Consiglio di Stato, SEZ. V, Sentenza del 30 aprile 2019 N. 2794
Affidabilità professionale - Dichiarazioni in sede di partecipazione - Omessa dichiarazione di penali contrattuali - Non comporta l’esclusione automatica del concorrente - Ragioni
Può la mera applicazione di penali offrire elementi sufficienti a qualificare l’inadempimento o il ritardo nell’adempimento cui esse si ricollegano quale errore grave nell’esercizio dell’attività professionale, da dichiarare obbligatoriamente in sede di partecipazione, onde evitare l’esclusione da una gara d’appalto?
La vicenda contenziosa ha avuto a riguardo un caso di esclusione da una gara d’appalto per omessa dichiarazione dell’intervenuta applicazione di penali nel corso dell’esecuzione di un rapporto contrattuale intercorso con altra amministrazione, e poi da questa unilateralmente risolto. L’impresa, in sede di partecipazione, aveva prodotto una dichiarazione in cui si dava conto dell’avvenuta risoluzione del contratto, pur giudizialmente contestata, ma non menzionava le penali irrogate nel corso del rapporto contrattuale. La questione ruotava dunque in fatto attorno alla corretta qualificazione dell’omessa dichiarazione delle penali, pur nell’avvenuta dichiarazione della risoluzione.
Fermo restando l’onere del concorrente di prestare una dichiarazione completa e veritiera, onde consentire all’Amministrazione di esprimere il proprio giudizio sull’affidabilità professionale del concorrente, l’omessa dichiarazione delle penali avrebbe potuto determinare una possibile falsità della dichiarazione – con le note conseguenze in termini di necessità dell’esclusione e di sanzioni applicabili - ovvero un’ipotesi di incompletezza, con conseguente sanabilità tramite soccorso istruttorio.
In conformità ad un precedente caso analogo (Sez. V, sent. n. 1346/2018), il Consiglio di Stato ha preliminarmente ricordato che la stazione appaltante può ritenere sussistenti i gravi errori professionali anche in assenza di un accertamento giurisdizionale di tali errori o di una dichiarazione della P.A. che abbia pronunciato la risoluzione per inadempimento di quel rapporto, purché le pregresse violazioni contestate siano numerose e puntuali. Ha quindi osservato il Collegio che l’irrogazione di penali nel corso dell’esecuzione di un rapporto contrattuale non costituisce di per sé, in difetto di altri elementi significativi, sintomo di grave errore professionale, potendo l’inadempimento derivare – non irragionevolmente – anche da una serie di più svariati comportamenti di soggetti terzi, o comunque da eventi esterni. La pattuizione della clausola penale non sottrae infatti il rapporto alla disciplina generale delle obbligazioni e, in particolare, all’applicazione del principio secondo cui deve escludersi la responsabilità del debitore quando costui provi che l'inadempimento o il ritardo nell'adempimento dell'obbligazione sia stato determinato dall'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.), essendo connotato essenziale della clausola penale la sua connessione con l'inadempimento colpevole di una delle parti e non potendo, pertanto, essa configurarsi allorché sia collegata all'avverarsi di un fatto fortuito o, comunque, non imputabile alla parte obbligata. Affinché le penali irrogate e non dichiarate assumano portata escludente è dunque necessario che: (i) le “manchevolezze” addebitate all’impresa siano esclusivamente attribuibili ad una sua condotta colpevolmente inadempiente e negligente; (ii) l’importo delle stesse non sia minimo (e cioè sia superiore all’1% dell’importo contrattuale, così come richiesto ai fini della loro iscrizione nel Casellario informativo dell’ANAC). Solo in tal caso l’applicazione delle penali potrebbe fondare autonomamente l’esclusione dell’impresa, ma ciò purché il relativo provvedimento dia conto, in motivazione, della sussistenza di entrambe le condizioni. Nel caso di specie, pertanto, assumeva rilevanza ai fini dell’affidabilità professionale la risoluzione contrattuale, correttamente dichiarata, mentre lo stesso non poteva dirsi per le penali irrogate nell’ambito di tale rapporto contrattuale. Il Consiglio di Stato ha affermato gli anzidetti principi nella sentenza in esame, riformando sul punto una sentenza emessa dal TAR Napoli che - nel ritenere legittima l’esclusione disposta solo per omessa dichiarazione delle penali e senza che il provvedimento recasse motivazione alcuna sulla riferibilità delle stesse all’appaltatore o tenesse conto dello scarso valore delle stesse - estendeva l’onere di dichiarare fatti risolutivi, errori o altre negligenze occorsi in precedenti rapporti contrattuali con altre pubbliche amministrazioni anche a “mere” negligenze poste in essere dal concorrente, in virtù dei principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale.
Giova, per completezza, evidenziare come le letture estensive dell’onere dichiarativo, quale presupposto per fondare l’esclusione di un concorrente in caso di omessa dichiarazione delle penali riportate, siano state oggetto di altre pronunce del giudice amministrativo, il quale le ha sempre ritenute illegittime, non potendo una sanzione espulsiva essere configurata né per il solo fatto che le Linee Guida ANAC n. 2 attribuiscano rilevanza alle penali che abbiano superato l’1% del valore lordo di appalto (trattandosi di mera prassi amministrativa) né, soprattutto, in assenza di un’apposita disposizione di legge (cfr. TAR Lecce, sez. II, n. 519/2019 che richiama le analoghe argomentazioni rispetto all’esclusione per omessa dichiarazione degli oneri di sicurezza di CGUE C-27/15 Pippo Pizzo e C-162/16; Ad. Plen. n. 19/2016).
LEGGI LA SENTENZA
Pubblicato il 30/04/2019
N. 02794/2019REG.PROV.COLL.
N. 05122/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5122 del 2018, proposto da
C.I.T.E. – Consorzio Stabile Interprovinciale Trasporti Ecoambientali Soc. Cons. a r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di Castel Volturno, non costituito in giudizio;
nei confronti
Provveditorato Interregionale per le OO.PP. per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata – S.U.A. di Caserta – non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Ottava, n. 3690/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2019 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti l’avvocato Gioia, su delega di Fortunato, e l’avvocato dello Stato Palmieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1,Il Consorzio Stabile Interprovinciale Trasporti Ecoambientali soc. cons. a r. l. (d’ora in avanti anche solo CITE) partecipava alla gara per l’affidamento del servizio integrato di igiene urbana e raccolta differenziata dei rifiuti sul territorio del Comune di Castel Volturno, venendone però escluso dal Provveditorato Interregionale per le OO.PP. per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata – nella qualità di s.u.a. – a causa dell’omessa dichiarazione dell’applicazione di penali per manchevolezze nell’ambito del rapporto contrattuale relativo ad analogo servizio intercorso con il Comune di Orta di Atella, rapporto risolto unilateralmente dall’ente locale il 20 dicembre 2017.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania il Consorzio impugnava l’esclusione, deducendo la violazione dell’art. 80 d.lgs. 50 del 2016, sia per l’insussistenza dei presupposti applicativi della norma, sia per violazione del contraddittorio prescritto dalle Linee Guida Anac n. 6 (punto 6.2) approvate con delibera n. 1293/2016.
Resisteva al ricorso soltanto la s.u.a, chiedendone il rigetto.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti il CITE impugnava la nota con la quale la s.u.a. aveva riscontrato negativamente il preavviso di ricorso, confermando la motivazione dell’esclusione dalla gara.
3. Con la sentenza segnata in epigrafe il Tribunale amministrativo ha ritenuto infondato sia il ricorso introduttivo, sia i motivi aggiunti.
A fronte della doglianza di non aver violato l’obbligo dichiarativo derivante dall’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016, argomentata dalla ricorrente nel senso che tale dichiarazione non era “dovuta” (siccome – anche in base alle Linee guida ANAC applicabili ratione temporis - le penali “non definitive” non dovevano essere dichiarate); che gli operatori economici erano tenuti a dichiarare solo le notizie già inserite nel casellario informatico e che, secondo le linee guida aggiornate con del. n. 1008 dell’11 ottobre 2017, le penali erano rilevanti solo ove di importo pari o superiore, anche cumulativamente, all’1% dell’importo del contratto (fattispecie che non ricorreva in concreto), il tribunale riteneva per converso che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, formatosi in relazione all’art. 38, comma 1, lett. f) del d. lgs. n. 163 del 2006, ma estensibile anche all’art. 80, comma 5, lett. c) del d. lgs. 50 del 2016, sussisteva per il concorrente un dovere generale di dichiarazione di fatti risolutivi, errori o altre negligenze occorsi in precedenti rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante e che tale obbligo doveva intendersi esteso anche a “mere” negligenze poste in essere dal concorrente, ciò in virtù dei principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale, elementi la cui valutazione era rimessa alla esclusiva discrezionalità della stazione appaltante a presidio dell’elemento fiduciario dei rapporti contrattuali, valutazione che nel caso di specie non era stata resa possibile proprio dalla dichiarazione non veritiera e comunque incompleta.
Secondo il tribunale, inoltre, le Linee Guida ANAC adottate con delib. n. 1293/2016 avevano ribadito tali concetti e la non ancora avvenuta iscrizione di quella applicazione delle penali nel casellario informatico dell’ANAC non rilevava per escludere l’obbligo in parola, tanto più che il disciplinare di gara (cfr. par. 3, n. 3 lett e) richiedeva specificamente una dichiarazione sostitutiva in ordine all’assenza di “gravi illeciti professionali”. In definitiva, ad avviso del Tribunale, la dichiarazione sostitutiva resa dal ricorrente avrebbe dovuto ricomprendere anche le penali applicate nel corso del rapporto contrattuale intercorso con il Comune di Orta di Atella, penali che comunque non risultavano specificamente contestate in giudizio, nemmeno nell’atto di citazione proposto dinanzi al Tribunale delle Imprese di Napoli per la risoluzione del contratto per grave inadempimento del Comune di Orta di Atella; né era invocabile la pretesa violazione del contraddittorio che poteva riguardare solo i casi in cui il concorrente si fosse dimostrato leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, rendendola edotta di tutti i suoi precedenti, anche se negativi, e offrendo pertanto tutte le informazioni necessarie per dimostrare l’attuale insussistenza di rischi sulla sua inaffidabilità o mancata integrità nello svolgimento della sua attività professionale.
4. Con rituale e tempestivo atto di appello CITE ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendone l’erroneità per violazione dell’art. 80 d. lgs. 50 del 2016 e dell’art. 97 Cost., eccesso di potere sotto vari profili, contrasto con il principio di proporzionalità ed anche alla luce delle Linee guida Anac in ordine all’irrisorietà delle penali applicate nei suoi confronti, non classificabili come gravi negligenze, non desumibili dal casellario informatico dell’Anac, comunque contestate in giudizio e non indicate neppure dall’intimata stazione appaltante nel loro ammontare.
5. Ha resistito al gravame il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
6. All’udienza pubblica del 28 marzo 2019 la causa è passata in decisione.
7. L’appello è fondato e deve essere accolto alla stregua delle osservazioni che seguono, anche in considerazione del precedente di questa stessa Sezione n. 1346 de 25 gennaio 2018, relativa ad una controversia analoga e di cui era parte lo stesso appellante, precedente che, pur relativo all’applicazione del d. lgs. n. 163 del 2006, non è incompatibile con la previsione dell’art. 80 del d. lgs. 50 del 2016.
7.1. Il citato art. 80 stabilisce al comma 5, lett. c), che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico, qualora “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” ed alla lett. c-ter) qualora “l'operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”.
Tali previsioni sono in realtà sostanzialmente sovrapponibili a quelle dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. 163 del 2006, il quale prevedeva la non ammissione alle procedure di affidamento delle concessione e degli appalti di lavori, forniture e servizi ovvero inibiva l’affidamento di subappalti o ancora la stipulazione dei relativi contratti per coloro che “secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo da parte della stazione appaltante”.
La giurisprudenza, formatasi su tale ultima disposizione e che può trovare tuttora seguito anche con riguardo alle lett. c) e c-ter) dell’art. 80 del vigente codice dei contratti pubblici, ha sottolineato in primo luogo che il concorrente è tenuto ad una dichiarazione veritiera e completa, la quale sola può permettere di esprimere un giudizio sull’affidabilità professionale di una partecipante, giudizio che non può che essere di ampia portata discrezionale e quindi sindacabile dal giudice amministrativo nei soli limiti della evidente illogicità o irrazionalità o del determinante errore fattuale; è stato aggiunto che l’omissione di tale dichiarazione non consente infatti all’amministrazione di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa e fa assumere alla domanda di partecipazione resa in sede di gara la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all'art. 46 d. lgs. n. 163 del 2006 (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527).
E’ stato anche precisato che la stazione appaltante può ritenere la sussistenza dei gravi errori professionali anche in assenza di un accertamento giurisdizionale di tali errori e di una dichiarazione della P.A. che abbia pronunciato la risoluzione per inadempimento di quel rapporto, purché le pregresse violazioni contestate siano numerose e puntuali, come, per esempio, l’abbandono del servizio, la mancata effettuazione della raccolta indifferenziata e dell'organico, l’incasso di somme per servizi non resi, il mancato versamento degli oneri di discarica.
7.2. Nel caso il disciplinare di gara, parte III, art. 3, lett. c), obbligava i concorrenti a dichiarare di non essersi resi colpevoli di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la propria integrità o affidabilità, in ciò ricalcando la lettera dell’art. 80, comma 5, lett. c).
