Cons. Stato, Sez. V, 12 dicembre 2018
1. In base all’art. 3 lett. d) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 – c.d. Codice dei contratti pubblici, si intende per “organismi di diritto pubblico” qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV: 1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; 2) dotato di personalità giuridica; 3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. I menzionati requisiti, ai fini del riconoscimento della qualifica di organismo di diritto pubblico, devono sussistere cumulativamente, con la precisazione che il requisito dell’influenza dominante, descritto nel precedente punto 3), è integrato anche in presenza di uno soltanto dei presupposti ivi contemplati.
2. Deve ritenersi che la società Aeroporti di Roma p.a. non possa essere qualificata come organismo di diritto pubblico, essendo priva del requisito di cui al punto 1) dell’art. 3 lett. d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 - c.d. requisito teleologico -, non risultando la stessa costituita “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”. Osta al riconoscimento del requisito in questione la circostanza che la società, operante in un mercato concorrenziale, sia gestita secondo criteri di efficacia e redditività tipici dell’imprenditore privato e con assunzione del rischio di impresa.
- Conforme ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 30 gennaio 2013, n. 570; sez. VI, 27 dicembre 2011, n. 6835; Cass. Civ., S.U., 9 maggio 2011, n. 10068; Corte di Giustizia UE, 10 aprile 2008, C-393/06.
- Contra Cass. Civ., S.U., 18 aprile 2016, n. 7663; Tar Lazio, Roma, Sez. III, 30 novembre 2017, n. 11841.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1380 del 2018, proposto da Aeroporti di Roma S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli, Giuseppe Lo Pinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;
contro
Mc Exact Change s.r.l., non costituita in giudizio;
nei confronti
Yex Change s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana, Luigi Mazzoncini, Anna Mazzoncini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Damiano Lipani in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;
Best And Fast Change s.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 11841/2017, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione del lotto 1 della procedura ADR 28/2016 indetta da Aeroporti di Roma s.p.a. con nota di prot. n. 16828 del 21.04.2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Yex Change S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2018 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Lo Pinto Giuseppe, Cintioli Fabio, Sbrana Francesca, Lipani Damiano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Aeroporti di Roma s.p.a. è una società partecipata al 99,384% da Atlantia s.p.a. e, per una percentuale inferiore all’1%, da terzi soggetti (0,265%), nonché dalla città metropolitana di Roma Capitale (0,251%) e dal comune di Fiumicino (0,1%). Alla stessa è stata affidata in concessione, ai sensi della legge n. 755/1973, la gestione del “sistema aeroportuale della Capitale”, costituito dagli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino fino al 2044.
Con avviso n. 28/2016, AdR rendeva nota, mediante pubblicazione sul proprio sito istituzionale, l’intenzione di affidare in subconcessione alcune aree finalizzate alla realizzazione e gestione di aree e/o locali destinati ad attività di cambiavalute presso gli aeroporti Leonardo da Vinci di Fiumicino e G.B. Pastine di Ciampino, invitando gli operatori interessati a presentare domanda di partecipazione.
AdR riceveva sette richieste di partecipazione e tutti gli operatori interessati venivano invitati a presentare offerta entro il 27 gennaio 2017.
All’esito della valutazione delle offerte pervenute, il lotto 1 veniva aggiudicato a Yex Change s.r.l., e il lotto 2 a Best and Fast Change s.r.l..
MC Exact Change s.r.l., che aveva partecipato alla gara senza aggiudicarsi alcun lotto, impugnava l’esito della procedura concorsuale, ritenendola illegittima per la mancata applicazione del Codice dei contratti pubblici.
Con sentenza del 30 novembre 2017, n. 11841, il Tar Lazio accoglieva il ricorso.
Avverso tale sentenza ha proposto appello AdR, deducendo con la prima censura l’errata qualificazione di AdR medesima come organismo di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett.d), del d.lgs. n. 50/2016, e con la seconda l’errata applicazione del criterio della strumentalità dell’attività da affidare in subconcessione rispetto al settore speciale aeroportuale ex art. 119 del d.lgs. n. 50/2016.
Si è costituita in giudizio Yex Change s.r.l., con memoria formale.
Successivamente l’appellante ha depositato memoria a sostegno delle proprie conclusioni.
All’udienza pubblica del 29 novembre 2018 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con sentenza 19 novembre 2018, n. 6534, la sezione ha deciso una questione del tutto analoga a quella oggetto dell’appello in esame.
La decisione, del tutto condivisibile, così ha statuito: “Con due distinti motivi di gravame l’appellante censura l’impugnata sentenza nella parte in cui non ha declinato la giurisdizione.
Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, infatti, AdR non potrebbe essere qualificata come organismo di diritto pubblico e il servizio messo in gara non rientrerebbe tra quelli strumentali all’esercizio dell’attività inerente al settore speciale in cui la detta società opera.
Le due doglianze, che si prestano ad una trattazione congiunta, meritano accoglimento.
In base all’art. 3, lett. d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) si intende per «organismi di diritto pubblico», qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV:
1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.
