Consiglio di Stato, sez. III, sentenza del 24 gennaio 2019, n. 613

Revisione prezzi – Configurabilità a fronte di rinnovo contrattuale – Non sussiste – Differenze rispetto alla proroga

Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato ha ribadito che il meccanismo obbligatorio della revisione prezzi non trova applicazione in caso di intervenuto rinnovo del contratto (nel caso, avente ad oggetto servizi di pulizia ospedaliera).

In presenza di un rinnovo contrattuale non coattivo, effettuato previa rinegoziazione, le esigenze di tutela e conservazione dell'equilibrio sinallagmatico del contratto devono infatti ritenersi salvaguardate dall’intervenuta contrattazione individuale, nell’ambito della quale il contraente privato può liberamente ottenere il riequilibrio del sinallagma eventualmente alterato dalla svalutazione, dovendo, in caso contrario, il contraente privato sopportare le conseguenze delle scelte imprenditoriali operate (nella specie, individuati nell’accettazione della proposta di rinnovo agli stessi prezzi, patti e condizioni).

Nel caso di specie l’impresa aveva infatti liberamente espresso la disponibilità ad effettuare il servizio agli stessi prezzi pattuiti originariamente, senza formulare alcuna richiesta di aumento del corrispettivo in funzione dell'incremento dei costi.

I giudici di Palazzo Spada hanno dunque confermato che, in tema di revisione prezzi, devono essere tenuti distinti gli istituti della proroga contrattuale e del rinnovo: la prima consistendo nel mero differimento del termine finale del rapporto, che rimane per il resto regolato dal contratto originario; il secondo, comportando la prosecuzione di un rapporto rinnovato, previa rinegoziazione delle condizioni.

Dalla manifestazione di volontà espressa dall’appaltatore in sede di rinnovo scaturiscono per le parti nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché in ipotesi di contenuto identico a quello originario (così, Cons. Stato, sez. III, sent. 27/08/2018, n. 5059). Con la conseguenza che, laddove ricorra l'ipotesi del rinnovo, deve ritenersi esclusa la configurazione di un diritto alla revisione del compenso già rideterminato (così anche Cons. Stato, sez. IV, 14/05/2014, n. 2479 e 1/6/2010, n. 3474).

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 24/01/2019

N. 00613/2019REG.PROV.COLL.

N. 04099/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4099 del 2012, proposto da 
Emme Service S.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria dell’ATI costituita con La Florida 2000 S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dell'Orso, 74; 

contro

Azienda Ospedaliera dei Colli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Guido Campobasso, con domicilio eletto presso lo studio Tamietti - Bellachioma & Associati in Roma, via Pompeo Magno n. 2/B; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 00925/2012, resa tra le parti, concernente la revisione del canone mensile relativo all'appalto del servizio di pulizia e sanificazione del presidio ospedaliero dell'A.O. Monaldi.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera dei Colli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e udito per la parte resistente l’Avvocato Guido Campobasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. La EMME Service S.r.l., in ATI con la società LA FLORIDA 2000 S.r.l., ha espletato per l’Azienda Ospedaliera Monaldi il servizio di pulizia e sanificazione in forza di contratto di durata quinquiennale avente decorrenza dal 1° agosto 2003. Il rapporto contrattuale, una volta venuto a scadenza nel 2008, è proseguito su accordo delle parti per ulteriori due anni sino al 2010.

2. Con ricorso notificato nel gennaio 2009 la EMME Service S.r.l. adiva il TAR Napoli per chiedere l’accertamento del diritto alla revisione prezzi relativa al predetto contratto, revisione postulata con note del 20 novembre 2007 e del 22 settembre 2008 ma negata dalla committente A.O. Monaldi con nota del 25 novembre 2008.

3. La ricorrente richiedeva, pertanto, la condanna giudiziale della A.O. Monaldi alla corresponsione della somma di €. 1.766.470,20, a ristoro del compenso revisionale maturato a tutto il mese di agosto 2008, salvo il diritto all’ulteriore revisione con riguardo alla prosecuzione del rapporto contrattuale.

4. Con successiva memoria del 10 novembre 2011 la ricorrente precisava la propria domanda, quantificando in €. 3.649.101,92 l’importo a suo dire dovutole per la revisione prezzi maturata dal mese di agosto 2003 a tutto il mese di dicembre 2010.

5. La A.O. dei Colli (già A.O. V. Monaldi) contestava la richiesta revisione per il periodo del rinnovo contrattuale (2008-2010), in quanto non oggetto di precedente richiesta formulata con le indicate istanze di cui alle note del 20 novembre 2007 e del 22 settembre 2008, il cui rifiuto aveva dato luogo al giudizio de quo. La stessa committente precisava inoltre che, contrariamente a quanto invocato dalla ricorrente, il contratto stipulato tra le parti nel 2003 prevedeva la espressa esclusione della revisione prezzi, per cui quest’ultima, al più, avrebbe potuto trovare ingresso solo in forza di legge e, in quanto tale, la sua eventuale quantificazione, contrariamente all’avversa semplicistica richiesta, sarebbe dovuta avvenire in stretta aderenza a quanto dettato dall’art. 6, comma 4, L. 537 / 1993 (come sostituito dall’art. 115 d.lgs. n.163/2006 ).

6. Con la qui impugnata decisione n. 952/2012 il giudice di primo grado ha denegato la revisione prezzi per il periodo agosto 2003 - agosto 2008, ritenendo ingiustificato il suo riconoscimento stante l’intervenuta accettazione da parte della medesima appaltatrice, per il convenuto nuovo biennio del servizio, di un corrispettivo pari a quello pattuito per il primo anno del precedente quinquennio; il Tar ha invece riconosciuto il diritto alla revisione prezzi per il biennio 2008-2010, precisando, sul punto, che il ricorso all'indice F.O.I., pur doveroso, non esime l’amministrazione dal dovere d'istruire il procedimento previsto dal quarto comma dell’art. 6 della legge 537/93 ed ora dall’art. 115 del d.lgs. 163/06, posto che il menzionato indice costituisce solo il limite massimo oltre il quale non può andare la determinazione del compenso revisionale.

7. Avverso detta decisione ha inteso proporre appello la EMME Service S.r.l., adducendo quattro motivi di censura, di seguito riepilogati.

8. In assenza di istanze cautelari, la causa, nel contraddittorio con la A.O. dei Colli, ritualmente costituitasi, è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 17 gennaio 2019.

DIRITTO

1. Con una prima doglianza la ricorrente eccepisce un “error in judicando” nel quale sarebbe incorso il Giudice di prime cure, il quale - pur affermando che nella fattispecie in esame la revisione prezzi è imposta dalla normativa in materia e che, quindi, essa va a sovrapporsi a qualsiasi difforme volontà contrattuale sottoscritta tra le parti – avrebbe impropriamente ritenuto che l’espressione “alle stesse condizioni e prezzi di cui alla deliberazione n. 471 del 22.07.03”, contenuta nella contrattazione relativa al nuovo periodo di due anni (dal 2008 al 2010), abbia comportato l’esclusione della revisione prezzi per il periodo precedente al rinnovo contrattuale.

1.1. Sul punto l’appellante sostiene che “tali considerazioni, oltre che inaccettabili sotto il profilo ermeneutico, sono altresì in contrasto con il carattere indisponibile della revisione prezzi, che nel caso di specie non può arbitrariamente ritenersi operativa in alcuni periodi sì ed in altri no”.

La doverosità dell’applicazione della revisione discenderebbe dal capitolato speciale d’appalto, che ne fa espressa menzione all’art. 14, e troverebbe riconoscimento nell’affermazione della sua indisponibilità contenuta alla pag. 5 della pronuncia di primo grado.

1.2. Con il terzo motivo di gravame, formulato in via subordinata, la ricorrente deduce un ulteriore “error in judicando”, individuandolo nella qualificazione attribuita dal primo giudice alla volontà negoziale intercorsa tra le parti in relazione al successivo periodo del servizio di pulizia e sanificazione reso negli anni 2008 - 2010. Secondo l’appellante, l’espletamento del servizio in tale fase temporale sarebbe avvenuto in virtù di una proroga e non di rinnovo contrattuale, dal che deriverebbe l’erronea interpretazione da parte del Tar della volontà negoziale espressa con la più volte menzionata fissazione del corrispettivo “alle stesse condizioni e prezzi di cui alla deliberazione n. 471 del 24.07.03”.

1.3. Le due doglianze possono essere esaminate unitariamente e, nel merito, appaiono entrambe infondate.

1.4. Il Tar ha motivatamente ritenuto che “in presenza di una proroga non coattiva ed anzi effettuata previa rinegoziazione, le esigenze di tutela e conservazione dell'equilibrio sinallagmatico devono ritenersi salvaguardate, avendo avuto il contraente privato la possibilità di ottenere, in sede di rinegoziazione, il riequilibrio del sinallagma qualora ormai alterato, dovendo altrimenti sopportare le conseguenze delle sue scelte e dei suoi comportamenti”.

