Cons. Stato, sez. V, 14 marzo 2019, n. 1690
Conformemente ai principi sul soccorso istruttorio processuale elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, occorre - ai fini della non esclusione del concorrente che abbia omesso di dare dimostrazione del requisito in fase di gara, pur senza ricevere soccorso dall’amministrazione - che questi fornisca in giudizio la dimostrazione del possesso del requisito contestato, salvo il remand alla stazione appaltante se la valutazione sulle circostanze fattuali provate abbia natura discrezionale. La parte della quale sia contestata la valida partecipazione alla gara per via di irregolarità documentali, in assenza di soccorso istruttorio sostanziale attivato dalla stazione appaltante, è gravata “dall’onere, ex art. 2697 c.c., della dimostrazione della natura meramente formale dell’errore”, dovendo fornire in giudizio prova “di disporre del requisito fin dal primo momento, e cioè da quando ha reso la dichiarazione irregolare […]. In sostanza […], deve superare la prova di resistenza, non potendo pretendere di paralizzare l’azione di annullamento, adducendo, solo in via ipotetica, la violazione del principio del soccorso istruttorio, ma deve dimostrare in giudizio che, ove fosse stato attivato, correttamente, tale rimedio l’esito sarebbe stato ad essa favorevole, disponendo del requisito in contestazione” (Cons. Stato, III, n. 975/2017, cit.; cfr. anche V, 22 ottobre 2018, n. 6002). Entro tale contesto, anche la riattivazione della valutazione dell’amministrazione allorché la verifica involga apprezzamenti di carattere tecnico-discrezionale presuppone che siano stati previamente forniti, nel corso del giudizio, gli elementi fattuali posti a fondamento di detta valutazione, colmando così le lacune occorse in sede procedimentale (cfr. Cons. Stato, V, 8 giugno 2018, n. 3483, ove si chiarisce che “in ogni caso, è onere della parte dimostrare che, qualora il soccorso istruttorio fosse stato attivato dalla stazione appaltante, l’esito della procedura sarebbe stato favorevole, disponendo l’impresa del requisito asseritamente mancante: tale onere, gravante in capo alla parte aggiudicataria, si traduce nel dover produrre in giudizio la documentazione comprovante il possesso dei requisiti mancanti”).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10538 del 2018, proposto da
Busitalia Veneto s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Domenichelli, Paolo Neri e Luigi Manzi, con domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luigi Manzi in Roma, via F. Confalonieri, 5;
contro
Ente di governo del bacino territoriale del trasporto pubblico locale della provincia di Padova, Comune di Padova, Regione Veneto, non costituiti in giudizio;
Provincia di Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Zunarelli e Fulvio Lorigiola, con domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Mazzeo in Roma, via Eustachio Manfredi, 5;
nei confronti
Azienda Trasporti Verona s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Pettinelli, con domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
La Linea s.p.a. e Atvo s.p.a., in proprio e quali mandanti del Rti avente per mandataria la Azienda Trasporti Verona s.r.l., non costituite in giudizio;
per la riforma
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
in parte qua, nei limiti dell'interesse dell'appellante, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione Prima, n. 1114/2018, resa tra le parti sul ricorso r.g. n. 1032/2018 e depositata il 4 dicembre 2018.
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato dalla Azienda Trasporti Verona s.r.l.:
per l'annullamento e/o la riforma
- della medesima sentenza n. 1114 del 4 dicembre 2018, emessa nel giudizio r.g. 1032/2018, non notificata, del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto nella parte in cui ha accolto il primo e il terzo motivo del ricorso promosso dalla Busitalia Veneto s.p.a. annullando conseguentemente il provvedimento di ammissione del costituendo Rti tra Atv s.r.l. (quale mandataria), La Linea s.p.a. e Atvo s.p.a. (quali mandanti) alla procedura per l'affidamento in concessione dei servizi di trasporto pubblico locale automobilistico e tranviario urbano ed extraurbano del bacino territoriale della provincia di Padova (CUP: G29I14000010001 - CIG: 7284954637), assunto nel corso della seduta pubblica n. 2 del 17 luglio 2018 come da relativo verbale di gara, pubblicato nel sito web della Stazione Appaltante il 23 luglio 2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Padova e della Azienda Trasporti Verona s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Andrea Manzi in dichiarata delega di Luigi Manzi, Mazzeo in dichiarata delega di Lorigiola, e Sanino per delega di Pettinelli;
Visto l’art. 120, commi 2-bis, 6-bis e 9, Cod. proc. amm.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 25 novembre 2017 la Provincia di Padova indiceva, per conto dell’Ente di governo del bacino territoriale ed omogeneo del trasporto pubblico locale di Padova, gara avente a oggetto l’affidamento della gestione in modalità di concessione “net-cost” dei servizi di trasporto pubblico locale automobilistico e tranviario urbano ed extraurbano del bacino territoriale della suddetta provincia.
1.1. Alla gara partecipavano la Busitalia Veneto s.p.a., gestore uscente e odierno appellante principale, il costituendo Rti capeggiato dalla Azienda Trasporti Verona s.r.l. (“Atv”) odierna appellante incidentale, nonché un terzo concorrente.
2. All’esito della fase di prequalifica e verifica dei requisiti, integrata dall’attivazione del soccorso istruttorio nei confronti - per quanto qui d’interesse - del Rti capeggiato da Atv, venivano ammessi alla gara tutti i concorrenti.
3. Avverso il provvedimento d’ammissione alla procedura del suddetto Rti la Busitalia proponeva ricorso ex art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm.; resisteva la Atv, in proprio e quale mandataria del Rti, interponendo a sua volta ricorso incidentale contro l’ammissione di Busitalia.
4. Il Tribunale amministrativo per il Veneto, in parziale accoglimento del ricorso principale, annullava il provvedimento di ammissione alla gara del Rti avente per mandataria Atv; ordinava la regressione del procedimento alla fase dell’invito alla regolarizzazione e delle pertinenti verifiche e valutazioni in sede amministrativa; dichiarava irricevibile per tardività, e comunque infondato nel merito, il ricorso incidentale.
5. Avverso tale sentenza ha interposto appello la Busitalia in forza dei seguenti quattro motivi:
I) Error in iudicando. Erronea applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di “soccorso istruttorio processuale”. Violazione e falsa applicazione della lex specialis: violazione e falsa applicazione dell’art. 13 e dell’art. 15 del disciplinare di gara. Violazione e falsa applicazione dell’art. 87, dell’art. 83 e dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016, nonché dell’art. 62, par. 2, direttiva n. 2014/24/UE. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti;
II) Error in iudicando. Erronea applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di “soccorso istruttorio processuale”. Violazione e falsa applicazione della lex specialis: violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 15 del disciplinare di gara. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016. Eccesso di potere per difetto di motivazione, erroneità dei presupposti e difetto d’istruttoria;
III) Error in iudicando, violazione e falsa applicazione dei principi europei e nazionali in materia di società miste costituite con gara c.d. “a doppio oggetto”. Violazione e falsa applicazione di legge: violazione dell’art. 18 d.lgs. n. 422 del 1997, del Regolamento CE n. 1370 del 2007 e dell’art. 17 d.lgs. n. 175 del 2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e violazione del principio di par condicio tra i concorrenti;
IV) In via subordinata, error in iudicando. Erronea applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di “soccorso istruttorio processuale”. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016. Eccesso di potere per difetto di motivazione.
5.1. S’è costituita in giudizio per resistere all’appello la Atv, in proprio e quale capogruppo del suddetto Rti, proponendo altresì appello incidentale assistito da tre motivi:
I) Error in iudicando: erronea interpretazione ed applicazione della lex specialis di gara, errata interpretazione ed applicazione dell’art. 87 d.lgs. n. 50 del 2016. Illogicità e contraddittorietà della motivazione;
II) Error in iudicando sotto altro diverso profilo: errata istruttoria e/o procedimento logico-valutativo del giudice;
III) Error in iudicando: errata istruttoria, erronea interpretazione ed applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio e del soccorso istruttorio processuale.
5.2. S’è costituita in giudizio anche la Provincia di Padova che ha chiesto il rigetto di entrambi gli appelli.
6. Sulla discussione dell’udienza camerale del 21 febbraio 2019, come da relativo verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Va preliminarmente scrutinata l’eccezione d’inammissibilità dell’appello principale sollevata da Atv per dedotta carenza di oggetto e difetto di specifiche censure avverso i capi della sentenza gravata, in violazione dell’art. 101 Cod. proc. amm.
1.1. L’eccezione non è condivisibile e va respinta.
L’atto di appello indica chiaramente, attraverso i quattro motivi che lo compongono, le censure rivolte alla sentenza e i capi di essa dei quali si chiede la riforma.
In particolare, emerge con sufficiente precisione dai primi due motivi la doglianza espressa dalla Busitalia avverso la decisione del Tribunale amministrativo di ordinare la regressione del procedimento, ai fini del vaglio sull’effettivo possesso dei requisiti del Rti, in presenza di vizi accertati dalla stessa sentenza - relativi all’assenza di prova circa la non imputabilità dell’omessa tempestiva produzione del certificato ambientale ex art. 87 d.lgs. 50 del 2016, nonché al difetto di dichiarazioni sull’assenza di condanne penali da parte di alcuni dei soggetti sensibili - non colmati dalla Atv neppure in sede processuale.
Allo stesso modo, il terzo motivo d’appello chiaramente si rivolge contro il rigetto del secondo motivo di ricorso principale, censurando la sentenza nella parte in cui ritiene ammissibile la partecipazione delle società miste pubblico-private con socio selezionato a mezzo di gara c.d. “a doppio oggetto” a procedure per l’affidamento della gestione di servizi relativi ad altri ambiti territoriali.
Infine il quarto motivo, proposto in via subordinata, lamenta con sufficiente dettaglio l’omessa specificazione, da parte della sentenza, che la regressione procedimentale con riedizione della verifica sul possesso dei requisiti debba comunque avvenire sulla base del materiale istruttorio già presente in giudizio, con esclusione di qualsivoglia sua integrazione.
Di qui l’adeguata conformazione dell’appellante principale al dettato di cui all’art. 101 Cod. proc. amm. e l’infondatezza della contrapposta eccezione d’inammissibilità sollevata dalla Atv.
2. Nel merito, va preventivamente esaminato, per ragioni di priorità logica, il primo motivo dell’appello incidentale promosso da Atv.
Si duole in proposito l’appellante incidentale dell’applicazione alla fattispecie, da parte del Tribunale amministrativo, del disposto di cui all’art. 87, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, non essendo in realtà detta disposizione richiamata dalla lex specialis, né potendosi a tal fine operare alcuna c.d. “etero-integrazione” del bando di gara.
In termini sostanziali, la doglianza rifluisce nel ritenere illegittimo il pretendere la dimostrazione della non imputabilità delle ragioni d’impossibilità a ottenere il certificato ambientale allorché il concorrente sia provvisto - come nella specie Atv - di misure equivalenti.
2.1. Il motivo non è fondato e va respinto per le ragioni che seguono.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla Atv, è la stessa lex specialis a rendere applicabile alla procedura in esame l’art. 87, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 in materia di certificazione ambientale. In proposito, il disciplinare di gara prescrive all’art. 13.3.2 il possesso, da parte dei concorrenti, di certificazione di “un sistema di qualità conforme alle norme di tutela ambientale della serie UNI EN ISO 14001/2015, rilasciata da organismi accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000”.
A fronte di tale univoca prescrizione, lo stesso disciplinare ammette la prova dell’impiego di misure equivalenti, bensì “ai sensi di quanto previsto dal D. Lgs. n. 50/2016” (art. 13.3.2, cit.).
Entro tale contesto, la piana interpretazione della lex specialis conduce a ritenere che, a fronte dell’indicazione della certificazione ambientale fra i requisiti tecnici di partecipazione, le misure equivalenti siano ammesse dal disciplinare di gara in termini non già più ampi e permissivi di quanto previsto dal d.lgs. n. 50 del 2016, bensì in misura corrispondente alle previsioni dello stesso d.lgs. n. 50.
Alla luce di ciò, per effetto della relatio che il disciplinare rivolge in parte qua al d.lgs. n. 50 del 2016, è a quest’ultima fonte che occorre far riferimento per individuare la disciplina delle misure equivalenti alla certificazione ambientale, disciplina in specie costituita proprio dall’art. 87, comma 2.
2.2. A fronte del chiaro dettato della lex specialis nella parte sopra esaminata, non assume rilevanza in senso inverso l’art. 15.3.9 del medesimo disciplinare, il quale richiama - in relazione alla prova di misure equivalenti alla certificazione ambientale - gli “articoli 43, nell’ultimo periodo, e 44, nell’ultimo periodo, del D. Lgs. n. 50/2016”; l’inconcludenza di tale richiamo, per come riferito a disposizioni del tutto decentrate dall’oggetto (i.e., “appalti che coinvolgono amministrazioni aggiudicatrici e enti aggiudicatori di Stati membri diversi” l’art. 43; “digitalizzazione delle procedure”, con delega al ministero per l’adozione di corrispondente decreto l’art. 44), non consente infatti di obliterare o superare l’univoco significato del precedente art. 13.3.2.
2.3. Per tali motivi, deve ritenersi che l’art. 87, comma 2, d. lgs. n. 50 del 2016 - peraltro idoneo a integrare norma imperativa (corrispondente a previsioni già contenute nelle direttive 2014/24/UE, art. 62 e considerando n. 88, e 2014/25/UE, art. 81 e considerando n. 93) e dunque di per sé rilevante ai fini della disciplina della procedura di gara (cfr. in proposito le osservazioni di Cons. Stato, 3 maggio 2016, n. 1716; ord. 26 ottobre 2018, n. 6122) - trovi senz’altro applicazione nella gara in esame per effetto delle previsioni della lex specialis.
2.4. Entro tale contesto, incidendo il regime di cui all’art. 87, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 sull’integrazione dei requisiti speciali di capacità tecnico-organizzativa (cfr. art. 13.3 del disciplinare), legittimamente la sua inosservanza determina l’esclusione del concorrente, senza che a ciò sia necessaria espressa sanzione espulsiva, insita già nel partecipare detto regime alla definizione dei requisiti prescritti in capo agli operatori concorrenti.
2.5. Di qui la complessiva infondatezza del primo motivo dell’appello incidentale.
3. Vanno poi esaminati congiuntamente, per come parzialmente simmetrici, il primo motivo dell’appello principale e il secondo motivo dell’appello incidentale.
3.1. Il primo dei due mezzi di gravame, come già s’è accennato (retro, sub § 1.1 in diritto), censura la sentenza per non aver disposto l’esclusione del Rti con capogruppo Atv pur avendo riscontrato l’omessa dimostrazione da parte di questo dell’impossibilità per causa a sé non imputabile di ottenere la certificazione ambientale, dimostrazione non fornita da Atv neppure in sede processuale; specularmente, il secondo motivo dell’appello incidentale afferma l’intervenuta prova e documentazione da parte di Atv della suddetta circostanza.
Per le ragioni che seguono, ritiene il Collegio che sia fondato, meritando accoglimento, il primo motivo dell’appello principale, mentre non risulta condivisibile il secondo motivo dell’appello incidentale.
3.2. Trovando applicazione per quanto chiarito l’art. 87, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, il difetto della certificazione ambientale nei termini prescritti dalla lex specialis consente egualmente l’integrazione del requisito solo laddove, in presenza di misure equivalenti, l’operatore dimostri di non poter ottenere la certificazione entro i termini richiesti per motivi a sé non imputabili (cfr. in proposito, nella giurisprudenza di primo grado, Tar Lazio-Roma, sez. II, 26 aprile 2018, n. 4642; Tar Campania-Napoli, sez. V, 27 giugno 2018, n. 4283).
La non imputabilità delle ragioni poste a fondamento dell’impossibilità di ottenere tempestiva certificazione costituisce dunque presupposto indefettibile perché, in una alle misure equivalenti, possa ritenersi utilmente soddisfatto il requisito tecnico pur in assenza di certificazione ambientale.
3.3. Nel caso in esame, si appalesa esente da censure la sentenza nella parte in cui accerta che nessun elemento probatorio della suddetta non imputabilità è stato fornito dal Rti Atv in sede procedimentale.
In proposito, afferma correttamente il Tribunale amministrativo regionale che “ATV […] non ha fornito la benché minima indicazione di quali fossero [i] motivi a sé non imputabili che le hanno reso impossibile la tempestiva produzione del certificato”; mentre ai fini dell’integrazione del requisito “non è certo sufficiente la mera dichiarazione […] della sussistenza di ‘motivi non imputabili’ alla stessa società, senza alcuna precisazione di quali fossero tali motivi, in modo da consentire al Seggio di gara di vagliare l’attendibilità di detta giustificazione”.
In effetti, come rilevato dalla sentenza, nessun elemento giustificativo della non imputabilità della carenza della certificazione si rinviene nella documentazione di gara, dal momento che la domanda di partecipazione di Atv rinviava, in relazione alla certificazione ambientale, al proprio allegato n. 4, il quale tuttavia neppure tentava di fornire giustificazioni in ordine alla non imputabilità dei motivi della carenza, limitandosi ad asserire apoditticamente - senza indicarne le ragioni - non potersi produrre il certificato nei termini richiesti“per motivi non imputabili ad ATV”; mentre le altre parti dell’allegato n. 4 riguardavano altri profili, interessando il requisito della certificazione ambientale in relazione alle sole “prove documentali delle misure equivalenti adottate”, nonché a un contratto di consulenza in essere.
3.4. Alla luce di ciò, correttamente la sentenza ha ritenuto indimostrato in fase di gara il presupposto della non imputabilità dei motivi d’impossibilità al conseguimento della certificazione ambientale ai sensi dell’art. 87, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, su cui peraltro la commissione non attivò il soccorso istruttorio né si soffermò in alcun modo per affrontare la questione; né tale accertamento giudiziale costituisce una sostituzione nella valutazione discrezionale rimessa all’amministrazione, essendo in realtà - quella della sentenza - una mera rilevazione di circostanze fattuali, a carattere binario (i.e., presenza o meno, in atti, di indicazioni ed elementi giustificativi della carenza del certificato) precedente all’apprezzamento discrezionale.
Entro tale contesto, l’accertata lacuna in ordine alla dimostrazione della non imputabilità della carenza della certificazione implica peraltro di per sé la mancata integrazione del requisito tecnico prescritto, a nulla potendo rilevare, in senso inverso, il certificato ambientale prodotta da Atv successivamente allo spirare del termine per la presentazione delle offerte.
3.5. Pur esente da censure nella parte sin qui esaminata, la sentenza non è per converso condivisibile in relazione alle conseguenze che ritrae dalla lacuna documentale rilevata.
In particolare, la sentenza non tiene conto del fatto che le medesime carenze in ordine alla detta dimostrazione di non imputabilità dell’assenza di certificazione riscontrate rispetto alla fase di gara risultano parimenti ravvisabili in sede processuale, non essendo state qui colmate dalla Atv.
La documentazione in proposito versata in atti dalla Atv coincide infatti con quanto già prodotto in sede di gara, insufficiente - per quanto già posto in risalto e ritenuto dalla stessa sentenza - a offrire adeguata evidenza della suddetta non imputabilità (cfr. doc. 6 fasc. Tar Atv, indicato quale documento recante “misure equivalenti alla certificazione ambientale”).
3.6. In senso inverso, in relazione alla presente fase d’impugnazione, neppure può rilevare la comunicazione del 7 maggio 2018 con altro organismo di certificazione prodotta in appello da Atv.
Come eccepito da Busitalia, infatti, il documento è inammissibile ai sensi dell’art. 104, comma 2, Cod. proc. amm. in quanto nuovo, non potendo perciò essere esaminato dal Collegio in difetto degli elementi dell’impossibilità di produzione in primo grado (in specie, il documento non è sopravvenuto, trattandosi di email del 7 maggio 2018) e della indispensabilità, non ravvisabili e neppure dedotti dalla Atv.
3.7. Per tali ragioni, deve ritenersi che Atv non abbia fornito l’indispensabile dimostrazione della non imputabilità della carenza di certificazione ambientale - ulteriore e distinta rispetto a quella dell’adozione di misure equivalenti - né in sede di gara, né tanto meno nell’ambito del giudizio.
Il che conduce nel complesso al rigetto del secondo motivo dell’appello incidentale proposto dalla Atv, nonché all’accoglimento per le medesime ragioni del primo motivo dell’appello principale, secondo quanto di seguito precisato.
3.8. Pur avendo riconosciuto l’omessa dimostrazione della non imputabilità della carenza di certificazione, la sentenza ha disposto la regressione del procedimento alla fase dell’invito alla regolarizzazione e delle pertinenti verifiche e valutazioni in sede amministrativa, in nome della natura discrezionale dell’apprezzamento sulla detta non imputabilità, perciò spettante all’amministrazione.
In tal modo, la sentenza non ha fatto tuttavia buon governo dei principi sul soccorso istruttorio processuale elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio, occorrendo - ai fini della non esclusione del concorrente che abbia omesso di dare dimostrazione del requisito in fase di gara, pur senza ricevere soccorso dall’amministrazione - che questi fornisca in giudizio la dimostrazione del possesso del requisito contestato, salvo il remand alla stazione appaltante se la valutazione sulle circostanze fattuali provate abbia natura discrezionale.
3.9. Nel caso di specie, per converso, nessun elemento innovativo è stato apportato in sede processuale dalla Atv, non essendo stato fornito alcun contributo probatorio su circostanze di fatto relative alla non imputabilità del mancato tempestivo conseguimento della certificazione ambientale; il che esclude il residuare d’uno spazio per la valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, dovendo al contrario essere disposta l’esclusione del Rti per difetto del requisito tecnico prescritto.
In tale prospettiva, così come ha riscontrato l’insussistenza sul piano fattuale (i.e., la mancata allegazione e correlata documentazione), in relazione alla fase di gara, di elementi dimostrativi dell’impossibilità di conseguire la certificazione, allo stesso modo la sentenza avrebbe dovuto rilevare la medesima carenza probatoria - identica essendo rimasta la produzione documentale offerta - in sede processuale. Il che, ancora una volta, comporta non già un apprezzamento discrezionale del giudice, bensì, a monte, una (mera) constatazione fattuale della presenza di elementi documentali integrativi rispetto alla gara, astrattamente idonei a fornire un giustificativo dell’impossibile tempestivo ottenimento della certificazione ambientale: altro è, infatti, l’accertamento (eventualmente discrezionale) della sussistenza del requisito, altro quello “della produzione o meno del documento che lo comprova” (Cons. Stato, III, 2 marzo 2017, n. 975).
In assenza di tale riscontro fattuale, neppure avrebbe potuto schiudersi la valutazione discrezionale spettante all’amministrazione: il remand per consentire all’amministrazione le valutazioni discrezionali presuppone infatti la previa documentazione, in sede processuale, degli elementi di fatto posti a fondamento del requisito controverso.
3.10. In proposito, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già affermato come la parte della quale sia contestata la valida partecipazione alla gara per via di irregolarità documentali, in assenza di soccorso istruttorio sostanziale attivato dalla stazione appaltante, sia gravata “dall’onere, ex art. 2697 c.c., della dimostrazione della natura meramente formale dell’errore”, dovendo fornire in giudizio prova “di disporre del requisito fin dal primo momento, e cioè da quando ha reso la dichiarazione irregolare […]. In sostanza […], deve superare la prova di resistenza, non potendo pretendere di paralizzare l’azione di annullamento, adducendo, solo in via ipotetica, la violazione del principio del soccorso istruttorio, ma deve dimostrare in giudizio che, ove fosse stato attivato, correttamente, tale rimedio l’esito sarebbe stato ad essa favorevole, disponendo del requisito in contestazione” (Cons. Stato, III, n. 975/2017, cit.; cfr. anche V, 22 ottobre 2018, n. 6002).
Entro tale contesto, anche la riattivazione della valutazione dell’amministrazione allorché la verifica involga apprezzamenti di carattere tecnico-discrezionale presuppone che siano stati previamente forniti, nel corso del giudizio, gli elementi fattuali posti a fondamento di detta valutazione, colmando così le lacune occorse in sede procedimentale (cfr. Cons. Stato, V, 8 giugno 2018, n. 3483, ove si chiarisce che “in ogni caso, è onere della parte dimostrare che, qualora il soccorso istruttorio fosse stato attivato dalla stazione appaltante, l’esito della procedura sarebbe stato favorevole, disponendo l’impresa del requisito asseritamente mancante: tale onere, gravante in capo alla parte aggiudicataria, si traduce nel dover produrre in giudizio la documentazione comprovante il possesso dei requisiti mancanti”).
3.11. Nel caso di specie, avendo (correttamente) riscontrato l’assenza in fase di gara di documentazione dimostrativa degli elementi di fatto relativi alla non imputabilità del mancato possesso della certificazione ambientale, la sentenza ha - con decisione non condivisibile - rinviato la valutazione all’amministrazione pur in presenza, nel processo, del medesimo materiale istruttorio (già) dichiarato inidoneo a provare la suddetta circostanza.
Specularmente la Atv, pur vedendosi contestata con ricorso principale la mancata dimostrazione della suddetta non imputabilità, non ha versato in atti alcun elemento probatorio integrativo di supporto, limitandosi a riprodurre la medesima documentazione già presentata nel corso della procedura.
3.12. Di qui la riforma in parte qua della sentenza nei termini suindicati, non potendosi acconsentire alla riattivazione della valutazione discrezionale dell’amministrazione in assenza di un previo riscontro fattuale sugli elementi astrattamente idonei a fornire prova del requisito tecnico contestato, già non provato dal concorrente in fase di gara.
4. In conclusione, per le suesposte ragioni, vanno respinti il primo e secondo motivo dell’appello incidentale, e accolto nei suddetti termini il primo motivo dell’appello principale, con conseguente assorbimento di tutti gli altri motivi di gravame.
5. Stante la complessità e particolarità della fattispecie ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite fra tutte le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede:
- accoglie il primo motivo dell’appello principale riformando la sentenza impugnata ai sensi di cui in motivazione; respinge il primo e secondo motivo dell’appello incidentale; assorbiti tutti gli altri motivi di gravame;
- compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla letura
Nella sentenza in questione, si controverte in ordine alla mancata esclusione da parte della stazione appaltante del RTI per mancata dimostrazione del requisito speciale di capacità tecnico-organizzativa consistente nella certificazione ambientale rilasciata da organismi qualificanti o altra misura equivalente. Più nel dettaglio, l’esclusione, come si dirà tra breve, avrebbe dovuto esser disposta a causa della mancata dimostrazione da parte dell’operatore economico dell’impossibilità, per causa a sé non imputabile, di ottenere la certificazione medesima.
Ai sensi dell’art. 87, co. 2, del D.Lgs. 50/2016, il difetto della certificazione richiesta nei termini prescritti dalla lex specialis consente egualmente l’integrazione del requisito solo laddove, in presenza di misure equivalenti, l’operatore dimostri di non poter ottenere la certificazione entro i termini richiesti per motivi a sé non imputabili (cfr. in proposito, nella giurisprudenza di primo grado, Tar Lazio-Roma, sez. II, 26 aprile 2018, n. 4642; Tar Campania-Napoli, sez. V, 27 giugno 2018, n. 4283).
La non imputabilità delle ragioni poste a fondamento dell’impossibilità di ottenere tempestiva certificazione costituisce dunque presupposto indefettibile perché, in una alle misure equivalenti, possa ritenersi utilmente soddisfatto il requisito tecnico pur in assenza di certificazione ambientale.
Nel caso in esame, il C.d.S. conferma la sentenza di primo grado nella parte in cui accerta che nessun elemento probatorio della suddetta non imputabilità è stato fornito dal Rti in sede procedimentale.
In proposito, afferma correttamente il Tribunale amministrativo regionale che “ATV […] non ha fornito la benché minima indicazione di quali fossero [i] motivi a sé non imputabili che le hanno reso impossibile la tempestiva produzione del certificato”; mentre ai fini dell’integrazione del requisito “non è certo sufficiente la mera dichiarazione […] della sussistenza di ‘motivi non imputabili’ alla stessa società, senza alcuna precisazione di quali fossero tali motivi, in modo da consentire al Seggio di gara di vagliare l’attendibilità di detta giustificazione”.
Al contrario, la sentenza non è per converso condivisibile in relazione alle conseguenze che ritrae dalla lacuna documentale rilevata.
In particolare, la sentenza non tiene conto del fatto che le medesime carenze in ordine alla detta dimostrazione di non imputabilità dell’assenza di certificazione riscontrate rispetto alla fase di gara risultano parimenti ravvisabili in sede processuale, non essendo state qui colmate dal RTI.
La documentazione in proposito versata in atti coincide infatti con quanto già prodotto in sede di gara, insufficiente - per quanto già posto in risalto e ritenuto dalla stessa sentenza - a offrire adeguata evidenza della suddetta non imputabilità.
Pur avendo riconosciuto l’omessa dimostrazione della non imputabilità della carenza di certificazione, la sentenza ha disposto la regressione del procedimento alla fase dell’invito alla regolarizzazione e delle pertinenti verifiche e valutazioni in sede amministrativa, in nome della natura discrezionale dell’apprezzamento sulla detta non imputabilità, perciò spettante all’amministrazione.
In tal modo, tuttavia, la sentenza non ha fatto buon governo dei principi sul soccorso istruttorio processuale elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio, occorrendo - ai fini della non esclusione del concorrente che abbia omesso di dare dimostrazione del requisito in fase di gara, pur senza ricevere soccorso dall’amministrazione - che questi fornisca in giudizio la dimostrazione del possesso del requisito contestato, salvo il remand alla stazione appaltante se la valutazione sulle circostanze fattuali provate abbia natura discrezionale.
Nel caso di specie, per converso, nessun elemento innovativo è stato apportato in sede processuale dalla RTI, non essendo stato fornito alcun contributo probatorio su circostanze di fatto relative alla non imputabilità del mancato tempestivo conseguimento della certificazione ambientale; il che esclude il residuare d’uno spazio per la valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, dovendo al contrario essere disposta l’esclusione del Rti per difetto del requisito tecnico prescritto.
In proposito, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già affermato come la parte della quale sia contestata la valida partecipazione alla gara per via di irregolarità documentali, in assenza di soccorso istruttorio sostanziale attivato dalla stazione appaltante, sia gravata “dall’onere, ex art. 2697 c.c., della dimostrazione della natura meramente formale dell’errore”, dovendo fornire in giudizio prova “di disporre del requisito fin dal primo momento, e cioè da quando ha reso la dichiarazione irregolare […]. In sostanza […], deve superare la prova di resistenza, non potendo pretendere di paralizzare l’azione di annullamento, adducendo, solo in via ipotetica, la violazione del principio del soccorso istruttorio, ma deve dimostrare in giudizio che, ove fosse stato attivato, correttamente, tale rimedio l’esito sarebbe stato ad essa favorevole, disponendo del requisito in contestazione” (Cons. Stato, III, n. 975/2017, cit.; cfr. anche V, 22 ottobre 2018, n. 6002).
Entro tale contesto, anche la riattivazione della valutazione dell’amministrazione allorché la verifica involga apprezzamenti di carattere tecnico-discrezionale presuppone che siano stati previamente forniti, nel corso del giudizio, gli elementi fattuali posti a fondamento di detta valutazione, colmando così le lacune occorse in sede procedimentale (cfr. Cons. Stato, V, 8 giugno 2018, n. 3483, ove si chiarisce che “in ogni caso, è onere della parte dimostrare che, qualora il soccorso istruttorio fosse stato attivato dalla stazione appaltante, l’esito della procedura sarebbe stato favorevole, disponendo l’impresa del requisito asseritamente mancante: tale onere, gravante in capo alla parte aggiudicataria, si traduce nel dover produrre in giudizio la documentazione comprovante il possesso dei requisiti mancanti”).
Nel caso di specie, come rilevato innanzi, pur avendo (correttamente) riscontrato l’assenza in fase di gara di documentazione dimostrativa degli elementi di fatto relativi alla non imputabilità del mancato possesso della certificazione ambientale, la sentenza ha - con decisione non condivisibile - rinviato la valutazione all’amministrazione anche in presenza, nel processo, del medesimo materiale istruttorio (già) dichiarato inidoneo a provare la suddetta circostanza.