I menzionati requisiti, ai fini del riconoscimento della qualifica di organismo di diritto pubblico, devono sussistere cumulativamente (Cons. Stato, Sez. V, 30 gennaio 2013, n. 570; Sez. VI, 27 dicembre 2011, n. 6835; Cass. Civ. S.U., 9 maggio 2011, n. 10068; Corte di Giustizia UE, 10 aprile 2008, C-393/06), con la precisazione che il requisito dell’influenza dominante, descritto nel precedente punto 3), è integrato anche in presenza di uno soltanto dei presupposti ivi contemplati.
Ciò posto deve ritenersi che AdR non possa essere qualificata come organismo di diritto pubblico perché priva del requisito di cui al punto 1) del menzionato art. 3 (c.d. requisito teleologico), non risultando la stessa costituita “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” (esclude espressamente che AdR possa essere qualificata come organismo di diritto pubblico Cass. Civ., SS.UU., 18 aprile 2016, n. 7663).
Osta al riconoscimento del requisito in questione la circostanza che la società, operante in un mercato concorrenziale, sia gestita secondo criteri di efficacia e redditività tipici dell’imprenditore privato e con assunzione del rischio di impresa.
Il costante orientamento giurisprudenziale, sia nazionale sia eurounitario è nel senso che l’organismo di diritto pubblico si caratterizza per il suo asservimento al soddisfacimento di esigenze di interesse generale che persegue lasciandosi “guidare da considerazioni diverse da quelle economiche”, quand’anche parte della sua operatività sia svolta sul mercato (Cons. Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5930; 26 luglio 2016, n. 3345, 30 gennaio 2013, n. 570; Cass. Civ., SS. UU., 22 dicembre 2015, n. 25770; 9 maggio 2011, n. 10068 e 7 aprile 2010, n. 8225; Corte Giustizia UE 5 ottobre 2017, C-567/15; 10 maggio 2001, C-223/99 e C-260/99 e 10 novembre 1998, C-360/96).
Dirimente è allora l’ambito di mercato nel quale AdR si trova ad operare.
Come infatti poc’anzi accennato, la figura dell’organismo pubblico non ricorre allorché il soggetto eserciti la sua missione in un contesto economico concorrenziale con i privati e non usufruisca di misure pubbliche che lo preservino dal rischio di impresa.
Orbene AdR è una società privata che agisce, sopportando il connesso rischio d’impresa, in un mercato concorrenziale, quale deve indubbiamente ritenersi quello tra scali aeroportuali, nel quale i diversi gestori si confrontano mirando ad incentivare l’afflusso di vettori aerei (e quindi di passeggeri), attraverso la leva dei servizi offerti e dei diritti aeroportuali.
Ed invero è incontestabile che la gestione di un’infrastruttura quale un aeroporto incontra un’offerta di servizi di carattere commerciale proveniente dagli operatori del settore – in primis le compagnie aeree e quindi gli utenti di queste ultime – suscettibile di essere assicurata in condizioni di equilibrio economico, senza la necessità di sovvenzioni pubbliche. Per altro verso è del pari evidente che la conduzione di un aeroporto si colloca nell’ambito di un mercato di stampo concorrenziale, nel quale il singolo operatore si trova a competere con i gestori di aeroporti vicini aventi caratteristiche simili, sui quali la domanda dei vettori aerei può indirizzarsi.
Nel descritto quadro diventa allora irrilevante che la società sia stata costituita per soddisfare un interesse di carattere generale quale è quello alla mobilità, perché ciò che assume preminenza è la modalità con cui il detto bisogno viene perseguito.
AdR va, pertanto, ricompresa nella categoria degli “enti aggiudicatori” di cui al punto 1.2. dell’art. 3, lett. e) al codice dei contratti pubblici che contempla quei soggetti che “pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici né imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente”.
Poiché gli operatori di cui al citato punto 1.2. sono tenuti ad applicare le norme del codice dei contratti pubblici (per la parte relativa ai settori speciali) solo se l’affidamento si pone in rapporto di mezzo a fine rispetto al settore speciale di pertinenza, occorre verificare, allo scopo di individuare il giudice cui spetta decidere la controversia, se nella specie ricorra il detto nesso di strumentalità.
AdR opera nel settore speciale di cui all’art. 119 del codice dei contratti pubblici, a mente del quale: “1. Le norme del presente capo si applicano alle attività relative allo sfruttamento di un’area geografica per la messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali”.
Conseguentemente la ricorrenza del ricordato rapporto di strumentalità va appurata, per quanto qui rileva, rispetto all’attività concernente lo sfruttamento del sedime aeroportuale per il funzionamento della relativa struttura.
Devono, quindi, ritenersi incluse nel perimetro di cui al trascritto art. 119 tutte le attività necessarie a soddisfare le esigenze del traffico aereo, dal momento dell’atterraggio a quello del decollo, nonché quelle immediatamente e direttamente correlate allo svolgimento del servizio di trasporto, che riguardano merci e passeggeri.
Ne consegue che l’acquisizione di beni o servizi funzionali ad attività estranee al settore speciale costituente il “core business” del concessionario o a esso solo indirettamente connesse, non è soggetta all’esperimento di procedure ad evidenza pubblica.
Sul punto giova, peraltro, rilevare che in base ad un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la nozione di strumentalità deve essere intesa in senso restrittivo (Cons. Stato, A.P. 1° agosto 2011, n. 16; V 26 maggio 2015, n. 2639; Corte di Giustizia UE, 10 aprile 2008, C-393/06).
Il contrario convincimento in ordine al concetto di strumentalità a cui è giunto il Tribunale non può trovare fondamento, né nel “considerando” 25 della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014, né nella delibera ANAC 13 luglio 2016 n. 758.
Il suddetto “considerando” prevede che “…le attività pertinenti nel settore aeroportuale comprendono anche i servizi forniti ai passeggeri che contribuiscono al regolare funzionamento delle strutture aeroportuali e che è legittimo attendersi da un aeroporto moderno e ben funzionante, quali servizi di vendita al dettaglio, di ristorazione pubblica e di parcheggio auto”.
Tuttavia i “considerando” delle direttive eurounitarie non hanno valore giuridico vincolante e non possono essere fatti valere per derogare alle disposizioni contenute nell’atto di cui fanno parte (Corte di Giustizia UE, 19 novembre 1998, C-162/97).
Orbene la nozione estensiva di strumentalità che vorrebbe trarsi dal tenore del “considerando” 25 non trova alcun riscontro nelle norme della direttiva 2014/23/UE, la quale, anzi, come emerge dal combinato disposto dell’art. 7, comma 1, lett. c), e dell’allegato II, punto 4, detta, in relazione ai soggetti privati che operano nei settori speciali, una disciplina degli affidamenti immutata rispetto a quella recata dalla precedente normativa, nel vigore della quale si è formato il concetto di strumentalità a cui più sopra si è fatto cenno.
Deve quindi concludersi nel senso della funzione meramente illustrativa e programmatica del detto “considerando”.
Quanto alla richiamata delibera dell’ANAC n. 758 del 2016 è sufficiente rilevare che la stessa è priva di qualunque valore vincolante per il giudice”.
Come nel caso deciso con la pronuncia succitata, in seguito alla precisazione del concetto di strumentalità, occorre verificare se nella fattispecie all’esame del Collegio il servizio affidato in subconcessione da AdR possa ritenersi strumentale all’esercizio dell’attività “aviation” che costituisce il “core business” di AdR medesima.
Dalla documentazione versata in atti si evince che l’attività da affidare in subconcessione consiste nell’affidamento di uno spazio da dedicare al servizio di cambiavalute presso gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino.
Si tratta quindi di un servizio di natura commerciale offerto ai passeggeri, privo di una funzione diretta e immediata rispetto alle specifiche attività svolte da AdR nell’ambito del settore speciale di propria pertinenza (attività di “aviation”).
Mancano, dunque, nella specie, i presupposti per radicare la giurisdizione amministrativa.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione.
Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara il ricorso di primo grado inammissibile per difetto di giurisdizione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Alessandro Maggio, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere
Federico Di Matteo, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Elena Quadri Fabio Franconiero
Guida alla lettura
Prima di affrontare il thema decidendum occorre esaminare alcuni elementi in fatto che hanno portato alla sentenza in commento.
La vicenda oggetto della pronuncia ha origine nell’affidamento in concessione, ai sensi della legge n. 755/1973, della gestione del “sistema aeroportuale della Capitale”, costituito dagli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino fino al 2044, alla Aeroporti di Roma, società partecipata al 99,384% da Atlantia s.p.a. e per una percentuale inferiore all’1% da terzi soggetti (0,265%) nonché dalla città metropolitana di Roma Capitale (0,251%) e dal Comune di Fiumicino (0,1%).
In seguito all’affidamento, la società rendeva nota la volontà di affidare in subconcessione talune aree per la realizzazione e la gestione di aree e/o locali destinati ad attività di cambiavalute presso i detti aeroporti, invitando gli operatori economici interessati a presentare domanda di partecipazione.
All’esito della valutazione delle offerte pervenute due imprese si aggiudicavano rispettivamente i lotti 1 e 2.
Una terza impresa concorrente, risultata non aggiudicataria della subconcessione, impugnava avanti il Tar Lazio l’esito della procedura ritenendola illegittima stante la mancata applicazione della disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici.
Il Giudice di prime cure accoglieva il ricorso.
Avverso la sentenza del Tar interponeva appello l’Aeroporti di Roma s.p.a prospettando una duplice doglianza: l’erronea qualificazione quale organismo di diritto pubblico ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del Codice dei contratti pubblici e l’erronea applicazione del criterio di strumentalità dell’attività da affidare in subconcessione rispetto al settore speciale aeroportuale ai sensi dell’art. 119 del d.lgs. n. 50/2016. Dunque, in definitiva, la carenza di giurisdizione amministrativa sul presupposto della non applicabilità del Codice dei contratti pubblici.
La Quinta Sezione accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo nei confronti del Giudice Ordinario.
Il Consiglio di Stato nella sentenza in commento si confronta con plurime questioni:
- quella della nozione di organismo di diritto pubblico;
- quella delle conseguenze derivanti dalla qualificazione giuridica di un determinato soggetto nei termini suddetti;
- quella della natura giuridica della Società Aeroporti di Roma p.a.;
- quella del regime giuridico dell’attività contrattale di Aeroporti di Roma s.p.a., con precipuo riferimento a quella relativa a scopi non espressamente previsti dal relativo settore speciale ex art. 119 del d.lgs. n. 50/2016;
- quella del riparto di giurisdizione fra G.A. e G.O. in ordine alle controversie che vertono sulle procedure di affidamento in subconcessione di aree site all’interno del sedime aeroportuale in vista della realizzazione e gestione di locali per attività non aventi natura necessaria presso aeroporti.
Preliminarmente il Consiglio di Stato è chiamato a soffermarsi sui presupposti e sulle condizioni necessarie per la qualificazione giuridica di un determinato soggetto come organismo di diritto pubblico.
Il tema è affrontato, sia pure brevemente, muovendo dalla nozione fornita dal Codice dei contratti pubblici e, in particolare, dall’art. 3, lett. d), secondo cui per “organismi di diritto pubblico” si intende “qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV:
1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze d’interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.
Ricordata la definizione di organismo di diritto pubblico positivamente definita, il Consiglio di Stato rammenta che, ai fini del riconoscimento della qualifica de qua, le menzionate condizioni debbano essere presenti cumulativamente, mentre il carattere dell’influenza dominante possa ritenersi integrato in presenza di uno soltanto dei presupposti ivi contemplati.
La prima questione, affrontata nei suddetti termini, è in realtà teleologicamente orientata alla disamina della seconda che pare, sia pure indirettamente, sottoposta alla Sezione. Infatti, una volta delineati i contorni della nozione di organismo di diritto pubblico, l’attenzione si sposta – naturalmente e logicamente ancor prima che giuridicamente – intorno alle implicazioni che derivano da tale natura giuridica.
Invero, la qualificazione in termini di organismo di diritto pubblico non è fine a se stessa, ma reca con sè conseguenze di non poco momento.
Come noto, l’implicazione più significativa attiene alla soggezione della figura organizzativa al regime pubblicistico stabilito dal Codice dei contratti pubblici.
Invero, l’organismo di diritto pubblico è “comunque tenuto” all’osservanza delle regole dell’evidenza pubblica e ciò, non soltanto in relazione alle attività volte al soddisfacimento di “esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale”, ma anche con riferimento alle ulteriori attività propriamente commerciali e industriali (si v. Tar Lazio, Sez. Iter, 13 aprile 2018, n. 4100; conf. Corte giust., 15 gennaio 1998, C-44/96).
Il rilievo di tale implicazione nel caso di specie emerge con palmare evidenza nel corso dell’iter motivazionale seguito dal Consiglio di Stato.
Le questioni testè esaminate rappresentano la premessa necessaria per affrontare una querelle che costituisce invero il cuore della decisione.
Acclarato in termini generali lo status di organismo di diritto pubblico, ci si è interrogati in ordine alla possibilità di qualificare la Società Aeroporti di Roma p.a. come organismo di diritto pubblico.
Giova rilevare come tale interrogativo s’inserisca nell’alveo del più ampio tema della natura giuridica del soggetto di cui trattasi. Questione, per vero, affatto nuova, ma già oggetto di attenzione da parte del giudice sia amministrativo sia ordinario.
Dunque, una volta analizzati brevemente i presupposti e le condizioni necessarie per la configurabilità dell’organismo di diritto pubblico, la pronuncia in commento accerta la sussistenza dei medesimi nella Società de qua e dunque, per tale via, la propria riconducibilità al novero della figura organizzativa di cui trattasi.
Nel compiere tale verifica la Quinta Sezione non si sofferma sulle condizioni in concreto sussistenti ma dà atto esclusivamente di aver riscontrato la carenza del c.d. requisito teleologico, non risultando la società costituita “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”.
Il riconoscimento del presupposto negativo, secondo la Quinta Sezione, troverebbe un ostacolo insormontabile nella forma di gestione della società, operante in un mercato concorrenziale, secondo criteri di efficacia e redditività tipici dell’imprenditore privato e con assunzione del rischio di impresa.
Invero, la giurisprudenza nazionale ed eurounitaria è concorde nel ritenere che l’organismo di diritto pubblico si connoti per il proprio asservimento al soddisfacimento di esigenze di interesse generale che persegue lasciandosi “guidare da considerazioni diverse da quelle economiche”, quand’anche parte della propria missione sia svolta sul mercato (Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5930; 26 luglio 2016, n. 3345, 30 gennaio 2013, n. 570; Cass. Civ., S.U., 22 dicembre 2015, n. 25770; 9 maggio 2011, n. 10068 e 7 aprile 2010, n. 8225; Corte Giustizia UE 5 ottobre 2017, C-567/15; 10 maggio 2001, C-223/99 e C-260/99 e 10 novembre 1998, C-360/96).
La conclusione cui il Consiglio di Stato perviene sul punto sottenda talune considerazioni.
Invero, com’è stato sottolineato, per stabilire se un organismo soddisfi il requisito teleologico occorre accertare se esso agisca in situazione di concorrenza sul mercato, tale essendo un indizio a sostegno del fatto che non si tratti di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale; che detti bisogni siano di regola soddisfatti in modo diverso dall’offerta dei beni o servizi sul mercato; infine, che si tratti di bisogni al cui soddisfacimento, per motivi connessi all’interesse generale, lo Stato preferisca provvedere direttamente o con riguardo ai quali intenda mantenere una influenza dominante (Cass. Civ., S.U. 9 maggio 2011, n. 10068).
In definitiva, solo la dimostrazione che l’attività della società sia svolta con metodo non economico, senza rischio d’impresa, e che la stessa operi in un mercato non concorrenziale è utile al fine della qualificazione quale organismo di diritto pubblico. Il che può desumersi anzitutto da una connotazione interna dell’assetto societario “… e, in particolare, dalla esistenza di relazioni finanziarie con l’ente pubblico che assicurano, secondo diverse modalità, la dazione di risorse in grado di consentire la permanenza sul mercato dell’organismo”, nonché da un elemento esterno, indiziario, costituito “… dal contesto in cui l’attività viene esercitata e cioè dall’esistenza o meno di un mercato di beni e servizi oggetto delle prestazioni erogate”, con la precisazione che “la mancanza di un mercato non può ovviamente derivare dal fatto che in esso operi la sola società pubblica ma occorre stabilire se un mercato abbia la possibilità di esistere valutando le caratteristiche dei beni e dei servizi offerti, i loro prezzi, nonché la presenza anche solo potenziale di più fornitori” (Cons. Stato, Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574 e Cass. Civ., S.U. 9 maggio 2011, n. 10068).
Risposto negativamente al quesito riguardante la possibilità di ricondurre l’Aeroporti di Roma s.p.a. entro il novero degli organismi di diritto pubblico e dunque a quello delle amministrazioni aggiudicatrici, rimane ancora irrisolto il nodo della natura giuridica della società.
Le soluzioni astrattamente possibili sono quelle dell’impresa pubblica e dell’impresa privata titolare di diritti di esclusiva, peraltro già in passato prese in considerazione dal Consiglio di Stato e dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione chiamati a prendere posizione sul tema.
Il Consiglio di Stato prosegue il proprio ragionamento osservando come sia dirimente l’ambito di mercato nel quale la società in discorso opera.
Come poc’anzi rammentato, la figura dell’organismo pubblico non ricorre ove il soggetto eserciti la propria “missione” in un contesto economico concorrenziale con i privati e non fruisca di misure pubbliche atte a preservarle dal rischio di impresa.
Orbene, senza dubbio, il mercato fra scali aeroportuali è un mercato di stampo concorrenziale in cui i gestori si confrontano mirando a incrementare l’afflusso di vettori aerei, e quindi di passeggeri, attraverso la leva dei servizi offerti e dei diritti aeroportuali.
La conduzione di un aeroporto si colloca dunque nell’ambito di un mercato concorrenziale, nel quale il singolo operatore si trova a competere con i gestori di aeroporti vicini aventi caratteristiche simili sui quali la domanda dei vettori aerei può indirizzarsi.
Inoltre, è incontestabile che la gestione di un’infrastruttura di siffatto genere incontri un’offerta di servizi di carattere commerciale proveniente dagli operatori del settore, anzitutto, le compagnie aeree e quindi gli utenti di queste ultime, suscettibile di essere assicurata in condizioni di equilibrio economico, senza la necessità di sovvenzioni pubbliche.
Alla luce delle sueposte considerazioni, la Quinta Sezione conclude nel senso che la natura giuridica dell’Aeroporti di Roma sia quella di società privata che agisce sopportando il rischio d’impresa connesso in un mercato concorrenziale, conseguendone, per quanto detto, la non configurabilità come organismo di diritto pubblico.
Nel descritto quadro diventa allora irrilevante che la società sia stata costituita per soddisfare un interesse di carattere generale quale è quello alla mobilità: di preminente rilevanza è la modalità di perseguimento di tale bisogno.
La società di cui trattasi deve dunque essere ricompresa nella categoria degli “enti aggiudicatori” di cui al punto 1.2. dell’art. 3, lett. e) del Codice dei contratti pubblici ovverossia di quei soggetti che “pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici né imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente”.
Lungi dal tornare sui propri passi e dal revocare in dubbio le posizioni al riguardo precedentemente assunte, il Consiglio di Stato si limita ad avallare l’approccio ermeneutico di segno negativo già condiviso in altre occasioni.
Invero, la sentenza si pone sul solco della pronuncia 19 novembre 2018, n. 6534, peraltro espressamente richiamata, intervenuta su una vicenda del tutto analoga a quella oggetto dell’appello in esame che ha coinvolto la società Aeroporti di Roma. Nella specie, a venire in considerazione era l’indizione di una procedura aperta per l’affidamento del servizio di manutenzione biennale correttiva ed evolutiva su applicazioni sviluppate in ambiente Metastorm Business Process Management.
Appena due mesi addietro la Quinta Sezione ha affermato il principio di diritto secondo cui “Non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico la società che non risulti costituita al fine di soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale” e facendo applicazione dello stesso alla fattispecie oggetto della controversia ha affermato che la società non possa essere qualificata come organismo di diritto pubblico e il servizio messo in gara non rientri fra quelli strumentali all’esercizio dell’attività inerente al settore speciale in cui la società opera.
Il Giudice Amministrativo, così statuendo, pare allinearsi anche alla posizione assunta dal Giudice Ordinario. Posizione – quantomeno fino a ora – ben espressa dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, le quali escludono recisamente la qualificazione della società di cui trattasi in termini sia di organismo di diritto pubblico sia d’impresa pubblica per abbracciare quella di impresa privata titolare di diritti di esclusiva ex art. 3, comma 1 lett. e) punto 1.2. del d.lgs. n. 50/2016 (Cass. Civ., S.U., 18 aprile 2016, n. 7663).
Tale conclusione consente di introdurre l’ulteriore tematica affrontata dalla pronuncia de qua: quella del regime giuridico dell’attività contrattale di Aeroporti di Roma s.p.a. con precipuo riferimento all’attvità legata a scopi non espressamente previsti dal relativo settore speciale ex art. 119 del d.lgs. n. 50/2016. Più precisamente, il dubbio posto attiene alla correttezza o meno dell’applicazione del criterio della strumentalità dell’attività da affidare in subconcessione rispetto al settore speciale aeroportuale ai sensi della norma richiamata. E, in ultima analisi, alla riconducibilità del servizio messo in gara dalla società entro il novero di quelli strumentali all’esercizio dell’attività inerente al settore speciale in cui essa opera.
La premessa da cui muovere, ad avviso della Sezione, è quella secondo cui la qualificazione in termini di operatore ai sensi del citato punto 1.2. comporta una soggezione alle norme del Codice dei contratti pubblici, per la parte relativa ai settori speciali, non indiscriminata e assoluta, ma condizionata alla sussistenza di un rapporto di strumentalità tra l’affidamento e il settore speciale di pertinenza.
Di talchè, occorre appurare se nella specie ricorra il detto nesso di strumentalità.
La società Aeroporti di Roma p.a. opera nel settore speciale di cui all’art. 119 del Codice dei contratti pubblici, il quale dispone che “Le norme del presente capo si applicano alle attività relative allo sfruttamento di un’area geografica per la messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali”.
Ne deriva che l’accertamento del suddetto nesso debba avvenire rispetto all’attività concernente lo sfruttamento del sedime aeroportuale per il funzionamento della relativa struttura.
Nell’ambito dell’art. 119 devono ritenersi incluse tutte le attività necessarie a soddisfare le esigenze del traffico aereo, dal momento dell’atterraggio a quello del decollo nonché quelle immediatamente e direttamente correlate allo svolgimento del servizio di trasporto, che riguardano merci e passeggeri. Con la conseguenza che l’acquisizione di beni o servizi funzionali ad attività estranee al settore speciale costituente il core business del concessionario ovvero a esso solo indirettamente connesse non sia soggetta all’esperimento di procedure a evidenza pubblica.
La pronuncia in commento condivide, dunque, la giurisprudenza conformatasi ai noti principi sanciti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 1 agosto 2011, n. 16, secondo la quale la disciplina dettata dal Codice dei contratti pubblici è ritenuta applicabile o meno in funzione sia della natura giuridica del soggetto che pone in essere l’affidamento sia dell’oggetto dell’affidamento, escludendo la giurisdizione del Giudice Amministrativo per i contratti conclusi da imprese pubbliche per prestazione estranee “agli scopi e all’oggetto del codice e delle direttive comunitarie”, essendo tali imprese assoggettate alle procedure a evidenza pubblica solo ove operanti nei settori speciali e nei limiti delle attività a questi connesse, non potendosi ritenere vincolate al medesimo codice nel caso di appalti “estranei”, ovvero “aggiudicati per scopi diversi dalle loro attività nei settori speciali”.
Per tale ricostruzione, di stretta interpretazione dell’art. 119, soltanto le attività aviation o airside, svolte nell’area addetta alle operazioni di volo, con esclusione di quelle aventi natura commerciale, sarebbero assoggettate al Codice dei contratti pubblici.
Giova al riguardo rilevare che, in ossequio al descritto orientamento giurisprudenziale condiviso dalla pronuncia in commento, il concetto di strumentalità sia da intendersi in un’accezione restrittiva (Cons. Stato, Ad. Plen. 1 agosto 2011, n. 16; Sez. V 26 maggio 2015, n. 2639; Corte di Giustizia UE, 10 aprile 2008, C-393/06).
Del resto, il contrario convincimento in ordine alla nozione di strumentalità, cui è giunto il Tribunale non può trovare fondamento né nel “considerando” 25 della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 né nella delibera ANAC 13 luglio 2016 n. 758.
A tale proposito, secondo la Sezione Quinta, sono sufficienti alcuni rilievi.
Invero, quanto al richiamato “considerando” occorre fin da subito osservare come esso assolva una funzione meramente illustrativa e programmatica. Esso prevede che “… le attività pertinenti nel settore aeroportuale comprendono anche i servizi forniti ai passeggeri che contribuiscono al regolare funzionamento delle strutture aeroportuali e che è legittimo attendersi da un aeroporto moderno e ben funzionante, quali servizi di vendita al dettaglio, di ristorazione pubblica e di parcheggio auto”; tuttavia, come noto, i “considerando” delle direttive eurounitarie non hanno valore giuridico vincolante e non possono essere fatti valere per derogare alle disposizioni contenute nell’atto di cui fanno parte (Corte di Giustizia UE, 19 novembre 1998, C-162/97). Inoltre, la nozione estensiva di strumentalità che si vorrebbe desumere dal tenore letterale del “considerando” 25 non trova riscontro alcuno nella direttiva 2014/23/UE, la quale, anzi, come emerge dal combinato disposto dell’art. 7, comma 1, lett. c), e dell’allegato II, punto 4, detta con riguardo ai soggetti privati che operano nei settori speciali una disciplina degli affidamenti immutata rispetto a quella recata dalla pregressa normativa, vigente la quale si è formato il concetto di strumentalità cui si è fatto cenno.
Quanto alla delibera dell’ANAC n. 758 del 2016, è sufficiente rilevare la natura non vincolante della stessa per il giudice.
Come nella recente pronuncia richiamata dalla Quinta Sezione 19 novembre 2018, n. 6534, il Consiglio di Stato in tale sede s’interroga se nella fattispecie de qua il servizio affidato in subconcessione dall’Aeroporti di Roma s.p.a. possa ritenersi strumentale nel senso poc’anzi precisato all’esercizio dell’attività aviation, core business della società.
A tale riguardo osserva che l’attività da affidare in subconcessione consista nell’affidamento di uno spazio da dedicare al servizio di cambiavalute presso gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino.
Si tratta dunque di un servizio di natura commerciale offerto ai passeggeri, privo di una funzione diretta e immediata rispetto alle attività specifiche poste in essere dalla società nell’ambito del settore speciale di propria pertinenza.
Ne consegue che, pur ricompresa nella categoria degli “enti aggiudicatori” di cui al punto 1.2. dell’art. 3, lett. e) del Codice dei contratti pubblici, essa non sia tenuta a osservare le norme del Codice dei contratti pubblici per la parte relativa ai settori speciali, non ponendosi l’affidamento per la realizzazione e gestione di aree e/o locali destinati ad attività di cambiavalute presso gli aeroporti Leonardo da Vinci di Fiumicino e G.B. Pastine di Ciampino in rapporto di mezzo a fine rispetto al settore speciale di pertinenza.
La risposta al quesito da ultimo esaminato costituisce la chiave per la soluzione della questione processuale sollevata dalla vicenda e del tutto pretermessa dalla sentenza del giudice di prime cure, sebbene dirimente ai fini della definizione della stessa: quella del riparto di giurisdizione fra Giudice Amministrativo e Giudice Ordinario e, quindi, dell’individuazione del giudice competente a decidere delle controversie relative agli affidamenti di servizi di natura commerciale svolti in un’area di pertinenza aeroportuale a uso esclusivo di privati, sulla base di un rapporto fra concessionario e terzo cui l’Amministrazione concedente resta estranea.
Questione che il Consiglio di Stato risolve nel senso che estrema conseguenza dell’esclusione dall’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici – per la parte relativa ai settori speciali – sia la mancanza dei presupposti atti a radicare la giurisdizione amministrativa nella controversia de qua. E di qui la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo nei confronti del Giudice Ordinario.
Peraltro, in tal modo, il Consiglio di Stato resta allineato con le pronunce emesse dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione chiamate a dissolvere definitivamente i dubbi sorti in ordine al tema.
L’orientamento della Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ., S.U., 27 febbraio 2017, n. 4884; 18 aprile 2016, n. 7663; 25 giugno 2002, nn. 9288 e 9233) e del Giudice amministrativo (Cons. Stato, Sez. V, 29 gennaio 2018, n. 590; 18 dicembre 2017, n. 5930; 24 aprile 2017, n. 1892 e n. 1897) ha dunque riportato alla giurisdizione del Giudice Ordinario tutte le procedure di gara relative all’affidamento in subconcessione dei servizi commerciali da svolgersi negli aeroporti non rientranti nella previsione di cui all’Allegato A al d.lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 (attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità), che individua i servizi aeroportuali soggetti alla disciplina pubblicistica di cui al decreto legislativo: “secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte, i servizi di natura commerciale svolti in aera demaniale che trovano origine in un rapporto derivato fra il concessionario e il terzo, cui l’amministrazione concedente sia rimasta estranea e che risultino privi di collegamento con l’atto autoritativo concessorio, che ne costituisce un mero presupposto, non soggiacciono alle regole del procedimento ad evidenza pubblica, ma si risolvono in contratti di diritto privato, devoluti alla giurisdizione ordinaria civile (cfr. in termini, proprio con riguardo al rapporto di sub-concessione di spazi aeroportuali, Cass. Civ., S.U. nn. 7663/2016, 8623/2015, nonchè Cass. Civ., S.U. nn. 9233/2002, 9288/2002:…che, nella specie, si versa per l’appunto in tale ipotesi, atteso che, come riconosciuto da GESAC, l’attività oggetto del rapporto controverso non ha natura necessaria nel contesto delle operazioni di assistenza a terra propedeutiche al trasporto affidate da ENAC alla concessionaria, ma natura meramente eventuale, in quanto svolta su richiesta del singolo cliente e da questi remunerata autonomamente e non con una quota parte del prezzo del trasporto;…che peraltro, tanto si desume anche dall’All. A) al D.Lgs. n. 18 del 1999, (Attuazione della direttiva 96/67 CE, relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità) …” (Cass. Civ., S.U., 27 febbraio 2017, n. 4884).
Sebbene non espressa nel ragionamento logico-giuridico del Consiglio di Stato, si ritiene sottesa la considerazione secondo cui l’attività di cambiovaluta a favore dei passeggeri e dei lavoratori dell’aeroporto abbia natura di attività non necessaria nel contesto delle operazioni di assistenza a terra propedeutiche al trasporto e, al contrario, si tratti di un servizio meramente eventuale, che il cliente, il quale intenda usufruirne, remunera autonomamente, e non con una quota del prezzo del trasporto aereo, in base ai prezzi fissati dalle banche per le commissioni di tale genere. In nessun caso, comunque, incide ovvero grava sul prezzo del trasporto aereo.
Analogo ragionamento è stato svolto dal Consiglio di Stato con riguardo a una controversia concernente l’affidamento di una subconcessione di un’area all’interno del sedime aereoportuale per lo svolgimento di attività di distribuzione automatica di bevande calde/fredde e snack a favore dei passeggeri e dei lavoratori dell’aeroporto (si v. Tar Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 28 marzo 2017, n. 109; conf. Cons. Stato, Ad. Plen., 5 gennaio 2011, n. 6; Cons. Stato, Sez. VI, 18 novembre 2004, n. 7554; Cass. Civ., S.U., 18 aprile 2016, n. 7663 e S.U., ordinanza 27 febbraio 2017, n. 4884; S.U., 20 marzo 2009, n. 6771; 15 aprile 2005, n. 7800; 20 novembre 2003, n. 17635).
L’oggetto dell’affidamento di cui trattasi fa dunque venir meno anche il secondo presupposto necessario ai fini della sussistenza della giurisdizione amministrativa.
Invero, come rammentato dalle Sezioni Unite, i presupposti della giurisdizione amministrativa esclusiva di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, c. 1, lett. e) (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo - Codice del processo amministrativo) sono soggettivi e oggettivi. Il primo riguarda la presenza di un ente tenuto al rispetto di un procedimento a evidenza pubblica, disciplinato in sede nazionale ovvero eurounitaria; il secondo, il contenuto dell’affidamento, relativo a pubblici lavori, servizi o forniture. I servizi di natura commerciale – pur se svolti in un’area di pertinenza aeroportuale a uso esclusivo di privati, sulla base di un rapporto tra concessionario e terzo cui l’Amministrazione concedente resti estranea – non soggiacciono alle regole del procedimento a evidenza pubblica, risolvendosi in contratti di diritto privato, in quanto tali devoluti alla giurisdizione ordinaria civile (Cass. Civ., S.U. n. 9233/2002, cit.; S.U. n. 9288/2002, cit.).
Con tutta evidenza, si tratta di orientamento giurisprudenziale pienamente applicabile alla fattispecie. Fattispecie nella quale si rileva la carenza di entrambi i presupposti necessari ai fini della sussistenza della giurisdizione amministrativa; da un lato, quello soggettivo, stante la non appartenenza della Aeroporti di Roma s.p.a. per le ragioni dette al novero degli organismi di diritto pubblico né a quello delle impresa pubblica bensì a quello delle imprese private titolari di diritti di esclusiva e, dall’altro, il concorrente requisito oggettivo, non essendo possibile riportare il servizio in discorso alle previsioni di cui all’Allegato A al d.lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 (Attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità). Invero, il punto 3 dell’Allegato include nella nozione di assistenza a terra, assegnata alla cura del gestore aeroportuale, il trattamento e lo smistamento dei bagagli, la preparazione degli stessi in vista della partenza, il caricamento e scaricamento, nonchè il trasporto dal locale di smistamento alla sala di distribuzione: elencazione, da considerare non meramente esemplificativa e dunque insuscettibile di interpretazione analogica al fine di ricomprendervi anche attività di carattere facoltativo.
Del tutto ininfluente poi, ai fini della possibilità di radicare la giurisdizione avanti il Giudice Amministrativo, il rilievo – non prospettato dalla Quinta Sezione – che l’attività di cambiovaluta sarebbe pur sempre funzionale al settore speciale di riferimento, sopra descritto, non essendo ravvisabile, in essa, alcuna relazione di strumentalità necessaria con le operazioni di assistenza a terra.
Ancora è irrilevante, sotto tale profilo, la destinazione delle attività a essere svolte nelle aree aeroportuali, attesa l’impossibilità di riportare le ipotesi di subconcessione come quella in discorso alla previsione di cui all’art. 133, comma 1, lett. b) c.p.a. in materia di concessione di beni pubblici, vertendosi in fattispecie di rapporto derivato fra concessionario e subconcessionario cui l’Amministrazione concedente è estranea e in cui l’atto autoritativo concessorio resta solo un antecedente mediato (Cass. Civ., S.U., 18 aprile 2016, n. 7663; 19 dicembre 2009 n. 26823).
La soluzione cui la Quinta Sezione perviene pare sottendere la riconducibilità – sia pure non espressamente affermata – del servizio di cambiovaluta entro il novero di quei servizi particolari che la legge 10 novembre 1973, n. 755, art. 4, ult. comma (Gestione unitaria del sistema aeroportuale della capitale e costruzione di una nuova aerostazione nell’aeroporto intercontinentale “Leonardo da Vinci” di Roma-Fiumicino) prevedeva potesse essere affidata in appalto o in subconcessione parziale secondo le regole del diritto privato (“La società concessionaria può anche provvedere a servizi particolari mediante appalti o subconcessioni parziali regolate dal diritto privato, ferma restando la propria responsabilità”).