il punto sulle più importanti novità introdotte dal Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32

1. Premessa generale. 2. Il ritorno al regolamento unico. 3. La semplificazione degli appalti sotto soglia. 4. La fine del rito “super accelerato”. 5. La nuova disciplina delle offerte anomale. 6. Le modifiche in materia di subappalto.

1. Premessa generale.

Sono passati ormai tre anni da quando il legislatore delegato, con il d.lgs. 50 del 2016, ha dato attuazione alle direttive Ue 2014/23-24-25, in materia di contratti pubblici di appalti e concessioni. Tre anni che hanno visto passare un “correttivo” nel 2017 e un imponente intervento regolatore dell’ANAC con le numerose Linee guida approvate. L’esigenza di “rivedere” l’impianto del Codice dei contratti era stata manifestata da più parti e, il Governo in carica, ha deciso di intervenire con un decreto-legge che introduce non poche modifiche che, da un lato, dovrebbero andare nel senso della semplificazione delle procedure di affidamento e, dall’altro, prevedono qualche “ritorno al passato” auspicato un po’ da tutti gli operatori[1].

In questo lavoro, senza pretesa di completezza, analizzerò le più importanti novità introdotte, alcune di notevole impatto.

Occorre tenere presente che le disposizioni del nuovo decreto legge si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono pubblicati successivamente al 19 aprile 2019 (data di entrata in vigore) nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte.

 

2. Il ritorno al regolamento unico.

La novità più rilevante riguarda senza alcun dubbio il ritorno del regolamento unico in esecuzione e attuazione del codice dei contratti pubblici.

Il decreto “sblocca cantieri” smantella uno dei pilastri su cui era fondato il sistema del Codice dei Contratti e la sua stessa filosofia.

Il sistema delle Linee Guida ANAC, pur senza scomparire del tutto, subisce un deciso ridimensionamento.

L’art. 216, comma 27-octies, del d.lgs. n. 50/2016 (di nuova introduzione), prevede che “Nelle more dell'adozione, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettere a) e b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, di un regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del presente codice, le linee guida e i decreti adottati in attuazione delle previgenti disposizioni di cui agli articoli 24, comma 2, 31, comma 5, 36, comma 7, 89, comma 11, 111, commi 1 e 2, 146, comma 4, 147, commi 1 e 2, e 150, comma 2, rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma”.

Un ritorno al passato, quindi, con la reintroduzione del sistema del Regolamento come accadeva con il previgente Codice che era stato attuato con il d.P.R. n. 207/2010.

Fino a quando il regolamento non entrerà in vigore, le linee guida e i decreti adottati in attuazione degli “articoli 24, comma 2, 31, comma 5, 36, comma 7, 89, comma 11, 111, commi 1 e 2, 146, comma 4, 147, commi 1 e 2, e 150, comma 2” continueranno a trovare applicazione.

Il regolamento dovrà essere emanato entro 180 giorni dall’entrata in vigore del d.l. 18 aprile 2019, n. 32.

E’ lecito dubitare del rispetto del termine di sei mesi se si ricorda che, tra l’entrata in vigore del precedente Codice dei contratti e quella del suo regolamento di esecuzione, passarono ben quattro anni.

Quel che è importante osservare è che il nuovo decreto-legge non va ad abrogare né a modificare l’art. 213, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016.

Il risultato è un ridimensionamento del ruolo dell’ANAC che potrà sempre adottare Linee guida non vincolanti in un quadro, perlomeno per la parte attinente ai poteri di regolazione, che ricorda molto quello che era il ruolo della vecchia Autorità di vigilanza dei contratti pubblici.

Intendiamoci, la centralità del ruolo dell’ANAC resta, ma la sottrazione all’Autorità della parte più importante dei poteri di regolazione non può certo passare inosservata.

La posizione centrale dell’ANAC si manifesta con la conservazione dei suoi rilevanti poteri di vigilanza, di controllo e sanzionatori. Permane il ruolo dell’ANAC come soggetto garante della legalità del sistema nel suo complesso, chiamato a realizzare e coniugare gli opposti interessi al rapido ed efficace svolgimento delle procedure selettive, al fine della massima esplicazione della concorrenza fra gli operatori del mercato, ed alla prevenzione e repressione della corruzione e di tutte le altre forme di illegalità che possono verificarsi durante le dette procedure[2].

Quel che è certo è che una delle scelte del nuovo Codice che aveva maggiormente colpito osservatori e commentatori era proprio quella costituita dalla rinuncia a dotarsi di un regolamento attuativo, con la previsione dell’abrogazione del d.P.R. 5 ottobre 2010, nr. 207, e della sua sostituzione con strumenti di regolazione più leggeri e “flessibili”, nella cui predisposizione un ruolo essenziale era stato attribuito proprio all’ANAC[3].

Sembra di poter dire che i nodi sono venuti al pettine. I gravi problemi interpretativi che l’inedita formula normativa sopra riportata ha suscitato con riguardo all’inquadramento delle “linee-guida” dell’ANAC nel sistema delle fonti, anche in considerazione del loro dichiarato surrogare la tradizionale fonte regolamentare, non è mai stata accettata di buon grado dagli operatori che vi hanno scorto non già una semplificazione ma un motivo di ulteriore incertezza.

Scrivevo, in altra parte del presente lavoro, che negli ultimi anni persino il legislatore pare seguire la vecchia massima di William Makepeace Thackeray: “la novità ha un fascino a cui difficilmente possiamo resistere”.

Passata la passione per la novità, forse ci si è accorti, per citare Alessandro Manzoni, che “non sempre ciò che vien dopo è progresso”.

 

3. La semplificazione degli appalti sotto soglia.

Altro intervento di carattere sostanziale di grande rilevanza è quello della complessiva rimodulazione del sistema degli appalti sotto soglia.

Nessuna modifica (che era auspicabile) è stata apportata all’art. 36 comma 2 lettera a) e neppure all’art. 32 comma 2 del Codice. Quelle che erano le difficoltà per i c.d. “affidamenti diretti” restano intatte.

Le difficoltà si superano, in ogni caso, applicando rigorosamente le Linee guida ANAC n. 4 fintantoché esse resteranno in vigore (sei mesi o forse più).

Il decreto legge, invece, nel modificare la lettera b) e abrogare la lettera c) dell’art. 36 ha semplificato molto gli affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 e inferiore a 200.000 euro per i lavori, o alle soglie di cui all'articolo 35 per servizi e forniture.

I lavori potranno essere affidati mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno tre operatori economici. Per i servizi e le forniture, invece, la procedura negoziata dovrà essere preceduta dalla consultazione di almeno cinque operatori economici. In ogni caso, l’individuazione degli operatori da invitare dovrà essere effettuata sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti.

I lavori potranno essere eseguiti anche in amministrazione diretta, fatto salvo l'acquisto e il noleggio di mezzi, per i quali si applica comunque la procedura negoziata.

Quindi, con la modifica dell’articolo 36, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 50/2016, si è alzata la soglia da 150.000,00 a 200.000,00 euro per le procedure semplificate in materia di lavori, con ricorso alla procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno tre e non più dieci operatori economici.

La lettera c) è stata completamente espunta e la lettera d) interamente sostituita come segue:

d) per i lavori di importo pari o superiore a 200.00 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 mediante ricorso alle procedure di cui all’articolo 60, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 97, comma 8”.

E’ stata quindi eliminata, per i lavori, tutta quella fascia che andava da 150.000 euro a 1.000.000 di euro per cui era prevista la procedura negoziata previa consultazione di almeno quindici operatori.

Il sistema che ne scaturisce è molto più semplice. Si tratta di procedure più snelle fino a 200.000 euro, e obbligo di ricorrere alla procedura aperta per gli importi pari o superiori a 200.000 euro (per i lavori) e fino alle soglie di cui all’art. 35. In quest’ultimo caso è prevista la possibilità di inserire nel bando l'esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi del comma 2 e commi 2-bis e 2-ter dell’art. 97. Comunque, l’esclusione automatica non opera quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci.

L’altra novità molto rilevante è che nella disciplina degli appalti sotto soglia è ora previsto in via principale il criterio di aggiudicazione del “massimo ribasso”.

Il neo introdotto comma 9 bis prevede difatti che Fatto salvo quanto previsto all’articolo 95, comma 3, le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione dei contratti di cui al presente articolo sulla base del criterio del minor prezzo ovvero, previa motivazione, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.

Infine, particolare attenzione merita il nuovo comma 5 che così dispone: “Le stazioni appaltanti possono decidere che le offerte siano esaminate prima della verifica della documentazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell'avviso con cui si indice la procedura. Se si avvalgono di tale facoltà, le stazioni appaltanti verificano in maniera imparziale e trasparente che nei confronti del miglior offerente non ricorrano motivi di esclusione e che sussistano i requisiti e le capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla stazione appaltante; tale controllo è esteso, a campione, anche sugli altri partecipanti, secondo le modalità indicate nei documenti di gara. Sulla base dell’esito di detta verifica, si procede eventualmente a ricalcolare la soglia di anomalia di cui all’articolo 97. Resta salva, dopo l’aggiudicazione, la verifica sul possesso dei requisiti richiesti ai fini della stipula del contratto”.

 

4. La fine del rito “super accelerato”.

Si tratta dell’altra rilevante novità contenuta nel c.d. decreto sblocca cantieri.

Viene eliminato dal Codice del processo amministrativo il rito super speciale su cui si erano sprecati fiumi di inchiostro, organizzati convegni, impegnata la giurisprudenza amministrativa e la stessa Corte di Giustizia UE.

Ad indirizzare il legislatore verso la sua abrogazione non sembra esser stata la paventata illegittimità costituzionale. Vero è che il rito era stato di recente “graziato”, come un autore ha scritto[4], dalla Corte di Giustizia UE ma attendeva il giudizio del Giudice delle Leggi.

Ma sono altre valutazioni quelle che sembrano aver convinto il legislatore.

Con l’introduzione del c.d. rito super-accelerato, l’intento dichiarato era quello di evitare che il contenzioso inerente all’ammissione e all’esclusione di partecipanti alle procedure per la stipula di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture potesse instaurarsi a gara conclusa e contratto oramai stipulato. Insomma, si voleva rendere palese prima possibile, alla stazione appaltante, quale sarebbe stata la platea dei legittimi partecipanti alla gara, in modo da poterle permettere di aggiudicare la commessa a un soggetto che non avrebbe rischiato di vedersi annullata l’aggiudicazione, perché sprovvisto, ad esempio, dei requisiti di partecipazione.

Quel che è accaduto in realtà è un’altra storia.

La moltiplicazione dei ricorsi (uno o più ricorsi incrociati avverso le ammissioni e, poi, quelli in esito al provvedimento di aggiudicazione) da un lato, ha ridotto ulteriormente il sempre più fievole controllo giurisdizionale sulle procedure minori[5], dati i costi, dall’altro, ha ritardato le aggiudicazioni dei maxi appalti, con ricorsi a volte incrociati e complessi, che hanno avuto la conseguenza di portare a proroghe dei contratti in essere con condizioni talvolta meno vantaggiose per la pubblica amministrazione[6] e con grave vulnus della concorrenza.

L’art. 120 co.2 bis resterà ancora in vita per i processi iniziati antecedentemente all’entrata in vigore del decreto visto quando dispone l’art. 1 comma 5: Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto”.

La norma transitoria lega l’abrogazione del rito all’inizio del processo.

Nel processo amministrativo “l’inizio” coincide non con la notifica del ricorso, bensì con il deposito dello stesso presso il T.a.r.[7]. Saranno quindi i giudici a dover dare risposte ad alcune questioni che si porranno.

Mi pare di poterne individuare due sicure:

1) che cosa accadrà nel caso di ricorso notificato prima dell’entrata in vigore del decreto e depositato dopo l’entrata in vigore dello stesso;

2) che cosa accadrà laddove sia decorso il termine di cui all’art. 29 del Codice e nessuno abbia proposto ricorso nel vigore del precedente regime; potrà, poi, proporre l’ordinario ricorso ex art. 120 per richiedere l’esclusione dell’aggiudicatario, per motivi attinenti ai requisiti di moralità e a quelli di capacità tecnica-professionale ed economica-finanziaria? O per le suddette procedure in corso, dovrà ritenersi ormai preclusa ogni possibilità di proporre detti motivi concernenti l’ammissione degli altri concorrenti[8]?

