Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2019, n. 1524

1. Il principio di rotazione che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da invitare a presentare le offerte trova fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non invece – come ipotizzato dall’appellante – dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato. Rileva quindi il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo fosse scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura.

2. Neppure può trovare accoglimento l’ulteriore profilo di censura secondo cui, nel caso di specie, il principio di rotazione non avrebbe potuto comunque trovare applicazione in ragione della non perfetta omogeneità tra le prestazioni oggetto dell’affidamento e quelle in precedenza rese da Cosmopol s.p.a. in qualità di affidatario uscente. Ciò che conta è l’identità (e continuità), nel corso del tempo, della prestazione principale o comunque – nel caso in cui non sia possibile individuare una chiara prevalenza delle diverse prestazioni dedotte in rapporto (tanto più se aventi contenuto tra loro non omogeneo) – che i successivi affidamenti abbiano comunque ad oggetto, in tutto o parte, queste ultime.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5867 del 2018, proposto da 
Cosmopol s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Arturo Testa, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Pierluigi Rizzo in Roma, piazza del Popolo, n. 18; 

contro

Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Enrico Soprano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, n. 5; 

nei confronti

Services Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Geremia Biancardi, con domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia;
Benex s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 04541/2018, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Services Group s.r.l. e della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Francesco Mangazzo, in dichiarata delega dell'avvocato Arturo Testa, nonché Enrico Soprano e, in dichiarata delega dell'avvocato Geremia Biancardi, l’avvocato Felice Laudadio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nel corso dell’anno 2017, la Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli aveva indetto una procedura per l’affidamento del servizio di portierato/reception per le sedi di Napoli e di Portici, nonché del servizio di ronda per il laboratorio in via Punta S. Pietro n. 127 ad Ischia, per il periodo 17 luglio 2017 - 28 febbraio 2018, mediante un’unica gara da aggiudicarsi con il criterio del massimo ribasso.

La gara era stata svolta previa pubblicazione di una “manifestazione di interesse” a tutte le imprese iscritte al Mepa, cui faceva seguito l’invito dei cinque concorrenti che avevano chiesto di partecipare (tra cui l’odierna appellante), da svolgersi – in ragione del numero di partecipanti – attraverso procedura negoziata.

Avverso gli atti della procedura Cosmopol s.p.a. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, deducendo la violazione dell’art. 95 comma 3 del d.lgs. n. 50 del 2016, stante l’obbligo, in caso di appalto per l’affidamento di servizi ad “alta densità di manodopera” (quale sarebbe stato quello in questione), di utilizzare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; contestava inoltre la violazione dell’art. 51 del medesimo decreto, tenuto conto che la procedura di gara – sebbene riferita a servizi ontologicamente differenti – non era stata suddivisa in lotti.

A seguito di detta impugnativa la stazione appaltante, con determina del direttore generale n. 143 del 14 giugno 2017, annullava in autotutela il bando di gara, cui faceva seguito, con sentenza n. 3593 del 2017 del Tribunale adito, la dichiarazione di sopravvenuta improcedibilità del ricorso.

Successivamente la medesima stazione appaltante indiceva una nuova gara, con procedura negoziata, individuando sempre come criterio di selezione quello del massimo ribasso, senza però invitare la ricorrente Cosmopol s.p.a.

Quest’ultima proponeva allora un nuovo ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, deducendo in particolare la violazione degli artt. 50 e 95 del Codice dei contratti pubblici, avendo la stazione appaltante reiterato una illegittima determinazione del criterio di aggiudicazione, peraltro contraddittoria ed illogica rispetto alle precedenti determinazioni di far luogo a ritiro in autotutela della precedente gara.

Lamentava inoltre un eccesso di potere per sviamento, non essendosi proceduto alla pubblicazione dell’avviso ed essendosi fatto luogo – mediante inviti – ad una procedura negoziata in luogo di una procedura aperta; contestava quindi la decisione di non invitare la ricorrente (in qualità di attuale gestore dei servizi), non potendo trovare applicazione nel caso di specie il cd. principio di rotazione.

Lamentava poi che fosse stato reiterato, rispetto alla procedura poi annullata, un criterio illegittimo di aggiudicazione.

L’avviso di gara, inoltre, non sarebbe stato pubblicato sul sito web della stazione appaltante, né reso altrimenti visibile.

Si costituiva in giudizio la stazione appaltante, eccependo in primo luogo la tardività del gravame, in considerazione dell’avvenuta pubblicazione sul proprio sito Internet istituzionale, in data certa, sia della determina di bandire la gara, sia del provvedimento di aggiudicazione. Contestava quindi nel merito la fondatezza della domanda di annullamento, chiedendone la reiezione.

Anche Services Group s.r.l. si costituiva in giudizio, aderendo alle difese dell’amministrazione.

Successivamente Cosmopol s.p.a. proponeva motivi aggiunti avverso elementi di cui sosteneva essere venuta conoscenza solo successivamente alla notifica del ricorso: in particolare, contestava il fatto che alla procedura negoziata non fossero state invitate almeno cinque ditte del settore, in quanto due degli operatori sarebbero stati solamente degli organismi di formazione professionale, che neppure avrebbero poi partecipato alla gara.

Con sentenza 9 luglio 2018, n. 4541, il giudice adito dichiarava irricevibile il ricorso per tardività, ritenendo dimostrata l’avvenuta pubblicazione, in data certa sul profilo della stazione appaltante, della determina a contrarre, della lettera di invito e del capitolato d’appalto.

Avverso tale decisione Cosmopol s.p.a. interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

1) erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso;

2) erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimo il mancato invito alla ricorrente;

3) erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato il difetto di interesse e l’infondatezza delle censure tese a contestare il criterio di aggiudicazione. Violazione degli artt. 50 e 95 d.lgs. n. 50/2016; eccesso di potere per sviamento, difetto dei presupposti, erroneità e ingiustizia manifesta. Illogicità. Contraddittorietà;

4) erroneità della sentenza laddove ha dichiarato inammissibili e irricevibili i motivi aggiunti. Violazione dell’art. 36 co. 2 D.Lgs. n. 50/2016.

Si costituivano in giudizio sia la stazione appaltante che la controinteressata Services Group s.r.l., eccependo l’infondatezza del gravame e chiedendo che fosse respinto.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 14 febbraio 2019, dopo la rituale discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ad un complessivo esame delle risultanze di causa, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle preliminari questioni di carattere processuale dedotte nel primo motivo di appello – relative alla tempestività del ricorso introduttivo – stante l’infondatezza, nel merito, del gravame.

Con il secondo motivo di appello viene contestata, in particolare, la scelta dell’amministrazione di indire una procedura negoziata in luogo di una aperta e di non aver invitato Cosmopol s.p.a. alla gara, sebbene quest’ultima fosse la precedente aggiudicataria del servizio, in virtù di una procedura aperta.

A tal riguardo, erroneo sarebbe il presupposto della sentenza di primo grado, secondo cui il precedente affidamento in favore di Cosmopol sarebbe avvenuto sulla base di una procedura negoziata, non potendosi in alcun modo tener conto della determinazione n. 112 del 15 maggio 2017, poiché riferita ad una procedura di gara annullata in itinere dalla stessa amministrazione.

Sarebbero dunque inconferenti, per difetto di presupposti, i richiami contenuti in sentenza ai principi in tema di rotazione e di mancato invito del precedente gestore, atteso che detto principio non potrebbe trovare applicazione laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa amministrazione in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione.

Più nello specifico, l’appellante sostiene che il principio di rotazione potrebbe trovare applicazione solo nel caso di invito del gestore uscente del servizio – aggiudicatario a mezzo affidamento diretto o procedura negoziata – ad una successiva procedura negoziata ex art. 36 comma 2 d.lgs. n. 50 del 2016.

In ogni caso, la scelta dell’amministrazione di optare per una procedura negoziata sarebbe in controtendenza rispetto al suo precedente intendimento di garantire un confronto concorrenziale aperto, avendo nel 2016 indetto una procedura aperta (aggiudicata a Cosmopol) e, nel 2017, una manifestazione di interesse a partecipare alla gara destinato a tutti gli operatori della vigilanza iscritti al Mepa.

Sotto un ulteriore profilo, l’appellante deduce che la decisione di escludere il precedente gestore invocando il principio di rotazione potrebbe essere ipotizzata solamente quando i servizi da appaltare siano esattamente gli stessi rispetto a quelli oggetto della precedente gara, laddove nel caso di specie tra la prima (poi annullata in autotutela) e la seconda gara sarebbe stato modificato (come confermato in giudizio dalla stessa stazione appaltante) l’oggetto della procedura.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Premesso infatti che quello in esame è un appalto sotto soglia e che la procedura su cui nello specifico si controverte non è aperta, bensì negoziata, va confermato il principio di carattere generale – su cui, da ultimi, Cons. Stato, V, 13 dicembre 2017, n. 5854 e VI, 31 agosto 2017, n. 4125 – in virtù del quale va riconosciuta l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”.

In particolare, il principio di rotazione che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da invitare a presentare le offerte trova fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non invece – come ipotizzato dall’appellante – dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato.

Pertanto, anche al fine di dissuadere le pratiche di affidamenti senza gara – tanto più ove ripetuti nel tempo – che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che ove la procedura prescelta per il nuovo affidamento sia di tipo ristretto o “chiuso” (recte, negoziato), l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale.

Rileva quindi il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo fosse scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura.

Per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, si veda anche la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee-guida n. 4).

Nel caso su cui si verte, dunque, la stazione appaltante aveva solo due possibilità: non invitare il gestore uscente o, in caso contrario, motivare attentamente le ragioni per le quali riteneva di non poter invece prescindere dall’invito.

La scelta di optare per la prima soluzione è dunque legittima, né in favore della soluzione contraria valgono considerazioni di tutela della concorrenza: invero, l’obbligo di applicazione del principio di rotazione negli affidamenti sotto-soglia è volto proprio a tutelare le esigenze della concorrenza in un settore nel quale è maggiore il rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio.

In particolare, per effetto del principio di rotazione l’impresa che in precedenza ha svolto un determinato servizio non ha più alcuna possibilità di vantare una legittima pretesa ad essere invitata ad una nuova procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, né di risultare aggiudicataria del relativo affidamento (ex multis, Cons. Stato, V, 13 dicembre 20017, n. 5854; V, 31 agosto 2017, n. 4142).

Neppure può trovare accoglimento l’ulteriore profilo di censura secondo cui, nel caso di specie, il principio di rotazione non avrebbe potuto comunque trovare applicazione in ragione della non perfetta omogeneità tra le prestazioni oggetto dell’affidamento e quelle in precedenza rese da Cosmopol s.p.a. in qualità di affidatario uscente.

Invero, la stessa circostanza che l’odierna appellante rivendichi la propria qualità di “gestore uscente” dà la misura dei limiti oggettivi di tale argomento, dal momento che in tanto può avere un senso spendere nel processo una tale circostanza, in quanto il nuovo affidamento nel quale si intende subentrare sia consustanziale al precedente.

In ogni caso, l’eccezione non è fondata. Non è infatti sostenibile, alla luce delle risultanze di causa, che l’affidamento su cui attualmente si controverte presenti una sostanziale alterità qualitativa (ossia afferente la natura delle prestazioni richieste) rispetto al precedente affidamento assegnato a Cosmopol s.p.a. nel 2016, alterità che del resto neppure viene individuata, almeno nei suoi contenuti essenziali, dall’appellante.

Al riguardo, non è pertinente il richiamo (a pag. 18 dell’atto di appello) fatto da Cosmopol a quanto riportato nelle difese della stazione appaltante, per cui “tra la prima e la seconda gara è stato modificato, cosa di non poco conto, l’oggetto della gara”, dal momento che le stesse non fanno riferimento ad un’eventuale differenza tra la gara del 2016 assegnata a Cosmopol ed a quella su cui attualmente si verte – differenza che si sarebbe dovuto riscontrare, nell’ottica argomentativa dell’appellante – bensì attengono, quanto alla prima, alla procedura negoziata di cui alla determinazione n. 112 del 15 maggio 2017, del tutto irrilevante in quanto di lì a poco annullata in autotutela.

Sul punto, già nel corso del precedente grado di giudizio la Stazione Zoologica di Napoli aveva chiarito che con la determinazione n. 112 del 2017 era stata bandita una “procedura negoziata per l’affidamento del servizio di portierato/reception per la sede di Napoli, la sede di Portici ed il servizio di ronda per il laboratorio in via Punta S. Pietro n. 127 – Ischia”, poi annullata d’ufficio con determina n. 143 del 14 giugno 2017 in ragione, tra l’altro, della ritenuta contrarietà del bando con l’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui la lettera di invito aveva inteso affidare, mediante lotto unico, sia i servizi di vigilanza che i servizi di portierato e reception, così precludendo l’accesso ai soggetti privi di licenza ex art. 134 Tulps.

In ragione di ciò, con successiva determina n. 327 del 29 novembre 2017, la stazione appaltante bandiva una nuova gara con oggetto quantitativamente ridotto rispetto alla precedente – in ciò stava la differenza denunciata dall’appellante – in quanto limitata al servizio di portierato/reception per la sede di Napoli e Portici (con “stralcio”, dunque, del servizio di ronda per il laboratorio di Ischia).

La specifica contestazione non è pertanto conferente con l’oggetto della controversia.

Sulla questione deve comunque concludersi, in termini generali, che – se è corretto affermare che l’applicazione del disposto di cui all’art. 36, comma primo del d.lgs. n. 50 del 2016, proprio perché volta a tutelare la dimensione temporale della concorrenza, logicamente presuppone una specifica situazione di continuità degli affidamenti, tale per cui un determinato servizio, una volta raggiunta la scadenza contrattuale, potrebbe essere ciclicamente affidato mediante un nuova gara allo stesso operatore – ciò non implica però che i diversi affidamenti debbano essere ognuno l’esatta “fotocopia” degli altri.

In breve, ciò che conta è l’identità (e continuità), nel corso del tempo, della prestazione principale o comunque – nel caso in cui non sia possibile individuare una chiara prevalenza delle diverse prestazioni dedotte in rapporto (tanto più se aventi contenuto tra loro non omogeneo) – che i successivi affidamenti abbiano comunque ad oggetto, in tutto o parte, queste ultime.

In questi termini di grandezza va dunque letta la norma di legge in precedenza richiamata, ad escludere cioè che la procedura di selezione del contraente si risolva in una mera rinnovazione – in tutto o in parte, e comunque nei suoi contenuti qualificanti ed essenziali – del rapporto contrattuale scaduto, dando così luogo ad una sostanziale elusione delle regole della concorrenza a discapito degli operatori più deboli del mercato cui, nel tempo, sarebbe sottratta la possibilità di accedere ad ogni prospettiva di aggiudicazione.

Con il terzo motivo di appello la sentenza di primo grado viene censurata nella parte in cui ha ritenuto Cosmopol carente di interesse a denunciare il criterio di aggiudicazione adottato dall’amministrazione (ossia il massimo ribasso in luogo dell’offerta economicamente più vantaggiosa), in quanto (legittimamente) non invitata alla gara.

La società appellante, sul presupposto invece dell’illegittimità della propria esclusione, deduce che il criterio prescelto contrasterebbe con l’obbligo, sancito dall’art. 95, comma 3 del d.lgs. n. 50 del 2016, di affidare i servizi “ad alta intensità di manodopera” ex art. 50 del medesimo decreto mediante il diverso criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (obbligo che, del resto, sarebbe stato assunto in precedenza a fondamento dell’esercizio dell’autotutela da parte della stessa stazione appaltante).

Il motivo è in primo luogo inammissibile, non sussistendo un interesse obiettivo ed attuale in capo all’appellante a proporre tale doglianza, una volta accertata la legittimità del suo mancato invito alla gara (e, dunque, della conseguente mancata partecipazione alla stessa).

Solo per completezza, va comunque detto che la censura non risulta neppure fondata nel merito, ove si ricordi che l’appalto aveva ad oggetto esclusivamente l’affidamento del servizio di portierato / reception per le sedi di Napoli e Portici, ossia – come già accertato dal primo giudice – servizi per loro natura strettamente vincolati a precisi ed inderogabili standard tecnici o contrattuali, per i quali dunque non sorge un reale necessità di far luogo all’acquisizione di offerte differenziate.

Sul punto occorre rilevare che l’appellante non si sofferma a confutare, in modo oggettivo, quanto motivato nella sentenza di primo grado sulle caratteristiche concrete della prestazione oggetto di appalto. Per contro, la determina n. 327 del 29 novembre 2017 appariva chiara nel motivare la scelta di “aggiudicare la gara in oggetto secondo il criterio dell’offerta del prezzo più basso, di cui all’art. 95 del D.Lgs. 50/2016, in quanto le caratteristiche della prestazione da eseguire sono già ben definite nel capitolato d’oneri, in cui sono previste tutte le caratteristiche e condizioni della prestazione e, pertanto, il concorrente deve solo offrire il prezzo”.

Sulla base di tale premessa va dunque fatta applicazione del principio (da ultimo, Cons. Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1609, che supera il precedente di Cons. Stato, III, 2 maggio 2017, n. 2014) secondo cui per i contratti con caratteristiche standardizzate non vi è alcuna ragione né utilità di far luogo ad un’autonoma valutazione e valorizzazione degli elementi non meramente economici delle offerte, poiché queste, proprio perché strettamente assoggettati allo standard, devono assolutamente coincidere tra le varie imprese.

In tale ottica la tipologia di cui alla lett. b) del comma 4 dell’art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016 attiene ad un’ipotesi ontologicamente del tutto differente sia dall’appalto “ad alta intensità di manodopera” di cui all’art. 95 comma 3 lett. a), che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili; e sia da quelli caratterizzati da “notevole contenuto tecnologico” o di “carattere innovativo” di cui all’art 95 comma n. 4 lett. c) del Codice dei contratti, attinenti tipicamente a prestazioni di contenuto evolutivo.

Con il quarto motivo di appello la sentenza di primo grado viene infine impugnata nella parte in cui ha dichiarato irricevibili per tardività i motivi aggiunti – sul presupposto della tardività del ricorso introduttivo – sia la loro inammissibilità, in quanto proposti da un concorrente legittimamente non invitato.

Nel merito della censura, l’appellante contesta la violazione dell’art. 36, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 50 del 2016, che impone di consultare, per affidamenti di servizi di importo pari alle soglie, almeno cinque operatori economici, laddove due delle imprese invitate – come risulterebbe dalle visure camerali – non avrebbero svolto servizi di portierato e reception e non potevano quindi essere qualificati come operatori del settore.

Neppure questo motivo è fondato, essendo stati smentiti in precedenza i relativi presupposti di ammissibilità (ossia, come già detto, l’illegittimità del mancato invito alla gara e la sussistenza di un interesse a tale specifica doglianza in capo ad un operatore economico che non abbia preso parte alla procedura).

Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque respinto. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore delle appellate Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli e Services Group s.r.l., delle spese di lite dell’attuale grado di giudizio, che liquida complessivamente in euro 3.000,00 (tremila/00) ciascuna, oltre Iva e Cpa se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Le problematiche poste dalla sentenza in commento sono le seguenti:

• la stazione appaltante – a seguito del ricorso con cui la Società (qui appellante), che non era stata invitata a partecipare, lamentava la mancata suddivisione dell’appalto in lotti, deducendo quindi la violazione dell’art. 51 del D.lgs. 50/2016 (d’ora in poi “Codice”) – aveva annullato in autotutela il bando di gara, determinando quindi la dichiarazione di sopravvenuta improcedibilità del ricorso stesso (per cessazione della materia del contendere).

Tale bando era stato indetto mediante una manifestazione di interesse e successiva procedura negoziata tra le n. 5 (cinque) Società che avevano chiesto di partecipare.

Successivamente a tale annullamento, però, la stessa stazione aveva indetto una nuova procedura negoziata, senza invitare la ricorrente.

La prima considerazione da fare è questa: se l’Ente annulla il bando a seguito di un ricorso proposto dall’impresa esclusa, evidentemente lo fa perché riconosce che tale esclusione è stata illegittima, e quindi, onde evitare l’annullamento in via giurisdizionale (con annessa condanna alle spese), provvede a ciò esso direttamente, ossia in via di autotutela.

Ci si aspetta poi che l’Ente, in coerenza con tale annullamento, attivi una nuova procedura coinvolgendo l’Impresa che era stata esclusa (altrimenti a cosa è servito l’annullamento?): ebbene, nel caso di specie ciò non è successo in quanto tale Impresa ha continuato a non essere invitata.

La domanda che ci si deve porre è: in base ai principi generali, l’annullamento in autotutela è idoneo a far sorgere, nel soggetto a cui favore il medesimo è stato disposto (in tal caso, l’Impresa in precedenza esclusa dalla gara), un “diritto” – o comunque un legittimo affidamento – in merito al fatto che la successiva procedura che verrà attivata gli riconosca una posizione prima negata (appunto l’invito a partecipare, cioè la possibilità di fare un’offerta)?

Da un punto di vista prettamente sostanziale, viene da dire che quando la PA, dopo aver annullato in autotutela un provvedimento ritenuto lesivo della sfera giuridica di un soggetto, ne emana un altro che però non conferisce, al soggetto stesso, quella utilità pratica che sarebbe dovuta derivare dall’atto di autotutela, l’atto successivamente adottato equivale essenzialmente ad una “revoca” del provvedimento di autotutela. 

L’art. 21 quinquies comma 1 della Legge 241/90 prevede che la revoca di un precedente atto possa essere determinata da una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, e tale norma non prevede espressamente che la revoca non possa avere ad oggetto un provvedimento di annullamento in autotutela, ossia essa non prevede che tale provvedimento non possa essere oggetto di revoca. L’unica limitazione in tal caso prevista riguarda “i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici”: ebbene, il provvedimento di annullamento (in autotutela) di un bando di gara non costituisce né un provvedimento autorizzatorio né un atto attributivo di vantaggi economici, in quanto esso si limita a ripristinare, in favore di un soggetto che era stato illegittimamente escluso, la possibilità di partecipare alla nuova procedura che sarà attivata, ma non conferisce al medesimo la certezza dell’aggiudicazione (vedi “attribuzione di vantaggi economici”).

Di conseguenza, in base alla norma sopra citata, la stazione appaltante ben può, dopo aver adottato un provvedimento di annullamento in autotutela, indirizzare il successivo procedimento in una direzione contraria a quella dell’annullamento, e lo può fare appunto sostanzialmente “revocando” gli effetti di tale annullamento, in quanto ritiene che, tutto sommato, essa aveva fatto bene ad adottare l’atto originario (che poi era stato annullato): ciò a seguito di una “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario” (ovvero una nuova valutazione dell’interesse pubblico che era stato posto a base del provvedimento di annullamento).

Nel caso di specie, quindi, il comportamento della stazione appaltante, la quale, dapprima annulla il bando in quanto ritenuto lesivo del principio della concorrenza e della massima partecipazione, e poi però attiva una nuova procedura di gara continuando ad escludere la Società che era già stata esclusa dal bando (poi annullato), risulterebbe essere pienamente legittimo. E qual è stata, nel caso di specie,  la“nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”? E’ stata che la stazione appaltante ha ritenuto opportuno limitare la nuova procedura di appalto al servizio di portierato, stralciando pertanto l’altro servizio che era stato oggetto della procedura originaria, ossia il servizio di ronda.

• La Società appellante ritiene che, nel caso in cui il gestore uscente abbia conseguito l’aggiudicazione a seguito di un confronto concorrenziale a tutti gli effetti (ossia una “procedura aperta”), sia illegittimo escludere il medesimo dalla nuova procedura sulla base della necessità di rispettare il principio di rotazione, in quanto quest’ultimo ha ragione di essere applicato solo quando lo stesso gestore uscente sia divenuto affidatario senza alcun confronto competitivo con altre Imprese, ossia “sfruttando una corsia preferenziale”: in tale ipotesi, infatti, egli ha goduto di una posizione di privilegio, e quindi è corretto dare ad altre Imprese la possibilità di partecipare alla nuova procedura.

Il CDS ritiene, al contrario, che le limitazioni alla possibilità di coinvolgere nella nuova procedura l’attuale appaltatore, a salvaguardia del principio di rotazione, si debbano applicare anche quando l’aggiudicazione in favore di quest’ultimo sia stata disposta in esito ad una procedura aperta.

In effetti, nella Linea Guida ANAC n. 4 le limitazioni ad un reiterato coinvolgimento, nella procedura di aggiudicazione del nuovo appalto, dell’attuale appaltatore, vengono previste in relazione non solo ad un eventuale riaffidamento a quest’ultimo ma anche al semplice “reinvito” del medesimo.

Da ciò si evince che il principio di rotazione deve essere applicato non solo quando l’attuale appaltatore sia divenuto affidatario in via diretta (art. 36 comma 2 lett. A) ma anche nel caso in cui il suddetto affidamento sia stato formalizzato a conclusione di una procedura concorrenziale (“reinvito”).

Tuttavia, potrebbe darsi il caso in cui la stazione appaltante intenda fissare, come prezzo a base di gara della nuova procedura, lo stesso prezzo offerto dall’attuale appaltatore riguardo al contratto in essere, e che il medesimo appaltatore, interpellato dalla stazione appaltante in via informale, abbia già comunicato a quest’ultima di essere disposto a confermare tale prezzo nel caso in cui egli dovesse essere nuovamente designato quale affidatario.

Che succederebbe se la stazione appaltante invitasse 5 Società e nessuna di queste fosse disposta ad accettare il suddetto prezzo base, ritenendo che un’offerta al ribasso rispetto a (o pari a) tale prezzo non garantirebbe un utile contrattuale soddisfacente? Succederebbe che la stazione appaltante si troverebbe costretta a dichiarare deserta la procedura ed a predisporre una nuova determina di affidamento in favore dell’attuale appaltatore, il quale aveva in precedenza comunicato la disponibilità a confermare il prezzo anche per il futuro contratto.

Cosa accadrebbe, invece, se alla nuova procedura fosse reinvitato, insieme alle n. 5 Società sopra citate, l’attuale appaltatore? Accadrebbe che, se fosse lui l’unico a fare l’offerta (che corrisponderebbe al prezzo del precedente contratto), si farebbe una unica determina con la quale si prenderebbe atto che nessuna delle  n. 5 Società invitate ha formulato un’ offerta pari al prezzo posto a base di gara e con cui, contestualmente, si aggiudicherebbe al precedente appaltatore anche il nuovo contratto.

In sostanza, si eliminerebbe un passaggio della procedura, ovvero quello della determina di presa d’atto della gara andata deserta.

Questo “risparmio” di procedura potrà anche sembrare di importanza secondaria rispetto alla necessità di rispettare, per quanto riguarda il “reinvito”, il principio di rotazione, ma è innegabile che una procedura come quella sopra descritta – la quale apre sì al mercato (vedi l’invito alle 5 Società) ma al tempo stesso si cautela, mediante il reinvito fatto al precedente affidatario,  dal rischio di concludersi con zero offerte – rispetterebbe in pieno il principio di economicità del procedimento, il quale – è il caso di evidenziarlo – viene previsto dall’art. 30 comma 1 in posizione di parità – e non di subordinazione – rispetto al principio della concorrenza.

A parte il caso sopra evidenziato, si tratta di verificare, in linea generale, se nell’ambito del Codice siano rinvenibili norme dalle quali si evinca che, sotto il profilo del principio di concorrenza, le limitazioni alla possibilità del reinvito del precedente affidatario operino solo quando, ai fini del nuovo contratto da affidare, venga utilizzato il criterio dell’affidamento diretto anziché quello di una procedura concorrenziale.

P. es. l’art. 157 comma 1 prevede che “l'affidamento diretto della direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione al progettista è consentito soltanto per particolari e motivate ragioni e ove espressamente previsto dal bando di gara della progettazione”: la norma prevede limiti alla possibilità di affidare, ad uno stesso soggetto già affidatario dell’incarico di progettazione, anche gli incarichi di direttore dei lavori e di coordinatore della sicurezza, solo se la PA intenda affidare questi ultimi in modo diretto (ex art. 36 comma 2 lett. A del D.lgs. 50/2016), e non anche nel caso voglia aggiudicare i medesimi mediante una procedura concorrenziale.

La norma non dice: “chi sia stato designato quale progettista non può essere successivamente invitato a partecipare ad una procedura concorrenziale per l’affidamento della direzione lavori”.

La norma dice soltanto: “l’affidamento diretto, allo stesso progettista, della direzione lavori, è subordinato a particolari limitazioni”.

Cosa di ricava da ciò? Che la possibilità di coinvolgere, nella nuova procedura per l’affidamento di un determinato servizio, chi è già stato designato quale affidatario di un altro appalto, incontra dei limiti solo quando l’affidamento del servizio stesso venga fatto in via diretta, ossia senza confronto competitivo, e non anche quando la stazione appaltante intenda aprire al mercato.

Nel caso di specie, una interpretazione sistematica delle norme dettate in materia dal Codice avrebbe dovuto indurre a ritenere legittima la pretesa della Società appellante di partecipare alla successiva procedura concorrenziale per l’affidamento del nuovo appalto.

Inoltre, il CDS afferma che il principio di rotazione è funzionale ad evitare “il consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio”.

Ora, se si guarda al significato delle parole, una “posizione di rendita” è concretamente configurabile solo quando vi è l’assoluta certezza che l’appaltatore uscente si aggiudicherà anche il nuovo appalto: e questa “certezza” può essere data solo mediante reiterati affidamenti diretti, ossia aggiudicazioni disposte senza il minimo confronto concorrenziale. Di “rendita” si può parlare solo con riferimento a guadagni certi.

Ora, il reinvitare alla nuova procedura (concorrenziale) il gestore uscente non conferisce a quest’ultimo la certezza di cui sopra: gli attribuirà, al massimo, un’astratta possibilità di rendita. Inoltre, non solo non si può parlare di “rendita” ma non si potrà neanche adoperare il termine “anticoncorrenziale”, proprio perché la nuova procedura è di carattere concorrenziale.

Né appare fondato l’argomento basato sul fatto che il gestore uscente, venendo invitato a partecipare anche alla nuova procedura, sfrutterebbe inevitabilmente le conoscenze acquisite per effetto dell’esecuzione dell’appalto precedente. Si prenda, ad esempio, il caso di un appalto per la manutenzione dell’impianto elettrico: le caratteristiche di tale impianto saranno sicuramente note al gestore uscente, ma di certo tale conoscenza non sarà preclusa alle imprese che verranno invitate a partecipare alla nuova procedura in quanto sarà nell’interesse di queste ultime, prima di formulare l’offerta, recarsi a fare un sopralluogo per verificare le condizioni dell’impianto, visionare il registro delle manutenzioni fatte fino a quel momento ed accertare in tal modo l’eventuale necessità di implementare l’impianto stesso, il tutto con la garanzia della massima trasparenza per tutti.

Con ciò non si vuole affermare che il gestore uscente debba essere reinvitato all’infinito: si vuole però mettere in evidenza che l’espressione adoperata dal CDS (ossia “posizione di rendita anticoncorrenziale”) mal si adatta, anche letteralmente, al caso in cui il gestore uscente venga coinvolto in una successiva procedura aperta.

• La terza questione è quella relativa all’applicabilità o meno del principio di rotazione nel caso in cui la prestazione oggetto dell’appalto affidato al gestore uscente e la prestazione oggetto dell’appalto nuovo da affidare, siano differenti.

Il CDS afferma: “Neppure può trovare accoglimento l’ulteriore profilo di censura secondo cui, nel caso di specie, il principio di rotazione non avrebbe potuto comunque trovare applicazione in ragione della non perfetta omogeneità tra le prestazioni oggetto dell’affidamento e quelle in precedenza rese da Cosmopol s.p.a. in qualità di affidatario uscente”.

L’affermazione fatta dal CDS appare eccessivamente rigida, e ciò per le seguenti ragioni.

Qual è la finalità essenziale del principio della rotazione?

Quella di assicurare l’apertura al mercato e di consentire quindi anche ad altre imprese di poter divenire affidatarie dell’appalto.

Tuttavia, è possibile rinvenire nel Codice alcune norme dalle quali si evince che la stazione appaltante ha la semplice facoltà – e non l’obbligo – di garantire l’apertura al mercato.

Ad esempio, l’art. 28 comma 1 stabilisce che “L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto”.

Il successivo comma 5 prevede che “le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono scegliere di aggiudicare appalti distinti per le parti distinte o di aggiudicare un appalto unico”.

Cosa si ricava dal combinato disposto di queste due norme?

Che la stazione appaltante, la quale debba aggiudicare un appalto avente ad oggetto sia un servizio sia una fornitura (contratto misto), non è obbligata ad attivare una procedura per il primo ed un’altra procedura per la seconda: essa può benissimo decidere di fare una procedura unica, con questa conseguenza: che mentre l’impresa “A” possiede i requisiti di capacità per svolgere sia il servizio sia la fornitura, l’impresa “B” potrebbe possedere solo i requisiti per svolgere il servizio ma non anche quelli per poter eseguire la fornitura.

Pertanto, la decisione della PA di aggiudicare un appalto unico (servizio + fornitura) impedisce di fatto all’impresa “B” di partecipare all’appalto: una eventuale partecipazione sarebbe inutile in quanto la medesima impresa, anche se per il servizio dovesse formulare un’offerta migliore di quella dell’impresa “A”, non potrebbe comunque mai essere aggiudicataria: cosa che non accadrebbe nel caso in cui venissero fatte due distinte procedure, ovvero una per il servizio ed una per la fornitura.

Qual è allora la conclusione?

Che, in base all’art. 28 del Codice, si consente alla stazione appaltante di accorpare in un’unica procedura due prestazioni oggettivamente differenti (il servizio e la fornitura), privando quindi le imprese, le quali possiedono i requisiti solo per una di tali prestazioni, della possibilità di partecipare alla procedura, e quindi impedendo alle stesse di formulare un’offerta (mancata apertura al mercato); al tempo stesso, però, secondo il CDS, il principio della rotazione, ossia dell’apertura al mercato, deve assolutamente essere rispettato anche quando le prestazioni oggetto del nuovo appalto da affidare sono tra loro oggettivamente differenti. Mentre per il legislatore la diversità oggettiva delle prestazioni non è sufficiente ad impedire alla stazione appaltante di derogare al principio di concorrenza (come già detto, la suddivisione della procedura in appalti distinti è solo una facoltà, e non un obbligo, e quindi l’Ente può comunque fare una procedura unica), per il CDS tale diversità non è sufficiente a permettere alla stazione appaltante di derogare al principio di concorrenza (esso infatti ritiene che il gestore uscente non possa comunque essere reinvitato, nonostante che l’oggetto dell’appalto da affidare sia diverso da quello dell’appalto precedente, del quale egli era divenuto aggiudicatario).

A parere di chi scrive, la rotazione dovrebbe ricevere una tutela piena solo quando l’oggetto del nuovo appalto da affidare sia identico a quello dell’appalto precedente, ma non anche quando tra i due contratti vi sia una disomogeneità tra prestazioni, e ciò in quanto, in tale secondo caso, l’affidatario uscente non ha maturato alcuna esperienza contrattuale con la stazione appaltante: egli parte da zero, esattamente come gli altri operatori invitati. Se, p. es., l’appalto precedente prevedeva la manutenzione della centrale telefonica e l’oggetto della nuova procedura è la fornitura di una nuova centrale, siamo in presenza di due contratti che hanno ad oggetto la stessa tipologia di bene (la centrale) ma che sono caratterizzati da obblighi negoziali diversi: la fornitura non è mai stata richiesta al precedente appaltatore.

Anzi, in un caso del genere, proprio il non invitare l’appaltatore uscente potrebbe configurare una violazione, ai danni di quest’ultimo, del principio di concorrenza, soprattutto nel caso in cui egli sia una piccola/media impresa. E qui non sembra superfluo richiamare l’art. 30 comma 7 del Codice, a norma del quale “I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese”.