1.5. In effetti, dalla missiva della Emme Service datata 18 luglio 2008 (doc. n.5 della produzione di parte ricorrente nel fascicolo di primo grado) si evince che, a distanza del trascorso quinquennio, l’appaltatrice – senza essere in alcun modo vincolata da precedenti pattuizioni contrattuali – ha pacificamente espresso la disponibilità ad effettuare il futuro servizio agli stessi prezzi pattuiti nel 2003, senza alcuna richiesta o riferimento ad un miglioramento del corrispettivo determinato dall’incremento dei costi che ne avrebbe legittimato la relativa revisione.

1.6. Dalla stessa documentazione prodotta in visione dalla parte ricorrente si evince, inoltre, che tra le parti è intercorsa un specifica trattativa che ha di poi condotto all’intesa di rinnovare l’appalto di ulteriori due anni, ossia dal 2008 al 2010; e che prima di convenire il rinnovo contrattuale per la durata di due anni, la ricorrente aveva già manifestato - con la nota del 20 novembre 2007 - la volontà di revisionare il corrispettivo pattuito, chiedendo il pagamento delle differenze nelle more maturate. Detta volontà, tuttavia, è stata superata dalla successiva disponibilità manifestata con la missiva del 18 luglio 2008 ad un rinnovo dell’appalto per la durata di due anni ai prezzi di cui alla delibera n. 471 del 24 luglio 2003. Dunque, non di semplice proroga deve parlarsi nel caso de quo, ma di un rinnovo dell’appalto, preceduto da una specifica rinegoziazione tra le parti.

1.7. Il senso che si trae dalla dinamica evolutiva del rapporto tra le parti, così come innanzi intesa e rappresentata, non è stato fatto oggetto di specifica confutazione da parte ricorrente e assume dirimente rilevanza ai fini della presente decisione in quanto, come anche di recente ribadito da questa stessa sezione (v. sent. 27 agosto 2018, n.5059), presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 115, d.lg. n. 163 del 2006 - secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo - è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale: laddove la prima consiste nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall'atto originario; mentre il secondo scaturisce da una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l'integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali. Dette specifiche manifestazioni di volontà danno corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario e ancorché privi di alcuna proposta di modifica del corrispettivo.

1.8. Ciò posto, laddove ricorra l’ipotesi della rinegoziazione il diritto alla revisione non può configurarsi, in quanto l'impresa che ha beneficiato di una speciale disposizione la quale preveda la possibilità di rinnovo del contratto senza gara a condizione di un prezzo concordato, non può poi anche pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi (cfr. T.A.R. Venezia, sez. I, 2 gennaio 2017, n. 2; T.A.R. Lazio, sez. III, 30 maggio 2016, n.6252; Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2479 e 1 giugno 2010, n. 3474; Id., sez. VI, 25 luglio 2006, n. 4640).

1.9. Nel caso di specie detta pretesa condurrebbe ad effetti del tutto opposti e contraddittori rispetto al corrispettivo pattuito per la prosecuzione del rapporto contrattuale, in quanto la rinegoziazione è intervenuta proprio a conferma della persistente reciproca convenienza dell'assetto originario degli interessi delle parti, privando quindi di fondamento logico il meccanismo della revisione.

1.10. A fronte della rinegoziazione del nuovo periodo contrattuale a condizioni remunerative invariate rispetto al precedente segmento contrattuale, risulterebbe paradossale ammettere per il periodo pregresso una remunerazione incrementata (per effetto della revisione) rispetto a quella liberamente pattuita per la prosecuzione del rapporto.

Come ritenuto, in modo condivisibile, dal giudice di primo grado, “nel momento in cui le parti confermano il prezzo originario, ciò non può che significare che l'originario assetto di interessi ha conservato le originarie condizioni di equità e sostenibilità economica (su cui non incide, evidentemente, un maggiore o minore margine di lucro), secondo l'autonomo e libero apprezzamento degli stessi interessati”.

2. Come seconda doglianza la ricorrente adduce un ulteriore “error in judicando” determinato - a suo dire - dalla omessa considerazione dell’esplicita ammissione della fondatezza dell’an della domanda di compenso revisionale contenuta nella memoria difensiva della A.O. resistente del 9 gennaio 2012, di cui darebbe atto lo stesso giudice di primo grado alla pag. 4 della sentenza qui appellata.