C’è poi da capire il senso del nuovo comma 2 bis dell’art. 76 del Codice dei contratti laddove si legge: “Nei termini stabiliti al comma 5 è dato avviso ai candidati e ai concorrenti, con le modalità di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell'amministrazione digitale o strumento analogo negli altri Stati membri, del provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali, indicando l'ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti”.

Quale sia la ragione del riferimento anche al provvedimento di ammissione, se il rito super speciale viene abrogato è tutto da scoprire.

 

5. La nuova disciplina delle offerte anomale.

Non trova pace la disciplina della verifica dell’anomalia dell’offerta. Sono stati ancora una volta modificati i criteri matematici per il calcolo delle offerte anomale.

Il comma 2 dell’art. 97 è integralmente sostituito e ora così recita:

“2. Quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e il numero delle offerte ammesse è pari o superiore a 15, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata; al fine di non rendere predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il RUP o la commissione giudicatrice procedono come segue:

a) calcolo della somma e della media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e quelle di minor ribasso; le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese in considerazione distintamente nei loro singoli valori; qualora, nell’effettuare il calcolo del dieci per cento, siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare;
b) calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media calcolata ai sensi della lettera a);

c) calcolo della soglia come somma della media aritmetica e dello scarto medio aritmetico dei ribassi di cui alla lettera b);

d) la soglia calcolata al punto c) viene decrementata di un valore percentuale pari al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b).

E’ inserito un comma 2 bis e poi ancora un comma 2 ter:

2-bis. Quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e il numero delle offerte ammesse è inferiore a 15, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata; ai fini della determinazione della congruità delle offerte, al fine di non rendere predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il RUP o la commissione giudicatrice procedono come segue:

a) calcolo della media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e quelle di minor ribasso; le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese in considerazione distintamente nei loro singoli valori; qualora, nell’effettuare il calcolo del dieci per cento, siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare;

b) calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media calcolata ai sensi della lettera a);

c) calcolo del rapporto tra lo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b) e la media aritmetica di cui alla lettera a);

d) se il rapporto di cui alla lettera c) è pari o inferiore a 0,15, la soglia di anomalia è pari al valore della media aritmetica di cui alla lettera a) incrementata del 20 per cento della medesima media aritmetica);

e) se il rapporto di cui alla lettera c) è superiore a 0,15 la soglia di anomalia è calcolata come somma della media aritmetica di cui alla lettera a) e dello scarto medio aritmetico di cui alla lettera b).

2-ter. Al fine di non rendere nel tempo predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può procedere con decreto alla rideterminazione delle modalità di calcolo per l’individuazione della soglia di anomalia.

Al di là delle novità “matematiche” per il giurista poco cambia.

Tale segmento dell’iter procedurale viene espletato una volta completata la valutazione delle offerte e prima di pervenire all’aggiudicazione della gara.

Il codice dei contratti pubblici non reca una definizione di offerta anomala, ma detta unicamente il procedimento e i criteri da utilizzare al fine della sua individuazione e conseguente esclusione. Possiamo definire anomala un’offerta che non fornisce alla stazione appaltante sufficienti garanzie di congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità della stessa. Di qui, l’importanza della procedura per individuare un’offerta anomala e il motivo della sua “tormentata” disciplina. Quel che può accadere, difatti, è che l’aggiudicatario esegua la prestazione con standard qualitativi inferiori a quelli promessi o, addirittura, che non sia in grado di adempiere il contratto.

Il procedimento è quindi di straordinaria importanza nell’ambito dell’affidamento di una commessa pubblica in quanto, l’offerta anomala, da un lato, frustra l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione attraverso la procedura di gara per la scelta del miglior contraente ai fini dell’esecuzione del contratto; dall’altro, la stessa nuoce alla concorrenza fra le imprese in quanto, ponendosi non in linea con il normale andamento del mercato perché inferiore ai prezzi generalmente praticati nel settore, cela l’intento di aggiudicarsi la gara pubblica a tutti i costi, causando l’indebita esclusione di proposte contrattuali in realtà più serie e convenienti per la stazione appaltante[9].

Il perché del ricorso a formule matematiche così complesse è presto detto.

L’intento del Legislatore, già dichiarato nella legge delega era, allora come adesso, quello di impedire che i concorrenti possano prevedere la soglia di anomalia e, quindi, porre in essere accordi elusivi al fine di influire sui risultati della procedura.

Non è questa la sede per una compiuta trattazione di tutte le problematiche inerenti la verifica di anomalia.

E’ sufficiente qui ricordare la cosa più importante e cioè che il procedimento di verifica della anomalia dell’offerta è uno casi paradigmatici di esercizio di discrezionalità tecnica.

E su questo punto vale la pena ancora di rammentare quel che si è già scritto in altra parte di questo lavoro.

In T.a.r. Sardegna, Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 94 si legge:

“4.1. La verifica dell'anomalia dell'offerta è finalizzata alla verifica dell'attendibilità e della serietà della stessa ed all'accertamento dell'effettiva possibilità dell'impresa di eseguire correttamente l'appalto alle condizioni proposte.

La relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla p.a. che, come tale, è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato, renda palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta.

Di norma, infatti, il giudice amministrativo non può procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, che rappresenterebbe un'inammissibile invasione della sfera propria della p.a., ma può solo verificare il giudizio sotto i profili della logicità, della ragionevolezza e dell'adeguatezza (ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444).

4.2. Si tratta di un sindacato sulla discrezionalità tecnica, questione su cui questa Sezione ha una posizione consolidata.

E’ bene richiamare alcuni principi.

Con l’espressione “discrezionalità tecnica” si indica un'area dell'attività dell’amministrazione posta tra le certezze scientifiche e le certezze giuridiche, in altre parole, tra il diritto e la tecnica.

Si concretizza in valutazioni svolte dall'organo amministrativo, fondate su regole e concetti richiamati dalla norma, ma trascendenti il diritto stesso, in quanto propri di scienze non esatte.

Tali valutazioni sono spesso complesse. Per ciò stesso esse sono caratterizzate da un margine di opinabilità. Infatti la scienza fornisce spesso più soluzioni al singolo problema. La determinazione di quale sia la scelta migliore è rimessa alla pubblica amministrazione.

4.3. In tale contesto si è cercato di individuare il ruolo e i limiti dell’attività del Giudice chiamato a pronunciarsi sul corretto uso di tale forma di discrezionalità.

L'area della discrezionalità tecnica, storicamente, era considerata estranea ad ogni possibilità di sindacato giurisdizionale fino al radicale cambiamento della posizione della giurisprudenza espresso con la storica sentenza del Consiglio di Stato 9 aprile 1999, n. 601.

Nella citata sentenza, il Consiglio di Stato descriveva in modo plastico la differenza tra opinabilità e opportunità, precisando che solo quest'ultima, ossia la valutazione dell'interesse pubblico, rientra nel merito dell'atto amministrativo, insindacabile in sede di giudizio di legittimità.

Lo stesso non può dirsi per l'applicazione di una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta, anche qualora ad essere opinabile sia una questione di fatto preliminare a una scelta di merito.

Siccome il giudice amministrativo ha piena conoscenza del fatto non è sufficiente un mero controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'autorità amministrativa, bensì è necessaria una verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo.

In caso di inattendibilità delle valutazioni complesse si integrerebbe un vizio di legittimità del provvedimento.

Il giudice può quindi esprimersi sulla correttezza della regola tecnica adottata, poiché, in sintesi, violare la norma tecnica significa violare la norma giuridica.

Il problema quindi non sta nella sindacabilità delle valutazioni tecniche ma piuttosto nel determinare i confini dell’intervento del giudice.

Ed è su questo punto che la posizione anche di questa Sezione è oramai consolidata.

Il controllo del giudice è chiaramente pieno, ossia tale da garantire piena tutela alle situazioni giuridiche private coinvolte ma il giudice non può agire al posto dell’amministrazione, potendo, invece, sicuramente censurare la scelta inattendibile, frutto di un procedimento di applicazione della norma tecnica viziato, e annullare il provvedimento basato su di essa.

4.4. Lo schema del ragionamento che il giudice deve fare sulle valutazioni tecniche può essere così descritto:

a) il giudice può limitarsi al controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito nell'attività amministrativa se ciò appare sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento impugnato e non emergano spie tali da giustificare una ripetizione, secondo la tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche;

b) il sindacato può anche consistere, ove ciò sia necessario ai fini della verifica della legittimità della statuizione gravata, nella verifica dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto al criterio tecnico e al procedimento applicativo.

c) devono ritenersi superati ostacoli di ordine processuale capaci di limitare in modo significativo, in astratto, la latitudine della verifica giudiziaria sulla correttezza delle operazioni e delle procedure in cui si concreta il giudizio tecnico ma questo non toglie che, anche in relazione ad una non eludibile esigenza di separazione della funzione amministrativa rispetto a quella giurisdizionale, il giudice non possa sovrapporre la sua idea tecnica al giudizio non contaminato da profili di erroneità e di illogicità formulato dall'organo amministrativo al quale la legge attribuisce la penetrazione del sapere specialistico ai fini della tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto.

Paradigmatica dello schema sopra riassunto è la pregevole pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 maggio 2002, n. 2334.

5. Ciò detto, se è assodato che il giudice ha pieno accesso al fatto, occorre aggiungere che l’accesso al fatto non può consentire la sostituzione del giudice alla pubblica amministrazione nelle valutazioni ad essa riservate.

I momenti nel ragionamento del giudice sono due, ben distinti.

Il primo è l'accesso al fatto; è in quest’ambito che il giudice può sostituirsi alla p.a. nella verifica della sua effettiva sussistenza.

Il secondo è la contestualizzazione di concetti giuridici indeterminati che richiede l'applicazione di scienze inesatte.

In questo secondo segmento del processo logico, emergono i limiti al sindacato del giudice (in cui il giudice non può sostituirsi alla p.a.).

5.1. A questo punto è opportuno riprendere la distinzione tra opinabilità e opportunità di una valutazione ben delineata dal Consiglio di Stato nella già citata sentenza 601/1999.

Scontata l'opinabilità della valutazione, il giudice non può sostituirsi all'amministrazione, essendogli consentita la sola verifica di ragionevolezza, coerenza e attendibilità delle scelte compiute dalla stessa.

Se è stata riscontrata una corretta applicazione della regola tecnica al caso di specie, il giudice deve fermarsi, quando il risultato a cui è giunta l'amministrazione è uno di quelli resi possibili dall'opinabilità della scienza, anche se esso non è quello che l'organo giudicante avrebbe privilegiato.

Un conto, quindi, è l'accertamento del fatto storico (che precede tutto) e un conto è la contestualizzazione del concetto giuridico indeterminato richiamato dalla norma.

Quest’ultimo è fuori dall’accertamento del fatto e rientra nel suo apprezzamento, questo sì, sottratto alla completa sostituibilità della valutazione del giudice a quella dell'amministrazione.

6. In conclusione sul punto, il sindacato del giudice nel valutare la legittimità di valutazioni frutto di discrezionalità tecnica, è pieno, penetrante, effettivo, ma non sostitutivo.

Dinanzi a una valutazione tecnica complessa il giudice può pertanto ripercorrere il ragionamento seguito dall'amministrazione al fine di verificare in modo puntuale, anche in riferimento alla regola tecnica adottata, la ragionevolezza, la logicità, la coerenza dell'iter logico seguito dall'autorità, senza però potervi sostituire un sistema valutativo differente da lui stesso individuato”.

Il Consiglio di Stato è rigorosissimo nell’affermare che “nelle gare pubbliche il giudizio di verifica dell'anomalia dell'offerta - finalizzato alla verifica dell'attendibilità e serietà della stessa ovvero dell'accertamento dell'effettiva possibilità dell'impresa di eseguire correttamente l'appalto alle condizioni proposte - ha natura globale e sintetica e deve risultare da un'analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui l'offerta si compone, al fine di valutare se l'anomalia delle diverse componenti si traduca in un'offerta complessivamente inaffidabile; detto giudizio costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pubblica amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell'operato della Commissione di gara; il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della Pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un'inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione; anche l'esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti, a dimostrazione della non anomalia della propria offerta, rientra nella discrezionalità tecnica della Pubblica amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della Pubblica amministrazione” (Consiglio di Stato sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69).

 

6. Le modifiche in materia di subappalto.

Il subappalto disciplinato dall’art. 105 del Codice dei contratti rientra nel più ampio genere dell’omonima figura civilistica, in forza della quale un appaltatore affida a uno o più terzi - i subappaltatori - l’esecuzione parziale o totale di una commessa personalmente assunta, mediante l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio, nei confronti del proprio diretto committente. Pur nel riconoscimento della peculiarità del subappalto nell’ambito dei contratti pubblici, per subappalto non può intendersi ogni esecuzione non in proprio di servizi o opere appaltate, essendo necessario che sia demandata ad un soggetto terzo, economicamente e giuridicamente distinto dall’appaltatore, l’esecuzione totale o parziale dell’opera o del servizio appaltato, con organizzazione di mezzi e rischio a carico del subappaltatore[10].

Si tratta, evidentemente, di un contratto derivato. Da ciò consegue che, pur essendo distinti ed autonomi i due contratti (il contratto tra committente ed appaltatore e quello tra quest’ultimo e il subappaltatore), le vicende dell’appalto principale non possono non ripercuotersi su quelle del subcontratto, sicché l’annullamento o la risoluzione del contratto principale determina di riflesso lo scioglimento anche del contratto di subappalto[11].

Il codice civile non dedica al subappalto particolare spazio. Per il subappalto nell’ambito dei contratti pubblici, invece, la disciplina è sempre stata “tormentata” perché risponde ad esigenze eterogenee che possono essere schematicamente ricondotte alla necessità che venga rispettato il principio dell’esecuzione in proprio di contratti pubblici da parte dei loro aggiudicatari, di evitare che attraverso lo strumento del subappalto venga eluso il principio della necessaria qualificazione degli esecutori di contratti pubblici, di impedire che l’esecuzione, anche parziale, di detti contratti venga assunta da operatori facenti parte di organizzazioni criminali o, infine, che vengano aggirate le normative in materia di tutela del lavoro[12].

Ai limitati fini di questo lavoro dobbiamo evidenziare le modifiche alla disciplina del subappalto introdotte dal decreto “sbocca cantieri”:

Con le modifiche all’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016, il decreto interviene prevedendo che “il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del cinquanta per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture” (art. 105, comma 2).

La soglia per il subappalto è incrementata quindi al 50% (rispetto al precedente 30%) e sarà compito delle stazioni appaltanti stabilirne la quota.

Altre modifiche rilevanti sono:

1) l’eliminazione dell'obbligo di indicare la terna di nominativi di sub-appaltatori nella fase della gara;

2) l’eliminazione dell'obbligo per l'offerente di dimostrare l'assenza, in capo ai subappaltatori, di motivi di esclusione di cui all’art. 80 del Codice.


[1] Mi riferisco, in particolare, al ritorno al regolamento unico e all’abolizione del c.d. “rito super accelerato”.

[2] Greco, Il ruolo dell’Anac nel nuovo sistema degli appalti pubblici, in www.giustizia-amministrativa.it

[3] Greco, op. cit.

[4] Di Pardo, Il decreto sblocca-cantieri intona il de profundis per il rito speciale ex art. 120 co. 2 bis del codice del processo amministrativo, in www. Lexitalia.it.

[5] Controllo talvolta passato dal Giudice amministrativo a quello penale.

[6] Così descrive efficacemente la situazione Di Pardo nel pregevole saggio già citato.

[7] Nel processo amministrativo, l'instaurazione del rapporto processuale si verifica all'atto della costituzione in giudizio del ricorrente, mediante il deposito del ricorso giurisdizionale (con la prova delle avvenute notifiche) presso la segreteria del Tar; l'individuazione della pendenza del rapporto processuale, in altri termini, mentre nei giudizi che iniziano con citazione va fissata nel momento della notificazione di essa ("vocatio in jus"), in quelli, come nel caso in esame, introdotti con ricorso si ha nel momento del relativo deposito (Consiglio di Stato sez. IV, 19 dicembre 2016, n. 5363)

[8] Pone il problema in questi termini, Di Pardo, op. cit.

[9] A cura di, Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, pag. 885.

[10] A cura di, Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato pag. 944

[11] Perfetti, op. cit.

[12] Perfetti, op. cit.