CITE in data 10 aprile 2017 ha prodotto dichiarazione, specificando che con determinazione del 6 Settembre 2016 l'A.U. di S.a.p.na. S.p.A. aveva disposto la risoluzione in danno del contratto di appalto concluso con il raggruppamento temporaneo costituito tra le imprese "EcoltecnicaSrl-Mag Gmbh e Consorzio C.i.t.e" e che avverso tale provvedimento era stata proposta impugnazione dinanzi al Tribunale amministrativo della Campania e giudizio dinanzi al Tribunale Civile di Napoli per accertare l'illegittimità e l'insussistenza dei relativi presupposti; non venivano però menzionate le penali irrogate dal Comune di Orta di Atella, omissione che unitamente alla loro irrogazione è stato posto a fondamento dell’impugnata esclusione dalla gara.
Sennonché al riguardo va ricordato che questa Sezione con la sentenza n. 1346 del 2018 ha rilevato che la mancata dichiarazione della irrogazione di penali contrattuali non integra di per sé la violazione dei doveri professionali e non costituisce prova di grave negligenza, così definita dal legislatore dapprima con l’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, e rinnovato dall’art. 80 comma 5 lett. c) e c-ter), poiché l’applicazione di penali contrattuali non può ritenersi sintomo inconfutabile di errore grave nell’esercizio dell’attività professionale o comunque “grave negligenza”; ciò tanto più quando, come nel caso di specie, il provvedimento di esclusione menzioni l’applicazione delle penali senza specificarne l’ammontare minimo ed indicando quale presupposto asserite “manchevolezze” (commesse nel servizio di gestione dei rifiuti in Orta di Atella) senza alcun effettiva motivazione al riguardo anche con riferimento alla loro eventuale gravità.
7.3. D’altra parte, anche a voler prescindere dalle deduzioni svolte dall’appellante, secondo cui il Comune di Orta di Atella si sarebbe esso stesso reso responsabile di gravi inadempimenti non provvedendo al pagamento delle fatture regolarmente emesse da CITE, la giurisprudenza, in sede di interpretazione dell’obbligo dichiarativo concernente le gravi negligenze professionali, ha fatto riferimento essenzialmente alla mancata indicazione delle risoluzioni contrattuali (ipotesi che pacificamente non ricorre nel caso di specie), così che l’irrogazione di penali nel corso dell’esecuzione del rapporto contrattuale con il Comune di Orta di Atella non può costituire di per sé ed automaticamente, soprattutto in mancanza di altri elementi significativi, un sintomo di grave errore professionale, potendo l’inadempimento derivare – non irragionevolmente – anche da una serie di più svariati comportamenti di soggetti terzi oppure anche da eventi esterni (il che sotto altro concorrente profilo evidenzia il vizio di carenza di motivazione del provvedimento impugnato con riguardo alle generiche “manchevolezze” addebitate.
7.4. Non può poi sottacersi che l’importo delle “penali” di cui si discute era in assoluto minimo, visto che investiva l’1% del valore dell’affidamento, e non poteva pertanto concretizzare comunque alcuna grave negligenza da denunciare nelle domande di partecipazione ad altre gare pubbliche, risultando contenuto nella sostanziale irrilevanza, come risultante dalla Linee guida dell’Anac aggiornare (secondo cui le stazioni appaltanti devono comunicare all’Autorità ai fini dell’iscrizione nel Casellario informatico, di cui all’art. 213 comma 10 dello stesso codice, i provvedimenti di applicazione delle penali di importo superiore, singolarmente o cumulativamente con riferimento al medesimo contratto, all’1% dell’imposto del contratto stesso).
In definitiva, indipendentemente dalla contestazione giudiziale dell’applicazione delle penali contrattuali, queste ultime da sole non offrono alcun elemento per considerare che l’inadempimento o il ritardo nell’adempimento, cui esse si ricollegano, costituisca errore grave nell’esercizio dell’attività professionale (essendo appena il caso di rilevare, del resto che, la stessa pattuizione della clausola penale non sottrae il rapporto alla disciplina generale delle obbligazioni, per cui deve escludersi la responsabilità del debitore quando costui prova che l'inadempimento o il ritardo nell'adempimento dell'obbligazione, sia determinato dall'impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, essendo connotato essenziale di tale clausola la sua connessione con l'inadempimento colpevole di una delle parti e non potendo, pertanto, essa configurarsi allorché sia collegata all'avverarsi di un fatto fortuito o, comunque, non imputabile alla parte obbligata, in termini Cass. Civ., sez. II, 10 maggio 2012, n. 7180).
8. Alla luce delle considerazioni che precedono l'appello deve essere pertanto accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado ed annullati i provvedimenti impugnati.
Sussistono i presupposti, considerata la controvertibilità delle questioni esaminate, per compensare le spese del giudizio di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
Valerio Perotti, Consigliere
Giovanni Grasso, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere