Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2019, n. 2543.
1. La presenza di un atto implicito può desumersi indirettamente ma univocamente da altro provvedimento o dal comportamento esecutivo dell'amministrazione, di modo che esso se ne possa dire l'antecedente da punto di vista logico - giuridico (cfr. Cons. Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6643; 6 agosto 2018, n. 4818; VI, 27 aprile 2015, n. 2112; 27 novembre 2014, n. 5887; 7 febbraio 2011, n. 813 .
2. Il procedimento di interpello previsto dagli articoli 138 e ss. d.lgs. 163 cit. è una modalità di scelta del contraente propedeutica alla stipulazione di un contratto di appalto, rientrante, per questa ragione, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) Cod. proc. amm. nei termini precedentemente chiariti (cfr. Cons. Stato, V, 10 agosto 2016, n. 3578 citata dall’appellante; nonché, sia pure in obiter dictum, Cass., SS.UU., 10 gennaio 2019, n. 489).
3. Inoltre, esso contiene l’apprezzamento dell’amministrazione pubblica sulla scelta migliore – tra il ripristino dell’originario contratto di appalto e la stipulazione di un nuovo contratto di appalto con la società seconda graduata – per la realizzazione dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera pubblica.
4. Della legittimità del provvedimento deve conoscere il giudice amministrativo quale giudice naturale dell’esercizio della funzione pubblica (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204; cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2014, n. 4460).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 726 del 2019, proposto da
Tacos s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Cecinato e Fabrizio Cecinato, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
E.I.P.L.I. - Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Vittorio Nardelli, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
per l'annullamento
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del -OMISSIS- e dell’E.I.P.L.I.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, Cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Cecinato, l’avvocato dello Stato Wally Ferrante, e Muscatello per delega di Nardelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’E.I.P.L.I. – Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia indiceva una procedura aperta ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. b) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 per l’affidamento di appalto avente ad oggetto interventi di adeguamento funzionale alle norme vigenti degli impianti tecnologici a servizio delle dighe Sinni, Pertusillo e Camastra.
1.1. Svolte le operazioni di gara, con decreto commissariale 21 novembre 2016, n. 567, l’appalto veniva aggiudicato al -OMISSIS-, che indicava come esecutrici dei lavori, le consorziate Apulia s.r.l. e Pi-Group s.r.l.; seguiva la sottoscrizione del contratto di appalto il 13 giugno 2017.
2. Il R.u.p. – responsabile unico del procedimento, con ordine di servizio 8 giugno 2017 n. 1 “Redazione progetto esecutivo”, fissava al -OMISSIS-aggiudicatario un termine di 60 giorni per la redazione del progetto esecutivo.
2.1. Il progetto esecutivo era presentato il 4 agosto 2017, ma risultava carente di taluni elaborati progettuali previsti dall’art. 33 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 dei quali il R.u.p. richiedeva l’integrazione; il 15 settembre 2017 il -OMISSIS-presentava, allora, un nuovo progetto esecutivo, ma, riscontrate nuove carenze documentali, il R.u.p., con ordine di servizio n. 2 del 27 settembre 2017, formulava ulteriore richiesta di integrazione. Altri elaborati erano, dunque, consegnati il 31 ottobre 2017, nuovamente revisionati e rettificati il 5 dicembre 2017.
2.2. Il 19 gennaio 2018 il R.u.p. validava il progetto esecutivo al fine di dar seguito all’esecuzione delle opere e la Direzione lavori, con verbale del 5 febbraio 2018, consegnava i lavori al -OMISSIS--OMISSIS-, ma nessun intervento avveniva fino al 2 aprile 2018, onde la Direzione lavori comunicava al R.u.p. che non era stato dato seguito alla consegna e con ordine di servizio n. 1 del 2018 era assegnato il termine perentorio di sette giorni per l’inizio dei lavori.
2.3. Decorso il predetto termine, la Direzione lavori, con ordine di servizio 10 aprile 2018, n. 2, prescriveva al -OMISSIS-, tra le altre, di procedere all’avvio effettivo dei lavori nel termine di 15 giorni dal 10 aprile 2018, preavvisandone il carattere perentorio e la risoluzione del contratto nel caso di mancato rispetto.
2.4. Nei giorni tra il 24 aprile 2018 e il 26 aprile 2018 il -OMISSIS-avviava talune attività presso la diga di Monte Cotugno (Sinni), ma il C.S.E. – coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione, effettuato un sopralluogo presso le tre dighe, riscontrava una serie di violazioni in materia di sicurezza (mancata detenzione di attrezzature di primo soccorso, mancata detenzione di dispositivi di estinzione incendio, mancata esposizione del c.d. cartello di cantiere, assenza di personale individuato nel POS come preposto alla sorveglianza, utilizzo di gruppo elettrogeno senza dispositivo per la protezione dai contatti accidentali) e, per questa ragione, con verbale del 4 maggio 2018, n. 1 disponeva l’immediata sospensione delle lavorazioni in corso e l’allontanamento degli operai dall’area di cantiere fino a quando non fossero state eseguite le attività di accantieramento in conformità alle previsioni del cronoprogramma.
2.5. Il 10 maggio 2018 il -OMISSIS-chiedeva la sospensione dei lavori per l’impossibilità di ultimare le operazioni di accantieramento, ma la Direzione lavori, con nota del 18 maggio 2018, rilevato che le problematiche evidenziate non potevano costituire causa ostativa e/o impedimento alla prosecuzione della fase di accantieramento sulla diga di Monte Cotugno così come all’avvio dell’accantieramento sulle altre aree oggetto di intervento, giudicava ingiustificata la sospensione richiesta.
3. Il Commissario dell’E.I.P.L.I., con decreto 18 maggio 2018, n. 129 risolveva il contratto di appalto con il -OMISSIS-ai sensi dell’art. 136 d.lgs. n. 163 cit. per le reiterate inadempienze ivi elencate e, in ragione della predetta risoluzione, interpellava gli altri operatori economici presenti nella graduatoria redatta a conclusione della procedura di gara in applicazione della previsione di cui all’art. 140 d.lgs. 163 cit.
3.1. In particolare, il R.u.p. interpellava la Tacos s.r.l., seconda graduata, alla quale era consegnato il progetto esecutivo redatto dal -OMISSIS--OMISSIS- affinchè valutasse la possibilità di eseguire, a parità di condizione, il progetto e le relative opere.
Con comunicazione 11 giugno 2018 Tacos s.r.l. dichiarava di essere disponibile ad eseguire le opere oggetto di appalto, non riscontrando fattori ostativi irremovibili che potessero impedire la realizzazione degli interventi nei termini previsti (400 giorni dalla consegna dei lavori).
3.2. Il -OMISSIS--OMISSIS-, intanto, con una serie di lettere, richiedeva la revoca del decreto di risoluzione del contratto; il R.u.p., con nota 21 giugno 2018, prot. 3932, richiedeva nuovamente al -OMISSIS-di indicare le motivazioni e i fatti non rappresentati e/o sopravvenuti da sottoporre alla valutazione della stazione appaltante, per consentire l’eventuale riesame delle ragioni poste a fondamento della risoluzione. Alla richiesta era dato riscontro da parte del -OMISSIS-con nota del 26 giugno 2018. Seguiva la nota 29 giugno 2018 prot. 4178, di convocazione del -OMISSIS--OMISSIS- presso la Direzione generale dell’E.I.P.L.I., al fine di addivenire ad un bonario componimento della vicenda e la proposta del R.u.p. al Commissario dell’ente di revoca della disposta risoluzione.
3.3. Il Commissario dell’E.I.P.L.I., con decreto 6 luglio 2018, n. 173, revocava ai sensi dell’art. 21 – quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241 il precedente decreto di risoluzione del contratto.
4. Tacos s.r.l., che non avendo ricevuto più alcuna comunicazione dopo la manifestata disponibilità al subentro, presentava istanza di accesso ai documenti il 30 luglio 2018 e, appreso dell’intervenuta revoca della risoluzione, proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, con il quale domandava l’annullamento del decreto n. 173 del 2018 sulla base di sei motivi nonché il risarcimento del danno in forma specifica, mediante l’affidamento dell’appalto, ovvero per equivalente (nelle voci del danno emergente, consistente nelle spese sostenute per la partecipazione all’interpello e del lucro cessante, consistente nel mancato utile che avrebbe ricavato dall’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto). Infine, la società formulava domanda di condanna dell’ente alla corresponsione dell’indennizzo di cui all’art. 21 – quinquies l. 241 cit.
4.1. Nel giudizio si costituiva l’E.I.P.L.I. e il -OMISSIS- che, in via pregiudiziale, eccepivano il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, concludendo, alfine, per il rigetto del ricorso.
4.2. Il giudizio di primo grado era concluso dalla sentenza, sez. I, 29 novembre 2018, n. 802, di accoglimento dell’eccezione pregiudiziale di rito formulate dalle resistenti e conseguente declaratoria di inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, con salvezza di effetti ai sensi dell’art. 11 Cod. proc. amm.
5. Propone appello Tacos s.r.l.; si sono costituiti in giudizio l’E.I.P.L.I. e il -OMISSIS- che ha presentato memoria. Alla camera di consiglio del 7 marzo 2019, fissata per la decisione sull’istanza cautelare proposta da Tacos s.r.l., è stato dato avviso alle parti della possibile adozione di sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm. Con questa avvertenza la causa è stata trattenuta in decisione.
6. La sentenza di primo grado ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario con il seguente ragionamento:
- il presupposto dell’intera vicenda è rappresentato dall’atto di risoluzione del vincolo contrattuale, il cui sindacato, per il disposto dell’art. 133, comma 1, lett. e) n. 1 Cod. proc. amm., spetta alla cognizione del giudice ordinario per essere attratte in tale giurisdizione tutte le controversie riguardanti profili esecutivi del rapporto contrattuale una volta terminata, con l’aggiudicazione, la fase pubblicistica della scelta del contraente;
- l’accordo bonario intervenuto tra la stazione appaltante e il -OMISSIS- ha natura iure privatorum, così come la pedissequa revoca della risoluzione, per quanto adottata ai sensi dell’art. 21- quinquies della l. n. 241/90, in quanto contrarius actus rispetto alla risoluzione, di cui ne muta i caratteri, e perché, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dall’amministrazione, costituisce atto di autotutela privatistico, che dà attuazione alla precedente transazione e univocamente diretto ad incidere sul rapporto contrattuale;
- il sindacato sulla fondatezza e la correttezza della revoca implicherebbe, proprio per la sua inestricabile connessione con la risoluzione, un’ingerenza ultra vires della giurisdizione amministrativa su profili che sono privi di connotazioni pubblicistiche ed autoritative;
- non rileva in senso contrario la circostanza che l’ente, ai sensi dell’art. 140 d.lgs. 163/2006, abbia interpellato, senza peraltro assumere alcun impegno vincolante, la Tacos s.r.l. ai fini dell’eventuale scorrimento della graduatoria, in quanto si tratta di attività logicamente e causalmente successiva all’intimata risoluzione che, dell’interpello, costituisce presupposto.
7. Tacos s.r.l. contesta la sentenza per “Erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 8 e 133 CPA e dell’art. 140 del D.Lgs. 163/06. Erroneità ed illogicità della motivazione”.
7.1. Assume l’appellante che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per aver, l’E.I.P.L.I. con il provvedimento impugnato revocato il procedimento ex art. 140 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che, per indicazione giurisprudenziale più volte confermata, configura una specifica ipotesi di scelta del contraente pubblico per contratti che possono essere affidati senza l’ulteriore svolgimento di una procedura di gara. Nel caso di specie, detto procedimento era giunto alla fase conclusiva per aver la Tacos s.r.l. manifestato la propria disponibilità ad eseguire le opere oggetto dell’appalto e a sottoscrivere il relativo contratto.
8. Il motivo è fondato e va accolto.
8.1. La giurisdizione del giudice amministrativo, in tema di procedure di evidenza pubblica, è definita dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) Cod. proc. amm., per il quale: «Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: …e) le controversie: 1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi include quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative».
8.2. La giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito, in più occasioni, che, in materia di procedimenti di evidenza pubblica, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo riguarda le controversie relative alla fase procedimentale, che va dall’inizio della procedura sino alla stipula del contratto d’appalto (cfr. Cass., SS.UU., 9 aprile 2018, n. 8721; 10 aprile 2017, n. 9149; 8 luglio 2015, n. 14188; 13 marzo 2009, n. 6068; cfr. Cons. Stato, V, 19 luglio 2018, n. 4394; contra, isolata, Cass., SS.UU., 5 ottobre 2018, n. 24411, per la quale la fase procedimentale si conclude con l’adozione dell’atto di aggiudicazione definitiva), e si estende ad ogni provvedimento, atto, accordo e comportamento che intervenga in quel lasso temporale, ivi compresi i provvedimenti di annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241 o comunque previsti da norme di legge, mentre sussiste la giurisdizione ordinaria per le controversie insorte nella fase di esecuzione del contratto, salvo, comunque, il caso di esercizio di poteri di autotutela di annullamento ovvero di revoca dell’aggiudicazione pregressa, sussistendo nel primo caso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e nel secondo la sua giurisdizione di legittimità (cfr. Cass., SS.UU., 29 gennaio 2018, n. 2144; 16 gennaio 2018, n. 895; 18 novembre 2016, n. 23468).
8.3. Su tale base si è affermato che le controversie che hanno ad oggetto il provvedimento di risoluzione anticipata del contratto adottato per grave inadempimento (grave irregolarità e grave ritardo) ex art. 163, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 108, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) sono devolute alla cognizione del giudice ordinario perché attinenti alla fase esecutiva e per la ragione che l’atto risolutivo va qualificato come una forma di autotutela contrattuale riconosciuta alla pubblica amministrazione che incide sul diritto soggettivo del contraente privato (cfr. Cass. SS.UU., 10 gennaio 2019, n. 489; 14 maggio 2015, n. 9861; 18 ottobre 2005; n. 20116; 5 aprile 2005, n. 6992; 23 dicembre 2003, n. 19787).
Allo stesso modo, qualora l’amministrazione pubblica ottenga la risoluzione del contratto invocando la clausola risolutiva espressa ex art. 1456 Cod. civ., ivi contenuta, la controversia tra le parti contraenti appartiene alla giurisdizione ordinaria per essere l’atto risolutivo esercizio di diritto potestativo governato dal diritto comune e non di poteri autoritativi di matrice pubblicistica dell’amministrazione pubblica nei confronti del privato (cfr. Cass., I, 27 ottobre 2016, n. 21740).
8.4. Risulta corretto, pertanto, l’assunto, contenuto nella sentenza impugnata, della giurisdizione ordinaria in relazione alla controversia avente ad oggetto il provvedimento di risoluzione del contratto adottato dall’E.I.P.L.I. con decreto commissariale 18 maggio 2018, n. 129, ove l’amministrazione invocava la clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 15 del contratto di appalto, come pure quanto al corretto adempimento delle obbligazioni assunte nell’atto transattivo (verbale sottoscritto il 6 luglio 2018) intervenuto con il -OMISSIS- per addivenire ad un bonario componimento della vicenda.
8.5. La domanda di annullamento della Tacos s.r.l., in primo grado, tuttavia, ha ad oggetto il decreto commissariale 6 luglio 2018, n. 173, qualificato dall’amministrazione atto di revoca del precedente provvedimento di risoluzione (ai sensi – è specificato nel dispositivo – dell’art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241).
8.5.1. La qualificazione dell’atto in esame è impropria: l’atto risolutivo con cui l’amministrazione pubblica si scioglie dal contratto di appalto per gravi inadempimenti del privato contraente – sia che avvenga mediante il provvedimento previsto dall’art. 136 d.lgs. n. 163 cit., sia che avvenga mediante clausola risolutiva espressa ex art. 1454 Cod. civ. – è soggetto ad un regime privatistico (la giurisprudenza, nei precedenti citati sub 3.3., parla di atto di “autotutela privatistica”); la decisione dell’amministrazione di rimeditare la risoluzione del contratto già prodottasi non costituisce un atto di autotutela pubblicistica di cui all’art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241, ma un atto di rinuncia agli effetti della risoluzione (cfr. Cass., II, 9 maggio 2016, n. 9317; III, 8 novembre 2007, n. 23315, contra, sulla possibilità di rinunciare agli effetti di una risoluzione che si è già prodotta, Cass..II, 22 marzo 2017, n. 7313) con conseguente ripristino della validità ed efficacia dell’originario contratto di appalto.
8.5.2. Qualora tra le parti del contratto dovesse sorgere questione in merito alla validità, all’efficacia o, ancora, sugli effetti prodotti dalla rinuncia alla precedente risoluzione contrattuale, per quanto precedentemente affermato, la controversia appartiene alla giurisdizione ordinaria.
8.5.3. La peculiarità dell’odierna vicenda, tuttavia, sta nel fatto che il decreto commissariale 6 luglio 2018, n. 173, non è atto di sola rinuncia agli effetti di una precedente risoluzione contrattuale, ma è anche atto conclusivo del procedimento avviato con l’interpello che l’E.I.P.L.I. ha rivolto alla Tacos s.r.l. ai sensi dell’art. 138 e ss. d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e proseguito con la comunicazione di disponibilità della società interpellata alla stipulazione del contratto di appalto alle medesime condizioni previste per il precedente contraente.
8.5.4. Nell’ambito di detto procedimento, il decreto commissariale realizza un arresto procedimentale definitivo (cfr. Cons. Stato, IV, 20 aprile 2016, n. 1558; IV, 15 aprile 2013, n. 2043; V 19 giugno 2009, n. 4073; VI, 16 febbraio 2005, n. 480), poiché, per aver deciso di rinunciare agli effetti della precedente risoluzione e, in tal modo, far rivivere il contratto stipulato con l’originario aggiudicatario, l’amministrazione ha implicitamente manifestato la volontà di non volere concludere il procedimento di interpello con la stipulazione di un nuovo contratto di appalto.
Viene in rilievo, in breve, un atto amministrativo implicito.
La presenza di un atto implicito può infatti desumersi indirettamente ma univocamente da altro provvedimento o dal comportamento esecutivo dell'amministrazione, di modo che esso se ne possa dire l'antecedente da punto di vista logico - giuridico (cfr. Cons. Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6643; 6 agosto 2018, n. 4818; VI, 27 aprile 2015, n. 2112; 27 novembre 2014, n. 5887; 7 febbraio 2011, n. 813 da cui il provvedimento implicito è configurabile quando l'Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali attraverso un comportamento conseguente ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente).
8.6. Ritiene il Collegio che la controversia sulla domanda di annullamento del decreto commissariale 6 luglio 2018, n. 173, quale provvedimento amministrativo implicito di conclusione del procedimento di interpello avviato ai sensi dell’art. 138 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 sia della giurisdizione amministrativa.
8.6.1. La ragione è duplice: in primo luogo, per essere il procedimento di interpello previsto dagli articoli 138 e ss. d.lgs. 163 cit. una modalità di scelta del contraente propedeutica alla stipulazione di un contratto di appalto, rientrante, per questa ragione, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) Cod. proc. amm. nei termini precedentemente chiariti (cfr. Cons. Stato, V, 10 agosto 2016, n. 3578 citata dall’appellante; nonché, sia pure in obiter dictum, Cass., SS.UU., 10 gennaio 2019, n. 489).
8.6.2. E’ da aggiungere che il decreto commissariale impugnato contiene l’apprezzamento dell’amministrazione pubblica sulla scelta migliore – tra il ripristino dell’originario contratto di appalto e la stipulazione di un nuovo contratto di appalto con la società seconda graduata – per la realizzazione dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera pubblica.
Tale attività si confronta con una situazione del privato – Tacos s.r.l. – che è di interesse legittimo, inteso come situazione del privato che può conseguire (c.d. interesse legittimo pretensivo) un bene della vita solo attraverso l’attività di intermediazione della pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, V, 11 febbraio 2019, n. 990), poiché l’operatore economico, per via di tale decisione, e nel momento in cui è assunta, non realizza la sua legittima aspirazione, considerata la sua collocazione in graduatoria e lo scambio di note intervenuto con la stazione appaltante, a stipulare il contratto d’appalto con l’amministrazione.
8.6.3. Della legittimità del provvedimento deve conoscere il giudice amministrativo quale giudice naturale dell’esercizio della funzione pubblica (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204; cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2014, n. 4460).
8.7. Questa ricostruzione trova conferma in Cons. Stato, Ad.. plen., 4 maggio 2018, n. 5 che chiarisce (par. 32) che “…nello svolgimento dell’attività autoritativa l’amministrazione è tenuta a rispettare non solo le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza”.
Entrambi i profili di invalidità dell’attività della amministrazione sono sottoponibili alla cognizione dell’autorità giudiziaria dal privato interessato; se, per il decreto commissariale impugnato, fosse prevista la sola cognizione del giudice ordinario (come ritenuto in primo grado), sarebbe sottratto al sindacato giurisdizionale il profilo di invalidità del provvedimento che solo il giudice amministrativo può conoscere perché attinente al legittimo apprezzamento dell’interesse pubblico con conseguente compressione delle tutele riconosciute al privato.
8.8. Non incide sulla conclusione la considerazione dell’appellata sentenza per la quale la rinuncia agli effetti della risoluzione già intervenuta contenuta nel decreto commissariale 6 luglio 2018, n. 173 costituisce attuazione dell’impegno assunto dall’ente appaltante nell’atto transattivo concluso con l’aggiudicatario.
Infatti, qualora il giudice dovesse ritenere illegittimo il decreto ne deriverebbero effetti sul bonario componimento delle possibili liti future concluso dal -OMISSIS- con l’ente appaltante, o meglio, sull’adempimento della stessa da parte della pubblica amministrazione; ma ciò non incide né sull’individuazione della giurisdizione né, più a monte, sulla sindacabilità dell’atto, nella misura in cui si impone in via autoritativa nella sfera di terzi (come, ad es., in caso di permesso di costruire rilasciato in attuazione dell’impegno assunto dall’amministrazione in un precedente accordo con il privato, per il quale non si dubita che possa essere impugnato anche da un terzo leso).
9. In conclusione, l’appello va accolto e va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere del ricorso proposto da Tacos s.r.l. con conseguente rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105, comma 1, Cod. proc. amm..
10. Spetta al giudice di primo grado, altresì, l’esame dell’istanza di accesso ai documenti amministrativi proposta dalla Tacos s.r.l. nel corpo del ricorso introduttivo del giudizio (come “Istanza di esibizione documentale ex art. 25, L. n. 241/1990 e art. 116 c.p.a.”) quale istanza incidentale ai sensi dell’art. 116 Cod. proc. amm. e della quale, con motivo di appello, si lamenta l’omessa pronuncia.
11. Il -OMISSIS- ha presentato istanza di oscuramento dei dati riguardanti la società e della data di udienza, della data di deposito del ricorso e della data della camera di consiglio in cui è stato deciso; l’istanza è accolta nei limiti dei dati personali della società.
12. La chiusura in rito del giudizio giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, n. -OMISSIS-, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.
Rinvia la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, Cod. proc.amm..
Compensa tra le parti in causa le spese del presente grado del giudizio.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Guida alla lettura
Nella vicenda in commento, la stazione appaltante, a fronte del grave e persistente inadempimento della controparte nell’esecuzione del contratto di appalto, si determina per la risoluzione anticipata dello stesso ai sensi dell’allora vigente art. 163 del d.lgs. 163/2006 ora art. 108 Cod. Contratti Pubblici e procede all’interpello della seconda in graduatoria, alla quale viene consegnato il progetto esecutivo affinchè valuti la possibilità di eseguire, a parità di condizioni, le relative opere.
Tuttavia, nonostante tale seconda impresa manifesti la sua disponibilità alla prosecuzione del contratto di appalto, l’amministrazione, a seguito di un accordo bonario con la precedente impresa, decide di ritornare sui propri passi, revocando l’atto di risoluzione del contratto.
La seconda in graduatoria, a fronte di tanto, impugna l’atto di revoca della risoluzione, lesivo del suo legittimo affidamento all’esecuzione dei lavori ingenerato dall’intrapreso procedimento di interpello.
Su tali profili, il C.d.S. interviene pronunciandosi sulle eccezioni di difetto di giurisdizione sollevate dalle controparti. Tale difetto sussisterebbe infatti posto che la risoluzione in questione come l’atto di revoca di quest’ultima, sono atti che si collocano nella fase privatistica dell’esecuzione del contratto, con conseguente cognizione del g.o., Il C.d.S. sposa tale tesi osservando, in particolare, quanto alla predetta revoca, che essa non si configura come provvedimento di autotutela pubblicistica, ma come contrarius actus della precedente risoluzione, strumento privatistico, come un atto di rinuncia agli effetti della risoluzione.
Ciò posto in via preliminare, la peculiarità dell’odierna vicenda sta nel fatto che il provvedimento adottato dalla P.A. non è atto di sola rinuncia agli effetti di una precedente risoluzione contrattuale, ma è anche atto conclusivo del procedimento avviato con l’interpello ai sensi dell’art. 138 e ss. d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e proseguito con la comunicazione di disponibilità della società interpellata alla stipulazione del contratto di appalto alle medesime condizioni previste per il precedente contraente.
Nell’ambito di detto procedimento, il provvedimento realizza un arresto procedimentale definitivo (cfr. Cons. Stato, IV, 20 aprile 2016, n. 1558; IV, 15 aprile 2013, n. 2043; V 19 giugno 2009, n. 4073; VI, 16 febbraio 2005, n. 480), poiché, per aver deciso di rinunciare agli effetti della precedente risoluzione e, in tal modo, far rivivere il contratto stipulato con l’originario aggiudicatario, l’amministrazione ha implicitamente manifestato la volontà di non volere concludere il procedimento di interpello con la stipulazione di un nuovo contratto di appalto.
Viene in rilievo, in definitiva, un atto amministrativo implicito.
La presenza di un atto implicito può infatti desumersi indirettamente ma univocamente da altro provvedimento o dal comportamento esecutivo dell'amministrazione, di modo che esso se ne possa dire l'antecedente da punto di vista logico - giuridico (cfr. Cons. Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6643; 6 agosto 2018, n. 4818; VI, 27 aprile 2015, n. 2112; 27 novembre 2014, n. 5887; 7 febbraio 2011, n. 813 da cui il provvedimento implicito è configurabile quando l'Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali attraverso un comportamento conseguente ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente).
Ritiene allora il Collegio che la controversia sulla domanda di annullamento della determinazione assunta dalla stazione appaltante quale provvedimento amministrativo implicito di conclusione del procedimento di interpello avviato ai sensi dell’art. 138 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 appartenga alla giurisdizione amministrativa.
La ragione è duplice: in primo luogo, perchè il procedimento di interpello previsto dagli articoli 138 e ss. d.lgs. 163 cit. è una modalità di scelta del contraente propedeutica alla stipulazione di un contratto di appalto, rientrante, per questa ragione, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) Cod. proc. amm. nei termini precedentemente chiariti (cfr. Cons. Stato, V, 10 agosto 2016, n. 3578 citata dall’appellante; nonché, sia pure in obiter dictum, Cass., SS.UU., 10 gennaio 2019, n. 489).
Inoltre, esso contiene l’apprezzamento dell’amministrazione pubblica sulla scelta migliore – tra il ripristino dell’originario contratto di appalto e la stipulazione di un nuovo contratto di appalto con la società seconda graduata – per la realizzazione dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera pubblica.
Tale attività si confronta con una situazione del privato che è di interesse legittimo, inteso come situazione del privato che può conseguire (c.d. interesse legittimo pretensivo) un bene della vita solo attraverso l’attività di intermediazione della pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, V, 11 febbraio 2019, n. 990), poiché l’operatore economico, per via di tale decisione, e nel momento in cui è assunta, non realizza la sua legittima aspirazione a stipulare il contratto d’appalto con l’amministrazione.
Della legittimità del provvedimento deve conoscere il giudice amministrativo quale giudice naturale dell’esercizio della funzione pubblica (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204; cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2014, n. 4460).
Questa ricostruzione trova conferma in Cons. Stato, Ad.. plen., 4 maggio 2018, n. 5 che chiarisce (par. 32) che “…nello svolgimento dell’attività autoritativa l’amministrazione è tenuta a rispettare non solo le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza”.
Entrambi i profili di invalidità dell’attività della amministrazione sono sottoponibili alla cognizione dell’autorità giudiziaria dal privato interessato; se, per il provvedimento impugnato, fosse prevista la sola cognizione del giudice ordinario (come ritenuto in primo grado), sarebbe sottratto al sindacato giurisdizionale il profilo di invalidità del provvedimento che solo il giudice amministrativo può conoscere perché attinente al legittimo apprezzamento dell’interesse pubblico con conseguente compressione delle tutele riconosciute al privato.