2.1. Anche questa doglianza è infondata.

Dalla lettura della memoria in questione si evince che la parte intimata ha inteso riconoscere – in conformità ad una costante giurisprudenza in materia - la imperatività della revisione prezzi di cui alla normativa in materia di appalti pubblici, rispetto ad una difforme pattuizione contrattuale intercorsa tra le parti contraenti. Resta vero, tuttavia, che essa non ha abdicato ad una verifica da parte dell’autorità giudicante circa la sussistenza degli ulteriori presupposti applicativi della richiesta di revisione.

2.2. A tale conclusione si perviene in considerazione del fatto che la mancata contestazione (art. 64 c.p.a.) può assumere rilevanza ai fini della ritenuta sussistenza di prova su fatti (non contestati) ma non rileva sulla qualificazione giuridica della fattispecie che sui questi fatti si viene ad operare; e non vi è dubbio che nel caso di specie le parti hanno consegnato al giudicante una serie di fatti sulla cui base questi è stato chiamato a rendere un giudizio tecnico-giuridico di qualificazione giuridica e conseguente valutazione di applicabilità o meno dell’istituto della revisione.

2.3. A ciò aggiungasi che “il diritto dell'appaltatore alla revisione dei prezzi, sia con riguardo al "quantum" della revisione .. sorge soltanto dal momento del riconoscimento della revisione medesima da parte dell'amministrazione, per il tramite dell'organo dell'ente pubblico abilitato a manifestarne la volontà. Ne consegue che tale riconoscimento non può mai considerarsi pacifico tra le parti, e perciò non abbisognevole di prova, anche in mancanza di contestazione, atteso che non possono considerarsi pacifici tra le parti i fatti per i quali la legge richieda un atto scritto ad "substantiam" (o ad "probationem") (cfr. Cass. 12178/2000)”; e che “sia l'espresso provvedimento attributivo, sia il comportamento implicito inequivocabilmente diretto a riconoscere tale diritto, che sia preceduto dal positivo esercizio del potere discrezionale in ordine alla concessione della revisione, devono provenire dall'organo deliberativo competente, da individuarsi esclusivamente nel Consiglio Comunale (Cass. S.U. 15474/2015)” (Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2016, n. 23071).

3. Come ultima doglianza, la ricorrente lamenta l’erroneità della impugnata sentenza nella parte in cui non ha pronunciato la condanna della parte resistente alla corresponsione di un determinato importo revisionale.

3.1. La doglianza è priva di pregio in quanto, a ben vedere, con la decisione a torto impugnata, il giudice di primo grado, escluso il riconoscimento della revisione per il periodo 2003-2008 e riconosciutolo per il periodo 2008 -2010, ha correttamente statuito come segue: “in parziale accoglimento del ricorso in esame deve dichiararsi il diritto della ricorrente ad ottenere la revisione del corrispettivo dell'appalto sulla base del cd. indice F.O.I. limitatamente al periodo oggetto di rinnovo del contratto (decorrente dal 1° agosto 2008), facendo obbligo alla Azienda ospedaliera di verificare i titoli revisionali vantati dalla ricorrente al fine dell’accertamento, determinazione e conseguente corresponsione degli importi eventualmente dovuti, secondo l’istruttoria all’epoca prevista dal quarto comma dell’art. 6 della legge 537/93 ed ora dall’art. 115 del d.lgs. 163/06”.

3.2. Detto tipo di statuizione si giustifica in ragione del fatto che l’importo revisionale può essere definito e liquidato in sede giudiziaria solo a seguito di un accertato contrasto sorto precedentemente tra le parti in ordine alla quantificazione effettuata in applicazione del procedimento previsto dalla predetta normativa.

In difetto di esperimento di detto procedimento, nelle forme e nei modi suoi tipici, sussiste in capo al privato contraente un mero interesse legittimo al compimento dell'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, interesse destinato a tradursi in un diritto soggettivo “solo una volta (che sia) intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale” (Cons. Stato, sez. III, n. 6421/2018).

3.3. Quanto alla definizione dei parametri ai quali l’amministrazione è chiamata a conformarsi nella determinazione del compenso revisionale, la pronuncia impugnata li ha individuati nell’indice FOI e nell’applicazione degli interessi legali, escludendo invece la rivalutazione monetaria (pagg. 7e 8), con ciò esaurendo la definizione dei limiti conformativi rimessi alla sua delibazione e destinati a orientare l’iter procedimentale di spettanza della stazione appaltante.

4. Per tutto quanto esposto, l’appello va integralmente respinto.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna l’appellante a rifondere in favore della parte appellata le spese di lite che liquida in complessivi €. 2.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Giulio Veltri, Presidente FF

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere, Estensore

Raffaello Sestini, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Giovanni Pescatore

 

Giulio Veltri

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO