodato d’uso gratuito dell’immobile sito in Fasano al Corso V. Emanuele 74 adibito a Laboratorio Urbano Bollenti Spiriti”, destinato alle organizzazioni locali no-profit legittimate a contrattare con l’amministrazione, alla procedura di selezione. All’esito è risultata terza graduata con punti 58 (e quindi non collocata in posizione di idoneità, per la quale occorreva il conseguimento di almeno sessanta punti), mentre è risultata prima l’associazione Dante Alighieri con punti 63 e seconda l’E.C.I.P.A. con punti 62.
2. - Con il ricorso in primo grado la società Equo e non solo ha impugnato i provvedimenti di approvazione della graduatoria lamentando l’illegittima ammissione alla gara della controinteressata associazione Dante Alighieri, e di essere stata penalizzata nella valutazione della sua offerta progettuale ai fini dell’assegnazione del punteggio di gara, chiedendo la condanna al risarcimento in forma specifica mediante aggiudicazione in suo favore e subentro nella convenzione eventualmente stipulata; ha dedotto, tra l’altro, la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, l’eccesso di potere per illogicità e travisamento, il difetto di motivazione.
3. - La sentenza appellata ha respinto tutti i motivi di ricorso, sia con riguardo all’ammissione della controinteressata, sia con riguardo all’attribuzione dei punteggi alle offerte, sia in relazione alla composizione della Commissione giudicatrice ed alla situazione di conflitto di interessi in cui verserebbe il presidente della medesima, sia con riguardo alla violazione del principio di concentrazione e continuità delle sedute, precisando che nella procedura de qua, finalizzata alla stipulazione di un contratto di comodato d’uso gratuito (e non già di un appalto di servizi) non trova applicazione la normativa in materia di contratti pubblici.
4. - Con il ricorso in appello è dedotta l’erroneità della sentenza con la reiterazione, alla stregua di motivi di critica della sentenza, dei motivi svolti in primo grado.
5. - Si sono costituiti in resistenza il Comune di Fasano e l’associazione Dante Alighieri concludendo per l’infondatezza nel merito del ricorso in appello; l’associazione controinteressata ha altresì reiterato le eccezioni di inammissibilità svolte in primo grado e dichiarate assorbite dalla sentenza.
6. - All’udienza pubblica del 21 marzo 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Con il primo motivo di appello viene dedotta l’illegittima ammissione alla gara dell’associazione Dante Alighieri, in violazione dell’avviso pubblico e dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, in considerazione del fatto che prerequisito necessario per la partecipazione alla gara era che il concorrente, nella persona del suo legale rappresentante (o di un suo incaricato munito di delega), effettuasse un previo sopralluogo presso l’immobile, di cui occorreva dare atto nella dichiarazione sostitutiva a corredo della domanda di partecipazione; tale adempimento non risulta eseguito dall’associazione Dante Alighieri, il cui legale rappresentante (sig. Pagnelli Giuseppe) ha dichiarato di avere effettuato il sopralluogo in data 21 febbraio 2017 presso l’immobile, mentre dal verbale della Commissione risulta che il sopralluogo è stato effettuato da persona diversa e non delegata (sig. Francesco Joseph Pagnelli); di qui la necessaria esclusione dell’associazione per dichiarazione non veritiera.
Il motivo è infondato.
L’allegato “A” alla lettera di invito dispone che «ciascun concorrente, preliminarmente alla presentazione della propria proposta di gestione dovrà procedere ad effettuare un sopralluogo presso l’immobile. Il sopralluogo dovrà essere effettuato dal legale rappresentante del concorrente, o da un suo incaricato munito di delega, unitamente al responsabile del procedimento o suo incaricato […]», ma si tratta di prescrizione sprovvista di sanzione espulsiva. In ogni caso il sopralluogo è stato effettuato alla presenza di un tecnico dell’amministrazione ed il legale rappresentante dell’associazione Dante Alighieri ha espressamente dichiarato di avere effettuato il sopralluogo e di conoscere lo stato dei luoghi, in tale modo anche ratificando l’altrui attività, in relazione alle cui modalità, peraltro, la lex specialis non prevedeva oneri di forma per la delega. Risulta assorbente la considerazione per cui ove la lex specialis prescriva che al sopralluogo possa partecipare un incaricato munito di delega, è sufficiente che tale delega sia esibita all’amministrazione, non occorrendo altresì un obbligo di consegna della stessa, a pena di esclusione dalla procedura (Cons. Stato, IV, 12 gennaio 2016, n. 67).
2. - Con il secondo motivo si deduce poi l’erronea attribuzione dei punteggi e quindi l’illegittimità dei giudizi espressi, che hanno sovrastimato il progetto dell’associazione Dante Alighieri e dell’ECIPA e sottostimato quello della società Equo e non solo, costituente invece la migliore proposta per la gestione del Laboratorio Urbano, in relazione a tutti i criteri previsti, come risulterebbe anche dalla relazione del consulente versata agli atti del primo grado di giudizio. La sentenza, in particolare, non avrebbe censurato l’attribuzione di cinque punti per il criterio “D” (premialità per organizzazioni che abbiano una comprovata esperienza di gestione di spazi simili) ad ECIPA che non ha esperienza su tale punto.
Il motivo è infondato.
Come condivisibilmente rilevato dalla sentenza, l’avviso pubblico contiene macrovoci e criteri di valutazione prefissati con i relativi punteggi, nell’ambito di coefficienti compresi tra 0 ed 1, sì che «ogni passaggio valutativo è tracciato, e il voto numerico non costituisce altro che l’espressione numerica del giudizio di valore espresso dall’Amministrazione in relazione alle macrovoci e relativi criteri di valutazione».
Peraltro, altrettanto condivisibilmente la sentenza di prime cure ha escluso la possibilità di una valutazione strettamente comparativa dei progetti, attesa la non sovrapponibilità degli stessi, conseguente al fatto che il Comune non ha predeterminato i servizi e le attività oggetto di valutazione.
Merita aggiungere che la valutazione dell’offerta progettuale, traducentesi in un voto numerico, giustificazione sintetica del giudizio espresso, non può essere oggetto di sindacato se non nei limiti della manifesta irragionevolezza od erronea presupposizione, profili che non risultano neppure contestati nella fattispecie in esame, se non marginalmente con riguardo alla terza graduata, e dunque non utilmente.
3. - Il terzo motivo censura l’illegittima composizione delle Commissioni giudicatrici, in violazione dell’art. 77 del d.lgs. n. 50 del 2016, in ragione dell’asserita posizione di incompatibilità di alcuni componenti; in particolare il presidente della prima Commissione (dott. Giuseppe Carparelli) era lo stesso dirigente del Settore Servizi generali che ha predisposto l’avviso pubblico; la presidente della seconda Commissione (dott.ssa Marisa Ruggiero) era la dirigente del Settore Risorse del Comune di Fasano che ha approvato i verbali di gara e la graduatoria finale; tale sovrapposizione di ruoli ha precluso, ad avviso dell’appellante, un’effettiva imparzialità e trasparenza delle operazioni. Inoltre i componenti delle Commissioni erano privi di adeguate competenze, anche in tale caso in violazione dell’art. 77 del d.lgs. n. 50 del 2016, applicabile in forza dell’autovincolo introdotto dalla lex specialis di gara.
Anche tale motivo è infondato.
Anche a voler prescindere dalla considerazione, rilevante ai fini dell’enucleazione della disciplina applicabile, secondo cui non si verte in una gara per l’affidamento di un appalto, ma piuttosto di un comodato gratuito, con riguardo al presidente della prima Commissione, preposta alla verifica della regolarità della documentazione amministrativa, osserva il Collegio che la norma contenuta nell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 può essere interpretata nel senso che l’eventuale incompatibilità debba essere comprovata, sul piano concreto e di volta in volta, sotto il profilo dell’interferenza sulle rispettive funzioni assegnate al dirigente ed alla Commissione. A questo riguardo, nessuna contestazione è stata svolta. Del resto, il fondamento ultimo di razionalità della disposizione dell’art. 77, comma 4, è quello per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della Commissione, costituendo il principio della separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta. Una siffatta incompatibilità per motivi di interferenza e di condizionamento non può sussistere tra chi ha predisposto l’avviso pubblico e chi ha verificato la documentazione di gara (Cons. Stato, III, 26 ottobre 2018, n. 6082; V, 9 gennaio 2019, n. 193).
Quanto, poi, all’incompatibilità della dott.ssa Ruggiero, la quale ha approvato la graduatoria, osserva il Collegio come non sia possibile riferire le ragioni di incompatibilità ad un incarico anteriore nel tempo alle preclusioni che deriveranno solamente dall’assunzione di un incarico posteriore; si intende dire che, anche a seguire un’interpretazione rigorosa dell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, potrebbe al più determinarsi l’incompatibilità all’approvazione degli atti di gara, ma non certo la preclusione ad assumere le funzioni di commissario da parte di chi svolgerà solamente in una fase successiva ulteriori funzioni (in termini Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 819).
Non può, inoltre, che rilevarsi la genericità della doglianza sull’adeguatezza delle competenze dei componenti la Commissione, dovendosi comunque ricordare il consolidato indirizzo alla stregua del quale il requisito delle competenze nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto che i componenti della Commissione di gara debbono possedere va interpretato nel senso che la competenza ed esperienza richieste ai commissari debbono essere riferite ad aree tematiche omogenee, e non anche alle singole e specifiche attività oggetto del contratto (Cons. Stato, V, 18 luglio 2019, n. 5058).
4. - Il quarto motivo di gravame deduce inoltre il conflitto di interesse dei componenti della prima Commissione, in quanto il presidente, dott. Giuseppe Carparelli, ha prestato attività lavorativa dal 2008 al 2010 (ore di docenza in corsi di formazione professionale) presso l’associazione Dante Alighieri, concorrente divenuta aggiudicataria.
Il motivo deve essere disatteso.
La sentenza di prime cure ha condivisibilmente evidenziato che la prima Commissione non ha svolto attività valutativa delle offerte progettuali, essendosi limitata a verificare i requisiti di ammissione, chiedendo, in presenza di dubbi sulla regolarità della documentazione, il parere all’Avvocatura comunale.
L’esigenza di garanzia dell’imparzialità da parte della Commissione giudicatrice attiene evidentemente alle attività valutative in senso proprio; né un’attitudine di compromissione di tale imparzialità può desumersi dalla disposta ammissione alla gara dell’associazione Dante Alighieri, in quanto il motivo di esclusione, anche in questa sede riproposto, non evidenziava un significativo fumus, tanto da essere stato poi negativamente delibato anche in sede giurisdizionale.
5. - Il quinto ed ultimo motivo deduce poi la violazione dei principi, propri dell’evidenza pubblica, di pubblicità, trasparenza, concentrazione e continuità della gara, ravvisati nel fatto che la procedura, pur a fronte di sole quattro offerte, si è svolta in un arco temporale maggiore di un anno, scandita in più sedute, senza che nei verbali di gara risultino indicate le modalità di conservazione dei plichi e degli atti di gara.
Anche tale motivo è infondato, se non addirittura inammissibile proprio perché prospettato in astratto, senza allegare un qualsivoglia indizio di manomissione dei verbali di gara.
Ed invero, secondo l’ormai stabile insegnamento giurisprudenziale, risalente alla pronuncia di Cons. Stato, Ad. plen., 3 febbraio 2014, n. 8, nelle gare pubbliche la mancata indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura di valutazione comparativa concorsuale, implicitamente collegandosi all’insufficienza della verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed alla integrità delle offerte; ciò anche in ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad escludere che l’atto deliberativo possa essere viziato per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad esso preordinate, salvo i casi (nella fattispecie in esame neppure evidenziati) in cui puntuali regole dettate dall’Amministrazione indichino il contenuto essenziale del verbale. Di conseguenza, ogni contestazione del concorrente, volta ad ipotizzare una possibile manomissione od esposizione a manomissione dei plichi, idonea a determinare un vulnus alla regolarità del procedimento di selezione del contraente, deve essere suffragata da circostanze ed elementi che, su di un piano di effettività ed efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuità dell’offerta, che va preservata in corso di gara. Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, irrilevante risulta la generica e non circostanziata allegazione dell’omessa indicazione nel verbale del soggetto responsabile della custodia dei plichi e del luogo di custodia degli stessi.
Quanto alla violazione del principio di continuità e concentrazione delle operazioni di gara, va rilevato che lo stesso, seppure funzionale ad assicurare l’imparzialità, la trasparenza e la speditezza dell’azione amministrativa, ha un valore tendenziale (Cons. Stato, III, 5 marzo 2018, n. 1335), nel senso che deve tenere conto del numero delle offerte da giudicare, ovvero (come nel caso di specie) della complessità della valutazione, in un procedimento caratterizzato dalla mancata individuazione, da parte del Comune, dell’attività da svolgere nell’immobile concesso in comodato.
6. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va respinto.
La complessità della controversia integra le ragioni eccezionali che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
La questione
La sentenza in esame esamina le disposizioni contenute nell’articolo 77 del codice dei contratti pubblici in merito all’illegittimità, o meno, della composizione della Commissione giudicatrice in relazione all’eventuale posizione di incompatibilità di alcuni componenti della predetta Commissione.
Nello specifico la presunta sovrapposizione dei ruoli avrebbe precluso, a detta dell’appellante, l’imparzialità e la trasparenza delle stesse operazioni di gara.
La posizione del Consiglio di Stato
Il Collegio, nel fornire una condivisa interpretazione delle suddette norme, apporta chiarezza sui dibattuti punti della controversia.
La sezione osserva infatti che “la norma contenuta nell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 può essere interpretata nel senso che l’eventuale incompatibilità debba essere comprovata, sul piano concreto e di volta in volta”. “Del resto,-continua il giudice- il fondamento ultimo di razionalità della disposizione dell’art. 77, comma 4, è quello per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della Commissione, costituendo il principio della separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta. Una siffatta incompatibilità per motivi di interferenza e di condizionamento non può sussistere tra chi ha predisposto l’avviso pubblico e chi ha verificato la documentazione di gara (Cons. Stato, III, 26 ottobre 2018, n. 6082; V, 9 gennaio 2019, n. 193)”.
Successivamente il Consiglio esamina la delicata questione concernente l’incidenza di eventuali incompatibilità dei componenti della commissione sulle procedura concorsuali; in particolare la sezione effettua un’interpretazione anche rigorosa delle disposizioni contenute nel suddetto articolo 77,comma 4, del decreto legislativo 50/2016 richiamando, peraltro, il consolidato indirizzo giurisprudenziale.. Nello specifico il Collegio osserva come “non sia possibile riferire le ragioni di incompatibilità ad un incarico anteriore nel tempo alle preclusioni che deriveranno solamente dall’assunzione di un incarico posteriore; si intende dire che, anche a seguire un’interpretazione rigorosa dell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, potrebbe al più determinarsi l’incompatibilità all’approvazione degli atti di gara, ma non certo la preclusione ad assumere le funzioni di commissario da parte di chi svolgerà solamente in una fase successiva ulteriori funzioni (in termini Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 819).
Non può, inoltre, che rilevarsi la genericità della doglianza sull’adeguatezza delle competenze dei componenti la Commissione, dovendosi comunque ricordare il consolidato indirizzo alla stregua del quale il requisito delle competenze nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto che i componenti della Commissione di gara debbono possedere va interpretato nel senso che la competenza ed esperienza richieste ai commissari debbono essere riferite ad aree tematiche omogenee, e non anche alle singole e specifiche attività oggetto del contratto (Cons. Stato, V, 18 luglio 2019, n. 5058).
Di seguito il supremo Consesso, citando ancora la principale giurisprudenza, sofferma l’attenzione sulla controversia processuale che si verifica spesso nel corso delle operazioni di gara, in relazione, in particolare, alle modalità che vengono seguite nelle citate operazioni concorsuali. “Ed invero,- puntualizza la sezione- secondo l’ormai stabile insegnamento giurisprudenziale, risalente alla pronuncia di Cons. Stato, Ad. plen., 3 febbraio 2014, n. 8, nelle gare pubbliche la mancata indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura di valutazione comparativa concorsuale, implicitamente collegandosi all’insufficienza della verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed alla integrità delle offerte; ciò anche in ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad escludere che l’atto deliberativo possa essere viziato per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad esso preordinate, salvo i casi (nella fattispecie in esame neppure evidenziati) in cui puntuali regole dettate dall’Amministrazione indichino il contenuto essenziale del verbale. Di conseguenza, ogni contestazione del concorrente, volta ad ipotizzare una possibile manomissione od esposizione a manomissione dei plichi, idonea a determinare un vulnus alla regolarità del procedimento di selezione del contraente, deve essere suffragata da circostanze ed elementi che, su di un piano di effettività ed efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuità dell’offerta, che va preservata in corso di gara. Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, irrilevante risulta la generica e non circostanziata allegazione dell’omessa indicazione nel verbale del soggetto responsabile della custodia dei plichi e del luogo di custodia degli stessi.
Infine il Consiglio di Stato analizza l’ ulteriore eccezione sollevata in merito alla violazione del principio di continuità e concentrazione delle operazioni di gara; in particolare il giudice afferma che tale principio “seppure funzionale ad assicurare l’imparzialità, la trasparenza e la speditezza dell’azione amministrativa, ha un valore tendenziale (Cons. Stato, III, 5 marzo 2018, n. 1335), nel senso che deve tenere conto del numero delle offerte da giudicare, ovvero (come nel caso di specie) della complessità della valutazione”.