Cassazione, S.U., 20 settembre 2019, n. 23541 ordinanza

In base all’art. 133, lett. e), del d.lgs. n. 104 del 2010, la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo delle controversie in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture postula che la sottoposizione dell’appalto al regime pubblicistico discenda esclusivamente dalle sue caratteristiche oggettive e da quelle soggettive della stazione appaltante e non è, pertanto, configurabile nel caso in cui quest'ultima, pur non essendovi tenuta, si sia volontariamente vincolata all'osservanza del predetto regime, in tal modo procedimentalizzando l’individuazione in concreto dell'appaltatore.

Nell’ambito degli appalti nei settori speciali, presupposto indispensabile per la devoluzione delle controversie alla giurisdizione amministrativa esclusiva è l’assoggettamento del contratto alle procedure di evidenza pubblica, il quale dipende sotto il profilo soggettivo dall’inquadramento del committente nelle categorie di soggetti indicate dall’art. 3, comma primo, lett. a) del d.lgs. n. 50 del 2016 e, sotto quello oggettivo, dalla riconducibilità dell’appalto ad una delle attività previste dagli artt. 115-121 dello stesso decreto.

Nel caso di specie, rilevano le Sezioni Unite, riveste portata assorbente l’aspetto oggettivo caratterizzato, per un verso, dalla non riconducibilità dell’oggetto dell’appalto all’ambito delle attività indicate negli artt. 115-121 del d.lgs. n. 50 del 2016 (e segnatamente a quella dei servizi postali o di quelli diversi previsti dall’art. 120) e, per altro verso, dall’estraneità a tale settore dell’attività svolta dalla società committente, il cui oggetto non comprende in alcun modo i servizi postali.

In particolare, l’appalto per la cui stipulazione è stata indetta la procedura aperta in modalità telematica, il cui esito ha costituito oggetto d’impugnazione da parte della Società non aggiudicataria dinanzi al Giudice amministrativo, non ha nulla in comune con i servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione di invii postali, nel senso previsto dal comma secondo, lett. a) e b), dell’art. 120 del d.lgs. n. 50 del 2016, avendo ad oggetto la prestazione del «servizio di vigilanza armata e gestione chiavi presso siti di Poste Italiane S.p.a. e di società del Gruppo». In quanto sostanzialmente consistente nello svolgimento del servizio di sorveglianza e custodia delle sedi in cui si svolgono l’attività postale e quelle anche diverse delle altre società controllate da Poste Italiane, esso non è riconducibile neppure all’ambito dei servizi diversi previsti dalla lettera c) dello stesso art. 120, comma secondo, i quali comprendono esclusivamente le attività precedenti e successive all’invio postale, ma strettamente connesse allo stesso, nonché i servizi di spedizione diversi da quelli postali propriamente detti: in tal senso depongono infatti chiaramente i riferimenti esemplificativi ai servizi di smistamento della posta e di spedizione di invii pubblicitari privi di indirizzo, contenuti rispettivamente nei nn. 1 e 2 della disposizione in esame. A sua volta, l'oggetto dell’attività esercitata dalla Società aggiudicatrice,  Poste Tutela S.p.a., non consisteva anche nello svolgimento di servizi postali, ma esclusivamente nella fornitura di prestazioni di pianificazione, progettazione, indagini di mercato, procedure di acquisto, coordinamento e monitoraggio finalizzate alla prestazione di servizi di trasporto, vigilanza armata, portierato e reception; in quanto notoriamente esercitata in via ordinaria anche da altri imprenditori privati operanti in competizione tra loro sia in sede locale che sull'intero territorio nazionale, tale attività deve inoltre considerarsi direttamente esposta alla concorrenza su un mercato liberamente accessibile, nel senso precisato dall'art. 8 del d.lgs. n. 50 del 2016: pertanto, anche a voler ritenere che le prestazioni dedotte nel contratto siano riconducibili al disposto dell'art. 120, comma secondo, lett. c), del d.lgs. n. 50 cit., dovrebbe ugualmente escludersi l'assoggettamento dell'appalto alle procedure di evidenza pubblica, non risultando soddisfatta la duplice condizione prevista dal comma primo, lett. b), del medesimo articolo.

Per effetto dell'estraneità del suo oggetto alle attività di cui agli artt. 115-121 del d.lgs. n. 50 del 2016, l’appalto in questione deve considerarsi sottratto all’ambito di operatività della disciplina dettata da tale decreto, la cui applicazione alla fattispecie in esame non è quindi ricollegabile alla volontà della legge, ma esclusivamente a quella della committente, che si è liberamente determinata in favore dell'assoggettamento della scelta del contraente alle regole dell'evidenza pubblica.

Trova conseguentemente applicazione il principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza  di legittimità in riferimento all’art. 133, lett. e), del d.lgs. n. 104 del 2010 (e prima ancora all’art. 33, comma secondo, lett. d), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 ed agli artt. 6 e 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205), secondo cui la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo delle controversie in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture postula che la sottoposizione dell’appalto al regime pubblicistico discenda esclusivamente dalle sue caratteristiche oggettive e da quelle soggettive della stazione appaltante, e non è configurabile nel caso in cui quest’ultima, pur non essendovi tenuta, si sia volontariamente vincolata all’osservanza del predetto regime, in tal modo procedimentalizzando l'individuazione in concreto dell'appaltatore[1].


[1] Cass., S.U., 1° marzo 2018, n. 4899; Id., 22 luglio 2013, n. 17782; Id., 29 maggio 2012, n. 8511; Id., 20 marzo 2009 , n. 6771; Id., 20 novembre 2003, n. 17635.