Consiglio di Stato, Sez. V, 10 aprile 2019
Nei contratti stretti con la mano pubblica l’attestazione del possesso dei requisiti speciali di partecipazione è anche dimostrato con le referenze bancarie, che costituiscono uno dei mezzi di prova dei requisiti economico - finanziari necessari per l’aggiudicazione.
Al Concorrente è richiesto di indicare la correttezza e puntualità dei propri rapporti con l’istituto bancario, anche senza l’uso di formule sacramentali.
L’incompletezza della documentazione attestante il requisito in parola è sanabile con soccorso istruttorio.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero di registro generale 8148 del 2018, proposto da
Floatel GmbH, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Mauro Vallerga, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Emi Holding s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Tesauro e Giovanna De Santis, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
Agenzia del Demanio, in persona del Direttore dell’Agenzia in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Roma, Sezione II, n. 01908/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Emi Holding s.p.a. e dell’Agenzia del Demanio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti, gli avvocati De Luca in dichiarata delega dell'avvocato Mauro Vallerga, Giovanna De Santis e l’avvocato dello Stato Angelo Venturini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 5 ottobre 2015 l’Agenzia del Demanio avviava una procedura selettiva per l’affidamento della “concessione di valorizzazione – ex art. 3-bis d.l. n. 351/2001 conv. in l. n. 410/2001 – di sette fari di proprietà dello Stato gestiti dall’Agenzia del Demanio”.
1.1. Ai concorrenti era richiesta la presentazione di un progetto tecnico, comprendente soluzioni di recupero e valorizzazione degli immobili oggetto di affidamento, e di un’offerta economica, relativa al canone che l’affidataria avrebbe versato all’amministrazione in caso di aggiudicazione per tutta la durata della concessione.
1.2. Il bando di gara imponeva ai candidati di inserire “nella busta C – offerta economico – temporale”, a pena di esclusione, “…C2. un piano economico – finanziario di copertura degli investimenti previsti che dovrà essere asseverato da parte di un primario istituti di credito”.
Successivamente alla pubblicazione del bando, l’Agenzia del Demanio precisava, nell’ambito delle c.d. F.A.Q., che “L’asseverazione del PEF deve essere rilasciata esclusivamente da un primario istituto di credito come indicato nell’avviso di gara in linea con l’art. 153, comma 9 del d.lgs. 163/2006, può essere rilasciato anche da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell’art. 106 del decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 385 o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966”.
1.3. Presentavano offerte la Floatel GmbH, società di diritto tedesco, con sede in Berlino, specializzata nella conversione e nella gestione di fari ed edifici costieri e portuali in strutture turistico – ricettive, e la Emi Holding s.p.a.; all’esito dello svolgimento della procedura, l’Agenzia del Demanio adottava il provvedimento di aggiudicazione provvisoria del c.d. lotto 7, relativo al faro di San Dominio alle Isole Tremiti, a favore della Floatel GmbH.
2. Emi Holding s.p.a. impugnava l’aggiudicazione provvisoria al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sulla base di sei motivi; si costituiva in giudizio la Floatel GmbH che proponeva ricorso incidentale fondato su di un unico motivo. A seguito dell’aggiudicazione definitiva, la ricorrente proponeva ricorso per motivi aggiunti, cui seguiva un nuovo ricorso incidentale della resistente.
3. Il giudizio di primo grado era concluso dalla sentenza, sez. II-ter, 19 febbraio 2018, n. 1908, di accoglimento del ricorso principale e dei motivi aggiunti, con conseguente annullamento dell’aggiudicazione a favore di Floatel Gmbh; i ricorsi incidentali erano respinti, le spese compensate tra tutte le parti in causa.
4. Propone appello Floatel Gmbh; si sono costituite la Emi Holding s.p.a. e l’Agenzia del Demanio. La Emi Holding s.p.a. ha proposto appello incidentale. Floatel GmbH ha presentato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm. cui è seguita rituale replica da parte della Emi Holding s.p.a. e dall’Agenzia del Demanio che ha concluso per il rigetto dell’appello principale. All’udienza del 24 gennaio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di appello Floatel Gmbh contesta la sentenza di primo grado per aver respinto il ricorso incidentale sull’inammissibilità dell’offerta della Emi Holding s.p.a. per mancata allegazione di P.E.F. – piano economico finanziario asseverato da una società iscritta all’albo delle società di revisione istituto dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966.
1.1. Richiamati i chiarimenti resi dall’Agenzia del Demanio in tema di asseverazione dei P.E.F., così come precedentemente riportati, l’appellante ricorda che il P.E.F. della Emi Holding s.p.a. era stato asseverato dalla Baker Tilly Revisa s.p.a., una società che, come risulta dal sito internet, è iscritta all’Albo speciale delle società di revisione autorizzate dalla Consob alla revisione contabile legale ai sensi dell’art. 161 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ma non all’albo delle società di revisione istituito dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966.
Riferito della sospensione della procedura disposta dall’Agenzia del Demanio proprio al fine di verificare se tale situazione fosse ostativa all’ammissione, e dei pareri richiesti al Ministero dello sviluppo economico, espressosi in senso contrario all’ammissione, e all’A.N.A.C. – Autorità nazionale anticorruzione e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, i quali, seppur in prima battuta dichiaratisi incompetenti, avevano espresso parere positivo, l’appellante contesta la sentenza di primo grado per aver ritenuto corretta la decisione dell’Agenzia del Demanio di considerare le società abilitate ai sensi dell’art. 161 T.U.F. equiparate alle società di revisione istituite dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, nonostante il contrario dato normativo (art. 153 d.lgs. 163/2006 ratione temporis applicabile e l’art. 183 d.lgs. 50/2016 attualmente vigente) e lo studio redatto dalla Assirevi, associazione di società di revisione italiane concluso con la presa di posizione sull’impossibilità per le società abilitate ai sensi dell’art. 161 T.U.F. di svolgere attività di asseverazione nell’ambito della contrattualistica pubblica.
2. Il motivo è infondato.
2.1. E’ posta la questione dell’ammissibilità dell’asseverazione dei P.E.F. – piani economici finanziari ai fini della partecipazione ad una procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico da parte delle società di revisione iscritte nel (l’albo tenuto dalla Consob ai sensi dell’art. 161, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, abrogato e sostituito dal) Registro dei revisori legali e delle società di revisione, tenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’art. 6, d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, a fronte della previsione dell’art. 153 (Finanza di progetto), comma 9, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 per il quale le offerte presentate dai partecipanti alla procedura devono contenere: “…un piano economico – finanziario asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966…” (identica formulazione si rinviene ora nell’art. 183, comma 9, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sempre in relazione alle offerte presentate nell’ambito di una procedura di finanza di progetto).
2.2. Il giudice di primo grado ha riconosciuto il potere di asseverazione dei P.E.F. anche in capo alle società di revisione di cui all’attuale Registro dei revisori legali e delle società di revisione tenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze.
2.2.1. Principiando dall’originaria previsione dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, Disciplina delle società fiduciarie e di revisione – per il quale “Sono società fiduciarie e di revisione e sono soggette alla presente legge quelle che, comunque denominate, si propongono, sotto forma di impresa, di assumere l’amministrazione di beni per conto di terzi, l’organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni” – ha ricostruito l’evoluzione normativa che ha portato a distinguere le attività delle società fiduciarie da quelle delle società di revisione, per cui, attualmente, mentre per le prime – le società fiduciarie (o società “fiduciarie e di revisione”) – è previsto l’inserimento in due elenchi tenuti dal Ministero dello sviluppo economico, per le seconde, a partire dal d.P.R. 31 marzo 1975, n. 136 (le cui previsioni sono state trasfuse nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e, in parte, nel d.lgs. 1992 n. 88 e in seguito nel d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39), è prevista l’iscrizione nell’albo speciale, tenuto prima dalla Consob (e dal Ministero della giustizia per i revisori contabili) ed oggi, come Registro dei revisori legali e delle società di revisione, dal Ministero dell’economia e delle finanze.
In particolare, in tale albo sono iscritte le società di revisione cui è demandata la “revisione legale”, vale a dire, secondo la definizione dell’art. 1, lett. m) d.lgs. n. 39 del 2010, “la revisione dei bilanci di esercizio o dei bilanci consolidati effettuata in conformità alle disposizioni del codice civile e del presente decreto legislativo o, nel caso in cui sia effettuata in un altro Stato membro dell'Unione europea, alle disposizioni di attuazione della direttiva 2006/43/CE, come modificata dalla direttiva 2014/56/UE, vigenti in tale Stato membro”, con la conseguenza che le società autorizzate ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966 possono svolgere solamente l’attività di revisione “non obbligatoria” ossia rivolta a soggetti non obbligati alla revisione legale dei conti, con effetti meramente privatistici.
2.2.2. Alla luce del quadro normativo descritto, il giudice di primo grado ha ritenuto di dover procedere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni rilevanti (l’art. 153, comma 9, d.lgs. n. 163 del 2006 ed ora l’art. 183, comma 9, d.lgs. 50 del 2016) per evitare irragionevoli disparità di trattamento. A tal fine, ha precisato che:
a) le disposizioni contenute nel codice dei contratti pubblici menzionano unicamente la fonte normativa che ha originariamente disciplinato le società di revisione, il più volte menzionato art. 1, legge 23 novembre 1939, n. 1966, che, però, contiene solo la definizione delle società di revisione (e fiduciarie);
b) all’epoca dell’emanazione della legge 1° agosto 2002, n. 166 c.d. legge Merloni (che inseriva all’interno della legge quadro in materia di lavori pubblici l’art. 37-bis e la figura del “Promotore”), la legge 23 novembre 1939, n. 1966 era l’unica fonte normativa che contenesse una definizione di società di revisione;
c) molte società di revisione originariamente autorizzate ai sensi della l. 1966/1939 sono negli anni transitate nell’Albo speciale tenuto dalla Consob o nel Registro dei revisori legali tenuto dal Ministero della giustizia, entrambi confluiti, da ultimo nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione, attualmente tenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze;
d) la disciplina dettata dalla l. n. 1966 del 1939, data l’epoca della sua adozione, risulta meno attenta ad aspetti di indipendenza e professionalità degli operatori, profili valorizzati, invece, dalle normative successive, chiamate ad attuare i principi di diritto comunitario in materia.
2.3. La conclusione cui è pervenuto il giudice di primo grado – le società di revisione iscritte nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione tenuto ora dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 6, d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, possono asseverare i P.E.F. degli operatori partecipanti a procedure per l’affidamento di contratti pubblici – è pienamente condivisibile; né, invero, l’appellante apporta argomenti in grado di far dubitare della ricostruzione offerta dalla sentenza impugnata, limitandosi a richiamare il dato normativo, ritenuto espressivo di una scelta del legislatore consapevole e reiterata in diverse occasioni, e lo studio dell’Assirevi, associazione italiana dei revisori contabili, ove si afferma che l’attività di revisione potrebbe essere svolta dalle sole società istituite in conformità alla legge 1966/1939.
2.4. Ritiene il Collegio, però, che il richiamo, contenuto nell’art. 153, comma 9, d.lgs. n. 163 del 2006 (ed ora l’art. 183, comma 9, d.lgs. 50 del 2016), alle “società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 28 novembre 1939, n. 1966” è sì frutto di una scelta consapevole del legislatore, ma non nel senso ritenuto dall’appellante, di voler conferire il potere di asseveramento alle sole società autorizzate all’esercizio dell’attività fiduciaria e di revisione (e ora inserite nell’elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico), ma nel senso di attribuire detto potere a tutte le società che esercitano l’attività di revisione così come descritta dall’art. 1 della legge n. 1966 del 1939 quale attività di impresa che consiste nell’ “organizzazione e la revisione contabile di aziende”.
In sostanza, il rinvio normativo è all’ “attività di revisione” e solo, indirettamente a chi l’esercita, con la conseguenza che quale che sia il titolo autorizzativo dell’attività (cui consegue l’iscrizione in un registro o l’annotazione in un elenco), se le società svolgono attività di “organizzazione e revisione contabile di aziende” possono asseverare i P.E.F. – piani economici finanziari (per un precedente nel quale si è ritenuto che le società di revisione, in genere, possono svolgere attività di asseverazione, cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 2010, n. 6490).
Tanto più che, come correttamente evidenziato dall’appellante nella memoria depositata in vista dell’udienza, all’entrata in vigore della l. 1° agosto 2002, n. 166, era già previsto l’albo speciale tenuto dalla Consob delle società di revisione.
2.5. A voler seguire la diversa tesi, infatti, si giungerebbe alla conseguenza inaccettabile di precludere l’attività di asseveramento alle società cui è ora affidata dall’art. 6 d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 l’attività di “revisione legale” (art. 1, lett. m) del medesimo decreto legislativo), vale a dire ai soggetti maggiormente accreditati ad accertare lo stato economico – finanziario dell’operatore economico e la sua capacità di far fronte agli investimenti previsti nel piano presentato all’amministrazione pubblica e che, come ricorda la sentenza impugnata, sono assoggettate a prescrizioni più stringenti e a controlli più intensi.
2.6. Quanto, poi, alla dichiarazione dell’Assirevi, associazione italiana revisori contabili, per come riportata dall’appellante, la preclusione all’attività di asseveramento per le società di revisione è esposta in forma dubitativa (“Tale attività di asseverazione non sembrerebbe invece consentita alle società di revisione ad oggi iscritte al Registro ex D.Lgs. 88/1992 o all’Albo Consob ex art. 161 TUIF - … - che non siano anche società fiduciarie ai sensi della legge 1966/1939”) e si ammette, comunque, che le società fiduciarie non possano svolgere attività di revisione legale.
2.7. In conclusione, l’art. 153, comma 9, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ed ora l’art. 183, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2006, n. 50) va inteso nel senso che l’attività di asseverazione dei P.E.F. – piani economici finanziari finalizzata all’affidamento di un contratto pubblico può essere svolta, oltre che dalle società autorizzate ai sensi dell’art. 1 l. 23 novembre 1939, n. 1966, anche dalle società iscritte nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione attualmente tenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e, in precedenza, nell’albo speciale tenuto dalla Consob (ai sensi dell’art. 161 del T.U.F.).
3. Con il secondo motivo di appello Floatel GmbH si duole che il giudice di primo grado abbia accolto il quarto motivo del ricorso principale e, per questo, ritenuto la sua domanda di partecipazione carente di una delle referenze bancarie richieste dall’art. 4, punto A.4 dell’avviso di gara.
3.1. In effetti, il giudice di primo grado, dopo aver ricordato che l’avviso di gara, richiesta la produzione di “idonee referenze bancarie rilasciate da almeno due istituti di credito, attestanti la solidità economica e finanziaria del concorrente”, concedeva al concorrente che, per la costituzione o l’inizio dell’attività da meno di tre anni, non era in grado di produrre le due referenze, di “provare la propria capacità economica e finanziaria mediante altri documenti da rimettere all’esame dell’ente concedente” e che Floatel GmbH, per essere in quest’ultima condizione, aveva prodotto, a seguito di soccorso istruttorio attivato dall’Agenzia del Demanio, una referenza rilasciata dall’istituto di credito con il quale intratteneva rapporti di conto corrente il Sig. Tim Wittembeker, socio di riferimento e legale rappresentante della società, unitamente alla lettera del commercialista della società, riteneva detta documentazione inidonea a provare la capacità economica e finanziaria della società.
3.2. Quanto alla referenza bancaria, per essere la società Floatel GmbH soggetto diverso dal suo legale rappresentante, dotata di piena autonomia patrimoniale, e quanto alla lettera del commercialista, poiché in essa era dichiarata l’avvenuta costituzione nel 2013 e che il bilancio 2014 e la dichiarazione dei redditi del 2014 non erano state ancora presentate alla presentazione dell’offerta. Il giudice ne ha tratto la conclusione che tale documento non desse indicazione positiva sulla capacità economico – finanziaria della società, vieppiù confermata dai documenti sopravvenuti, vale adire i bilanci per gli esercizi 2014 e 2015, che confermavano un disavanzo in quegli anni.
3.3. L’appellante contesta la decisione di primo grado: l’ente concedente ha ritenuto sussistenti i requisiti economico finanziari sulla base dei documenti prodotti e la sua scelta non è affetta da palese irragionevolezza né illogicità in quanto la seconda referenza bancaria rilasciata al Sig. Wittembeker “in qualità di amministratore della Floatel GmbH” conteneva l’espressa manifestazione di volontà della banca “di poter continuare un piacevole rapporto d’affari” e dimostrava il grado di fiducia del sistema bancario negli amministratori della società, e, tramite esse, nella società stessa, tanto più che, a mezzo delle referenze, la banca non assume alcuna obbligazione di garanzia, né alcuna responsabilità, ma esprime solo l’indice di gradimento del sistema bancario.
Aggiunge, inoltre, l’appellante che la Floatel, per quanto società a responsabilità limitata, è una piccola società che si identifica nelle persone che la compongono e l’amministrano e, in particolare, proprio nel Sig. Wittembeker che è socio detentore del 50% delle quote sociali.
4. Il motivo di appello è infondato.
4.1. L’art. 41, comma 1, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 prevedeva che nelle procedure per l’affidamento di appalti di forniture o di servizi, la dimostrazione della capacità economico – finanziaria potesse essere fornita mediante, tra gli altri, “dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 383”, specificando, al comma 3, che “Se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l’inizio dell’attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante”.
L’Agenzia del Demanio, nell’avviso pubblico che ha dato avvio alla procedura in esame, ha inteso far riferimento a tali prescrizioni per la dimostrazione della capacità economico – finanziaria degli offerenti ponendo a carico degli operatori offerenti l’onere documentale in precedenza esposto.
4.2. In materia di referenze bancarie, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che:
- costituiscono uno dei mezzi di prova dei requisiti economico – finanziari necessari per l’aggiudicazione dei contratti pubblici, per il fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tale profilo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5704);
- per quanto siano uno dei mezzi di prova per la qualificazione degli operatori economici sul piano economico – finanziario, possono rivelarsi in concreto inidonee a dimostrare i requisiti minimi di solidità economica e patrimoniale dell’impresa al momento della partecipazione alla gara, dovendo la stazione appaltante aver riguardo al dato sostanziale come emergente da tutti i documenti in suo possesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2018, n. 6292);
- sono suscettibili di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante, che ha anche la possibilità di richiedere la loro integrazione mediante altra documentazione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2018, n. 4810);
- non devono essere consacrate in formule sacramentali, per essere sufficiente, per la loro idoneità, l’indicazione della correttezza e puntualità dei rapporti tra la cliente e l’istituto bancario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 gennaio 2016, n. 108);
- le referenze bancarie vanno considerate “idonee” qualora gli istituti bancari abbiano riferito sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, con particolare riguardo alla correttezza e puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, che siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 giugno 2017, n. 3134; IV, 29 febbraio 2016, n. 854; IV, 22 novembre 2013, n. 5542);
- è rimesso alla stazione appaltante la valutazione dell’idoneità dei documenti presentati dall’operatore economico, impossibilitato alla produzione delle referenze bancarie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2017, n. 3501).
4.3. Dall’esame degli approdi giurisprudenziali riportati emerge con ogni evidenza che le referenze bancarie, come anche ogni altro documento equivalente, devono consentire alla stazione appaltante di aver cognizione del grado di affidabilità economico – finanziario dell’operatore economico che abbia presentato domanda di partecipazione alla procedura di gara anche in relazione all’entità degli investimenti offerti; non può, pertanto, reputarsi idonea a tale scopo una documentazione (referenza bancaria o altre attestazioni) che non abbia riguardo alla situazione finanziaria dell’operatore, ma del suo rappresentante legale, per quanto ne sia il socio di maggioranza.
La stazione appaltante, come l’ente concedente, non ha interesse a conoscere i rapporti con il sistema bancario del rappresentante legale, i cui rapporti di credito/debito sono di regola intrattenuti anche per finalità estranee all’attività di impresa, ma di quale reputazione goda l’impresa offerente nell’ambito del sistema bancario e se essa possa dirsi in condizione di stabilità e solidità economico – finanziaria, tale da reggere gli investimenti economici programmati.
4.4. La decisione dell’Agenzia del Demanio – di ritenere idonea la documentazione attestante i rapporti del legale rappresentante della società con l’istituto bancario presso il quale mantiene il proprio conto corrente – è, come ben ritenuto dal giudice di primo grado, senza che possa dirsi superato il limite posto al sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità dell’amministrazione, manifestamente irragionevole e illogica, proprio in ragione delle finalità probatorie di detta documentazione come in precedenza enunciate.
4.5. Allo stesso modo, non può reputarsi idonea documentazione neanche la lettera di referenze del proprio commercialista in quanto proveniente da un soggetto che non è in condizione di imparzialità e indipendenza rispetto all’operatore economico, e poiché nessun valido elemento di cognizione è fornito circa l’affidabilità economico – finanziaria della società, ma, al più, in relazione all’adempimento degli obblighi fiscali.
5. In conclusione l’appello della Floatel GmbH va respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata; l’appello incidentale della Emi Holding s.p.a., per la sua natura di appello incidentale proprio, l’interesse all’esame del quale deriva dall’accoglimento dell’appello principale, è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Floatel GmbH a pagare le spese del presente grado del giudizio, che liquida in € 5.000,00 oltre accessori e spese come per legge, per ognuna delle parti costituite, Emi holding s.p.a. e Agenzia del Demanio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore
GUIDA ALLA LETTURA
La giurisprudenza amministrativa ha precisato che le referenze bancarie costituiscono uno dei mezzi di prova dei requisiti economico – finanziari necessari per l’aggiudicazione dei contratti pubblici, poiché costituisce fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili (cfr. Cons. Stato, sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5704). Le referenze bancarie, tuttavia, per quanto siano uno dei mezzi di prova per la qualificazione degli operatori economici sul piano economico – finanziario, possono rivelarsi in concreto inidonee a dimostrare i requisiti minimi di solidità economica e patrimoniale dell’impresa al momento della partecipazione alla gara, dovendo la stazione appaltante aver riguardo al dato sostanziale come emergente da tutti i documenti in suo possesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2018, n. 6292)
L’incompletezza della documentazione in parola è suscettibile di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante, che ha anche la possibilità di richiedere la loro integrazione mediante altra documentazione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2018, n. 4810).
E’ richiesto al Concorrente di indicare la correttezza e puntualità dei propri rapporti con l’istituto bancario, senza tuttavia ricorrere formule sacramentali(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 gennaio 2016, n. 108).
Le referenze bancarie vanno considerate “idonee” qualora gli istituti bancari abbiano riferito sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, con particolare riguardo alla correttezza e puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, che siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 giugno 2017, n. 3134; IV, 29 febbraio 2016, n. 854; IV, 22 novembre 2013, n. 5542).
La Stazione appaltante concede al concorrente che, per la costituzione o l’inizio dell’attività da meno di tre anni, non è in grado di produrre le ridette referenze, di “provare la propria capacità economica e finanziaria mediante altri documenti da rimettere all’esame dell’ente concedente” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2017, n. 3501).